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Gianni Bonadonna

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Gianni Bonadonna
CIPOMO
Collegio Italiano dei Primari
Oncologi Medici Ospedalieri
mensile di informazione
del Collegio Italiano dei Primari
Oncologi Medici Ospedalieri
Gianni Bonadonna
il padre dell’oncologia italiana
Il carcinoma prostatico metastatico
resistente alla castrazione:
una nuova possibilità
Mensile di informazione
del Collegio Italiano dei Primari Oncologi
Medici Ospedalieri (CIPOMO)
Anno XXI - speciale al numero 10 – 2015
Direttore Responsabile
Giorgio Albonetti
Direttore Scientifico
Maurizio Tomirotti
Direttore Esecutivo
Ludovico Baldessin
Comitato Scientifico
Alessandro Bertolini
Giorgio Bonciarelli
Luisa Fioretto
Gianmauro Numico
Maurizio Tomirotti
Gianni Bonadonna:
il padre dell’oncologia italiana
Testi a cura di:
Redazione Scientifica EDRA
Coordinamento Editoriale
Ludovico Baldessin
Giulia Bertoli
Collaborazione Editoriale
Agnese Codignola
Direzione Commerciale
[email protected]
Finito di stampare
a Ottobre 2015
da Jona srl - Paderno Dugnano (MI)
© 2015 EDRA SpA
OncoNews - Mensile di informazione
Registrazione del Tribunale di Milano
n° 341 del 17/5/2004
Poste italiane SpA - Sped. In Abb. Post.
DL 353/2003 (conv. In L. 27/02/2004 n. 46)
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7 - 20141 Milano, al quale il lettore si potrà rivolgere per
chiedere l’aggiornamento, l’integrazione, la cancellazione e
ogni altra operazione di cui all’art. 7 D.Lgs 196/03.
Sommario
2
Prefazione a cura del Presidente CIPOMO, Maurizio Tomirotti
3
Prefazione a cura dell’Editore
4
Introduzione a cura di Alberto Scanni
6
La storia
• Dagli albori all’affermazione
• I samurai dell’oncologia
• Da medico a paziente
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Il medico e l’uomo
• Lettera inviata da Gianni Bonadonna ai colleghi
in occasione del III Convegno nazionale Primari Oncologi Ospedalieri
• L’oncologo di fama mondiale e il personaggio.
Racconti e testimonianze di colleghi italiani
• L’ASCO ricorda Gianni Bonadonna
© EDRA SpA
Via Spadolini 7 - 20141 Milano
Tel. 02 881841
www.edra3.it
41
I libri e le principali pubblicazioni scientifiche
50
I riconoscimenti
Prefazione
E
ra la primavera del 1976, la notte del 18 maggio. Avevo 23 anni, frequentavo il quinto anno
di Medicina e stavo viaggiando a mie spese in un
vagone di seconda classe per raggiungere Trieste. Andavo al mio primo congresso, la Seconda Riunione
Scientifica di AIOM, da poco fondata. La mattina
seguente il dott. Gianni Bonadonna avrebbe presentato i risultati a tre anni del suo CMF adiuvante e
non mi volevo perdere la sua relazione. Lo conobbi
per la prima volta in quella circostanza. La genialità
delle sue intuizioni, la forza dei suoi risultati, il suo
carisma e la sua determinazione nell’affrontare la sfida di quegli anni pionieristici mi catturarono: decisi
di diventare Oncologo e, come me, lo decisero tanti
altri colleghi poi diventati amici.
Si parla spesso, e a ragione, dei risultati della sua
ricerca clinica. Teorizzò i paradigmi della terapia
adiuvante, sconfisse l’Hodgkin riducendo la tossicità
delle cure, richiamò i colleghi al valore umano della
nostra professione quando la malattia lo scaraventò
“Dall’altra parte”. Non si parla forse abbastanza
2
della sua formidabile capacità di leadership, in grado
di trainare una disciplina innovativa in anni in cui
la parola cancro non veniva nemmeno pronunciata.
La testimonianza della sua storia professionale ed
umana e quella di colleghi che in qualche modo hanno condiviso, ricevuto o anche solo indirettamente
raccolto la sua grande eredità non devono andare
disperse.
CIPOMO ha voluto fortemente queste pagine non
a semplice memoria di un grande scomparso ma
perché siano di esempio e stimolo per gli oncologi
di domani e di riferimento per chi dovrà governare
il cambiamento in atto. In epoche di transizione,
forte è il bisogno di una leadership di alto profilo
e una disciplina come la nostra, fondata su rigore
scientifico e attenzione al malato, deve continuare
a trasmetterla.
Onconews Gianni Bonadonna il padre dell’oncologia italiana | anno XXI • speciale al numero 10 • 2015
Maurizio Tomirotti
Presidente CIPOMO
G
ianni Bonadonna non è stato solo un formidabile uomo di medicina, un medico e un ricercatore grazie al quale milioni di persone, oggi, possono
curare in modo efficace il proprio tumore. È stato
anche, a detta di chiunque abbia avuto rapporti con
lui, un maestro di vita, un esempio di rigore morale e
di impegno, di libertà di pensiero e di determinazione
nel perseguire le proprie idee, anche a costo di grandi
sacrifici, sempre con un’unica finalità: trovare una
cura per una malattia che aveva iniziato a conoscere
come una condanna senza appello.
dare al suo lavoro e alla sua vita come a un modello
da imitare, a una fonte da cui trarre l’ispirazione e
il coraggio necessario a metterla in pratica, anche a
costo di andare controcorrente.
E anche dopo l’ictus, Bonadonna ha avuto la straordinaria capacità di accettare la malattia e di trasformarla in una risorsa per la battaglia definitiva: quella
per l’umanizzazione della sanità e della medicina.
Gianni Bonadonna, fuor di retorica, è e sarà sempre
presente nell’oncologia italiana e non solo. Nelle
parole di chi lo ricorda. E nei gesti e nei pensieri
di chi, ogni giorno, di fronte ai malati, nelle corsie
come nei laboratori, è chiamato a portarne avanti la
magnifica eredità.
Per questo la sua scomparsa lascia un vuoto enorme
ma, al tempo stesso, è una scomparsa a metà. Perché
generazioni di giovani oncologi possono oggi guar-
Non è un caso se tutti coloro che sono stati interpellati per scrivere un ricordo diretto non hanno avuto
alcuna esitazione, mostrando il desiderio di portare il
proprio contributo a questo volume, che vuole essere
un sommesso omaggio all’uomo, prima ancora che
al medico.
L’Editore
Onconews Gianni Bonadonna il padre dell’oncologia italiana | anno XXI • speciale al numero 10 • 2015
3
Introduzione
“I
l Gianni” (così lo chiamavano tutti in istituto)
aveva un carattere difficile: rigoroso e determinato con i collaboratori nella ricerca, imperioso
e ruvido con i pazienti. Quest’ultimo aspetto, con
l’andare degli anni e soprattutto dopo la malattia,
è andato smussandosi. L’essere dall’altra parte
della barricata trasforma e fa comprendere come,
nel processo di cura, la terapia senza umanità e
comprensione non valga granché. Questi concetti,
dopo l’incidente, li metterà in uno dei suoi primi
libri (Medici umani e pazienti guerrieri). Scriverà:
“Per dare una speranza basta un gesto, un sorriso...
L’attenzione e l’ascolto sono una grande cura” e li
riprenderà in uno dei primi congressi nazionali del
CIPOMO, quando, richiesto di un saluto e impossibilitato a raggiungerci, ci scriverà: “Mai come in
oncologia il rapporto medico­paziente rappresenta
la relazione dinamica tra due persone in cui l’esperto
soccorre chi sta male e chi sta male dà il suo consen­
so alle scelte curative, cui si sottopone con spirito
collaborante”.
4
Ribadiva spesso che la cura andava “tagliata” sul paziente ma allocata in un contesto di umanità. Certo,
in passato era stato duro, a volte imponeva ai malati
le sue scelte in modo freddo, distaccato, ma tanta era
in lui la voglia di vincere il male, di guarire, di ridare
al sofferente una nuova vita, che lo si perdonava. La
determinazione gli derivava da Karnofsky, suo maestro che, come Bonadonna raccontava, era immune
da indulgenze utopiche, convinto fino in fondo di
quello che faceva e che vincere i tumori era di fatto
una guerra.
Noi allievi guardavamo alla grandezza del maestro
assolvendolo dai difetti, ammirati dalla scienza e dal
rigore, imparando le tecniche di una disciplina di
frontiera. Abbiamo sempre voluto bene allo scienziato, tutti conosciamo i suoi successi scientifici, ma
poi abbiamo amato l’uomo, che anche nella malattia ha saputo continuare a insegnare: come vivere,
come lottare, come continuare con testardaggine a
“esserci”.
Onconews Gianni Bonadonna il padre dell’oncologia italiana | anno XXI • speciale al numero 10 • 2015
Quando dirigevo l’Istituto dei Tumori andavo
spesso a trovarlo nello studio che gli avevano
riservato; circondato da fotografie, da attestati e
da premi, anche se a fatica, lanciava da guerriero
(definizione che gli piaceva molto) strali contro i
difetti e le bruttezze del sistema sanitario. Imprecava sulle nequizie degli amministratori, sosteneva
che dovevano essere i medici a gestire gli ospedali.
Mi incoraggiava ad essere un “Direttore generale”
determinato in un istituto, come il suo, pieno di
personalismi, autoreferenzialità, presupponenza,
tutte cose che aborriva e detestava.
Volendo lasciare un ulteriore segno decise di scrivere
un ennesimo libro, dal titolo che suona quasi premonizione: Appuntamento col Padreterno. Mi chiese di
aiutarlo. Fu per me un grande onore e come sottolineai nella prefazione è una piccola opera che non
solo racconta i successi scientifici, ma esalta la figura
di un uomo che, dopo l’incidente, ha continuato a
lottare per raggiungere una apprezzabile normalità:
dal riuscire a riprendere l’uso della parola, al rifarsi
il nodo alla cravatta, a intervenire a convegni in cui
il successo nell’eloquio era pari alle standing ovation
ricevute negli Stati Uniti.
Lavorare con Gianni non fu semplice: la sua cocciutaggine, il rigore nella stesura dei capitoli, la certezza
di essere nel giusto vennero fuori come ai tempi del
primo lavoro sul CMF. Consigli ne accettava pochi
e se tentavo di “dire la mia” non ero certo che ne
facesse tesoro. Diceva spesso “Io non mollo, sono
del segno del leone” e chi poteva mettersi contro il re
della foresta.
Un abbraccio nostalgico
e un grazie riconoscente.
Alberto Scanni
Primario Emerito di Oncologia
Ex direttore generale dell’Ospedale Sacco
e dell’Istituto Nazionale dei Tumori, Milano
Onconews Gianni Bonadonna il padre dell’oncologia italiana | anno XXI • speciale al numero 10 • 2015
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La storia
DAGLI ALBORI ALL’AFFERMAZIONE
Per capire perché Gianni Bonadonna è da sempre considerato il padre dell’oncologia medica italiana, è necessario
ricorrere ai ricordi di chi ha condiviso con lui un’epoca
che definire eroica non è una pomposa esagerazione, visto
a che punto era la cura dei tumori in quel momento, fuori
e dentro gli ospedali. Le vicende che hanno caratterizzato
quegli anni sono ripercorse da uno dei protagonisti, Silvio
Monfardini, diventato a sua volta un riferimento internazionale per uno dei settori (prima di lui) più negletti, ma al
tempo stesso più importanti (anche numericamente) della
cura del cancro, l’oncologia geriatrica. Monfardini, che si
è formato con Bonadonna, ha raccontato di quel periodo
nel suo bellissimo libro Il bagnino e i samurai, scritto con
la giornalista scientifica Daniela Minerva. Quanto segue è
una sintesi di quel racconto, che merita comunque di essere
letto per esteso.
Il primo settembre 1964 Gianni Bonadonna arriva all’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, ancora nella sede
di piazzale Gorini, che nel 1968 verrà sostituita, grazie a
una concessione del Comune, dall’attuale, nella vicina via
Venezian.
Sono anni in cui la parola “cancro” non viene mai pronunciata, sostituita da arzigogolate circonvoluzioni che definiscono il tumore una “brutta malattia” o “un brutto male”.
Anche la classe medica ne ha una visione che lascia spazio a
poche speranze, ritenendo, nella stragrande maggioranza dei
casi, che l’unico intervento possibile sia la chirurgia, seguito da
una ancora alquanto rudimentale radioterapia. Quasi nessuno
spazio viene dato ai farmaci e a tutto il resto; gli stessi malati,
trattati non di rado con brutalità, senza alcuna di quelle attenzioni che tanta parte hanno nell’oncologia moderna, sono
considerati quasi sempre persone destinate a soccombere, per
6
Sono anni in cui la parola ‘cancro’
non viene mai pronunciata, sostituita
da arzigogolate circonvoluzioni
che definiscono il tumore una ‘brutta
malattia’ o ‘un brutto male’.
le quali cercare di rendere la breve vita restante più tollerabile,
a meno di guarigioni poco probabili.
Ma non sono solo la scienza e la ricerca a essere arretrate:
anche la gestione dei nosocomi assomiglia più a quella delle
caserme che a quella di luoghi di sofferenza e cura.
O, perlomeno, questo accade all’Istituto, per molti anni
regno incontrastato del chirurgo (e in seguito politico e
sindaco di Milano) Pietro Bucalossi, descritto da tutti come
persona autoritaria, una sorta di dittatore poco elastico e
affezionato a un’idea molto antica della medicina, ma al
tempo stesso medico capace di intuizioni che risulteranno
fondamentali per il destino di Bonadonna e dei malati.
D’altro canto, come braccio destro il direttore ha scelto un
altro nome che farà la storia dell’oncologia italiana e non
solo: Umberto Veronesi.
Bucalossi non frequenta gli Stati Uniti, non parla neppure
inglese, ma ha capito che là sta accadendo qualcosa di importante, e ha sentito parlare di un altro dei protagonisti
assoluti, David Karnofsky, che dirige il primo centro interamente dedicato alle malattie tumorali, il Memorial Sloan
Kettering di New York. Proprio nel 1964 decide quindi di
andare a rendersi conto di persona, e resta molto colpito da
ciò che si sta muovendo oltreoceano e che porterà, nel 1970,
alla dichiarazione di guerra del presidente Richard Nixon.
Onconews Gianni Bonadonna il padre dell’oncologia italiana | anno XXI • speciale al numero 10 • 2015
La storia
Ma non sono solo la scienza
e la ricerca a essere arretrate: anche
la gestione dei nosocomi assomiglia
più a quella delle caserme che a quella
di luoghi di sofferenza e cura.
Capisce soprattutto che l’Italia, e il suo Istituto con essa, è
molto, troppo lontana. E incontra nei corridoi un giovane
cervello in fuga, spigoloso quanto lui, Gianni Bonadonna,
dal quale – recitano le cronache più agiografiche, ma forse
non del tutto, vista la fiducia che gli accorda – resta molto
colpito.
Lo convince a tornare subito, anche perché ha bisogno di
lui per almeno due aspetti meno poetici del suo lavoro:
mantenere e rafforzare i rapporti con il MSKC, e dare
corpo e sostanza a un importante accordo formulato nel
1960 con Farmitalia, l’azienda del gruppo Montedison alle
porte di Milano, stipulato per “studiare su base strettamente
scientifica i farmaci che mirano ad azione antitumorale”.
Secondo l’accordo, l’Istituto avrebbe dovuto creare un reparto ad hoc per verificare i farmaci nei pazienti e accogliere
tre dipendenti Farmitalia per l’esecuzione, in parallelo,
dei test in vitro e negli animali, nella divisione di biologia
sperimentale.
Come sottolinea Daniela Minerva nel libro, l’idea di mettere insieme i ricercatori di base con i medici che avrebbero
dovuto sperimentare i farmaci al letto del malato, in un
ospedale pubblico ma con il supporto di una grande azienda, è una tappa fondamentale della storia della ricerca
farmaceutica in Italia.
Tuttavia, a differenza di quanto accade in altri Paesi europei
come Germania, Gran Bretagna e Francia, è un’esperienza
destinata a restare una fortunata eccezione in ambito nostrano, nonostante le promesse della cosiddetta medicina
traslazionale, mai di fatto approdata davvero nel nostro
Paese proprio per la mancanza di un tessuto industriale adeguato e della volontà politica di crearlo e farlo prosperare.
Ma Bonadonna in quel momento ci crede, e capisce – ricordandolo, per averlo vissuto in prima persona a New
York – che se si vogliono avere risultati utili, è necessario
introdurre una metodologia scientifica rigorosa, perché
le segnalazioni di casi isolati o sporadici o comunque
numericamente poco convincenti non portano da nessuna
parte. Le risposte ai farmaci vanno misurate e riportate in
maniera obiettiva e non episodica, e per farlo è necessario
avere una struttura che lo permetta e personale che sia in
grado di farlo.
Più facile a dirsi che a farsi. Il reparto di Bonadonna, chiamato C, accoglie persone con una malattia avanzata, per le
quali, nella mentalità e secondo le conoscenze dell’epoca,
c’è ben poco da fare se non alleviarne il dolore. Anche la logistica è oggi quasi inimmaginabile: due corsie uniche, una
per sesso, in cui la morte è compagna abituale di chi sente
che sarà il prossimo e dove i medici ogni giorno assistono
impotenti al fallimento dei loro sforzi, reso tangibile dal
dolore quotidiano di tutti i degenti. Quanto alle terapie, si
basano più che altro sulla mecloretamina, devastante nei
suoi effetti collaterali, o sulla terapia ormonale per i tumori
della prostata e della mammella. I laboratori per la ricerca,
poi, non sembrano certo in cima alle priorità dell’Istituto.
In questa situazione Bonadonna arruola giovani medici
trovando di volta in volta le borse di studio, e spiegando
loro che è ora di cambiare e non accettare più quella realtà
inaccettabile, in cui le cure farmacologiche del cancro sono di fatto affidate alle suore, colonne portanti di tutto il
reparto, ma pur sempre suore.
E qui vengono fuori il carisma, il magnetismo e la vocazione
di Bonadonna, perché riuscire a convincere medici all’inizio
della carriera a impegnarsi al massimo in un reparto dove a
farla da padrone sono il dolore e la morte, e dove lui stesso,
secondo i racconti di tutti, spinge gli aspiranti oncologi a
L’idea di mettere insieme
i ricercatori di base con i medici
che avrebbero dovuto sperimentare
i farmaci al letto del malato, in un
ospedale pubblico ma con il supporto
di una grande azienda, è una tappa
fondamentale della storia della ricerca
farmaceutica in Italia.
Onconews Gianni Bonadonna il padre dell’oncologia italiana | anno XXI • speciale al numero 10 • 2015
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La storia
Nel frattempo Bucalossi l’antico
continua a sostenerlo e a trovare nuove
borse per coloro che lui stesso chiamerà i
samurai, spiegando che è con la mentalità
del guerriero che ha sempre vissuto il suo
lavoro, la sua vocazione assoluta.
non affezionarsi ad alcun paziente, perché quasi tutti sono
destinati a morire entro pochi giorni, la dice molto lunga
su un personaggio ricordato da tutti come estremamente
ruvido, scorbutico, irruento (probabilmente per aver dovuto imparare, giocoforza, a mettere in pratica per primo
quell’insegnamento). Eppure la sua capacità di persuasione
e la sua passione arrivano, conquistano quei giovani medici
motivati e anticonformisti che sono poi gli unici che Bonadonna va cercando per compiere la sua missione.
Nel frattempo Bucalossi l’antico continua a sostenerlo e
a trovare nuove borse per coloro che lui stesso chiamerà i
samurai, spiegando che è con la mentalità del guerriero che
ha sempre vissuto il suo lavoro, la sua vocazione assoluta.
Tutte persone che seguono le sue orme anche nell’insofferenza al potere, che hanno come obiettivo la pubblicazione
di uno studio su una rivista prestigiosa, più che la poltrona
da burocrate sanitario, che se ne infischiano delle convenzioni da mandarinato della medicina italiana di quegli anni
e che al tempo stesso non riescono a immaginarsi come meri
esecutori di scoperte portate avanti altrove. Medici-ricercatori che come Bonadonna non sono diventati papaveri
universitari, ma che hanno cambiato la storia della cura del
cancro. Samurai, appunto.
Lo staff, dunque, si va formando. Ma medici volenterosi,
agguerriti e disposti al sacrificio non bastano per combattere le battaglie più dure: quelle contro una mentalità ancora
provinciale, molto legata alle baronìe mediche, lontana
anni luce dal rigore scientifico e perfino dalla morale un
po’ calvinista appresa oltreoceano.
È necessario che il samurai al comando vada contro l’establishment, e Bonadonna lo fa sempre, quando lo ritiene necessario, non di rado con le armi dello sberleffo (quasi a smentire
il ritratto un po’ superficiale che di lui fanno già in molti).
8
Come racconta Monfardini, tra gli addetti ai lavori sono
diventati leggendari alcuni dei suoi interventi in congressi e
riunioni, nei quali ha sbeffeggiato gli accademici o gli aspiranti tali che discutevano singoli casi, esponevano risultati
di scarso o nullo significato scientifico, e nel frattempo si
mettevano d’accordo per definire il momento in cui sarebbe arrivato il loro turno. Barocchismi incompatibili con la
mentalità fieramente meritocratica che Bonadonna ha fatto
propria negli States, che non a caso gli costerà la carriera.
L’uomo contro, sempre al di fuori del sistema verrà infatti
respinto dal sistema stesso, non diventerà mai docente, nonostante la messe di riconoscimenti internazionali che pioveranno negli anni, a partire dal premio dell’ASCO che porta il
suo nome (unico caso di un italiano assurto a tanto onore).
Lui stesso ripeterà sempre con orgoglio quel Dott., correggendo l’interlocutore, a sottolineare la sua distanza e la sua
estraneità da un mondo al quale ha scelto da subito di non
appartenere e con cui non è mai sceso a compromessi.
I SAMURAI DELL’ONCOLOGIA
E allora eccoli, i samurai: Silvio Monfardini, Mario De
Lena, Emilio Bajetta, Gabriele Tancini, Gianni Beretta,
Pinuccia Valagussa e Franca Fossati-Bellani.
Persone diversissime per formazione, provenienza, carattere, ma che forse proprio per questo hanno dato vita a un
dream team che ha rivoluzionato la storia dell’oncologia
italiana e non solo.
Lo staff, dunque, si va formando.
Ma medici volenterosi, agguerriti e
disposti al sacrificio non bastano per
combattere le battaglie più dure: quelle
contro una mentalità ancora provinciale,
molto legata alle baronìe mediche,
lontana anni luce dal rigore scientifico
e perfino dalla morale un po’ calvinista
appresa oltreoceano.
Onconews Gianni Bonadonna il padre dell’oncologia italiana | anno XXI • speciale al numero 10 • 2015
La storia
L’uomo contro, sempre al di fuori
del sistema verrà infatti respinto dal
sistema stesso, non diventerà mai docente,
nonostante la messe di riconoscimenti
internazionali che pioveranno negli anni,
a partire dal premio dell’ASCO che porta
il suo nome (unico caso di un italiano
assurto a tanto onore).
Nelle parole di Monfardini, che racconta se stesso come il
rugbista che in quel momento è (anche), cioè un giovane
sempre pronto ad andare avanti per quanto la palla sia
rimessa indietro, Bonadonna è il personaggio brusco che
tutti conoscono, De Lena è un toscano trapiantato a Bari,
ex medico militare, elegante, gentile ma deciso; Bajetta,
uomo di pianura, che si era presentato senza appuntamento
all’Istituto per entrare in squadra, un medico concreto, padre
dell’idea di fare la chemioterapia in day hospital e non più
in ricovero, con un senso pratico che tornerà molto utile alla
gestione delle ricerche; Tancini, sicuro e pacato, che però non
resisterà a lungo allo stress di quella vita, optando in seguito
per la professione privata; Beretta, presenza costante e fondamentale; Franca Fossati-Bellani, la prima donna a entrare
nel gruppo, raffinata e decisa, impegnata in una battaglia
veramente di frontiera, quella per i bambini malati di cancro, e Pinuccia Valagussa, l’unica non medico ma altrettanto
cruciale, con la sua competenza di statistica indispensabile
per l’impostazione rigorosamente scientifica delle sperimentazioni, sistemata in uno scantinato, “l’ufficio operativo per
le terapie controllate” e braccio destro di Bonadonna, con il
quale l’intesa è immediata.
Proprio in quel momento, poi, la fortuna dà una mano ai
samurai: la Farmitalia tira fuori una sostanza di colore
rosso vivo ottenuta dai batteri, chiamata adriamicina, che
subito viene data al responsabile delle sperimentazioni di
laboratorio in Istituto, Aurelio di Marco, per i primi test. È
il 1968, e negli animali l’antibiotico antitumorale funziona
in maniera stupefacente; il suo meccanismo d’azione è l’interferenza con la replicazione del DNA, e questo, anche dal
punto di vista teorico, lascia ben sperare che possa essere
Nel suo studio al 6° piano dell’Istituto Nazionale Tumori di Milano
negli anni Ottanta.
attivo su cellule la cui caratteristica principale è proprio la
replicazione.
Per Bonadonna e il suo gruppo, è il momento di mettere
in pratica ciò che ha appreso negli USA: prima di tutto il
metodo, e grazie a quello dare corpo alle sue idee visionarie.
Protocolli standard (allora di un paio di pagine) con i
dosaggi, i tempi, le caratteristiche tecniche, e poi lo spazio
per ogni più piccola osservazione clinica di efficacia e di
tossicità, anche perché l’adriamicina è pericolosa: basta
entrare in contatto con qualche goccia per ricavarne ustioni
molto dolorose.
A settembre tutto è pronto e si parte con il primo paziente,
un ragazzo con un sarcoma delle parti molli in stadio avanzato, che subito evidenzia la tossicità del nuovo farmaco: la
Persone diversissime per formazione,
provenienza, carattere, ma che forse
proprio per questo hanno dato vita a un
dream team che ha rivoluzionato la storia
dell’oncologia italiana e non solo.
Onconews Gianni Bonadonna il padre dell’oncologia italiana | anno XXI • speciale al numero 10 • 2015
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La storia
Tenendo fede alla linea portata
avanti fino a quel momento, e capendo
che non è in Italia che questi risultati
possono trovare interlocutori in grado
di comprenderli appieno, Bonadonna
evita i consessi nazionali e punta
direttamente all’ASCO del 1969, dove è
il primo italiano a presentare i dati di una
sperimentazione clinica con tutti i crismi
pretesi dagli americani, e dove
viene accolto con interesse (misto solo
in parte a scetticismo).
stomatite, la nausea, il vomito, l’abbassamento dei globuli
bianchi e delle piastrine e, soprattutto, un effetto inaspettato
ed eclatante: la perdita repentina di peli, capelli, unghie. Ma
anche un arretramento del tumore mai visto prima.
Bisogna andare quindi avanti con la sperimentazione, e
si passa a un malato di linfoma (stesso risultato), poi a
una donna con un carcinoma mammario e via via ad altri
casi. Entro poco tempo, quelli che vengono chiamati da
Bucalossi “i calvi di Bonadonna” sono 53, 40 adulti e 13
bambini malati di molti diversi tipi di tumori solidi ed ematologici. Ed è il momento di pubblicare i dati: il lavoro esce
sul British Medical Journal a firma Bonadonna, De Lena,
Fossati-Bellani e Monfardini. Ancora oggi l’adriamicina è
l’antitumorale con il più grande numero di indicazioni diverse, è stato oggetto di oltre 52.000 pubblicazioni, ha dato
origine a oltre 500 molecole sperimentali, due delle quali
(epiadriamicina e idarubicina) entrate in clinica.
Tenendo fede alla linea portata avanti fino a quel momento,
e capendo che non è in Italia che questi risultati possono
trovare interlocutori in grado di comprenderli appieno,
Bonadonna evita i consessi nazionali e punta direttamente
all’ASCO del 1969, dove è il primo italiano a presentare i
dati di una sperimentazione clinica con tutti i crismi pretesi
dagli americani, e dove viene accolto con interesse (misto
solo in parte a scetticismo).
Da lì il passo successivo è obbligato: torna allo Sloan Kette-
10
ring, dove nel frattempo è approdato Monfardini, desideroso
di mettere a punto nuove terapie per i tumori del sangue. I
due presentano i risultati, convinti della loro importanza, ma
l’accoglienza è abbastanza tiepida, al punto che Bonadonna,
come tante volte ha fatto in Italia, se ne va in quello che si stava candidando a diventare il secondo centro statunitense per
la cura del cancro, in competizione con il blasonato istituto
newyorchese, l’MD Anderson Cancer Center di Houston: la
mentalità texana e lo spirito di frontiera sono quello che ci
vuole per idee così innovative.
E infatti la situazione è del tutto diversa, e non a caso proprio
in quell’ambiente sta nascendo un’altra idea sovversiva: quella della combinazione dei chemioterapici, sperimentata all’inizio nelle leucemie infantili da Emil Freireich ed Emil Frei.
Ma questa nuova concezione della cura ne reca con sé
un’altra, se possibile ancora più importante e fondante, in
quanto cambiamento di paradigma, della quale Bonadonna è del tutto convinto, anche grazie ai risultati ottenuti a
Milano, e cioè quella che la terapia farmacologica possa
essere appunto curativa, e non solo palliativa. E che quindi
si possa iniziare a pensare di somministrarla anche in base
a principi diversi, e un domani, chissà, anche in tempi e con
modalità differenti da quelli attuali.
È la svolta che darà l’impronta a tutta l’oncologia moderna
e ancora una volta Bonadonna, insieme ai ragazzi del suo
team, ne è protagonista assoluto.
Anche per questo uno dei maggiori rappresentanti dell’oncologia mondiale di quel momento, Paul Carbone, direttore associato del Clinical Oncology Program del National Institute
di Bethesda, che conosce personalmente l’oncologo venuto
dall’Europa, lo coinvolge nelle sperimentazioni che vanno
per la maggiore in quel momento, quelle di combinazione.
Il denaro, dopo l’annuncio di Nixon, non manca e nel 1972
Carbone mostra a Bonadonna i risultati ancora segreti di un
cocktail di 4 farmaci in donne con carcinoma mammario
È la svolta che darà l’impronta
a tutta l’oncologia moderna e ancora una
volta Bonadonna, insieme ai ragazzi del
suo team, ne è protagonista assoluto.
Onconews Gianni Bonadonna il padre dell’oncologia italiana | anno XXI • speciale al numero 10 • 2015
La storia
avanzato, che sono strabilianti, perché mostrano una risposta completa nel 20% delle pazienti e parziale nel 40%. Mai
visto niente di simile. E quindi non vi sono dubbi, bisogna
andare avanti su quella strada.
Di più: è logico, a quel punto, continuare a ragionare nello
stesso modo, e cioè verificare se l’attacco contemporaneo su
più fronti porti o meno a risultati migliori, ossia associare
i farmaci, da soli o in combinazione, alla radioterapia e
alla chirurgia.
Ma prima è necessario verificare un aspetto che è emerso
con prepotenza nell’euforia delle combinazioni: la tossicità,
perché se è eccessiva può compromettere a priori la possibilità di associare i farmaci alle altre cure.
E di nuovo è Bonadonna a fornire le risposte volute e,
insieme, a dare sostanza a un concetto ancora oggi cardinale, quello della non inferiorità. Grazie al finanziamento
americano, sperimenta il CMF (ciclofosfamide, metotrexate
e 5-flurouracile) versus uno schema a 4 farmaci in donne
con tumore alla mammella avanzato e linfonodi positivi, e
dimostra che è solo di poco meno efficace, ma meno tossico,
e forse adatto per una cura sequenziale.
È il momento del grande passo, anche se molti, nell’ambiente, lo guardano con diffidenza: la somministrazione
della chemioterapia dopo l’intervento chirurgico, ossia
l’introduzione della chemioterapia adiuvante.
Lo scetticismo, secondo Monfardini, nasce dall’atavica
competizione tra chirurghi e oncologi medici, dalla quantità
di denaro in gioco e dal fatto che alcuni ritengono forse non
del tutto etico somministrare alle pazienti una cura tossica,
dal momento che la chirurgia può guarire. Ma Bonadonna,
Carbone e Bernard Fisher – forse il più famoso chirurgo
americano della mammella, che ha appena messo in piedi
il National Surgical Adjuvant Program per verificare la
chemio adiuvante con il melfalan nelle donne con linfonodi
positivi, – ci credono.
Non solo: Carbone sa che all’Istituto c’è un chirurgo di cui
si parla molto e che può operare in concerto con Bonadonna, Umberto Veronesi, e questo è sufficiente per inviare in
via Venezian il denaro necessario dello US Chemotherapy
Program. Le aspettative degli americani non saranno deluse,
perché nel giro di due anni vengono operate 386 pazienti con
linfonodi positivi, e metà di loro subito dopo viene sottoposta
È il momento del grande passo,
anche se molti, nell’ambiente, lo guardano
con diffidenza: la somministrazione
della chemioterapia dopo l’intervento
chirurgico, ossia l’introduzione
della chemioterapia adiuvante.
alla chemioterapia; saranno queste ultime ad avere un abbassamento significativo del rischio di recidive e a dimostrare
così che l’intuizione era giusta. I dati vengono riportati sul
New England Journal of Medicine; e lo stesso risultato, nel
frattempo, ha avuto Fisher.
Ma ancora una volta quello che è un indubbio avanzamento
clinico scardina un dogma e introduce un’idea ritenuta eretica fino a quel momento, e cioè il fatto che il tumore non sia
una malattia d’organo, ma sistemica, se è vero, come sembra,
che i farmaci possono curare le metastasi a distanza.
A darle più forza arriva la terapia dei linfomi di Hodgkin,
che negli Stati Uniti curano con la MOPP (mecloretamina,
vincristina, procarbazina, prednisone), che però non dà risultati in un malato su cinque. Perché non provare anche in quel
caso l’adriamicina e la bleomicina, che hanno un meccanismo
d’azione diverso, si chiede Bonadonna, visto che di linfomi,
all’Istituto, ne arrivano molti? E ai linfomi sarà legato il suo
nome, proprio per aver introdotto lo schema ABVD (adriamicina, bleomicina, vinblastina, dacarbazina), ancora oggi
standard dei linfomi e non a caso ricordato nell’editoriale
dedicato a Bonadonna alla sua scomparsa.
Anche in questo caso, i risultati offrivano vantaggi che vanno
Ma ancora una volta quello che
è un indubbio avanzamento clinico
scardina un dogma e introduce un’idea
ritenuta eretica fino a quel momento,
e cioè il fatto che il tumore non sia una
malattia d’organo, ma sistemica, se è vero,
come sembra, che i farmaci possono
curare le metastasi a distanza.
Onconews Gianni Bonadonna il padre dell’oncologia italiana | anno XXI • speciale al numero 10 • 2015
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La storia
Nel mondo, migliaia di donne
con tumore al seno devono la loro
sopravvivenza alla dimostrazione
dell’efficacia della terapia adiuvante, e
noi tutti siamo in debito con lui per il suo
coraggio e la sua intelligenza.
oltre al valore di un’opzione terapeutica in più, perché le fasi
successive dimostrano che l’ABVD è efficace anche quando
la malattia non è così avanzata, e tutto ciò apre la strada al
passo successivo, la combinazione con la radioterapia, nella
quale l’adriamicina si mostrerà superiore al MOPP.
La strada è ormai indicata, e a questo schema farà seguito
l’ABP (adriamicina, bloemicina e prednisone) per i linfomi
di Hodgkin in stadio non avanzato e per gli Hodgkin avanzati, e poi il CHOP (ciclofosfamide, adriamicina-idrossidaunomicina-vincristina e prednisone) per i non-Hodgkin.
Negli anni successivi Bonadonna e i suoi samurai viaggiano
per mezzo mondo (dall’Africa all’India, dal Medio Oriente
all’Europa) a esporre la messe di dati che si va accumulando,
e cambiano così per sempre l’idea stessa di cura dei tumori.
Di lui così ha scritto Daniel F. Hayes, presidente ASCO nel
2007, anno in cui è stato intitolato il premio Bonadonna:
“Nel mondo, migliaia di donne con tumore al seno devono la loro sopravvivenza alla dimostrazione dell’efficacia
della terapia adiuvante, e noi tutti siamo in debito con lui
per il suo coraggio e la sua intelligenza”, mentre Julie M.
Vose, altro presidente ASCO, a proposito del contributo di
Bonadonna sui linfomi si è espressa così: “Le sue scoperte
pioneristiche nei primi giorni della chemioterapia hanno
portato alla formulazione di combinazioni in molti casi
usate ancora oggi, tra cui l’ABVD, tuttora gold standard”.
DA MEDICO A PAZIENTE
È il 1995. Dopo trent’anni di battaglie, scontri, sacrifici,
intuizioni illuminanti Bonadonna è all’apice della carriera,
conosciuto e apprezzato da tutta l’oncologia mondiale. I
suoi studi hanno rivoluzionato la cura del cancro, e ancora
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continuano a farlo. Ma il destino pare aver deciso diversamente, per lui: un grave ictus lo lascia invalido e sembra
porre fine alla sua carriera, anche se chiunque lo abbia
conosciuto non ci crede del tutto e pensa che, se le condizioni di salute glielo permetteranno, non è ancora giunto il
momento del suo ritiro. Sono anni difficili, quelli, anni di
terapie dolorose e faticose, dell’umiliazione di vedere sul
volto del prossimo da cui dipende la pietà, sentimento che in
passato aveva dato l’impressione di non potersi permettere,
quando curava i suoi malati.
E coloro che lo conoscono bene non sbagliano: Bonadonna,
passato un primo momento di più che comprensibile scoraggiamento, affronta le conseguenze della sua malattia di
petto, con lo stesso piglio con cui ha sempre interpretato la
medicina, e che egli stesso ricorderà in occasione dell’istituzione del premio ASCO che reca il suo nome: “Avete mai
visto il combattimento del cobra con la mangusta? Da un
punto di vista figurativo questo potrei essere io: decidete voi
chi è il cobra e chi la mangusta. Sta di fatto che sono sempre
in battaglia”. Essere in battaglia, ora, significa trovarsi dalla
parte di quelli che in un altro libro ha definito guerrieri, i
malati, che “non sono una collezione di sintomi e segni di
malattia, di disfunzioni organiche e psicologiche, ma sono
anzitutto esseri umani, apprensivi, smarriti, speranzosi,
desiderosi di conforto, aiuto, rassicurazione”.
Il passaggio non è certo indolore, ma Bonadonna lo accoglie, lo accetta, lo racconta mettendosi totalmente a nudo e
mettendosi in gioco come tante volte ha fatto nei confronti
di dogmi e certezze da verificare e, nel caso, smontare. Inizia
Essere in battaglia, ora, significa
trovarsi dalla parte di quelli che in un
altro libro ha definito guerrieri, i malati,
che ‘non sono una collezione di sintomi
e segni di malattia, di disfunzioni
organiche e psicologiche, ma sono
anzitutto esseri umani, apprensivi, smarriti,
speranzosi, desiderosi di conforto, aiuto,
rassicurazione’.
Onconews Gianni Bonadonna il padre dell’oncologia italiana | anno XXI • speciale al numero 10 • 2015
La storia
Non mi piace la corsa all’oro dei facili
guadagni, il pressappochismo. Mi spaventa
il distacco medico-paziente. Nei reparti di
degenza e nei blocchi operatori si fanno
arretrare le frontiere dell’impossibile, ma
la sanità deve insegnare di più ai medici
ad entrare nel mondo delle malattie quali
sono vissute dai pazienti. a cambiare prospettiva e a intuire i contorni della sua prossima battaglia: quella per l’umanizzazione della medicina.
I risultati si vedono subito: nella seconda parte della sua
vita, interamente dedicata alla riflessione sulla medicina – in
particolare sull’oncologia – oltre a porre al centro il malato,
ancora una volta scardinando concezioni antiche e ritenute
inamovibili, e anticipando un approccio che diventerà globale pochi anni dopo, non rinuncia a stare dalla parte dei
colleghi, sollecitandoli a cambiare il volto della medicina
“moderna”, che al paziente Bonadonna appare sempre più
sinistro. Spiega infatti sempre in quel giorno memorabile
all’ASCO: “Di questa sanità non mi piace l’invadenza che
la politica ha assunto e la burocrazia che non dà spazio a
uomini e donne liberi, appassionati, che nella professione me­
dica cercano l’approccio umano e competente con i pazienti.
Non mi piace la corsa all’oro dei facili guadagni, il pressappochismo. Mi spaventa il distacco medico-paziente. Nei
reparti di degenza e nei blocchi operatori si fanno arretrare
le frontiere dell’impossibile, ma la sanità deve insegnare di
più ai medici ad entrare nel mondo delle malattie quali sono
vissute dai pazienti.
Noi non siamo entomologi che contemplano insetti, l’u­
manizzazione delle cure oggi è la mia nuova battaglia...”.
Parole che, come riferiscono i testimoni di quelle giornate,
non lasciano indifferente neppure Gabriel Hortobagy, presidente ASCO, abituato a scontrarsi con una sanità privata
che poggia sul profitto le basi del proprio funzionamento,
e che infatti poi racconta: “Basta guardarlo negli occhi,
nonostante la malattia che si porta addosso, per darci la
carica, per dirci non arrendetevi nella sfida contro i tumori”.
Una particolare attenzione Bonadonna la dedica ai giovani
oncologi, dei quali si sente giustamente un padre nobile, a
maggior ragione ora che qualcuno lavorerà grazie a fondi
ASCO che portano il suo nome. Ancora di fronte all’assise
americana dichiara di augurarsi che i vincitori abbiano
“un po’ di quel sacro furore che alcuni medici della mia
generazione hanno avuto e che oggi vedo sempre meno”,
ma anche una grande dose di umanità, perché “alla scuola
del malato i medici arrivano impreparati; è ora che nelle
Facoltà di medicina ci sia un nuovo esame per chi deve
curare ¸le persone: quello di umanità”.
Un niente affatto velato j’accuse, dunque, non dissimile da
quelli che ha detto e fatto per tutta la vita, e che ora invita
i giovani a mettere in pratica, oltreché con le parole, con la
stessa forza con la quale lo ha fatto lui a suo tempo e come,
in modi diversi, ha intenzione di continuare a fare: con i fatti.
I bei discorsi, infatti, non esauriscono l’attività neppure di
Bonadonna paziente, perché lui sa che, per quanto veri,
toccanti o incisivi, corrono sempre il rischio di restare tali.
E allora, per portare avanti le sue idee, e in primo luogo
la trasformazione della medicina, nel 1999 dà vita alla
Fondazione Michelangelo per l’avanzamento dello studio
e della cura dei tumori.
La Fondazione, si legge nello statuto, è “rivolta ai pazienti,
per migliorare le loro cure e le possibilità di guarire; ai medici,
per cooptarli nei suoi programmi, consentire loro di mettere
a frutto le loro idee, applicare rapidamente i risultati; alla
società civile, perché sostenga l’indipendenza nella ricerca,
e all’industria farmaceutica, per collaborare allo sviluppo
ottimale di loro prodotti”. Bonadonna non ha dunque mai
dimenticato quell’alchimia magica che è stata alla base dei
suoi successi: l’attenzione per i pazienti, la formazione dei
medici, la libertà della ricerca, il rigore metodologico, la collaborazione con l’industria, con il supporto della società civile.
Sempre secondo lo statuto, la ricerca targata Michelangelo
E allora, per portare avanti le sue idee,
e in primo luogo la trasformazione della
medicina, nel 1999 dà vita alla Fondazione
Michelangelo per l’avanzamento dello
studio e della cura dei tumori. Onconews Gianni Bonadonna il padre dell’oncologia italiana | anno XXI • speciale al numero 10 • 2015
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La storia
Bonadonna non ha dunque mai
dimenticato quell’alchimia magica che è
stata alla base dei suoi successi: l’attenzione
per i pazienti, la formazione dei medici, la
libertà della ricerca, il rigore metodologico,
la collaborazione con l’industria,
con il supporto della società civile.
viene sostenuta quando è ritenuta realmente innovativa e
in fase tanto preclinica quanto clinica, come era accaduto
all’epoca degli studi sull’adriamicina all’Istituto dei Tumori
di via Venezian, per capire ancora meglio la biologia dei
tumori, tradurre i risultati prima possibile in benefici clinici
e diffondere le nuove conoscenze alla comunità medica.
Il sito della Fondazione riporta anche i numerosi trial cinici
che ha sostenuto negli anni, nonché quelli in corso, tanto
sul tumore alla mammella quanto sui linfomi, più uno su
tumori della linea germinale, e poi la lista degli eventi, dei
seminari e delle conferenze promosse dalla Fondazione: un
elenco in cui si ritrovano le idee e le passioni di Bonadonna,
dalle diverse possibili declinazioni. Grazie a essa, negli anni,
esperti e società civile hanno riflettuto su tutti gli aspetti
dell’oncologia e non solo, dalla chemioterapia all’umanizzazione dell’assistenza oncologica, dalle valutazioni delle
tossicità delle cure a lungo termine (per esempio sul cuore)
alle implicazioni etiche e biologiche delle conoscenze genetiche, dalla formazione dei medici e degli operatori che
desiderano fare ricerca clinica al significato delle terapie
adiuvanti e neoadiuvanti fino ai farmaci biologici e all’immunoterapia. Tante, infine, le pubblicazioni con il bollino
della Fondazione, sempre su riviste prestigiose, perché
anche in questo Bonadonna è rimasto fedele a se stesso: il
rigore scientifico, prima di tutto, e la condivisione con la
grande famiglia dell’oncologia medica mondiale.
Ma come racconta lui stesso la propria evoluzione di uomo
e di medico? Così risponde a Lara Bettinzoli, di Prevenzione
Tumori, in una delle tante interviste rilasciate dopo l’uscita
del suo libro Medici umani, pazienti guerrieri, nel 2008:
“Se sono stato o meno un medico ‘umano’ me lo chiedevo
anche prima dell’ictus, quando cercavo una risposta alle
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promesse non mantenute nel mio mestiere, all’invadenza
della tecnologia, alla sicumera dei cattedratici, alla politi­
cizzazione dell’intera sanità.
Mi sono trovato tante volte al bivio tra l’uomo e la sua
scienza, tra il mercato e la persona, e ho scelto una strada
precisa: la ricerca contro il cancro è stata la mia vita.
Forse in questo ho sacrificato l’intimità con i pazienti, ma
l’obiettivo che la mia squadra si era posto era alto: vole­
vamo salvare qualche vita. A un certo punto ho capito che
bisognava mettersi con la stessa forza su un’altra barricata:
quella della medicina più umana”. E per giungere a questo
un medico non deve necessariamente ammalarsi: “Ci sono
medici più sensibili, più attenti al paziente come persona
e alla sua sfera emotiva. Il medico deve saper infondere al
malato fiducia per le cure che gli somministra, speranza di
guarigione e soprattutto fargli sentire che non lo considera
solo un numero o un protocollo ma una persona a tutto
tondo. Un bravo medico non fa sentire abbandonato il ma­
lato, l’attenzione e l’ascolto sono una grande cura. Alcuni
medici lo sanno: dai pazienti imparano il significato della
vita, capiscono il peso della sofferenza”.
Infine, sempre in quell’intervista Bonadonna, rispondendo
alla domanda sul giorno migliore da medico e da malato,
abbozza un bilancio di una vita che certo non si può racchiudere in due righe, ma che vuole sintetizzare così: “Il
giorno più bello da medico è stato quando ho potuto dire
a un malato che la possibilità di vivere c’era davvero, che
il cancro era stato sconfitto. Il giorno più bello da malato
è stato quando ho cominciato a credere che sarei riuscito a
rivedere i miei figli e a completare il mio percorso: cambiare
una medicina ancora troppo arida e burocratica, per farla
diventare più umana”.
Cobra e mangusta, e samurai, per il bene di tutti coloro che
soffrono, fino all’ultimo giorno.
Mi sono trovato tante volte al bivio
tra l’uomo e la sua scienza, tra il
mercato e la persona, e ho scelto una
strada precisa: la ricerca contro il cancro
è stata la mia vita.
Onconews Gianni Bonadonna il padre dell’oncologia italiana | anno XXI • speciale al numero 10 • 2015
Il medico e l’uomo
Lettera inviata da Gianni Bonadonna ai colleghi
in occasione del III Convegno nazionale Primari Oncologi Ospedalieri,
tenutosi a Ragusa, 16-17 aprile 1999
Cari Colleghi,
sono veramente spiacente che pregressi impegni familiari non mi consentano oggi di essere presente con voi
in questa importante riunione. Desidero quindi farvi
pervenire un mio messaggio.
programmi e caratteristiche di entrambi. Anche quando il paziente si affida completamente al medico, egli
desidera che il rapporto sia centrato su di lui, sulle sue
necessità, ansie e timori e non più dominato dal medico.
Come è a tutti noto, il progresso sbalorditivo raggiunto
nella metodologia biochimica e nella genetica molecolare come nella tecnica biofisica delle immagini radiologiche e radioisotopiche, consente oggi di applicare le
più sofisticate tecniche di laboratorio o di impiegare le
ultime novità terapeutiche non solo nei centri di ricerca,
ma nella maggior parte degli ospedali e istituti. Tale fermento tecnologico, tuttavia, non sembra aver prodotto
risultati apprezzabili per i nostri pazienti.
Gli oncologi devono saper ben bilanciare l’onestà
della diagnosi con la speranza di trattamenti efficaci,
focalizzandosi sugli obiettivi realistici dei trattamenti
disponibili. I pazienti desiderano poter discutere quali
effetti la loro malattia e il suo trattamento avranno sulla
loro vita, sui loro rapporti con familiari ed amici e sulle
loro risorse economiche. Non vogliono essere illusi sulla
loro prognosi, ma neppure che le informazioni sulle
percentuali di ripresa di malattia e di sopravvivenza siano loro comunicate con freddo distacco professionale;
sono preoccupati per il futuro, ma vogliono imparare a
curarsi con il supporto dei loro medici. Anche in oncologia quindi l’arte della medicina è una combinazione
di conoscenza, intuito e giudizio.
Gli avvenimenti del recente passato infatti devono far
riflettere sull’impoverimento della relazione medicopaziente. Se da un lato il clinico tende sempre più ad
affidarsi ad ausili tecnologici ed allo sviluppo di alberi
decisionali che gli indichino tutte le possibili opzioni
per ogni momento decisivo e tutti i possibili esiti di ogni
opzione, dall’altro il paziente desidera sì poter contare
sulla competenza ed efficienza degli operatori sanitari,
ma chiede sempre più spesso di essere trattato con dignità, rispetto e umanità ed essere considerato parte attiva
del processo decisionale.
Il rapporto medico-paziente è il cuore dell’arte della
medicina ed è costruito sulle esperienze, speranze, timori,
Per affrontare correttamente e adeguatamente questo
rapporto con i loro pazienti, per meglio aiutarli ad
affrontare il decorso della loro malattia e migliorare la
loro quantità e qualità di vita, i medici oncologi devono
arricchire maggiormente il proprio bagaglio culturale;
dai concetti biologici e molecolari ai principi di storia
naturale dei tumori e all’approccio diagnostico e terapeutico generale, dalla diagnosi e terapia delle varie
neoplasie alle complicazioni e terapie di supporto.
Onconews Gianni Bonadonna il padre dell’oncologia italiana | anno XXI • speciale al numero 10 • 2015
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L’oncologo di fama mondiale
e il personaggio
Racconti e testimonianze di colleghi italiani
ENRICO AITINI
In ricordo di Gianni
The young branches of the poplar trees moved
lazily… i giovani rami dei pioppi ondeggiavano
lenti… per utilizzare i tuoi due abituali idiomi, caro
Gianni, un racconto, un mio racconto di molti anni
fa cui sono molto affezionato. Inizia da quei giorni
il primo incontro con Te che mi hai suggerito, senza
impormela, una strada professionale che avrebbe
per sempre delineato la mia esistenza. Era l’autunno
del ’79, molti anni ormai trascorsi dal secolo scorso:
tornando da una visita domiciliare a un paziente
che viveva gli ultimi giorni della sua esistenza contemplando quegli alberi che sembravano salutare la
sua vita, durante un incontro molto informale, in
una saletta con pochi uditori, qui, nella mia città,
Mantova, ti ascoltai, affascinato dal tuo linguaggio
letterariamente assai colto, mentre parlavi di un
nuovo farmaco, l’epirubicina, che presto si sarebbe
affiancato all’adriamicina, nome molto più suadente
di quello reale, doxorubicina, nel trattamento medico
di neoplasie mammarie e linfomi in particolare, farmaco dotato di minor cardiotossicità. Ti avevo già
ascoltato, in auditori stracolmi di colleghi, fin dal novembre del ’76 ma non avevo mai avuto l’occasione
di parlarti direttamente. Scoprii in quell’occasione, e
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questo mi rese molto contento, che anche Tu possedevi la specializzazione in Ematologia. Dopo aver descritto farmacodinamica e farmacocinetica con molta
precisione, parlasti con straordinaria preveggenza, e
quella fu la prima volta che presi in considerazione
questo problema, del costo del farmaco, superiore
a quello del progenitore. Rileggo ora quelle cifre,
poche decine di migliaia di lire in più (dieci, forse
15 euro di oggi) e il cuore si allarga in un grande,
affettuoso sorriso pensando agli attuali costi delle
più recenti target therapies. Già in quell’occasione
La fotografia, scattata all’inizio degli anni Ottanta,
ritrae me in primo piano e Gianni Bonadonna che sta intervenendo
al microfono.
Onconews Gianni Bonadonna il padre dell’oncologia italiana | anno XXI • speciale al numero 10 • 2015
Il medico e l’uomo
mi regalasti affettuosamente la confidenza di non
lasciare spazio al “Lei” nei nostri dialoghi e di adottare subito il “Tu”.
Cominciai a frequentare da quel momento in modo
assiduo, per quanto mi fosse concesso dai turni di
lavoro e dalla distanza da Milano, l’istituto in via
Venezian. Nella memoria resta indelebile quell’episodio in cui, durante il coffee break di un meeting
cui partecipavano anche miei più giovani colleghi,
per mettere vanitosamente in mostra la mia importanza a livello nazionale, ti salutai da lontano con un
“Ciao Gianni” evidenziando la confidenza presente
tra me e il padre dell’oncologia medica italiana (ma
non solo) e mi avvicinai a te in modo così impulsivo
e sgraziato da farti rovesciare il caffè che tenevi in
mano e macchiandoti un po’ il vestito… arrossii, ma
tu mi tranquillizzasti con un sorriso.
Come ci ricordiamo delle tue prescrizioni con pennarello verde, tutti noi oncologi “datati” sappiamo
che, soprattutto nei primi tempi, con i pazienti eri
piuttosto sbrigativo (anche per il numero inimmaginabile di malati che giungevano a te da ogni parte
del nostro Paese) a volte persino un po’ scorbutico
e i pazienti spesso tornavano riferendomi: “Certo
si vede che è bravo, ma ha un carattere…”. Ebbene Gianni, ti sono debitore anche per questo tuo
caratteraccio, te lo dico con affetto, naturalmente,
perché, indirettamente, confermasti la mia convinzione che l’ascolto di un paziente sia un momento
fondamentale del processo di cura, che l’empatia
che può o dovrebbe nascere tra due persone, una
che chiede aiuto e una che cerca di trovare una soluzione specifica per risolvere il problema di chi ha
di fronte, è veramente l’incontro tra due biografie,
come sosteneva Karl Jaspers.
Dopo aver letto il libro Giorni per la vita scritto
su amichevole richiesta dell’amico Roberto Labianca, allora Presidente nazionale, per celebrare
i trent’anni di AIOM, con titolo che ideai insieme
a Dino Amadori, mi invitasti a scrivere con Te la
Fotografia scattata nel 1996. A sinistra Pinuccia Valagussa.
storia dell’oncologia medica, testo che sarebbe
comparso come capitolo iniziale nell’ottava edizione del volume Medicina Oncologica. Ti confesso
che per qualche giorno rimasi incredulo che Tu
avessi deciso di scegliermi come co-autore di un
capitolo del testo di oncologia da anni più famoso
nel nostro Paese. E di questo non potrò mai ringraziarti abbastanza.
Ti ho incontrato più volte da quando l’ictus aveva
cambiato la tua vita e ogni volta dimostravi un coraggio, una forza di volontà da restare attoniti. E di
questo hai anche fatto cenno nel piccolo libro che
Stefano Cascinu e Carmine Pinto mi avevano chiesto
di scrivere per i 40 anni di AIOM. L’incipit che avevi
scelto era questo: “Forse tutti i medici, a cominciare
da Ippocrate, si credono immortali. Può darsi che
sia una forma di scaramanzia; in realtà è soltanto
paura, anzi una fottuta paura… e come è noto, chi
è abituato a curare gli altri ha enormi difficoltà ad
Forse tutti i medici, a cominciare
da Ippocrate, si credono immortali.
Può darsi che sia una forma di
scaramanzia; in realtà è soltanto paura,
anzi una fottuta paura…
Onconews Gianni Bonadonna il padre dell’oncologia italiana | anno XXI • speciale al numero 10 • 2015
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Il medico e l’uomo
accettare il ruolo di paziente. Ma io, come mi vedo
17 anni dopo un ictus? Certamente sono un disabile
nel senso che non posseggo tutte quelle abilità che
rendono un uomo libero...”.
Eppure Tu, quella libertà avevi il coraggio di conquistartela giorno dopo giorno, ora dopo ora, senza mai
arrenderti. Le ultime parole che ci siamo scambiati
via mail risalgono all’autunno scorso:
Milano, Fondazione Michelangelo,
10 novembre 2014
Caro Enrico,
per un disguido ho potuto leggere solo oggi il tuo
libro AIOM, 40 anni di tempo che passa volando
che tu mi avevi inviato un anno fa.
È un libro che tutti dovrebbero leggere!
Io purtroppo ho avuto la sfortuna di leggerlo soltan­
to ora. Ti ringrazio molto e vorrei contraccambiare
con il mio ultimo libro Appuntamento col Padre­
terno.
Dove posso spedirtelo?
Io sto bene e come vedi gli uffici della Fondazione
Michelangelo si sono trasferiti.
Spero ci sia presto l’occasione per rivedersi.
Un abbraccio,
Gianni
18
Mantova,
14 novembre 2014
Caro Gianni,
caro amico mio... non preoccuparti e nemmeno
scusarti se solo pochi giorni fa hai letto il mio libri­
cino sui 40 anni di AIOM... mi fa immensamente
piacere che la lettura non ti sia stata monotona. Ti
ringrazio molto per le tue parole: sei sempre tanto
caro. Mi sono già procurato il tuo ultimo libro che
ho letto con molto interesse per la molteplicità delle
angolature con cui affronti l’argomento. Spero di
incontrarti presto.
Ti abbraccio forte, caro amico
Enrico
Dopo queste parole solo un saluto o una stretta di
mano al termine di qualche meeting cui non rinunciavi a partecipare. Ho avuto infinite occasioni per
ringraziarti sinceramente per quanto mi avevi insegnato in tanti anni di frequentazione ma, dalle mani,
mi è colpevolmente sfuggito il tempo per poterlo
fare. Ci provo ora, sperando che il Padreterno con
cui aspettavi l’appuntamento te lo faccia giungere
presto: “Grazie Gianni”.
Enrico Aitini
Dipartimento Provinciale di Oncologia,
Mantova
Onconews Gianni Bonadonna il padre dell’oncologia italiana | anno XXI • speciale al numero 10 • 2015
Il medico e l’uomo
SANDRO BARNI
Cambiamenti
Ho lasciato l’Istituto Tumori di Milano nel 1978 dopo quasi 5 anni prima come studente e poi come volontario, tirocinante e infine borsista al mitico sesto
piano. È stata una grande esperienza di formazione
e di sofferenza. A distanza di tempo ho imparato a
paragonarla ai “dolori di crescita”; ma il dolore più
grande è stato il dover andare via anche se per aver
vinto un posto di assistente. Mi sono sentito come
un amante tradito.
Era quasi Natale del 1997 quando, insieme all’amico
Enrico, decisi di andare dal dott. Gianni Bonadonna
(così ha sempre voluto essere chiamato) per fargli
gli auguri.
Bussai alla porta del suo studio che era semiaperta
ed entrai sotto lo sguardo guardingo di Franca e Pinuccia che lo proteggevano da chi reputavano essere
dei “seccatori”.
Lui alzò gli occhi e accennò un sorriso sincero che
mi invitava ad avvicinarmi, dondolando una gamba
che aveva fatto cadere la scarpa che lo disturbava.
Mi guardò e con voce flebile ma con un tono dolce, che mai da lui avevo sentito, mi disse “sei un
po’ ingrassato – e subito di seguito – e hai perso
ancora un po’ di capelli”. Sorridendo ribattei che
se mi avesse ancora sgridato non sarei più tornato
a salutarlo.
Allora, con un altro sorriso, mi disse che era contento
di me perché avevo scritto molti lavori da quando
avevo lasciato l’Istituto e non lo avevo deluso.
Sandro, vedi, le cose sono molto
cambiate da allora e io credo
che tu ora mi debba dare del tu.
Subito dopo con la mano mi fece gentilmente cenno
di avvicinarmi. Gli andai vicino con il solito rispetto,
anche se i miei occhi non vedevano più quella figura
severa che mi ricordavo. Avvicinai quasi inconsciamente l’orecchio alla sua bocca piegandomi in avanti
per non affaticarlo.
“Sandro, vedi, le cose sono molto cambiate da allora
e io credo che tu ora mi debba dare del tu.”
Non avrei mai creduto di sentirmi dire queste parole
e mi emozionai al punto da trattenere a stento le
lacrime e con un filo di voce, strozzato da un incredibile nodo alla gola riuscii solo a sussurrare Va
bene Gianni.
Non sono riuscito a dirti GRAZIE allora per questo
che considero un grande regalo, né per tante altre
cose. Lo faccio ora con la stessa emozione che ho
provato al tuo funerale.
Grazie Gianni.
Sandro Barni
Direttore Dipartimento di Oncologia,
Direttore Oncologia Medica,
Azienda Ospedaliera Treviglio-Caravaggio
Onconews Gianni Bonadonna il padre dell’oncologia italiana | anno XXI • speciale al numero 10 • 2015
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Il medico e l’uomo
ALESSANDRO BERTOLINI
Ci sono tanti motivi che uniscono la comunità degli
oncologi medici italiani nel condividere la tristezza
per la scomparsa di Gianni Bonadonna.
Per i pochi che hanno lavorato con lui il ricordo è più
concreto, per tutti gli altri può esserci una differente
intensità, anche se non credo che esista un oncologo
in Italia che non abbia una copia di una delle diverse
edizioni della sua Medicina Oncologica o che non
sia iscritto all’Associazione Italiana di Oncologia
Medica, di cui Gianni è stato uno dei padri fondatori.
Anche se qualcuno non l’avesse mai conosciuto di
persona, di lui certo ne ha avuto conoscenza indiretta
per il testo oncologico e per l’associazione.
Io vorrei ricordare il professor Gianni Bonadonna
non per un contatto personale, nel corso della mia
carriera ne ebbi molti e per citarne uno mi potrei
riferire all’ultimo, quando ci inviò la prefazione a
un libro che Alberto Scanni e io pubblicammo tre
anni fa sulla comunicazione al paziente oncologico.
Il nostro professore scrisse una bellissima prefazione, un tocco di cultura, celebrando il rapporto
medico-paziente, partendo addirittura dalla cupola
del Brunelleschi.
Il mio vero ricordo è formativo e scientifico. Ogni volta che lo penso sono immensamente grato a Gianni.
Io sono quello che sono perché sentii spiegare da
Gianni Bonadonna, in un convegno AIOM a Milano
nel 1984, chi dovesse essere l’oncologo medico. Egli
Io sono quello che sono perché sentii
spiegare da Gianni Bonadonna, in un
convegno AIOM a Milano nel 1984,
chi dovesse essere l’oncologo medico.
20
è un clinico specializzato in medicina interna, che
costruisce il suo sapere specialistico con una seconda
specialità, l’Oncologia. Io così feci.
Per passare però dal teorico al pratico dovetti attendere il 1991, quando fu pubblicato un articolo molto
importante sul JCO, che differenziava la prognosi
dei tumori mammari e stabiliva per quelli con più di
quattro linfonodi positivi la necessità di uno schema
adiuvante aggressivo: Adria-CMF. Lo studio era senza dubbio rivoluzionario per l’epoca e va collocato
nel periodo storico e nella povertà di farmaci di allora. La conoscenza di quello studio cambiò la pratica
clinica e fece selezione tra gli oncologi.
Nel 1991 frequentavo la mia seconda specialità e
spesso passavo i pomeriggi dopo le lezioni nella
biblioteca dell’Istituto Mario Negri. Era l’epoca del
vecchio Cuboni, non esisteva PubMed e nessuno
avrebbe potuto permettersi un abbonamento a una
rivista scientifica internazionale.
La biblioteca forniva letteratura gratuita e grazie
all’articolo che conservo ancora oggi, pubblicato dal
gruppo Bonadonna, primo nome l’amico Roberto
Buzzoni, compresi cosa volesse dire essere oncologo
davvero.
Fare l’oncologo obbliga chiunque di noi a leggere e
studiare sempre, perché la scienza oncologica evolve
giorno dopo giorno e solo con lo studio è possibile dare una risposta efficace e attuale ai bisogni dei pazienti.
Lo compresi nel 1991, grazie a quel JCO del gruppo
di Gianni Bonadonna.
Alessandro Bertolini
Direttore Dipartimento Oncologia Medica,
Azienda Ospedaliera
della Valtellina e Valchiavenna
Onconews Gianni Bonadonna il padre dell’oncologia italiana | anno XXI • speciale al numero 10 • 2015
Il medico e l’uomo
ANGELO RAFFAELE BIANCO
Una delle poche caratteristiche che Gianni Bonadonna e io abbiamo condiviso era l’età che collocava
entrambi nello stesso segmento generazionale, quello
del 1934. In occasione del nostro primo incontro
avevamo entrambi poco più di 40 anni. Esso avvenne
negli Stati Uniti, in un giorno del 1973, nella cittadina di Bethesda, nel Maryland, sede del prestigioso
istituto dei tumori National Cancer Institute (NCI)
degli USA. Mi trovavo lì per aver lavorato per alcuni
anni, in più riprese, in qualità di Visiting Scientist del
NCI, ma in procinto di tornare in Italia ove avevo
usufruito di un congedo per motivi di studio e di
ricerca dal mio posto di lavoro di Assistente Ordinario di Clinica Medica, oggi Medicina Interna, più
o meno l’equivalente di Professore Associato di oggi,
dell’Università Federico II di Napoli. Il mio progetto,
che non esito a definire ambizioso, era di iniziare in
quella università un programma didattico e di ricerca
in Oncologia Medica, disciplina del tutto assente nelle università italiane. Gianni Bonadonna era un tantino più avanti di me nella carriera, in quanto all’epoca
già Primario di una Divisione Clinica presso l’Istituto
Nazionale dei Tumori di Milano. Entrambi eravamo
all’NCI quel giorno e a quell’ora per partecipare a
una riunione di lavoro sulla terapia “adiuvante”, in
effetti la chemioterapia, del carcinoma mammario.
Fin dalle prime battute che scambiai con lui, prima
e durante la riunione e la pausa caffè, ebbi modo di
cogliere la sua personalità forte, quasi dogmatica,
poco propensa al contraddittorio, associata a un
indiscusso talento scientifico, che peraltro già conoscevo. Nessuno di noi due in quei momenti avrebbe
potuto prevedere che saremmo divenuti concorrenti
in un campo che era appena agli inizi, quello della terapia sistemica adiuvante del carcinoma mammario.
In pochi anni, che seguirono la pubblicazione dello
studio CMF, egli diventò il paladino della chemioterapia quale unica modalità terapeutica in grado
L’essere stato in Italia uno
dei primi assertori della medicina
basata sull’evidenza scientifica.
di ridurre il rischio di recidive del tumore mammario dopo mastectomia, mentre il nostro gruppo di
Napoli, dopo la pubblicazione degli studi GUN sul
tamoxifene, si proponeva come l’assertore del ruolo
importante della terapia endocrina, in particolare il
tamoxifene e l’ablazione ovarica. In realtà oggi entrambe le modalità terapeutiche, la chemioterapia e
la terapia endocrina, hanno una posizione rilevante,
pur con indicazioni diverse, nella terapia adiuvante
del carcinoma mammario.
Altri contributi scientifici, di cui cito soltanto alcuni, del dottor Bonadonna riguardano la messa a
punto della chemioterapia ABVD, in alternativa al
classico regime MOPP, nel trattamento del linfoma
di Hodgkin, la chemioterapia dei tumori germinali
del testicolo, gli studi sul ruolo delle antracicline nel
trattamento del carcinoma mammario. Tutti questi
studi hanno ricevuto ampio riconoscimento nella
Comunità scientifica internazionale.
Ma, a parte gli indiscussi meriti scientifici nel campo dell’Oncologia Medica, a Gianni Bonadonna
spettano due riconoscimenti importanti: 1) l’essere
stato uno dei primi a introdurre in Italia la moderna
metodologia degli studi clinici; 2) l’essere stato in
Italia uno dei primi assertori della medicina basata
sull’evidenza scientifica. Entrambi gli aspetti sono
quelli che prioritariamente caratterizzano la medicina moderna.
Angelo Raffaele Bianco
Professore Emerito di Oncologia Medica,
Università Federico II di Napoli
Onconews Gianni Bonadonna il padre dell’oncologia italiana | anno XXI • speciale al numero 10 • 2015
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Il medico e l’uomo
CESARE BUMMA
Ognuno è solo sulla terra trafitto
da un raggio di sole ed è subito sera.
Salvatore Quasimodo
Prima che giunga la notte e il buio tutto nasconda,
l’uomo ha un forte strumento per tenere ancora in
vita gli uomini e gli eventi: la memoria.
Il ricordo di Gianni è stato evidente nei necrologi, nei
messaggi, nelle lettere. Richiederei però un ricordo
perenne, iterativo con un Premio Annuale con modalità da valutare.
Tutti conoscono l’attività, gli studi di Gianni nella
maturità, ma vorrei ricordare in due episodi l’inizio
dell’Oncologia medica e le difficoltà dei tempi a cui
facciamo riferimento.
Esami di Idoneità nazionale a Primario. In quel tempo (negli anni 1970-80) molti oncologi e altri di varie
attività ricoprivano un incarico nelle Divisioni, ma
per accedere al ruolo era necessario il superamento
dell’esame di idoneità. Gli oncologi medici entravano in un campo occupato da tempo dai chirurghi,
epidemiologi, patologi generali ecc., che avvalendosi
della loro posizione avevano stabilito la dizione
“Oncologia” senza aggettivi cosicché potevano accedere all’esame, oltre che gli oncologi medici, anche
chirurghi, patologi generali ecc.
Alcune tesine da svolgere erano delle trappole poiché
riguardavano tecniche chirurgiche o dosaggi radioterapici e molti oncologi medici non risposero adeguatamente secondo i pareri dei commissari dell’epoca
(non vale ricordare i nomi). Non ottennero l’idoneità
Bonadonna e altri colleghi, che non cito per non
suscitare ire sopite. La carriera era quindi bloccata!
Ma come nella favola la “fata Turchina” e nell’ope-
22
ra di Brecht “il colpo finale del teatro”, anche nella
nostra storia intervenne un evento favorevole: “La
legge di Sanatoria” che ipso facto nominò Primari di
Ruolo tutti quelli che ricoprivano il posto da incaricati, anche senza l’idoneità. Potrei citare i nomi di
alcuni commissari che videro vanificato il desiderio
di mantenere l’Oncologia Medica in condizione di
inferiorità, non li cito per non suscitare rammarichi
repressi. Tutti i nuovi Primari di ruolo, secondo legge, divennero anche commissari, in grado quindi di
difendere colleghi più giovani nei concorsi.
Congresso di Torino organizzato dal quotidiano
“La Gazzetta del Popolo”. In quel tempo (anno
1980) nei Congressi multidisciplinari per patologie
d’organo regnava una sequenza fissa: epidemiologia,
diagnostica, sintomatologia, anatomia patologica,
terapia chirurgica, radioterapia e nei minuti finali
la terapia. Talora i Moderatori, spesso fuori tempo
massimo, quando già alcuni prendevano il cappotto
per andar via, pregavano gli oncologi di essere brevi
“per l’ora tarda raggiunta”.
Le ampie e dotte relazioni sulla chemioterapia avvenivano tra medici oncologi dimenticati volutamente
dagli altri specialisti... Sembravano delle autocelebrazioni!
Avvalendomi dell’iscrizione all’Ordine dei Giornalisti e della mia collaborazione alla Gazzetta del
Popolo, con la fattiva partecipazione dell’amico
giornalista Ito De Rolandis e del Direttore Mario
Torre, progettammo di far organizzare al giornale
stesso una Riunione Scientifica dal titolo provocatorio “La Terapia Medica dei Tumori”. Le autorità
politiche sono molto sensibili agli inviti dei giornali e così il Presidente della Regione e l’Assessore
alla Sanità ci ospitarono nella sede del Parlamento
Regionale, Palazzo Lascaris. A questo punto devo
ringraziare per la loro prestigiosa presenza i maestri
Onconews Gianni Bonadonna il padre dell’oncologia italiana | anno XXI • speciale al numero 10 • 2015
Il medico e l’uomo
dell’Oncologia: Gianni Bonadonna, Gino Luporini,
Mario Fiorentino, anche in qualità di Presidenti
dell’AIOM sotto il cui patrocinio si svolse il Convegno. Parteciparono i maggiori cultori dell’Oncologia quali Robustelli della Cuna, Aldo Barduagni
e molti giovani emergenti: Tullio Battelli, Carlo
Foggi, Federico Calabresi, Giuseppe Cartei. Il mio
ringraziamento è rivolto anche al Rettore dell’Università, Umberto Dianzani, che personalmente volle
partecipare e ringraziare Gianni per l’alto valore
scientifico degli studi che stava compiendo. La fina-
lità del Convegno, oltre il contenuto scientifico, era
quella di coinvolgere le Autorità politiche, con una
profonda ricaduta sull’opinione pubblica. Alcuni
titoli comparsi: “Gli armamenti sottraggono fondi
alla ricerca e cura dei tumori”, firmato dall’Assessore alla Sanità, “Le terapie mediche aumentano la
sopravvivenza”, “La chemioterapia dopo l’intervento per tumori della mammella può prevenire le
metastasi?”.
Gianni Bonadonna partecipò a tutte le interviste
giornalistiche, televisive e radiofoniche. In definitiva,
molte donne informate dai giornali chiedevano ai
chirurghi che le avevano operate “la terapia precauzionale…” L’appoggio di tutti colleghi già affermati
mi consentì l’autorevole realizzazione dell’incontro
perché la mia posizione era solo quella di un Aiuto
della Divisione.
L’Oncologia Medica fu dotata di strumenti scientifici per l’attuazione delle terapie: CMF, FAC, FEC,
ABVD...
Grazie Gianni.
Cesare Bumma
Primario Emerito di Oncologia
Ospedale San Giovanni, Torino
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Il medico e l’uomo
GIORGIO COCCONI
Ricordo personale del dott. Gianni Bonadonna
La recente scomparsa di Gianni Bonadonna, anche
se prevista e preceduta da un periodo prolungato
di sofferenza dopo l’ictus, non può non provocare,
tra gli oncologi medici che l’hanno considerato e lo
considerano un grande maestro, tra i quali il sottoscritto, non soltanto una grande emozione, ma anche
un richiamo di una serie infinita di contatti, incontri,
lezioni, mie domande e sue risposte.
Mi è rimasta particolarmente impressa un’esperienza di “incontro” e di “lezione pratica”, da Lui
ricevuta, la “prima” di una “serie infinita”, che
non potrò mai dimenticare. Avvenne nel 1988. Io,
arrivando per la prima volta negli Stati Uniti e atterrando a New York, ebbi l’occasione non soltanto di
visitare la città ma anche di realizzare questa prima
visita (che fu piuttosto prolungata) trasferendomi
da New York a Bethesda, nel Maryland. Là visitai
il National Cancer Institute (NCI) restando più che
mai impressionato, meravigliato (e un po’ “invidioso”) soprattutto per le tecnologie che là venivano
applicate, mentre in Italia erano ancora “sogni”!
A New York, come visitor, ebbi l’occasione di frequentare, dopo l’NCI di Bethesda, anche il Memo-
Mi insegnò che cosa dovevo dire,
le diapositive che dovevo preparare,
le risposte che dovevo prepararmi
a dare in caso di domande
che mi avessero poste.
24
rial Hospital, contattando colleghi, informandomi
sui protocolli di cura da loro utilizzati (soprattutto
per il trattamento medico dei tumori solidi in età pediatrica, del melanoma e del carcinoma mammario).
Ma la partecipazione a quel mio primo Meeting
dell’ASCO a New Orleans si connotava, per me, di
una notevole emozione (e, anche ora, di un indimen­
ticabile ricordo) sia per la conoscenza (allora non
ancora ottimale) della lingua inglese, sia per l’ambito internazionale “piuttosto solenne” e “più che
mai partecipato”. Io dovevo fare la presentazione
orale di uno studio che si riferiva al trattamento del
carcinoma mammario avanzato con la combinazione PE (cisplatino ed etoposide). Ebbene, in quella
occasione Gianni Bonadonna (insieme a Pinuccia
Valagussa) fu per me un amico (come da sempre
fino all’epoca della sua scomparsa), ma anche un
maestro provvidenziale. Mi insegnò che cosa dovevo
dire, le diapositive che dovevo preparare, le risposte
che dovevo prepararmi a dare in caso di domande
che mi avessero poste ecc. Ricordo ancora tutto e
l’immagine di Gianni mi appare come era “allora”
e non come era, purtroppo, negli ultimi incontri
avuti con Lui dopo l’ictus. Nell’ultimo suo libro,
scritto insieme ad Alberto Scanni, si parlava di un
suo prossimo “incontro con il Padre Eterno”. Da
indegno uomo di fede, sono certo che anche LUI
abbia accolto Gianni, in Paradiso!
Giorgio Cocconi
Oncologia Medica, Ospedale Maggiore, Parma
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Il medico e l’uomo
SERGIO CRISPINO
Gianni Bonadonna: un maestro, un padre, un amico
Ho conosciuto Gianni Bonadonna in Istituto Nazionale Tumori, quando ero un giovane borsista.
Ma posso dire che ho “scoperto” Gianni soprattutto
durante i suoi soggiorni in Toscana, dove abbiamo
avuto lunghe chiacchierate e appassionate riflessioni
sull’esistenza umana, sulla vita, sulla nostra professione ed arte di oncologi medici.
Quei giorni passati insieme, in un clima di grande
amicizia e apertura mentale, mi hanno fatto conoscere a fondo il nostro Maestro, i suoi conflitti, la sua
visione, le sue idee tenaci, la sua fierezza, la sua determinazione, la dedizione al lavoro anche in presenza
di numerose difficoltà, la sua grinta a non mollare
nonostante le penose sofferenze, la sua infinita dignità, la sua acutezza nel continuare a centrare con una
frase l’essenza dei problemi, la sua immensa cultura.
Scienziato e uomo, medico e paziente, maestro e
artista, scrittore e oratore, non solo è brillato nei
più importanti congressi mondiali e ha fatto vivere
generazioni di scienziati all’ombra delle curve dei
suoi risultati e dati, ma con fierezza
ed orgoglio ci ha insegnato come
reagire di fronte al peso di una
grave malattia, alla perdita del suo
grande eloquio, di quell’eloquio
che aveva incantato e affascinato
studenti e medici, scienziati e ricercatori del mondo intero.
“Il mio regno per una molla”, questo mi ha ripetuto più volte, quasi
a sottolineare quel forte bisogno
di potersi alzare con un po’ più
di facilità, o forse per sottolineare
la sua immensa voglia di scattare
ancora una volta.
Non amava la politica, o almeno
un certo tipo di politica. Non capiva bene tutti gli
attuali cambiamenti della sanità, e la sua ossessiva
burocratizzazione. Rammentava la sua potente
memoria. Adorava la musica. Amava Beethoven
che aveva saputo innalzare ed ingentilire lo spirito
umano, ma lo amava anche perché nonostante la sua
progressiva sordità aveva continuato a comporre, ed
in questo lo sentiva molto vicino. Amava Shakespeare e la sua potente teatralità, Machiavelli, Dante,
l’India e la sua cultura, ed apprezzava moltissimo la
forza di madre Teresa di Calcutta.
Ricordava suo padre con grande rispetto e gli era
grato per il suo insegnamento ed in particolare perché lo aveva educato all’ossequio di un gran principio, quello dell’onestà, e in primis quella intellettuale.
In quel periodo era contrariato da un preciso sentimento e sofferenza, e cioè quello di aver lottato con
determinazione contro il cancro, ma di aver forse
trascurato la giusta attenzione verso il malato come
persona.
Una sera a cena mi disse:
“Sergio ti faccio una domanda,
ma ti prego, rispondimi con as­
soluta sincerità: Io, com’ero con i
malati?”
“Gianni, devo essere assolutamen­
te sincero?”
“Sì, devi esserlo.”
“Eri grandissimo come scienziato,
ma meno brillante con i pazienti.”
Pensavo di averlo ferito e di questo
avvertivo un certo disagio, ma lui
aggiunse:
“Lo immaginavo! Noi dovevamo
combattere per sconfiggere il cancro.
Questo era il nostro sacro fuoco!”
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Il medico e l’uomo
Quella sera, discutemmo a lungo
del contrappasso della vita, del concetto
di resilienza e della possibilità di tradurre
in messaggi forti quelli che sono
i principi di una scienza più umana.
Quella sera, discutemmo a lungo del contrappasso
della vita, del concetto di resilienza e della possibilità
di tradurre in messaggi forti quelli che sono i principi
di una scienza più umana, di un’oncologia medica
fortemente attenta ai bisogni dei malati, ma anche
di quel suo tormento e quindi del ruolo che poteva
avere su questi aspetti. Insistetti sull’importanza e sul
valore di una sua testimonianza, e sull’opportunità di
un libro, come possibilità di risposta utile ed opportuna a queste riflessioni, e ritengo che verosimilmente
il libro Medici umani, pazienti guerrieri faccia parte
di queste risposte.
Con la sua grande genialità, Gianni è stato non solo
il nostro Maestro, ma anche un esempio di brillante
personalità, di grande capacità, intuito e rigore metodologico, di determinazione operativa, di onestà
intellettuale, di verità scientifiche e di progressiva
maturazione verso l’umana sensibilità e l’attenzione
ai bisogni dei malati.
In risposta alla sua richiesta di revisione del libro
Medici umani, pazienti guerrieri gli inviai una lettera,
che riporto per brevità solo nella sua seconda parte,
un po’ come testimonianza della nostra amicizia e un
po’ come ricordo di quei piacevolissimi giorni passati
a discorrere insieme.
Torre Ginestre,
16 agosto 2008
Caro Gianni,
riprendo a scriverti mentre ascolto “l’Opera Proi­
26
bita” di Cecilia Bartoli, veramente brillante. Come
ben sai, oggi a Siena è giorno di Palio. Prima di far­
mi travolgere dall’euforia della piazza, voglio finire
questa lettera perché sento il sacro fuoco, e quindi
seguo questo sentimento di ringiovanimento ideolo­
gico che tu hai ristimolato. È come se questo libro lo
aspettassi da tempo, anzi forse è più giusto dire che
aspettavo te con questo libro, perché ci ritrovo molto
di quanto abbiamo affrontato e discusso in questi
ultimi anni. A me ha ridato la carica e come dici tu
mi ha fatto risentire in continua lotta come “il co­
bra e la mangusta”. Come medico ne avevo proprio
bisogno, mi sentivo un po’ isolato. Ora la voce della
difesa di certi principi può finalmente diventare un
coro, perché l’opera “è stata scritta dal Grande Mae­
stro Gianni Bonadonna, e da qui noi tutti dovremo
ripartire. Oggi le nostre competenze professionali
sono sicuramente notevoli ma dobbiamo tornare a
respirare quell’atmosfera silenziosa dell’uomo me­
dico e della persona malata. Bisogna capovolgere
il ragionamento di Montaigne “Se ti ammali non
chiamare il medico: troveresti due malattie” con “Se
ti ammali chiama il medico: troverai un amico ed un
alleato” carico di passione e compassione. È vero,
bisogna aver chiaro qual è il dovere di un medico e
cioè quello assoluto del “rendere un servizio all’uma­
nità”: ma come ben dici tu senza la forza dei principi
si diventa aridi esecutori di un protocollo. Ed allora
facciamoci forza, chiariamo e diffondiamo questi
principi, riallineandoli e riponendoli appunto nella
giusta sequenza, minimizzando le contraddizioni e le
inquietudini future.
È vero, le cose da fare sono tantissime. Anche se in
questa fase sento forte il richiamo dell’innovazione
clinica, dell’assistenza, della ricerca, della voglia di
portare avanti tanti nuovi concetti e progetti, mi
rendo conto che tutto avanza e che noi possiamo
solo anticipare gli eventi determinando innovazioni,
evoluzioni e solo raramente rivoluzioni. In questo
caso però c’è solo da tenere fede al nostro dovere,
Onconews Gianni Bonadonna il padre dell’oncologia italiana | anno XXI • speciale al numero 10 • 2015
Il medico e l’uomo
ad un principio elementare che purtroppo è messo
spesso in crisi da distrazioni e nuove attrazioni.
Come dici tu ci vuole dedizione e lealtà per una
buona causa. Ora che l’oncologia medica non è più
il parente povero delle altre specialità, concordo con
te che “bisogna farne trionfare l’arte senza rinuncia­
re alla scienza”, potenziandone gli aspetti di forte
attenzione alla dignità ed alla dimensione umana,
consolidando però anche la preparazione clinica, (di
quest’ultimo aspetto tu ne parlavi già negli anni ’80).
Oggi io aggiungo bisogna ricercare “meno minuzio­
sità prognostica e più predittività clinica”. Di questo
ne parlerò nella mia lettura sul futuro dell’oncologia
nel XII Congresso Nazionale CIPOMO di Valderi­
ce. Voglio fare un po’ una provocazione per interro­
garmi ed interrogare quanto realmente crediamo nel
nostro lavoro, quanto come dici tu siamo disposti a
non piegarci ai compromessi, pagare sempre di per­
sona ed essere coerenti con noi stessi fino in fondo.
È un bell’esame di coscienza da confrontare anche
con la futilità di molte nostre azioni. Il difficile non
è pensare al malato ma pensare, riflettere e parlare
come un malato. Voglio concludere questa lettera
con una tua frase: “Bisogna imparare a capire il do­
lore”. Come ben sai, S. Francesco diceva che bisogna
incontrare la sofferenza per salire in alto. Come dice
Barnard, tu sei stato brutalmente disarcionato e poi
hai offerto la parola ed il microfono al dolore ed il
tuo cuore non si è ancora spezzato. La lettera e la
testimonianza di Adele sono molto toccanti oltre
che un forte esempio di sublime attenzione e forte
solidarietà umana.
Bisogna continuare ad imparare da chi soffre. Ri­
tengo che questo libro è il tuo nuovo capolavoro,
altamente competitivo con le curve di sopravvivenza
a venti anni del CMF e dell’ABVD. Hai issato la
nuova barricata ideologica, ora si tratta di riuscire
a plasmare tale ideologia per costruire una nuova
oncologia clinica.
Anch’io ritengo di non aver fatto ancora abbastanza.
Richiamandomi, come fai tu, a Shakespeare, penso
che tu abbia spedito il pericolo ad est ed ovest. Ora
è necessario che l’amore lo incroci da nord a sud e
cosi poi finalmente li potremo lasciar lottare...
Un abbraccio, caro Maestro.
Sergio Crispino
Dipartimento Oncologico,
Unità di Oncologia Medica, Siena
Onconews Gianni Bonadonna il padre dell’oncologia italiana | anno XXI • speciale al numero 10 • 2015
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Il medico e l’uomo
BRUNO DANIELE
Ho un duplice ricordo di Gianni Bonadonna. Il primo riguarda l’oncologo medico e il prestigioso ricercatore, rispettato e considerato in Italia e all’estero.
È un ricordo in gran parte distinto dall’uomo. Per
ovvi motivi di differenza di età, oltre che di ruolo e
di prestigio (il suo primo lavoro sulla chemioterapia
adiuvante del carcinoma della mammella è stato
pubblicato sul New England Journal of Medicine nel
1976, un anno prima che mi iscrivessi alla facoltà di
Medicina), non ci sono stati rapporti personali tra
noi prima della sua malattia. Ricordo però chiaramente la grande ammirazione che avevo da giovane
oncologo per quanto aveva fatto per dare dignità
scientifica a una disciplina che agli inizi del mio percorso professionale esisteva solo negli Istituti Tumori
e che molti vedevano prevalentemente come una
disciplina “assistenziale”. Ricordo anche la grande
stima e considerazione che di lui aveva il suo amico
e mio primario all’Istituto Tumori di Napoli, Mario
Pergola, testimoniata anche dal sincero dolore con il
quale accolse la notizia della sua malattia.
Il secondo ricordo risale al 2003 e riguarda l’uomo.
Ero a St. Gallen per la Breast Conference e andai a
visitare la bellissima Biblioteca dell’Abbazia. Entrai
28
Il ricordo che mi è rimasto
vivissimo è quell’istantanea di un uomo
di grandi conoscenze e capacità.
ed era quasi vuota. C’era un uomo seduto nel silenzio
della sala, come in meditazione. Riconobbi Gianni
Bonadonna, mi avvicinai, mi presentai e gli dissi che
ero molto compiaciuto di incontrarlo di nuovo nel
contesto scientifico che lo aveva visto protagonista.
Lui apparve evidentemente contento che lo avessi avvicinato e mi rispose con grande cortesia, in inglese.
Successivamente, l’ho incontrato altre volte in occasione di presentazioni dei suoi libri dalla parte dei
pazienti, ma il ricordo che mi è rimasto vivissimo è
quell’istantanea di un uomo di grandi conoscenze
e capacità al centro di uno dei più famosi luoghi di
cultura del passato, come se non potesse trovarsi
altrove.
Bruno Daniele
Direttore Dipartimento di Oncologia
e U.O.C. Oncologia Medica,
A.O. G. Rummo, Benevento
Onconews Gianni Bonadonna il padre dell’oncologia italiana | anno XXI • speciale al numero 10 • 2015
Il medico e l’uomo
FRANCA FOSSATI-BELLANI
Quando mi presentai a Gianni Bonadonna, fresca di
laurea e di matrimonio, nel lontano novembre del
1966, non potevo immaginare che quell’incontro
sarebbe stato fondamentale e avrebbe condizionato
tutta la mia vita professionale e non solo, per le
inestimabili esperienze umane che ho vissuto. Non
avevo allora alcuna idea sul percorso da scegliere e
mi attirò la proposta di concorrere alla borsa di studio per l’oncologia medica all’Istituto dei Tumori. Il
colloquio che ebbi con lui nello studiolo del reparto
C è fortemente impresso nella mia memoria: domande dirette sulle mie capacità, sulla mia formazione,
sulla mia disponibilità a lavorare in un settore della
medicina che avrebbe avuto un sicuro sviluppo e a
cui risposi con sincerità, sapevo appena approcciare e
visitare un malato. Forse per quello gli andai a genio,
e per nulla preoccupato della mia totale inesperienza mi fece entrare in quella che poi sarebbe stata la
sua squadra. Tra le cose di cui parlammo gli dissi
che stavo valutando l’ipotesi, ma senza una grossa
convinzione, di entrare nella scuola di specialità in
Pediatria, come allora faceva la maggioranza delle
donne medico, cosa che approvò dicendomi “… in
un prossimo futuro ci sarà anche da occuparsi dei
tumori infantili” e così mi specializzai negli anni della
borsa di studio.
Dal 2 gennaio del 1967 è iniziata a fianco di Gianni
la mia formazione di medico e di oncologo. Non
è stato sempre facile lavorare con lui, per me, una
donna, sicuramente meno difficile che per altri. L’ho
da subito apprezzato per le sue grandi capacità, per il
modo di lavorare che rifletteva quanto aveva acquisito nel periodo americano. Ci portava il pragmatismo
e lo spirito dei suoi, e quindi anche nostri, maestri
americani cioè i pionieri della medicina oncologica e
il suo grande valore ci faceva accettare qualche sua
asprezza di carattere. Con lui sono cresciuta culturalmente non solo nell’ambito della medicina, in anni di
straordinario fervore di studio e di sistematizzazione
della disciplina oncologica nei suoi diversi ambiti.
Al suo stimolo, al suo sostegno devo la nascita, la
crescita e l’affermazione dell’oncologia pediatrica
all’Istituto Tumori a Milano, sfida ed esperienza per
me esaltante. Gianni da subito mi ha reso responsabile e mi ha dato gli strumenti razionali ed emotivi
per affrontare le tante e diverse difficoltà del mondo
oncologico. Quando nel 1989 divenni responsabile
dell’Oncologia pediatrica ricevetti da lui una bellissima lettera che mi è stata di aiuto morale in momenti
difficili della mia vita e che ancora conservo tra le
cose più care. Gianni aveva una scrittura bella, ampia
ed elegante che, a mio modo di vedere, rifletteva un
altro suo aspetto: quello della creatività artistica.
Avere ed essere circondato da cose belle e preziose
quali documenti e testimonianze della creatività e
della storia dell’essere umano era per lui una necessità. Ogni espressione artistica lo interessava, specie
se espressione dei problemi della nostra esistenza
di esseri fragili e dolenti: conosceva tutto il teatro
shakespeariano, che recitava anche a memoria e lo
amava perché rappresentazione insuperabile dei sentimenti e dei drammi umani. Era poi anche esperto di
musica e invidiavo la sua grande collezione di dischi
di musica classica; mi divertivo spesso nel confrontarmi con lui sulle diverse interpretazioni dei grandi
direttori d’orchestra.
Tra i tanti momenti del nostro sodalizio professionale voglio solo ricordare due cose: l’esaltante perio-
Al suo stimolo, al suo sostegno
devo la nascita, la crescita e l’affermazione
dell’oncologia pediatrica all’Istituto
Tumori a Milano, sfida ed esperienza
per me esaltante.
Onconews Gianni Bonadonna il padre dell’oncologia italiana | anno XXI • speciale al numero 10 • 2015
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Il medico e l’uomo
do della sperimentazione dell’adriamicina
così efficace proprio nei tumori dell’età
pediatrica. Nel tumore di Wilms, nel neuroblastoma e nel sarcoma di Ewing osservammo subito risposte al farmaco come in
precedenza non ci era dato di vedere, ma
presto ci rendemmo conto della sua cardiotossicità. Da allora quanto è cambiato
nella sperimentazione dei farmaci e nel
disegno dei trials clinici! È poi vivissimo
nella mia memoria il pomeriggio in cui nel
suo studio al sesto piano dell’Istituto venne
elaborato lo schema ABVD con l’inconsapevolezza
che in quel giorno Bonadonna e noi con lui saremmo
entrati nella storia della medicina. Ma c’è stato un
altro giorno che non potrò dimenticare: quel 25 ottobre del 1995 in cui è stato devastato dall’emorragia
cerebrale. Un dolore grandissimo per tanti di noi e la
consapevolezza che una storia, la sua storia, quella
storia si era interrotta con la sua malattia.
Ma non credevamo, non sapevamo, non ci immaginavamo che lui con l’aiuto della medicina, con
l’affetto di tanti intorno a lui, avrebbe saputo con
la sua forza, la sua determinazione, il suo coraggio,
scriverne un’altra altrettanto grande, durata venti
30
anni, ma diversa per la capacità a superare le sue
disabilità e a credere nel valore della vita. È stato
un dono per molti avere la sua testimonianza. Per
tutto quanto ha scritto ed espresso in questi venti
anni e per quello che ha fatto nelle sue due vite
gli dobbiamo gratitudine. Grazie a Gianni Bonadonna.
Franca Fossati-Bellani
Direttore del Dipartimento
di Medicina Oncologica
e Responsabile dell’Unità Operativa di Pediatria,
Istituto Nazionale dei Tumori, Milano
Onconews Gianni Bonadonna il padre dell’oncologia italiana | anno XXI • speciale al numero 10 • 2015
Il medico e l’uomo
ROBERTO LABIANCA
Ho incontrato Gianni Bonadonna per la prima volta nel giugno 1974… non di persona, ma leggendo
il mitico Sillabo del primo Corso di Oncologia
Medica dell’AIOM. Stavo completando il quinto
anno di Medicina, avevo già deciso che la mia
strada sarebbe stata la terapia medica dei tumori e
frequentavo da poco gli ambulatori e il day-hospital
del Policlinico di Milano diretti dal professor Gino
Luporini. I miei colleghi più anziani mi avevano
“diffidato” dal seguire il Corso (“sei troppo giovane
e capiresti poco” mi aveva ammonito, anche se con
fare bonario, il compianto amico Franco Montinari), ma ero riuscito ugualmente a procurarmi una
copia del prezioso volume e in quella estate lontana
lo lessi avidamente.
Il capitolo introduttivo, scritto proprio da Gianni,
conteneva alcune frasi che letteralmente mi folgorarono e che non ho più dimenticato. Le riporto
testualmente (avrete capito che il volume fa ancora
bella mostra di sé nella mia biblioteca): “Sfortuna­
tamente, ancora troppi pazienti neoplastici vengono
esaminati inizialmente da medici che mancano di
interesse per il problema oncologico o che sono
dominati in genere da un atteggiamento eccessiva­
mente pessimistico. Dal momento che i complessi
problemi oncologici non potranno mai venire risolti
ignorandoli, è tempo che anche gli internisti impari­
no ad affrontare in forma multidisciplinare tutti gli
aspetti diagnostico-terapeutici delle neoplasie”… e
ancora: “Iniziativa, interscambio tra ricerca di base e
ricerca clinica … sono le caratteristiche principali del
modello di sviluppo della Oncologia Medica”. Oggi
sembrano cose ovvie, ma 40 anni fa i malati di tumore, specie se in fase avanzata di malattia, erano visti
dagli stessi medici quasi come appestati, confinati
nei letti periferici dei reparti di Medicina e giudicati
meritevoli tutt’al più di umana compassione. Questa
era invece una autentica chiamata alle armi, un in-
vito alla mobilitazione contro le forze del Male per
tutti gli spiriti liberi: io mi ci buttai a capofitto, con
l’entusiasmo dei miei 24 anni e con il solido sostegno
del “mio” professor Luporini.
E quanta emozione, subito dopo, nel vedere che
questi pionieri di una nuova era collaboravano tra
loro, parlavano lo stesso linguaggio e si presentavano insieme nei congressi e nei corsi dell’AIOM
(Bonadonna Presidente, Luporini Tesoriere e Silvio
Monfardini tostissimo Segretario)! Per noi giovani,
allora davvero pochi, che avevamo scelto questa
bellissima ma difficile strada (e qui non posso non
ricordare la mia cara amica Maurizia Clerici, anche
lei troppo presto scomparsa), questo esempio di
professione e di vita aveva un’attrazione infinita.
E poi tutti ricordano la grande capacità dialettica
di Bonadonna, il piglio delle sue presentazioni e il
rigore con cui enunciava dati e interpretazioni…
Ovviamente mi piaceva meno la sua nota durezza
comportamentale, che vidi stemperarsi quando fu
membro di commissione nel concorso che mi fece
diventare di ruolo nell’Oncologia Medica dell’Ospedale San Carlo Borromeo di Milano.
Negli anni successivi, quando intrapresi accanto
all’attività medica professionale la strada della ricerca clinica, il suo insegnamento di rigore e di metodo
mi fu sempre di riferimento, anche se decisi di impegnarmi in un’area di patologia (quella dei tumori
gastroenterici) che lui aveva sempre poco considerato
(e qui, secondo me, si sbagliava). Quando anche nei
tumori del colon fummo in grado di dimostrare e di
E poi tutti ricordano la grande
capacità dialettica di Bonadonna, il piglio
delle sue presentazioni e il rigore con cui
enunciava dati e interpretazioni…
Onconews Gianni Bonadonna il padre dell’oncologia italiana | anno XXI • speciale al numero 10 • 2015
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Il medico e l’uomo
pubblicare su Lancet nel 1995 che la chemioterapia
adiuvante permetteva di salvare migliaia di vite umane ogni anno, il pensiero andò immediatamente al
mitico lavoro sul New England del 1976 concernente
il CMF nel carcinoma della mammella.
Non mi trovai invece d’accordo con lui (e glielo dissi
pubblicamente in più di una occasione) quando, pochi mesi prima di essere colpito dall’ictus, preconizzò
il cambio di denominazione della nostra disciplina
da Oncologia Medica a Medicina Oncologica. Riconoscevo naturalmente il profondo significato di
rimettere al centro il paziente sottraendolo da un
certo tecnicismo disumanizzante che (soprattutto
negli istituti di ricerca e molto meno negli ospedali)
si era diffuso in quegli anni, ma temevo che il riconoscimento istituzionale della nostra professione ne
potesse soffrire e infatti tutte le nostre strutture sono
giustamente denominate “di Oncologia Medica”. Sul
piano dottrinale, invece, parliamo sempre più spesso di Medicina Oncologica e con Stefano Cascinu
abbiamo così intitolato il nostro testo del 2013, che
rappresenta in un certo senso la continuazione del
favoloso Manuale (e poi “Trattato”) di Bonadonna
che per oltre 25 anni ha formato migliaia di oncologi
italiani.
Per arrivare agli anni più recenti, ho avuto la fortuna di averlo vicino in numerose occasioni (penso ai
Congressi AIOM di Bologna 2004 e di Milano 2006
e agli eventi CIPOMO del 1998 e del 2013) nei qua-
32
Per aver fondato l’Oncologia Medica
nel nostro Paese, per essere stato
un fuoriclasse della ricerca clinica e per
averci dato anche come paziente una
lezione di vita senza pari, voglio dirgli
un profondo ‘grazie’.
li, dopo il devastante ictus che lo aveva colpito nel
1995, ha avuto il coraggio e la passione di insegnarci
quanto sia importante il rapporto a tutto tondo con
il paziente e di donarci ancora una volta un profondo
ammonimento condensato in poche, ma indimenticabili parole: Medici umani, pazienti guerrieri.
Per tutto questo, per aver fondato l’Oncologia Medica nel nostro Paese, per essere stato un fuoriclasse
della ricerca clinica e per averci dato anche come
paziente una lezione di vita senza pari, voglio dirgli
un profondo “grazie”. Sono certo che la sua figura
continuerà a essere di esempio e guida per tutte le
future generazioni di Oncologi Medici.
Roberto Labianca
Direttore Cancer Center,
Ospedale Papa Giovanni XXIII, Bergamo
Presidente AIOM (2003-2005)
e CIPOMO (2011-2013)
Presidente GISCAD
Onconews Gianni Bonadonna il padre dell’oncologia italiana | anno XXI • speciale al numero 10 • 2015
Il medico e l’uomo
GINO LUPORINI
Ringrazio il CIPOMO per questo invito a partecipare al ricordo del caro amico Gianni Bonadonna.
La nostra amicizia è iniziata durante gli anni ’50
all’Università: lui, più giovane, frequentava anni
di corso successivi ai miei ma entrambi eravamo
interni presso l’Istituto di Patologia Medica diretto dal professor Guido Melli, nostro comune
Maestro. Dopo la laurea, a un certo punto le nostre carriere si sono divise: lui è volato negli Stati
Uniti ove da poco era stata riconosciuta l’Oncologia Medica, io sono rimasto in Italia a coltivare
nello stesso Istituto la passione per la Medicina
Interna cui quasi da subito si è unita quella per
il trattamento dei pazienti neoplastici in stretto
e continuo contatto col primo Istituto Italiano di
Radioterapia Oncologica con alte energie diretto
dal professor Pierluigi Cova.
Il suo rientro in Italia fu un grande evento per tutti
noi e fu salutato con grande entusiasmo da tutti
quelli che si occupavano di Oncologia Medica (non
eravamo in molti...). Fondò quasi subito con grande
È stata una grande amicizia
cementata dalle lotte per la comune
disciplina e da rapporti personali
sinceri e profondi.
capacità e intraprendenza l’AIOM, nella quale mi
volle fin dal primo Direttivo come Tesoriere Nazionale. Insomma, una grande amicizia continuata e incrementatasi negli anni con le lotte comuni sostenute
per la difesa dell’Oncologia Medica in Italia (non
molti ci vedevano di buon occhio allora). Gianni
fu il primo Presidente Nazionale, seguito da Mario
Fiorentino e come terzo da me.
È stata una grande amicizia cementata dalle lotte per
la comune disciplina e da rapporti personali sinceri
e profondi.
Non voglio più tediarvi ma non posso non ricordare
con nostalgia i viaggi comuni compiuti attraverso
l’Italia nei primi anni per diffondere e difendere la
nostra disciplina.
Un grande ricordo che non posso concludere che con
l’immensa gratitudine che gli oncologi italiani a lui
devono per il bene che ha fatto a tutta l’Oncologia
italiana e con la promessa di un costante ricordo
della sua nobile anima che merita le preghiere e il
ringraziamento di tutti noi.
Gino Luporini
Primario Emerito di Oncologia Medica, Ospedale
San Carlo Borromeo, Milano
Presidente AIOM (1980-1985)
Presidente Onorario GISCAD
Onconews Gianni Bonadonna il padre dell’oncologia italiana | anno XXI • speciale al numero 10 • 2015
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Il medico e l’uomo
CARMINE PINTO
A Gianni Bonadonna dobbiamo la nascita della
moderna Oncologia Medica nel nostro Paese ed
insieme la fondazione dell’Associazione Italiana di
Oncologia Medica (AIOM), che oggi ho l’onore di
presiedere, e di essere così riuscito a dare sistematicità nella clinica, ad infondere entusiasmo ed a
indirizzare alla ricerca clinica tanti “allora giovani”
oncologi italiani.
Negli anni ‘90, quando Gianni Bonadonna introdusse la strategia, davvero innovativa in quel periodo,
della chemioterapia neoadiuvante del carcinoma
La metodologia che ha introdotto
e gli obiettivi raggiunti hanno permesso
all’Oncologia del nostro Paese
di fare i numerosi passi avanti.
34
della mammella, cambiò l’idea che allora avevamo
del trattamento delle nostre pazienti: fu una grande
intuizione che per la prima volta riunificò in maniera sostanziale le caratteristiche biologiche della
neoplasia, la programmazione dell’intero percorso
terapeutico e le prospettive della “cura”.
Come per tutti gli innovatori, furono per Gianni
Bonadonna anni difficili, fatti di intenso lavoro e
rigore scientifico, ma anche di discussioni intense,
di critiche e di polemiche, ma la metodologia che ha
introdotto e gli obiettivi raggiunti hanno permesso
all’Oncologia del nostro Paese di fare i numerosi
passi avanti che ci hanno portato fino ai progressi e
alle innovazioni odierne.
Onconews Gianni Bonadonna il padre dell’oncologia italiana | anno XXI • speciale al numero 10 • 2015
Carmine Pinto
Presidente AIOM
Il medico e l’uomo
MAURIZIO TONATO
Ogni oncologo italiano, soprattutto se di una certa
età, potrebbe scrivere fiumi di parole per descrivere il ruolo che Gianni Bonadonna ha rivestito per
l’Oncologia italiana e non solo, i risultati delle sue
importanti ricerche, il loro impatto nelle strategie di
cura del cancro in tutto il mondo e quindi il dolore
per la sua perdita come ricercatore ma anche come
amico e uomo.
Inoltre risalta ancora di più, a distanza di tempo, il
suo messaggio per un’Oncologia sempre più umana
e omnicomprensiva di tutti gli aspetti “medici“ del
singolo caso, messaggio ripetutamente divulgato con
le varie edizioni del suo manuale che tanto successo
hanno riscosso tra i giovani oncologi.
Vanno anche ricordate le note salienti del suo carattere, forte e risoluto, che tanta parte hanno avuto
nell’esperienza della malattia vissuta per così lungo
tempo e anch’essa motivo di riflessione e oggetto di
un messaggio importante per chi soffre e per i medici
che ne devono avere cura.
In questa mia breve nota voglio ricordare alcuni
aspetti del lavoro di Gianni che a mio modo di vedere hanno più influenzato l’opinione del mondo
oncologico in generale e infine alcuni episodi per me
particolarmente significativi.
Ed è con piacere che si constata come l’ASCO, nella
persona del suo Direttore Esecutivo Allen S. Lichter,
abbia già pubblicato un obituary per la morte di
Gianni che è un bell’esempio di correttezza e completezza delle informazioni, anche di quelle non rapportabili all’ASCO, e di sincera e non formale partecipazione al lutto dell’Oncologia italiana ma anche
americana e quindi mondiale. Gianni, fin dall’inizio
della sua esperienza allo Sloan Kettering, era stato
infatti parte importante della nuova oncologia che
stava muovendo i primi passi sotto la guida di nomi
come Karnofsky, De Vita, Carbone ecc.
E le tante prove date da Gianni nella terapia adiuvante della mammella con il CMF e nel trattamento
del morbo di Hodgkin con l’ABVD, con ricerche
basate su dati sperimentali metodologicamente validi
e numericamente importanti e tutte confermate da
esperienze successive e dalle tante overview, hanno
anche contribuito a dare una patente di rispettabilità
e credibilità a tutti noi, allora giovani oncologi che si
avvicinavano per la prima volta, erano i primi anni
Ottanta, al mondo dell’ASCO.
Tra i ricordi personali mi vengono in mente la partecipazione di Gianni al mitico (almeno per noi) corso
AIOM del 1981 a Perugia, la nostra – mia, sua e di
Federico Calabresi – malcelata sorpresa nel constatare la sconfitta del nostro pacchetto alle elezioni
AIOM di Napoli, sconfitta poi in definitiva accolta
con filosofia.
Un ricordo di Gianni, per me particolarmente caro,
è quello della nostra partecipazione, unici italiani
in quella occasione, alla cena del Presidente ASCO,
proprio l’Allen S. Lichter, oggi estensore del necrologio. Era il giugno del 1997 (così mi sembra)
e Gianni era da poco in grado di poter viaggiare,
con la dovuta assistenza, dopo l’importante ictus
che lo aveva colpito nel 1995. Passammo la serata
praticamente insieme e così ebbi modo di constatare quanta stima e affetto fossero rivolti alla sua
persona da parte dei tanti oncologi americani e non
solo, figure tutte di grande prestigio e autorevolezza, quasi leggendarie per me. Era sorprendente
vedere con quale trasporto emotivo e spontaneità
Un grazie a Gianni per quello
che ha significato per l’Oncologia italiana,
per i nostri pazienti e per noi tutti.
Onconews Gianni Bonadonna il padre dell’oncologia italiana | anno XXI • speciale al numero 10 • 2015
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Il medico e l’uomo
persone ritenute in genere piuttosto fredde e distaccate si avvicinassero a Gianni per dargli il conforto
della loro amicizia, della loro compartecipazione
al suo stato e i sensi della loro ammirazione per la
sua incredibile capacità di reazione. E questo era
particolarmente evidente nei comportamenti della
componente femminile di quella serata, cosa che
ci si poteva aspettare, ma che raggiunse livelli di
pathos sorprendenti.
Infine vorrei rivolgere un pensiero e un sentito grazie
36
a tutti coloro che gli sono stati vicini e hanno aiutato in vari modi Gianni nei lunghi anni della sua
malattia.
Ma soprattutto un grazie a Gianni per quello che
ha significato per l’Oncologia italiana, per i nostri
pazienti e per noi tutti.
Maurizio Tonato
Coordinatore della Rete Oncologica Regionale
dell’Umbria
Onconews Gianni Bonadonna il padre dell’oncologia italiana | anno XXI • speciale al numero 10 • 2015
Il medico e l’uomo
PINUCCIA
Sono stati ben oltre 40 anni di alleanza continua nella passione per quello che chiamare semplicemente
lavoro e ricerca non è proprio possibile, e di profonda amicizia: un’esperienza unica e non più ripetibile.
In questi giorni, tantissime sono state le manifestazioni di affetto nei tuoi confronti da parte dei tuoi
colleghi, italiani e non, che hanno riconosciuto unanimemente la tua statura di scienziato. Di te come
medico e scienziato hanno scritto tanti, nel mondo
scientifico oncologico e nella società civile.
Per tanti, tantissimi sei sempre stato “il Gianni”,
burbero a volte nel ricordare i criteri di rigorosità
e verificabilità degli studi clinici, ma sempre alla
ricerca di nuove terapie, di strumenti migliori da
mettere a disposizione per il bene dei malati, perché
come ci dicevi sempre per stimolarci a continuare e
hai ben scritto nel 2012: Il tumore non è un nemico
imbattibile.
Molti ricordi si affollano nella mia mente, tantissime
sensazioni ed emozioni (che non riuscirò mai a mettere per scritto) della lunga vita vissuta al tuo fianco.
Ricordo le ore trascorse all’Ufficio Operativo a rivedere e discutere i vari protocolli e i loro risultati, ricordo quando ci facevi provare le varie presentazioni
(soprattutto quelle per l’ASCO e ci misuravi i tempi
e ci correggevi la pronuncia). Ma ricordo anche,
nelle brevi pause per un caffè, la tua passione per la
letteratura, la musica, le civiltà antiche e il racconto
dei tuoi viaggi per conoscere meglio queste civiltà.
L’aspetto umano e l’empatia
con il paziente sono una parte
importante, se non la più importante,
della medicina.
“Per favore, passa dal mio libraio a Londra e portami
quel paio di libri sull’India che mi ha preparato”, mi
chiedesti una volta che rientravo da Oxford: ma i
libri in realtà erano una decina! Ricordo il tuo essere
“guerriero” sempre, anche dopo quel terribile ottobre 1995. Non ti sei mai arreso, hai sempre lottato,
ci sei sempre stato di sprone. Pur con le difficoltà
dovute all’afasia, hai continuato a comunicare con
noi, a scrivere libri che dettavi e, come facevi anche
per tutti gli articoli scientifici, correggevi e facevi
correggere “settanta volte sette perché i messaggi
che vogliamo dare devono essere chiari per tutti”. A
ribadire a tutti che l’aspetto umano e l’empatia con
il paziente sono una parte importante, se non la più
importante, della medicina.
Ciao Gianni, da lassù dove sono certa che tu sei, e
sono certa che sei a colloquio con il Padreterno e, tra
i tanti argomenti dei quali discutete, spieghi anche a
Lui cosa sono gli studi clinici e traslazionali, continua
ad aiutarci e a spronarci.
Pinuccia
Onconews Gianni Bonadonna il padre dell’oncologia italiana | anno XXI • speciale al numero 10 • 2015
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L’ASCO ricorda Gianni Bonadonna
Caro Socio ASCO,
la settimana scorsa, la comunità oncologica ha perso uno dei suoi autentici luminari: il Dott. Gianni
Bonadonna, scomparso il 7 settembre 2015, all’età
di 81 anni. Il Dott. Bonadonna era noto per il suo
lavoro di cambiamento di paradigma nei campi del
cancro del seno e del linfoma di Hodgkin, ed è stato
chiamato “il padre dell’Oncologia italiana”.
In un periodo in cui la superiorità della mastectomia radicale veniva messa in discussione dallo
sviluppo di combinazioni chemioterapiche nuove,
il Dott. Bonadonna è stato alla guida di un lavoro
fondamentale che ha stabilito il beneficio di ciclofosfamide/metotressato/fluorouracile (CMF) e ha dato
inizio alla diffusa accettazione della chemioterapia
adiuvante come parte del trattamento curativo del
tumore del seno. Questo studio pilota, pubblicato
nel New England Journal of Medicine nel 1976, ha
cambiato radicalmente il corso del trattamento del
cancro del seno e ha procurato al Dott. Bonadonna
il riconoscimento internazionale.
Per onorare i suoi contributi importantissimi nel
campo, l’ASCO ha creato il Gianni Bonadonna
Breast Cancer Award and Lecture nel 2007. Il premio rappresenta il riconoscimento per un ricercatore clinico attivo e/o traslazionale, che ha ottenuto
risultati straordinari nel far progredire il settore del
carcinoma mammario e con eccezionali capacità di
mentoring.
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“Il Dottor Bonadonna è stato un pioniere e un gigante nel nostro campo, facendo da apripista in molti
settori, ma in particolare in quelli del cancro del seno
e dei linfomi. In tutto il mondo, migliaia di donne
con cancro del seno devono la loro sopravvivenza al
suo lavoro, che mostra il valore della chemioterapia
adiuvante di combinazione, e noi tutti abbiamo nei
suoi confronti un debito di gratitudine per il suo
coraggio e la sua brillantezza scientifica. Ci mancherà molto”, ha detto il Presidente Eletto dell’ASCO
Dott. Daniel F. Hayes, FASCO, primo destinatario
del Gianni Bonadonna Breast Cancer Award and
Lecture dell’ASCO.
Oltre al suo lavoro in materia di cancro del seno, il
Dott. Bonadonna ha fatto progressi nel modificare
l’approccio nella ricerca sul linfoma. Ha progettato
e condotto le prime sperimentazioni cliniche che
esplorano l’uso di doxorubicina e ha sviluppato
il protocollo doxorubicina/bleomicina/vinblastina/
dacarbazina (ABVD), che rimane il gold standard
per il trattamento del linfoma di Hodgkin.
“È stato un pioniere nelle scoperte nei primi periodi
della chemioterapia. Tutto ciò ha fatto sì che i regimi
di chemioterapia di combinazione venissero testati, e
molti di questi trattamenti sono ancora in uso oggi. È
stato uno dei ricercatori del cancro più influenti per
decenni e attraverso le sue scoperte ha migliorato le
vite di molte pazienti con il cancro”, ha dichiarato
il presidente dell’ASCO Dott. Julie M. Vose, MBA,
FASCO.
Onconews Gianni Bonadonna il padre dell’oncologia italiana | anno XXI • speciale al numero 10 • 2015
Il medico e l’uomo
Il Dott. Bonadonna è nato a Milano, Italia, nel 1934,
e si è laureato in Medicina presso l’Università di
Milano nel 1959. Ha conseguito la sua formazione
post-dottorato come ricercatore presso il Memorial
Sloan Kettering Cancer Center (1961-1964). È tornato in Italia per prendere servizio presso l’Istituto
Nazionale dei Tumori di Milano, dove è diventato
Direttore della Divisione di Oncologia Medica nel
1976. Nel 1991 è stato nominato Direttore del Dipartimento di Medicina Oncologica presso l’Istituto
Nazionale dei Tumori e Professore Associato presso
la Facoltà di Ematologia dell’Università degli Studi di
Milano. Nel 1999, ha fondato ed è stato Presidente
della Fondazione Michelangelo, un’organizzazione
scientifica senza scopo di lucro che promuove nuovi
progetti di ricerca in Oncologia. Il Dott. Bonadonna
ha ricevuto numerosi riconoscimenti prestigiosi per
il suo lavoro, tra cui la Laurea Honoris Causa in
Medicina presso l’Università di Torino nel 2004.
Membro dell’ASCO dal 1970, il Dott. Bonadonna è
stato Presidente del Comitato Elettore (1982-1983) e
membro del Comitato di Programmazione Scientifica
(1995-1996). Nel 1989, è stato premiato con la più
alta onorificenza scientifica dell’ASCO, il David A.
Karnofsky Memorial Award and Lecture, che rappresenta un riconoscimento ai ricercatori clinici innovativi che hanno cambiato il modo in cui gli oncologi
concepiscono la pratica generale dell’Oncologia. Ha
ricevuto il Distinguished Service Award for Scientific
Achievement dell’ASCO nel 1999.
Vi invito a unirvi a tutta la comunità dell’ASCO nel
piangere la perdita e onorare la vita di questo medico
veramente straordinario.
Cordiali saluti
Dott. Allen S. Lichter
Amministratore Delegato, ASCO
Onconews Gianni Bonadonna il padre dell’oncologia italiana | anno XXI • speciale al numero 10 • 2015
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Il medico e l’uomo
Dear ASCO Member,
Last week, the oncology community lost one of its true luminaries: Gianni Bonnadonna, MD, who passed away on September
7, 2015, at age 81. Dr. Bonadonna was known for his paradigmshifting work in the fields of breast cancer and Hodgkin lymphoma, and has been called “the father of Italian oncology.”
At a time when the superiority of radical mastectomy was
being challenged by the development of novel chemotherapy
combinations, Dr. Bonadonna led the seminal work which
established the benefit of cyclophosphamide/methotrexate/
fluorouracil (CMF) and ushered in the widespread acceptance
of adjuvant chemotherapy as part of the curative treatment of
breast cancer. This pivotal trial, published in the New England
Journal of Medicine in 1976,fundamentally changed the course
of breast cancer treatment and brought Dr. Bonadonna international recognition.
To honor his momentous contributions to the field, ASCO created the Gianni Bonadonna Breast Cancer Award and Lecture in
2007. The award recognizes an active clinical and/or translational researcher with a distinguished record of accomplishments
in advancing the field of breast cancer and with exceptional
mentoring abilities.
“Dr. Bonadonna was a pioneer and giant in our field, leading
the way in many areas but particularly in breast cancer and
lymphomas. Worldwide, thousands of women with breast
cancer owe their survival to his work showing the value of
combination adjuvant chemotherapy, and we all owe him a debt
of gratitude for his courage and scientific brilliance. He will be
sorely missed,” said ASCO President-Elect Daniel F. Hayes, MD,
FASCO, the inaugural recipient of ASCO’s Gianni Bonadonna
Breast Cancer Award and Lecture.
In addition to his work in breast cancer, Dr. Bonadonna made practice-changing advances in lymphoma research. He
designed and conducted the first clinical trials exploring the
use of doxorubicin and developed the doxorubicin/bleomycin/
vinblastine/dacarbazine (ABVD) protocol, which remains the
gold standard for the treatment of Hodgkin lymphoma. “He
40
pioneered discoveries in the early days of chemotherapy. This
allowed combination chemotherapy regimens to be tested, and
many of these treatments are still used today. He was one of the
most influential cancer researchers for decades, and improved
the lives of many patients with cancer through his discoveries,”
said ASCO President Julie M. Vose, MD, MBA, FASCO.
Dr. Bonadonna was born in Milan, Italy, in 1934, and earned
his medical degree at the University of Milano in 1959. He
conducted his postdoctoral training as a research fellow at
Memorial Sloan Kettering Cancer Center (1961-1964). He
returned to Italy to take a position at the Istituto Nazionale
Tumori in Milan, where he became Director of the Division of
Medical Oncology in 1976. In 1991, he was appointed Head of
the Department of Cancer Medicine at the Istituto Nazionale
Tumori and Associate Professor at the School of Hematology
of the University of Milano. In 1999, he founded and served as
President of the Fondazione Michelangelo, a scientific nonprofit
organization that promotes new research projects in oncology.
Dr. Bonadonna received numerous prestigious honors for his
work, including the Laurea Honoris Causae in Medicine from
the University of Torino in 2004.
An ASCO member since 1970, Dr. Bonadonna served as Chair
of the Nominating Committee (1982-1983) and as a member of
the Scientific Program Committee (1995-1996). In 1989, he was
presented with ASCO’s highest scientific honor, the David A. Karnofsky Memorial Award and Lecture, which recognizes innovative clinical researchers who have changed the way oncologists
think about the general practice of oncology. He received ASCO’s
Distinguished Service Award for Scientific Achievement in 1999.
Please join the entire ASCO community as we mourn the loss
and honor the life of this truly extraordinary physician.
Sincerely,
Allen S. Lichter, MD
Chief Executive Officer, ASCO
Onconews Gianni Bonadonna il padre dell’oncologia italiana | anno XXI • speciale al numero 10 • 2015
I libri e le principali
pubblicazioni scientifiche
Gianni Bonadonna è autore di numerosi libri e pubblicazioni nel settore dell’oncologia
clinica, anche di rilevanza internazionale.
LIBRI
1987 Oncologia di base – Cyanamid Italia
1987 Manuale di oncologia medica – Masson
1988 Handbook of medical oncology – Year Book Medical Publishers
Traduzione in inglese della terza edizione del Manuale di oncologia medica.
1990 Terapia medica oncologica – Società editrice scientifica
1991 Donne in medicina – Rizzoli Prefazione di Rita Levi-Montalcini. Dedicato a “Le
protagoniste di una scienza che è un’arte”
1993 Medicina eterna – Rizzoli
Bonadonna riflette su etica e professione alle soglie del 2000
1994 Medicina oncologica – Masson
Il volume riassume gli importanti progressi compiuti dalla medicina oncologica
e tratteggia il ruolo attuale del medico oncologo esaminando i suoi doveri
deontologici, i nuovi compiti nei confronti del paziente e della società e la
necessità di curare i malati senza lasciarsi fuorviare dai progressi della scienza.
1994 Il vento del diavolo – Rizzoli
Racconta della rivoluzione dei Sepoys in India dal 1857 al 1859.
1995 Una sfida possibile. I tumori: ricerche, terapie e speranze – Rizzoli
In questo libro Gianni Bonadonna e Gioacchino Robustelli della Cuna – due tra i
maggiori oncologi italiani – cercano di ristabilire la verità sul cancro rovesciando
luoghi comuni e antichi errori, dimostrando come tale malattia, per quanto grave,
sia sempre un avversario che si può combattere e, soprattutto, nella maggior parte
dei casi, riuscire a sconfiggere. Con un linguaggio semplice e accessibile anche ai non
Onconews Gianni Bonadonna il padre dell’oncologia italiana | anno XXI • speciale al numero 10 • 2015
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I libri e le principali pubblicazioni scientifiche
specialisti, fondato al tempo stesso su rigorose basi scientifiche, accompagnano
il lettore in una documentata ricognizione nell’universo dei tumori esponendo e
chiarendo tutto quello che la gente vuole e deve sapere su di essi: come si formano,
come crescono, come si diffondono, come si può giungere a una diagnosi precoce,
che cosa è possibile prevenire, i risultati delle attuali terapie, quali sono le speranze
che offre, oggi e in prospettiva, la ricerca scientifica.
1995 L’intensità di dose in oncologia medica – EDIMES
1999 Breve storia della medicina – Bompiani
2000 L’arte della medicina – Bompiani
2001 La cura possibile. Nascita e progressi dell’oncologia – Raffaello Cortina
Rassegna, non solo delle nuove tecniche oncologiche, ma anche dell’attenzione
sulla qualità della vita del paziente, prima e dopo la cura, senza dimenticare la
prevenzione.
2005 Coraggio, ricominciamo. Tornare alla vita dopo un ictus: un medico racconta –
Dalai Editore
Un medico ricorda la sua lotta durante il lungo viaggio nella sua malattia,
costantemente al fianco di chi combatte per la vita e sa trovare la forza di rivedere
la luce.
2006 Dall’altra parte – BUR Biblioteca Universale Rizzoli
Tre grandi clinici raccontano la loro doppia esperienza di medici e di malati.
L’insorgenza improvvisa del male sconvolge la loro vita personale e il loro status
professionale. Questo libro è la loro testimonianza: dopo aver vissuto da medici
le diagnosi più infauste e la paura della morte degli ammalati più gravi, essi
raccontano il tragico e il grottesco della loro esperienza e, soprattutto, mettono
nero su bianco in un “Decalogo per una Medicina diversa” le loro proposte perché
la Sanità possa funzionare meglio.
2006 Textbook of Breast Cancer – Hoepli
Aggiornamento completo sulla cura del tumore al seno alla luce dei progressi della
chemioterapia e dell’uso di farmaci ormonali. Si concentra in particolare sui temi in
cui si sono registrati maggiori progressi e polemiche.
2008 Medici umani, pazienti guerrieri. La cura è questa – Dalai Editore
Come possiamo definire la medicina in poche parole? La medicina è un’arte:
perspicacia e intuito, capacità di creare un dialogo con il paziente. Sfortunatamente,
è doveroso dire che di fronte alle grandi scoperte della biologia, l’arte della terapia
sembra quasi passata in secondo piano. C’è bisogno di una nuova scienza clinica
di base che rappresenti un completamento e un supplemento alle conoscenze
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Onconews Gianni Bonadonna il padre dell’oncologia italiana | anno XXI • speciale al numero 10 • 2015
I libri e le principali pubblicazioni scientifiche
biomediche: una scienza volta non tanto a spiegare la malattia, ma a riscoprire
e rilanciare l’assistenza e la cura della gente malata. Il medico contemporaneo
possiede qualcosa che tutti i suoi predecessori hanno soltanto sognato: la terapia
su misura per ogni malattia. Invece, purtroppo, negli ultimi anni l’Università ha
privilegiato troppo la dimensione tecnica dei futuri medici, trascurando il versante
umano della professione. La cura sembra essere un adempimento tecnico, tanto
che l’approccio al malato, a volte, somiglia a quello verso una macchina in avaria:
individuato il guasto, ci si limita a porvi rimedio.
2009 Ho vinto io – Giunti Demetra
Scritto con la partecipazione di Gianni Bonadonna e Umberto Veronesi. Storie di
vita di tredici donne segnate dalla lotta, felicemente vittoriosa, contro il cancro.
Testimonianze di profonda umanità e d’impegno, di nuove consapevolezze maturate
nel fronteggiare la malattia, l’operazione e i trattamenti che la terapia impone.
2010 Una guerra da vincere – Guerini e Associati
“Chiunque entrasse all’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano negli anni Ottanta,
come medico o come paziente, percepiva immediatamente una grande differenza
rispetto agli altri ospedali italiani. Un’atmosfera particolare fatta di umanità ed
efficienza, scienza medica concreta e profonda, senza la spocchia, i privilegi ed il
potere assoluto sull’individuo malato, caratteristica di tante cliniche universitarie.
[...] Eravamo tutti convinti di fare qualcosa di molto importante per la ricerca e
per la cura, ed i malati erano certi di essere trattati nel miglior modo possibile al
mondo. Non c’era posto per la finzione e la ritualità fine a se stessa, per lavorare
in Istituto bisognava essere bravi sul serio. Oggi quei principi morali e quei
modelli organizzativi vengono chiamati approccio interdisciplinare alla malattia,
e sono un patrimonio comune a buona parte della medicina italiana. Non sempre
però all’apparenza esteriore corrisponde lo stesso contenuto. L’integrazione tra
ricerca di laboratorio e pratica clinica, che era un modello sostanziale della nostra
attività, oggi viene da molti utilizzata come messaggio pubblicitario, destinato ad
un pubblico di potenziali clienti. Per questo è necessario che l’Istituto Tumori di
Milano mantenga il suo ruolo fondamentale nella ricerca come nella clinica di
questo paese, rinnovandosi nella sostanza e nella forma, ma senza perdere i principi
fondamentali che lo hanno fatto grande nel mondo.” Gianni Bonadonna
2014 Appuntamento col Padreterno – Montedit
Gianni Bonadonna riflette su se stesso e fa i conti con una vita straordinaria: è
stato grande, le sue vittorie sul cancro hanno dato impulso alla ricerca e speranza
ai malati e la sua battaglia continua dall’altra parte, da medico-paziente, per una
medicina più umana. Con i suoi dubbi e le sue fragilità ci riporta ai temi veri
dell’esistenza, e affronta ogni prova con coraggio e non si arrende mai davanti alle
cadute.
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I libri e le principali pubblicazioni scientifiche
PUBBLICAZIONI PRINCIPALI
1964 The effects of varying dosages of irradiation upon sternal-marrow regeneration
1969 Clinical evaluation of adriamycin, a new antitumour antibiotic
1970 Phase I and preliminary phase II evaluation of adriamycin (NSC 123127)
1970 Lymphoreticular sarcomas with primary involvement of Waldeyer’s ring. Clinical
evaluation of 225 cases
1972 Malignant lymphomas of Waldeyer’s ring: natural history and survival after
radiotherapy
1972 Clinical trials with adriamycin. Results of three-years study
1973 Phase II evaluation of adriamycin in human neoplasia
1974 The value of staging laparotomy in non‐Hodgkin’s lymphomas. (With emphasis on
the histiocytic type)
1975 Combination chemotherapy of Hodgkin’s disease with adriamycin, bleomycin,
vinblastine, and imidazole carboxamide versus MOPP
1975 Adriamycin plus vincristine compared to and combined with cyclophosphamide,
methotrexate, and 5‐fluorouracil for advanced breast cancer
1976 Combination chemotherapy as an adjuvant treatment in operable breast cancer
1977 The CMF program for operable breast cancer with positive axillary nodes:
Updated analysis on the disease‐free interval, site of relapse and drug tolerance
1978 Adjuvant therapies and markers of post-surgical minimal residual disease [1978
Annual Plenary Meeting of the European Organization for Research on Treatment
of Cancer, Paris, June 1978]
1978 Patterns of relapse and survival following radical mastectomy. Analysis of 716
consecutive patients
1978 Combined chemotherapy-radiotherapy approach in locally advanced (T3b-T4)
breast cancer
1979 Current diagnosis and treatment of malignant lymphomas
1979 Adjuvant therapies and markers of post-surgical minimal residual disease
1980 Improved five year survival after combined radiotherapy-chemotherapy for stage
I-II non-Hodgkin’s lymphoma
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I libri e le principali pubblicazioni scientifiche
1980 Multimodal treatment for locally advanced breast cancer. Result of chemotherapyradiotherapy versus chemotherapy-surgery
1981 Dose-Response effect of adjuvant chemotherapy in breast cancer
1981 Labeling index as a prognostic marker in non-Hodgkin’s lymphomas
1981 Multimodal treatment in operable breast cancer: five-year results of the CMF
programme
1981 Quality of institutional participation in multicenter clinical trials
1982 Salvage chemotherapy with ABVD in MOPP-resistant Hodgkin’s disease
1982 Alternating drug combinations in the treatment of advanced Hodgkin’s disease
1982 ABVD chemotherapy in the treatment of Hodgkin’s disease
1982 Chemotherapy strategies to improve the control of Hodgkin’s disease: the Richard
and Hinda Rosenthal Foundation Award Lecture
1982 Multimodal therapy with CMF in resectable breast cancer with positive axillary
nodes: The Milan Institute experience
1983 Chemotherapy of breast cancer: current views and results
1985 Current status of Milan adjuvant chemotherapy trials for node-positive and
node-negative breast cancer
1985 Adjuvant CMF chemotherapy in operable breast cancer: ten years later
1986 New anthracycline analogs in advanced breast cancer
1986 Alternating non-cross-resistant combination chemotherapy or MOPP in stage IV
Hodgkin’s disease: a report of 8-year results
1986 Second acute leukemia and other malignancies following treatment for Hodgkin’s
disease
1986 Prognostic implication of labeling index versus estrogen receptors and tumor size
in node-negative breast cancer
1986 Salvage treatment of patients suffering relapse after adjuvant CMF chemotherapy
1982 Toxic and therapeutic activity of 4’-epi-doxorubicin
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I libri e le principali pubblicazioni scientifiche
1987 Long-term results of combined chemotherapy-radiotherapy approach in Hodgkin’s
disease: superiority of ABVD plus radiotherapy versus MOPP plus radiotherapy
1987 Second malignancies after CMF for resectable breast cancer.
1987 Comparison of different trials of adjuvant chemotherapy in stage II breast cancer
using a natural history data base
1987 Development and use of a natural history data base of breast cancer studies
1988 The non-Hodgkin lymphoma pathologic classification project: long-term follow-up
of 1153 patients with non-Hodgkin lymphomas
1988 The contribution of medicine to the primary treatment of breast cancer
1988 Synthesis and characterization of an antihuman T-lymphocyte saporin
immunotoxin (OKT1-SAP) with in vivo stability into nonhuman primates
1989 Granulocyte-macrophage colony-stimulating factor to harvest circulating
haemopoietic stem cells for autotransplantation
1989 Circulation of CD34+ hematopoietic stem cells in the peripheral blood of highdose cyclophosphamide-treated patients: enhancement by intravenous recombinant
human granulocyte-macrophage colony-stimulating factor
1989 High dose chemo-radiotherapy for sensitive tumors: Is sequential better than
concurrent drug delivery?
1990 Primary chemotherapy to avoid mastectomy in tumors with diameters of three
centimeters or more
1990 Recombinant human granulocyte-macrophage colony-stimulating factor
reduces hematologic toxicity and widens clinical applicability of high-dose
cyclophosphamide treatment in breast cancer and non-Hodgkin’s lymphoma
1990 Prognostic factors in locally advanced noninflammatory breast cancer. Long-term
results following primary chemotherapy
1990 Pharmacology and clinical toxicity of 4′-iodo-4′-deoxydoxorubicin: an example of
successful application of pharmacokinetics to dose escalation in phase I trials
1991 Flow cytometry for clinical estimation of circulating hematopoietic progenitors for
autologous transplantation in cancer patients
1991 Adjuvant chemotherapy with doxorubicin plus cyclophosphamide, methotrexate,
and fluorouracil in the treatment of resectable breast cancer with more than three
positive axillary nodes
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I libri e le principali pubblicazioni scientifiche
1991 Primary and salvage chemotherapy in advanced Hodgkin’s disease: the Milan
Cancer Institute experience
1992 Human peripheral blood hematopoietic progenitors are optimal targets of
retroviral-mediated gene transfer
1992 Granulocyte-macrophage colony-stimulating factor or granulocyte colonystimulating factor infusion makes high-dose etoposide a safe outpatient regimen
that is effective in lymphoma and myeloma patients
1994 Lymphoma: Cancer in AIDS Gynecologic Cancer
1994 Dose and dose intensity of adjuvant chemotherapy for stage II, node-positive breast
carcinoma
1994 Local recurrences following mastectomy: support for the concept of tumor
dormancy
1995 Adjuvant cyclophosphamide, methotrexate, and fluorouracil in node-positive breast
cancer — The results of 20 years of follow-up
1995 Nonlinear pharmacokinetics and metabolism of paclitaxel and its
pharmacokinetic/pharmacodynamic relationships in humans
1995 Sequential or alternating doxorubicin and CMF regimens in breast cancer with
more than three positive nodes
1995 Paclitaxel in metastatic breast cancer: a trial of two doses by a 3-hour infusion in
patients with dith disease recurrence after prior therapy with anthracyclines
1995 Conservation surgery after primary chemotherapy in large carcinomas of the breast
1996 Time distribution of the recurrence risk for breast cancer patients undergoing
mastectomy: further support about the concept of tumor dormancy
1996 Alternating versus hybrid MOPP and ABVD combinations in advanced Hodgkin’s
disease: ten-year results
1996 Vinorelbine: an active, non cross-resistant drug in advanced breast cancer. Results
from a phase II study
1996 Primary chemotherapy in operable breast cancer.
1997 High-dose chemotherapy and autologous bone marrow transplantation compared
with MACOP-B in aggressive B-cell lymphoma
1997 Human pharmacokinetic characterization and in vitro study of the interaction
between doxorubicin and paclitaxel in patients with breast cancer
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I libri e le principali pubblicazioni scientifiche
1997 Computer simulation of a breast cancer metastasis model
1997 Pilot study of primary chemotherapy with doxorubicin plus paclitaxel in women
with locally advanced or operable breast cancer
1998 Randomized trial of intensive cyclophosphamide, epirubicin, and fluorouracil
chemotherapy compared with cyclophosphamide, methotrexate, and fluorouracil in
premenopausal women with node-positive breast cancer. National Cancer Institute
of Canada Clinical Trials Group
1998 Primary chemotherapy in operable breast cancer: eight-year experience at the Milan
Cancer Institute
1999 Diffuse large-cell lymphoma of the testis
2000 Successful in vivo purging of CD34-containing peripheral blood harvests in
mantle cell and indolent lymphoma: evidence for a role of both chemotherapy and
rituximab infusion
2001 Response to cyclophosphamide, methotrexate, and fluorouracil in lymph node–
positive breast cancer according to HER2 overexpression and other tumor biologic
variables
2001 Long-term cardiac sequelae in operable breast cancer patients given adjuvant
chemotherapy with or without doxorubicin and breast irradiation
2002 BCL-2 expression in Hodgkin and Reed-Sternberg cells of classical Hodgkin
disease predicts a poorer prognosis in patients treated with ABVD or equivalent
regimens
2002 CD20 expression in Hodgkin and Reed-Sternberg cells of classical Hodgkin’s
disease: associations with presenting features and clinical outcome
2002 Ten‐year survival with chemotherapy and radiotherapy in patients with squamous
cell carcinoma of the esophagus
2003 HER2 overexpression and doxorubicin in adjuvant chemotherapy for resectable
breast cancer
2003 Primary chemotherapy in resectable oral cavity squamous cell cancer: a randomized
controlled trial
2003 Expression of Epstein-Barr virus latent membrane protein-1 in Hodgkin and
Reed-Sternberg cells of classical Hodgkin’s lymphoma
2004 ABVD plus subtotal nodal versus involved-field radiotherapy in early-stage
Hodgkin’s disease: long-term results
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I libri e le principali pubblicazioni scientifiche
2004 Hypothesis: Induced angiogenesis after surgery in premenopausal node-positive
breast cancer patients is a major underlying reason why adjuvant chemotherapy
works particularly well for those patients
2004 Clinical relevance of different sequencing of doxorubicin and cyclophosphamide,
methotrexate, and fluorouracil in operable breast cancer
2005 Feasibility and tolerability of sequential doxorubicin/paclitaxel followed by
cyclophosphamide, methotrexate, and fluorouracil and its effects on tumor
response as preoperative therapy
2005 30 years’ follow up of randomised studies of adjuvant CMF in operable breast
cancer: cohort study
2008 Anthracycline cardiotoxicity: from bench to bedside
2009 Phase III trial evaluating the addition of paclitaxel to doxorubicin followed by
cyclophosphamide, methotrexate, and fluorouracil, as adjuvant or primary systemic
therapy: European Cooperative Trial in Operable Breast Cancer
2009 Role of anthracyclines in the treatment of early breast cancer
2011 ABVD versus BEACOPP for Hodgkin’s lymphoma when high-dose salvage is
planned
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I riconoscimenti
Numerose sono le onorificenze nazionali e internazionali che Gianni Bonadonna ha ricevuto nel corso della sua carriera.
PREMI PRINCIPALI
1982 Richard and Hinda Rosenthal Foundation
1989 David Karnofsky dell’American Society of Clinical Oncology
1991 Medal of Honor dell’American Cancer Society
1922 Steiner
1993 Bristol-Myers Squibb
1993 General Motors
1993 Ambrogino d’oro del Comune di Milano
1995 Clinical Research Award della Federation of European Cancer Societies
1999 Distinguished Service Award for Scientific Achievement dell’American Society of
Clinical Oncology
1999 Breast Cancer Award dell’Istituto Europeo di Oncologia
2003 1st St. Gallen Golden Cancer Award
2003 II Premio Internacional de Oncología Duque de Badajoz della Fundacion para la
Investigación y Formación en Oncología
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I riconoscimenti
ONORIFICENZE
Paul Harris Fellow della Fondation Rotary du Rotary International
Fellow del Royal College of Physicians di Londra
Laurea Honoris Causa in Medicina dall’Università di Torino
San Francisco 2007. 1st Gianni Bonadonna Breast Cancer Award and Lecture dell’American Society of
Clinical Oncology.
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Un pensiero
di Stefania Bonadonna
S
o di avere perduto tante cose da non poterle contare e che queste perdite, ora, sono
ciò che è mio. So di aver perso il giallo e il nero e penso a questi impossibili colori
come non vi pensano coloro che vedono. Mio padre è morto e mi sta sempre accanto.
Quando voglio scandire dei versi di Swinburne, lo faccio, mi dicono, con la sua voce.
Soltanto ciò che è morto è nostro, soltanto è nostro ciò che abbiamo perduto. Ilio fu, ma
Ilio perdura nell’esametro che la piange. Israele fu quando era un’antica nostalgia. Ogni
poema, con il tempo, diventa un’elegia. Nostre sono le donne che ci lasciarono, ormai
non più schiavi della veglia, che è inquietudine, e delle trepidazioni e dei terrori della
speranza. Non vi sono altri paradisi che i paradisi perduti.
(Possesso dell’ieri – di Jorge Luis Borges)
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