Dove dormono i bambini - SOS-crescere Genitori e Bambini
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Dove dormono i bambini - SOS-crescere Genitori e Bambini
Franco Nanni Dove dormono i bambini Rassegna della letteratura scientifica sul cosleeping MONOG R AF IE A s s o c i a z i o n e p e r la tu t e l a d e l l ’ e t à e v o l u t i v a S e d e le g a l e : V ia V e n e z i a 4 0 40 0 6 8 Sa n La z z a r o di Sa v e n a BO Pe r in f o r m a z i o n i te l e f o n i c h e 34 9 855 7 4 6 6 e-ma i l in f o @ s o s c r e s c e r e . o r g Inter net: ww w . s o s c r e s c e r e . o r g 1 IL COSLEEPING: ASPETTI GENERALI di vita; vengono talvolta usate espressioni come “(routinely) solitary sleeper” e “(routinely) cosleeper” per distinguere tra bambini che dor- 1.1 Definizione mono (più o meno abitualmente) soli o con Il fenomeno del cosleeping, letteralmente “dormire insieme” viene di norma utilizzato per indicare tutte quelle situazioni della prima infanzia in cui il bambino dorme assieme alla madre o a entrambi i genitori. Il termine è quindi generale e richiede una ulteriore distinzione tra room-sharing (condivisione della stanza) e bed-sharing (condivisione del letto); è in questo ultimo significato che buona parte della letteratura lo utilizza, in particolare quando vengono considerati i fattori di rischio per la SIDS (Sudden Infant Death Syndrome); altri studi sembrano sottintendere che cosleeping includa sia room-sharing che bed-sharing, esplicitando di volta in volta a quale pratica ci si riferisce; per altre persone. Cosleeping “reattivo”, che inizia di norma dopo i 12 mesi, spesso in risposta a un disturbo del sonno; alcuni autori parlano anche di night wandering, bambini o adulti che vanno da un letto all’altro durante la notte) e cosleeping come scelta, sia della singola famiglia che derivato dalla tradizione. Bed-sharing in senso stretto, room-sharing nelle sue diverse possibilità, come la condivisione di una ampia superficie (come in alcuni usi orientali) o la semplice compresenza nella stanza di diversi letti individuali; maggiore chiarezza pare preferibile in questa ras- Cosleeping diadico, triadico, con fratelli e segna considerare cosleeping come sinonimo di sorelle, o raramente con adulti che non sono i bed-sharing, utilizzando invece per la condivisio- genitori. ne della stanza, ma non del letto, solo il termine Per quanto la ricerca si sia indirizzata per lo più non ambiguo room-sharing. verso i primi mesi e più in generale i primi tre Gli studi operano anche distinzioni quantitative e (in parte) qualitative, ma la variabilità di terminologie e di soglie di frequenza è assai ampia: se ne può tracciare qui una ragionevole sintesi, rinvian- anni di vita, non mancano studi che indagano il fenomeno anche in età successive, ovviamente con implicazioni diverse da quelle utilizzate per il neonato. do poi all’analisi degli studi più approfonditi l’esame delle specifiche modalità, anche socio-cultutali, con cui viene attuata questa pratica. Le distinzioni più spesso operate riguardano: Cosleeping lungo tutta la notte ovvero solo per alcune ore (all-night / part-night cosleeping); cosleeping occasionale (indicativamente fino a 1-2 notti/settimana), frequente (3-4 notti/settimana) e stabile, ovvero ogni notte e come stile Franco Nanni Dove dormono i bambini 1.2 Il motivo di un interesse specifico verso il cosleeping Il sonno è tradizionalmente un’area critica della relazione tra genitori e figli nei primi anni di vita, sia dal punto di vista dei genitori stessi che da quello di pediatri e altri professionals a contatto con le famiglie. Una parte, forse, di queste criticità potrebbe essere evitata se si tenesse conto che l’acquisizione di ritmo del sonno stabile e contraddistinto da rari risvegli è un processo 1 fisiologico lento e progressivo, rispetto al quale confortarlo trattandoli come semplici “cattive abi- esistono in molti genitori aspettative non realisti- tudini”, e non come gesti filogeneticamente svi- che. Nella manualistica destinata a questi ultimi luppati per assicurare la sopravvivenza. Sembra non mancano mai consigli relativi alle abitudini sfuggire, a questi consiglieri del sonno, la diffe- del sonno, consigli la cui impostazione risente dei renza tra il condizionare un topolino da laborato- più diversi influssi, e finisce spesso col disorienta- rio a premere una leva e il condurre al sonno il re il lettore. All’interno di questa tematica genera- neonato di una specie con un cervello e una storia le la presenza dei bambini nel lettone ha un consi- evoluzionistica piuttosto diversa. Si danno consi- derevole spazio, talvolta stigmatizzata, talaltra gli sul sonno come se, in ultima analisi, nell’asset- enfatizzata. to che genitori e figli adottano nell’accomiatarsi Sembra dunque che l’assetto familiare al momento del sonno si collochi in un crocevia complesso, che tocca ambiti diversi: evoluzionistico e etologico, sociologico, sistemico, psicologico e psicoana- dal giorno e entrare nell’oscurità onirica non entrasse affatto tutta la complessità relazionale umana e tutto si riducesse a banale geografia di materassi e lettini. litico; per di più si tratta di ambiti che non possono restare separati, in quanto nella pratica essi 1.3 Presenza nella letteratura interagiscono e retroagiscono in modo ricorsivo. Le banche dati Pubmed e Webspirs, utilizzando Un argomento estremamente complesso e stimo- separatamente le chiavi di ricerca “cosleeping /co- lante, dunque, che troppo spesso nella letteratura sleeping” e “bedsharing/bed-sharing”, hanno for- divulgativa viene relegato al rango di “norma igie- nito complessivamente (dopo l’eliminazione di nico-sanitaria” facendone il campo di applicazione alcuni lavori manifestamente non pertinenti con 1. Articoli indicizzati Pubmed-Webspirs concernenti il co-sleeping 30 25 20 15 10 5 <1980 1981 1982 1983 1984 1985 1986 1987 1988 1989 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006* 0 * 2006 primi 3 mesi di condizionamenti behavioristici per “dormire l’oggetto di questa rassegna) 248 studi disposti tranquilli”. Seguendo i consigli di certi esperti si lungo un trentennio, dal 1976 al 2006 (primi 3 dovrebbe inibire l’elementare impulso del bambi- mesi). Come si può vedere nel grafico 1, è dopo i no a segnalare col pianto il proprio disagio e l’al- primi anni novanta che il cosleeping è diventato trettanto elementare impulso dei caregiver a oggetto non occasionale di ricerca, sia come 1 1 2 Attualmente va per la maggiore il manuale “Fate la nanna”, di Estivill e De Béjar (1999). Franco Nanni Dove dormono i bambini argomento in sé che come fattore di rischio per la di quanto non si pensi comunemente anche nei SIDS. paesi industrializzati, e non solo nelle sub-cul- Dal momento che il cosleeping non è considerato un disturbo del sonno a sé stante, il suo ricorrere in letteratura è di norma associato a diverse tematiche, tra le quali spicca, quantitativamente, l’esame dei fattori di rischio per la SIDS. È quindi opportuno suddividere il corpo degli studi in tre parti: Studi specifici sul cosleeping ture etniche. Un secondo gruppo di grande interesse, anche se numericamente limitato, riguarda lo studio comparato di diversi correlati fisiologici del sonno tra solitary sleepers e cosleepers; tra questi, i lavori di McKenna e Mosko (1990, 1993, 1994, 1997, 2005) sono esplicitamente progettati in base all’assunto che il cosleeping tra madre e neonato sia stato caratterizzato dal- Si tratta del gruppo di gran lunga più interes- l’evoluzione come l’assetto che meglio garanti- sante e ricco per la ricerca mirata al fenomeno sce la cura del piccolo. del cosleeping. Lo sviluppo di questo settore di Nonostante lo scopo di queste ricerche sia, di indagine è stato spesso indotto dall’interesse frequente, l’esplorazione del cosleeping come che il cosleeping ha riscosso, ancora una volta, fattore di rischio per la SIDS, sono state incluse come fattore di rischio per la SIDS, ma nelle tra gli studi specifici, sia per la loro impostazio- premesse di parecchi lavori compaiono espres- ne metodologica che per le implicazioni più sioni di insoddisfazione per l’indiscriminata generali dei loro risultati. Questo gruppo di stu- diffusione di raccomandazioni ai genitori asso- di specifici è formato da 85 articoli (34%). lutamente avulse dalle diverse tradizioni etniche e culturali: ha colpito più di un ricercatore la diversa distribuzione del rischio di SIDS che non corrisponde sempre alle aspettative costruite in base a criteri e costumi nordamericani e europei. È per questo motivo che la base conoscitiva di questo insieme di lavori è costituita da ricerche che indagano la prevalenza del cosleeping e delle sue varie articolazioni e submodalità in paesi dell’occidente industrializzato e in diverse culture native o tradizionali, giungendo alla conclusione che il cosleeping (quanto meno per la primissima infanzia) è l’abitudine di gran lunga più diffusa sia geograficamente che storicamente, nonché la condizione nella quale per milioni di anni si è evoluto il sonno di adulti e bambini. Con una certa sorpresa si è constatato che il cosleeping è assai più diffuso Franco Nanni Dove dormono i bambini Studi sulla SIDS (Sudden Infant Death Syndrome) Si tratta di ricerche sul ruolo del cosleeping nella SIDS, che individuano il cosleeping sia come fattore di rischio che come fattore protettivo: la contraddizione sembra essere solo apparente, una volta che siano stati esplicitati numerosi altri fattori sia di contesto che di disegno della ricerca stessa. Appartengono a questo gruppo 136 articoli (55%). Nonostante la maggioritaria presenza quantitativa, questi studi di norma non approfondiscono che parzialmente il tema specifico del cosleeping e la sintesi dei loro risultati apparirà inevitabilmente sottodimensionata rispetto alla mole di articoli presenti negli archivi. Altri studi Sono raccolti in questo gruppo 3 complessivamente 27 articoli (11%), dei quali conosciuto tre picchi (tra i 10 e i 15 articoli) nel 15 considerano il cosleeping nel quadro più 1995, 2000 e 2005, e la tendenza dei primi tre ampio dei disturbi del sonno, mentre altri 12 mesi del 2006 sembra superare l’anno precedente. hanno argomenti e impostazioni eterogenee. Gli studi specifici, invece, sembrano mostrare una Ci si è chiesto, infine, se l’attenzione dei ricerca- macro-tendenza alla crescita, ma l’andamento tori per il cosleeping si sia evoluta secondo qual- alterno non permette di affermarlo con certezza che linea di tendenza nel tempo; per farlo si sono nel momento presente. Marginale, infine, pare 2. Articoli sul cosleeping, per soggetto 20 15 Specifici SIDS 10 Altri 5 0 1992 1994 1996 1998 2000 2002 2004 2006* 1993 1995 1997 1999 2001 2003 2005 * 2006 primi 3 mesi distinti per argomento i 233 articoli pubblicati dal essere il ruolo del cosleeping negli altri studi rela- 1992 a oggi, con i risultati visibili nel grafico 2. tivi ai disturbi del sonno e ad altre tematiche. Come si può notare, gli studi sulla SIDS hanno 4 Franco Nanni Dove dormono i bambini 2 ANALISI DEGLI STUDI SPECIFICI SUL COSLEEPING Approccio di fondo: i motivi per studiare la diffusione del cosleeping possono essere diversi, e diversi di conseguenza gli approcci al fenome- 2.1 Studi sulla diffusione del cosleeping no: se si parte dal presupposto (non del tutto confermato dalla letteratura) che costituisca un È opportuno iniziare da questi dati più generali rischio per la SIDS, è naturale conseguenza che che possono fornire lo sfondo quantitativo per se ne faccia uno studio prevalentemente quanti- esaminare poi tutte le altre ricerche sul cosleeping tativo e che si parli più precisamente di “preva- collocandole nel contesto e nelle proporzioni più lenza” del cosleeping. In questo caso esso viene aderenti alle situazioni studiate. Viene invece misurato in quanto mero elemento statistico rimandata al paragrafo successivo l’analisi di un accanto ad altri fattori come l’uso di tabacco piccolo gruppo di lavori più specifici, nei quali, al della madre, l’uso di sostanze psicotrope, la di là dei dati forniti, appare preponderante l’inten- posizione prona o supina, il tipo di coperte e to di fornire una comprensione più socioculturale lenzuola utilizzate. Una volta estrapolati dal che statistica delle varie forme degli assetti del contesto in cui sono stati generati, i dati di que- dormire . sto tipo di lavori apportano un modesto contri- A partire sia dal gruppo di lavori specifici che da buto alla conoscenza globale degli assetti del quello relativo alla SIDS sono stati raccolti 34 dormire. Sono già più soddisfacenti le indagini articoli3 che, sia pur a diverso titolo, forniscono che, pur restando all’interno dell’approccio informazioni relative alla diffusione del fenomeno testé descritto, si sviluppano almeno lungo una in diverse realtà: al di là, però, di questo comune dimensione temporale, ben rappresentata nel- elemento quantitativo, l’estrema eterogeneità di l’ampio studio (8453 famiglie con neonati) di quasi tutte le dimensioni e le metodologie non Willinger (Willinger, Ko et al. 2003) che lungo permette alcun confronto diretto e statisticamente un settennio ha intervistato telefonicamente le utilizzabile; un riepilogo sinottico di questi lavori famiglie con bambini di età compresa tra zero e è consultabile in Tabella 1 in appendice. sette mesi, evidenziando una tendenza all’au- 2 mento del cosleeping in età neonatale dal 5,5% 2.1.1 Eterogeneità metodologiche del 1993 al 12,8% del 2000. Per poter effettuare una riflessione organica sui Alcuni lavori sul rischio SIDS esaminano inve- dati occorre passare in rassegna metodologie, sco- ce pi e strumenti assai differenziati presenti in questi -culturale, come in molti studi su Afroamerica- studi, che risultano non uniformi rispetto ad ni e Hispanoamericani; non vengono però di approccio di fondo, luoghi, soggetti, età dei bam- norma indagate le dimensioni valoriali e le cre- bini, terminologia e strumenti. denze connesse al cosleeping, ma soltanto la comparativamente il contesto socio- diversa incidenza statistica del fenomeno tra “white” e “non-white”, così come tra famiglie Si è ritenuto di tradurre così l’espressione inglese sleeping arrangements che ricorre assai spesso negli articoli sul tema. La tabella riporta 35 caselle in quanto il lavoro di Blair (Blair, Ball 2004) è nettamente diviso su due campioni distinti e i dati sono stati coerentemente mantenuti separati. 2 3 Franco Nanni Dove dormono i bambini 5 con reddito o istruzione di alto o basso livello, familiare, talaltra solo sulla madre, altre ancora famiglie monoparentali o altri fattori meramen- utilizzando un certo bambino considerato “indi- te descrittivi. Hanno analoga impostazione, ma ce” a prescindere dal fatto che abbia fratelli o più attenti alle dimensioni valoriali e culturali, i sorelle. Nella tabella, la colonna relativa ai lavori neozelandesi sulla popolazione bianca e “Soggetti” conserva l’impostazione originaria quella Maori (Tuohy et al. 1993 e 1998); più dello ampia e organica è l’approfondita indagine bambini). comparata su famiglie norvegesi e Sami (una Il numero di soggetti osservati in ciascuno stu- popolazione nativa, precedentemente nota come dio è estremamente variabile: si va da un mini- “Lapponi”) realizzata da Javo (Javo, Ronning et mo di 27 a un massimo di 8453, rispettivamen- al. 2004). te madri appartenenti all’etnia australiana Infine sono da citare i lavori a impianto più Hmong (Liamputtong 2002) e famiglie statuni- antropologico culturale che statistico rappresen- tensi studiate nel corso di sette anni dal già cita- tati soprattutto dagli studi di Reimao su partico- to lavoro di Willinger (Willinger, Ko et al. lari popolazioni del Brasile (Reimao, De Souza 2003). Soltanto in alcuni studi i campioni sono et al. 1998, 1999a, 1999b); sono inoltre da costruiti con criteri rigorosi di rappresentatività; segnalare, per l’attenzione al contesto culturale numerosi sono i lavori che hanno ricavato i nel quale si verifica il cosleeping, anche il lavo- nominativi dei soggetti da intervistare dall’uni- ro di Liu sul sonno dei bambini cinesi in età verso dei nati vivi di un certo periodo e area scolare (Liu, Liu, Wang 2003) e quello di Yang urbana, una procedura più semplice ma in linea sul cosleeping nei bambini coreani da uno a set- di principio non soggetta a bias particolarmente te anni (Yang, Hahn 2002). critici, salvo quello delle mancate risposte, se I luoghi: di fronte a 12 ricerche effettuate in USA e a un ampio studio comparato svolto in 17 Paesi (Nelson, Taylor et al. 2001), il resto del mondo è rappresentato da lavori dislocati in modo molto asimmetrico in diversi Stati europei e non europei. La delimitazione dei luoghi è spesso disomogenea, spaziando da piccole comunità locali o rurali a contesti urbani di diversa dimensione e complessità. studio (madri, genitori, famiglie, numericamente consistenti. Nelle zone caratterizzate da presenze significative di etnie diverse è assai frequente che i ricercatori abbiano cercato di confrontare i diversi gruppi o le relative subculture di riferimento, mentre in altri casi si è cercato piuttosto di individuare tendenze generali, spesso nell’intento di quantificare il rischio di SIDS, o la risposta della popolazione a campagne di informazione in merito. I soggetti: trattandosi di ricerche che coinvolgono bambini dalla nascita fino ai primi anni di vita, le risposte relative agli assetti familiari del dormire sono state naturalmente ottenute dai genitori; gli autori però hanno diversamente focalizzato l’attenzione talvolta sul nucleo 6 Franco Nanni Dove dormono i bambini 3. Intervalli di età dei bambini considerati negli studi 156 144 132 120 108 96 84 72 Mesi 60 48 36 24 12 6 0 Età dei bambini: come si può osservare nel La terminologia: come già anticipato, c’è una grafico 3, metà degli studi prendono in conside- sufficiente concordanza tra gli autori quanto razione neonati o bambini nella primissima meno sui termini principali: infanzia ; altri, pur partendo dallo stesso perio- Cosleeping: genitori e bambini dormono do, esaminano intervalli assai più ampi. Quattro insieme condividendo la stanza o anche il lavori partono dai sei mesi, mentre i restanti letto. Gli studi che usano questo termine da esaminano periodi di vita successivi, in qualche solo e senza suddividerlo tra room- e bed- caso anche molto estesi. sharing intendono per lo più la seconda con- 4 padre madre figlia/o madre madre madre figlia/o fig lia /o fra t./s or. padre padre fig lia /o dizione, e lo fanno sempre quando si tratta Adattato da Latz et al. 1999 di studi sulla SIDS, per la quale solo il bed-sharing è considerato, in certe Sono stati inclusi tra questi tutti gli studi che si riferivano genericamente a “neonati” (infants), che nel grafico sono rappresentati, per facilitare la visualizzazione, tra zero e sei mesi. 4 Franco Nanni Dove dormono i bambini 7 condizioni, un fattore riconosciuto di rischio. ma i contesti occidentali dove il cosleeping è di Room-sharing: l’uso di questo termine norma scoraggiato, per i quali è assai difficile implica che genitori e bambini dormano nel- formulare un discorso rigoroso senza distingue- la stessa stanza, magari anche molto vicini, re almeno tra cosleeping reattivo e routinario; a portata di braccio, ma non nello stesso let- senza questa categorizzazione non otteniamo to. Una situazione particolare è rappresenta- dati significativi stratificando i cosleepers per ta da alcuni usi riportati da lavori su fami- una, due, quattro o sette notti a settimana, o per glie giapponesi (Latz, Wolf, Lozoff 1999, un certo numero di ore a notte, poiché il discri- vedi anche illustrazione nella pagina prece- mine non è tanto il “quanto” ma il “perché”: dente) e coreane (Yang, Hahn 2002) dove importante è sapere se si tratti di una scelta con- molte famiglie dormono su particolari mate- sapevole dei genitori e su quali basi, il che pre- rassi di cotone (“futon” in Giappone, “yo” in figura di norma un cosleeping di ogni intera Corea) che vengono appoggiati direttamente notte, o se sia invece un comportamento di sul pavimento e quindi possono essere giu- attaccamento di un bambino risvegliatosi spa- stapposti l’uno vicino all’altro, permettendo ventato nella notte, o che magari impone la sua quindi un facile contatto corporeo senza le presenza nel lettone senza che i genitori riesca- ristrettezze del confinare più persone su un no, pur volendolo, a limitare questo comporta- solo letto matrimoniale. mento, nel qual caso la variabilità nella fre- Bed-sharing: il termine definisce in modo univoco la condivisione del letto tra genitori e bambino, e l’unica ambiguità può essere rappresentata dal fatto che si tratti di una quenza e nei tempi del cosleeping può essere volto ampia, senza che in definitiva muti significativamente lo scenario di fondo di un cosleeping puramente reattivo. condivisione solo con la madre, con entram- Gli strumenti: anche in questo caso predomina bi, o raramente solo col padre o con adulti una grande eterogeneità di approcci: si va dalle diversi. Alcuni studi che indagano sui rischi interviste più o meno strutturate, telefoniche, per la SIDS in contesti urbani disagiati o postali o frontali, fino a diverse tipologie di poveri distinguono l’eventuale condivisione questionari, spesso costruiti ad hoc o combi- di letti veri e propri da quella di vari tipi di nandone diversi a seconda del bisogno. Dalla divani e sofà (sofa- e couch-sharing). mole di lavori consultati sembra di poter affer- Purtroppo le terminologie adottate per descrivere le modalità, le frequenze, le motivazioni e le scelte rispetto ai vari assetti del dormire sono estremamente eterogenee, ed è possibile orien- 8 tradizionale e spesso normativo del cosleeping, mare che non è disponibile al momento nessuno strumento di indagine strutturato, validato e sperimentato per l’assessment del cosleeping nelle sue varie forme e modalità. tarsi solo laddove esse siano dettagliatamente Hayes et al. (2001) hanno usato lo Sleep Habits esplicitate, il che comunque non evita del tutto Inventory (SHI), un questionario self-report per parecchie ambiguità ogniqualvolta l’oggetto di genitori adattato da un precedente lavoro di indagine non siano culture di cui sia noto l’uso Crowell, Keener et al. (1987). Lo SHI pone una Franco Nanni Dove dormono i bambini serie di domande relative all’ultima settimana rispetto al dormire, (5) risvegli notturni, (6) prima della somministrazione; si ritiene rappre- parasonnie, (7) disturbi del respiro durante il senti sufficientemente bene l’attuale situazione sonno, (8) sonnolenza diurna. Lo strumento è complessiva del regime familiare rispetto al stato testato su bambini dai 4 ai 10 anni con sonno, con il limite, però, di non ripercorrerne buoni risultati psicometrici da Owens e altri le vicende nel loro svolgersi diacronico. Proprio (Owens, Spirito, McGuinn 2000). Ulteriori pro- a tale scopo gli stessi autori hanno introdotto un ve dell’affidabilità del CSHQ sono state ripor- secondo strumento, lo Sleep Arrangements tate da Cortesi e altri (Cortesi, Giannotti et al. Inventory, formato da trenta domande aperte 2004). Come verrà riportato in seguito più det- derivate da un precedente lavoro di Morelli et tagliatamente, diversi lavori hanno messo in al. (1992) con un maggiore accento anche qua- luce correlazioni tra cosleeping e alti punteggi litativo, destinato poi a una successiva post-co- (che indicano maggiori disturbi) in alcune difica per usi statistici. Infine Keller e Goldberg sub-scale del CSHQ, quantomeno nelle fasce di (2004) utilizzano un questionario pensato a età successive alla primissima infanzia. questo scopo, molto elaborato e avvertito sulle problematiche metodologiche e terminologiche 2.1.2 Diffusione del cosleeping esposte al punto precedente: lo Sleep Practices Riconsiderando tutti gli elementi di disomogeneità Questionnaire (SPQ); al momento non vengono degli studi fin qui elencati e esaminando più anali- forniti dati sulle sue qualità psicometriche, ma ticamente i dati che essi presentano appare subito le risultanze esposte nel lavoro degli autori chiaro che ogni possibile sintesi non può fornire sembrano promettenti, anche se allo stato delle uno scenario di natura matematico-statistica ma conoscenze presenti sembra che Keller e soltanto una rappresentazione articolata per linee Goldberg ne siano finora gli unici utilizzatori. Il di tendenza generali. Al di là di questo limite, loro interessante articolo sul rapporto tra però, il panorama che si delinea agli occhi del cosleeping, indipendenza e autonomia verrà ricercatore è certamente complesso, difficilmente analizzato in un prossimo paragrafo. quantificabile in termini precisi, ma in ultima ana- Quando vengono esplorati anche i disturbi del lisi sufficientemente chiaro e coerente nelle sue sonno parallelamente al cosleeping, sembra caratteristiche essenziali, ovvero: incontrare un buon credito il Children’s Sleep in tutte le culture native, anche tra loro geogra- Habits Questionnaire (CSHQ), ancorché pro- ficamente lontanissime, il cosleeping madre- gettato per esplorare i disturbi del sonno in una bambino nei primi mesi e talvolta nei primi fascia di età che non comprende i primissimi anni di vita è pressoché l’unico assetto del dor- anni di vita. Si tratta di un questionario di 33 mire praticato, così come, in modo complemen- item che viene somministrato ai genitori, da cui tare, è sconosciuta la pratica di far dormire da si ricavano otto sottoscale corrispondenti alle soli bambini molto piccoli. In molti casi viene aree di maggiore problematicità del sonno: (1) riportato dai ricercatori che la pratica del resistenza ad andare a letto, (2) ritardo nell’ad- cosleeping è parte di un quadro valoriale e dormentamento, (3) durata del sonno, (4) ansia pedagogico Franco Nanni Dove dormono i bambini più ampio che include 9 universalmente l’allattamento al seno, e assai di 2.1.3 Caratteristiche positivamente correlate frequente anche l’idea generale che il neonato con il cosleeping necessiti di una costante presenza da parte dell’adulto di riferimento, o almeno di una persone che possa fornire protezione e conforto, a maggior ragione di notte. In questi contesti il cosleeping decresce di frequenza con l’aumento dell’età, fino al punto in cui quanto meno il bed-sharing scompare del tutto. Alcuni studi, in particolare quando l’oggetto della ricerca riguarda il cosleeping come fattore di rischio per la SIDS, riportano anche una correlazione positiva tra il fenomeno studiato e alcune caratteristiche del nucleo familiare. Nella tabella riassuntiva questi dati sono indicati nella colonna “CORRELATI”. La caratteristica più di frequente Presso le componenti etniche urbanizzate di osservata come correlato del cosleeping è la pre- Paesi industriali la frequenza del cosleeping senza in casa di un solo genitore, per lo più la rimane in linea di massima molto alta, se con- madre (6 citazioni), seguita dall’appartenenza a frontata con quella della popolazione generale, comunità o subculture etniche (5 citazioni); le ma decisamente meno ubiquitaria di quanto non altre condizioni: basso status socio-culturale (4 lo sia nelle culture originarie. Le proporzioni di cit.), disturbi del sonno del bambino (3), madre queste assai molto giovane (2). Altri studi hanno riscontrato variabili, e risentono di fattori eterogenei e dif- altre caratteristiche con correlazioni più o meno ficilmente isolabili, principalmente lo status deboli, tra le quali l’allattamento al seno, l’avere economico, culturale e sociale, la distanza cro- un lavoro articolato in turni, l’aver praticato il nologica e psicologica del distacco dalla cultura cosleeping da piccoli. 5 differenze sono comunque originaria, l’appartenenza o meno a aree di disagio sociale e/o di povertà. Nei Paesi occidentali la situazione è sostanzialmente capovolta: il cosleeping propriamente detto è un fenomeno minoritario, con quote che vanno approssimativamente dal 2% a non oltre il 15%. Se però si considera anche il cosleeping in senso più generale (saltuario, reattivo, occa- La scelta delle caratteristiche che sono state oggetto di indagine riflette più il bisogno di identificare meglio i destinatari delle campagne di prevenzione e di tarare i messaggi su di loro, piuttosto che un organico intento statistico descrittivo; per questo motivo l’apporto conoscitivo specifico che questi dati forniscono appare modesto. sionale, ecc.), a seconda della griglia quantitati- Riguardo all’associazione di frequente citata tra va utilizzata dal ricercatore arriviamo anche a cosleeping e madri single risulta arduo trarre con- quote comprese tra il 25% e il 65% come ripor- clusioni fondate e piuttosto che ragionevoli tato, rispettivamente, da Gaylor negli USA, da ipotesi, che potrebbero andare nella direzione di Hooker e poi da Blair in Inghilterra6. riconoscere la maggiore resistenza della coppia a condividere gli spazi del sonno. Va anche osservato che dietro una famiglia monoparentale possono Gli studi esaminati in questa sezione riguardano, come già detto: Afroamericani e Hispanoamericani in USA, Maori in Nuova Zelanda, Sami in Norvegia, Aborigeni in Australia. Ci sono poi altri lavori che, pur non fornendo dati quantitativi, esaminano altre realtà etniche con risultati che confermano il concetto generale esposto. 6 Gaylor, Burnham et al. 2005, Blair, Ball 2004, Hooker Ball e Kelly 2001. 5 10 Franco Nanni Dove dormono i bambini stare storie e configurazioni causali tra loro diver- La correlazione tra cosleeping e disturbi del sonno sissime: dalla madre single per scelta alla vedova, è una questione piuttosto controversa, i cui criteri da uno status prescelto e definitivo a un altro subì- di valutazione non sono soltanto statistici, ma si to a causa di una separazione conflittuale, e in cia- avvalgono del contributo di studi sulla neurofisio- scuno di questi scenari la condivisione del letto tra logia del sonno e sull’applicazione della teoria madre e figli può assumere significati estrema- dell’attaccamento al momento del sonno. Per que- mente dissimili, e che spaziano dalla sana norma- sto l’argomento verrà trattato in un paragrafo lità fino alla franca psicopatologia. Alcune di que- apposito. ste situazioni verranno esaminate in seguito. Infine, il rapporto tra bed-sharing e allattamento Riguardo alla correlazione tra appartenenza a al seno è indubbiamente un aspetto ben più artico- comunità o subculture etniche e maggiore ricordo lato e non riducibile a una semplice correlazione al cosleeping si è già detto in precedenza: una vol- statistica; anche questo punto verrà esaminato in ta constatato che il cosleeping madre-neonato è un paragrafo a sé stante. universalmente la norma tra le società tradizionali, sembra una naturale conseguenza di ciò il fatto 2.1.4 Alcune questioni aperte che, pur vivendo in un contesto occidentale e Da quanto affermato fin qui si evince che la diffu- urbanizzato, questa pratica sia tanto più frequente sione e le modalità della pratica del cosleeping nei quanto più saldi sono ancora i legami con una cul- Paesi occidentali sono assai più complesse e tura nativa. Anche il basso status socioeconomico ambivalenti che non nelle culture tradizionali; (SES) può ricadere in questo ambito co-causale, restano dunque aperte alcune questioni irrisolte se consideriamo che di frequente queste case sono per le quali occorrerebbero ulteriori ricerche. più piccole e che gli appartenenti a minoranze etniche sono spesso in condizioni globalmente svantaggiate. Ci sono però due fatti da considerare: Il primo punto riguarda la frequenza del cosleeping nei Paesi occidentali: se si considera che in queste società il cosleeping è fortemente scoraggiato sia dalle figure professionali a contatto con i quattro studi che evidenziano questa correla- la genitorialità che dall’opinione comune, le per- zione provengono da tre Paesi diversi e lontani: centuali con cui esso viene riscontrato appaiono USA (2 articoli), Nuova Zelanda e Italia. singolarmente alte, e probabilmente sono ancora Blair e Ball hanno riscontrato in un vasto cam- maggiori nella pratica, se mettiamo in conto il pione inglese una correlazione opposta: il rischio che alcuni genitori neghino di dormire coi cosleeping è più frequente presso famiglie con propri figli temendo la disapprovazione dei pro- SES medio-alto (Blair, Ball 2004) fessionisti e anche di amici e parenti; questa even- Sembra ragionevole ritenere che questa (presunta) tualità è segnalata, per l’Italia, da Cortesi (Cortesi, correlazione tra SES e cosleeping sia complessa e Giannotti et al. 2004) e viene addirittura esplicita- contenga al suo interno variabili che la ricerca non mente riportato come dato di fatto da Hooker ha ancora nemmeno individuato. rispetto alla realtà inglese (Hooker, Ball, Kelly 2001); sembra dunque ragionevole ritenere che Franco Nanni Dove dormono i bambini 11 questo problema interessi molti degli studi effet- significatività statistica. Cortesi et al. (2004) han- tuati in Paesi nei quali il cosleeping è scoraggiato, no rilevato in un campione di 901 bambini romani se non la totalità di essi. in età scolare percentuali sensibilmente inferiori, Un secondo problema correlato al precedente è costituito dal fatto che nelle famiglie occidentali il cosleeping riguarda non soltanto i primi mesi di vita, ma si prolunga, e talvolta esordisce ben più tardi, anche oltre i tre anni di età. Questo assetto del dormire muta anche di significato: non si tratta ma che testimoniano comunque la tendenza ad un prolungato cosleeping in una non trascurabile minoranza: ipotizzando classi di 25 bambini, in ciascuna classe di prima e seconda elementare troveremmo i media due cosleepers, e nelle classi successive uno. più di un fenomeno routinario e costante che evol- Dunque in Italia e in Svizzera, due Paesi nei quali verà poi verso l’autonomia, ma piuttosto di un il cosleeping è scoraggiato, si osservano in genera- comportamento più incostante, legato a risvegli le percentuali basse di questa pratica, ma collegate notturni, a ansia rispetto al sonno, in generale a a problematiche del sonno dei bambini che insor- problematiche che non sono più collegate ai primi gono più tardi e sembrano essere un tentativo di mesi di vita e all’allattamento al seno. Due studi, affrontare (to cope with) disturbi del sonno, men- quello di Ottaviano et al. (1996) su bambini roma- tre la lunga persistenza potrebbe essere collegata a ni e quello di Jenni et al. (2005) su bambini sviz- scelte di vita8 più consapevoli. A riprova della zeri hanno evidenziato addirittura una tendenza ipotesi della strategia di coping va citato ancora lo inversa rispetto a quanto più sopra descritto rispet- studio svizzero di Jenni et al. dove appare ben to alle culture tradizionali native: visibile (grafico 4 A) un andamento parallelo tra “La prevalenza del bed-sharing con frequenza risvegli notturni e cosleeping. õ1 volta a settimana si accresce con l’età rag- Confrontiamo queste situazioni con altri due studi giungendo un massimo fra i 3 e i 5 anni su campioni di bambini orientali (Corea e Cina) (38,1% a 4 anni). A 8 anni, il 21,2% dei bam- che evidenziano da un lato percentuali decisamen- bini ancora dorme almeno una notte alla settimana nel letto dei genitori7.” diacronici piuttosto diversi; una sintesi schematica Presso i bambini romani si osservano percentuali via via maggiori di cosleeping al crescere dell’età; si tratta ovviamente di una pratica in risposta a disturbi del sonno, dal momento che in questo ampio campione (complessivamente te superiori di cosleeping, dall’altro andamenti 2889 soggetti) sono state trovate correlazioni tra cosleeping e disturbi del sonno, per quanto soltanto nei gruppi di età maggiore abbia raggiunto la di questi dati è visibile nel grafico 4 B. Nella situazione coreana, una società dove il cosleeping è parte di un quadro tradizionale di modalità di accudimento, appare chiara la tendenza a decrescere con l’età del cosleeping. Gli autori hanno ottenuto una conferma anche statistica del fatto che i cosleepers sono significativamente più giovani dei solitary sleepers ()2 = 49.2, p<0.001). “The prevalence of bed sharing õ1 times per week increased with age and reached a maximum between 3 and 5 years (38.1% at 4 years). At 8 years old, 21.2% of all children still slept at least once per week in their parents’ bed”. (Jenni, Fuhrer et al. 2005). 8 Questa è l’ipotesi esplicitata da Cortesi et al. (2004) 7 12 Franco Nanni Dove dormono i bambini Franco Nanni Dove dormono i bambini 13 Liu et al. (Liu, Liu, Wang 2003) hanno rilevato assetti del dormire, e se tali esiti siano gli stessi in l’incidenza di problemi del sonno presso i bambi- contesti valoriali e culturali diversi. ni cinesi in età scolare, e tra gli aspetti riscontrati compare il cosleeping; anche in questo contesto tale pratica si inserisce nella tradizione culturale locale, e non stupisce quindi l’alta incidenza anche in età piuttosto elevate. L’elemento che qui si vuole sottolineare è che ancora una volta laddove il cosleeping è prassi accettata, esso decresce con l’età in modo molto regolare, ma anche molto lentamente. Lo studio di Liu e colleghi non ha misurato il cosleeping in età pre-scolare; sapendo però che in Cina questa pratica inizia dalla nascita, pare ragionevole ritenere che sotto i sei anni le percentuali del fenomeno non siano certa- La ricerca sui rischi di SIDS deve costantemente confrontarsi con i medesimi aspetti nel momento in cui le raccomandazioni sul “giusto” modo di far dormire senza rischio i bambini devono raggiungere genitori con sensibilità e credenze molto diverse; il punto di arrivo di questa elaborazione è ben rappresentato dalle conclusioni che Nelson, Taylor et al. (2001) pongono al termine dell’imponente International Child Care Practices Study svolto in 17 Paesi, nei quali hanno riscontrato percentuali di cosleepers enormemente variabili, dal 2% all’88%: mente inferiori a quelli indicati. Anche se questi risultati non dovrebbero essere Sembrerebbe dunque che anche nell’evoluzione lare pratica di cura dei bambini accresca o temporale del fenomeno il cosleeping presenti diminuisca il rischio di SIDS, tuttavia dovreb- caratteristiche molto diverse a seconda del quadro bero aiutare a porre cautela nello sviluppo di socioculturale e delle tradizioni nell’accudimento. campagne di prevenzione per la SIDS destinate usati per implicare che una qualunque partico- a culture non occidentali9. 2.2 Valori, tradizioni, credenze e aspettative Gli aspetti socioculturali formano un tessuto trasversale che si intreccia in diversi modi con pressoché tutti i nodi tematici relativi al cosleeping. In primo luogo l’esame e il confronto di tradizioni diverse ha reso la ricerca progressivamente sempre più attenta a contestualizzare gli assetti del dormire in un sistema complesso di valori, rappresentazioni e aspettative sul bambino e il suo sviluppo; ciò comporta un graduale passaggio dal chiedersi quali siano gli assetti “giusti” del dormire alla domanda più aperta su quali esiti a breve e eventualmente a lungo termine abbiano i diversi La premessa che il sonno del neonato si è evoluto nel cosleeping per tre, quattro milioni di anni ha stimolato anche gran parte dei lavori sulla neurofisiologia del sonno di cosleepers e non-cosleepers, con particolare riguardo ai numerosi studi elaborati nel tempo da McKenna, Mosko, Richard e colleghi; questi autori, pur puntando in ultima analisi a fornire indicazioni più fondate sui fattori protettivi e di rischio per la SIDS, hanno impostato il disegno di molte loro ricerche pensando proprio al significato evoluzionistico degli assetti tradizionali del sonno condiviso tra madre e bambino. Se le preferenze negli assetti del dormire nelle varie culture sono parte di sistemi complessi di credenze e aspettative, non possono in nessun caso “Although these results should not be used to imply that any particular child care practice either increases or decreases the risk of SIDS, these findings should help to inject caution into the process of developing SIDS prevention campaigns for nonWestern cultures”. (Nelson, Taylor et al. 2001) 9 14 Franco Nanni Dove dormono i bambini essere ridotte a semplici e “oggettive” norme igie- dormire presso un campione di genitori tedeschi, nico-sanitarie; esaminando la letteratura recente in ricavandone una ricca mole di dati a favore del- proposito sembra che forse anche relativamente al l’idea, peraltro implicitamente sostenuta anche in cosleeping sia giunto il momento di rivedere la molti altri lavori, che: presunzione di supremazia di un occidente possessore di conoscenze “assolute” e oggettive laddove gli altri popoli hanno solo credenze come nel caso della maggioranza delle culture, in Germania le pratiche genitoriali al momento e di andare a letto tendono a riflettere valori e superstizioni, poiché almeno alcune delle tipiche credenze relativi alla genitorialità associati con prescrizioni europee e americane potrebbero a la loro specifica cultura10. loro volta essere assai più simili a credenze che Valentin ha constatato che molti genitori tedeschi non a proposizioni scientifiche. considerano una condizione in qualche modo Per poter comprendere alcune articolazioni temati- ideale quella di un bambino che già all’età di un che dei paragrafi che seguono occorre fare una anno ha imparato ad auto-regolarsi di notte breve digressione proprio nel campo dei valori e (self-soothe11), a addormentarsi da solo e, dopo un delle credenze a proposito dell’accudimento dei risveglio notturno, a tornare a letto da sé o con bambini. Caudill e Weinstein (1962) hanno cerca- l’aiuto di un oggetto (piuttosto che con la presenza to di sintetizzare alcune differenze tra la tradizio- genitoriale). Anche Latz, Wolf et al. (1999) hanno ne occidentale e orientale: la prima vede il bambi- formulato un interessante paragone tra madri giap- no come un essere originariamente simbiotico e ponesi e statunitensi: di fronte a resistenze rispetto dipendente che va progressivamente, ma anche al sonno o riscegli nella notte, quasi senza ecce- sollecitamente guidato verso l’autonomia e l’indi- zione le prime ritengono che la causa suoni circa pendenza; la seconda vede il bambino come un come “ha bisogno della mamma” e di conseguen- essere biologicamente separato che per il suo za offrono la loro presenza al bambino; di fronte armonico sviluppo deve essere stimolato a costrui- alle stesse difficoltà, le madri USA riconoscono re relazioni di interdipendenza con gli altri. Sche- che il problena risiede nella separazione notturna, matizzando un po’, si può dire che nelle culture ma quasi sempre si mostrano certe che riconfer- tradizionali si ritiene che un individuo ben riuscito mare la separazione sia la cosa da fare. divenga tale grazie alla interdipendenza con gli Un quadro di “ideali” non dissimile da questo altri, mentre in occidente si tende a pensare che appare come in filigrana in tutti gli articoli che l’individuo si realizzi come tale nonostante tale hanno toccato direttamente o anche solo tangen- interdipendenza. Appare ovvio che una rigida zialmente l’argomento degli orientamenti genito- applicazione di questo principio non possa non riali rispetto alla gestione del sonno dei loro bam- avere conseguenze sui modi di allestire i luoghi bini. Appare chiaro però che si tratti di ideali e del sonno per i vari membri della famiglia. S. non di principi dotati di una qualche oggettività Valentin (2005) ha studiato le pratiche del che si basi su evidenze scientificamente prodotte. “As is the case with most cultures, German bedtime parenting practices tend to reflect parenting values and beliefs associated with their specific culture”. (Valentin 2005) 11 Viene definita “Self-soothing” la capacità del bambino di autoregolare i propri stati emotivi e i passaggi sonno-veglia durante le ore notturne; tale capacità aumenta progressivamente con l’età. (Anders, Keener 1985) 10 Franco Nanni Dove dormono i bambini 15 Una congrua utilizzazione dei risultati di ricerche contrario si ritiene, come verrà esplicitato più in merito potrebbe ad esempio permettere di indi- oltre, che tale incremento dell’arousal dei coslee- viduare una età al di sotto della quale chiedere al pers abbia una funzione protettiva rispetto al bambino di addormentarsi da solo o tornare a letto rischio di SIDS. da sé costituisce una richiesta quantomeno impropria e non necessariamente benefica, così come è 2.2.1 La manualistica sul sonno per i genitori stato possibile farlo a proposito del controllo degli Una ulteriore differenza tra le culture dell’occi- sfinteri. dente industrializzato e le altre riguarda la fonte Un’altra comune aspirazione genitoriale è che il delle indicazioni relative agli assetti del dormire e bambino dorma ininterrottamente per tutta la più in generale all’accudimento dei bambini. Se le notte, e che riesca a farlo il prima possibile. Che une utilizzano come fonte essenzialmente la tradi- ciò possa costituire una meta desiderabile per ogni zione, le altre sembrano unire sincreticamente più genitore, almeno in occidente, è un fatto riportato sorgenti, tra le quali la manualistica per genitori si in numerosissimi studi12, ma che questo corrispon- è ritagliata uno spazio sempre maggiore. La cre- da alla salute o a qualche altra positiva qualità del scente insicurezza dei genitori, il loro bisogno di bambino è tutto da dimostrare. Al contrario, con- ricevere indicazioni da figure ritenute “più esperte sultando molti studi sull’argomento appare del tut- di loro stessi” nel crescere i propri figli è stato un to irrealistico aspettarsi che un bambino al di sotto fenomeno importante e in certa misura epocale dei 12 mesi dorma regolarmente per tutta la notte: nelle società europee e americane, al punto da sembra invece del tutto normale che durante una occupare già negli anni cinquanta un posto signifi- sola notte il bambino si svegli dalle tre alle otto cativo nel grande affresco sociologico di David volte, e che il numero di risvegli tenda ad aumen- Riesman (1956); più di recente Harris ne ha trac- tare nel secondo semestre di vita13. Dunque sem- ciato una sintesi nel suo The nurturing assumption bra che anche in questo caso richieste troppo pre- (Harris 1999). coci siano probabilmente più deleterie che Percorrere le vicende della “proibizione”, si direb- salutari, tanto che McKenna fin dai suoi primi stu- be quasi un tabù, del cosleeping nelle culture occi- di riteneva che far dormire da solo e per tutta la dentali potrebbe costituire un ulteriore, importante notte un bambino di meno di otto mesi sia una approfondimento. In questa sede è sufficiente il richiesta che oltrepassa le sue possibilità fisiologi- riferimento a due studi che ne tracciano una bre- che (McKenna 1986). In seguito si vedrà che il vissima cronologia: Valentin (2005) parte addirit- cosleeping risulta effettivamente associato ad un tura da S. Agostino, passando per la manualistica maggior numero di risvegli notturni, anche se più dell’epoca nazista che raccomandava di non per- brevi; che questo però implichi una peggiore qua- mettere ai bambini di stare vicini alle madri, per lità del sonno, o indichi qualche problema del arrivare infine ai testi del Dr. Spock, che bambino non è stato finora dimostrato, anzi al Vanno citati almeno i lavori di Morelli, Rogoff et al. 1992, di Keller e Goldberg 2004, e il già citato studio di Valentin (2005). 13 A partire da studi più vecchi come quello di Scher (1991) e di Anders e Keener (1985) fino ai più recenti come quelli di Goodlin-Jones, Burnham et al. (2001), di Ficca, Fagioli et al. (1999) e di Mao, Burnham et al. (2004), sembra essere questo il ritmo del sonno notturno dei bambini di questa età. 12 16 Franco Nanni Dove dormono i bambini costituiscono invece il punto di partenza di Morel- 2005) che fornisce ai genitori consigli documenta- li (Morelli, Rogoff et al. 1992). Spock (1945) scri- ti e basati sulla teoria dell’attaccamento e l’ap- veva: “è una importante regola quella di non pren- proccio evoluzionistico all’allattamento e al dere per nessuna ragione i bambini nel letto dei cosleeping. Di analoga impostazione, ma in lingua genitori”. In seguito anche Brazelton (1978, 1979) inglese, sono disponibili diversi volumi scritti dal e Ferber (1986) ammonivano i genitori contro i pediatra statunitense Sears (2001, 2001, 2005) del rischi del cosleeping. Solo in anni più recenti lo quale è stato tradotto in italiano soltanto il vec- stesso Brazelton (1990) e altri autori hanno modi- chio Nighttime parenting (Sears 1987), però in ficato la loro posizione verso giudizi più favore- una edizione riservata all’associazione La Leche voli. Attualmente resta comunque un best-seller il League International14. manualetto “Fate le nanna” (Estivill e De Béjar 1999), un libro che elenca statistiche sul sonno dei bambini senza citarne la fonte, visto che è peraltro privo di bibliografia, che oltre a sconsigliare il cosleeping fornisce indicazioni tassative rispetto alle routine dell’addormentamento: non toccare, non cullare, non cantare, non tenere in braccio, non raccontare fiabe quando i bambini vanno a letto, tutti comportamenti che sono considerati “condizionamenti negativi”. Inoltre propone ancora, sia pur attenuata, la antica tecnica del mettere a letto il bambino nella sua stanza e lasciarlo piangere, limitandosi a tornare nella stanza se non smette entro certi tempi stabiliti da rigorose tabelle. Si parte da tempi di attesa brevi (1-2 minuti), ma al settimo giorno di “condizionamento” se non cessa il pianto il tempo di attesa prima di confortare il bambino arriva a 17 minuti. Da notare che, essendo “vietata” ogni forma di conforto che implichi il contatto, il bambino si dovrebbe consolare semplicemente con la presenza distante del genitore e la sua voce. Tra le fonti a cui attingere per suggerimenti rispetto agli assetti del sonno c’è anche la letteratura psicoanalitica. Già fin dal 1908 Freud (1908) sembra ritenere che l’accesso al letto genitoriale provochi nel bambino forti stati di eccitazione che divengono poi fonte di angoscia; a rigore egli si riferisce alla fase edipica, dunque ad una età molto successiva a quella neonatale. Nel momento in cui, con Melanie Klein15, anche l’età dell’Edipo viene retrodatata, di conseguenza gli avvertimenti ai genitori ispirati alla psicoanalisi si estendono anche a età inferiori. Va notato che Freud riporta che il piccolo Hans abbia precedentemente condiviso la stanza con i genitori: [...] Dopo il ritorno a Vienna, nuovamente solo, Hans diresse sulla madre tutte le sue pretese d’amore; subì invece una nuova privazione, giacché, all’età di quattro anni e mezzo, venne bandito dalla camera dei genitori16. C’è un secondo tema psicoanalitico connesso con il cosleeping: esso ricorre particolarmente nell’opera di Melanie Klein17, e riguarda il rischio Questo tipo di manualistica, per quanto assai dif- che il bambino possa assistere alla scena primaria; fuso, non è l’unico esistente: di recente è stato in quest’ottica sembrerebbe che anche solo il pubblicato in italiano Bésame mucho (Gonzàles 14 15 16 17 Ulteriori informazioni su questa organizzazione sono disponibili all’indirizzo: www.lalecheleague.org Klein ammonisce contro il rischio che il bambino possa assistere alla scena primaria (Klein 1968). Freud (1908); in un altro punto dello stesso testo, redatto prima del 1924, Freud indica l’età di quattro anni. In Segal (1981); si veda in particolare Klein (1921) Franco Nanni Dove dormono i bambini 17 room-sharing sia una pratica da evitare qualunque Anche gli studi sul cosleeping finora pubblicati età. offrono un buon sostegno empirico non solo Il tema edipico è invece assente in gran parte, se non forse la totalità delle altre culture che sono state esaminate negli studi sul cosleeping; inoltre esse non presentano affatto le forti riserve tipiche della nostra società rispetto alla dipendenza, e in particolare alla dipendenza nei primissimi anni di vita, che viene considerata naturale, ovvia e da all’applicazione della teoria dell’attaccamento agli assetti del dormire, ma anche alla tesi che sostiene che le modalità tradizionali di organizzare il sonno del bambino siano in ultima analisi più salubri per lo sviluppo affettivo e relazionale. 2.2.3 Il punto di vista dei genitori non contrastarsi in alcun modo, tanto meno quella Gli studi qualitativi sul cosleeping sono in buona particolare dipendenza che riguarda il sonno misura concordi nel riferire le motivazioni dei infantile. Ad esempio, un principio tradizionale genitori rispetto alle diverse condizioni del dormi- coreano sostiene che un bambino non deve mai re, che molto schematicamente possono essere dormire in una stanza da solo, e occorre sempre ridotte a tre: un adulto vicino a lui18. Similmente presso le cosleeping come scelta popolazioni etniche del Pacifico intorno alla Nuova Zelanda (Tonga, Samoa, Cook e altre) si ritiene che il bed-sharing comporti vari benefici per il bambino, e non solo dal punto di vista pratico, cosleeping come tentativo di coping rispetto a disturbi del sonno o a resistenze dei bambini sull’andare a letto ossia per l’accudimento e l’allattamento al seno, non cosleeping. ma anche sul piano psicologico e spirituale, poi- Per la prima delle tre condizioni i temi toccati dal- ché il bambino, dormendo vicino alla madre rice- le dichiarazioni raccolte nei vari studi sono essen- verebbe amore, conforto, e anche forza morale e zialmente i seguenti: spirituale19. Il bambino è un essere “naturale”, che necessita A ben vedere, si dovrebbe ammettere che queste di un ambiente sicuro in cui svilupparsi. Se i convinzioni tradizionali e “popolari” sono assai genitori sono sintonizzati sulle sue richieste e i più in linea con gli assunti della teoria suoi bisogni, il bambino si sviluppa normal- dell’attaccamento20 di quanto non lo siano i desi- mente e con i tempi che gli sono propri.21 derata dei genitori in Europa e in USA, nonché le Il cosleeping è visto come una condizione indicazioni di molti pediatri e di molta manualisti- normale22 e non come un problema. I genitori ca divulgativa come il già citato Fate la nanna bed-sharers non temono che tale abitudine sia (Estivill e De Béjar 1999). poi difficile da togliere, il bambino crescerà e andrà nel suo letto. “Chi ha mai visto un adulto Yang, Hahn 2002. Riportato nell’interessante studio qualitativo di Abel, Park et al. 2001. 20 Si fa qui naturalmente riferimento a tutta l’opera di J. Bowlby e di M. Ainsworth. A margine va notato che la teoria dell’attaccamento è assolutamente un prodotto della cultura occidentale. 21 Welles-Nystrom (2005). 22 Morelli, Rogoff et al. 1992 e Welles-Nystrom (2005); questo tema è presente in molte altre indagini su popolazioni native. 18 19 18 Franco Nanni Dove dormono i bambini dormire nel letto dei genitori?” chiedono significativamente più negativo (p<0.001) di alcuni23. quanto non accada sia agli early cosleepers che Il bambino è visto come un individuo con certi ai non cosleepers. diritti, tra i quali l’accesso alla rassicurazione e I reactive cosleepers riportano anche la mag- al conforto della vicinanza corporea dei gior frequenza di lotte per l’andata a letto,30 genitori.24 mentre gli early cosleepers hanno il punteggio Anche i genitori apprezzano il senso di intimità e di vicinanza creato dal cosleeping.25 più basso; queste differenze hanno però una più modesta significatività statistica (p<0.10). È più semplice e comodo controllare che il Sembra dunque ancora una volta confermata bambino stia bene se sta dormendo vicino alla l’idea che esistano due distinti ambiti di coslee- mamma. Più comodo allattarlo senza alzarsi né ping con caratteristiche divergenti anche sul piano svegliarsi del tutto26. dei vissuti dei genitori. Dormire insieme è positivo per la stabilità emotiva del bambino . 27 Infine le argomentazioni fornite dai genitori a favore degli assetti del dormire separati e contrari Dormire insieme promuove l’amore familiare28. al cosleeping sono essenzialmente: Purtroppo molti lavori non distinguono con suffi- Con il cosleeping il bambino diventa dipenden- ciente chiarezza il cosleeping scelto dai genitori e te, o meno autonomo, e la cosa può instaurare destinato ai neonati da quello iniziato successiva- un’abitudine difficile da abbandonare.31 mente, voluto dal bambino e accettato più per Il cosleeping è in conflitto con l’attività sessua- quieto vivere che per convinzione. Di conseguen- le della coppia, e comporta il pericolo che il za il punto di vista di questo secondo gruppo di bambino possa assistervi svegliandosi.32 genitori non è stato indagato in modo adeguato. Alcune indicazioni in tal senso provengono dal lavoro di Keller e Goldberg (2004), che invece distinguono i due tipi di cosleeping definendoli rispettivamente “early cosleeping” e “reactive cosleeping” : 29 I genitori nella situazione di reactive cosleeping vivono i risvegli notturni dei figli in modo 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 Dormire da soli aiuta a forgiare un carattere autonomo e indipendente.33 Il cosleeping è pericoloso perché i genitori potrebbero involontariamente schiacciare o soffocare il bambino.34 In chiusura di questo paragrafo vale la pena citare un passo nel quale Morelli e colleghi riportano un interessante aspetto emerso durante interviste a Welles-Nystrom (2005). Ibidem. Ibidem. Yang, Hahn (2002). Cfr. anche infra il paragrafo sull’allattamento. Ibidem. Questo tema ricorre però in numerosi altri studi. Ibidem. In un successivo paragrafo verranno riprese le questioni terminologiche connesse a questo tipo di ricerca. È stata tradotta così l’espressione, indubbiamente più efficace, di “bedtime struggles”. Yang, Hahn (2002). Il tema dell’abitudine è citato anche in Morelli, Rogoff et al. (1992) Yang, Hahn (2002). Morelli, Rogoff et al. (1992) Ibidem. Franco Nanni Dove dormono i bambini 19 famiglie Maya in Guatemala (Morelli, Rogoff et dinamiche di un certo particolare sistema familia- al. 1992): apprendendo che negli USA i genitori re. mettono i propri figli piccoli (toddler) a dormire in una stanza separata, tutti hanno manifestato stupore, disapprovazione e pena: Sembra opportuno che anche la terminologia possa dare conto del fatto paiono esservi almeno due grandi categorie di cosleeping, che assai poco han- “Ma... C’è qualcuno con loro comunque, no in comune, se non il mero fatto pratico della vero?” chiese una mamma. Quando le venne condivisione di spazi ove dormire. Il punto di par- detto che talvolta sono soli nella stanza, la tenza è inevitabilmente lo studio, già precedente- mamma rimase senza fiato e poi riprese espri- mente citato, di Keller e Goldberg (2004) che pro- mendo pena per i bambini americani. Un’altra madre manifestò incredulità e stupore, chiedendo come mai [in USA] non ci si curasse dei bambini, e affermando che se lei stessa avesse pone la suddivisione in “Early-” e “Reactive cosleeping”, laddove il primo definisce la pratica adottata nella gran parte delle culture di accogliere dovuto fare una cosa del genere, ciò le sarebbe fin dal primo giorno il neonato a dormire vicino risultato molto penoso. Le risposte delle fami- alla madre quanto meno per le prime settimane o glie Maya davano l’impressione che ai loro mesi di vita, se non anche di più, mentre il secon- occhi la pratica di tenere neonati e bambini do descrive tutte quelle situazioni in cui il feno- (toddler) in stanze separate corrispondesse a meno esordisce dopo i 12 mesi, quindi dopo che il una sorta di maltrattamento infantile. Queste bambino è stato collocato a dormire da solo. Gli reazioni, e l’importanza data alle loro proprie autori precisano che la scelta di indicare un termi- abitudini per il sonno, sembrano indicare che ne temporale e non, ad esempio, il fatto, peraltro tali abitudini sono più il frutto di un attivo impegno verso un certo genere di relazione con i propri figli, che non il risultato di limiti pratici come l’avere poco spazio in casa.35 2.3 Problematiche e ipotesi di terminologia e di ricerca quasi onnipresente, di costituire una risposta a un disturbo del sonno del bambino, ha lo scopo di evitare una sovrapposizione descrittiva tra disturbi del sonno e cosleeping. L’anno di età è collegato anche al fatto, nient’affatto secondario, che è mediamente in questa fase che i bambini iniziano a camminare; il reactive cosleeping è di norma Dopo questo primo, complesso panorama del frutto di una iniziativa del bambino (child-initia- fenomeno in esame non sembra superfluo indivi- ted). Per quanto sia condivisibile l’obiettivo di duare alcuni schemi descrittivi di fondo che evitare sovrapposizioni tra il livello descrittivo e potrebbero aiutare a meglio comprendere tutta la quello più causale, la fissazione di un limite tassa- rete di pratiche, rappresentazioni, tradizioni, tivo di età non sembra del tutto soddisfacente, e aspettative e valori che si intrecciano con la psico- forse sarebbe preferibile un criterio più logia individuale del singolo genitore e con le One mother responded, “But there's someone else with them there, isn't there?” When told that they are sometimes alone in the room the mother gasped and went on to express pity for the U.S. babies. Another mother responded with shock and disbelief, asked whether the babies do not mind, and added with feeling that it would be very painful for her to have to do that. The responses of the Mayan parents gave the impression that they regarded the practice of having infants and toddlers sleep in separate rooms as tantamount to child neglect. Their reactions and their accounts of their own sleeping arrangements seemed to indicate that their arrangements were a matter of commitment to a certain kind of relationship with their young children and not a result of practical limitations (such as number of rooms in the house). Morelli, Rogoff et al. (1992) 35 20 Franco Nanni Dove dormono i bambini fase-specifico, ad esempio proprio il fatto che il reazioni all’invasione del lettone andrà a sommar- bambino sia in grado di camminare o no. Anche la si a tante altre esperienze, contribuendo a plasma- distinzione tra child- e parent-initiated cosleeping re lo stile di attaccamento di Lorenzo. per quanto importante, e operativamente ineccepibile, comporta diverse ambivalenze soprattutto al crescere dell’età. Si considerino, infatti, due possibili esempi (si tratta di casi di fantasia, ma rappresentativi di situazioni caratteristiche). Marco, per parte sua, ha probabilmente iniziato il cosleeping nello stesso modo, ma nel tempo i bisogni dei genitori con le loro inconfessate, ma probabili difficoltà di coppia si sono insinuati nella relazione tra Marco e loro stessi, al punto che a) Lorenzo, 14 mesi, è stato abituato a dormire da ora non è chiaro se è davvero lui a rifiutarsi di solo fin dalle prime settimane, ed è stato allat- dormire nella propria stanza, o se sono piuttosto i tato artificialmente. Dopo il 13° mese gli sono suoi genitori che colludono con suo rifiuto per nate nuove paure, a volte sembra letteralmente soddisfare altri loro bisogni. Tanto meno è chiaro attaccarsi alla mamma. Contrariamente al soli- quale sia il ruolo dei vissuti edipici e controedipici to, ora capita di frequente che si svegli durante in tutto questo. Si rischia dunque di descrivere la notte, e che in seguito si senta spaventato dal allo stesso modo due situazioni, delle quali la pri- buio e dal silenzio. Allora scende dal suo letti- ma sembra ampiamente appartenere alla normalità no e corre nel lettone con i genitori, i quali, della relazione di attaccamento, mentre la seconda dopo qualche inutile tentativo di riportarlo nel- configura una condizione che non lascia presagire la sua stanza, preferiscono lasciarlo lì e conti- esiti nuare a dormire. psicopatologiche. b) Marco, 7 anni, dorme nel lettone in mezzo ai genitori da quando aveva poco più di un anno. Ora che inizia a diventare piuttosto robusto, il padre ha deciso di trasferirsi a dormire nel letto inutilizzato di Marco. “Non vuole proprio dormire da solo, non ci riesce...” dice la madre. Il marito dapprima annuisce, poi, come infastidito, se ne va. A rigore entrambi gli esempi potrebbero essere descritti come reactive cosleeping del tipo child-initiated, ma in questo modo vanno perse informazioni essenziali: Lorenzo, nonostante il condizionamento à la Estivill36, ora agisce in base al sistema di attaccamento, e nel momento in cui si trova sveglio, da solo in una stanza buia, cerca la vicinanza delle figure di attaccamento. La loro risposta, o meglio, la somma diacronica delle loro 36 privi di complicazioni anche Senza la pretesa di delineare uno standard condiviso, pare desiderabile cercare almeno di comprendere attraverso concetti distinti situazioni che hanno davvero poco in comune. Dunque in base agli studi consultati sembra di poter proporre qualche ipotesi concettuale: cosleeping primario (o neonatale): pratica per il sonno notturno che consiste nel condividere una superficie, adottata dai genitori fin dai primi giorni di vita, o comunque in tempi estremamente precoci, sulla base di tradizioni, scelte, o anche solo considerazioni pragmatiche. Il bambino di fatto non ha ancora un “suo” luogo personale ove dormire la notte, in quanto il suo posto è accanto alla madre, che dorme sola o anche in compagnia del padre. Questo tipo di cosleeping non comporta Cfr le istruzioni contenute in Estivill e De Béjar 1999. Franco Nanni Dove dormono i bambini 21 misure di frequenza o di numero di ore per notte, cui i bambini “dovrebbero” andare a letto, spesso in quanto è per definizione un assetto stabile di preceduti da ansia genitoriale, e che implicano ogni notte e per tutto il tempo in cui i membri del- richieste di andare nel lettone, di addormentarsi in la famiglia dormono contemporaneamente. Data certe posizioni o con mamma o papà accanto, ecc. la sua stabilità, è probabile che la scelta dei letti o A differenza del cosleeping primario, in questo delle superfici sia stata consapevolmente organiz- caso letti e arredi non sono di solito predisposti zata allo scopo37. per questo uso, e richiedono più o meno scomodi Nella sua accezione “pura” questa pratica riguarda i primi mesi o pochi anni di vita, anche se il “momento giusto” per terminarla può essere cultu- compromessi, compresi scambi di letto, come ad es. il fatto che il padre vada a dormire altrove quando il figlio arriva nel lettone. ralmente definito, o rendersi necessario per ragio- Le risultanze di alcuni studi38 e le testimonianze ni pratiche, come una nuova gravidanza e nascita personali raccolte da clinici dell’infanzia sembra- di un fratello. no portare nella direzione di concettualizzare Cosleeping secondario (o reattivo, o di ritorno): il concetto indicherebbe la condizione di cosleeping di un bambino che ha già raggiunto l’autonomia motoria col gattonamento o la deambulazione, che è stato precedentemente abituato al solitary sleeping e quindi dispone di un suo spazio per il son- almeno una terza tipologia di cosleeping, certamente meno chiaramente delineata delle precedenti e più complessa nelle sue attribuzioni sia descrittive che causali e diacroniche, e probabilmente radicata soprattutto nelle culture occidentali. no (stanza e letto); il cosleeper di ritorno si reca Cosleeping tardivo (o protratto): descrive situa- nel lettone in modo più o meno sistematico all’at- zioni nelle quali bambini di età non inferiore ai to dell’addormentamento oppure dopo un risve- quattro, cinque anni fino anche all’adolescenza (e glio notturno. In questo caso è invece opportuna talvolta oltre) dormono in modo stabile e conti- una buona comprensione degli aspetti quantitativi, nuativo con uno o entrambi i genitori; l’esordio di ossia se tale comportamento sia costante, episodi- questa pratica può essere stato precoce/primario co, per parte della notte, ecc. Rilevante è anche oppure secondario, ma il suo protrarsi non sembra l’atteggiamento dei genitori, che può spaziare dal- più in alcun modo collegato alle ragioni che lo l’apprezzamento (rilevabile da commenti come hanno provocato inizialmente. Spesso, anche per “in fondo piace anche a noi che lui/lei venga nel l’ingombro corporeo non trascurabile a questa età, lettone qualche volta”) ad ambivalenze, fino questa forma di cosleeping è collegata a riorganiz- all’opposizione impotente per incapacità di dare zazioni dei luoghi del dormire, inizialmente vissu- limiti al figlio. Alcuni autori usano una colorita te come temporanee, ma divenute abituali, come espressione, “bedtime struggles” meno felicemen- ad esempio padri che dormono stabilmente nella te traducibile con “lotte all’ora di dormire”, che stanza del figlio preadolescente, che invece occu- indica i contrasti, che si verificano al momento in pa il letto matrimoniale accanto alla madre. In Si vedano, ad esempio, i consigli di Sears (1987, 2001, 2003, 2005) che prevedono anche l’utilizzo di culle e lettini appositamente costruiti per essere affiancati in modo sicuro al letto genitoriale (alcuni modelli sono visibili all’indirizzo internet: www.armsearch.com) 38 Jenni et al. 2005, Ottaviano et al. 1996, Cortesi et al. 2004. Cfr. il grafico 4 A/B a pag. 20. 37 22 Franco Nanni Dove dormono i bambini alcuni casi (testimonianze personali raccolte pres- quantitativi che possano delinearne non solo la so diversi clinici) l’esordio è invece assai tardivo e prevalenza, ma soprattutto la loro correlazione coincide con l’assenza, definitiva o temporanea di con patologie psichiche di uno o più membri della uno dei due genitori per separazioni, morte, o famiglia, o anche con patologie sistemiche dell’in- viaggi ricorrenti e prolungati. In entrambi i casi sieme delle relazioni tra familiari. Nel caso del sembra di essere di fronte a una pratica collegata, cosleeping tardivo appare anche irrinunciabile se non addirittura causata da scambi e inversioni tracciare una completa anamnesi degli assetti del di ruoli nel sistema familiare. Questo punto verrà dormire di ogni famiglia esaminata. ripreso più ampiamente nel cap. 4.3. Le tre tipologie di cosleeping proposte possono essere messe a confronto in modo sintetico con una tabella. Tipo di cosleeping Primario o neonatale Stabilire se ed eventualmente quali tipologie o aspetti del cosleeping abbiano maggiore o minore “vocazione” a configurare una patologia non è Possibili traduzioni Età Early, primary, infant cosleeping Dalla nascita Secondario, reattivo, o di ritorno Reactive, back cosleeping Anche: Toddler cosleeping Dopo l’acquisizione di autonomia motoria Tardivo o confusivo Late cosleeping Oltre i 4, 5 anni e fino all’adolescenza (e oltre?) Caratteristiche accessorie Ogni intera notte. Scelta o tradizione Collegato a allattamento al seno Arredi predisposti Child-/Parent initiated Con/senza lotte serali Coping con disturbi del sonno (soprattuto risvegli notturni) Episodico o part-night Arredi non predisposti Stabile, con scambi di letto Esordio: primario/secondario/tardivo Assenza/perdita di un genitore Confusione/inversione di ruoli? Anche la metodologia della ricerca necessita di operazione semplice né automatica, anche ammet- adeguamenti a seconda di quale sia l’oggetto dello tendo che il terzo tipo abbia notevoli probabilità studio: se per il cosleeping primario disegni stati- di appartenere a condizioni lontane dalla norma. stici e quantitativi, supportati da elementi di con- Innanzitutto dovrebbe essere ben chiaro già con i testo socio-culturale, possono fornire rappresenta- dati finora esaminati che il confine tra norma e zioni sufficientemente efficaci, già nel caso del patologia cosleeping secondario occorre una maggiore socio-culturale e dalle attese della cultura di attenzione qualitativa e una dettagliata articolazio- appartenenza. In secondo luogo, soprattutto per il ne degli strumenti di rilevamento; il cosleeping cosleeping primario e secondario, il semplice fatto tardivo, infine, sembra essere più un ambito di del loro sussistere all’interno di un nucleo familia- interesse clinico che non statistico, per quanto leg- re non pare avere alcuna implicazione necessaria gendo “oltre” i dati di alcuni studi che porti il clinico in direzione di normalità o 39 non appare non è indipendente dal quadro superfluo corredare la ricerca con elementi 39 I già citati Jenni et al. 2005, Ottaviano et al. 1996, Cortesi et al. 2004. Franco Nanni Dove dormono i bambini 23 patologia. Due ulteriori esempi (ugualmente di predetti dagli assetti del dormire, mentre forse ciò fantasia) possono chiarire il concetto. sarebbe stato possibile a partire da altri indicatori a) Annamaria è una mamma molto attenta e informata: già durante la gravidanza, dopo alcune ben scelte letture, ha organizzato letti e stanze per un cosleeping “naturale” con la sua bambina, Giada, che ha partorito in casa e ora allatta al seno a richiesta. I primi mesi vanno molto bene, Giada dorme bene, cresce e si sviluppa armonicamente. Tuttavia dietro e sotto la razionalizzazione della maternità “al naturale” Annamaria nasconde un nucleo profondo e irrisolto di bisogni fusionali che nel tempo diverranno sempre più d’ostacolo al successivo sviluppo di Giada. b) Arianna è una mamma molto precisa e premurosa; fin dai primi mesi di gravidanza ha iniziato a preparare la stanza di Matteo, il suo primo- modalità che condivide con miliardi di bambine come lei nella storia e nella geografia del mondo, ma probabilmente il suo cosleeping evolverà in una forma tardiva simbiotica e contraddistinta da un role reversal opprimente. Matteo al contrario è stato cresciuto secondo i dettami più rigorosi della scuola pediatrica tradizionalista, ma questo non gli è certo servito a evitare di sviluppare in seguito forme psicopatologiche. A lui, forse, un contatto corporeo precoce con la madre avrebbe fatto molto bene, anche se ciò forse avrebbe alterato il precario equilibrio di lei. 2.4 I correlati fisiologici del sonno in cosleepers e solitary sleepers genito, allestendo con cura culla, mobilio, ten- La ricerca sulle differenze tra il sonno dei coslee- de colorate, quadri alle pareti. Non appena pers e quello dei solitary sleepers si è indirizzata giunta a casa dalla clinica ha subito abituato soprattutto su aspetti connessi con il rischio di Matteo a dormire nella sua perfetta e linda SIDS, ma una importante quota di lavori merita cameretta, secondo i consigli del manuale di un approfondimento in questa sede di specifico Estivill40, evitando attentamente ogni contatto e interesse psicologico, in quanto sono basati su, e presenza che possa essere un condizionamento confermativi rispetto alla ipotesi che vi siano negativo. Le cure della mamma sono molto aspetti fisiologici che potrebbero configurare il attente alla pulizia, all’igiene e a prevenire i cosleeping in età neonatale come un assetto prefe- cattivi odori; nel tempo questa cura diventa renziale evolutivamente consolidatosi. Sono state quasi ribrezzo per ogni secrezione e ogni mani- diverse le dimensioni studiate in questo gruppo di festazione corporea del suo bambino, che sot- ricerche: topone a continue, defatiganti routine di La durata relativa degli stadi del sonno nel pulizia. Due filosofie e pratiche opposte, che assai probabilmente faranno sì che sia Giada che Matteo prima o poi vengano segnalati ai servizi da educatrici o insegnanti per disturbi psichici e comportamentali, disturbi che non sarebbero comunque stati 40 altrettanto precoci. Giada ha esordito secondo bambino e nella madre durante il cosleeping e durante il sonno solitario. Il numero, la durata e la collocazione temporale dei risvegli del bambino. Il tipo e le modalità di risposta della madre ai risvegli. Estivill, De Béjar 1999. 24 Franco Nanni Dove dormono i bambini Il livello di arousal del bambino durante il cosleeping e durante il sonno solitario. gruppo di lavoro composto da McKenna, Mosko, Richard e colleghi ha utilizzato in numerosi lavori Le posizioni assunte dal bambino e le eventuali varianti di un unico disegno crossover, che al di là relazioni con le posizioni della madre (in parti- delle particolarità di ogni studio può essere sche- colare la condizione face-to-face rispetto ad matizzato così: FASE CONDIZIONE 1 CONDIZIONE 2 1 notte come di abitudine 1 notte in SS o BS (random) 1 notte in BS o SS (random) 1 notte come di abitudine 1 notte in BS o SS (random) 1 notte in SS o BS (random) PREPARATORIA Campione di coppie M-B che abitualmente dormono in BS Campione di coppie M-B che abitualmente dormono separate BS: bed-sharing; SS: solitary sleeping. altre). I movimenti e il grado di attività motoria nel sonno da parte del bambino. La concentrazione di anidride carbonica (CO2) nell’area in cui il bambino respira. L’idea fondante di questo disegno sperimentale è che, accettando il fatto che il cosleeping sia stata la condizione in cui il sonno di primati, ominidi e uomini si è evoluto, saranno osservabili non solo differenze tra cosleepers e non, ma anche varia- La temperatura corporea e le sue variazioni zioni all’interno dei due gruppi, una volta posti in durante il cosleeping e durante il sonno condizioni contrarie a quelle abituali. Un altro solitario. aspetto interessante è che i soggetti sperimentali Il ritmo cardiaco del bambino durante il cosleeping e durante il sonno solitario. non sono i bambini ma le coppie madre-bambino, in aperta critica del fatto che molti degli studi sul Gli strumenti utilizzati sono essenzialmente: sonno infantile sono stati realizzati in condizione Polisonnografia di solitary sleeping, condizione che non è, appun- Videoregistrazione a infrarossi to, quella in cui la fisiologia dell’infante è diven- Strumenti specifici per i livelli di CO2, la tem- tata quello che è nel corso dell’evoluzione. peratura, il ritmo cardiaco. Le metodologie sono piuttosto diversificate a seconda dello specifico oggetto di indagine; solo il Franco Nanni Dove dormono i bambini 25 familiari, il vantaggio di non doversi svegliare del 2.4.1 Le caratteristiche del sonno Tra tutti i lavori che hanno indagato sul fenomeno c’è ampia concordanza su vari aspetti del sonno del bambino (che in questi studi è sempre un infant) nel bed-sharing e nel sonno solitario. L’aspetto che emerge da molti lavori è che i tutto e lasciare il letto. Anche lo studio di Baddock, Galland et al. (2006) ha dato una conferma sperimentale che molte azioni di genitori (in particolare madri) bed-sharers vengono compiute senza essere completamente svegli. cosleepers hanno un maggior numero di risvegli Numerosi studi hanno indagato l’architettura del per notte rispetto ai solitary sleepers, ma il tempo sonno di madre e bambino nelle due condizioni complessivo passato da svegli in ciascuna notte bed-sharing e solitary sleeping sottoponendo cop- non differisce significativamente tra i due gruppi. pie M-B a complesse rilevazioni polisonnografi- I risultati di Mao, Burnham et al. (2004) relativi a bambini di 6, 9 e 12 mesi rappresentano bene la situazione così come è stata misurata anche in altri studi. Solitary-Sleeping N AW% Awakenings# Cosleeping N AW% Awakenings# che, giungendo a risultati sostanzialmente concordi con un solo caso di discordanza. Dalla maggior mole di studi tra loro concordanti emergerebbe che, rispetto ai solitary sleeper, le coppie M-B che 6-m 9-m 12-m 6 5.4(4.5) 2.3(2.0) 7 7.4(4.2) 3.5(3.0) 7 9.1(7.4) 3.6(2.1) 6 8.4(1.4) 5.3(2.6)* 7 8.9(3.9) 7.5(3.2)** 7 9.2(4.7) 6.4(1.8)** Le cifre indicano Medie (DS); AW% = percentuale di tempo passato svegli. Awakenings# = numero dei risvegli. * p < 0.06 ** p < 0.05 Adattato da Mao, Burnham et al. 2004 Questo primo dato sembra tracciare una condizione in cui anche se il cosleeper si sveglia più di frequente ha maggiore facilità a calmarsi e a riaddormentarsi; ciò è comprensibile se si pensa quantomeno al fatto che non appena il bambino si sveglia riceve subito una risposta confortante, e dunque rischia meno di passare a uno stato di totale dormono insieme evidenziano: Una maggiore incidenza temporale nel bambino di sonno di stadio 1 e 2 (“leggero”) rispetto al sonno di stadio 3 e 4 (“profondo”). La tendenza ad attraversare stadi del sonno paralleli tra madre e bambino. veglia, o peggio di attivazione e allarme di quanto Nel bambino un aumento degli arousal elettro- non accada al solitario. Sembrerebbe ragionevole encefalografici, spesso coincidenti con quelli ritenere che anche per il genitore il fatto di non della madre; sembra che all’interno della coppia doversi alzare per consolare il figlio sia un aspetto l’influenza sia bidirezionale (vedi Tav. 1 in gradevole del cosleeping; in effetti gli studi quali- appendice). tativi riportano spesso, nelle testimonianze dei 26 Franco Nanni Dove dormono i bambini Madre e bambino trascorrono in media circa il primissimi tempi dopo la nascita, e che questa 40% della notte (Mao et al. 2004) o circa il modalità, e non altre, ha ottimizzato la protezione 64% del sonno privo di movimenti nella posi- e la sopravvivenza dei piccoli di uomo. zione faccia a faccia a circa 20 cm di distanza (Mosko, Richard et al. 1997). Baddock et al. (2006) hanno realizzato una ricerca che, partendo da presupposti non dissimili da Nel bambino una maggiore proporzione di quelli di McKenna, Mosko e colleghi, ha cercato apnea centrale41 e una minore incidenza di di superare il disegno crossover da essi utilizzato, apnea ostruttiva ; in aggiunta una maggiore misurando diversi parametri del comportamento presenza e durata di respiro periodico . Gli durante il sonno nelle situazioni più naturalistiche effetti sul respiro sono piuttosto complessi e di possibile, ovvero a casa di famiglie selezionate più difficile lettura, come evidenziato da per essere cosleepers abituali o, secondo la defini- Richard, Mosko et al. (1998) zione degli autori, per avere bambini cot-sleepers, 42 43 Questi dati sono stati ottenuti comparando notti in ovvero che dormivano in culla, sia pur nella stan- bed-sharing (BS) e notti non-BS, e risultano simi- za genitoriale. I bambini del campione avevano da li sia nelle coppie con abituale BS che in quelle 5 a 27 settimane. Oltre a confermare altri risultati che normalmente dormono separate. già menzionati, la particolarità di questo lavoro sta Prima di esaminare l’unico lavoro che ha ottenuto dati molto diversi e in certa misura opposti, è opportuno esplicitare lo scenario che emerge dal corpo principale di studi fin qui riportati: sembra incontestabile che la presenza del corpo materno vicino al neonato crei un ambiente sensorio ricco di stimoli che modificano numerosi parametri del sonno del bambino, compreso il controllo respiratorio; tali modifiche mostrano caratteristiche tali da non poter essere semplicemente effetti meccanici: la sincronizzazione degli stadi del sonno, addirittura di arousal elettroencefalografici, come mostrato nell’affascinante estratto di tracciato EEG/ECG in Tav. 1 (vedi appendice), sembra invece portare proprio nella direzione che ha guidato i disegni sperimentali grazie ai quali questi risultati sono stati raggiunti, ovvero che madre e neonato si sono evoluti per centinaia di migliaia di anni dormendo l’uno accanto all’altro nei nell’aver mostrato, tramite videoregistrazione, che il comportamento interattivo e di controllo da parte dei genitori è estremamente puntuale e frequente, oltre a non richiedere di svegliarsi completamente. I genitori bed-sharers hanno controllato i loro figli in media 11 volte per notte, contro le 4 volte dei non-BS. I bambini BS avevano fasi di movimento nel sonno più brevi dei non-BS: 37’ contro 50’. Il nutrimento era 3,7 volte più frequente nei BS. I controlli genitoriali, inoltre, erano efficaci nell’evitare o abbreviare condizioni meno favorevoli come la posizione prona e il volto coperto dal lenzuolo. Anche in questo studio, come in quello di Mosko, Richard et al. (1997), è stata di frequente osservata una posizione caratteristica delle madri: stese sul fianco, faccia a faccia col bambino, le ginocchia ripiegate sotto i piedi del piccolo, e un braccio poco più in alto della sua testa. Sembra che questa posizione prevenga Interruzione del flusso d’aria senza sforzo respiratorio, dovuta cioè all’attività del sistema nervoso. Interruzione del flusso d’aria nonostante lo sforzo respiratorio, dovuta quindi a ostruzione temporanea delle vie respiratorie. 43 Definito come il susseguirsi di almeno 3 apnee centrali in 20’’ separate da non più di 10’’ l’una dall’altra. 41 42 Franco Nanni Dove dormono i bambini 27 anche il rischio che il neonato scivoli dal fianco cosleeping come unico contesto evolutivo del son- alla posizione prona. Il bambino è dunque a tutti no neonatale, e nemmeno per cavilli di tipo stati- gli effetti contenuto sia verticalmente che orizzon- stico. Sia l'équipe di McKenna e colleghi che talmente. Per quanto certamente ancora in fase quella di Baddock e colleghi hanno ben chiaro che preliminare, l’insieme di questi studi porterebbe a una cosa è interpretare dati sperimentali riferiti a ritenere anche etologicamente osservabile una particelle elementari, ben altro è farlo su dati rife- serie di co-adattamenti probabilmente filo-genetici riti a organismi viventi che hanno alle spalle tra madre e neonato. Osservazioni del tutto in milioni di anni di co-evoluzione, e per questo par- linea con le precedenti sulle interazioni e le posi- lano di zioni durante il cosleeping sono state riportate anche da Wailoo, Ball et al. (2004). [...] fallimento dei paradigmi di ricerca della società occidentale nell’apprezzare la storia Lo studio di Hunsley e Thoman (2002) ha verifi- evolutiva di cosleeping del neonato umano, nel cato il comportamento di abituali cosleepers con capire quanto recente sia la pratica del sonno abituali solitary sleepers ponendo entrambi i gruppi nella medesima condizione di sonno solitario, utilizzando però tenciche di osservazione non polisonnografiche; gli autori enunciano risultati quasi simmetricamente opposti ai precedenti: i cosleepers (misurati a 5 settimane e a sei mesi di età) mostravano un minor numero di risvegli e una maggiore incidenza di sonno profondo. Questa discrepanza è di difficile interpretazione, sia per l’utilizzo di tecniche diverse da tutti gli altri lavori, che per il diverso disegno sperimentale. Ma gli autori proseguono inferendo da questi dati il fatto che il cosleeping sia una esperienza stressante per il bambino, in quanto i pattern di sonno manifestati dai cosleepers sono ritenuti indicatori di stress, da qui il sottotitolo del loro articolo: “evidence that co-sleeping is stressful”. Questa evidenza sembra in realtà piuttosto debole, basata neonatale solitario, e nell’accettare il dato di fatto che ancora oggi il cosleeping è l’assetto del dormire preferito nella maggioranza delle società.44 Dunque non è sul piano fisiologico che il lavoro di Hunsley costituisce un importante stimolo critico, ma sul piano più ampio dei risvolti psicologici del cosleeping nella società occidentale odierna, una società nella quale almeno una parte significativa dei nuovi genitori del decennio a cavallo del duemila sono stati probabilmente allevati secondo i consigli del Dr Spock (1945) e per i quali, certamente, non è assolutamente detto che dormire col proprio figlio neonato accanto sia una esperienza del tutto paragonabile a quella di una tranquilla madre aborigena o Maori. In un successivo paragrafo questo aspetto verrà approfondito ulteriormente per le sue ampie implicazioni. com’è su dati non confermati da nessun altro studio, e ritenuti “indicatori” di stress, effettuando 2.4.2 Altre misure fisiologiche dunque una operazione sostanzialmente inferen- Alcuni studi hanno effettuato comparazioni di par- ziale. Vale la pena però utilizzare gli stimoli con- ticolari parametri fisiologici tra cosleepers e non, tenuti in questo lavoro: non certo perché esso sia principalmente il ritmo cardiaco, la temperatura in corporea sia durante la notte che rispetto ai suoi 44 grado di scalfire l’incostestabilità del Mosko, Richard et al. 1997. 28 Franco Nanni Dove dormono i bambini cicli circadiani. In alcuni casi sono stati confronta- da McKenna,45 si volesse porre mano a una ricom- ti anche gruppi di bambini nati prematuri con altri prensione del comportamento “normale” della a termine. Talvolta i dati ottenuti non sono com- coppia madre-bambino non più e non solo in ter- pletamente spiegati dalle circostanze ambientali, mini culturali e psicologici, ma anche in termini come ad esempio temperatura della stanza più o biologici ed etologici. meno calda, uso di più o meno coperte, ecc. Wailoo, Ball et al. (2004) riportano diverse osserva- 2.4.3 Cosleeping e allattamento al seno zioni sulle interazioni diadiche madre-bambino Da un punto di vista evoluzionistico, allattamento durante il cosleeping, tra le quali va citato in que- al seno e cosleeping madre-bambino costituiscono sto contesto il fatto che i due si avvicinano e si un sistema integrato attraverso la storia della spe- allontanano l’una dall’altro a seconda del maggio- cie umana, un sistema nel quale la fisiologia della re o minore riscaldamento corporeo; questo madre e quella del neonato si sono coevolute per potrebbe spiegare il fatto che, nonostante le condi- massimizzare le possibilità di sopravvivenza del zioni in cui avviene il cosleeping favoriscano iper- piccolo d’uomo. Ancora una volta va ribadito che termia del bambino, tale fenomeno non viene con- la separazione tra allattamento al seno (in partico- fermato negli studi sulla temperatura corporea del lare quello notturno) e cosleeping è una acquisi- neonato cosleeper. zione recente e riservata ad alcune società dell’oc- L’interesse psicologico di queste misure è nel cidente industrializzato, nemmeno tutte, visto che complesso piuttosto modesto, ma può essere di quantomeno in Giappone e Corea queste pratiche qualche stimolo notare che in gran parte di questi sono ancora maggioritarie. lavori si osservano differenze tra cosleepers e non, McKenna, Mosko et al. (1997) hanno realizzato e che tali differenze, pur richiedendo ancora una uno studio che metteva a confronto ritmo e durata considerevole mole di ricerche, vanno nella dire- degli allattamento notturni di bambini in bed-sha- zione di delineare una diversa e maggiore autore- ring e non, utilizzando il loro già illustrato dise- golazione fisiologica dei bambini che condividono gno crossover. Il campione era costituito da 35 il letto con la madre, a riconferma che questo coppie madre-bambino selezionate per essere glo- assetto del sonno comporta effetti biologici inte- balmente simili, salvo che per l’abitudine o meno ressanti, che in futuro potrebbero portare a nuove al cosleeping. Il risultato è evidenziato in questa acquisizioni anche in campo psicologico, nel tabella: momento in cui, riprendendo un concetto espresso No. di episodi di allattamento per notte Durata totale degli episodi (minuti per notte) Durata media degli episodi (minuti) Gruppo RB RS RB RS RB RS Notte in bed-sharing 4.7 ! 0.6 3.8 ! 0.7 55.9 ! 7.7 35.3* ! 7.1 12.4 ! 1.3 9.4 ! 0.9 Notte non BS 3.3** ! 0.4 2.3 ! 0.3 26.4*** ! 2.6 19.8 ! 2.6 9.5 ! 1.1 8.9 ! 0.3 Le cifre riportano Medie ! Dev. Standard. Abbreviazioni: RB, bed-sharers routinari; RS, solitary sleepers routinari. * p<0.028 **, p<0.006, *** p<0.005 45 McKenna, Mosko et al. (1997) Franco Nanni Dove dormono i bambini 29 Come si vede, i bambini abituati al bed-sharing svegliarsi completamente per allattare il suo bam- mostrano più episodi di allattamento con una bino. Wailoo et al. (2004) riscontrano non solo durata complessiva decisamente più lunga; i loro che la madre allatta senza essere “tecnicamente” coetanei solitary sleepers, una volta messi nella sveglia, ma anche il bambino non raggiunge uno condizione sperimentale di bed-sharing, hanno stato di completa veglia nel momento in cui si comunque evidenziato maggiore ricorso al seno attacca al seno. Una possibile conferma di questo rispetto a se stessi durante la notte in solitario, pur proviene, oltre che dal già citato studio di Bad- non raggiungendo differenze statisticamente signi- dock et al. (2006), da diverse fonti raccolte da ficative. Significativo, invece, il gap tra la durata McKenna e colleghi (1997) che attestano come la complessiva dell’allattamento per notte rispettiva- maggior parte delle madri che associano allatta- mente di bed-sharers abituali e non, entrambi nel- mento al seno e cosleeping tendono a sottostimare la condizione di cosleeping (55.9 contro 35.3). in modo significativo il tempo dedicato al nutri- Occorrerebbe una ipotesi più analitica che spieghi tali differenze, che pure risultano complessivamente coerenti con il senso comune e non certo contro-intuitive: McKenna, nello studio testè citato, ritiene che un aspetto importante potrebbero essere gli stimoli olfattivi, dal momento che, come già visto in precedenza, i bed-sharers trascorrono mento notturno, se comparato con quanto osservato con videoregistrazioni. La cosa non stupisce se si accetta l’ipotesi che oltre a una psicologia (individuale e culturale) dell’accudimento vi sia una sottostante biologia dell’accudimento della quale resta memoria nell’adattamento anche fisiologico tra madre e bambino. consistenti percentuali della notte sul fianco rivolti verso la madre, e che da altre ricerche si sa che 2.6 Effetti psicologici a breve e a lungo termi- neonati di due settimane tendono a orientare il ne del cosleeping volto verso il seno e/o le ascelle della madre sia Alcuni studi sulla diffusione del cosleeping hanno durante il sonno che da svegli46. Questa esposizio- riportato associazioni tra questa pratica e taluni ne agli odori corporei della madre potrebbe essere disturbi del sonno, che talvolta sono presentati il fattore (o uno dei fattori) che contribuiscono a come effetti a breve termine della pratica stessa. una più bassa soglia di risvegliabilità per lo stimo- Inoltre, come si è visto a proposito di valori e cre- lo della fame. Inoltre, in termini qualitativi, l’allat- denze connessi agli assetti del sonno, non manca- tamento notturno associato al bed-sharing presen- no rappresentazioni che prefigurano per il coslee- ta alcune caratteristiche specifiche rispetto a quel- ping l’uno o l’altro effetto a medio o lungo termi- lo effettuato con il bambino che dorme separata- ne, in particolare su indipendenza, autonomia e mente: da un lato la madre è in grado di risponde- capacità di separazione. Nonostante però questa re anche a piccoli segnali emessi dal bambino, copia di convinzioni di diverse origini, sono mentre se questi dorme altrove deve arrivare a un pochissimi gli studi che hanno indagato sull’effet- pianto manifesto per ottenere risposta; dall’altro tività di molti pretesi nessi causali a lungo anche la madre, come già riferito a proposito del termine, e con risultati che non sembrano confer- lavoro di Mao et al. (2004), non ha bisogno di marli appieno; anche rispetto ai presunti effetti sui 46 Riportato in McKenna, Mosko et al. (1997). 30 Franco Nanni Dove dormono i bambini disturbi del sonno prevale la tesi che, se è vero cosleeping secondario. Alcuni dati che riguardano almeno in occidente che il cosleeping è di fre- bambini in età scolare sembrano confermarlo: quente associato ad essi, non è però possibile con Cortesi, Giannotti et al. (2004) riportano alcuni gli attuali dati stabilire quale sia la direzione del aspetti riguardanti bambini romani da 6 a 12 anni, nesso causale che li lega. Roma) ai quali, tra gli altri strumenti, è stato somministrato il CSHQ.47 I cosleepers manifestano 2.6.1 Disturbi dell’addormentamento punteggi significativamente maggiori nelle resi- In linea generale i bambini euroamericani sono stenze al momento dell’andare a letto (bedtime abituati a vari riti dell’addormentamento, che van- resistance sub-scale), e di ansia rispetto al sonno no dalla semplice presenza senza contatto fino al (sleep anxiety sub-scale). Inoltre tendono in mag- racconto di fiabe o al canto, per arrivare al contat- gioranza a richiedere la presenza di un adulto al to corporeo come il cullare, tenere in braccio, momento dell’addormentamento (90% contro sdraiarsi vicino al bambino; inoltre è frequente 6.5% dei solitary sleepers, p<0.001), ad avere ora- l’uso di oggetti come pupazzetti e peluche che ri più instabili nell’andare a dormire (70% contro dovrebbero svolgere una funzione consolatoria. 10% dei solitary sleepers, p<0.001), e ad andare Sembra dunque che, al di là di quale sia poi l’as- comunque a letto più tardi. Anche Hayes, Parker setto del dormire praticato, la transizione dalla et al. (2001) riportano lo stesso tipo di veglia al sonno sia culturalmente avvertita come correlazioni. un passaggio critico, che abbisogna comunque di Che gli assetti del sonno costituiscano un fatto qualche supporto. Secondo Valentin (2005) in fondamentalmente culturale è già stato messo in Europa prevale la scelta di comportamenti che evidenza; l’importante lavoro di Latz, Wolf e preferibilmente evitano il contatto fisico tra care- Lozoff (1999) sembra portare nella direzione di giver e bambino, anche se di fronte a difficoltà e allargare questa ipotesi anche ai disturbi dell’ad- Campione 6-48 mesi (Latz 1999) Solitary Cosleeping USA JAP resistenze di quest’ultimo lo stile si fa via via più dormentamento e, come si vedrà nel paragrafo “prossimale”, e assai probabilmente questa è una successivo, del sonno tout court. Gli autori metto- delle vie attraverso le quali si giunge poi al no a confronto due campioni comparabili di 47 Children’s Sleep Habits Questionnaire, cfr par. 2.1.1. Franco Nanni Dove dormono i bambini 31 bambini statunitensi e giapponesi (da 6 a 48 mesi) Louis e Govindama (2004) in un campione di rispetto a numerose dimensioni del dormire, bambini di 1-2 anni (Isola Reunion) sostengono riscontrando che l’associazione tra lotte al che vi sia una “influenza negativa” del comporta- momento di andare a dormire (bedtime struggles) mento genitoriale più “prossimale” nel bedtime e cosleeping è presente soltanto nel campione sui disturbi del sonno; non viene esplicitato però USA, che peraltro ha una percentuale molto bassa quale sia il criterio con cui la correlazione statisti- (14.75%) di cosleepers, mentre in Giappone, dove ca tra i due fenomeni venga letta in questa direzio- questa pratica è molto diffusa (58.93%), tale cor- ne piuttosto che in quella opposta, ossia, che di relazione non sussiste. Inoltre nell’intero campio- fronte ai problemi di sonno dei loro figli i genitori Bedtime Struggles e Cosleeping (Latz 1999) Bedtime struggles >3 a settimana 90 78 80 70 60 Cosleeping Solitary Tutti 50 40 26 30 24 20 17 13 20 10 0 USA JAP ne l’incidenza di bedtime struggles è significativa- divengono più protettivi e propensi al contatto mente inferiore (p<.05) in Giappone che in USA; fisico. questo dato fornisce qualche indicazione se lo confrontiamo col fatto che le routine dell’addormentamento nipponiche sono molto più propense al contatto di quanto non lo siano quelle statunitensi. Un caso forse estremo, ma molto significativo, è rappresentato dal già citato studio qualitativo di Morelli et al. (1992) su famiglie Maya del Guatemala: viene riferito che in quella comunità (dove il cosleeping è pratica universale) non viene Bedtime routines (Latz 1999) 80 70 60 % 50 Presenza adulto al bedtime Contatto adulto al bedtime 40 30 20 10 0 USA 32 JAP Franco Nanni Dove dormono i bambini attuato alcun particolare genere di rito di addor- questi bambini non utilizzano oggetti consolatori mentamento. Il dormire non viene avvertito come per dormire, a differenza dei loro coetanei che un momento separato dal giorno ed è inteso come vivono in USA. Questo dato è coerente con quan- attività sociale al pari di molte altre. Gli autori si to riportato da Gaddini (1971), da Hong e Townes spingono a supporre che le lotte a cui si assiste tra (1976), e da Wolf e Lozoff (1989): coloro che i bambini nordamericani di classe media quando dormono vicino o con i genitori tendono a non uti- si tratta di andare a dormire potrebbe essere in lizzare oggetti transizionali e (in Wolf et al.) a non relazione allo stress che essi subiscono quando succhiarsi il pollice. Infine Morelli e colleghi viene richiesto loro di compiere la transizione dal- (1992) ritengono possibile l’ipotesi che i bambini la veglia al sonno senza assistenza; con Gandini di 1-2 anni che dormono soli la notte trovino che (1986) ritengono anche che vi siano mete conflit- separarsi dai genitori durante il giorno sia più dif- tuali tra i genitori e figli: i primi desiderano che i ficile, e non più facile, come invece ritengono i bambini dormano il prima possibile, i secondi loro genitori, nell’auspicio di favorirne l’indipen- invece ritardano il più possibile il momento del denza. Questo discorso porta verso la questione letto sia per il doversi separare dalle attività fami- della validità o meno del solitary sleeping come liari che per le paure generate dal dover dormire training per l’autonomia e l’indipendenza, que- da soli. Gran parte di bambini Maya invece si stione che verrà affrontata subito dopo aver com- addormentano quando anche i loro genitori lo fan- pletato l’esame dei disturbi del sonno notturno no, oppure, se molto stanchi, prendono sonno in correlati al cosleeping. mezzo alle attività sociali del resto della famiglia; Franco Nanni Dove dormono i bambini 33 alcuna indicazione sull’esistenza di un nesso cau- 2.6.2 Disturbi del sonno I lavori che riportano in modo esauriente associazioni tra cosleeping e disturbi del sonno sono stati riuniti in una tabella riassuntiva, ove possibile raggruppandoli per similitudini di risultati. Rif. bibliografico Cortesi F, Giannotti F, et al. (2004) Hayes MJ, Parker KG et al. (2001) Smedje H, Broman JE, et al. (2001) Latz S, Wolf AW et al. (1999) Lozoff B, Askew GL,et al. (1996) Liu X, Liu L et al. (2003) Ottaviano S, Giannotti F, et al. (1996) Louis J, Govindama Y. (2004) Kataria S, Swanson MS et al. (1987) Sourander A. (2001) Stein MA, Mendelsohn J et al. (2001) Fukumizu M, Kaga M et al. (2005) sale, né sulla eventuale direzione di tale nesso; questo non impedisce certamente la formulazione di ipotesi causali, ma la loro verifica necessita di indagini di diversa natura. Soltanto i lavori di Fukumizu et al. (2005) e di Louis e Govindama Età soggetti 6-12 anni 2:4-5:6 anni 5-6 anni + follow up dopo 14 mesi 6-48 mesi 6-48 mesi 7-13 anni 0-6 anni 12-24 mesi 15-48 mesi 3 anni Chamlin SL, Mattson CL et al. (2005) 4-12 anni a) 3-6 mesi b) 18-21 m c) 36-41 m 0-6 anni Bruni O, Fabrizi P, et al. (1997) 5-14 anni Disturbi correlati al CS NW*, SA*, PARA* NW, SOD, SD NW, SA portano a CS nel follow up NW, SD NW, BR SA, DAYS ST, (SD solo per gruppo 4-6 anni) SD SD Disturbi del sonno correlano (p<.001) con BS e RS saltuario (sometimes) TI solo con BS ma non con RS CS associato con SRNC; ipotesi: CS come fattore causale (non motivata). Sonno disturbato a causa di dermatite atopica correla con CS Emicrania+mal di testa tensivo => NW, SA, SD => CS * Legenda: BS, bed-sharing; RS, room sharing; CS, cosleeping; BR, bedtime resistance (resistenza al momento del dormire); SOD, Sleep onset delay (ritardo nell’addormentamento); SA, Sleep anxiety (ansia rispetto al sonno); NW, night waking (risvegli notturni); ST, sleep time (orari e durata del sonno); SD, sleep disturbances (disturbi del sonno non specificati); DAYS, daytime sleepiness (sonnolenza diurna); PARA, parasonnie; TI,tiredness (stanchezza) SRNC, Sleep-Related Night Crying (grida notturne collegate al sonno). Come si può osservare nel primo gruppo (2004) propongono direttamente l’idea che sia il di studi l’associazione tra cosleeping e cosleeping a causare i disturbi del sonno, sia pur risvegli notturni sembra la più solidamente sostenuta da evidenze; anche una più senza esplicitare i criteri grazie ai quali lo fanno. In direzione opposta si pronunciano invece Cortesi, Giannotti et al. (2004) rispetto a bambini in età generica correlazione con disturbi del son- scolare, ipotizzando che il cosleeping sia un tentano sembra avere un buon supporto, inclu- tivo di coping rispetto al sonno disturbato dei pro- dendo anche alcune condizioni specifiche pri figli. Volendo utilizzare la proposta48 distinzioche abbassano la qualità del sonno come il ne tra cosleeping primario e secondario, o reattivo, mal di testa e la dermatite atopica. Gran parte degli studi si attengono al principio che la presenza di una correlazione non fornisce 48 la fascia di età considerata dallo studio appena citato impone l’uso della categoria di cosleeping reattivo; per quest’ultima forma esiste almeno qualche evidenza che l’ipotesi Proposta contenuta in Keller e Goldberg (2004), e qui illustrata e ampliata nel cap. 2.3. 34 Franco Nanni Dove dormono i bambini di “coping-cosleeping” sia corretta, o quantomeno Ad una analisi multivariata, il primo e il terzo fat- del tutto meritevole di approfondimento, grazie al tore si sono rivelati in grado di discriminare i RC lavoro di Keller e Goldberg (2004), a quanto risul- dalle altre due categorie in questo modo: ta tuttora l’unico che utilizzi a livello sperimentale Questa analisi sembrerebbe dimostrare che in le categorie di early- e reactive cosleeping49. Gli definitiva i genitori dei cosleepers reattivi speri- autori hanno esaminato un campione di 83 bambi- mentano condizioni stressanti rispetto al sonno dei ni dai 36 ai 68 mesi, suddivisi in base alle due loro figli, e tentano di fronteggiarle prendendoli a suddette categorie oltre a quella dei non-coslee- dormire con loro, pur non condividendo appieno pers, e hanno riscontrato tre dimensioni che sepa- questa pratica. rano in modo significativo la categoria dei “reacti- Rispetto al tema del paragrafo precedente, le ve-cosleepers” (RC) rispetto sia agli “early-co- cosiddette bedtime struggles, gli autori rilevano sleepers” (EC) che ai non-cosleepers (NC): nel loro campione una maggiore frequenza di esse Sia le madri dei NC che quelle dei RC condivi- nei RC rispetto agli altri (ma con debole significa- dono un atteggiamento più sfavorevole rispetto tività, p<0.10); il fastidio manifestato dai genitori al cosleeping rispetto alle madri degli EC rispetto a queste lotte è in media superiore nel (p<0.001) gruppo dei RC, anche se statisticamente non signi- La frequenza dei risvegli notturni dei RC è ficativo. superiore sia rispetto ai NC che agli EC Lo scenario complessivo che se ne può ricavare (p<0.01) potrebbe essere quello di bambini che entrano nel Le madri dei RC vivono i risvegli notturni dei secondo o terzo anno di vita, se non talvolta più loro figli in modo molto più problematico grandi, che i genitori hanno sempre fatto dormire rispetto a entrambe le altre categorie (p<0.001) da soli, e che si trovano ora nel momento in cui da L’esigenza di distinguere tra queste due forme era stata avanzata però già in precedenza da Lozoff, Askew et al. (1996) e da Madansky e Edelbrock (1990). 49 Franco Nanni Dove dormono i bambini 35 un lato devono far fronte a maggiori paure e ango- genitoriale potrebbe svolgere un ruolo non secon- sce, dall’altro hanno acquisito la capacità di muo- dario. versi autonomamente e di opporsi al volere genitoriale; al momento di andare a letto scattano le 2.6.3 Questioni di autonomia e indipendenza opposizioni e le resistenze, le preghiere di stare Come già evidenziato nel capitolo 2.3, uno degli vicini, o di addormentarsi nel lettone, lotte che argomenti più citati tra i sostenitori della tesi che i richiedono ogni sera tempo e energie per essere bambini debbano dormire separati il più presto contenute. Alcuni cedono accettando il cosleeping possibile è che ciò costituisca un buon training per almeno nell’addormentamento, tentando poi di l’autonomia e l’indipendenza, mentre il coslee- riportare i figli al loro posto, sperando che non si ping provochi, al contrario, un ritardo o un impe- sveglino. Altri riescono a far addormentare i figli dimento nel conseguimento di questi aspetti della nel proprio letto, ma, al pari dei primi, dovranno personalità. Più in specifico, questa convinzione poi confrontarsi con i risvegli notturni: alcuni sembra fondarsi su due assunti collegati: bambini si alzeranno e andranno direttamente nel che dormire da soli fin da neonati costituisca un lettone, altri piangeranno o grideranno, costringendo un genitore ad alzarsi, e richiedendo poi parecchio tempo per riprendere sonno. Se la cosa si ripete, i genitori, esausti, prenderanno il bambino nel lettone per aver almeno la possibilità di dormire un po’ prima del suono della sveglia. La tesi che il cosleeping (almeno nella forma reattiva) segua, e non preceda lo sviluppo di un disturbo del sonno è riportata anche in una sintesi di interviste ai genitori (Maccarin 1995). McKenna (1993) avanza addirittura l’ipotesi che il cosleeping in età neonatale possa essere protettivo verso lo sviluppo successivo sia di disturbi del sonno che di cosleeping reattivo. Secondo l’ipotesi causale opposta (ovvero che il cosleeping causi i disturbi del sonno) sembra invece più difficile costruire uno scenario in grado di dar conto del fenomeno delle resistenze al momento di andare a dormire; è possibile però che l’idea di dover optare per l’una o l’altra direzione causale sia fuorviante, e che vada invece considerata una causalità circolare tra cosleeping e disturbi di sonno e addormentamento, interrelata con altri elementi in gioco, tra i quali l’ambivalenza 36 prerequisito necessario per il conseguimento dell’indipendenza; se un bambino si dimostra indipendente in un campo comportamentale lo sarà automaticamente anche in tutti gli altri; specificamente, una volta che il bambino abbia conquistato indipendenza nell’ambito del sonno (che sappia addormentarsi da solo e riprendere sonno da sé dopo un risveglio) egli sarà indipendente in ogni altro ambito. Da questi assunti deriva anche l’idea complementare che il cosleeping evochi scenari di eccessiva dipendenza. Tuttavia non vi sono stati esempi di dati empirici che abbiano messo alla prova l’idea generale che vi sia un legame tra assetti del dormire e conseguimento di autonomia e indipendenza, né gli assunti su cui si basa. Il primo tentativo di testare sperimentalmente questi assunti è una delle ipotesi fondanti dello studio di Keller e Goldberg (2004). Essi hanno operazionalizzato il concetto di indipendenza come la capacità del bambino di portare a termine diverse attività quotidiane con/senza il supporto altrui: vestirsi, lavarsi, Franco Nanni Dove dormono i bambini addormentarsi, riprendere sonno, giocare, risolve- dormire re problemi, ecc.). Gli autori dunque hanno scelto dipendenza/indipendenza. di mettere in discussione l’assunto che l’indipendenza sia un tratto monolitico, e di considerarla invece una capacità che può essere assente o presente in una certa misura in diversi ambiti indipendentemente l’uno dall’altro: per la loro ricerca hanno suddiviso tre macro-ambiti: con le problematiche di Gli autori hanno inoltre considerato come variabile il “supporto materno per l’autonomia”, ovvero il grado con cui la madre incoraggia il bambino a fare scelte, a prendere l’iniziativa, a esplorare, a fare da sé. Diversamente dallo stereotipo della iperprotettività delle madri dei cosleepers, lo stu- Capacità di confidare in sé stessi e indipenden- dio di Keller riporta invece il fatto che le madri za sociale (Children’s self-reliance and social degli EC nel supporto all’autonomia mostrano independence) punteggi significativamente maggiori (p<0.001) di Indipendenza nei comportamenti relativi al sonno (independent sleep behaviors) Indipendenza adattiva (adaptive independence) I risultati di questa ricerca di Keller e Goldberg hanno confermato alcune aspettative, ma ne hanno entrambe le altre categorie. Gli autori hanno anche elaborato i dati per sottrarre dai punteggi dell’indipendenza sociale l’influsso del supporto materno, ma la significatività dell’effetto degli assetti del dormire è stata comunque conservata (p<0.01). smentite altre: come era atteso si è visto che gli Si deve quindi concludere che sul piano dei dati EC50 hanno acquisito molto più tardi degli altri empirici non vi sono evidenze che supportino la l’indipendenza nel campo del sonno (p<0.001) ; in pratica di sconsigliare il cosleeping in età neonata- particolare l’abilità di addormentarsi da soli è sta- le per evitare che il bambino sviluppi eccessiva ta conseguita dagli EC in media a 26.9 mesi, dipendenza, e che i pochi elementi sperimentali rispetto ai RC (11 mesi) e ai NC (5 mesi). Anche disponibili vanno addirittura in direzione opposta nel campo dell’indipendenza adattiva viene ripor- sul piano della capacità di confidare in sé stessi e tato un analogo slittamento dei tempi, con l’ecce- dell’indipendenza sociale. Non sorprende che le zione però delle routine definite toilet training, autonomie nel sonno vengano acquisite più tardi, che non hanno rivelato alcuna differenza signifi- dal momento che gli EC non subiscono richieste cativa. Sorprendentemente, invece, nel campo del- in questo senso prima di aver compiuto uno o la capacità di confidare in sé stessi e dell’indipen- anche due anni: occorrerebbe però domandarsi se denza sociale gli EC hanno mostrato punteggi la precoce acquisizione di queste capacità, indub- significativamente maggiori (p<0.001) di entram- biamente desiderabile almeno per alcuni genitori, be le altre due categorie. Se confermato in seguito comporti per il bambino qualche genere di benefi- da ulteriori ricerche su campioni diversi ma analo- ci, sia indifferente, o eventualmente costituisca go disegno e costrutti comparabili, ci si troverebbe invece uno svantaggio: a giudicare dalla meno in presenza di una forte smentita di tutti gli assunti efficace acquisizione di altre forme di indipenden- che collegano indiscriminatamente assetti del za nella vita quotidiana da parte dei NC si direbbe che quantomeno i benefici siano da escludere. 50 Va ricordato che EC=Early cosleepers, RC=reactive cosleepers, NC=non-cosleepers. Franco Nanni Dove dormono i bambini 37 2.6.4 Altri effetti e correlati del cosleeping Anche in questo caso sono assai pochi gli studi che forniscono dati in merito a effetti e correlazioni tra assetti del sonno e altri parametri comportamentali i psicologici. Il punto di partenza è senz’altro il lavoro di Okami, Weisner et al. (2002): esso presenta un follow up su 105 famiglie nordamericane iniziato nel 1975 e che ha seguito fino al diciottesimo anno di età confrontando nel tempo gli ex (early) bed-sharers51 con i solitary sleepers. I risultati sono, a seconda dei punti di vista, deludenti o confortanti: non è stata riscontrata alcuna presenza di disturbi del sonno (campione di bambini 2:4 - 5:6 anni) ha esplorato correlazioni tra cosleeping e alcuni parametri della Carey Temperament Scale52, attraverso un questionario compilato separatamente dai genitori e dagli insegnanti. Non è emersa alcuna correlazione né tra assetti del sonno e CTS compilata dai docenti, né tra questa e la CTS compilata dai genitori; sono emerse tuttavia tre correlazioni significative tra quest’ultima e il fatto di essere cosleepers: minore adattabilità (p<0.03) (item tipo: il bambino può essere distolto dal fare cose proibite). correlazione né a patologie o condizioni proble- Minore ritmicità (p<0.03) (item tipo: il bambi- matiche, né a benefici di alcun tipo. L’unica corre- no mangia la stessa quantità di cibo ai pasti di lazione significativa, ma di modesta dimensione, è ogni giorno). stata trovata a sei anni, tra pregresso bed-sharing e attuale migliore competenza cognitiva; pare condivisibile la posizione degli autori, che assai ragionevolmente considerano tale correlazione un epifenomeno, o un artefatto dovuto a qualche variabile latente non controllata. Altre correlazioni più deboli fanno pendere comunque la valutazione verso un eventuale, minimo effetto benefico di questa pratica su variabili connesse alla sfera psicosessuale e affettiva, ma si tratta comunque di sfumature. Resta il fatto, forse più importante, che mancano del tutto elementi confermativi delle paure collegate alla pratica del cosleeping in età neonatale. Maggiore intensità emotiva (p<0.01) (item tipo: il bambino risponde intensamente alla disapprovazione). Sembra piuttosto difficile reperire, ammettono gli autori, qualche spiegazione almeno ipotetica di questi risultati, tanto più che i tratti evidenziati sembrano essere rilevati esclusivamente dai genitori ma non da altre figure. In via assolutamente preventiva alcune testimonianze contenute il Morelli et al. (1992) richiamano da lontano almeno la natura della terza correlazione, l’intensa risposta alla disapprovazione. Le madri Maya intervistate in quello studio raccontavano che i loro figli obbedivano assai precocemente (12, 13 In linea ancora più generale, non risulta al mesi) ai loro avvertimenti (ad es. “Non toccare momento alcuna evidenza anche debole che associ quello, puoi farti male”) e che sentivano di potersi disturbi di comportamento o della sfera emotiva fidare sul fatto, ad esempio, di non mettere in boc- con la pratica del cosleeping. Semmai, qualche ca cose sporche o piccoli oggetti; l’intervistatore esile correlazione è stata trovata a livello di tem- commentava che i loro coetanei nordamericani peramento almeno in una indagine, il già citato piuttosto si mostrano ancor più interessati agli studio di Hayes et al. (2001); oltre a indagare la oggetti che i genitori vietano loro di toccare, 51 52 Che si tratti del tipo “early” si evince da numerosi aspetti del disegno sperimentale. Questo strumento è stato tratto dagli autori utilizzando il lavoro di McDevitt (1978). 38 Franco Nanni Dove dormono i bambini costringendoli a vigilare intensamente anche fino hanno provocati, “come se” tali azioni avessero ai 2-3 anni. Una mamma allora ha riferito una sua realmente avuto luogo. Dal momento che Dama- intuizione, che forse questo dipenda dal fatto che sio offre un solido supporto empirico a questa teo- quei bambini vengono tenuti a dormire da soli. ria, essa potrebbe essere messa alla prova anche “Nella nostra comunità i bambini sono sempre comparativamente tra early cosleepers e non co- con le madri, mentre in USA voi li tenete separati. sleepers con appositi disegni sperimentali. Forse è per questo che qui i bimbi capiscono meglio le mamme, si sentono vicini (feel close), mentre in USA sentono soprattutto la distanza.53” La stessa madre poi continuò ipotizzando che se i bambini non si sentono vicini, sarà per loro più difficile imparare e capire le cose dalle persone intorno a loro. In Europa negli ultimi anni si è assistito a un forte aumento delle preoccupazioni per la frequenza di bambini “senza regole” che non ascoltano e non rispettano i propri genitori: che in questo fenomeno, certamente connesso con una pluralità di fattori psico-socio-culturali, possa essere coinvolta anche la pratica di imporre un troppo precoce son- Il fatto che il genitori, ma non i docenti studiati da no solitario è una ipotesi che, per quanto priva di Hayes (2001) riportino che i cosleepers mostrano sostegno empirico al momento, risulta essere affa- maggiore intensità emotiva verso la disapprova- scinante e in certa misura innovativa. Del resto zione potrebbe dare qualche sia pur vago supporto non manca nemmeno di una sua intuitività ele- empirico alla intuizione della madre Maya. Anto- mentare: un bambino di un anno che da sempre è nio Damasio (1995) formula l’ipotesi del ruolo di stato addestrato a dormire da solo, magari con le un “marcatore somatico” nell’autocontrollo del tecniche in voga di lasciarlo piangere, come può comportamento, soprattutto nell’inibizione di avvertire come protettive e degne di fede quelle azioni nocive; si tratterebbe di un processo cere- stesse figure che lo hanno così severamente sfida- brale che rievoca arousal emotivi negativi di fron- to nei suoi bisogni e, successivamente, nel suo te al solo pensiero di azioni che originariamente li sistema di attaccamento? 53 Morelli, Rogoff et al. (1992). Franco Nanni Dove dormono i bambini 39 Sul fatto che invece il cosleeping di per sé costi- 3 COSLEEPING E RISCHIO PER LA SIDS tuisca un rischio di morte improvvisa per il neonato non solo non vi è generalizzato consenso, ma La Sindrome di Morte Improvvisa del Neonato alcuni autori, sulla scia di McKenna, ipotizzano (SIDS) costituisce una importante questione di invece anche un suo ruolo protettivo. D’altro can- carattere medico generale, che presenta tuttavia un to Blair, Fleming et al. (1999) hanno riscontrato interesse psicologico modesto. La ricerca finaliz- che anche tra i solitary sleepers inglesi il rischio zata alla prevenzione di questa sindrome ha pro- di morte improvvisa aumenta; questo risultato è dotto una gran mole di studi sul cosleeping di coerente anche con quanto esposto, a proposito assai vasta portata, in quanto tale pratica è stata della Nuova Zelanda, da Mitchell e Thomson inclusa, sia pur in modo assai controverso, tra i (1995); sembra però che in alcune situazioni il fattori di rischio. bambino dormisse abitualmente da solo durante il giorno, a non necessariamente durante la notte; 3.1 Cosleeping: rischio, protezione, o cos’altro? È questo il sottotitolo di un intervento di Wailoo et al. (2004) che affronta diverse problematiche connesse al disegno e alla realizzazione di ricerche, nonché all’interpretazione e all’utilizzo dei loro risultati rispetto alla SIDS. In effetti la formu- difficile, quindi, trarre conclusioni anche solo minimamente generalizzabili. Sembra invece che il room-sharing sia decisamente un fattore protettivo, anche se rimane il dubbio se tale pratica generi di per sé tale effetto, o se invece essa sia semplicemente un marker di altre variabili nascoste. la dubitativa è d’obbligo in quanto i lavori attual- Infine va esplicitata la posizione del gruppo con- mente pubblicati portano a conclusioni non del dotto da McKenna: questi autori partono dall’ipo- tutto compatibili. Da un lato sembrerebbe esservi tesi che la SIDS, diversamente da involontarie il sostanziale consenso di tutti gli studiosi sul fatto asfissie o schiacciamenti del bambino, dipenda da che il bed-sharing comporti un significativo incre- una scarsa eccitabilità del neonato durante il son- mento del rischio di SIDS, quando è associato a no, che in presenza di eventuali condizioni avver- consumo di tabacco in gravidanza e dopo la nasci- se come un eccesso di anidride carbonica, apnea ta, all’uso di alcol, altre sostanze psicotrope e ostruttiva, o altre minacce alla sua sopravvivenza, sedativi, nonché a stati di sovraffaticamento del gli impedisce di reagire e quindi di mandare genitore che dorme col bambino. A questi elemen- segnali ai caregiver. Già dieci anni fa Mosko, ti di rischio collegato al cosleeping si aggiungono Richard et al. (1996) riportavano che i fratelli di anche: appartamenti affollati, basso status socioe- bambini morti per SIDS54 mostravano, rispetto ai conomico (SES), obesità della madre, uso di controlli, periodi più lunghi di sonno ininterrotto, coperte pesanti, divani e altre superfici impropria- minori movimenti del corpo nel sonno, e minori mente e magari temporaneamente usate come movimenti in reazione ad apnea ostruttiva; nasce- letto. va da qui l’idea delle sofisticate misure dell’arousability nel neonato mentre dorme da solo e 54 Ritenuti essere di per sé stessi un gruppo a rischio SIDS. 40 Franco Nanni Dove dormono i bambini durante il cosleeping, nonché dall’incoraggiante non adeguati alla complessità delle situazioni che constatazione che i cosleepers mostravano per si vanno a indagare. In questo potrebbe inserirsi l’appunto un incremento di arousability; per di un primo contributo della ricerca psicologica, che più tale stato era condiviso con la madre, anch’es- è divenuta ben consapevole delle difficoltà colle- sa risultata essere in condizioni di sonno più leg- gate alle situazioni umane, mentre in campo SIDS gero e capace di effettuare controlli tattili inconsa- pare sfuggire a molti ricercatori la differenza tra lo pevoli rispetto allo stato del piccolo. Dunque la studio scientifico di sfere che rotolano lungo piani maggiore facilità di risveglio, e la maggiore ecci- inclinati o di positroni lanciati nel vuoto, in asso- tabilità del neonato quando dorme vicino alla luto isolamento da tutte le variabili spurie, e l’as- madre, lungi dall’essere, come strumentalmente sessment di situazioni umane naturali nelle quali è sostenuto dai detrattori del cosleeping, la prova già arduo definire cosa sia una variabile, e se che questa pratica “non fa dormire bene il bambi- comunque sia epistemologicamente sensato pre- no”, potrebbe essere invece un portato dell’evolu- tendere di isolarne una o più in qualche maniera. zione che proprio in questa arousability ripone le In concreto: quando si afferma che il cosleeping migliori chance di sopravvivenza del piccolo. A diventa un rischio in presenza di fumo, sostanze corollario di ciò, appare piuttosto amaro constata- psicotrope, sedativi, basso SES, obesità, ecc., si è re che “Fate le nanna”, il manuale per genitori che ancora sicuri che si sta parlando del cosleeping in va oggi per la maggiore,55 consideri una prova del- sé stesso, al di là della ineccepibilità matematico- la sua efficacia proprio il fatto che il bambino con- statistica del procedimento? Questa posizione è dizionato a dormire da solo in stanza separata e sostenuta anche da McKenna (in Hauck, Kemp et senza piangere abbia un bel sonno profondo e sen- al. 1998) quando osserva che in molti studi sulla za risvegli. SIDS sia le famiglie delle vittime che i controlli sono membri di classi disagiate con alti livelli di 3.2 Possibili sinergie tra psicologia e ricerca mortalità infantile e un livello di salute generale sulla SIDS complessivamente più basso della media generale Dopo la lettura della gran mole di articoli in merito, è difficile evitare l’impressione che la decisione se raccomandare o meno a tutti indistintamente i genitori qualcosa come “non dormite mai vicino ai neonati” dipenda assai più dalla preesistente della popolazione di riferimento. In tale contesto appare chiaramente che il significato di “controllare il fattore X o Y” è molto diverso rispetto a contesti di popolazione più vicina alle medie nazionali per reddito, cultura e risorse56. avversione o simpatia per questa pratica che non La psicologia può aiutarci a rispondere a questi da solide evidenze empiriche; inoltre anche le come questo: dal momento che il rischio SIDS supposte evidenze sono continuamente esposte al viene desunto dopo la denuncia della morte del rischio di artefatto, a causa di disegni di ricerca neonato, in che modo è possibile confidare 55 Estivill e De Béjar (1999). Both SIDS victims' families and controls are members of an urban economic underclass that suffer at every level from high age-specific mortality and poorer overall health than most, if not all, other groups. [...] Clearly, the meaning of "controlling" for factor X or Y in this socially and economically disadvantaged population means something quite different from a population characterized by more normally distributed incomes based on national averages. (McKenna in: Hauck et al. 1998) 56 Franco Nanni Dove dormono i bambini 41 nell’esattezza delle “variabili” rilevate quasi poco conto: è riportato il caso di madri che, per esclusivamente a posteriori dalle testimonianze di guardarsi dalla “minacciosa” pratica del bed-sha- genitori sotto choc? In molti casi il rilevamento ring, allattano anche di notte il loro bambino viene effettuato in presenza di una schiacciante sdraiandosi su un divano, senza rendersi conto che mole di elementi di confusione; si consideri ad la parete verticale di questo tipo di giaciglio rende esempio una madre che dichiara di aver preso un estremamente probabile lo schiacciamento fisico sedativo la sera prima della morte del bimbo; del piccolo, qualora, come facilmente può potrebbe fare molta differenza se aveva assunto un capitare, mamma e bambino involontariamente si Tavor una tantum o se era una consumatrice abi- addormentassero lì alla fine della poppata. tuale, o addirittura abusatrice di benzodiazepine, e questo potrebbe avere anche conseguenze sulla affidabilità della sua descrizione delle condizioni in cui la morte del neonato ha avuto luogo. L’esperienza psichiatrica potrebbe inoltre aiutare a comprendere in modo più globale quali possano essere le condizioni in cui vive e si sviluppa il figlio di una persona assuefatta all’alcol o alle benzodiazepine, e se alla fin fine sia proprio il fatto di condividere il letto con questa persona la causa della sua morte. Sulla base dei consigli che ricevono, molti genitori lasciano piangere i loro neonati nelle loro culle e camerette, e alla fine questi vengono condizionati a non piangere affatto. Che cosa implica, in termini psicologici, promuovere la soppressione dell’impulso naturale del neonato a piangere, e quello della madre a rispondere confortandolo? Non ci sono evidenze che ci dicano che questa pratica non comporti dei rischi a breve o lungo termine; esiste invece uno studio (Douglas 2005) che riassume ulteriori diverse ricerche, e che indi- Parlando invece ai genitori che non presentano vidua nell’eccessivo pianto del neonato un fattore condizioni di interesse psichiatrico né parametri che predispone all’insorgere del reflusso gastro- sociologici critici, occorre domandarsi quale può esofageo; tra le pratiche consigliate per la preven- essere il contributo della psicologia non solo per zione di questo disturbo c’è anche il cosleeping, e la prevenzione della SIDS, ma per una compren- in generale una pronta responsività dei caregiver sione più vasta delle condizioni familiari di accu- ai segnali notturni del neonato. Inoltre, da un pun- dimento che possono favorirla o evitarla. Sembra to di vista più ampio, si considera che i bambini irrinunciabile comprendere sul piano psicologico occidentali ricevono mediamente una scarsa sti- (e psicoanalitico) il ruolo assunto, rispetto alla molazione sensoria e vestibolare a causa del tipo pratica del cosleeping, dalle campagne per la pre- di accudimento “distale” che ricevono sia di gior- venzione della SIDS, con il loro corredo di scenari no che di notte, e che questo fatto risulterebbe col- di morte del bambino paventati a monito delle legato a una generale iperalgesia viscerale, all’in- madri che dormono accanto ai loro figli neonati; terno della quale rientrerebbero anche le coliche; quali scenari psicologici evoca, ad esempio, l’in- non a caso, affermano gli autori, il trattamento discriminata minaccia “non dormire mai con tuo delle coliche consiste essenzialmente nel massag- figlio perché potrebbe morire (o “potresti uccider- gio, ovvero in una iper-stimolazione sensoria e lo”)”, sia dal punto di vista di chi la emette che da vestibolare. quello di chi la riceve? Non sembrano questioni di 42 Franco Nanni Dove dormono i bambini In conclusione, la ricerca apre molte questioni irri- sindrome svolge rispetto alla pratica del coslee- solte nel problema medico relativo alla SIDS e nel ping nelle sue varie accezioni. ruolo anche psicologico che il pericolo di questa Franco Nanni Dove dormono i bambini 43 4 COSLEEPING TRA EVOLUZIONE, nei disegni di ricerca empirica, se non altro quan- ATTACCAMENTO E EDIPO do l’età dei bambini renderebbe pertinente la questione, ma non sembra che l’argomento sia anche Come accennato all’inizio di questa rassegna, il solo lontanamente considerato. Il lavoro di Ball, cosleeping è una pratica di accudimento che tocca Hooker e Kelly (2000) che esamina un campione diversi nuclei tematici di cruciale importanza: di famiglie inglesi presso le quali viene praticato l’approccio evoluzionistico all’accudimento, già cosleeping diadico e triadico, ha considerato più volte menzionato in precedenza, è un paradig- nuclei nei quali l’età dei bambini è troppo precoce ma che fa da sfondo a numerosi studi, primi tra (inferiore ai 5 mesi) per rendere pertinente la pro- tutti quelli del gruppo di McKenna. Nonostante spettiva edipica. Lo spazio destinato in questa ras- l’apparente focus su aspetti biologici “universali” segna alle questioni sollevate dal cosleeping e in qualche modo “oggettivi”, va fin da subito rispetto alla triangolazione edipica sarà dunque evidenziato come proprio all’interno di questo forzosamente esiguo, e certo stridente rispetto alla approccio sia massima l’attenzione agli aspetti sua complessità, alle sue implicazioni cliniche. culturali e cross-culturali che contribuiscono a delineare le pratiche di cura dei bambini. La teoria dell’attaccamento viene richiamata in modo meno sistematico, ma resta un riferimento chiave almeno per gli autori che hanno studiato il cosleeping in termini qualitativi e approfonditi, mentre è del tutto assente nelle indagini sul rischio di SIDS, ovvero dove il focus è soprattutto sugli svantaggi di questa pratica, a scapito dei benefici che pure le vengono altrove riconosciuti. Tra questa teoria e l’approccio evoluzionistico, pur distinti, è quasi ovvio scorgere notevoli punti di contatto, in particolare per quanto riguarda il paradigma etologico e la considerazione delle condizioni ambientali nelle quali la specie Homo si è evoluta. Un discorso a parte merita invece la problematica edipica, che risulta essere la grande assente nella 4.1 L’approccio evoluzionistico Questo approccio attribuisce un ruolo esplicativo centrale al cosleeping madre-neonato in quanto parte integrante del contesto di base in cui la specie umana, ancora prima di evolvere nel sapiens, ha allevato i propri figli. Il presupposto di fondo della cosiddetta “medicina evoluzionistica57” è che molte attuali malattie sociali, psicologiche e fisiche siano collegate all’incompatibilità tra gli stili di vita e gli ambienti in cui l’uomo attualmente vive e le condizioni all’interno delle quali la biologia umana (e quindi anche il cervello) si è evoluta58. Questo fatto non resta confinato nell’ambito fisiologico, ma, sia pur con maggiore prudenza, non può essere trascurato in campo psicologico. Nello specifico campo dell’accudimento totalità degli studi attualmente pubblicati a propo- dei neonati si potrebbe sottolineare che questo sito del cosleeping, se si escludono rapidissime e approccio è vieppiù opportuno in quanto il piccolo generiche menzioni, peraltro assai rare. Ci si aspetterebbe di trovarne traccia implicita almeno 57 58 d’uomo nel primissimo periodo di vita è dotato soprattutto di aspettative non ancora modulate Si veda la raccolta curata da Trevathan, Smith e McKenna (1999) e, per una sintesi, l’articolo di Schiefenhovel (2000). La citazione originale è: “Evolutionary medicine takes the view that many contemporary social, psychological, and physical ills are related to incompatibility between the lifestyles and environments in which humans currently live and the conditions under which human biology evolved.” Trevathan et al. (1999). 44 Franco Nanni Dove dormono i bambini dalla cultura59. Alcuni autori addirittura definisco- appena visto, tale pratica è interconnessa ad altre no il bambino fino ai sei mesi un “feto in forme di accudimento (allattamento al seno, etero-gestazione ”, dunque assolutamente biso- modalità di handling e holding del bambino) a gnoso del contatto continuo con la madre per una formare un sistema complesso, nel quale svolgono sua ottimale regolazione. Questo assunto si basa un ruolo importante anche le rappresentazioni sull’ipotesi che il progressivo restringimento del- materne e genitoriali del neonato e del bambino l’architettura pelvica dovuto alla stazione eretta e (toddler), le interazioni reali e quelle fantasmati- il successivo maggior volume cranico dell’homo che tra i componenti del sistema familiare. In que- sapiens siano stati la condizione che ha reso sto sistema insieme relazionale, mentale e concre- necessario per la nostra specie partorire un neona- tamente operativo le diverse pratiche di accudi- to di eccezionale immaturità neurologica, cosa che mento non possono essere scisse le une dalle altre non si verifica in nessun altro mammifero. La né viste come ingredienti discreti di un presunto fisiologia del neonato umano è ancora in attesa di “giusto” modo di occuparsi dei bambini. Il secon- complesse interazioni co-regolative con la fisiolo- do ordine di ragioni, che discende dal primo, gia (e non solo con la psiche!) materna: da qui impone prudenza nel sostenere indiscriminata- deriverebbe la pratica millenaria di un bambino mente il cosleeping (comunque limitatamente al tenuto a lungo in braccio, allattato a richiesta, tipo primario); bisogna infatti considerare che, cosleeper. In questa ottica diviene chiaro quanto proprio in ragione delle particolari condizioni di profondamente fuorviante sia il considerare queste vita nell’occidente contemporaneo, le contingenze modalità di accudimento come un mero fatto cul- specifiche nelle quali il neonato è inserito potreb- turale. Questo non implica affatto il misconosci- bero essere talmente lontane da quelle nelle quali mento del ruolo della cultura nella definizione la sua fisiologia (e neuro-fisiologia) si è evoluta, delle pratiche in questione, ma rende necessario da imporre un ripensamento complessivo di tutte un inquadramento gerarchico del fatto culturale le pratiche di accudimento attualmente in uso, all’interno di determinanti biologiche e evoluzio- proprio per assicurargli un livello di benessere nistiche: particolarmente chiara e efficace, in pro- accettabile nonostante le richieste ambientali criti- posito, appare la posizione dell’antropologo Blac- che. Premesso questo, alla luce della letteratura king: c’è una biologia umana costruita nell’evolu- attuale non sembrano comunque esservi ragioni zione, c’è una universalità nelle strutture cerebrali solide per sconsigliare il cosleeping a genitori sani umane, ma questi universali sono poi declinati in di bambini sani nei primi 6-9 mesi di vita del modi straordinariamente originali e diversificati bambino, mentre ve ne sono diverse per ritenerlo dalle culture dei popoli e delle civiltà61. una pratica ottimale, se inserito in un sistema glo- 60 Assumere un punto di vista evoluzionistico rispetto al cosleeping non implica però un automatico e bale che include allattamento a richiesta, responsività e contatto corporeo anche diurno col neonato. entusiastico sostegno a questa pratica, per due ordini di ragioni: innanzitutto perché, come si è 59 60 61 Cfr. ad esempio Odent (1992) e Eibl-Eibesfeldt (1993). Exterogestate foetus, come riportato da Douglas (2005). Comunicazione personale, 1987. Si veda anche il suo testo fondamentale How musical is man? (Blacking 1973). Franco Nanni Dove dormono i bambini 45 4.2 Cosleeping e attaccamento Il punto di vista della maggior parte dei contributi relativi alla teoria dell’attaccamento individua nei 6-8 mesi l’inizio di una relazione di attaccamento propriamente detta, mentre nel periodo precedente della vicinanza alla figura di attaccamento nei risvegli notturni. Va ribadito ancora una volta che in generale tra il nono e il dodicesimo mese si assiste ad un cospicuo aumento della frequenza di risvegli63. il bambino si limiterebbe a segnali e a un tenden- In definitiva le argomentazioni di questi autori ziale orientamento verso determinate figure. sono estremamente chiare, tanto da poter afferma- Anche secondo altri autori di orientamento psico- re che la base di tutto il discorso che lega attacca- dinamico l’età di otto mesi vede l’esordio di nuo- mento e sonno stia in poche semplici situazioni: ve e più evolute modalità relazionali del bambino, l’andare a dormire prefigura comunque una sepa- sia pur enunciandole tramite concettualizzazioni razione dai genitori, sia perché di norma i bambini del tutto diverse e non necessariamente coerenti occidentali vengono messi a letto prima del con la teoria dell’attaccamento. Lungo la storia del momento in cui anche gli adulti lo fanno, sia per- pensiero psicoanalitico vanno citati almeno alcuni ché assai spesso i bambini dovrebbero dormire da concetti: l’angoscia dell’estraneo in Spitz, le sot- soli nella loro stanza. In più con la crescita psico- tofasi di differenziazione, sperimentazione e riav- logica accade che la notte e il buio si popolino di vicinamento nel corso del processo di separazio- presenze e presentimenti che il neonato non cono- ne-individuazione in Mahler, la capacità di preoc- sceva, e che alimentano reazioni di allarme più cuparsi in Winnicott62, l’emergere del senso del Sé intense trovandosi svegli e soli nell’oscurità. Tutto soggettivo in Stern, tutti processi che implicano a questo dunque porta il bambino a mettere in atto un qualche livello le nuove capacità del bambino: tutto il suo repertorio comportamentale di attacca- la costanza dell’oggetto, l’intenzionalità, l’attacca- mento, all’interno del quale le cosiddette “bedti- mento a una figura specifica. Sembrerebbe dunque me struggles” sono un limpido esempio di prote- che questo discorso evolutivo successivo ai 6-8 sta per la separazione. È tutto da studiare l’effetto mesi non riguardi affatto quel che è stato definito che l’essere stati early co- o solitary-sleepers eser- cosleeping primario, in quanto collocato in cita su questo tipico passaggio evolutivo: quello momenti precedenti dello sviluppo infantile, men- che le indagini esaminate hanno riscontrato è che i tre diverrebbe estremamente attuale a proposito cosleepers di età superiore agli 8-12 mesi non del cosleeping secondario. Infatti diversi autori, in sono affatto tutti ex-early-cosleepers e che soprat- particolare Morelli et al. (1992) e Jenni et al. tutto in occidente, dove è maggioritaria l’abitudine (2005), studiando questo fenomeno in bambini di condizionare i bambini a dormire da soli fin dai (toddler) non più neonati, si richiamano alla teoria primi giorni, è piuttosto consistente l’esordio tar- dell’attaccamento e all’insieme di capacità fase- divo della condivisione, ma sarebbe meglio dire specifiche di questa età, che portano alla protesta della invasione del letto genitoriale da parte dei per la separazione al momento di andare a dormire figli. Forse ricerche più specificamente mirate a (per i solitary sleeper, ovviamente) e alla ricerca questo fenomeno del cosleeping di ritorno Concetto che si basa anche su quello kleiniano di “posizione depressiva”, che però in quanto “posizione” non è a rigore riferibile a una “fase” di sviluppo comunque intesa. 63 Oltre a studi citati nel par. sui disturbi del sonno, si veda in particolare Scher (1991). 62 46 Franco Nanni Dove dormono i bambini potrebbero dimostrare che tutto l’impegno profuso ad altre con bambini dal sonno normale, riscon- per abituare i neonati a dormire da soli non assicu- trando che il 100% delle prime aveva uno stile ra affatto che in seguito non tormentino i genitori “insicuro” di attaccamento65 contro solo il 57% invadendone il letto, una volta conquistata la loco- delle seconde (p<0.002). Scher (2001) ha effettua- mozione e attivato il sistema di attaccamento. to una analoga comparazione tra madri di bambini Questi studi potrebbero anche dire se è possibile di un anno utilizzando però la SSP66, e rilevando confermare le previsioni in base al concetto di un solo tipo di disturbo del sonno, i risvegli not- base sicura, ovvero che una ottimale responsività turni: in questo caso però non sono state trovate generale e specificamente notturna delle figure di differenze significative tra i gruppi (attaccamento attaccamento durante i primi 12, 18 mesi di vita sicuro e insicuro), a riprova che, in ogni caso, la possa costituire le condizioni per cui in seguito tendenza a svegliarsi durante la notte è un feno- quei bambini avranno maggiore facilità nell’abi- meno tipico della fine del primo anno di vita, tuarsi a dormire soli, evitando il rischio di coslee- come peraltro già sostenuto da Scher in preceden- ping protratti e defatiganti fino ai 4, 5 anni di età e za (Scher 1991). Che la relazione tra attaccamento oltre. Al momento però questa è solo una conget- e sonno sia complessa è anche dimostrato da un tura basata su una interpretazione di dati empirici risultato apparentemente contro-intuitivo: madri descrittivi; è prevedibile comunque una notevole che avevano maggiori punteggi in una sub-scala di difficoltà di verifica, in quanto, come già poc’anzi valutazione dell’attaccamento, quella del “piacere sottolineato, il cosleeping (come ogni altro ele- nell’interazione”, avevano figli con un maggior mento dell’accudimento) è parte di un complesso numero di risvegli notturni e una maggiore ten- sistema con azioni e retroazioni ricorsivamente denza al cosleeping. (Scher e Dror 2003). intrecciate, e dunque non può essere trattato come una “variabile” svincolata dal contesto relazionale complessivo. Anche la relazione con i disturbi del sonno va integrata in questo scenario, in quanto possono esservi certamente difficoltà dovute a particolarità della fisiologia o della fase di sviluppo di un bambino64, che potranno poi essere attenuate o aggravate dalla risposta dei caregivers, ma ci si aspetta di trovare anche disturbi del sonno derivanti da risposte genitoriali inadeguate rispetto a comportamenti del sonno del tutto normali dei loro figli. Anche in questo caso può essere assai difficile verificare empiricamente l’una o l’altra ipotesi; Benoit et al. (1992) hanno comparato le Se è concordemente riconosciuto il ruolo della responsività e disponibilità della figura di attaccamento per lo sviluppo di specifici pattern di attaccamento nel bambino, ciò va inteso non solo per i comportamenti diurni ma anche naturalmente per quelli notturni; si tratta certo di una condizione co-costruita a partire anche dalle richieste del bambino stesso. Sembrerebbe allora opportuno rimettere in questione il ruolo dell’early cosleeping quanto meno come indicatore di uno stile di accudimento genitoriale, ma anche come premessa di una ben diversa modalità di affrontare le difficoltà di addormentamento e di ripresa del sonno madri di bambini (toddlers) con disturbi del sonno Si pensi ad esempio al pavor nocturnus considerato normalmente un problema fase-specifico non patologico. Classificazione ottenuta con l’AAI, Adult Attachment Interview, consolidato strumento di assessment dello stile di attaccamento in età adulta. 66 Strange Situation Procedure, strumento di assessment dello stile di attaccamento per bambini dai 12 ai 18 mesi. 64 65 Franco Nanni Dove dormono i bambini 47 dopo i risvegli divenuti frequenti, ovvero, genitoriale per fargli riconquistare la condizio- schematicamente: ne di solitary sleeper. L’early cosleeper, all’approssimarsi della fine del primo anno di vita, è quasi certamente anco- 4.2.1 Una breve digressione cross-culturale ra vicino ai genitori durante la notte, ovvero è È stata avanzata l’ipotesi68 che la teoria dell’attac- per lo meno un room-sharer; quando le sue not- camento, pur nell’intento di individuare bisogni ti si fanno un po’ più difficili, i genitori, già del bambino sostanzialmente universali, nella sua abituati alla sua presenza in stanza, trovano attuale formulazione risulti comunque profonda- facile e naturale confortarlo rapidamente, come mente intrisa di concetti e rappresentazioni assolu- dimostra il dato già menzionato che i risvegli tamente peculiari della sola cultura occidentale. dei room-sharer sono più brevi. Tutto questo Non è questa la sede per un dibattito di questo sembra porre le basi per un positivo superamen- genere, ma rispetto al sonno c’è almeno un aspetto to di questa fase dello sviluppo del bambino, non secondario che viene sollevato da questo preparando le condizioni per una successiva genere di critica. Morelli, Rogoff e colleghi69 agevole conquista del sonno solitario. (1992) nella loro indagine qualitativa su famiglie I genitori che hanno condizionato il proprio neonato a dormire tutta la notte da solo arrivano alle turbative dei 9-12 mesi meno preparati, avendo goduto finora di una relativa pace notturna; anche il loro bambino deve affrontare condizioni meno favorevoli, poiché il passaggio al sonno è vissuto come una netta separazione, che si scontra o con un rifiuto da parte dei genitori di rispondere con la prossimità, o con una risposta acquiescente, e quindi ambivalente, di Maya del Guatemala notarono che il passaggio dal giorno alla notte, dalla veglia al sonno non sembrava, in quel contesto, essere percepito come critico in un qualunque senso, e, vista la normalità di bed- e room-sharing, non era ovviamente nemmeno collegato ad alcuna forma di separazione. Come già osservato in precedenza, sembra del tutto naturale che in una situazione culturale di quel tipo non venga avvertita la necessità di rituali dell’addormentamento. accettarlo obtorto collo nel lettone, con vissuti Sembrerebbe allora opportuno reinquadrare l’idea di fastidio e anche di inadeguatezza per non comunemente accettata in occidente che addor- riuscire più ad ottemperare ai consigli à la mentarsi significhi “necessariamente” separarsi, Estivill67. In entrambi i casi le risposte alle sue poiché altri orizzonti e rappresentazioni potrebbe- richieste di prossimità e di conforto sono per il ro codificare il passaggio al sonno in maniera del bambino meno che desiderabili. Questo non tutto diversa, al punto che il bambino non mette in implica necessariamente che i suoi problemi atto alcuna ricerca attiva di prossimità non solo notturni si aggravino, ma nel caso egli divenga perché tale prossimità è in qualche modo già un cosleeper di ritorno non è difficile immagi- garantita dagli assetti tradizionali del sonno, ma nare che occorra tempo e un certo impegno anche perché egli non avverte proprio alcun Il già citato Fate la nanna. Estivill e De Béjar (1999) Rothbaum, Weisz et al. (2000). 69 Non è superfluo precisare che Gilda Morelli compare anche tra gli autori dell’articolo appena citato (Rothbaum et al. 2000). 67 68 48 Franco Nanni Dove dormono i bambini segnale critico che ne attivi il bisogno. Potrebbe dormire precocemente soli, ma quella di un dunque darsi il caso che la cultura occidentale “sano” early cosleeping. abbia erroneamente sovrastimato e considerato assoluto l’accento posto sulla equazione sonno = separazione, con tutti i suoi corollari: cosleeping = rischio di simbiosi, solitary sleeping come training per l’autonomia: tale enfasi potrebbe infatti derivare da una serie di rappresentazioni culturali molto complesse ma non riscontrabili in altre società, e, cosa più importante, perfino non uni- 4.3 Cosleeping e problematiche edipiche Come premesso poc’anzi, non v’è traccia di queste problematiche nella letteratura oggetto di questa rassegna. Sembra opportuno, però, procedere in via ipotetica a rivedere alcuni dei concetti già esaminati alla luce del tema edipico. versalmente presenti tra gli stessi membri dei Pae- Innanzitutto si pone il problema dell’esordio del- si europei e americani. l’edipo; per quanto non vi sia precisa concordanza È infine il caso di ipotizzare che vi sia anche un’altra tendenza tipicamente occidentale che oggi dovrebbe forse essere messa in discussione, e che in qualche modo è in conflitto anche con la stessa teoria dell’attaccamento: l’assunto che fin dalla nascita i bambini debbano essere “allenati” in funzione di requisiti caratteristici di stagioni molto successive della loro vita, ben esemplificato dalla convinzione che un precoce sonno solitario fornisca un buon training per l’autonomia; ciò non solo è smentito dalle prime evidenze empiriche che si stanno producendo70, ma la stessa teoria dell’attaccamento, con il suo concetto di base sicura, rappresenta un momento di forte rottura nel momento in cui, sia pur non smentendo l’assunto tutto occidentale che l’autonomia e l’indipendenza siano i requisiti di un individuo riuscito, dichiara però che questa meta non si raggiunge richiedendo precocemente tali requisiti, ma rispondendo positivamente a precoci richieste di dipendenza. È precisamente in base a questo stesso assunto, dunque, che sembra possibile ipotizzare che la miglior preparazione alla condizione, anch’essa tutta occidentale, del saper dormire soli, non sia quella di 70 tra i vari autori su ciò, sembrerebbe di poter escludere implicazioni edipiche nel cosleeping primario, in quanto esso precederebbe di molto l’inizio di questa problematica. Assai più dubbia è la situazione del cosleeping di ritorno: per quanto nella massima parte dei casi provocato almeno in origine da dinamiche di attaccamento, potrebbe poi assumere anche caratteristiche di segno francamente edipico, in quanto non è difficile immaginare che, approdato al lettone magari sulla scorta di tutt’altri bisogni, il bambino finisca inevitabilmente per alimentare curiosità rispetto a ciò che accade lì in sua assenza, dovendosi poi misurare con la conflittualità e l’eccitazione insita nell’occupare un posto vicino al genitore oggetto dei suoi desideri. Questo è d’altronde lo scenario che Freud aveva dettagliatamente disegnato a proposito del piccolo Hans (Freud 1908). In via del tutto ipotetica potrebbe costituire una indiretta conferma di questa sollecitazione di curiosità e fantasie l’articolo di Fraley et al. (1991); gli autori hanno studiato un campione di bambini nordamericani intorno ai 26-29 mesi per valutare se disponessero o meno di termini (colloquiali o esatti) per indicare i genitali; tra i fattori che corrispondevano ad Cfr. il già citato studio di Keller e Goldberg (2004). Franco Nanni Dove dormono i bambini 49 un maggiore utilizzo di questi termini viene men- nascita del figlio (tipicamente il caso delle ragazze zionato anche il cosleeping. madri) oppure se tale condizione si è verificata ad Decisamente più critica è la relazione tra edipo e cosleeping tardivo: infatti, se il cosleeping primario è in buona misura preedipico e quello secondario può sviluppare una piena conflittualità edipica, il cosleeping tardivo si collocherebbe invece cronologicamente in latenza, e dunque fin da subito sembrerebbe delineare scenari con nodi irrisolti, un certo punto della vita del bambino, come nel caso di una separazione o della morte di un coniuge. Da casi clinici ripresi da altre fonti72 si apprende che è piuttosto frequente una riorganizzazione degli assetti del sonno conseguente a una rottura della struttura familiare. Le situazioni più tipiche possono essere rappresentate così: con il protrarsi di modalità di relazione che Dopo che il padre è andato a vivere altrove, la dovrebbero essere già archiviate. La ricchezza del- madre, genitore affidatario, accetta che il figlio le indagini sugli assetti del dormire in altre civiltà o la figlia dorma nel posto lasciato vuoto accan- dovrebbe però rendere prudenti nell’interpretare to a lei; l’età dei figli spazia dai pochi mesi fino superficialmente il cosleeping tardivo come sicuro agli 8-10 anni, e talvolta questa condizione si sintomo di patologie psichiche e/o relazionali: protrae fino anche alla piena adolescenza. potrebbe esserlo con ragionevole certezza solo La stessa riorganizzazione degli assetti del son- all’interno dell’orizzonte culturale tradizionale no può venir adottata nel caso in cui il padre sia dell’occidente, non certo in Guatemala, in Cina o deceduto. in Corea, e forse nemmeno nei contesti complessi, culturalmente variegati e mutevoli, talvolta degradati di tessuti urbani, di hinterland e di ricche campagne industriali d’Europa e d’America. 4.3.1 Cosleeping e separazioni familiari Quando una figlia trascorre la notte presso il padre, non affidatario, dorme nel suo stesso letto73, mentre a casa della madre continua a dormire come di abitudine nella propria stanza. Si potrebbe eventualmente teorizzare che queste forme di cosleeping siano un genere a sé, proba- Negli studi sulla diffusione del cosleeping sono bilmente con alto rischio patogenico, che potreb- stati spesso rilevati livelli elevati nel caso di geni- bero essere definite come cosleeping a triangola- tori (di solito madri) single. Questo potrebbe esse- zione ruotata. Non è difficile argomentare su quali re attribuito a diverse cause, come l’assenza del potenziali conflitti e angosce possano scatenarsi in “veto” paterno alla condivisione del sonno con i un bambino che improvvisamente si trova ad bambini oppure il bisogno di consolazione e di occupare il posto del genitore “rivale”, tanto peg- conforto di entrambi madre e bambini, fino anche gio se questi è deceduto, e del tutto coerentemente a delineare un problema di reversione dei ruoli di la clinica incontra spesso sintomi infantili di tipo cura e consolazione; dunque non tutte le possibili nevrotico manifestati a scuola o all’asilo, i cui cause delineano situazioni triangolari, mentre portatori si rivelano poi essere cosleepers a trian- occorrerebbe che i dati mettessero in grado di golazione ruotata. 71 sapere se questi genitori sono stati soli fin dalla 71 72 73 Ball, Hooker e Kelly (2000) In particolare da: Fava Vizziello e Stern (1992), Colucci (1992) e da comunicazioni personali da parte di clinici. È questo il caso riportato ampiamente da Colucci (1992). 50 Franco Nanni Dove dormono i bambini 4.3.2 Note cross-culturali sull’edipo Appare necessario e in certa misura ovvio interrogarsi su come potrebbe essere concettualizzato l’edipo nei contesti culturali nei quali la pratica del cosleeping si protrae abitualmente oltre i 5-6 anni fino anche alla pre-pubertà. Per quanto non sia questa la sede per approfondire la cosa, il panorama delle pratiche sociali del sonno nella maggior parte delle culture induce per lo meno una serie di domande concentriche, ovvero se, e con quali modalità la concezione edipica è esportabile: al di fuori della media borghesia viennese di inizio novecento al di fuori dei valori e delle pratiche di vita della classe media bianca europea e americana al di fuori del contesto socio culturale euro-americano. Sembrerebbe che gli assetti del sonno praticati in molti ambiti portino verso la necessità di profonde modificazioni delle concezioni edipiche, per poter essere concretamente applicabili in altri contesti. Franco Nanni Dove dormono i bambini 51 5 CONCLUSIONI Per quanto quantitativamente non abbondanti, tutte le ricerche che hanno indagato sulla pre- Questo capitolo mira a riprendere le conclusioni senza di correlazioni tra cosleeping e disturbi già contenute nelle singole sezioni, e soprattutto a comportamentali e emotivi hanno concorde- individuare quali siano le implicazioni ulteriori di mente dato esiti negativi. quanto emerso in questa rassegna in diversi ambiti di interesse rispetto agli assetti del sonno tra genitori e bambini. In occidente il cosleeping sembra spaziare da condizioni di assoluta normalità e salubrità, ad altre di lieve disturbo per lo più localizzato nel- Sinora si è visto che: le perturbazioni del sonno, fino a divenire sin- Il cosleeping è ampiamente diffuso fuori da tomo Europa e USA in tutte le età infantili. Il cosleeping nei primi 6-12 mesi di vita è stato evolutivamente e ancor oggi in molte società un e talvolta con-causa di gravi psicopatologie. 5.1 Implicazioni per la ricerca quasi-universale, come parte di un sistema più La letteratura finora indicizzata sull’argomento ampio di accudimento che immancabilmente vede una prevalenza di studi su campioni piuttosto include l’allattamento al seno a richiesta. In piccoli, spesso di difficile lettura in termini di rap- questa forma sembra essere un elemento chiave presentatività, mirati per lo più a comprendere di modalità di accudimento ben sintonizzate aspetti quantitativi del fenomeno. Si avverte il sulla fisiologia e neurofisiologia del neonato. bisogno di una maggiore definizione qualitativa e È relativamente poco diffuso nei Paesi occiden- di profondità, per giungere a una comprensione tali, ma con caratteristiche specifiche e diverse chiara delle sequenze quotidiane familiari rispetto dagli altri contesti: tende ad avere un esordio agli assetti del sonno e delle sottostanti motivazio- più tardivo, a essere iniziato e richiesto dai ni manifeste ed eventualmente latenti. Sarebbe bambini, a costituire un tentativo di coping da opportuno raccogliere un cospicuo numero di parte dei genitori rispetto a risvegli notturni e “narrazioni della notte” da parte di genitori e, ove altre perturbazioni del sonno infantile. possibile, di bambini, sia sani che portatori di Il cosleeping neonatale in occidente potrebbe però essere sottostimato, dal momento che alcu- euro-americani che di altre culture; in questo, la ni studi hanno rilevato percentuali superiori alle definizione raggiunta dallo studio di Morelli et al. attese. (1992) appare tra le più soddisfacenti. Ciò permet- Sembra che negli ultimi 10-15 anni vi sia in occidente una debole ma significativa tendenza all’aumento di questa pratica almeno nei primi mesi di vita, o quanto meno una maggiore propensione a non nasconderne l’utilizzo. 52 qualche disturbo del sonno o in altre aree, sia terebbe di capire anche quanto vaste siano le implicazioni psicologiche, culturali, rappresentazionali che precedono, accompagnano e seguono la scelta o la tradizione di dormire assieme al neonato. Franco Nanni Dove dormono i bambini Alla luce dei primi risultati riportati74 è necessario Si direbbe quindi che presso i clinici gli aspetti approfondire ampiamente lo studio delle conse- disturbanti e “malati” del cosleeping siano decisa- guenze a breve e a lungo termine del cosleeping mente sovra-rappresentati. Ciò non pare essere nelle sue diverse forme; in questo ambito il dise- senza conseguenze rispetto alle rappresentazioni gno di ricerca di Keller e Goldberg (2004) sembra di questa pratica in ambito clinico. Occorrerebbe porsi come un buon riferimento, suscettibile certa- conoscere meglio queste rappresentazioni, e anche mente di ampliamenti e migliorie. Gli sviluppi che come esse vengono poi ricevute e ri-rappresentate ci si attende paiono andare nella direzione di ridi- da parte dei genitori. Ci sono segnali in questa mensionare, se non addirittura di demolire molte direzione, ma in definitiva non si sa se e in quale convinzioni relative all’abituazione precoce al misura i genitori, o sottogruppi genitoriali abbiano sonno solitario come training per l’autonomia. interiorizzato (a torto o a ragione) l’idea di un In questa prospettiva diventa anche importante conoscere meglio le diverse rappresentazioni sociali del cosleeping presso la popolazione media, presso sottoclassi socioculturali e professionals a contatto con i genitori come pediatri, generalizzato e assoluto veto rispetto al cosleeping da parte di pediatri, neuropsichiatri e psicologi, e se ciò induca poi vissuti di colpa e inadeguatezza in coloro che lo praticano, con tutto il contorno di ambivalenza che ciò può comportare. insegnanti e psicologi. È pensabile che l’intreccio Leggendo gli articoli che parlano di prevenzione di queste rappresentazioni non sia senza conse- della SIDS sembra che le preoccupazioni per i guenze sulle pratiche concrete dell’uno o dell’al- rischi di morte del bambino causate specificamen- tro assetto del sonno, e sui vissuti che lo te dal cosleeping siano assai spesso sovrastimate, accompagnano. o quantomeno molto enfatizzate; la riflessione psicoanalitica potrebbe portare anche nella ricerca 5.2 Implicazioni per la clinica empirica una domanda di fondo: se a un qualche livello le profonde implicazioni edipiche di alcune Sembra che all’attenzione del clinico giungano forme di cosleeping siano uno dei fattori che spin- assai più spesso le forme anomale e finanche pato- ge, ben al di là delle modeste evidenze statistiche, logiche e patogene di cosleeping, in quanto costi- a evocare scenari di morte al fine di disincentivare tuiscono parte dell’eziologia di disturbi infantili una pratica che in realtà spaventa e turba per ben segnalati dalla scuola o dai genitori stessi; sembra altri motivi. ragionevole ritenere che il cosleeping primario venga rilevato assai di rado, in quanto relativamente breve e in linea generale benefico o innocuo, e che il cosleeping di ritorno entri nello studio del clinico soprattutto per i disturbi del sonno ad esso collegati, nonché a causa della stanchezza genitoriale per le continue e frequenti interruzioni del proprio sonno. 74 Per quanto riguarda la pratica clinica quotidiana, sembra opportuno rilevare per ogni singolo caso anche gli assetti del sonno presenti ed eventualmente passati, e in seguito distinguere tra cosleeping primario, secondario o tardivo, in quanto le valutazioni che se ne possono trarre sono diverse e ben distinte; per quanto riguarda le età successive alla prima infanzia non si può che concordare con Si veda Keller e Goldberg (2004). Franco Nanni Dove dormono i bambini 53 le raccomandazioni formulate da Cortesi, Gian- consultazioni del pediatra rispetto alle disposizio- notti e colleghi (2004): ni nel sonno potrebbero essere ben più alte. “Anche se non abbiamo trovato nel nostro stu- La domanda di fondo che può essere posta è: alla dio alcuna evidenza di problemi comportamen- luce di questa rassegna di studi è possibile indivi- tali o emozionali nei cosleepers, raccomandia- duare linee generali su cui basare i consigli ai mo comunque ai clinici di includere nella rou- genitori da parte dei professionisti che vengono tine l’indagine sugli assetti del sonno in bam- consultati? Se la risposta fosse affermativa, quali bini grandi e adolescenti. Se si riscontra che il potrebbero essere queste linee guida? Certo non è cosleeping è praticato, deve essere accertato se pensabile che si debba attentare alla autonomia si tratti di una scelta di vita, di una risposta transitoria a eventi stressanti, o se invece non professionale di un clinico quando si trova di fron- sia parte di un più ampio insieme di relazioni te una specifica famiglia ed è quindi in condizioni familiari psicologicamente disturbate oppure di compiere valutazioni molto più motivate e con- di problemi psicologici individuali. grue di qualunque generalizzazione. Inoltre la per- Questa esigenza di conoscere fedelmente quali pratiche del dormire siano praticate in famiglia potrebbe venir parzialmente inficiata dalla eventualità, già documentata in precedenza, che alcuni genitori nascondano determinati assetti del sonno temendo la stigmatizzazione da parte delle figure professionali a cui si rivolgono. Potrebbe essere opportuno, da parte del clinico, chiarire in anticipo se esistono questi timori nei suoi riguardi in modo da elaborarli e risolverli. cezione del cosleeping è colorata di risonanze personali anche profonde sia nel genitore che nel professionista che vanno conosciute e elaborate, piuttosto che negate da una presunta informazione oggettiva. Premesso questo, è innegabile che, pur nella complessa eterogeneità già messa in evidenza, questa mole di studi non sia una indistinta nebulosa, ma riesca a tracciare una immagine comprensibile e enunciabile. Ed è con un tentativo di esplicitarla che si conclude questo lavoro. Primi mesi di vita: 5.3 Implicazioni per il Counseling ai In presenza di sostanziale salute psico-fi- genitori sica e di abitudini di vita salubri, sembra che il modo in cui le loro fisiologie di madre e Nel loro studio su genitori di 901 bambini romani neonato si sono evolute per milioni di anni dai 6 ai 12 anni Cortesi, Giannotti e colleghi han- facciano ritenere che le condizioni migliori no riscontrato che soltanto l’8% dell’intero cam- consistano nella combinazione di un fre- pione dichiarava di aver parlato con il pediatra a quente contatto fisico diurno e dell’allatta- proposito degli assetti del sonno; curiosamente il mento al seno a richiesta anche di notte tra- 5% erano famiglie di cosleepers e solo il 3% di mite la condivisione di una superficie sicura non-cosleepers. Non è possibile stabilire quanto e stabilmente organizzata sulla quale la cop- questo dato sia generalizzabile; indubbiamente il pia madre-bambino dorme. campione riguarda una fascia di età piuttosto alta, mentre 54 per i neonati le percentuali di Quando vi sono abitudini di vita non salubri (fumo, alcolici, stupefacenti), Franco Nanni Dove dormono i bambini problematiche psichiche della madre specie Dai 18-24 mesi se trattate farmacologicamente (in particola- Molte culture proseguono l’uso di dormi- re sedativi), obesità materna, possibilità di re insieme e vicini anche fino alla prepuber- stati di sovraffaticamento della madre, sem- tà, e non sembra che ciò provochi danni. bra consigliabile limitarsi al room-sharing Tuttavia appare più consono alle abitudini e su superfici separate, che rendano comunque ai valori della nostra società promuovere il neonato raggiungibile con facilità e in con gradualità, ma anche con irreversibilità sicurezza. la capacità di affrontare la notte nella pro- Dai 6-8 mesi ai 18 mesi (circa) Il bed-sharing non è più una priorità; per le caratteristiche dello sviluppo psicofisico, pria stanza. Nel caso di rotture e cambiamenti nel sistema familiare dell’attaccamento e del sonno in questa età Se e ove possibile, sembra opportuno il room-sharing sembra essere la pratica più monitorare e elaborare i bisogni di ciascun efficace che garantisce un sonno migliore e membro, e aiutare quindi a costruire risposte più soddisfacente sia al bambino che ai diverse dalla riorganizzazione degli assetti genitori. del sonno, specialmente se si profila il Man mano che il bambino cresce può rischio di confusione di ruoli e compiti di essere opportuno limitare le sue eventuali accudimento. incursioni nel letto genitoriale, che comun- In tutti i casi sembra opportuno impostare la con- que non dovrebbero di norma essere molto sulenza ai genitori su un principio di ascolto e frequenti grazie alla relativa prossimità assi- rispetto che permetta di far emergere la complessi- curata dalla compresenza genitoriale nella tà di vissuti, rappresentazioni, bisogni remoti e stessa stanza. vicini che sottostà a tutti, indistintamente tutti gli assetti del sonno. Franco Nanni Dove dormono i bambini 55 BIBLIOGRAFIA AAVV (1997) Does bed sharing affect the risk of SIDS? American Academy of Pediatrics. Task Force on Infant Positioning and SIDS. Pediatrics. 1997 Aug;100(2 Pt 1):272. Abel S., Park J., Tipene-Leach D., Finau S., Lennan M. (2001) Infant care practices in New Zealand: a cross-cultural qualitative study. Soc Sci Med. 2001 Nov;53(9):1135-48. Adams S.M., Jones D.R., Esmail A., Mitchell EA. (2004) What affects the age of first sleeping through the night? J. Paediatr Child Health. 2004 Mar;40(3):96-101. Alexander R.T., Radisch D. (2005) Sudden infant death syndrome risk factors with regards to sleep position, sleep surface, and co-sleeping. J. Forensic Sci. 2005 Jan;50(1):147-51. Alm B., Lagercrantz H., Wennergren G. (2006) [New discoveries on sudden infant death. Pacifiers protect, "co-sleeping" and nicotine (also patch/chewing gum) increase the risk]. Lakartidningen. 2006 Feb 22-28;103(8):528-9. Swedish. 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(1998) An epidemiologic longitudinal study of sleeping Franco Nanni Dove dormono i bambini 67 INDICE 1 IL COSLEEPING: ASPETTI GENERALI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 1.1 Definizione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 1.2 Il motivo di un interesse specifico verso il cosleeping . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 1.3 Presenza nella letteratura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2 2 ANALISI DEGLI STUDI SPECIFICI SUL COSLEEPING . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5 2.1 studi sulla diffusione del cosleeping . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5 2.1.1 Eterogeneità metodologiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5 2.1.2 Diffusione del cosleeping . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9 2.1.3 Caratteristiche positivamente correlate con il cosleeping . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10 2.1.4 Alcune questioni aperte . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11 2.2 Valori, tradizioni, credenze e aspettative . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14 2.2.1 La manualistica sul sonno per i genitori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16 2.2.3 Il punto di vista dei genitori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18 2.3 problematiche e ipotesi di terminologia e di ricerca . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20 2.4 I correlati fisiologici del sonno in cosleepers e solitary sleepers . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24 2.4.1 Le caratteristiche del sonno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26 2.4.2 Altre misure fisiologiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28 2.4.3 Cosleeping e allattamento al seno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29 2.6 Effetti psicologici a breve e a lungo termine del cosleeping . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30 2.6.1 Disturbi dell’addormentamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31 2.6.2 Disturbi del sonno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34 2.6.3 Questioni di autonomia e indipendenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 36 2.6.4 Altri effetti e correlati del cosleeping . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 38 3 COSLEEPING E RISCHIO PER LA SIDS . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 40 3.1 Cosleeping: rischio, protezione, o cos’altro? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 40 3.2 Possibili sinergie tra psicologia e ricerca sulla SIDS . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41 4 COSLEEPING TRA EVOLUZIONE, ATTACCAMENTO E EDIPO . . . . . . . . . . . . . . . . . . 44 4.1 L’approccio evoluzionistico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 44 4.2 Cosleeping e attaccamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 46 4.2.1 Una breve digressione cross-culturale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4.3 Cosleeping e problematiche edipiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4.3.1 Cosleeping e separazioni familiari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4.3.2 Note cross-culturali sull’edipo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5 CONCLUSIONI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 48 49 50 51 52 5.1 Implicazioni per la ricerca . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 52 5.2 Implicazioni per la clinica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 53 5.3 Implicazioni per il Counseling ai genitori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 54 BIBLIOGRAFIA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 56 68 Franco Nanni Dove dormono i bambini Tab. 1 parte 1 STUDI SULLA DIFFUSIONE DEL COSLEEPING Legenda dei fattori a correlaz. positiva con il cosleeping: BF: allattamento al seno, CV: valori culturali della famiglia, ETN: appartenenza a subculture etniche o native, HSES: alto status socioeconomico, LED: basso livello di istruzione, LSES: basso status socioeconomico, SD: disturbi del sonno, SP: famiglie monoparentali, SW: un genitore con lavoro a turni, YM: madre di Legenda per i dati:, CS: cosleeping , RS: room-sharing, BS: bed-sharing, Attributi: AN / O / F / R: tutta la notte / occasionale / frequente / routinario LUOGO SOGGETTI 17 Paesi CORRELATI RIF. BIBLIOG. CONTESTO DATI SALIENTI 4656 F. ETA' BAMBINI 3 mesi Vari Nelson EA, Taylor BJ et al. 2001 AUS 27 M. Infant Nativi Hmong Liamputtong P. 2002 AUS 6-12 sett. Urbano Perth Eades SJ, Read AW. 1999 BRA 273 madri aborigene 55 B. BS da 2% a 88% RS da 58% a 100% RBS come parte delle pratiche normali RS 96% BS 68% 2-10 anni RCS 80% 2-3 A, 25% 810 A Reimao R, de Souza JC, et al. 1999 BRA 44 B. 0-10 anni 1999 67 B. 2-10 anni Reimao R, De Souza JC et al. 1998 CH 493 B. CINA 517 B. Hong Kong 195 M. Follow Up longit. 0-10 anni Scuola Elementare Infant RCS 100% a 0-2 anni, 81,5% 2-10 anni RCS come valore relativo al legame familiare FBS <10% (<12mesi) 38 SD % (4 A) Reimao R, De Souza JC et al. BRA Rurale, comunità Afro-brasiliana Furnas do Dioniso Nativi Bororo Mato Grosso Nativi Terena Mato Grosso Suburbano Jenni OG, 2005 Fuhrer HZ et al. RBS 26,4%, RRS 21,6% Liu X, Liu L, Wang R. 2003 RRS 81% RBS 32% Nelson EA, Chan PH. 1996 Tab. 1 parte 2 STUDI SULLA DIFFUSIONE DEL COSLEEPING Legenda dei fattori a correlaz. positiva con il cosleeping: BF: allattamento al seno, CV: valori culturali della famiglia, ETN: appartenenza a subculture etniche o native, HSES: alto status socioeconomico, LED: basso livello di istruzione, LSES: basso status socioeconomico, SD: disturbi del sonno, SP: famiglie monoparentali, SW: un genitore con lavoro a turni, YM: madre di Legenda per i dati:, CS: cosleeping , RS: room-sharing, BS: bed-sharing, Attributi: AN / O / F / R: tutta la notte / occasionale / frequente / routinario LUOGO SOGGETTI IND 103 B. IRL CORRELATI RIF. BIBLIOG. ETA' BAMBINI 3-10 anni CONTESTO DATI SALIENTI ND CS 93% Infant Registro Nascite SCS 13% East Health Board ITA Roma 197 neonati (campione random) 2889 B. Bharti B, Malhi P, Kashyap S. Cullen A, Kiberd B et al. 1-72 mesi Urbano Ottaviano et al. ITA Roma 901 B. 6-12 anni 6 scuole di Roma Korea 427 B. 1-7 anni Urbano NOR NZL 76 M. Sami (ETN) 4 anni + 86 M. norveg. 6268 W+ETN 3-6 mesi (ETN sovrarappresenta ti) Comparativo tra 2 culture Campione stratificato NZL ND Infants Vari POL 71 B. Infant CS da 0,2% (1-5 m) a DS 17,5% (61-72 m) ANCS 8% (6-7 A) 4% (8 LSES, SP -9 A) 3,5% (10-11 A) (prev.ly prol. BF, SD) YM, SP*, RBS 45% RRS 43% NCS 12%; NCS a 5-7 A: CV 25% CS Sami: 47%, Norw: 9 % OBS 43%, FBS 17% ETN RBS 12,2% generale BS 8% LED, ETN, SP, LSES 2006 2000 1996 Cortesi F, 2004 Giannotti F et al. Yang CK, Hahn HM. 2002 Javo C, Ronning 2004 JA et al. Tuohy PG, Smale P et al. 1998 Tuohy PG, Counsell AM et al. Grygalewicz J, Mazurkiewicz H et al. 1993 2000 Tab. 1 parte 3 STUDI SULLA DIFFUSIONE DEL COSLEEPING Legenda dei fattori a correlaz. positiva con il cosleeping: BF: allattamento al seno, CV: valori culturali della famiglia, ETN: appartenenza a subculture etniche o native, HSES: alto status socioeconomico, LED: basso livello di istruzione, LSES: basso status socioeconomico, SD: disturbi del sonno, SP: famiglie monoparentali, SW: un genitore con lavoro a turni, YM: madre di Legenda per i dati:, CS: cosleeping , RS: room-sharing, BS: bed-sharing, Attributi: AN / O / F / R: tutta la notte / occasionale / frequente / routinario LUOGO SOGGETTI SAU 511 M + 501 F SWE 60 F. UK 1095 B. ETA' BAMBINI 5-13 anni M= 9,5+/-1,9 6 mesi - 8 anni 0-12 mesi RIF. BIBLIOG. DATI SALIENTI ND CS 12,4% BaHammam A, AlFaris E et al. 2006 Urbano (Stoccolma ) Campione nazionale North Tees BS (R+F) 72% fino a 3 A . A 7-8 A 33% M, 50% F OBS 46% RBS 30% BF,HSES Welles-Nystrom B. 2005 OBS 47% RBS 27% CS 65% di cui 90% CS triadico CS 15% BF,HSES Blair PS, Ball HL 2004 .Hooker E, Ball 2001 HL, Kelly PJ. RBS 50,8% a 1 M, 17,7 %a6M ETN UK 261 B. UK (northeastND England) 1-3 mesi Infant USA 944 B. 0-2 anni West Virginia USA 185 M. 56% W, 44% ETN 1-6 mesi Urbano USA 68 famiglie Follow Up 0-4 anni USA B. AfroAmericani circa 2 settimane 8453 F. Infants USA CORRELATI CONTESTO CS 25% Urbano basso reddito Vari - Dati comp. 1993-2000 RBS 41% RBS 5,5% 1993, 12,8% 2000 YM, ETN, LSES Blair PS, Ball HL 2004 . MontgomeryDowns HE, Gozal D. Shields LB, Hunsaker DM et al. Gaylor EE, Burnham MM et al. Vemulapalli C, Grady K et al. 2006 Willinger M, Ko CW et al. 2003 2005 2005 2004 Tab. 1 parte 4 STUDI SULLA DIFFUSIONE DEL COSLEEPING Legenda dei fattori a correlaz. positiva con il cosleeping: BF: allattamento al seno, CV: valori culturali della famiglia, ETN: appartenenza a subculture etniche o native, HSES: alto status socioeconomico, LED: basso livello di istruzione, LSES: basso status socioeconomico, SD: disturbi del sonno, SP: famiglie monoparentali, SW: un genitore con lavoro a turni, YM: madre di Legenda per i dati:, CS: cosleeping , RS: room-sharing, BS: bed-sharing, Attributi: AN / O / F / R: tutta la notte / occasionale / frequente / routinario LUOGO SOGGETTI USA 394 madri ETA' BAMBINI 7-12 mesi USA 218 afroamericani 5-12 settinane USA 410 F. di cui 61% 0-6 mesi ETN USA 303 F. 2-3 anni USA 150 B. USA HispanoAmericani 101 caregivers 6 mesi - 4 anni 6-48 mesi USA ND CONTESTO DATI SALIENTI CORRELATI Campione basso reddito RBS 48% SP OBS 61% BS night before 48,6% Urbano, Philadelphia CS 46% CS (O+F+R) 55% Urbano (Cleveland ) Urbano, East Harlem, New York Urbano, New Orleans SP, ETN, SD RBS 70% Black Fam. 35 % Wht Fam. ANCS 21% RS 80% SP,SD CS 88% SP, LSES RIF. BIBLIOG. Brenner RA, Simons-Morton BG et al. Flick L, White DK, Vemulapalli C et al. Gibson E, Dembofsky CA et al. Madansky D, Edelbrock C. Lozoff B, Wolf AW, Davis NS. 2003 Schachter FF, Fuchs ML et al. 1989 Weimer SM, Dise TL et al. 2002 2001 2000 1990 1984