1. LA MISERICORDIA DEL PADRE Nessuno si perda! Mi colpisce
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1. LA MISERICORDIA DEL PADRE Nessuno si perda! Mi colpisce
1. LA MISERICORDIA DEL PADRE Nessuno si perda! Una ragazzina di 13 anni accetta una breve supplenza nella scuola di una zona rurale e misera della Cina. Affronta impreparata le difficoltà dell’insegnamento e stenta a imporre attenzione e ordine ai piccoli scolari. L’assenza di uno degli alunni, costretto dalla situazione familiare a lavorare in città, la costringe ad affrontare un viaggio disagevole e un’affannosa ricerca. La giovanissima maestra è spinta dalla promessa di una ricompensa in denaro, fatta dal maestro che è incaricata di sostituire, a condizione che al suo ritorno ci siano tutti gli alunni, non uno di meno. Ma ciò che la motiva è la convinzione che nessuno si debba perdere nella faticosa lotta della vita in cui insieme ai suoi allievi è drammaticamente coinvolta. Mi colpisce… Mi viene in mente un versetto del Vangelo… 2. MORÌ PER I NOSTRI PECCATI Il mio peccato inchioda Gesù C’è un mistero di male e di morte nella crocifissione di Gesù: nella sua condanna a morte pesa la responsabilità di ogni uomo. È il paradosso della croce: mentre l’uomo peccando inchioda il Figlio di Dio alla croce, pensando di bloccare l’amore misericordioso del Padre, quel chiodo apre un varco all’abbraccio del perdono. Per aiutare i ragazzi ad intuire il legame tra il nostro peccato e la morte di Gesù può essere utile mostrare l’immagine della CROCE DEI DOLORI, che si trova a Torino nell’Arsenale della pace. “Alla sommità di una breve scalinata, si apre una sala longitudinale, un ampio coro ligneo di panche riunito attorno ad un rustico altare, sormontato da una grande croce di legno. È la croce dei dolori del mondo che, martoriata da numerosi chiodi, ancora sanguina gocce di speranza. Ai suoi piedi sono deposti un macete, un bastone e una bomba a mano, residuati bellici delle guerre di tutti i tempi e di tutte le civiltà, che attendono la loro trasformazione da strumenti di morte a simboli di redenzione. È la cappella dell’Arsenale della pace, sede del movimento del Sermig che dal 1964 ha conquistato il mondo con i suoi ideali di pace e fratellanza. Ma un secolo fa questo ambiente era destinato a tutt’altro uso. Da qui infatti sono partite le spedizioni di fucili, carri armati e bombe usati dagli italiani nelle guerre mondiali. Del suo triste passato ancora l’Arsenale ne porta i segni, come ricorda la stessa croce della cappella, realizzata con due traversie della ferrovia che portava il ferro dentro alla fabbrica… (da Nel mondo che faremo, i giovani e la fede)”. Quali sono i chiodi che oggi crocifiggono l’amore del Figlio di Dio? I peccati della Chiesa I peccati dei catechisti I peccati della società 3. RISORTI DALLA MORTE DEL PECCATO Lo Spirito Santo, una mano che ti salva Lo Spirito Santo agisce nel sacramento della riconciliazione: solleva l’uomo dalla condizione di morte in cui il peccato lo ha precipitato e lo riporta alla vita. Il pittore Arcabas raffigura nel dipinto qui a lato la Pentecoste, l’immagine può servire per comprendere l’efficacia dell’azione dello Spirito e la modalità con cui agisce, anche nel sacramento della confessione. Recuperiamo con i ragazzi la presenza della mano nell’esperienza del peccato e del perdono: mano che chiede salvezza, mano che solleva il peccatore, mano che è segno di un’altra mano…Da sottolineare la mediazione della Chiesa rappresentata dalla mano che il sacerdote impone sul capo del penitente. Dillo con un gioco Caccia al vessillo. Delineare due campi da gioco con del nastro da cantiere e dividere i ragazzi in due squadre; porre nel campo avversario il vessillo della squadra (un semplice bastone con una bandiera di stoffa): obiettivo del gioco è recuperare il vessillo entrando in campo nemico, correndo senza farsi toccare dagli avversari. Se uno viene toccato non può più muoversi ed è costretto a sedersi per terra. I compagni di squadra possono liberarlo toccandolo, senza farsi toccare a loro volta dagli avversari. Se vengono toccati si siedono per terra, prigionieri a loro volta. Se invece riescono a toccare il compagno di squadra per rimetterlo in gioco lo devono sollevare e portare nel proprio campo. A questo punto diventano invulnerabili e non possono essere toccati fino a quando non lasciano a terra il loro compagno. Ogni volta che la squadra riesce a portare il vessillo nel proprio campo ottiene un punto. Vince che totalizza più punti. Dopo il gioco riprendere con i ragazzi alcuni elementi che mettono in relazione il gioco vissuto insieme con l’esperienza del peccato e del perdono: mentre portiamo a termine la missione della nostra vita il male può raggiungerci e bloccarci ma lo Spirito interviene a risollevarci attraverso le forti braccia della chiesa. Dalla paralisi del male non se ne esce da soli. 4. TI ASSOLVO DAI TUOI PECCATI L’abbraccio del perdono L’immagine può essere utilizzata anche come guida per un momento conclusivo di preghiera, che aiuti i genitori ad appropriarsi dei contenuti presentati durante l’incontro. In questo caso si può riproporre la stessa immagine, invitando i genitori a formulare una breve intenzione di preghiera a partire da un particolare del quadro. Il figlio tace. La disperazione dell’angoscia trova composizione. “Il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te!” Il quadro del Figliol Prodigo venne dipinto da Rembrandt negli ultimi anni della sua vita, che furono difficili e molto tormentati. Il quadro mostra due aspetti molto collegati a questa fase della vita del pittore: la sua cecità fisica e una profonda visione interiore. Nel quadro si intravede una luce interiore che si rivela in una tenera bellezza. Questa luce interiore rimase nascosta per molto tempo agli occhi dell’artista. Con il passare degli anni e dopo molta sofferenza Rembrandt scoprì quella luce dentro di sé. Il cuore dell’immagine: è il cuore del Padre che il figlio sembra ascoltare ponendo il capo sul suo seno. È il cuore che Gesù ci ha fatto conoscere. Le mani del Padre. Mani di padre e di madre per dire delicatezza e forza, misericordia e invito alla responsabilità. Gli occhi chiusi del Padre. Guarda con il cuore! Guarda a quel suo Figlio che sta tornando e guarda all’Unigenito Figlio che per riportare i suoi fratelli in quell’abbraccio ha affrontato la morte. I piedi segno di un cammino tortuoso e difficile nelle terre scoscese del peccato. Non c’era la felicità sognata! REMBRANDT, IL RITORNO DEL FIGLIO PRODIGO, 1666, MUSEO ERMITAGE, SAN PIETROBURGO Il figlio maggiore: si può rimanere estranei a questa logica di misericordia, pensando di essere estranei anche a quella del peccato. È la grande ipocrisia. TI ASSOLVO DAI TUOI PECCATI La mano del sacerdote Potrebbe essere utile accostare il sacramento della riconciliazione anche dal punto di vista del ministro: come vive il sacerdote questo ministero che gli è stato conferito direttamente da Gesù? Interessante la figura di SAN LEOPOLDO MANDIC, confessore, che dedicò gran parte della vita e del suo ministero sacerdotale alla confessione dei penitenti. Nel santuario padovano a lui dedicato è custodita la reliquia della mano destra, la mano che si alzò su tanti cristiani pentiti, una mano scarna, con i segni dell'artrite e della penitenza, che risollevò tanti fratelli dal male, spingendoli verso l'amore per Cristo. Nato nel 1866 a Castelnuovo, nella Dalmazia, Bogdan Mandic entra sedicenne nel seminario cappuccino, prendendo il nome di Leopoldo; pronuncia i voti e nel 1890 è sacerdote, con un sogno preciso: spendere la vita per riconciliare con Roma i cristiani orientali separati. Confessore a Padova desidera andare in Oriente dove si sente chiamato per portare a termine la sua missione; destinato a Fiume nel 1923 come confessore dei cattolici slavi, viene subito richiamato a Padova dal vescovo Elia Dalla Costa che giustifica ai Cappuccini la sua decisione con queste parole: "La partenza di padre Leopoldo ha destato in tutta la città un senso di amarezza e di vero sconcerto". Dedica tutta la sua vita al ministero della confessione, gigante e martire del Il mio Oriente sono le ministero della riconciliazione, nel quale brucia tutte le sue energie, ricco di anime dei penitenti compassione per tanta gente che impara da lui a conoscersi e a riprendere fiducia. La vita non era facile per lui, dal momento che era fisicamente debole e malformato La sua statura era di un metro e 35 cm. ed il suo stato di salute generale peggiorò nel corso degli anni: soffriva di dolori addominali e, in tarda età, fu gradualmente deformato dall'artrite cronica, che gli rese il corpo curvo e le mani nodose, causandogli grande sofferenza. Inoltre era balbuziente. Sembra impossibile che resista, sempre più fragile, a questo genere di vita, inasprito da preghiere, penitenze, digiuni. Ed è anche vecchio: "Ma la verità non invecchia", usa ripetere; e quando nel 1942 lo portano in ospedale trova modo di confessare anche lì. Gli riscontrano però un tumore all’esofago; torna allora in convento e muore il 30 luglio 1942, dopo aver tentato ancora di vestirsi per la Messa. E via via, come ha detto Paolo VI beatificandolo nel 1976, "la vox populi sulle sue virtù, invece che placarsi col passare del tempo, si è fatta più insistente, più documentata e più sicura". Giovanni Paolo II, nel 1983, ha collocato padre Leopoldo tra i santi.