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L`ultima lezione di Benedetto XVI «Resterò nascosto al mondo»

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L`ultima lezione di Benedetto XVI «Resterò nascosto al mondo»
10 Primo Piano
Venerdì 15 Febbraio 2013 Corriere della Sera
La scelta del Papa
❜❜
Speriamo che il Signore ci aiuti. Io, ritirato con la mia preghiera, sarò sempre
con voi, e insieme andiamo avanti con il Signore, nella certezza: vince il Signore
L’ultima lezione di Benedetto XVI
«Resterò
nascosto
al
mondo»
«A
di ALDO CAZZULLO
desso mi ritiro, ma nella
preghiera sarò sempre
vicino a tutti voi. E sono
sicuro che anche tutti voi sarete vicini a me, anche se per il mondo rimango nascosto…». Come se nel
mondo moderno fosse davvero possibile nascondersi, come se la solitudine morale in cui il Papa è stato
lasciato potesse diventare solitudine fisica. I parroci romani si commuovono all’idea che il loro vescovo si sottragga per sempre alla loro
vista già da vivo, gridano «viva il
Papa!», lo applaudono, gli fanno
ampi gesti di saluto, combattuti tra
l’affetto per il Pontefice e il disorientamento per il sovrano che abdica.
Lui capisce il loro turbamento, e
per tranquillizzarli improvvisa, parlando a braccio, un aneddoto; come farebbe un padre che racconta
ai figli una storia all’inizio paurosa
ma dal finale lieto.
«Il cardinale di Colonia, Frings,
mi commissionò un testo — allora
Ratzinger parla a braccio:
«Adesso mi ritiro, ma
nella preghiera sarò sempre
vicino a tutti voi»
ero il più giovane professore dell’università di Bonn — da portare a
un convegno a Genova, organizzato
dal cardinale Siri. Titolo: “Il Concilio e il mondo del pensiero moderno”. Frings lo lesse così come io
l’avevo scritto. Poco tempo dopo,
papa Giovanni lo mandò a chiamare. Lui era pieno di timore di aver
detto qualcosa di falso e di essere interpellato per un rimprovero…».
Qui la platea dei parroci è pervasa
da un fremito di terrore pensando
alla severità di Siri e all’idea che potesse aver segnalato al Papa le eresie del giovane teologo. «Il cardinale Frings temeva che il Papa volesse
togliergli la porpora. Così, mentre il
suo segretario lo vestiva per l’udienza, disse: “Forse è l’ultima volta che
porto questa roba…”». Ora i parroci
scoppiano a ridere, e Benedetto XVI
li guarda con un sorriso complice.
«Poi Frings entra, papa Giovanni
gli va incontro, lo abbraccia e dice:
“Eminenza, grazie! Lei ha detto cose
che io volevo dire, ma non avevo
trovato le parole”. Così il cardinale
mi invitò ad andare con lui al Concilio…». Ora i parroci applaudono
con il volto rigato di lacrime.
Dice proprio così, Benedetto
XVI: «Per il mondo rimango nascosto». Vorrebbe scomparire alla vista, sottrarsi alla vita pubblica. È
un’espressione che provoca sgomento tra gli arcipreti delle grandi
basiliche e i curati delle periferie, i
canonici che vegliano il corpo di
Sant’Agnese e i preti di borgata.
Per loro Ratzinger non è solo il Pontefice, è anche il vescovo, e più in
generale la sola autorità che molti
riconoscano, nella città del Papa
Re. Sono appena stati a confessarsi
sulla tomba di San Pietro. E ora so-
La citazione
La scuola
Il riferimento
di Papa
Benedetto XVI
alla vita «nascosta»
richiama
le riflessioni
del filosofo
greco Epicuro
(Samo, 341 a.C.Atene, 271 a.C.),
fondatore
di una delle
maggiori scuole
filosofiche
dell’età ellenistica
e romana,
l’epicureismo
La società
Nel pensiero
di Epicuro
viene
fondamentalmente
contraddetta
l’identificazione
dell’uomo
con il cittadino
e l’amicizia
è il livello più alto
delle relazioni
sociali
La politica
In questo contesto,
serena è la vita
appartata e la
politica diventa
«un inutile
affanno»:
l’uomo dovrà
essere contento
di vivere
in disparte
Di nascosto
In greco antico
l’esortazione
di Epicuro è:
lathe biosas, «vivi
nascostamente»
no qui per una lezione sul Concilio
Vaticano II. Non a caso è stata preparata una cattedra, dietro cui siede il Papa, arrivato con le proprie
gambe senza aiuti che non fossero
il bastone. Lui all’inizio si schermisce: «Viste le mie condizioni e la
mia età, non ho potuto preparare
un grande, vero discorso, come ci
si potrebbe aspettare. Penso piuttosto a una piccola chiacchierata sul
Concilio, come io l’ho visto». In re-
Confessione
Il Pontefice parla del Concilio
Vaticano II a una platea di
parroci e arcipreti romani che
si sono appena confessati
sulla tomba di San Pietro
altà, Ratzinger parlerà per un’ora, a
braccio, ai suoi consueti altissimi livelli intellettuali, sia pure con voce
flebile, per cui a un tratto deve intervenire un gentiluomo vaticano
ad avvicinargli il microfono, per il
sollievo dei parroci ancora combattuti ma stavolta tra il fascino dell’eloquio e la sua complessità.
Si capisce benissimo che il tema a
Ratzinger piace parecchio, sia perché gli ricorda la giovinezza — «eravamo così pieni di gioia all’idea che
la Chiesa si confrontasse con la modernità, con i nostri amici ebrei,
con una nuova liturgia…» — sia perché stimola il cimento delle intelligenze. Per cui si inoltra nel confronto tra le diverse interpretazioni dell’Enciclica Mistici Corporis Christi
di Pio XII, parla dell’«alleanza renana» tra vescovi francesi, tedeschi e
olandesi, la collega con le posizioni
della Chiesa gallicana nel precedente Concilio Vaticano I. Quando poi
ricostruisce minuziosamente il dibattito tra i padri conciliari sull’ecclesiologia, i sacerdoti romani si
sporgono sulla sedia e si consultano tra loro per reggere il ritmo vorticoso dei ragionamenti del Papa ottuagenario e dimissionario.
C’è un punto però su cui Ratzinger è chiarissimo, a tratti anche du-
L’intervista Il cardinale Vallini, vicario a Roma
«Niente imbarazzi
per la coabitazione
La Chiesa avrà
un solo Papa»
CITTÀ DEL VATICANO — Per rendere omaggio a Benedetto XVI davanti ai preti romani ha scelto un passo
degli Atti, l’addio struggente di San
Paolo («e ora, ecco, io so che non vedrete più il mio volto») agli anziani di
Efeso prima di imbarcarsi verso Gerusalemme, «non mi sono mai tirato indietro». Il cardinale Agostino Vallini,
72 anni, è il vicario del Papa per la
L’appello
«Anche noi uomini
di Chiesa non
dobbiamo essere
sordi all’invito
alla conversione»
Primo Piano 11
Corriere della Sera Venerdì 15 Febbraio 2013
❜❜
Il mondo ha percepito il Concilio tramite i media. Quindi il Concilio che è arrivato alla gente è stato quello dei giornali, non quello
dei padri. E mentre i padri si muovevano all’interno della fede, i giornalisti si muovevano all’interno delle categorie politiche
In attesa
La lunga fila
formata
davanti alla
Basilica di
San Pietro
dai religiosi
che aspettano
l’udienza
speciale
di papa
Benedetto XVI
(Reuters/
Alessandro
Bianchi)
ro. I Concili sono stati due: quello
della Chiesa, e quello dei media;
quello reale, e quello virtuale. Purtroppo «il mondo ha percepito il
Concilio tramite i media. Quindi il
Concilio che è arrivato alla gente è
stato quello dei giornali, non quello
dei padri. E mentre i padri si muovevano all’interno della fede, i giornalisti si muovevano all’interno delle
categorie politiche», destra e sinistra, conservatori e progressisti,
Applauso
Alla fine l’applauso che chiude
la «piccola chiacchierata» è
interminabile. E stavolta il
Papa se lo gusta tutto, senza
interromperlo
Saluto Benedetto XVI, accompagnato dal cardinale Agostino Vallini, lascia
l’aula Paolo VI al termine dell’incontro con i parroci (Donatella Giagnori/Eidon)
diocesi di Roma, e come tale resterà
in carica anche quando a marzo sarà
iniziata la «sede vacante» ed entrerà
in conclave. Ha accompagnato il pontefice in Sala Nervi, gli ha parlato a
lungo, alla fine aveva la voce incrinata dalla commozione. Altro che perdita di sacralità nella figura del Papa, dice ora il cardinale. Come l’Apostolo,
Benedetto XVI non si è mai tirato indietro: «La sacralità sta proprio nel ragionamento che lo ha portato alla rinuncia...».
Eminenza, diceva che il Papa ha
offerto «insegnamento di come si
ama e si serve Cristo e la Chiesa».
Lei come ha accolto e interpreta la
«rinuncia» di Benedetto XVI?
«Ero presente al concistoro, lunedì, quando il Santo Padre ha comunicato la decisione di rinunciare al pontificato. Ho accolto la notizia con
grande stupore e profonda commozione. Poi col passare delle ore si è fatta strada in me una lettura di fede di
un evento assolutamente inimmaginabile, almeno per la Chiesa dei tem-
pi moderni. E la lettura di fede è stata
facilitata e sostenuta dalla motivazione che ci ha dato il Papa stesso, cioè
di aver "ripetutamente" maturato la
grave decisione nella sua coscienza
davanti a Dio per il bene della Chiesa».
Cambierà qualcosa per la Chiesa?
«Non crederei, se ci poniamo tutti
nella prospettiva di fede, appunto.
Anzi, faremo tesoro di una grande lezione di vita. A ben vedere, con il suo
gesto il Papa ci ha insegnato come si
ama e si serve Cristo e la Chiesa».
C’è chi teme, anche in Vaticano,
che questa decisione rappresenti
un vulnus alla figura del Pontefice.
È così? «Bisogna intendersi sul valore che diamo al ministero del Papa.
Forse a una visione superficiale può
apparire che venga meno qualcosa,
perché si era abituati a concepire il
servizio del Papa quasi come lontano
dalle condizioni comuni di tutti gli
uomini. Ma Benedetto XVI, con semplicità disarmante, ci ha messo davanti a una verità: la gravità del servi-
«come se fosse in corso una lotta di
potere tra correnti». Il fraintendimento ha causato «banalizzazione
della liturgia, riduzione della Scrittura a libro storico, monasteri chiusi, seminari vuoti». Però «la forza reale del Concilio man mano sempre
più si realizza e diventa vera riforma, vero rinnovamento della Chiesa». Secondo Benedetto XVI non occorre oggi un altro Concilio, ma
una corretta interpretazione e applicazione di quello chiuso aperto cinquant’anni fa. «Speriamo che il Signore ci aiuti. Io, ritirato con la mia
preghiera, sarò sempre con voi, e insieme andiamo avanti con il Signore, nella certezza: vince il Signore».
Alla fine l’applauso che chiude la
«piccola chiacchierata» è interminabile. E stavolta il Papa se lo gusta
tutto, senza interromperlo come
aveva fatto l’altro ieri a San Pietro. I
parroci lo fotografano con ogni mezzo disponibile, compresi iPhone e
iPad. Il vicario di Roma Vallini si inginocchia a baciargli l’anello per l’ultima volta; domani toccherà a Bagnasco e ai vescovi liguri, sabato a
Scola e a quelli lombardi. Il Papa ringrazia con gesti e sorrisi brevi. Poi
chiude l’udienza con il canto del Padre Nostro. In latino, naturalmente.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
❜❜
Il gesto di Benedetto
XVI è una grande
lezione di vita. Ci ha
insegnato come si ama
e si serve la Chiesa
La Banca vaticana In lizza il belga De Corte e il tedesco von Freyberg
È il giorno dello Ior
Scelta tra due candidati
ROMA — Un cinquantenne tedesco, membro
dei Cavalieri di Malta, alla guida dello Ior?
Oggi dovrebbe essere il giorno della «rivoluzione» alla cosiddetta Banca vaticana. Si riunisce il rinnovato consiglio di sovrintendenza,
cioè, il board, il consiglio di amministrazione, e
poi sarà la volta della Commissione cardinalizia
di sorveglianza che formalizzerà la nomina del
nuovo presidente.
Il belga Bernard De Corte entra nel consiglio
che così è stato integrato del posto vacante dalla fine del maggio scorso dopo l’uscita di scena
dell’allora presidente Gotti Tedeschi.
Nel cda della Banca vaticana entra anche il
Sfiduciato
Gotti Tedeschi,
ultimo presidente
dello Ior, sfiduciato
nel maggio 2012.
Forse oggi il suo
successore
cinquantenne tedesco Ernst von Freyberg, al posto dell’attuale vicepresidente reggente, l’anziano Ronaldo Hermann Schmitz, che proveniva
da Deutsche Bank.
De Corte era accreditato ad assumere la carica di presidente, anche se poi il portavoce vaticano padre Federico Lombardi ha invitato i media alla cautela. Mentre ieri cominciava a circolare questa notizia Lombardi ha detto chiaramente: «A me non risulta». «Non confermo, ci sarà
un comunicato ufficiale». «Ho già detto che saranno date le informazioni a tempo debito». Così in serata ha preso forza l’ipotesi che il nome
del nuovo presidente dello Ior sarebbe quello
del barone von Freyberg, appartenente ai Cavalieri di Malta. Un avvocato di robusta formazione finanziaria.
Ernst von Freyberg è cofondatore e direttore
zio petrino richiede notevoli energie
fisiche e quando diminuiscono, per
l’avanzare dell’età, il Papa non può
venir meno al mandato che ha ricevuto da Cristo. La sacralità sta proprio
in questo modo di ragionare. Siamo
stati messi davanti a una visione di
grande portata per oggi e per il futuro. Condivido l’opinione di chi ha detto che si è trattato di "un atto di alto
magistero spirituale"».
Il fatto che in Vaticano possano
coabitare «due Papi», come già si dice popolarmente — in realtà il Papa
e il suo predecessore — potrà creare imbarazzo?
«No, assolutamente. Anzitutto
non ci saranno due Papi, appunto,
ma uno soltanto, il successore di Benedetto XVI. E chi conosce il Santo Padre può giurare che non vi sarà alcun
problema di coabitazione. Anche ai
sacerdoti di Roma ha ripetuto che il
suo ministero sarà soltanto quello
della preghiera, che gioverà non poco al suo successore e al bene della
Chiesa».
esecutivo di DC Advisory Partners GmbH. Ha diretto la Three Cities Research, Inc., compagnia
di investimento parte of the Bemberg Group, a
New York e a Londra dall’1988 al 1991, prima di
essere cofondatore di DC Advisory Partners.
Componente di molti consigli di sorveglianza
compresi la Deutsche Malteser gGmbH, Flossbach & von Storch AG and Magirus AG.
Lombardi, in ogni caso, ha annunciato che
«se i cardinali avranno qualcosa di importante
da dirci ce lo diranno prima di lunedì». Visto
che la Curia romana è impegnata da domenica e
per una settimana negli esercizi spirituali per la
Quaresima.
Restano nel consiglio il notaio Antonio Maria Marocco, presidente del consiglio di indirizzo della Fondazione Cassa
di Risparmio di Torino (un altro accreditato per la presidenza), Carl Anderson, cavaliere supremo dei Cavalieri di Colombo, e Manuel Soto Serrano del Banco Santander.
Bernard De Corte si può considerare
un banchiere «invisibile» dal momento
che ha profilo molto discreto, tanto da
comparire a malapena su Internet. L’ultima sua carica nota è quella di membro indipendente, fino al 2011, della società d’investimenti
belga Wereldhave Belgium, specializzata nel «real estate», e con un portafoglio d’investimenti
che, al 30 settembre scorso, valeva mezzo miliardo di euro.
La nomina del nuovo presidente dello Ior sarà di fatto l’ultima nomina di Joseph Ratzinger.
In Vaticano spiegano che «le decisioni sulla Banca vaticana erano strettamente necessarie». Il
Papa, dunque, le ha avvallate perché «da tempo
erano in preparazione gli assetti che verranno
ratificati in queste ore e perché la vacatio della
presidenza dello Ior durava da oltre otto mesi.
C’era bisogno e in fretta di uno Ior di nuovo pienamente operativo».
Spesso si cerca di analizzare o addirittura prevedere il conclave in base a considerazioni geopolitiche, a
«schieramenti» e così via. A cosa
guardano, anzitutto, i cardinali nella Cappella Sistina?
«Non ritengo che queste "strategie" guideranno i cardinali elettori
nella scelta del nuovo Papa. Essi, consapevoli della
grave responsabilità che hanno,
chiederanno anzitutto allo Spirito Santo, nella
preghiera, di illuminarli; e poi,
certo, si scambieranno riflessioni e
opinioni, avendo a cuore di eleggere
colui che crederanno possa meglio
servire la Chiesa in questa complessa
e difficile stagione della storia del
mondo. Giovandosi naturalmente anche del ricco magistero di Benedetto
XVI».
Il senso delle tentazioni che subisce Gesù nel deserto, ha detto mer-
M. Antonietta Calabrò
© RIPRODUZIONE RISERVATA
coledì il Papa, è «la proposta di strumentalizzare Dio, di usarlo per i
propri interessi, per la propria gloria e il proprio successo». È un pericolo che corre anche la Chiesa?
«Certamente, tutti i cristiani, e
dunque anche noi uomini di Chiesa,
siamo esposti alle tentazioni mondane. Per questo il cammino quaresima-
598
Gli anni trascorsi dalle
ultime dimissioni di un
Papa (Gregorio XII, 1415)
le è un forte invito alla conversione, a
"ritornare a Dio con tutto il cuore",
come ci dice la liturgia, accogliendo
la grazia che ci fa uomini nuovi, partecipando alla vita stessa di Cristo e impegnandoci a vivere il Vangelo. Non
dobbiamo essere sordi a questo appello».
Gian Guido Vecchi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
12 Primo Piano
Venerdì 15 Febbraio 2013 Corriere della Sera
La scelta del Papa Gli scenari
«C’è sconcerto tra i fedeli
Ma il suo è un atto spirituale»
Riccardi: non crea precedenti sui limiti di età nel papato
ROMA — Andrea Riccardi, qui la interpelliamo non
certo come ministro uscente ma come storico della
Chiesa Cattolica. Le dimissioni di Benedetto XVI cambiano la storia del papato. Si
è parlato di «umanizzazione» della figura del Pontefice, addirittura di fine di un
simbolo. E come si colloca
questo episodio nella storia
del cattolicesimo?
«Un fatto eccezionale, perché tutti i Papi sono morti sulla cattedra di Pietro. Per Giovanni Paolo II, la malattia e la
morte hanno assunto il valore della testimonianza. Da
qui lo stupore, talvolta la
sconcerto dei fedeli. Si sono
chiesti: c’è qualcosa di tanto
grosso che il Papa non riesce
ad affrontare? La realtà mi
sembra un’altra. Papa Ratzinger ha puntato sul "governo
spirituale" con il suo insegnamento, più che sulla sua testimonianza personale. Ora sente di non avere più le forze
personali per continuare a insegnare ovunque, mentre ha
già comunicato il suo messaggio. Per lui testimonianza
non è resistere malgrado la
malattia, ma ritirarsi non essendo più protagonista».
Tutto questo non rischia
di essere una sconfitta per
la Chiesa?
«Alcuni vi vedono un segno di declino. Altri esaltano
Ratzinger come il puro che si
è sottratto a una Chiesa "impura". Spesso sono gli stessi
che, anni fa, lo dipingevano
come un inquisitore che
l’avrebbe ridotta a un carcere.
La Chiesa ha tante sfide dinanzi. Meno gravi di quelle
della Seconda
guerra mondiale o del comunismo. La condizione della Chiesa è però sempre "agonica",
cioè di lotta nella storia. E' il
campo del nuovo Papa, mentre ci si addentra nel secolo
globalizzato,
davvero nuovo
per gli uomini del Novecento.
Questo precedente vincolerà i successori, anche solo
moralmente, a compiere la
stessa scelta?
«La scelta di Ratzinger non
è in contraddizione con la tradizione dei Papi che muoiono sul soglio pontificio. Ma è
l'eccezione di un "Papa spiri-
tuale". Bisogna andare molto
indietro nel tempo, alla rinuncia di Celestino V, morto nel
1296, che Dante giudicò frutto di viltà. In realtà la Chiesa
l’ha canonizzato come santo
e Benedetto XVI ha visitato la
sua tomba. Un’eccezione spirituale, non una contraddizione. Non mi sembra anche che
si inauguri l’introduzione dei
limiti di età nel papato. Non è
❜❜
La solitudine? Le
connessioni tra le
parti della Chiesa e
il Papa andrebbero
rafforzate
la modernità che entra nella
Chiesa. L'adeguamento alla
modernità non è regola del vivere nella Chiesa cattolica.
Piaccia o non piaccia, è la realtà.
Benedetto XVI assicura
che rimarrà «nascosto al
mondo». Ma come vivrà la
Chiesa con un ex Pontefice
in vita?
«Come prima. Joseph Ratzinger non è malato di protagonismo, come si vede con le
dimissioni. Pensa che nella
Chiesa ci sia qualcuno migliore e più in forze di lui per guidarla. Non sarà un Papa-ombra: non è nel suo carattere rispettoso delle responsabilità
altrui. Non avremo un Papa
in carica accanto a un Papa
emerito».
Nella base dei fedeli c'è
sconcerto e smarrimento.
Basterà l'arrivo di un nuovo
Pontefice a rassicurare il cattolicesimo?
«Lo sconcerto c’è. Ci fu,
per motivi diversi, anche alla
morte di Wojtyla, per molti,
l’unico Papa pensabile dopo
27 anni. Fu scelto Ratzinger
che gli era vicino. Non si fece
un salto di generazione. Presto invece ci sarà un Papa di
un'altra generazione, che non
ha conosciuto la Guerra mon-
L’attesa Un parroco arriva nell’aula Paolo VI per l’incontro del Papa con il clero romano (Afp / Bouys)
diale. Ratzinger e Wojtyla vissero il Concilio da protagonisti. Il nuovo Papa sarà un figlio del Concilio. Un’altra storia. Tuttavia il Vaticano II resta un riferimento decisivo.
Si vede ora come ci voglia
tempo per recepirlo. Il mondo è cambiato, non è più quello della guerra fredda, ma è
divenuto globale nell’economia e nei modelli antropologici e culturali».
Attuare il Concilio signifi-
❜❜
Ci sarà un salto di
generazione, non un
Papa protagonista
del Concilio, ma
figlio del Concilio
ca trovare nuove forme di
governo? «Giovanni Paolo II
moltiplicò i viaggi e i contatti
personali. Benedetto XVI, anche anziano, ha tenuto fede
all'impegno di viaggiare. Mi
chiedo se il contatto "carismatico" (che Giovanni Paolo II
ha avuto con tutti) non debba diventare una forma di comunione più stretta».
Ma il Papa è «solo»? Non
ha pesato la solitudine sulla
scelta di Benedetto XVI?
Primo Piano 13
Corriere della Sera Venerdì 15 Febbraio 2013
La fine del pontificato Celestino V e Gregorio XII tornarono al loro nome
La nuova vita di Joseph
vescovo emerito di Roma
Il titolo dopo le dimissioni. Vestirà da cardinale
ROMA — Come vestirà e come
sarà chiamato Papa Benedetto dopo la cessazione del pontificato, alle ore 20 del 28 febbraio? Probabilmente tornerà cardinale e sarà
chiamato «eminenza» e vestirà la
porpora, cioè da cardinale qual era
prima dell’elezione a Papa. Forse
anche riprenderà lo stemma,
l’anello e la croce pettorale che aveva allora. Questo possiamo ipotizzare sulla base dei precedenti che
però sono lontani nel tempo: l’ultimo Papa «rinunciatario» è Gregorio XII che abdicò — come si diceva allora — nel 1415. Al momento
la questione «è allo studio».
Il monastero
Anche il segretario don
Georg andrà a vivere nello
stesso monastero
«C’è un aspetto di "solitudine" nel ministero papale, tanto che Paolo VI disse di sentirsi solo come la Madonnina
sulla guglia del Duomo di Milano. Giovanni Paolo I ha sofferto la solitudine. Senza togliere nulla alla responsabilità personale del Papa, forse
bisognerebbe rafforzare le
connessioni tra le parti della
Chiesa cattolica e il Papa. Nel
mondo globale i messaggi,
con tutta la loro ambiguità,
corrono veloci, ma bisogna
anche avvicinare gli uomini,
ascoltarli e essere ascoltati. Si
debbono rinnovare le strutture? Non come nella Seconda
Repubblica italiana, quando
si è creduto che cambiare le
regole fosse cambiare la politica. Certo ci sono ponti e connessioni da creare. Ma la Chiesa sa, nella sua saggezza, che
bisogna rinnovare le mentalità e i cuori. È un discorso sulla fede e sulla qualità umana
dei pastori e dei cristiani, che
è la grande questione. A questo livello il messaggio di papa Ratzinger darà frutti nel
tempo».
Questa è l’ultima risposta data
l’altro ieri da padre Lombardi ai
giornalisti che l’interrogavano sul
«titolo» che spetterà all’ex Papa:
«Non sappiamo quale sarà. La questione ha aspetti giuridici su cui si
deve riflettere, ed è stato ovviamente coinvolto il Papa stesso».
«Come lo dovremo appellare?»
aveva chiesto il giornalista: ovviamente ci si riferisce al titolo ufficiale, non a quelli che potranno essere usati nella conversazione privata o nel nominarlo — poniamo —
durante un’omelia in una qualsiasi
chiesa domenica 3 marzo: la prima
nella quale non sarà più Papa. Il
prete magari dirà: «Preghiamo per
Benedetto XVI che ora si è ritirato
nel silenzio», o «per il Papa che si
è dimesso»; e andrà benissimo.
Ma supponiamo che il successore lo inviti — ormai sappiamo che
tutto è possibile sotto la Cupola di
San Pietro — ad assistere al suo discorso ai cardinali nella Cappella
Sistina, all’indomani dell’elezione
e gli rivolga un saluto. Di certo
non potrà dire «abbiamo qui con
noi Sua Santità Benedetto XVI». E
Paolo Conti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Ma quel che ci interessa è che la lapide lo chiama Pietro: Celestino infatti, pronunciata in Castelnuovo a
Napoli nel 1294 l’abdicazione, riprese il nome che aveva nell’eremo. Egli era solo un eremita prete,
non era cardinale e con il nome di
Pietro da Morrone sarà proclamato santo da Clemente V ad Avignone nel 1313.
Cardinale era invece all’elezione
— e «legato della Marca di Ancona» — Gregorio XII che cardinale
tornò dopo l’abdicazione, riprendendo il ruolo di «legato della Marca». Anche qui ci è d’aiuto la lapide che è sulla sua tomba, nella cattedrale di Recanati, dove
morì: «Quest’urna racchiude il supremo principe della Chiesa Gregorio XII (…)
che la Marca riconosce come suo pastore per due
volte cardinale» («cardine
bis sacro» nel testo latino).
È dunque verosimile
che anche Joseph Ratzinger sarà «per due volte cardinale» ed è probabile che
il suo «titolo» completo
sia: «Cardinale Joseph Ratzinger vescovo emerito di
Roma». Questa infatti è la
dicitura con cui vengono
indicati i vescovi dopo che
hanno lasciato la loro «sede»: per esempio oggi il
cardinale Tettamanzi è «arcivescovo emerito di Milano».
Vedremo che cosa inventeranno i canonisti e i
cerimonieri per le vesti e i
Segretario Georg Gänswein (Ap / Tarantino) titoli e lo stemma. È invece deciso che Ratzinger saS u q u e l l a d i C e l e s t i n o V rà «accompagnato» a Castel Gan(1209-1296), che è sepolto al- dolfo nel periodo della Sede Vacanl’Aquila nella Basilica di Collemag- te e poi nel Monastero che è nei
gio, è scritto: «È riposto in questa Giardini Vaticani sia da don Getomba Pietro che nel papato ebbe org, l’attuale segretario personale,
nome Celestino». Si tratta di un te- sia dalle quattro «memores» (consto fortemente polemico contro i sacrate cielline) che si sono occu«sommi onori» del pontificato che pate di lui in questi otto anni.
Luigi Accattoli
furono «disprezzati e deposti» dalwww.luigiaccattoli.it
l’eremita di «vita illibata» che «solo per la sua virtù» era stato eletto.
© RIPRODUZIONE RISERVATA]
come sarà collocato e «appellato»
nell’Annuario Pontificio 2014? O
infine: che scriveranno un giorno
sulla sua tomba?
È proprio l’inopportuna domanda sulla tomba che suggerisce una
risposta in base ai precedenti: e
quella dei precedenti è la regola aurea di ogni decisione vaticana.
Stando alla storia, il Papa dimissionario dovrebbe riprendere il «nome» che aveva prima dell’elezione. Così almeno risulta dalle lapidi
delle tombe dei due «vescovi di Roma» che «rinunciarono» al papato
da quando i Papi vengono eletti in
Conclave (1241).
Le interpretazioni Per il biblista Armellini «è l’ora del rinnovamento, sulla linea del cardinal Martini». Il teologo Gennari: «Ripartire dal Concilio»
Perché ha voluto dire addio in Quaresima
Il Pontefice ha scelto il tempo del lutto per avviare la «Resurrezione» della Chiesa
ROMA — Esiste una possibile lettura delle dimissioni di Benedetto
XVI legata al tempo liturgico e che
può contenere un messaggio connesso alle parole del Papa sulla Chiesa
con il «volto deturpato» dalle rivalità, dalle divisioni, dagli individualismi.
L’addio del Pontefice al soglio pontificio sembra studiato con cura. L’annuncio pochi giorni prima della Quaresima, cioè il tempo non solo del digiuno, dell’espiazione, del lutto ma
del profondo cambiamento: richiami
perfetti per la crisi dell’universo ecclesiale denunciata da Benedetto
XVI. Un Conclave quindi convocato
in tale tempo, perciò maggiormente
dedicato al silenzio e al mutamento,
alla riflessione su quanto è accaduto
nel cuore della Chiesa (ed è stato sottolineato da Ratzinger).
Infine l’elezione di un nuovo Papa
che, chiunque sarà, celebrerà una Pasqua di Resurrezione il 31 marzo che
potrebbe davvero indicare al mondo
una Chiesa «rinata» dopo i quaranta
giorni di contrizione (un periodo
che ricorre nella Bibbia: i quaranta
giorni di Gesù nel deserto, di Mosè
sul Sinai, del Diluvio universale, episodi di radicali metamorfosi).
Dice per esempio il sacerdote missionario dehoniano Fernando Armellini, biblista che ha insegnato a lungo in Africa e ha quindi il polso della
«Chiesa lontana» (almeno nella percezione dell’Europa): «È una lettura
certamente vicina alle istanze di
quella Chiesa cattolica più vicina e
attenta alla Parola di Dio, più matura
e consapevole, che magari segue i
corsi biblici e la lectio divina». Cosa
chiede questa base cattolica? «Sicuramente l’urgenza di un rinnovamento, di una rinascita della Chiesa. Proprio Benedetto XVI ha avuto parole
dure sulla realtà ecclesiale e sugli
scandali che la attraversano. Quindi
la lettura delle dimissioni del Papa
collegate alla Quaresima e alla successiva idea di Resurrezione credo
sia in sintonia con la necessità dei fedeli di un autentico cambiamento,
di una Chiesa più autenticamente
evangelica».
Questa «Resurrezione» della Chiesa con il nuovo Papa in quale linea si
dovrebbe collocare? «Direi sulla linea del cardinal Carlo Maria Martini
che avvertiva profondamente la necessità della rigenerazione della
struttura ecclesiale che, agli occhi
del mondo dei fedeli, appare ormai
troppo pesante, troppo ancora medioevale nei paludamenti, in certe liturgie pompose che offuscano la
semplicità di quanto avvenne nell’Ultima Cena. C’è un grande e diffuso
desiderio di ritorno all’essenziale, a
ciò che il Maestro consegnò ai suoi
discepoli, al suo amore per il mondo
e soprattutto per gli ultimi».
Aggiunge don Felice Accrocca, do-
cente alla facoltà di Storia ecclesiastica della Pontificia Università Gregoriana: «Vivere un Conclave nel tempo della Quaresima significa certamente avere ben chiare tre dimensioni. Cioè la carità, la conversione e la
preghiera. Richiami forti dopo il riferimento di Benedetto XVI alle divisioni nella Chiesa».
Conclude Gianni Gennari, teologo e scrittore, sacerdote fino all’apri-
Le date
11 febbraio
28 febbraio
31 marzo
Durante il concistoro per
la canonizzazione dei martiri
di Otranto, il Papa comunica
in latino la sua rinuncia
al ministero petrino: «Le mie
forze e l’età avanzata non sono
più adatte alla mia missione»
Alle ore 20 la «rinuncia» di
Benedetto XVI al pontificato
diventerà effettiva, nel pieno
della Quaresima. E sempre in
tempo di Quaresima, tra il 15 e
il 19 marzo, si riunirà il Conclave
per l’elezione del nuovo Papa
Entro il giorno di Pasqua,
secondo le previsioni, verrà
eletto il nuovo Pontefice, che
potrà così celebrare la Messa.
E compito del Papa sarà proprio
quello di guidare un profondo
rinnovamento della Chiesa
le 1984 quando si sposò col rito cattolico grazie alla dispensa di Giovanni Paolo II sollecitata proprio da Joseph Ratzinger («mi sento un prete romano emerito»): «Seguendo una simile ipotesi mi viene da dire che la
Resurrezione col nuovo Papa dovrebbe avvenire nel segno che proprio
Benedetto XVI ci ha indicato durante
l’udienza di ieri al Clero Romano».
A cosa si riferisce in particolare?
«All’attualità estrema del Concilio
Vaticano II, richiamata da Ratzinger.
"Tantum aurora est", disse Giovanni XXIII, è appena l’aurora. Per applicare gli insegnamenti di un Concilio
occorre tempo». Il legame tra l’addio
di Benedetto XVI alla Quaresima affidando la Pasqua al nuovo Papa? «Altamente simbolico. Benedetto sa di
essere riuscito a realizzare la
collegialità "affettiva". Quella "effettiva" è lontana, troppo spesso la Curia romana pensa di poter decidere
tutto da sola senza nemmeno coinvolgere il Papa. Ecco perché la Chiesa ha il "volto deturpato". Ora è tempo di risorgere, di costruire la Chiesa collegiale e fraterna, aperta al dialogo».
P. Co.
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