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La serra che verrà: luce, CO , fuori suolo
ATTUALITÀ INNOVAZIONE Due binari: high-tech “semichiuse” per i paesi avanzati e “solari” negli altri di Paolo Battistel – Ceres S.r.l. – Società di Consulenza in Agricoltura La serra che verrà: luce, CO2, fuori suolo Avranno un futuro anche le “Vertical Farms”, a patto di risolvere il problema del loro alto fabbisogno energetico U n aspetto fondamentale per migliorare in futuro le prestazioni della serricoltura a livello mondiale, sarà quello di massimizzare l’intercettazione della radiazione solare da parte delle colture, migliorare la nutrizione carbonica (CO2) e quella idrica e minerale, tramite colture fuori suolo a ciclo chiuso. Su un punto importante, infatti, le serre passive, anche quelle in Nord Africa, e quelle attive “hi-tech”, anche quelle dotate di illuminazione artificiale, possono essere assolutamente d’accordo: massimizzare la trasmissione della luce significa maggiore fotosintesi, quindi maggiore resa e qualità. La luce per le piante non è mai troppa. Purché ovviamente si possa mantenere la tem- peratura (e l’umidità) della serra nell’intervallo ottimale per la fotosintesi. In altre parole: ha senso “perdere radiazione”, ad esempio con l’ombreggio estivo, solo fino al punto di ottenere una riduzione di temperatura. Oltre, si ha l’effetto opposto: si fanno solo “filare”, cioè indebolire le piante. Il primo passo è ovviamente la scelta del materiale di copertura. Oggi abbiamo teli plastici di copertura con trasmissione fino al 9293%, più o meno quella di un vetro standard, che però con trattamento antiriflesso può arrivare fino al 95-96%. Anche la struttura ombreggia, quindi quello che conta è la trasmissione totale della serra. Una serra in vetro standard arriva così a ca. Lavaggio a macchina del tetto di un multi-tunnel “hi-tech” in Tunisia. Inutile adottare coperture ad alta trasmissività, se poi non le si pulisce tutti i mesi: il pulviscolo che continuamente si deposita riduce le rese fino al 20%. 18 terra vita 018_019_Battistel.indd 18 Copertura di una serra “canariana” con film plastico a luce diffusa, per la coltivazione verticale di melone: da notare l’assenza di ombre a terra, anche in una giornata di pieno sole nel deserto. il 70%, più o meno quanto una ricoperta con doppio film plastico, che ha sì circa il 10-12% di trasmissività in meno di un vetro singolo, ma anche una struttura portante meno ingombrante. Il doppio film permette però un risparmio sul riscaldamento del 25-35%, fino al 50% in climi molto freddi. Molti, troppi, dimenticano purtroppo l’“effetto polvere”, che si deposita con continuità sulle serre e può bloccare in poche settimane dal 10-12% fino al 20-25% della radiazione. Come per l’auto, inutile sperare nella prossima pioggia: i tetti delle serre si possono lavare solo con spazzole: o a mano o con macchine. E poi in inverno c’è anche il problema della condensa, che non solo porta malattie critto- Lavaggio a mano di una serra “canariana” in Marocco, prima dell’inverno. Qui al pulviscolo si è sommata la sabbia. La pulizia del tetto aumenta le rese fino al 30%. n. 47-2014 29 novembre 25/11/14 17:07 Serra semichiusa in Olanda. Si riconosce dalla presenza di un’unica fila di finestre, per compensare la sovra-pressione interna. gamiche, ma toglie anche dal 9 al 13% di luce. Il “dogma” è: 1% in più di radiazione equivale a 1% in più di produzione! E non dimentichiamo la capacità di diffondere la luce della copertura, a parità di trasmissività: è ormai ampiamente dimostrato che materiali a luce diffusa aumentano le rese fino al 10-15% in Nord Europa e fino al 40-60% in clima mediterraneo. C’è un materiale di copertura che potrebbe risolvere brillantemente tutte queste esigenze, se non fosse, purtroppo, molto costoso: l’Etfe. Ha alta trasmissività, addirittura superiore al vetro, non solo nel PAR, ma anche nell’UV, assai importante per la qualità delle produzioni. Può esse montato anche come doppio film gonfiato, quindi far risparmiare il 35-40% di energia termica. È “anti-dust”, cioè polveri e smog difficilmente si attaccano. Può subire anche trattamenti diffusivi e “anti-condensa” permanenti. Mantiene le proprietà ottiche e meccaniche per molti anni (15-20), quindi in serre tecnologiche potrebbe sostituire egregiamente il vetro e ripagare il maggior investimento, se solo si facessero i calcoli nel modo opportuno. Melone fuori suolo sotto film a luce diffusa: notare l’elevata penetrazione della luce fino agli strati inferiori della chioma. Migliora la fotosintesi media della chioma fino al 50%. uso di pesticidi chimici, ma solo col supporto di barriere fisiche (reti anti-insetto, ad esempio), scelte agronomiche (innesto, sovescio, compostaggio, rotazione), insetti e microorganismi utili, è già una realtà in molte serre ben condotte, non solo hi-tech, ma anche a media tecnologia. Vi sono le condizioni perché possa estendersi in pochi anni, a livello di massa, anche nelle colture protette “passive” a bassa tecnologia. Concimazione carbonica Alcuni serricoltori italiani pensano che la CO2 sia “roba da olandesi”. Purtroppo non è così: proprio in ambiente mediterraneo la CO2 è spesso il principale fattore limitante di rese e qualità. È come sperare di poter costruire una casa affidandosi alla miglior impresa edile sul mercato, ma senza mattoni e cemento a disposizione. Nell’aria che respiriamo si sa che la concentrazione di CO2 è ca. di 350-400 ppm. In una serra mediterranea passiva, per gran parte del giorno, cioè da ca. 2 ore dopo l’alba fino quasi al tramonto, la CO2 scende normalmente a 200-250 ppm, talvolta anche meno, perché assorbita dalle colture per la fotosintesi. Da 30 anni sappiamo che basterebbe riportare la CO2 almeno alla concentrazione esterna, per aumentare le rese di ca. il 20%. Se poi la portiamo a 800-1.000 ppm con la concimazione carbonica, si può arrivare a +40% di resa. Conclusione: nelle serre mediterranee sarebbe sufficiente migliorare il ricambio naturale di CO2 con l’esterno, dotandole di opportune aperture mobili (ma anche fisse e sarebbe già un grosso passo avanti), per produrre il 20% in più. Il futuro Fuori suolo con difesa integrata Vi sono pochi dubbi che le colture fuori suolo, obbligatorie in una serra “hi-tech”, si diffonderanno su larga scala anche nelle “serre passive”. Permettono di specializzare la serra e il serricoltore in una sola coltura o varietà, senza dover ricorrere alla rotazione o alla fumigazione chimica, per mantenere la fertilità del terreno. Se praticate a ciclo chiuso, possibile anche in serre “low-tech”, tramite l’uso di filtri biologici, poco costosi, ma assai efficienti, possono abbattere il consumo di acqua fino al 70-80% e dimezzare il consumo di fertilizzanti. Quanto alla difesa, la gamma di insetti predatori e parassitoidi, di funghi e batteri antagonisti o entomopatogeni si allunga ogni giorno di più. La lotta integrata, senza alcun Quale serra ci possiamo aspettare fra 30 anni? Nei Paesi avanzati: serre hi-tech “semichiuse”, coperte con materiali a luce diffusa e trattamento antiriflesso; doppi schermi energetici; cogenerazione abbinata alla geotermia; illuminazione con lampade a Led o al plasma; concimazione carbonica; difesa integrata, fino ad annullare quella chimica; altissimi livelli di automazione, fino alla robotizzazione; gestione computerizzata sulla base di algoritmi colturali e controllo integrale a distanza; colture fuori suolo a ciclo chiuso. Probabilmente anche “Vertical Farms”, se risolveremo il problema del loro alto fabbisogno energetico. Nel resto del mondo: “serre solari” come il modello dominante in Cina, tensostrutture (“parral”, “canariane”) o multi-tunnel migliorati con ampie aperture mobili o fisse, per massimizzare il ricambio naturale di CO2; materiali di copertura ad alta trasmissività e alta resa termica, luce diffusa; anche qui obbligatorie le colture fuori suolo a ciclo chiuso. n n. 47-2014 29 novembre 018_019_Battistel.indd 19 terra vita 19 25/11/14 17:07