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Una comunicazione rapida o solo stupida?
dove trovarci e discutere Iscrizione Tribunale di Rovereto (Tn) n. 275 direttore responsabile Mario Cossali L’Associazione Partito Pirata e il forum li trovi in rete su www.partito-pirata. it. Qui invece mettiamo a disposizione il mensile dell’associazione: www. piratpartiet.it Su www. anonet.it si trova il progetto che stiamo sviluppando per una rete anonima o darknet. Per iscriversi o modificare la propria iscrizione alla mailing list è sufficiente visitare la pagina : http://ml.partito-pirata. it/cgi-bin/mailman/listinfo/ open dove è anche possibile consultare l’archivio Una comunicazione rapida o solo stupida? di Alessandro Bottoni quando il brevetto diventa sopruso di Athos Gualazzi A volte bisognerebbe avere il coraggio di sostenere delle posizioni estreme, rinunciare alla mediazione del tempo corrente per proiettarsi nel futuro. La proprietà intellettuale è uno dei tanti modi di ricavare dalla società il proprio sostentamento, credo che messa così anche i sostenitori di questo diritto possano accettare la definizione. Dato per assodato che la nostra società premia sostanzialmente chi si appropria delle cose altrui, anche quelle di tutti come l’acqua e che la legge frena solamente questa pulsione del genere umano solo la dove è palese o effettuato con l’inganno, ritenere che la proprietà intellettuale sia da eliminare vuol dire fare la rivoluzione, stravolgere gli equilibri mondiali, permettere sostanzialmente un livellamento fra tutti i paesi del mondo. L’umanità si è evoluta dall’invenzione della ruota all’era industriale, ha visto sempre più innalzarsi l’homo sapiens dalla fatica fisica alla fatica mentale e quindi come forma di distribuzione della ricchezza collettiva si è coniato il diritto alla proprietà intellettuale, inesistente nell’antichità. Se l’inventore della ruota avesse potuto brevettarla sarebbe diventato il padrone del mondo e molto probabilmente vivremmo ancora nelle caverne. Una qualsiasi scoperta non può prescindere dal background dello scopritore tant’è che oggi nuove scoperte nascono da studi collettivi e per meravigliose e rivoluzionarie che siano derivano comunque da un sapere collettivo. Il pubblico dominio è quindi il detentore della maggior percentuale di diritti di primogenitura di qualsiasi invenzione. In alcuni settori, la farmacologia, la moda e l’intrattenimento il confine fra il pubblico dominio e l’innovazione è così sottile che ben poche sono le scoperte che possono dirsi sconvolgenti quindi il voler sfruttare arrogantemente, grazie a leggi liberticide, quella minuscola innovazione sfiora il sopruso nei confronti dell’intero genere umano. U n recente studio di PewInternet. org, intitolato “The Future of the Internet IV” (tinyurl.com/ y97a6aa), ha riaperto una discussione iniziata da Nicolas Carr nel suo famoso saggio “Is Google Making Us Stupid?” (tinyurl.com/468zuz), apparso su TheAtlantic nel Luglio 2008, e proseguita con il contrastante “Get Smarter” di Jamais Cascio (tinyurl.com/m4csjl), apparso sulla stessa rivista il mese successivo. Lo studio di Pew è interessante soprattutto perchè raccoglie decine di risposte scritte fornite da altrettanti specialisti di chiara fama. Il tema della discussione ovviamente è: “l’uso di Internet ci sta rendendo stupidi”? Come avrete notato anche voi, infatti, esiste una “scuola di pensiero” secondo la quale l’uso delle nuove tecnologie (computer, Internet, cellulari, etc.) renderebbe i nostri figli e noi stessi più superficiali, meno pazienti e meno capaci di affrontare i classici compiti di “problem solving” che la vita ci pone davanti. In particolare, come fa notare Carr, l’abitudine ai testi brevi ed ai supporti multimediali del web renderebbe i lettori incapaci di mantenere la concentrazione per i lunghi periodi di tempo richiesti, ad esempio, dalla lettura di un libro. Com’è prevedibile, a condividere questa preoccu- pazione sono soprattutto gli osservatori che provengono da una formazione umanistica o comunque non tecnica. Dall’altra parte, viceversa, si fa notare come la disponibilità capillare di grandi database di informazioni, come Wikipedia, stia liberando l’Uomo dalla necessità di memorizzare grandi quantità di sterili nozioni, con la conseguenza che la competizione intellettuale viene spostata nei settori, assai più sofisticati, dell’analisi dei problemi e della progettazione di soluzioni. Secondo questa scuola di pensiero, se il lettore moderno non si appassiona più a “Guerra e Pace” è solamente perchè 1638 (milleseicentotrentotto) pagine sono decisamente troppe per qualunque concetto valga la pena esprimere. A complicare la situazione interviene anche il fatto che spesso si tende a fare un’unico fascio di tecnologie legate all’intrattenimento (videogame) ed altre legate all’informazione (per esempio Wikipedia). Si resta scandalizzati per il comportamento autistico del nipotino che gioca con la sua Nintendo e, senza cogliere nel proprio comportamento nessuna contraddizione, si scende in piazza ad invocare la chiusura “senza se e senza ma” di Wikipedia. È evidente che occorerranno generazioni prima che la nostra società riesca ad accettare questi strumenti e riesca ad integrarli nel proprio modo di vivere. Nel frattempo, però, sono quasi terminati i 3000 caratteri che avevo a disposizione e che rappresentano, secondo molti studi, il limite massimo di sopportazione di un utente abituato al web. Per gli impavidi lettori in stile “Guerra e Pace”, gli approfondimenti sono disponbili alle “Tiny URL” in testa all’articolo. Buona navigazione. Il collegamento con un campo rom di Davide Sfragano L a pratica del trashware arriva nel campo Rom di via Saviati, a Roma, al Collatino. Ci ha pensato il gruppo romano dell’associazione Partito Pirata, che con Paolo Cocuroccia – il “portavoce” - un pomeriggio di fine marzo, con la macchina piena di vecchi pezzi di computer si è presentato al campo per presentare la sua iniziativa. “Il trashware consiste nel riassemblare i vecchi computer e farli rivivere grazie ai software open source – ha spiegato Cocuroccia – Grazie a questa immensa risorsa intendiamo dare una possibilità di lavoro in più ai ragazzi di questo campo. D’altra parte già al giorno d’oggi è difficile lavorare senza saper utilizzare il computer, figuriamoci poi se sei di etnia rom”. E l’iniziativa ha incontrato i favori dei molti adolescenti del campo, che pieni di curiosità hanno prima assediato la macchina di Cocuroccia, e poi si sono “stretti” nel bar del campo – in realtà non molto di più di una baracca – per seguire la presentazione del corso. E che nel loro italiano molto romanesco hanno posto diverse domande. “Ma io non ho il computer?” chiedeva un quattordicenne pieno di piecing. “Non c’è problema – rispondeva Cocuroccia – io porto i pezzi, e poi i pc li creiamo assieme” “Ma come facciamo qui in questo campo ad utilizzare i com- puter, non abbiamo la corrente elettrica?” domandava un altro. “Niente paura – ribatteva il “pirata” – questa è solo la presentazione del corso. Dalla prossima volta o porto un gruppo elettrogeno, o vi vengo a prendere con un pulmino e vi porto in un posto attrezzato”. Al contrario, la reazione più ricorrente della maggior parte degli abitanti del campo più in là con gli anni è stata l’indifferenza. Come quelli che nonostante il corso, hanno continuato a giocare a carte e a bere birre ai tavoli. Ma tutti, ad ogni modo, sono stati ospitali. La proprietaria del bar più di tutti: oltre far svolgere il corso nel suo “locale”, infatti, ha anche offerto a tutti i presenti un ottimo caffè turco. Solo un’ultima considerazione. Si parla tanto dei “modi diversi” di far politica. E allora mi piace ricordare che questa nel campo rom è stata anche l’iniziativa di “chiusura” della campagna elettorale del partito pirata nel Lazio (che ha candidato un suo rappresentante come indipendente nelle liste di Sinistra, ecologia e libertà). Una strana campagna elettorale la loro. Senza proclami, senza manifesti, senza slogan. Facendo quello che le associazioni che si battono per le libertà digitali fanno tutti i giorni. Per loro far politica significa questo. Un buon messaggio per tutti. Pirati e non pirati. 19