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Dove dormono i bambini - SOS-crescere Genitori e Bambini

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Dove dormono i bambini - SOS-crescere Genitori e Bambini
Franco Nanni
Dove dormono i bambini
Rassegna della letteratura scientifica sul cosleeping
MONOG R AF IE
A s s o c i a z i o n e p e r la tu t e l a d e l l ’ e t à e v o l u t i v a
S e d e le g a l e : V ia V e n e z i a 4 0
40 0 6 8 Sa n La z z a r o di Sa v e n a BO
Pe r in f o r m a z i o n i te l e f o n i c h e
34 9 855 7 4 6 6
e-ma i l in f o @ s o s c r e s c e r e . o r g
Inter net: ww w . s o s c r e s c e r e . o r g
1 IL COSLEEPING: ASPETTI GENERALI
di vita; vengono talvolta usate espressioni come
“(routinely) solitary sleeper” e “(routinely)
cosleeper” per distinguere tra bambini che dor-
1.1 Definizione
mono (più o meno abitualmente) soli o con
Il fenomeno del cosleeping, letteralmente “dormire insieme” viene di norma utilizzato per indicare
tutte quelle situazioni della prima infanzia in cui il
bambino dorme assieme alla madre o a entrambi i
genitori. Il termine è quindi generale e richiede
una ulteriore distinzione tra room-sharing (condivisione della stanza) e bed-sharing (condivisione
del letto); è in questo ultimo significato che buona
parte della letteratura lo utilizza, in particolare
quando vengono considerati i fattori di rischio per
la SIDS (Sudden Infant Death Syndrome); altri
studi sembrano sottintendere che cosleeping includa sia room-sharing che bed-sharing, esplicitando
di volta in volta a quale pratica ci si riferisce; per
altre persone.
Cosleeping “reattivo”, che inizia di norma dopo
i 12 mesi, spesso in risposta a un disturbo del
sonno; alcuni autori parlano anche di night
wandering, bambini o adulti che vanno da un
letto all’altro durante la notte) e cosleeping
come scelta, sia della singola famiglia che derivato dalla tradizione.
Bed-sharing in senso stretto, room-sharing nelle sue diverse possibilità, come la condivisione
di una ampia superficie (come in alcuni usi
orientali) o la semplice compresenza nella stanza di diversi letti individuali;
maggiore chiarezza pare preferibile in questa ras-
Cosleeping diadico, triadico, con fratelli e
segna considerare cosleeping come sinonimo di
sorelle, o raramente con adulti che non sono i
bed-sharing, utilizzando invece per la condivisio-
genitori.
ne della stanza, ma non del letto, solo il termine
Per quanto la ricerca si sia indirizzata per lo più
non ambiguo room-sharing.
verso i primi mesi e più in generale i primi tre
Gli studi operano anche distinzioni quantitative e
(in parte) qualitative, ma la variabilità di terminologie e di soglie di frequenza è assai ampia: se ne
può tracciare qui una ragionevole sintesi, rinvian-
anni di vita, non mancano studi che indagano il
fenomeno anche in età successive, ovviamente
con implicazioni diverse da quelle utilizzate per il
neonato.
do poi all’analisi degli studi più approfonditi
l’esame
delle
specifiche
modalità,
anche
socio-cultutali, con cui viene attuata questa
pratica.
Le
distinzioni
più
spesso
operate
riguardano:
Cosleeping lungo tutta la notte ovvero solo per
alcune ore (all-night / part-night cosleeping);
cosleeping occasionale (indicativamente fino a
1-2 notti/settimana), frequente (3-4 notti/settimana) e stabile, ovvero ogni notte e come stile
Franco Nanni Dove dormono i bambini
1.2 Il motivo di un interesse specifico verso il
cosleeping
Il sonno è tradizionalmente un’area critica della
relazione tra genitori e figli nei primi anni di vita,
sia dal punto di vista dei genitori stessi che da
quello di pediatri e altri professionals a contatto
con le famiglie. Una parte, forse, di queste criticità
potrebbe essere evitata se si tenesse conto che
l’acquisizione di ritmo del sonno stabile e contraddistinto da rari risvegli è un processo
1
fisiologico lento e progressivo, rispetto al quale
confortarlo trattandoli come semplici “cattive abi-
esistono in molti genitori aspettative non realisti-
tudini”, e non come gesti filogeneticamente svi-
che. Nella manualistica destinata a questi ultimi
luppati per assicurare la sopravvivenza. Sembra
non mancano mai consigli relativi alle abitudini
sfuggire, a questi consiglieri del sonno, la diffe-
del sonno, consigli la cui impostazione risente dei
renza tra il condizionare un topolino da laborato-
più diversi influssi, e finisce spesso col disorienta-
rio a premere una leva e il condurre al sonno il
re il lettore. All’interno di questa tematica genera-
neonato di una specie con un cervello e una storia
le la presenza dei bambini nel lettone ha un consi-
evoluzionistica piuttosto diversa. Si danno consi-
derevole spazio, talvolta stigmatizzata, talaltra
gli sul sonno come se, in ultima analisi, nell’asset-
enfatizzata.
to che genitori e figli adottano nell’accomiatarsi
Sembra dunque che l’assetto familiare al momento del sonno si collochi in un crocevia complesso,
che tocca ambiti diversi: evoluzionistico e etologico, sociologico, sistemico, psicologico e psicoana-
dal giorno e entrare nell’oscurità onirica non
entrasse affatto tutta la complessità relazionale
umana e tutto si riducesse a banale geografia di
materassi e lettini.
litico; per di più si tratta di ambiti che non possono restare separati, in quanto nella pratica essi
1.3 Presenza nella letteratura
interagiscono e retroagiscono in modo ricorsivo.
Le banche dati Pubmed e Webspirs, utilizzando
Un argomento estremamente complesso e stimo-
separatamente le chiavi di ricerca “cosleeping /co-
lante, dunque, che troppo spesso nella letteratura
sleeping” e “bedsharing/bed-sharing”, hanno for-
divulgativa viene relegato al rango di “norma igie-
nito complessivamente (dopo l’eliminazione di
nico-sanitaria” facendone il campo di applicazione
alcuni lavori manifestamente non pertinenti con
1. Articoli indicizzati Pubmed-Webspirs
concernenti il co-sleeping
30
25
20
15
10
5
<1980
1981
1982
1983
1984
1985
1986
1987
1988
1989
1990
1991
1992
1993
1994
1995
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006*
0
* 2006 primi 3 mesi
di condizionamenti behavioristici per “dormire
l’oggetto di questa rassegna) 248 studi disposti
tranquilli”. Seguendo i consigli di certi esperti si
lungo un trentennio, dal 1976 al 2006 (primi 3
dovrebbe inibire l’elementare impulso del bambi-
mesi). Come si può vedere nel grafico 1, è dopo i
no a segnalare col pianto il proprio disagio e l’al-
primi anni novanta che il cosleeping è diventato
trettanto elementare impulso dei caregiver a
oggetto non occasionale di ricerca, sia come
1
1
2
Attualmente va per la maggiore il manuale “Fate la nanna”, di Estivill e De Béjar (1999).
Franco Nanni Dove dormono i bambini
argomento in sé che come fattore di rischio per la
di quanto non si pensi comunemente anche nei
SIDS.
paesi industrializzati, e non solo nelle sub-cul-
Dal momento che il cosleeping non è considerato
un disturbo del sonno a sé stante, il suo ricorrere
in letteratura è di norma associato a diverse tematiche, tra le quali spicca, quantitativamente, l’esame dei fattori di rischio per la SIDS. È quindi
opportuno suddividere il corpo degli studi in tre
parti:
Studi specifici sul cosleeping
ture etniche.
Un secondo gruppo di grande interesse, anche
se numericamente limitato, riguarda lo studio
comparato di diversi correlati fisiologici del
sonno tra solitary sleepers e cosleepers; tra
questi, i lavori di McKenna e Mosko (1990,
1993, 1994, 1997, 2005) sono esplicitamente
progettati in base all’assunto che il cosleeping
tra madre e neonato sia stato caratterizzato dal-
Si tratta del gruppo di gran lunga più interes-
l’evoluzione come l’assetto che meglio garanti-
sante e ricco per la ricerca mirata al fenomeno
sce la cura del piccolo.
del cosleeping. Lo sviluppo di questo settore di
Nonostante lo scopo di queste ricerche sia, di
indagine è stato spesso indotto dall’interesse
frequente, l’esplorazione del cosleeping come
che il cosleeping ha riscosso, ancora una volta,
fattore di rischio per la SIDS, sono state incluse
come fattore di rischio per la SIDS, ma nelle
tra gli studi specifici, sia per la loro impostazio-
premesse di parecchi lavori compaiono espres-
ne metodologica che per le implicazioni più
sioni di insoddisfazione per l’indiscriminata
generali dei loro risultati. Questo gruppo di stu-
diffusione di raccomandazioni ai genitori asso-
di specifici è formato da 85 articoli (34%).
lutamente avulse dalle diverse tradizioni etniche e culturali: ha colpito più di un ricercatore
la diversa distribuzione del rischio di SIDS che
non corrisponde sempre alle aspettative costruite in base a criteri e costumi nordamericani e
europei. È per questo motivo che la base conoscitiva di questo insieme di lavori è costituita
da ricerche che indagano la prevalenza del
cosleeping e delle sue varie articolazioni e submodalità in paesi dell’occidente industrializzato
e in diverse culture native o tradizionali, giungendo alla conclusione che il cosleeping (quanto meno per la primissima infanzia) è l’abitudine di gran lunga più diffusa sia geograficamente
che storicamente, nonché la condizione nella
quale per milioni di anni si è evoluto il sonno di
adulti e bambini. Con una certa sorpresa si è
constatato che il cosleeping è assai più diffuso
Franco Nanni Dove dormono i bambini
Studi sulla SIDS (Sudden Infant Death Syndrome)
Si tratta di ricerche sul ruolo del cosleeping nella SIDS, che individuano il cosleeping sia come
fattore di rischio che come fattore protettivo: la
contraddizione sembra essere solo apparente,
una volta che siano stati esplicitati numerosi
altri fattori sia di contesto che di disegno della
ricerca stessa. Appartengono a questo gruppo
136 articoli (55%). Nonostante la maggioritaria
presenza quantitativa, questi studi di norma non
approfondiscono che parzialmente il tema specifico del cosleeping e la sintesi dei loro risultati apparirà inevitabilmente sottodimensionata
rispetto alla mole di articoli presenti negli
archivi.
Altri studi
Sono
raccolti
in
questo
gruppo
3
complessivamente 27 articoli (11%), dei quali
conosciuto tre picchi (tra i 10 e i 15 articoli) nel
15 considerano il cosleeping nel quadro più
1995, 2000 e 2005, e la tendenza dei primi tre
ampio dei disturbi del sonno, mentre altri 12
mesi del 2006 sembra superare l’anno precedente.
hanno argomenti e impostazioni eterogenee.
Gli studi specifici, invece, sembrano mostrare una
Ci si è chiesto, infine, se l’attenzione dei ricerca-
macro-tendenza alla crescita, ma l’andamento
tori per il cosleeping si sia evoluta secondo qual-
alterno non permette di affermarlo con certezza
che linea di tendenza nel tempo; per farlo si sono
nel momento presente. Marginale, infine, pare
2. Articoli sul cosleeping, per soggetto
20
15
Specifici
SIDS
10
Altri
5
0
1992
1994
1996
1998
2000
2002
2004
2006*
1993
1995
1997
1999
2001
2003
2005
* 2006 primi 3 mesi
distinti per argomento i 233 articoli pubblicati dal
essere il ruolo del cosleeping negli altri studi rela-
1992 a oggi, con i risultati visibili nel grafico 2.
tivi ai disturbi del sonno e ad altre tematiche.
Come si può notare, gli studi sulla SIDS hanno
4
Franco Nanni Dove dormono i bambini
2 ANALISI DEGLI STUDI SPECIFICI SUL
COSLEEPING
Approccio di fondo: i motivi per studiare la diffusione del cosleeping possono essere diversi, e
diversi di conseguenza gli approcci al fenome-
2.1 Studi sulla diffusione del cosleeping
no: se si parte dal presupposto (non del tutto
confermato dalla letteratura) che costituisca un
È opportuno iniziare da questi dati più generali
rischio per la SIDS, è naturale conseguenza che
che possono fornire lo sfondo quantitativo per
se ne faccia uno studio prevalentemente quanti-
esaminare poi tutte le altre ricerche sul cosleeping
tativo e che si parli più precisamente di “preva-
collocandole nel contesto e nelle proporzioni più
lenza” del cosleeping. In questo caso esso viene
aderenti alle situazioni studiate. Viene invece
misurato in quanto mero elemento statistico
rimandata al paragrafo successivo l’analisi di un
accanto ad altri fattori come l’uso di tabacco
piccolo gruppo di lavori più specifici, nei quali, al
della madre, l’uso di sostanze psicotrope, la
di là dei dati forniti, appare preponderante l’inten-
posizione prona o supina, il tipo di coperte e
to di fornire una comprensione più socioculturale
lenzuola utilizzate. Una volta estrapolati dal
che statistica delle varie forme degli assetti del
contesto in cui sono stati generati, i dati di que-
dormire .
sto tipo di lavori apportano un modesto contri-
A partire sia dal gruppo di lavori specifici che da
buto alla conoscenza globale degli assetti del
quello relativo alla SIDS sono stati raccolti 34
dormire. Sono già più soddisfacenti le indagini
articoli3 che, sia pur a diverso titolo, forniscono
che, pur restando all’interno dell’approccio
informazioni relative alla diffusione del fenomeno
testé descritto, si sviluppano almeno lungo una
in diverse realtà: al di là, però, di questo comune
dimensione temporale, ben rappresentata nel-
elemento quantitativo, l’estrema eterogeneità di
l’ampio studio (8453 famiglie con neonati) di
quasi tutte le dimensioni e le metodologie non
Willinger (Willinger, Ko et al. 2003) che lungo
permette alcun confronto diretto e statisticamente
un settennio ha intervistato telefonicamente le
utilizzabile; un riepilogo sinottico di questi lavori
famiglie con bambini di età compresa tra zero e
è consultabile in Tabella 1 in appendice.
sette mesi, evidenziando una tendenza all’au-
2
mento del cosleeping in età neonatale dal 5,5%
2.1.1 Eterogeneità metodologiche
del 1993 al 12,8% del 2000.
Per poter effettuare una riflessione organica sui
Alcuni lavori sul rischio SIDS esaminano inve-
dati occorre passare in rassegna metodologie, sco-
ce
pi e strumenti assai differenziati presenti in questi
-culturale, come in molti studi su Afroamerica-
studi, che risultano non uniformi rispetto ad
ni e Hispanoamericani; non vengono però di
approccio di fondo, luoghi, soggetti, età dei bam-
norma indagate le dimensioni valoriali e le cre-
bini, terminologia e strumenti.
denze connesse al cosleeping, ma soltanto la
comparativamente
il
contesto
socio-
diversa incidenza statistica del fenomeno tra
“white” e “non-white”, così come tra famiglie
Si è ritenuto di tradurre così l’espressione inglese sleeping arrangements che ricorre assai spesso negli articoli sul tema.
La tabella riporta 35 caselle in quanto il lavoro di Blair (Blair, Ball 2004) è nettamente diviso su due campioni distinti e i
dati sono stati coerentemente mantenuti separati.
2
3
Franco Nanni Dove dormono i bambini
5
con reddito o istruzione di alto o basso livello,
familiare, talaltra solo sulla madre, altre ancora
famiglie monoparentali o altri fattori meramen-
utilizzando un certo bambino considerato “indi-
te descrittivi. Hanno analoga impostazione, ma
ce” a prescindere dal fatto che abbia fratelli o
più attenti alle dimensioni valoriali e culturali, i
sorelle. Nella tabella, la colonna relativa ai
lavori neozelandesi sulla popolazione bianca e
“Soggetti” conserva l’impostazione originaria
quella Maori (Tuohy et al. 1993 e 1998); più
dello
ampia e organica è l’approfondita indagine
bambini).
comparata su famiglie norvegesi e Sami (una
Il numero di soggetti osservati in ciascuno stu-
popolazione nativa, precedentemente nota come
dio è estremamente variabile: si va da un mini-
“Lapponi”) realizzata da Javo (Javo, Ronning et
mo di 27 a un massimo di 8453, rispettivamen-
al. 2004).
te madri appartenenti all’etnia australiana
Infine sono da citare i lavori a impianto più
Hmong (Liamputtong 2002) e famiglie statuni-
antropologico culturale che statistico rappresen-
tensi studiate nel corso di sette anni dal già cita-
tati soprattutto dagli studi di Reimao su partico-
to lavoro di Willinger (Willinger, Ko et al.
lari popolazioni del Brasile (Reimao, De Souza
2003). Soltanto in alcuni studi i campioni sono
et al. 1998, 1999a, 1999b); sono inoltre da
costruiti con criteri rigorosi di rappresentatività;
segnalare, per l’attenzione al contesto culturale
numerosi sono i lavori che hanno ricavato i
nel quale si verifica il cosleeping, anche il lavo-
nominativi dei soggetti da intervistare dall’uni-
ro di Liu sul sonno dei bambini cinesi in età
verso dei nati vivi di un certo periodo e area
scolare (Liu, Liu, Wang 2003) e quello di Yang
urbana, una procedura più semplice ma in linea
sul cosleeping nei bambini coreani da uno a set-
di principio non soggetta a bias particolarmente
te anni (Yang, Hahn 2002).
critici, salvo quello delle mancate risposte, se
I luoghi: di fronte a 12 ricerche effettuate in
USA e a un ampio studio comparato svolto in
17 Paesi (Nelson, Taylor et al. 2001), il resto
del mondo è rappresentato da lavori dislocati in
modo molto asimmetrico in diversi Stati europei e non europei. La delimitazione dei luoghi è
spesso disomogenea, spaziando da piccole
comunità locali o rurali a contesti urbani di
diversa dimensione e complessità.
studio
(madri,
genitori,
famiglie,
numericamente consistenti. Nelle zone caratterizzate da presenze significative di etnie diverse
è assai frequente che i ricercatori abbiano cercato di confrontare i diversi gruppi o le relative
subculture di riferimento, mentre in altri casi si
è cercato piuttosto di individuare tendenze
generali, spesso nell’intento di quantificare il
rischio di SIDS, o la risposta della popolazione
a campagne di informazione in merito.
I soggetti: trattandosi di ricerche che coinvolgono bambini dalla nascita fino ai primi anni di
vita, le risposte relative agli assetti familiari del
dormire sono state naturalmente ottenute dai
genitori; gli autori però hanno diversamente
focalizzato l’attenzione talvolta sul nucleo
6
Franco Nanni Dove dormono i bambini
3. Intervalli di età dei bambini
considerati negli studi
156
144
132
120
108
96
84
72
Mesi 60
48
36
24
12
6
0
Età dei bambini: come si può osservare nel
La terminologia: come già anticipato, c’è una
grafico 3, metà degli studi prendono in conside-
sufficiente concordanza tra gli autori quanto
razione neonati o bambini nella primissima
meno sui termini principali:
infanzia ; altri, pur partendo dallo stesso perio-
Cosleeping: genitori e bambini dormono
do, esaminano intervalli assai più ampi. Quattro
insieme condividendo la stanza o anche il
lavori partono dai sei mesi, mentre i restanti
letto. Gli studi che usano questo termine da
esaminano periodi di vita successivi, in qualche
solo e senza suddividerlo tra room- e bed-
caso anche molto estesi.
sharing intendono per lo più la seconda con-
4
padre
madre
figlia/o
madre
madre
madre
figlia/o
fig
lia
/o
fra
t./s
or.
padre
padre
fig
lia
/o
dizione, e lo fanno sempre quando si tratta
Adattato da Latz et al. 1999
di studi sulla SIDS, per la quale solo il
bed-sharing
è
considerato,
in
certe
Sono stati inclusi tra questi tutti gli studi che si riferivano genericamente a “neonati” (infants), che nel grafico sono rappresentati, per facilitare la visualizzazione, tra zero e sei mesi.
4
Franco Nanni Dove dormono i bambini
7
condizioni,
un
fattore
riconosciuto
di
rischio.
ma i contesti occidentali dove il cosleeping è di
Room-sharing: l’uso di questo termine
norma scoraggiato, per i quali è assai difficile
implica che genitori e bambini dormano nel-
formulare un discorso rigoroso senza distingue-
la stessa stanza, magari anche molto vicini,
re almeno tra cosleeping reattivo e routinario;
a portata di braccio, ma non nello stesso let-
senza questa categorizzazione non otteniamo
to. Una situazione particolare è rappresenta-
dati significativi stratificando i cosleepers per
ta da alcuni usi riportati da lavori su fami-
una, due, quattro o sette notti a settimana, o per
glie giapponesi (Latz, Wolf, Lozoff 1999,
un certo numero di ore a notte, poiché il discri-
vedi anche illustrazione nella pagina prece-
mine non è tanto il “quanto” ma il “perché”:
dente) e coreane (Yang, Hahn 2002) dove
importante è sapere se si tratti di una scelta con-
molte famiglie dormono su particolari mate-
sapevole dei genitori e su quali basi, il che pre-
rassi di cotone (“futon” in Giappone, “yo” in
figura di norma un cosleeping di ogni intera
Corea) che vengono appoggiati direttamente
notte, o se sia invece un comportamento di
sul pavimento e quindi possono essere giu-
attaccamento di un bambino risvegliatosi spa-
stapposti l’uno vicino all’altro, permettendo
ventato nella notte, o che magari impone la sua
quindi un facile contatto corporeo senza le
presenza nel lettone senza che i genitori riesca-
ristrettezze del confinare più persone su un
no, pur volendolo, a limitare questo comporta-
solo letto matrimoniale.
mento, nel qual caso la variabilità nella fre-
Bed-sharing: il termine definisce in modo
univoco la condivisione del letto tra genitori
e bambino, e l’unica ambiguità può essere
rappresentata dal fatto che si tratti di una
quenza e nei tempi del cosleeping può essere
volto ampia, senza che in definitiva muti significativamente lo scenario di fondo di un cosleeping puramente reattivo.
condivisione solo con la madre, con entram-
Gli strumenti: anche in questo caso predomina
bi, o raramente solo col padre o con adulti
una grande eterogeneità di approcci: si va dalle
diversi. Alcuni studi che indagano sui rischi
interviste più o meno strutturate, telefoniche,
per la SIDS in contesti urbani disagiati o
postali o frontali, fino a diverse tipologie di
poveri distinguono l’eventuale condivisione
questionari, spesso costruiti ad hoc o combi-
di letti veri e propri da quella di vari tipi di
nandone diversi a seconda del bisogno. Dalla
divani e sofà (sofa- e couch-sharing).
mole di lavori consultati sembra di poter affer-
Purtroppo le terminologie adottate per descrivere le modalità, le frequenze, le motivazioni e le
scelte rispetto ai vari assetti del dormire sono
estremamente eterogenee, ed è possibile orien-
8
tradizionale e spesso normativo del cosleeping,
mare che non è disponibile al momento nessuno
strumento di indagine strutturato, validato e
sperimentato per l’assessment del cosleeping
nelle sue varie forme e modalità.
tarsi solo laddove esse siano dettagliatamente
Hayes et al. (2001) hanno usato lo Sleep Habits
esplicitate, il che comunque non evita del tutto
Inventory (SHI), un questionario self-report per
parecchie ambiguità ogniqualvolta l’oggetto di
genitori adattato da un precedente lavoro di
indagine non siano culture di cui sia noto l’uso
Crowell, Keener et al. (1987). Lo SHI pone una
Franco Nanni Dove dormono i bambini
serie di domande relative all’ultima settimana
rispetto al dormire, (5) risvegli notturni, (6)
prima della somministrazione; si ritiene rappre-
parasonnie, (7) disturbi del respiro durante il
senti sufficientemente bene l’attuale situazione
sonno, (8) sonnolenza diurna. Lo strumento è
complessiva del regime familiare rispetto al
stato testato su bambini dai 4 ai 10 anni con
sonno, con il limite, però, di non ripercorrerne
buoni risultati psicometrici da Owens e altri
le vicende nel loro svolgersi diacronico. Proprio
(Owens, Spirito, McGuinn 2000). Ulteriori pro-
a tale scopo gli stessi autori hanno introdotto un
ve dell’affidabilità del CSHQ sono state ripor-
secondo strumento, lo Sleep Arrangements
tate da Cortesi e altri (Cortesi, Giannotti et al.
Inventory, formato da trenta domande aperte
2004). Come verrà riportato in seguito più det-
derivate da un precedente lavoro di Morelli et
tagliatamente, diversi lavori hanno messo in
al. (1992) con un maggiore accento anche qua-
luce correlazioni tra cosleeping e alti punteggi
litativo, destinato poi a una successiva post-co-
(che indicano maggiori disturbi) in alcune
difica per usi statistici. Infine Keller e Goldberg
sub-scale del CSHQ, quantomeno nelle fasce di
(2004) utilizzano un questionario pensato a
età successive alla primissima infanzia.
questo scopo, molto elaborato e avvertito sulle
problematiche metodologiche e terminologiche
2.1.2 Diffusione del cosleeping
esposte al punto precedente: lo Sleep Practices
Riconsiderando tutti gli elementi di disomogeneità
Questionnaire (SPQ); al momento non vengono
degli studi fin qui elencati e esaminando più anali-
forniti dati sulle sue qualità psicometriche, ma
ticamente i dati che essi presentano appare subito
le risultanze esposte nel lavoro degli autori
chiaro che ogni possibile sintesi non può fornire
sembrano promettenti, anche se allo stato delle
uno scenario di natura matematico-statistica ma
conoscenze presenti sembra che Keller e
soltanto una rappresentazione articolata per linee
Goldberg ne siano finora gli unici utilizzatori. Il
di tendenza generali. Al di là di questo limite,
loro interessante articolo sul rapporto tra
però, il panorama che si delinea agli occhi del
cosleeping, indipendenza e autonomia verrà
ricercatore è certamente complesso, difficilmente
analizzato in un prossimo paragrafo.
quantificabile in termini precisi, ma in ultima ana-
Quando vengono esplorati anche i disturbi del
lisi sufficientemente chiaro e coerente nelle sue
sonno parallelamente al cosleeping, sembra
caratteristiche essenziali, ovvero:
incontrare un buon credito il Children’s Sleep
in tutte le culture native, anche tra loro geogra-
Habits Questionnaire (CSHQ), ancorché pro-
ficamente lontanissime, il cosleeping madre-
gettato per esplorare i disturbi del sonno in una
bambino nei primi mesi e talvolta nei primi
fascia di età che non comprende i primissimi
anni di vita è pressoché l’unico assetto del dor-
anni di vita. Si tratta di un questionario di 33
mire praticato, così come, in modo complemen-
item che viene somministrato ai genitori, da cui
tare, è sconosciuta la pratica di far dormire da
si ricavano otto sottoscale corrispondenti alle
soli bambini molto piccoli. In molti casi viene
aree di maggiore problematicità del sonno: (1)
riportato dai ricercatori che la pratica del
resistenza ad andare a letto, (2) ritardo nell’ad-
cosleeping è parte di un quadro valoriale e
dormentamento, (3) durata del sonno, (4) ansia
pedagogico
Franco Nanni Dove dormono i bambini
più
ampio
che
include
9
universalmente l’allattamento al seno, e assai di
2.1.3 Caratteristiche positivamente correlate
frequente anche l’idea generale che il neonato
con il cosleeping
necessiti di una costante presenza da parte dell’adulto di riferimento, o almeno di una persone
che possa fornire protezione e conforto, a maggior ragione di notte. In questi contesti il
cosleeping decresce di frequenza con l’aumento
dell’età, fino al punto in cui quanto meno il
bed-sharing scompare del tutto.
Alcuni studi, in particolare quando l’oggetto della
ricerca riguarda il cosleeping come fattore di
rischio per la SIDS, riportano anche una correlazione positiva tra il fenomeno studiato e alcune
caratteristiche del nucleo familiare. Nella tabella
riassuntiva questi dati sono indicati nella colonna
“CORRELATI”. La caratteristica più di frequente
Presso le componenti etniche urbanizzate di
osservata come correlato del cosleeping è la pre-
Paesi industriali la frequenza del cosleeping
senza in casa di un solo genitore, per lo più la
rimane in linea di massima molto alta, se con-
madre (6 citazioni), seguita dall’appartenenza a
frontata con quella della popolazione generale,
comunità o subculture etniche (5 citazioni); le
ma decisamente meno ubiquitaria di quanto non
altre condizioni: basso status socio-culturale (4
lo sia nelle culture originarie. Le proporzioni di
cit.), disturbi del sonno del bambino (3), madre
queste
assai
molto giovane (2). Altri studi hanno riscontrato
variabili, e risentono di fattori eterogenei e dif-
altre caratteristiche con correlazioni più o meno
ficilmente isolabili, principalmente lo status
deboli, tra le quali l’allattamento al seno, l’avere
economico, culturale e sociale, la distanza cro-
un lavoro articolato in turni, l’aver praticato il
nologica e psicologica del distacco dalla cultura
cosleeping da piccoli.
5
differenze
sono
comunque
originaria, l’appartenenza o meno a aree di
disagio sociale e/o di povertà.
Nei Paesi occidentali la situazione è sostanzialmente capovolta: il cosleeping propriamente
detto è un fenomeno minoritario, con quote che
vanno approssimativamente dal 2% a non oltre
il 15%. Se però si considera anche il cosleeping
in senso più generale (saltuario, reattivo, occa-
La scelta delle caratteristiche che sono state oggetto di indagine riflette più il bisogno di identificare
meglio i destinatari delle campagne di prevenzione e di tarare i messaggi su di loro, piuttosto che
un organico intento statistico descrittivo; per questo motivo l’apporto conoscitivo specifico che
questi dati forniscono appare modesto.
sionale, ecc.), a seconda della griglia quantitati-
Riguardo all’associazione di frequente citata tra
va utilizzata dal ricercatore arriviamo anche a
cosleeping e madri single risulta arduo trarre con-
quote comprese tra il 25% e il 65% come ripor-
clusioni fondate e piuttosto che ragionevoli
tato, rispettivamente, da Gaylor negli USA, da
ipotesi, che potrebbero andare nella direzione di
Hooker e poi da Blair in Inghilterra6.
riconoscere la maggiore resistenza della coppia a
condividere gli spazi del sonno. Va anche osservato che dietro una famiglia monoparentale possono
Gli studi esaminati in questa sezione riguardano, come già detto: Afroamericani e Hispanoamericani in USA, Maori in
Nuova Zelanda, Sami in Norvegia, Aborigeni in Australia. Ci sono poi altri lavori che, pur non fornendo dati quantitativi,
esaminano altre realtà etniche con risultati che confermano il concetto generale esposto.
6
Gaylor, Burnham et al. 2005, Blair, Ball 2004, Hooker Ball e Kelly 2001.
5
10
Franco Nanni Dove dormono i bambini
stare storie e configurazioni causali tra loro diver-
La correlazione tra cosleeping e disturbi del sonno
sissime: dalla madre single per scelta alla vedova,
è una questione piuttosto controversa, i cui criteri
da uno status prescelto e definitivo a un altro subì-
di valutazione non sono soltanto statistici, ma si
to a causa di una separazione conflittuale, e in cia-
avvalgono del contributo di studi sulla neurofisio-
scuno di questi scenari la condivisione del letto tra
logia del sonno e sull’applicazione della teoria
madre e figli può assumere significati estrema-
dell’attaccamento al momento del sonno. Per que-
mente dissimili, e che spaziano dalla sana norma-
sto l’argomento verrà trattato in un paragrafo
lità fino alla franca psicopatologia. Alcune di que-
apposito.
ste situazioni verranno esaminate in seguito.
Infine, il rapporto tra bed-sharing e allattamento
Riguardo alla correlazione tra appartenenza a
al seno è indubbiamente un aspetto ben più artico-
comunità o subculture etniche e maggiore ricordo
lato e non riducibile a una semplice correlazione
al cosleeping si è già detto in precedenza: una vol-
statistica; anche questo punto verrà esaminato in
ta constatato che il cosleeping madre-neonato è
un paragrafo a sé stante.
universalmente la norma tra le società tradizionali,
sembra una naturale conseguenza di ciò il fatto
2.1.4 Alcune questioni aperte
che, pur vivendo in un contesto occidentale e
Da quanto affermato fin qui si evince che la diffu-
urbanizzato, questa pratica sia tanto più frequente
sione e le modalità della pratica del cosleeping nei
quanto più saldi sono ancora i legami con una cul-
Paesi occidentali sono assai più complesse e
tura nativa. Anche il basso status socioeconomico
ambivalenti che non nelle culture tradizionali;
(SES) può ricadere in questo ambito co-causale,
restano dunque aperte alcune questioni irrisolte
se consideriamo che di frequente queste case sono
per le quali occorrerebbero ulteriori ricerche.
più piccole e che gli appartenenti a minoranze
etniche sono spesso in condizioni globalmente
svantaggiate.
Ci
sono
però
due
fatti
da
considerare:
Il primo punto riguarda la frequenza del cosleeping nei Paesi occidentali: se si considera che in
queste società il cosleeping è fortemente scoraggiato sia dalle figure professionali a contatto con
i quattro studi che evidenziano questa correla-
la genitorialità che dall’opinione comune, le per-
zione provengono da tre Paesi diversi e lontani:
centuali con cui esso viene riscontrato appaiono
USA (2 articoli), Nuova Zelanda e Italia.
singolarmente alte, e probabilmente sono ancora
Blair e Ball hanno riscontrato in un vasto cam-
maggiori nella pratica, se mettiamo in conto il
pione inglese una correlazione opposta: il
rischio che alcuni genitori neghino di dormire coi
cosleeping è più frequente presso famiglie con
propri figli temendo la disapprovazione dei pro-
SES medio-alto (Blair, Ball 2004)
fessionisti e anche di amici e parenti; questa even-
Sembra ragionevole ritenere che questa (presunta)
tualità è segnalata, per l’Italia, da Cortesi (Cortesi,
correlazione tra SES e cosleeping sia complessa e
Giannotti et al. 2004) e viene addirittura esplicita-
contenga al suo interno variabili che la ricerca non
mente riportato come dato di fatto da Hooker
ha ancora nemmeno individuato.
rispetto alla realtà inglese (Hooker, Ball, Kelly
2001); sembra dunque ragionevole ritenere che
Franco Nanni Dove dormono i bambini
11
questo problema interessi molti degli studi effet-
significatività statistica. Cortesi et al. (2004) han-
tuati in Paesi nei quali il cosleeping è scoraggiato,
no rilevato in un campione di 901 bambini romani
se non la totalità di essi.
in età scolare percentuali sensibilmente inferiori,
Un secondo problema correlato al precedente è
costituito dal fatto che nelle famiglie occidentali il
cosleeping riguarda non soltanto i primi mesi di
vita, ma si prolunga, e talvolta esordisce ben più
tardi, anche oltre i tre anni di età. Questo assetto
del dormire muta anche di significato: non si tratta
ma che testimoniano comunque la tendenza ad un
prolungato cosleeping in una non trascurabile
minoranza: ipotizzando classi di 25 bambini, in
ciascuna classe di prima e seconda elementare troveremmo i media due cosleepers, e nelle classi
successive uno.
più di un fenomeno routinario e costante che evol-
Dunque in Italia e in Svizzera, due Paesi nei quali
verà poi verso l’autonomia, ma piuttosto di un
il cosleeping è scoraggiato, si osservano in genera-
comportamento più incostante, legato a risvegli
le percentuali basse di questa pratica, ma collegate
notturni, a ansia rispetto al sonno, in generale a
a problematiche del sonno dei bambini che insor-
problematiche che non sono più collegate ai primi
gono più tardi e sembrano essere un tentativo di
mesi di vita e all’allattamento al seno. Due studi,
affrontare (to cope with) disturbi del sonno, men-
quello di Ottaviano et al. (1996) su bambini roma-
tre la lunga persistenza potrebbe essere collegata a
ni e quello di Jenni et al. (2005) su bambini sviz-
scelte di vita8 più consapevoli. A riprova della
zeri hanno evidenziato addirittura una tendenza
ipotesi della strategia di coping va citato ancora lo
inversa rispetto a quanto più sopra descritto rispet-
studio svizzero di Jenni et al. dove appare ben
to alle culture tradizionali native:
visibile (grafico 4 A) un andamento parallelo tra
“La prevalenza del bed-sharing con frequenza
risvegli notturni e cosleeping.
õ1 volta a settimana si accresce con l’età rag-
Confrontiamo queste situazioni con altri due studi
giungendo un massimo fra i 3 e i 5 anni
su campioni di bambini orientali (Corea e Cina)
(38,1% a 4 anni). A 8 anni, il 21,2% dei bam-
che evidenziano da un lato percentuali decisamen-
bini ancora dorme almeno una notte alla settimana nel letto dei genitori7.”
diacronici piuttosto diversi; una sintesi schematica
Presso i bambini romani si osservano percentuali
via via maggiori di cosleeping al crescere dell’età;
si tratta ovviamente di una pratica in risposta a
disturbi del sonno, dal momento che in questo
ampio
campione
(complessivamente
te superiori di cosleeping, dall’altro andamenti
2889
soggetti) sono state trovate correlazioni tra cosleeping e disturbi del sonno, per quanto soltanto nei
gruppi di età maggiore abbia raggiunto la
di questi dati è visibile nel grafico 4 B.
Nella situazione coreana, una società dove il
cosleeping è parte di un quadro tradizionale di
modalità di accudimento, appare chiara la tendenza a decrescere con l’età del cosleeping. Gli autori
hanno ottenuto una conferma anche statistica del
fatto che i cosleepers sono significativamente più
giovani dei solitary sleepers ()2 = 49.2, p<0.001).
“The prevalence of bed sharing õ1 times per week increased with age and reached a maximum between 3 and 5 years
(38.1% at 4 years). At 8 years old, 21.2% of all children still slept at least once per week in their parents’ bed”. (Jenni, Fuhrer et al. 2005).
8
Questa è l’ipotesi esplicitata da Cortesi et al. (2004)
7
12
Franco Nanni Dove dormono i bambini
Franco Nanni Dove dormono i bambini
13
Liu et al. (Liu, Liu, Wang 2003) hanno rilevato
assetti del dormire, e se tali esiti siano gli stessi in
l’incidenza di problemi del sonno presso i bambi-
contesti valoriali e culturali diversi.
ni cinesi in età scolare, e tra gli aspetti riscontrati
compare il cosleeping; anche in questo contesto
tale pratica si inserisce nella tradizione culturale
locale, e non stupisce quindi l’alta incidenza
anche in età piuttosto elevate. L’elemento che qui
si vuole sottolineare è che ancora una volta laddove il cosleeping è prassi accettata, esso decresce
con l’età in modo molto regolare, ma anche molto
lentamente. Lo studio di Liu e colleghi non ha
misurato il cosleeping in età pre-scolare; sapendo
però che in Cina questa pratica inizia dalla
nascita, pare ragionevole ritenere che sotto i sei
anni le percentuali del fenomeno non siano certa-
La ricerca sui rischi di SIDS deve costantemente
confrontarsi con i medesimi aspetti nel momento
in cui le raccomandazioni sul “giusto” modo di far
dormire senza rischio i bambini devono raggiungere genitori con sensibilità e credenze molto
diverse; il punto di arrivo di questa elaborazione è
ben rappresentato dalle conclusioni che Nelson,
Taylor et al. (2001) pongono al termine dell’imponente International Child Care Practices Study
svolto in 17 Paesi, nei quali hanno riscontrato percentuali di cosleepers enormemente variabili, dal
2% all’88%:
mente inferiori a quelli indicati.
Anche se questi risultati non dovrebbero essere
Sembrerebbe dunque che anche nell’evoluzione
lare pratica di cura dei bambini accresca o
temporale del fenomeno il cosleeping presenti
diminuisca il rischio di SIDS, tuttavia dovreb-
caratteristiche molto diverse a seconda del quadro
bero aiutare a porre cautela nello sviluppo di
socioculturale e delle tradizioni nell’accudimento.
campagne di prevenzione per la SIDS destinate
usati per implicare che una qualunque partico-
a culture non occidentali9.
2.2 Valori, tradizioni, credenze e aspettative
Gli aspetti socioculturali formano un tessuto trasversale che si intreccia in diversi modi con pressoché tutti i nodi tematici relativi al cosleeping. In
primo luogo l’esame e il confronto di tradizioni
diverse ha reso la ricerca progressivamente sempre più attenta a contestualizzare gli assetti del
dormire in un sistema complesso di valori, rappresentazioni e aspettative sul bambino e il suo sviluppo; ciò comporta un graduale passaggio dal
chiedersi quali siano gli assetti “giusti” del dormire alla domanda più aperta su quali esiti a breve e
eventualmente a lungo termine abbiano i diversi
La premessa che il sonno del neonato si è evoluto
nel cosleeping per tre, quattro milioni di anni ha
stimolato anche gran parte dei lavori sulla neurofisiologia del sonno di cosleepers e non-cosleepers,
con particolare riguardo ai numerosi studi elaborati nel tempo da McKenna, Mosko, Richard e colleghi; questi autori, pur puntando in ultima analisi
a fornire indicazioni più fondate sui fattori protettivi e di rischio per la SIDS, hanno impostato il
disegno di molte loro ricerche pensando proprio al
significato evoluzionistico degli assetti tradizionali del sonno condiviso tra madre e bambino. Se le
preferenze negli assetti del dormire nelle varie
culture sono parte di sistemi complessi di credenze e aspettative, non possono in nessun caso
“Although these results should not be used to imply that any particular child care practice either increases or decreases the
risk of SIDS, these findings should help to inject caution into the process of developing SIDS prevention campaigns for nonWestern cultures”. (Nelson, Taylor et al. 2001)
9
14
Franco Nanni Dove dormono i bambini
essere ridotte a semplici e “oggettive” norme igie-
dormire presso un campione di genitori tedeschi,
nico-sanitarie; esaminando la letteratura recente in
ricavandone una ricca mole di dati a favore del-
proposito sembra che forse anche relativamente al
l’idea, peraltro implicitamente sostenuta anche in
cosleeping sia giunto il momento di rivedere la
molti altri lavori, che:
presunzione di supremazia di un occidente possessore di conoscenze “assolute” e oggettive laddove
gli
altri
popoli
hanno
solo
credenze
come nel caso della maggioranza delle culture,
in Germania le pratiche genitoriali al momento
e
di andare a letto tendono a riflettere valori e
superstizioni, poiché almeno alcune delle tipiche
credenze relativi alla genitorialità associati con
prescrizioni europee e americane potrebbero a
la loro specifica cultura10.
loro volta essere assai più simili a credenze che
Valentin ha constatato che molti genitori tedeschi
non a proposizioni scientifiche.
considerano una condizione in qualche modo
Per poter comprendere alcune articolazioni temati-
ideale quella di un bambino che già all’età di un
che dei paragrafi che seguono occorre fare una
anno ha imparato ad auto-regolarsi di notte
breve digressione proprio nel campo dei valori e
(self-soothe11), a addormentarsi da solo e, dopo un
delle credenze a proposito dell’accudimento dei
risveglio notturno, a tornare a letto da sé o con
bambini. Caudill e Weinstein (1962) hanno cerca-
l’aiuto di un oggetto (piuttosto che con la presenza
to di sintetizzare alcune differenze tra la tradizio-
genitoriale). Anche Latz, Wolf et al. (1999) hanno
ne occidentale e orientale: la prima vede il bambi-
formulato un interessante paragone tra madri giap-
no come un essere originariamente simbiotico e
ponesi e statunitensi: di fronte a resistenze rispetto
dipendente che va progressivamente, ma anche
al sonno o riscegli nella notte, quasi senza ecce-
sollecitamente guidato verso l’autonomia e l’indi-
zione le prime ritengono che la causa suoni circa
pendenza; la seconda vede il bambino come un
come “ha bisogno della mamma” e di conseguen-
essere biologicamente separato che per il suo
za offrono la loro presenza al bambino; di fronte
armonico sviluppo deve essere stimolato a costrui-
alle stesse difficoltà, le madri USA riconoscono
re relazioni di interdipendenza con gli altri. Sche-
che il problena risiede nella separazione notturna,
matizzando un po’, si può dire che nelle culture
ma quasi sempre si mostrano certe che riconfer-
tradizionali si ritiene che un individuo ben riuscito
mare la separazione sia la cosa da fare.
divenga tale grazie alla interdipendenza con gli
Un quadro di “ideali” non dissimile da questo
altri, mentre in occidente si tende a pensare che
appare come in filigrana in tutti gli articoli che
l’individuo si realizzi come tale nonostante tale
hanno toccato direttamente o anche solo tangen-
interdipendenza. Appare ovvio che una rigida
zialmente l’argomento degli orientamenti genito-
applicazione di questo principio non possa non
riali rispetto alla gestione del sonno dei loro bam-
avere conseguenze sui modi di allestire i luoghi
bini. Appare chiaro però che si tratti di ideali e
del sonno per i vari membri della famiglia. S.
non di principi dotati di una qualche oggettività
Valentin (2005) ha studiato le pratiche del
che si basi su evidenze scientificamente prodotte.
“As is the case with most cultures, German bedtime parenting practices tend to reflect parenting values and beliefs associated with their specific culture”. (Valentin 2005)
11
Viene definita “Self-soothing” la capacità del bambino di autoregolare i propri stati emotivi e i passaggi sonno-veglia
durante le ore notturne; tale capacità aumenta progressivamente con l’età. (Anders, Keener 1985)
10
Franco Nanni Dove dormono i bambini
15
Una congrua utilizzazione dei risultati di ricerche
contrario si ritiene, come verrà esplicitato più
in merito potrebbe ad esempio permettere di indi-
oltre, che tale incremento dell’arousal dei coslee-
viduare una età al di sotto della quale chiedere al
pers abbia una funzione protettiva rispetto al
bambino di addormentarsi da solo o tornare a letto
rischio di SIDS.
da sé costituisce una richiesta quantomeno impropria e non necessariamente benefica, così come è
2.2.1 La manualistica sul sonno per i genitori
stato possibile farlo a proposito del controllo degli
Una ulteriore differenza tra le culture dell’occi-
sfinteri.
dente industrializzato e le altre riguarda la fonte
Un’altra comune aspirazione genitoriale è che il
delle indicazioni relative agli assetti del dormire e
bambino dorma ininterrottamente per tutta la
più in generale all’accudimento dei bambini. Se le
notte, e che riesca a farlo il prima possibile. Che
une utilizzano come fonte essenzialmente la tradi-
ciò possa costituire una meta desiderabile per ogni
zione, le altre sembrano unire sincreticamente più
genitore, almeno in occidente, è un fatto riportato
sorgenti, tra le quali la manualistica per genitori si
in numerosissimi studi12, ma che questo corrispon-
è ritagliata uno spazio sempre maggiore. La cre-
da alla salute o a qualche altra positiva qualità del
scente insicurezza dei genitori, il loro bisogno di
bambino è tutto da dimostrare. Al contrario, con-
ricevere indicazioni da figure ritenute “più esperte
sultando molti studi sull’argomento appare del tut-
di loro stessi” nel crescere i propri figli è stato un
to irrealistico aspettarsi che un bambino al di sotto
fenomeno importante e in certa misura epocale
dei 12 mesi dorma regolarmente per tutta la notte:
nelle società europee e americane, al punto da
sembra invece del tutto normale che durante una
occupare già negli anni cinquanta un posto signifi-
sola notte il bambino si svegli dalle tre alle otto
cativo nel grande affresco sociologico di David
volte, e che il numero di risvegli tenda ad aumen-
Riesman (1956); più di recente Harris ne ha trac-
tare nel secondo semestre di vita13. Dunque sem-
ciato una sintesi nel suo The nurturing assumption
bra che anche in questo caso richieste troppo pre-
(Harris 1999).
coci siano probabilmente più deleterie che
Percorrere le vicende della “proibizione”, si direb-
salutari, tanto che McKenna fin dai suoi primi stu-
be quasi un tabù, del cosleeping nelle culture occi-
di riteneva che far dormire da solo e per tutta la
dentali potrebbe costituire un ulteriore, importante
notte un bambino di meno di otto mesi sia una
approfondimento. In questa sede è sufficiente il
richiesta che oltrepassa le sue possibilità fisiologi-
riferimento a due studi che ne tracciano una bre-
che (McKenna 1986). In seguito si vedrà che il
vissima cronologia: Valentin (2005) parte addirit-
cosleeping risulta effettivamente associato ad un
tura da S. Agostino, passando per la manualistica
maggior numero di risvegli notturni, anche se più
dell’epoca nazista che raccomandava di non per-
brevi; che questo però implichi una peggiore qua-
mettere ai bambini di stare vicini alle madri, per
lità del sonno, o indichi qualche problema del
arrivare infine ai testi del Dr. Spock, che
bambino non è stato finora dimostrato, anzi al
Vanno citati almeno i lavori di Morelli, Rogoff et al. 1992, di Keller e Goldberg 2004, e il già citato studio di Valentin
(2005).
13
A partire da studi più vecchi come quello di Scher (1991) e di Anders e Keener (1985) fino ai più recenti come quelli di
Goodlin-Jones, Burnham et al. (2001), di Ficca, Fagioli et al. (1999) e di Mao, Burnham et al. (2004), sembra essere questo
il ritmo del sonno notturno dei bambini di questa età.
12
16
Franco Nanni Dove dormono i bambini
costituiscono invece il punto di partenza di Morel-
2005) che fornisce ai genitori consigli documenta-
li (Morelli, Rogoff et al. 1992). Spock (1945) scri-
ti e basati sulla teoria dell’attaccamento e l’ap-
veva: “è una importante regola quella di non pren-
proccio evoluzionistico all’allattamento e al
dere per nessuna ragione i bambini nel letto dei
cosleeping. Di analoga impostazione, ma in lingua
genitori”. In seguito anche Brazelton (1978, 1979)
inglese, sono disponibili diversi volumi scritti dal
e Ferber (1986) ammonivano i genitori contro i
pediatra statunitense Sears (2001, 2001, 2005) del
rischi del cosleeping. Solo in anni più recenti lo
quale è stato tradotto in italiano soltanto il vec-
stesso Brazelton (1990) e altri autori hanno modi-
chio Nighttime parenting (Sears 1987), però in
ficato la loro posizione verso giudizi più favore-
una edizione riservata all’associazione La Leche
voli. Attualmente resta comunque un best-seller il
League International14.
manualetto “Fate le nanna” (Estivill e De Béjar
1999), un libro che elenca statistiche sul sonno dei
bambini senza citarne la fonte, visto che è peraltro
privo di bibliografia, che oltre a sconsigliare il
cosleeping fornisce indicazioni tassative rispetto
alle routine dell’addormentamento: non toccare,
non cullare, non cantare, non tenere in braccio,
non raccontare fiabe quando i bambini vanno a
letto, tutti comportamenti che sono considerati
“condizionamenti negativi”. Inoltre propone ancora, sia pur attenuata, la antica tecnica del mettere a
letto il bambino nella sua stanza e lasciarlo piangere, limitandosi a tornare nella stanza se non
smette entro certi tempi stabiliti da rigorose tabelle. Si parte da tempi di attesa brevi (1-2 minuti),
ma al settimo giorno di “condizionamento” se non
cessa il pianto il tempo di attesa prima di confortare il bambino arriva a 17 minuti. Da notare che,
essendo “vietata” ogni forma di conforto che
implichi il contatto, il bambino si dovrebbe consolare semplicemente con la presenza distante del
genitore e la sua voce.
Tra le fonti a cui attingere per suggerimenti rispetto agli assetti del sonno c’è anche la letteratura
psicoanalitica. Già fin dal 1908 Freud (1908) sembra ritenere che l’accesso al letto genitoriale provochi nel bambino forti stati di eccitazione che
divengono poi fonte di angoscia; a rigore egli si
riferisce alla fase edipica, dunque ad una età molto
successiva a quella neonatale. Nel momento in
cui, con Melanie Klein15, anche l’età dell’Edipo
viene retrodatata, di conseguenza gli avvertimenti
ai genitori ispirati alla psicoanalisi si estendono
anche a età inferiori. Va notato che Freud riporta
che il piccolo Hans abbia precedentemente condiviso la stanza con i genitori:
[...] Dopo il ritorno a Vienna, nuovamente
solo, Hans diresse sulla madre tutte le sue pretese d’amore; subì invece una nuova privazione, giacché, all’età di quattro anni e mezzo,
venne bandito dalla camera dei genitori16.
C’è un secondo tema psicoanalitico connesso con
il cosleeping: esso ricorre particolarmente nell’opera di Melanie Klein17, e riguarda il rischio
Questo tipo di manualistica, per quanto assai dif-
che il bambino possa assistere alla scena primaria;
fuso, non è l’unico esistente: di recente è stato
in quest’ottica sembrerebbe che anche solo il
pubblicato in italiano Bésame mucho (Gonzàles
14
15
16
17
Ulteriori informazioni su questa organizzazione sono disponibili all’indirizzo: www.lalecheleague.org
Klein ammonisce contro il rischio che il bambino possa assistere alla scena primaria (Klein 1968).
Freud (1908); in un altro punto dello stesso testo, redatto prima del 1924, Freud indica l’età di quattro anni.
In Segal (1981); si veda in particolare Klein (1921)
Franco Nanni Dove dormono i bambini
17
room-sharing sia una pratica da evitare qualunque
Anche gli studi sul cosleeping finora pubblicati
età.
offrono un buon sostegno empirico non solo
Il tema edipico è invece assente in gran parte, se
non forse la totalità delle altre culture che sono
state esaminate negli studi sul cosleeping; inoltre
esse non presentano affatto le forti riserve tipiche
della nostra società rispetto alla dipendenza, e in
particolare alla dipendenza nei primissimi anni di
vita, che viene considerata naturale, ovvia e da
all’applicazione della teoria dell’attaccamento agli
assetti del dormire, ma anche alla tesi che sostiene
che le modalità tradizionali di organizzare il sonno del bambino siano in ultima analisi più salubri
per lo sviluppo affettivo e relazionale.
2.2.3 Il punto di vista dei genitori
non contrastarsi in alcun modo, tanto meno quella
Gli studi qualitativi sul cosleeping sono in buona
particolare dipendenza che riguarda il sonno
misura concordi nel riferire le motivazioni dei
infantile. Ad esempio, un principio tradizionale
genitori rispetto alle diverse condizioni del dormi-
coreano sostiene che un bambino non deve mai
re, che molto schematicamente possono essere
dormire in una stanza da solo, e occorre sempre
ridotte a tre:
un adulto vicino a lui18. Similmente presso le
cosleeping come scelta
popolazioni etniche del Pacifico intorno alla Nuova Zelanda (Tonga, Samoa, Cook e altre) si ritiene
che il bed-sharing comporti vari benefici per il
bambino, e non solo dal punto di vista pratico,
cosleeping come tentativo di coping rispetto a
disturbi del sonno o a resistenze dei bambini
sull’andare a letto
ossia per l’accudimento e l’allattamento al seno,
non cosleeping.
ma anche sul piano psicologico e spirituale, poi-
Per la prima delle tre condizioni i temi toccati dal-
ché il bambino, dormendo vicino alla madre rice-
le dichiarazioni raccolte nei vari studi sono essen-
verebbe amore, conforto, e anche forza morale e
zialmente i seguenti:
spirituale19.
Il bambino è un essere “naturale”, che necessita
A ben vedere, si dovrebbe ammettere che queste
di un ambiente sicuro in cui svilupparsi. Se i
convinzioni tradizionali e “popolari” sono assai
genitori sono sintonizzati sulle sue richieste e i
più in linea con gli assunti della teoria
suoi bisogni, il bambino si sviluppa normal-
dell’attaccamento20 di quanto non lo siano i desi-
mente e con i tempi che gli sono propri.21
derata dei genitori in Europa e in USA, nonché le
Il cosleeping è visto come una condizione
indicazioni di molti pediatri e di molta manualisti-
normale22 e non come un problema. I genitori
ca divulgativa come il già citato Fate la nanna
bed-sharers non temono che tale abitudine sia
(Estivill e De Béjar 1999).
poi difficile da togliere, il bambino crescerà e
andrà nel suo letto. “Chi ha mai visto un adulto
Yang, Hahn 2002.
Riportato nell’interessante studio qualitativo di Abel, Park et al. 2001.
20
Si fa qui naturalmente riferimento a tutta l’opera di J. Bowlby e di M. Ainsworth. A margine va notato che la teoria dell’attaccamento è assolutamente un prodotto della cultura occidentale.
21
Welles-Nystrom (2005).
22
Morelli, Rogoff et al. 1992 e Welles-Nystrom (2005); questo tema è presente in molte altre indagini su popolazioni
native.
18
19
18
Franco Nanni Dove dormono i bambini
dormire nel letto dei genitori?” chiedono
significativamente più negativo (p<0.001) di
alcuni23.
quanto non accada sia agli early cosleepers che
Il bambino è visto come un individuo con certi
ai non cosleepers.
diritti, tra i quali l’accesso alla rassicurazione e
I reactive cosleepers riportano anche la mag-
al conforto della vicinanza corporea dei
gior frequenza di lotte per l’andata a letto,30
genitori.24
mentre gli early cosleepers hanno il punteggio
Anche i genitori apprezzano il senso di intimità
e di vicinanza creato dal cosleeping.25
più basso; queste differenze hanno però una più
modesta significatività statistica (p<0.10).
È più semplice e comodo controllare che il
Sembra dunque ancora una volta confermata
bambino stia bene se sta dormendo vicino alla
l’idea che esistano due distinti ambiti di coslee-
mamma. Più comodo allattarlo senza alzarsi né
ping con caratteristiche divergenti anche sul piano
svegliarsi del tutto26.
dei vissuti dei genitori.
Dormire insieme è positivo per la stabilità emotiva del bambino .
27
Infine le argomentazioni fornite dai genitori a
favore degli assetti del dormire separati e contrari
Dormire insieme promuove l’amore familiare28.
al cosleeping sono essenzialmente:
Purtroppo molti lavori non distinguono con suffi-
Con il cosleeping il bambino diventa dipenden-
ciente chiarezza il cosleeping scelto dai genitori e
te, o meno autonomo, e la cosa può instaurare
destinato ai neonati da quello iniziato successiva-
un’abitudine difficile da abbandonare.31
mente, voluto dal bambino e accettato più per
Il cosleeping è in conflitto con l’attività sessua-
quieto vivere che per convinzione. Di conseguen-
le della coppia, e comporta il pericolo che il
za il punto di vista di questo secondo gruppo di
bambino possa assistervi svegliandosi.32
genitori non è stato indagato in modo adeguato.
Alcune indicazioni in tal senso provengono dal
lavoro di Keller e Goldberg (2004), che invece
distinguono i due tipi di cosleeping definendoli
rispettivamente “early cosleeping” e “reactive
cosleeping” :
29
I genitori nella situazione di reactive cosleeping
vivono i risvegli notturni dei figli in modo
23
24
25
26
27
28
29
30
31
32
33
34
Dormire da soli aiuta a forgiare un carattere
autonomo e indipendente.33
Il cosleeping è pericoloso perché i genitori
potrebbero involontariamente schiacciare o soffocare il bambino.34
In chiusura di questo paragrafo vale la pena citare
un passo nel quale Morelli e colleghi riportano un
interessante aspetto emerso durante interviste a
Welles-Nystrom (2005).
Ibidem.
Ibidem.
Yang, Hahn (2002). Cfr. anche infra il paragrafo sull’allattamento.
Ibidem. Questo tema ricorre però in numerosi altri studi.
Ibidem.
In un successivo paragrafo verranno riprese le questioni terminologiche connesse a questo tipo di ricerca.
È stata tradotta così l’espressione, indubbiamente più efficace, di “bedtime struggles”.
Yang, Hahn (2002). Il tema dell’abitudine è citato anche in Morelli, Rogoff et al. (1992)
Yang, Hahn (2002).
Morelli, Rogoff et al. (1992)
Ibidem.
Franco Nanni Dove dormono i bambini
19
famiglie Maya in Guatemala (Morelli, Rogoff et
dinamiche di un certo particolare sistema familia-
al. 1992): apprendendo che negli USA i genitori
re.
mettono i propri figli piccoli (toddler) a dormire
in una stanza separata, tutti hanno manifestato stupore, disapprovazione e pena:
Sembra opportuno che anche la terminologia possa dare conto del fatto paiono esservi almeno due
grandi categorie di cosleeping, che assai poco han-
“Ma... C’è qualcuno con loro comunque,
no in comune, se non il mero fatto pratico della
vero?” chiese una mamma. Quando le venne
condivisione di spazi ove dormire. Il punto di par-
detto che talvolta sono soli nella stanza, la
tenza è inevitabilmente lo studio, già precedente-
mamma rimase senza fiato e poi riprese espri-
mente citato, di Keller e Goldberg (2004) che pro-
mendo pena per i bambini americani. Un’altra
madre manifestò incredulità e stupore, chiedendo come mai [in USA] non ci si curasse dei
bambini, e affermando che se lei stessa avesse
pone la suddivisione in “Early-” e “Reactive
cosleeping”, laddove il primo definisce la pratica
adottata nella gran parte delle culture di accogliere
dovuto fare una cosa del genere, ciò le sarebbe
fin dal primo giorno il neonato a dormire vicino
risultato molto penoso. Le risposte delle fami-
alla madre quanto meno per le prime settimane o
glie Maya davano l’impressione che ai loro
mesi di vita, se non anche di più, mentre il secon-
occhi la pratica di tenere neonati e bambini
do descrive tutte quelle situazioni in cui il feno-
(toddler) in stanze separate corrispondesse a
meno esordisce dopo i 12 mesi, quindi dopo che il
una sorta di maltrattamento infantile. Queste
bambino è stato collocato a dormire da solo. Gli
reazioni, e l’importanza data alle loro proprie
autori precisano che la scelta di indicare un termi-
abitudini per il sonno, sembrano indicare che
ne temporale e non, ad esempio, il fatto, peraltro
tali abitudini sono più il frutto di un attivo
impegno verso un certo genere di relazione
con i propri figli, che non il risultato di limiti
pratici come l’avere poco spazio in casa.35
2.3 Problematiche e ipotesi di terminologia e
di ricerca
quasi onnipresente, di costituire una risposta a un
disturbo del sonno del bambino, ha lo scopo di
evitare una sovrapposizione descrittiva tra disturbi
del sonno e cosleeping. L’anno di età è collegato
anche al fatto, nient’affatto secondario, che è
mediamente in questa fase che i bambini iniziano
a camminare; il reactive cosleeping è di norma
Dopo questo primo, complesso panorama del
frutto di una iniziativa del bambino (child-initia-
fenomeno in esame non sembra superfluo indivi-
ted). Per quanto sia condivisibile l’obiettivo di
duare alcuni schemi descrittivi di fondo che
evitare sovrapposizioni tra il livello descrittivo e
potrebbero aiutare a meglio comprendere tutta la
quello più causale, la fissazione di un limite tassa-
rete di pratiche, rappresentazioni, tradizioni,
tivo di età non sembra del tutto soddisfacente, e
aspettative e valori che si intrecciano con la psico-
forse
sarebbe
preferibile
un
criterio
più
logia individuale del singolo genitore e con le
One mother responded, “But there's someone else with them there, isn't there?” When told that they are sometimes alone
in the room the mother gasped and went on to express pity for the U.S. babies. Another mother responded with shock and
disbelief, asked whether the babies do not mind, and added with feeling that it would be very painful for her to have to do
that. The responses of the Mayan parents gave the impression that they regarded the practice of having infants and toddlers
sleep in separate rooms as tantamount to child neglect. Their reactions and their accounts of their own sleeping arrangements seemed to indicate that their arrangements were a matter of commitment to a certain kind of relationship with their
young children and not a result of practical limitations (such as number of rooms in the house). Morelli, Rogoff et al. (1992)
35
20
Franco Nanni Dove dormono i bambini
fase-specifico, ad esempio proprio il fatto che il
reazioni all’invasione del lettone andrà a sommar-
bambino sia in grado di camminare o no. Anche la
si a tante altre esperienze, contribuendo a plasma-
distinzione tra child- e parent-initiated cosleeping
re lo stile di attaccamento di Lorenzo.
per quanto importante, e operativamente ineccepibile, comporta diverse ambivalenze soprattutto al
crescere dell’età. Si considerino, infatti, due possibili esempi (si tratta di casi di fantasia, ma rappresentativi di situazioni caratteristiche).
Marco, per parte sua, ha probabilmente iniziato il
cosleeping nello stesso modo, ma nel tempo i
bisogni dei genitori con le loro inconfessate, ma
probabili difficoltà di coppia si sono insinuati nella relazione tra Marco e loro stessi, al punto che
a) Lorenzo, 14 mesi, è stato abituato a dormire da
ora non è chiaro se è davvero lui a rifiutarsi di
solo fin dalle prime settimane, ed è stato allat-
dormire nella propria stanza, o se sono piuttosto i
tato artificialmente. Dopo il 13° mese gli sono
suoi genitori che colludono con suo rifiuto per
nate nuove paure, a volte sembra letteralmente
soddisfare altri loro bisogni. Tanto meno è chiaro
attaccarsi alla mamma. Contrariamente al soli-
quale sia il ruolo dei vissuti edipici e controedipici
to, ora capita di frequente che si svegli durante
in tutto questo. Si rischia dunque di descrivere
la notte, e che in seguito si senta spaventato dal
allo stesso modo due situazioni, delle quali la pri-
buio e dal silenzio. Allora scende dal suo letti-
ma sembra ampiamente appartenere alla normalità
no e corre nel lettone con i genitori, i quali,
della relazione di attaccamento, mentre la seconda
dopo qualche inutile tentativo di riportarlo nel-
configura una condizione che non lascia presagire
la sua stanza, preferiscono lasciarlo lì e conti-
esiti
nuare a dormire.
psicopatologiche.
b) Marco, 7 anni, dorme nel lettone in mezzo ai
genitori da quando aveva poco più di un anno.
Ora che inizia a diventare piuttosto robusto, il
padre ha deciso di trasferirsi a dormire nel letto
inutilizzato di Marco. “Non vuole proprio dormire da solo, non ci riesce...” dice la madre. Il
marito dapprima annuisce, poi, come infastidito, se ne va.
A rigore entrambi gli esempi potrebbero essere
descritti come reactive cosleeping del tipo child-initiated, ma in questo modo vanno perse informazioni essenziali: Lorenzo, nonostante il condizionamento à la Estivill36, ora agisce in base al sistema di attaccamento, e nel momento in cui si trova
sveglio, da solo in una stanza buia, cerca la vicinanza delle figure di attaccamento. La loro risposta, o meglio, la somma diacronica delle loro
36
privi
di
complicazioni
anche
Senza la pretesa di delineare uno standard condiviso, pare desiderabile cercare almeno di comprendere attraverso concetti distinti situazioni che
hanno davvero poco in comune. Dunque in base
agli studi consultati sembra di poter proporre
qualche ipotesi concettuale:
cosleeping primario (o neonatale): pratica per il
sonno notturno che consiste nel condividere una
superficie, adottata dai genitori fin dai primi giorni di vita, o comunque in tempi estremamente precoci, sulla base di tradizioni, scelte, o anche solo
considerazioni pragmatiche. Il bambino di fatto
non ha ancora un “suo” luogo personale ove dormire la notte, in quanto il suo posto è accanto alla
madre, che dorme sola o anche in compagnia del
padre. Questo tipo di cosleeping non comporta
Cfr le istruzioni contenute in Estivill e De Béjar 1999.
Franco Nanni Dove dormono i bambini
21
misure di frequenza o di numero di ore per notte,
cui i bambini “dovrebbero” andare a letto, spesso
in quanto è per definizione un assetto stabile di
preceduti da ansia genitoriale, e che implicano
ogni notte e per tutto il tempo in cui i membri del-
richieste di andare nel lettone, di addormentarsi in
la famiglia dormono contemporaneamente. Data
certe posizioni o con mamma o papà accanto, ecc.
la sua stabilità, è probabile che la scelta dei letti o
A differenza del cosleeping primario, in questo
delle superfici sia stata consapevolmente organiz-
caso letti e arredi non sono di solito predisposti
zata allo scopo37.
per questo uso, e richiedono più o meno scomodi
Nella sua accezione “pura” questa pratica riguarda
i primi mesi o pochi anni di vita, anche se il
“momento giusto” per terminarla può essere cultu-
compromessi, compresi scambi di letto, come ad
es. il fatto che il padre vada a dormire altrove
quando il figlio arriva nel lettone.
ralmente definito, o rendersi necessario per ragio-
Le risultanze di alcuni studi38 e le testimonianze
ni pratiche, come una nuova gravidanza e nascita
personali raccolte da clinici dell’infanzia sembra-
di un fratello.
no portare nella direzione di concettualizzare
Cosleeping secondario (o reattivo, o di ritorno): il
concetto indicherebbe la condizione di cosleeping
di un bambino che ha già raggiunto l’autonomia
motoria col gattonamento o la deambulazione, che
è stato precedentemente abituato al solitary sleeping e quindi dispone di un suo spazio per il son-
almeno una terza tipologia di cosleeping, certamente meno chiaramente delineata delle precedenti e più complessa nelle sue attribuzioni sia
descrittive che causali e diacroniche, e probabilmente
radicata
soprattutto
nelle
culture
occidentali.
no (stanza e letto); il cosleeper di ritorno si reca
Cosleeping tardivo (o protratto): descrive situa-
nel lettone in modo più o meno sistematico all’at-
zioni nelle quali bambini di età non inferiore ai
to dell’addormentamento oppure dopo un risve-
quattro, cinque anni fino anche all’adolescenza (e
glio notturno. In questo caso è invece opportuna
talvolta oltre) dormono in modo stabile e conti-
una buona comprensione degli aspetti quantitativi,
nuativo con uno o entrambi i genitori; l’esordio di
ossia se tale comportamento sia costante, episodi-
questa pratica può essere stato precoce/primario
co, per parte della notte, ecc. Rilevante è anche
oppure secondario, ma il suo protrarsi non sembra
l’atteggiamento dei genitori, che può spaziare dal-
più in alcun modo collegato alle ragioni che lo
l’apprezzamento (rilevabile da commenti come
hanno provocato inizialmente. Spesso, anche per
“in fondo piace anche a noi che lui/lei venga nel
l’ingombro corporeo non trascurabile a questa età,
lettone qualche volta”) ad ambivalenze, fino
questa forma di cosleeping è collegata a riorganiz-
all’opposizione impotente per incapacità di dare
zazioni dei luoghi del dormire, inizialmente vissu-
limiti al figlio. Alcuni autori usano una colorita
te come temporanee, ma divenute abituali, come
espressione, “bedtime struggles” meno felicemen-
ad esempio padri che dormono stabilmente nella
te traducibile con “lotte all’ora di dormire”, che
stanza del figlio preadolescente, che invece occu-
indica i contrasti, che si verificano al momento in
pa il letto matrimoniale accanto alla madre. In
Si vedano, ad esempio, i consigli di Sears (1987, 2001, 2003, 2005) che prevedono anche l’utilizzo di culle e lettini appositamente costruiti per essere affiancati in modo sicuro al letto genitoriale (alcuni modelli sono visibili all’indirizzo internet:
www.armsearch.com)
38
Jenni et al. 2005, Ottaviano et al. 1996, Cortesi et al. 2004. Cfr. il grafico 4 A/B a pag. 20.
37
22
Franco Nanni Dove dormono i bambini
alcuni casi (testimonianze personali raccolte pres-
quantitativi che possano delinearne non solo la
so diversi clinici) l’esordio è invece assai tardivo e
prevalenza, ma soprattutto la loro correlazione
coincide con l’assenza, definitiva o temporanea di
con patologie psichiche di uno o più membri della
uno dei due genitori per separazioni, morte, o
famiglia, o anche con patologie sistemiche dell’in-
viaggi ricorrenti e prolungati. In entrambi i casi
sieme delle relazioni tra familiari. Nel caso del
sembra di essere di fronte a una pratica collegata,
cosleeping tardivo appare anche irrinunciabile
se non addirittura causata da scambi e inversioni
tracciare una completa anamnesi degli assetti del
di ruoli nel sistema familiare. Questo punto verrà
dormire di ogni famiglia esaminata.
ripreso più ampiamente nel cap. 4.3. Le tre tipologie di cosleeping proposte possono essere messe a
confronto in modo sintetico con una tabella.
Tipo di
cosleeping
Primario
o neonatale
Stabilire se ed eventualmente quali tipologie o
aspetti del cosleeping abbiano maggiore o minore
“vocazione” a configurare una patologia non è
Possibili
traduzioni
Età
Early, primary,
infant cosleeping
Dalla nascita
Secondario,
reattivo, o
di ritorno
Reactive, back
cosleeping
Anche:
Toddler
cosleeping
Dopo l’acquisizione di autonomia motoria
Tardivo
o confusivo
Late cosleeping
Oltre i 4, 5 anni
e fino all’adolescenza (e oltre?)
Caratteristiche accessorie
Ogni intera notte.
Scelta o tradizione
Collegato a allattamento al seno
Arredi predisposti
Child-/Parent initiated
Con/senza lotte serali
Coping con disturbi del sonno
(soprattuto risvegli notturni)
Episodico o part-night
Arredi non predisposti
Stabile, con scambi di letto
Esordio:
primario/secondario/tardivo
Assenza/perdita di un genitore
Confusione/inversione di ruoli?
Anche la metodologia della ricerca necessita di
operazione semplice né automatica, anche ammet-
adeguamenti a seconda di quale sia l’oggetto dello
tendo che il terzo tipo abbia notevoli probabilità
studio: se per il cosleeping primario disegni stati-
di appartenere a condizioni lontane dalla norma.
stici e quantitativi, supportati da elementi di con-
Innanzitutto dovrebbe essere ben chiaro già con i
testo socio-culturale, possono fornire rappresenta-
dati finora esaminati che il confine tra norma e
zioni sufficientemente efficaci, già nel caso del
patologia
cosleeping secondario occorre una maggiore
socio-culturale e dalle attese della cultura di
attenzione qualitativa e una dettagliata articolazio-
appartenenza. In secondo luogo, soprattutto per il
ne degli strumenti di rilevamento; il cosleeping
cosleeping primario e secondario, il semplice fatto
tardivo, infine, sembra essere più un ambito di
del loro sussistere all’interno di un nucleo familia-
interesse clinico che non statistico, per quanto leg-
re non pare avere alcuna implicazione necessaria
gendo “oltre” i dati di alcuni studi
che porti il clinico in direzione di normalità o
39
non appare
non
è
indipendente
dal
quadro
superfluo corredare la ricerca con elementi
39
I già citati Jenni et al. 2005, Ottaviano et al. 1996, Cortesi et al. 2004.
Franco Nanni Dove dormono i bambini
23
patologia. Due ulteriori esempi (ugualmente di
predetti dagli assetti del dormire, mentre forse ciò
fantasia) possono chiarire il concetto.
sarebbe stato possibile a partire da altri indicatori
a) Annamaria è una mamma molto attenta e informata: già durante la gravidanza, dopo alcune
ben scelte letture, ha organizzato letti e stanze
per un cosleeping “naturale” con la sua bambina, Giada, che ha partorito in casa e ora allatta
al seno a richiesta. I primi mesi vanno molto
bene, Giada dorme bene, cresce e si sviluppa
armonicamente. Tuttavia dietro e sotto la razionalizzazione della maternità “al naturale”
Annamaria nasconde un nucleo profondo e irrisolto di bisogni fusionali che nel tempo diverranno sempre più d’ostacolo al successivo sviluppo di Giada.
b) Arianna è una mamma molto precisa e premurosa; fin dai primi mesi di gravidanza ha iniziato a preparare la stanza di Matteo, il suo primo-
modalità che condivide con miliardi di bambine
come lei nella storia e nella geografia del mondo,
ma probabilmente il suo cosleeping evolverà in
una forma tardiva simbiotica e contraddistinta da
un role reversal opprimente. Matteo al contrario è
stato cresciuto secondo i dettami più rigorosi della
scuola pediatrica tradizionalista, ma questo non
gli è certo servito a evitare di sviluppare in seguito
forme psicopatologiche. A lui, forse, un contatto
corporeo precoce con la madre avrebbe fatto molto bene, anche se ciò forse avrebbe alterato il precario equilibrio di lei.
2.4 I correlati fisiologici del sonno in cosleepers e solitary sleepers
genito, allestendo con cura culla, mobilio, ten-
La ricerca sulle differenze tra il sonno dei coslee-
de colorate, quadri alle pareti. Non appena
pers e quello dei solitary sleepers si è indirizzata
giunta a casa dalla clinica ha subito abituato
soprattutto su aspetti connessi con il rischio di
Matteo a dormire nella sua perfetta e linda
SIDS, ma una importante quota di lavori merita
cameretta, secondo i consigli del manuale di
un approfondimento in questa sede di specifico
Estivill40, evitando attentamente ogni contatto e
interesse psicologico, in quanto sono basati su, e
presenza che possa essere un condizionamento
confermativi rispetto alla ipotesi che vi siano
negativo. Le cure della mamma sono molto
aspetti fisiologici che potrebbero configurare il
attente alla pulizia, all’igiene e a prevenire i
cosleeping in età neonatale come un assetto prefe-
cattivi odori; nel tempo questa cura diventa
renziale evolutivamente consolidatosi. Sono state
quasi ribrezzo per ogni secrezione e ogni mani-
diverse le dimensioni studiate in questo gruppo di
festazione corporea del suo bambino, che sot-
ricerche:
topone a continue, defatiganti routine di
La durata relativa degli stadi del sonno nel
pulizia.
Due filosofie e pratiche opposte, che assai probabilmente faranno sì che sia Giada che Matteo prima o poi vengano segnalati ai servizi da educatrici
o insegnanti per disturbi psichici e comportamentali, disturbi che non sarebbero comunque stati
40
altrettanto precoci. Giada ha esordito secondo
bambino e nella madre durante il cosleeping e
durante il sonno solitario.
Il numero, la durata e la collocazione temporale
dei risvegli del bambino.
Il tipo e le modalità di risposta della madre ai
risvegli.
Estivill, De Béjar 1999.
24
Franco Nanni Dove dormono i bambini
Il livello di arousal del bambino durante il
cosleeping e durante il sonno solitario.
gruppo di lavoro composto da McKenna, Mosko,
Richard e colleghi ha utilizzato in numerosi lavori
Le posizioni assunte dal bambino e le eventuali
varianti di un unico disegno crossover, che al di là
relazioni con le posizioni della madre (in parti-
delle particolarità di ogni studio può essere sche-
colare la condizione face-to-face rispetto ad
matizzato così:
FASE
CONDIZIONE 1
CONDIZIONE 2
1 notte come di
abitudine
1 notte in SS o BS
(random)
1 notte in BS o SS
(random)
1 notte come di
abitudine
1 notte in BS o SS
(random)
1 notte in SS o BS
(random)
PREPARATORIA
Campione di coppie
M-B che abitualmente dormono in
BS
Campione di coppie
M-B che abitualmente
dormono
separate
BS: bed-sharing; SS: solitary sleeping.
altre).
I movimenti e il grado di attività motoria nel
sonno da parte del bambino.
La concentrazione di anidride carbonica (CO2)
nell’area in cui il bambino respira.
L’idea fondante di questo disegno sperimentale è
che, accettando il fatto che il cosleeping sia stata
la condizione in cui il sonno di primati, ominidi e
uomini si è evoluto, saranno osservabili non solo
differenze tra cosleepers e non, ma anche varia-
La temperatura corporea e le sue variazioni
zioni all’interno dei due gruppi, una volta posti in
durante il cosleeping e durante il sonno
condizioni contrarie a quelle abituali. Un altro
solitario.
aspetto interessante è che i soggetti sperimentali
Il ritmo cardiaco del bambino durante il cosleeping e durante il sonno solitario.
non sono i bambini ma le coppie madre-bambino,
in aperta critica del fatto che molti degli studi sul
Gli strumenti utilizzati sono essenzialmente:
sonno infantile sono stati realizzati in condizione
Polisonnografia
di solitary sleeping, condizione che non è, appun-
Videoregistrazione a infrarossi
to, quella in cui la fisiologia dell’infante è diven-
Strumenti specifici per i livelli di CO2, la tem-
tata quello che è nel corso dell’evoluzione.
peratura, il ritmo cardiaco.
Le metodologie sono piuttosto diversificate a
seconda dello specifico oggetto di indagine; solo il
Franco Nanni Dove dormono i bambini
25
familiari, il vantaggio di non doversi svegliare del
2.4.1 Le caratteristiche del sonno
Tra tutti i lavori che hanno indagato sul fenomeno
c’è ampia concordanza su vari aspetti del sonno
del bambino (che in questi studi è sempre un
infant) nel bed-sharing e nel sonno solitario.
L’aspetto che emerge da molti lavori è che i
tutto e lasciare il letto. Anche lo studio di Baddock, Galland et al. (2006) ha dato una conferma
sperimentale che molte azioni di genitori (in particolare madri) bed-sharers vengono compiute senza essere completamente svegli.
cosleepers hanno un maggior numero di risvegli
Numerosi studi hanno indagato l’architettura del
per notte rispetto ai solitary sleepers, ma il tempo
sonno di madre e bambino nelle due condizioni
complessivo passato da svegli in ciascuna notte
bed-sharing e solitary sleeping sottoponendo cop-
non differisce significativamente tra i due gruppi.
pie M-B a complesse rilevazioni polisonnografi-
I risultati di Mao, Burnham et al. (2004) relativi a
bambini di 6, 9 e 12 mesi rappresentano bene la
situazione così come è stata misurata anche in altri
studi.
Solitary-Sleeping
N
AW%
Awakenings#
Cosleeping
N
AW%
Awakenings#
che, giungendo a risultati sostanzialmente concordi con un solo caso di discordanza. Dalla maggior
mole di studi tra loro concordanti emergerebbe
che, rispetto ai solitary sleeper, le coppie M-B che
6-m
9-m
12-m
6
5.4(4.5)
2.3(2.0)
7
7.4(4.2)
3.5(3.0)
7
9.1(7.4)
3.6(2.1)
6
8.4(1.4)
5.3(2.6)*
7
8.9(3.9)
7.5(3.2)**
7
9.2(4.7)
6.4(1.8)**
Le cifre indicano Medie (DS); AW% = percentuale di tempo passato svegli. Awakenings# = numero dei risvegli.
* p < 0.06
** p < 0.05
Adattato da Mao, Burnham et al. 2004
Questo primo dato sembra tracciare una condizione in cui anche se il cosleeper si sveglia più di frequente ha maggiore facilità a calmarsi e a riaddormentarsi; ciò è comprensibile se si pensa quantomeno al fatto che non appena il bambino si sveglia riceve subito una risposta confortante, e dunque rischia meno di passare a uno stato di totale
dormono insieme evidenziano:
Una maggiore incidenza temporale nel bambino
di sonno di stadio 1 e 2 (“leggero”) rispetto al
sonno di stadio 3 e 4 (“profondo”).
La tendenza ad attraversare stadi del sonno
paralleli tra madre e bambino.
veglia, o peggio di attivazione e allarme di quanto
Nel bambino un aumento degli arousal elettro-
non accada al solitario. Sembrerebbe ragionevole
encefalografici, spesso coincidenti con quelli
ritenere che anche per il genitore il fatto di non
della madre; sembra che all’interno della coppia
doversi alzare per consolare il figlio sia un aspetto
l’influenza sia bidirezionale (vedi Tav. 1 in
gradevole del cosleeping; in effetti gli studi quali-
appendice).
tativi riportano spesso, nelle testimonianze dei
26
Franco Nanni Dove dormono i bambini
Madre e bambino trascorrono in media circa il
primissimi tempi dopo la nascita, e che questa
40% della notte (Mao et al. 2004) o circa il
modalità, e non altre, ha ottimizzato la protezione
64% del sonno privo di movimenti nella posi-
e la sopravvivenza dei piccoli di uomo.
zione faccia a faccia a circa 20 cm di distanza
(Mosko, Richard et al. 1997).
Baddock et al. (2006) hanno realizzato una ricerca
che, partendo da presupposti non dissimili da
Nel bambino una maggiore proporzione di
quelli di McKenna, Mosko e colleghi, ha cercato
apnea centrale41 e una minore incidenza di
di superare il disegno crossover da essi utilizzato,
apnea ostruttiva ; in aggiunta una maggiore
misurando diversi parametri del comportamento
presenza e durata di respiro periodico . Gli
durante il sonno nelle situazioni più naturalistiche
effetti sul respiro sono piuttosto complessi e di
possibile, ovvero a casa di famiglie selezionate
più difficile lettura, come evidenziato da
per essere cosleepers abituali o, secondo la defini-
Richard, Mosko et al. (1998)
zione degli autori, per avere bambini cot-sleepers,
42
43
Questi dati sono stati ottenuti comparando notti in
ovvero che dormivano in culla, sia pur nella stan-
bed-sharing (BS) e notti non-BS, e risultano simi-
za genitoriale. I bambini del campione avevano da
li sia nelle coppie con abituale BS che in quelle
5 a 27 settimane. Oltre a confermare altri risultati
che normalmente dormono separate.
già menzionati, la particolarità di questo lavoro sta
Prima di esaminare l’unico lavoro che ha ottenuto
dati molto diversi e in certa misura opposti, è
opportuno esplicitare lo scenario che emerge dal
corpo principale di studi fin qui riportati: sembra
incontestabile che la presenza del corpo materno
vicino al neonato crei un ambiente sensorio ricco
di stimoli che modificano numerosi parametri del
sonno del bambino, compreso il controllo respiratorio; tali modifiche mostrano caratteristiche tali
da non poter essere semplicemente effetti meccanici: la sincronizzazione degli stadi del sonno,
addirittura di arousal elettroencefalografici, come
mostrato nell’affascinante estratto di tracciato
EEG/ECG in Tav. 1 (vedi appendice), sembra
invece portare proprio nella direzione che ha guidato i disegni sperimentali grazie ai quali questi
risultati sono stati raggiunti, ovvero che madre e
neonato si sono evoluti per centinaia di migliaia di
anni dormendo l’uno
accanto all’altro nei
nell’aver mostrato, tramite videoregistrazione, che
il comportamento interattivo e di controllo da parte dei genitori è estremamente puntuale e frequente, oltre a non richiedere di svegliarsi completamente. I genitori bed-sharers hanno controllato i
loro figli in media 11 volte per notte, contro le 4
volte dei non-BS. I bambini BS avevano fasi di
movimento nel sonno più brevi dei non-BS: 37’
contro 50’. Il nutrimento era 3,7 volte più frequente nei BS. I controlli genitoriali, inoltre, erano efficaci nell’evitare o abbreviare condizioni meno
favorevoli come la posizione prona e il volto
coperto dal lenzuolo. Anche in questo studio,
come in quello di Mosko, Richard et al. (1997), è
stata di frequente osservata una posizione caratteristica delle madri: stese sul fianco, faccia a faccia
col bambino, le ginocchia ripiegate sotto i piedi
del piccolo, e un braccio poco più in alto della sua
testa. Sembra che questa posizione prevenga
Interruzione del flusso d’aria senza sforzo respiratorio, dovuta cioè all’attività del sistema nervoso.
Interruzione del flusso d’aria nonostante lo sforzo respiratorio, dovuta quindi a ostruzione temporanea delle vie
respiratorie.
43
Definito come il susseguirsi di almeno 3 apnee centrali in 20’’ separate da non più di 10’’ l’una dall’altra.
41
42
Franco Nanni Dove dormono i bambini
27
anche il rischio che il neonato scivoli dal fianco
cosleeping come unico contesto evolutivo del son-
alla posizione prona. Il bambino è dunque a tutti
no neonatale, e nemmeno per cavilli di tipo stati-
gli effetti contenuto sia verticalmente che orizzon-
stico. Sia l'équipe di McKenna e colleghi che
talmente. Per quanto certamente ancora in fase
quella di Baddock e colleghi hanno ben chiaro che
preliminare, l’insieme di questi studi porterebbe a
una cosa è interpretare dati sperimentali riferiti a
ritenere anche etologicamente osservabile una
particelle elementari, ben altro è farlo su dati rife-
serie di co-adattamenti probabilmente filo-genetici
riti a organismi viventi che hanno alle spalle
tra madre e neonato. Osservazioni del tutto in
milioni di anni di co-evoluzione, e per questo par-
linea con le precedenti sulle interazioni e le posi-
lano di
zioni durante il cosleeping sono state riportate
anche da Wailoo, Ball et al. (2004).
[...] fallimento dei paradigmi di ricerca della
società occidentale nell’apprezzare la storia
Lo studio di Hunsley e Thoman (2002) ha verifi-
evolutiva di cosleeping del neonato umano, nel
cato il comportamento di abituali cosleepers con
capire quanto recente sia la pratica del sonno
abituali solitary sleepers ponendo entrambi i gruppi nella medesima condizione di sonno solitario,
utilizzando però tenciche di osservazione non
polisonnografiche; gli autori enunciano risultati
quasi simmetricamente opposti ai precedenti: i
cosleepers (misurati a 5 settimane e a sei mesi di
età) mostravano un minor numero di risvegli e una
maggiore incidenza di sonno profondo. Questa
discrepanza è di difficile interpretazione, sia per
l’utilizzo di tecniche diverse da tutti gli altri
lavori, che per il diverso disegno sperimentale. Ma
gli autori proseguono inferendo da questi dati il
fatto che il cosleeping sia una esperienza stressante per il bambino, in quanto i pattern di sonno
manifestati dai cosleepers sono ritenuti indicatori
di stress, da qui il sottotitolo del loro articolo:
“evidence that co-sleeping is stressful”. Questa
evidenza sembra in realtà piuttosto debole, basata
neonatale solitario, e nell’accettare il dato di
fatto che ancora oggi il cosleeping è l’assetto
del dormire preferito nella maggioranza delle
società.44
Dunque non è sul piano fisiologico che il lavoro
di Hunsley costituisce un importante stimolo critico, ma sul piano più ampio dei risvolti psicologici
del cosleeping nella società occidentale odierna,
una società nella quale almeno una parte significativa dei nuovi genitori del decennio a cavallo del
duemila sono stati probabilmente allevati secondo
i consigli del Dr Spock (1945) e per i quali, certamente, non è assolutamente detto che dormire col
proprio figlio neonato accanto sia una esperienza
del tutto paragonabile a quella di una tranquilla
madre aborigena o Maori. In un successivo paragrafo questo aspetto verrà approfondito ulteriormente per le sue ampie implicazioni.
com’è su dati non confermati da nessun altro studio, e ritenuti “indicatori” di stress, effettuando
2.4.2 Altre misure fisiologiche
dunque una operazione sostanzialmente inferen-
Alcuni studi hanno effettuato comparazioni di par-
ziale. Vale la pena però utilizzare gli stimoli con-
ticolari parametri fisiologici tra cosleepers e non,
tenuti in questo lavoro: non certo perché esso sia
principalmente il ritmo cardiaco, la temperatura
in
corporea sia durante la notte che rispetto ai suoi
44
grado
di
scalfire
l’incostestabilità
del
Mosko, Richard et al. 1997.
28
Franco Nanni Dove dormono i bambini
cicli circadiani. In alcuni casi sono stati confronta-
da McKenna,45 si volesse porre mano a una ricom-
ti anche gruppi di bambini nati prematuri con altri
prensione del comportamento “normale” della
a termine. Talvolta i dati ottenuti non sono com-
coppia madre-bambino non più e non solo in ter-
pletamente spiegati dalle circostanze ambientali,
mini culturali e psicologici, ma anche in termini
come ad esempio temperatura della stanza più o
biologici ed etologici.
meno calda, uso di più o meno coperte, ecc. Wailoo, Ball et al. (2004) riportano diverse osserva-
2.4.3 Cosleeping e allattamento al seno
zioni sulle interazioni diadiche madre-bambino
Da un punto di vista evoluzionistico, allattamento
durante il cosleeping, tra le quali va citato in que-
al seno e cosleeping madre-bambino costituiscono
sto contesto il fatto che i due si avvicinano e si
un sistema integrato attraverso la storia della spe-
allontanano l’una dall’altro a seconda del maggio-
cie umana, un sistema nel quale la fisiologia della
re o minore riscaldamento corporeo; questo
madre e quella del neonato si sono coevolute per
potrebbe spiegare il fatto che, nonostante le condi-
massimizzare le possibilità di sopravvivenza del
zioni in cui avviene il cosleeping favoriscano iper-
piccolo d’uomo. Ancora una volta va ribadito che
termia del bambino, tale fenomeno non viene con-
la separazione tra allattamento al seno (in partico-
fermato negli studi sulla temperatura corporea del
lare quello notturno) e cosleeping è una acquisi-
neonato cosleeper.
zione recente e riservata ad alcune società dell’oc-
L’interesse psicologico di queste misure è nel
cidente industrializzato, nemmeno tutte, visto che
complesso piuttosto modesto, ma può essere di
quantomeno in Giappone e Corea queste pratiche
qualche stimolo notare che in gran parte di questi
sono ancora maggioritarie.
lavori si osservano differenze tra cosleepers e non,
McKenna, Mosko et al. (1997) hanno realizzato
e che tali differenze, pur richiedendo ancora una
uno studio che metteva a confronto ritmo e durata
considerevole mole di ricerche, vanno nella dire-
degli allattamento notturni di bambini in bed-sha-
zione di delineare una diversa e maggiore autore-
ring e non, utilizzando il loro già illustrato dise-
golazione fisiologica dei bambini che condividono
gno crossover. Il campione era costituito da 35
il letto con la madre, a riconferma che questo
coppie madre-bambino selezionate per essere glo-
assetto del sonno comporta effetti biologici inte-
balmente simili, salvo che per l’abitudine o meno
ressanti, che in futuro potrebbero portare a nuove
al cosleeping. Il risultato è evidenziato in questa
acquisizioni anche in campo psicologico, nel
tabella:
momento in cui, riprendendo un concetto espresso
No. di episodi di allattamento
per notte
Durata totale degli episodi
(minuti per notte)
Durata media degli episodi
(minuti)
Gruppo
RB
RS
RB
RS
RB
RS
Notte in bed-sharing
4.7 ! 0.6
3.8 ! 0.7
55.9 ! 7.7
35.3* ! 7.1
12.4 ! 1.3
9.4 ! 0.9
Notte non BS
3.3** ! 0.4
2.3 ! 0.3
26.4*** ! 2.6
19.8 ! 2.6
9.5 ! 1.1
8.9 ! 0.3
Le cifre riportano Medie ! Dev. Standard. Abbreviazioni: RB, bed-sharers routinari; RS, solitary sleepers routinari. * p<0.028 **, p<0.006, *** p<0.005
45
McKenna, Mosko et al. (1997)
Franco Nanni Dove dormono i bambini
29
Come si vede, i bambini abituati al bed-sharing
svegliarsi completamente per allattare il suo bam-
mostrano più episodi di allattamento con una
bino. Wailoo et al. (2004) riscontrano non solo
durata complessiva decisamente più lunga; i loro
che la madre allatta senza essere “tecnicamente”
coetanei solitary sleepers, una volta messi nella
sveglia, ma anche il bambino non raggiunge uno
condizione sperimentale di bed-sharing, hanno
stato di completa veglia nel momento in cui si
comunque evidenziato maggiore ricorso al seno
attacca al seno. Una possibile conferma di questo
rispetto a se stessi durante la notte in solitario, pur
proviene, oltre che dal già citato studio di Bad-
non raggiungendo differenze statisticamente signi-
dock et al. (2006), da diverse fonti raccolte da
ficative. Significativo, invece, il gap tra la durata
McKenna e colleghi (1997) che attestano come la
complessiva dell’allattamento per notte rispettiva-
maggior parte delle madri che associano allatta-
mente di bed-sharers abituali e non, entrambi nel-
mento al seno e cosleeping tendono a sottostimare
la condizione di cosleeping (55.9 contro 35.3).
in modo significativo il tempo dedicato al nutri-
Occorrerebbe una ipotesi più analitica che spieghi
tali differenze, che pure risultano complessivamente coerenti con il senso comune e non certo
contro-intuitive: McKenna, nello studio testè citato, ritiene che un aspetto importante potrebbero
essere gli stimoli olfattivi, dal momento che, come
già visto in precedenza, i bed-sharers trascorrono
mento notturno, se comparato con quanto osservato con videoregistrazioni. La cosa non stupisce se
si accetta l’ipotesi che oltre a una psicologia (individuale e culturale) dell’accudimento vi sia una
sottostante biologia dell’accudimento della quale
resta memoria nell’adattamento anche fisiologico
tra madre e bambino.
consistenti percentuali della notte sul fianco rivolti
verso la madre, e che da altre ricerche si sa che
2.6 Effetti psicologici a breve e a lungo termi-
neonati di due settimane tendono a orientare il
ne del cosleeping
volto verso il seno e/o le ascelle della madre sia
Alcuni studi sulla diffusione del cosleeping hanno
durante il sonno che da svegli46. Questa esposizio-
riportato associazioni tra questa pratica e taluni
ne agli odori corporei della madre potrebbe essere
disturbi del sonno, che talvolta sono presentati
il fattore (o uno dei fattori) che contribuiscono a
come effetti a breve termine della pratica stessa.
una più bassa soglia di risvegliabilità per lo stimo-
Inoltre, come si è visto a proposito di valori e cre-
lo della fame. Inoltre, in termini qualitativi, l’allat-
denze connessi agli assetti del sonno, non manca-
tamento notturno associato al bed-sharing presen-
no rappresentazioni che prefigurano per il coslee-
ta alcune caratteristiche specifiche rispetto a quel-
ping l’uno o l’altro effetto a medio o lungo termi-
lo effettuato con il bambino che dorme separata-
ne, in particolare su indipendenza, autonomia e
mente: da un lato la madre è in grado di risponde-
capacità di separazione. Nonostante però questa
re anche a piccoli segnali emessi dal bambino,
copia di convinzioni di diverse origini, sono
mentre se questi dorme altrove deve arrivare a un
pochissimi gli studi che hanno indagato sull’effet-
pianto manifesto per ottenere risposta; dall’altro
tività di molti pretesi nessi causali a lungo
anche la madre, come già riferito a proposito del
termine, e con risultati che non sembrano confer-
lavoro di Mao et al. (2004), non ha bisogno di
marli appieno; anche rispetto ai presunti effetti sui
46
Riportato in McKenna, Mosko et al. (1997).
30
Franco Nanni Dove dormono i bambini
disturbi del sonno prevale la tesi che, se è vero
cosleeping secondario. Alcuni dati che riguardano
almeno in occidente che il cosleeping è di fre-
bambini in età scolare sembrano confermarlo:
quente associato ad essi, non è però possibile con
Cortesi, Giannotti et al. (2004) riportano alcuni
gli attuali dati stabilire quale sia la direzione del
aspetti riguardanti bambini romani da 6 a 12 anni,
nesso causale che li lega.
Roma) ai quali, tra gli altri strumenti, è stato somministrato il CSHQ.47 I cosleepers manifestano
2.6.1 Disturbi dell’addormentamento
punteggi significativamente maggiori nelle resi-
In linea generale i bambini euroamericani sono
stenze al momento dell’andare a letto (bedtime
abituati a vari riti dell’addormentamento, che van-
resistance sub-scale), e di ansia rispetto al sonno
no dalla semplice presenza senza contatto fino al
(sleep anxiety sub-scale). Inoltre tendono in mag-
racconto di fiabe o al canto, per arrivare al contat-
gioranza a richiedere la presenza di un adulto al
to corporeo come il cullare, tenere in braccio,
momento dell’addormentamento (90% contro
sdraiarsi vicino al bambino; inoltre è frequente
6.5% dei solitary sleepers, p<0.001), ad avere ora-
l’uso di oggetti come pupazzetti e peluche che
ri più instabili nell’andare a dormire (70% contro
dovrebbero svolgere una funzione consolatoria.
10% dei solitary sleepers, p<0.001), e ad andare
Sembra dunque che, al di là di quale sia poi l’as-
comunque a letto più tardi. Anche Hayes, Parker
setto del dormire praticato, la transizione dalla
et al. (2001) riportano lo stesso tipo di
veglia al sonno sia culturalmente avvertita come
correlazioni.
un passaggio critico, che abbisogna comunque di
Che gli assetti del sonno costituiscano un fatto
qualche supporto. Secondo Valentin (2005) in
fondamentalmente culturale è già stato messo in
Europa prevale la scelta di comportamenti che
evidenza; l’importante lavoro di Latz, Wolf e
preferibilmente evitano il contatto fisico tra care-
Lozoff (1999) sembra portare nella direzione di
giver e bambino, anche se di fronte a difficoltà e
allargare questa ipotesi anche ai disturbi dell’ad-
Campione 6-48 mesi (Latz 1999)
Solitary
Cosleeping
USA
JAP
resistenze di quest’ultimo lo stile si fa via via più
dormentamento e, come si vedrà nel paragrafo
“prossimale”, e assai probabilmente questa è una
successivo, del sonno tout court. Gli autori metto-
delle vie attraverso le quali si giunge poi al
no a confronto due campioni comparabili di
47
Children’s Sleep Habits Questionnaire, cfr par. 2.1.1.
Franco Nanni Dove dormono i bambini
31
bambini statunitensi e giapponesi (da 6 a 48 mesi)
Louis e Govindama (2004) in un campione di
rispetto a numerose dimensioni del dormire,
bambini di 1-2 anni (Isola Reunion) sostengono
riscontrando che l’associazione tra lotte al
che vi sia una “influenza negativa” del comporta-
momento di andare a dormire (bedtime struggles)
mento genitoriale più “prossimale” nel bedtime
e cosleeping è presente soltanto nel campione
sui disturbi del sonno; non viene esplicitato però
USA, che peraltro ha una percentuale molto bassa
quale sia il criterio con cui la correlazione statisti-
(14.75%) di cosleepers, mentre in Giappone, dove
ca tra i due fenomeni venga letta in questa direzio-
questa pratica è molto diffusa (58.93%), tale cor-
ne piuttosto che in quella opposta, ossia, che di
relazione non sussiste. Inoltre nell’intero campio-
fronte ai problemi di sonno dei loro figli i genitori
Bedtime Struggles e Cosleeping (Latz 1999)
Bedtime struggles >3 a settimana
90
78
80
70
60
Cosleeping
Solitary
Tutti
50
40
26
30
24
20
17
13
20
10
0
USA
JAP
ne l’incidenza di bedtime struggles è significativa-
divengono più protettivi e propensi al contatto
mente inferiore (p<.05) in Giappone che in USA;
fisico.
questo dato fornisce qualche indicazione se lo
confrontiamo col fatto che le routine dell’addormentamento nipponiche sono molto più propense
al contatto di quanto non lo siano quelle
statunitensi.
Un caso forse estremo, ma molto significativo, è
rappresentato dal già citato studio qualitativo di
Morelli et al. (1992) su famiglie Maya del Guatemala: viene riferito che in quella comunità (dove
il cosleeping è pratica universale) non viene
Bedtime routines (Latz 1999)
80
70
60
%
50
Presenza adulto al bedtime
Contatto adulto al bedtime
40
30
20
10
0
USA
32
JAP
Franco Nanni Dove dormono i bambini
attuato alcun particolare genere di rito di addor-
questi bambini non utilizzano oggetti consolatori
mentamento. Il dormire non viene avvertito come
per dormire, a differenza dei loro coetanei che
un momento separato dal giorno ed è inteso come
vivono in USA. Questo dato è coerente con quan-
attività sociale al pari di molte altre. Gli autori si
to riportato da Gaddini (1971), da Hong e Townes
spingono a supporre che le lotte a cui si assiste tra
(1976), e da Wolf e Lozoff (1989): coloro che
i bambini nordamericani di classe media quando
dormono vicino o con i genitori tendono a non uti-
si tratta di andare a dormire potrebbe essere in
lizzare oggetti transizionali e (in Wolf et al.) a non
relazione allo stress che essi subiscono quando
succhiarsi il pollice. Infine Morelli e colleghi
viene richiesto loro di compiere la transizione dal-
(1992) ritengono possibile l’ipotesi che i bambini
la veglia al sonno senza assistenza; con Gandini
di 1-2 anni che dormono soli la notte trovino che
(1986) ritengono anche che vi siano mete conflit-
separarsi dai genitori durante il giorno sia più dif-
tuali tra i genitori e figli: i primi desiderano che i
ficile, e non più facile, come invece ritengono i
bambini dormano il prima possibile, i secondi
loro genitori, nell’auspicio di favorirne l’indipen-
invece ritardano il più possibile il momento del
denza. Questo discorso porta verso la questione
letto sia per il doversi separare dalle attività fami-
della validità o meno del solitary sleeping come
liari che per le paure generate dal dover dormire
training per l’autonomia e l’indipendenza, que-
da soli. Gran parte di bambini Maya invece si
stione che verrà affrontata subito dopo aver com-
addormentano quando anche i loro genitori lo fan-
pletato l’esame dei disturbi del sonno notturno
no, oppure, se molto stanchi, prendono sonno in
correlati al cosleeping.
mezzo alle attività sociali del resto della famiglia;
Franco Nanni Dove dormono i bambini
33
alcuna indicazione sull’esistenza di un nesso cau-
2.6.2 Disturbi del sonno
I lavori che riportano in modo esauriente associazioni tra cosleeping e disturbi del sonno sono stati
riuniti in una tabella riassuntiva, ove possibile raggruppandoli per similitudini di risultati.
Rif. bibliografico
Cortesi F, Giannotti F, et al. (2004)
Hayes MJ, Parker KG et al. (2001)
Smedje H, Broman JE, et al. (2001)
Latz S, Wolf AW et al. (1999)
Lozoff B, Askew GL,et al. (1996)
Liu X, Liu L et al. (2003)
Ottaviano S, Giannotti F, et al. (1996)
Louis J, Govindama Y. (2004)
Kataria S, Swanson MS et al. (1987)
Sourander A. (2001)
Stein MA, Mendelsohn J et al. (2001)
Fukumizu M, Kaga M et al. (2005)
sale, né sulla eventuale direzione di tale nesso;
questo non impedisce certamente la formulazione
di ipotesi causali, ma la loro verifica necessita di
indagini di diversa natura. Soltanto i lavori di
Fukumizu et al. (2005) e di Louis e Govindama
Età soggetti
6-12 anni
2:4-5:6 anni
5-6 anni + follow
up dopo 14 mesi
6-48 mesi
6-48 mesi
7-13 anni
0-6 anni
12-24 mesi
15-48 mesi
3 anni
Chamlin SL, Mattson CL et al. (2005)
4-12 anni
a) 3-6 mesi
b) 18-21 m
c) 36-41 m
0-6 anni
Bruni O, Fabrizi P, et al. (1997)
5-14 anni
Disturbi correlati al CS
NW*, SA*, PARA*
NW, SOD, SD
NW, SA portano a CS nel follow up
NW, SD
NW, BR
SA, DAYS
ST, (SD solo per gruppo 4-6 anni)
SD
SD
Disturbi del sonno correlano (p<.001) con
BS e RS saltuario (sometimes)
TI solo con BS ma non con RS
CS associato con SRNC; ipotesi: CS come
fattore causale (non motivata).
Sonno disturbato a causa di dermatite atopica correla con CS
Emicrania+mal di testa tensivo => NW,
SA, SD => CS
* Legenda: BS, bed-sharing; RS, room sharing; CS, cosleeping; BR, bedtime resistance (resistenza al momento del dormire); SOD, Sleep onset delay (ritardo nell’addormentamento); SA, Sleep anxiety (ansia rispetto al sonno); NW, night
waking (risvegli notturni); ST, sleep time (orari e durata del sonno); SD, sleep disturbances (disturbi del sonno non specificati); DAYS, daytime sleepiness (sonnolenza diurna); PARA, parasonnie; TI,tiredness (stanchezza) SRNC, Sleep-Related Night Crying (grida notturne collegate al sonno).
Come si può osservare nel primo gruppo (2004) propongono direttamente l’idea che sia il
di studi l’associazione tra cosleeping e cosleeping a causare i disturbi del sonno, sia pur
risvegli notturni sembra la più solidamente
sostenuta da evidenze; anche una più
senza esplicitare i criteri grazie ai quali lo fanno.
In direzione opposta si pronunciano invece Cortesi, Giannotti et al. (2004) rispetto a bambini in età
generica correlazione con disturbi del son- scolare, ipotizzando che il cosleeping sia un tentano sembra avere un buon supporto, inclu- tivo di coping rispetto al sonno disturbato dei pro-
dendo anche alcune condizioni specifiche pri figli. Volendo utilizzare la proposta48 distinzioche abbassano la qualità del sonno come il ne tra cosleeping primario e secondario, o reattivo,
mal di testa e la dermatite atopica.
Gran parte degli studi si attengono al principio che
la presenza di una correlazione non fornisce
48
la fascia di età considerata dallo studio appena
citato impone l’uso della categoria di cosleeping
reattivo; per quest’ultima forma esiste almeno
qualche
evidenza
che
l’ipotesi
Proposta contenuta in Keller e Goldberg (2004), e qui illustrata e ampliata nel cap. 2.3.
34
Franco Nanni Dove dormono i bambini
di
“coping-cosleeping” sia corretta, o quantomeno
Ad una analisi multivariata, il primo e il terzo fat-
del tutto meritevole di approfondimento, grazie al
tore si sono rivelati in grado di discriminare i RC
lavoro di Keller e Goldberg (2004), a quanto risul-
dalle altre due categorie in questo modo:
ta tuttora l’unico che utilizzi a livello sperimentale
Questa analisi sembrerebbe dimostrare che in
le categorie di early- e reactive cosleeping49. Gli
definitiva i genitori dei cosleepers reattivi speri-
autori hanno esaminato un campione di 83 bambi-
mentano condizioni stressanti rispetto al sonno dei
ni dai 36 ai 68 mesi, suddivisi in base alle due
loro figli, e tentano di fronteggiarle prendendoli a
suddette categorie oltre a quella dei non-coslee-
dormire con loro, pur non condividendo appieno
pers, e hanno riscontrato tre dimensioni che sepa-
questa pratica.
rano in modo significativo la categoria dei “reacti-
Rispetto al tema del paragrafo precedente, le
ve-cosleepers” (RC) rispetto sia agli “early-co-
cosiddette bedtime struggles, gli autori rilevano
sleepers” (EC) che ai non-cosleepers (NC):
nel loro campione una maggiore frequenza di esse
Sia le madri dei NC che quelle dei RC condivi-
nei RC rispetto agli altri (ma con debole significa-
dono un atteggiamento più sfavorevole rispetto
tività, p<0.10); il fastidio manifestato dai genitori
al cosleeping rispetto alle madri degli EC
rispetto a queste lotte è in media superiore nel
(p<0.001)
gruppo dei RC, anche se statisticamente non signi-
La frequenza dei risvegli notturni dei RC è
ficativo.
superiore sia rispetto ai NC che agli EC
Lo scenario complessivo che se ne può ricavare
(p<0.01)
potrebbe essere quello di bambini che entrano nel
Le madri dei RC vivono i risvegli notturni dei
secondo o terzo anno di vita, se non talvolta più
loro figli in modo molto più problematico
grandi, che i genitori hanno sempre fatto dormire
rispetto a entrambe le altre categorie (p<0.001)
da soli, e che si trovano ora nel momento in cui da
L’esigenza di distinguere tra queste due forme era stata avanzata però già in precedenza da Lozoff, Askew et al. (1996) e
da Madansky e Edelbrock (1990).
49
Franco Nanni Dove dormono i bambini
35
un lato devono far fronte a maggiori paure e ango-
genitoriale potrebbe svolgere un ruolo non secon-
sce, dall’altro hanno acquisito la capacità di muo-
dario.
versi autonomamente e di opporsi al volere genitoriale; al momento di andare a letto scattano le
2.6.3 Questioni di autonomia e indipendenza
opposizioni e le resistenze, le preghiere di stare
Come già evidenziato nel capitolo 2.3, uno degli
vicini, o di addormentarsi nel lettone, lotte che
argomenti più citati tra i sostenitori della tesi che i
richiedono ogni sera tempo e energie per essere
bambini debbano dormire separati il più presto
contenute. Alcuni cedono accettando il cosleeping
possibile è che ciò costituisca un buon training per
almeno nell’addormentamento, tentando poi di
l’autonomia e l’indipendenza, mentre il coslee-
riportare i figli al loro posto, sperando che non si
ping provochi, al contrario, un ritardo o un impe-
sveglino. Altri riescono a far addormentare i figli
dimento nel conseguimento di questi aspetti della
nel proprio letto, ma, al pari dei primi, dovranno
personalità. Più in specifico, questa convinzione
poi confrontarsi con i risvegli notturni: alcuni
sembra fondarsi su due assunti collegati:
bambini si alzeranno e andranno direttamente nel
che dormire da soli fin da neonati costituisca un
lettone, altri piangeranno o grideranno, costringendo un genitore ad alzarsi, e richiedendo poi
parecchio tempo per riprendere sonno. Se la cosa
si ripete, i genitori, esausti, prenderanno il bambino nel lettone per aver almeno la possibilità di
dormire un po’ prima del suono della sveglia. La
tesi che il cosleeping (almeno nella forma reattiva)
segua, e non preceda lo sviluppo di un disturbo
del sonno è riportata anche in una sintesi di interviste ai genitori (Maccarin 1995). McKenna
(1993) avanza addirittura l’ipotesi che il cosleeping in età neonatale possa essere protettivo verso
lo sviluppo successivo sia di disturbi del sonno
che di cosleeping reattivo.
Secondo l’ipotesi causale opposta (ovvero che il
cosleeping causi i disturbi del sonno) sembra
invece più difficile costruire uno scenario in grado
di dar conto del fenomeno delle resistenze al
momento di andare a dormire; è possibile però che
l’idea di dover optare per l’una o l’altra direzione
causale sia fuorviante, e che vada invece considerata una causalità circolare tra cosleeping e disturbi di sonno e addormentamento, interrelata con
altri elementi in gioco, tra i quali l’ambivalenza
36
prerequisito necessario per il conseguimento
dell’indipendenza;
se un bambino si dimostra indipendente in un
campo comportamentale lo sarà automaticamente anche in tutti gli altri; specificamente,
una volta che il bambino abbia conquistato
indipendenza nell’ambito del sonno (che sappia
addormentarsi da solo e riprendere sonno da sé
dopo un risveglio) egli sarà indipendente in
ogni altro ambito.
Da questi assunti deriva anche l’idea complementare che il cosleeping evochi scenari di eccessiva
dipendenza. Tuttavia non vi sono stati esempi di
dati empirici che abbiano messo alla prova l’idea
generale che vi sia un legame tra assetti del dormire e conseguimento di autonomia e indipendenza,
né gli assunti su cui si basa. Il primo tentativo di
testare sperimentalmente questi assunti è una delle
ipotesi fondanti dello studio di Keller e Goldberg
(2004). Essi hanno operazionalizzato il concetto
di indipendenza come la capacità del bambino di
portare a termine diverse attività quotidiane
con/senza il supporto altrui: vestirsi, lavarsi,
Franco Nanni Dove dormono i bambini
addormentarsi, riprendere sonno, giocare, risolve-
dormire
re problemi, ecc.). Gli autori dunque hanno scelto
dipendenza/indipendenza.
di mettere in discussione l’assunto che l’indipendenza sia un tratto monolitico, e di considerarla
invece una capacità che può essere assente o presente in una certa misura in diversi ambiti indipendentemente l’uno dall’altro: per la loro ricerca
hanno suddiviso tre macro-ambiti:
con
le
problematiche
di
Gli autori hanno inoltre considerato come variabile il “supporto materno per l’autonomia”, ovvero
il grado con cui la madre incoraggia il bambino a
fare scelte, a prendere l’iniziativa, a esplorare, a
fare da sé. Diversamente dallo stereotipo della
iperprotettività delle madri dei cosleepers, lo stu-
Capacità di confidare in sé stessi e indipenden-
dio di Keller riporta invece il fatto che le madri
za sociale (Children’s self-reliance and social
degli EC nel supporto all’autonomia mostrano
independence)
punteggi significativamente maggiori (p<0.001) di
Indipendenza nei comportamenti relativi al sonno (independent sleep behaviors)
Indipendenza adattiva (adaptive independence)
I risultati di questa ricerca di Keller e Goldberg
hanno confermato alcune aspettative, ma ne hanno
entrambe le altre categorie. Gli autori hanno anche
elaborato i dati per sottrarre dai punteggi dell’indipendenza sociale l’influsso del supporto materno,
ma la significatività dell’effetto degli assetti del
dormire è stata comunque conservata (p<0.01).
smentite altre: come era atteso si è visto che gli
Si deve quindi concludere che sul piano dei dati
EC50 hanno acquisito molto più tardi degli altri
empirici non vi sono evidenze che supportino la
l’indipendenza nel campo del sonno (p<0.001) ; in
pratica di sconsigliare il cosleeping in età neonata-
particolare l’abilità di addormentarsi da soli è sta-
le per evitare che il bambino sviluppi eccessiva
ta conseguita dagli EC in media a 26.9 mesi,
dipendenza, e che i pochi elementi sperimentali
rispetto ai RC (11 mesi) e ai NC (5 mesi). Anche
disponibili vanno addirittura in direzione opposta
nel campo dell’indipendenza adattiva viene ripor-
sul piano della capacità di confidare in sé stessi e
tato un analogo slittamento dei tempi, con l’ecce-
dell’indipendenza sociale. Non sorprende che le
zione però delle routine definite toilet training,
autonomie nel sonno vengano acquisite più tardi,
che non hanno rivelato alcuna differenza signifi-
dal momento che gli EC non subiscono richieste
cativa. Sorprendentemente, invece, nel campo del-
in questo senso prima di aver compiuto uno o
la capacità di confidare in sé stessi e dell’indipen-
anche due anni: occorrerebbe però domandarsi se
denza sociale gli EC hanno mostrato punteggi
la precoce acquisizione di queste capacità, indub-
significativamente maggiori (p<0.001) di entram-
biamente desiderabile almeno per alcuni genitori,
be le altre due categorie. Se confermato in seguito
comporti per il bambino qualche genere di benefi-
da ulteriori ricerche su campioni diversi ma analo-
ci, sia indifferente, o eventualmente costituisca
go disegno e costrutti comparabili, ci si troverebbe
invece uno svantaggio: a giudicare dalla meno
in presenza di una forte smentita di tutti gli assunti
efficace acquisizione di altre forme di indipenden-
che collegano indiscriminatamente assetti del
za nella vita quotidiana da parte dei NC si direbbe
che quantomeno i benefici siano da escludere.
50
Va ricordato che EC=Early cosleepers, RC=reactive cosleepers, NC=non-cosleepers.
Franco Nanni Dove dormono i bambini
37
2.6.4 Altri effetti e correlati del cosleeping
Anche in questo caso sono assai pochi gli studi
che forniscono dati in merito a effetti e correlazioni tra assetti del sonno e altri parametri comportamentali i psicologici. Il punto di partenza è senz’altro il lavoro di Okami, Weisner et al. (2002):
esso presenta un follow up su 105 famiglie nordamericane iniziato nel 1975 e che ha seguito fino al
diciottesimo anno di età confrontando nel tempo
gli ex (early) bed-sharers51 con i solitary sleepers.
I risultati sono, a seconda dei punti di vista, deludenti o confortanti: non è stata riscontrata alcuna
presenza di disturbi del sonno (campione di bambini 2:4 - 5:6 anni) ha esplorato correlazioni tra
cosleeping e alcuni parametri della Carey Temperament Scale52, attraverso un questionario compilato separatamente dai genitori e dagli insegnanti.
Non è emersa alcuna correlazione né tra assetti del
sonno e CTS compilata dai docenti, né tra questa e
la CTS compilata dai genitori; sono emerse tuttavia tre correlazioni significative tra quest’ultima e
il fatto di essere cosleepers:
minore adattabilità (p<0.03) (item tipo: il bambino può essere distolto dal fare cose proibite).
correlazione né a patologie o condizioni proble-
Minore ritmicità (p<0.03) (item tipo: il bambi-
matiche, né a benefici di alcun tipo. L’unica corre-
no mangia la stessa quantità di cibo ai pasti di
lazione significativa, ma di modesta dimensione, è
ogni giorno).
stata trovata a sei anni, tra pregresso bed-sharing e
attuale migliore competenza cognitiva; pare condivisibile la posizione degli autori, che assai
ragionevolmente considerano tale correlazione un
epifenomeno, o un artefatto dovuto a qualche
variabile latente non controllata. Altre correlazioni
più deboli fanno pendere comunque la valutazione
verso un eventuale, minimo effetto benefico di
questa pratica su variabili connesse alla sfera psicosessuale e affettiva, ma si tratta comunque di
sfumature. Resta il fatto, forse più importante, che
mancano del tutto elementi confermativi delle
paure collegate alla pratica del cosleeping in età
neonatale.
Maggiore intensità emotiva (p<0.01) (item tipo:
il
bambino
risponde
intensamente
alla
disapprovazione).
Sembra piuttosto difficile reperire, ammettono gli
autori, qualche spiegazione almeno ipotetica di
questi risultati, tanto più che i tratti evidenziati
sembrano essere rilevati esclusivamente dai genitori ma non da altre figure. In via assolutamente
preventiva alcune testimonianze contenute il
Morelli et al. (1992) richiamano da lontano almeno la natura della terza correlazione, l’intensa
risposta alla disapprovazione. Le madri Maya
intervistate in quello studio raccontavano che i
loro figli obbedivano assai precocemente (12, 13
In linea ancora più generale, non risulta al
mesi) ai loro avvertimenti (ad es. “Non toccare
momento alcuna evidenza anche debole che associ
quello, puoi farti male”) e che sentivano di potersi
disturbi di comportamento o della sfera emotiva
fidare sul fatto, ad esempio, di non mettere in boc-
con la pratica del cosleeping. Semmai, qualche
ca cose sporche o piccoli oggetti; l’intervistatore
esile correlazione è stata trovata a livello di tem-
commentava che i loro coetanei nordamericani
peramento almeno in una indagine, il già citato
piuttosto si mostrano ancor più interessati agli
studio di Hayes et al. (2001); oltre a indagare la
oggetti che i genitori vietano loro di toccare,
51
52
Che si tratti del tipo “early” si evince da numerosi aspetti del disegno sperimentale.
Questo strumento è stato tratto dagli autori utilizzando il lavoro di McDevitt (1978).
38
Franco Nanni Dove dormono i bambini
costringendoli a vigilare intensamente anche fino
hanno provocati, “come se” tali azioni avessero
ai 2-3 anni. Una mamma allora ha riferito una sua
realmente avuto luogo. Dal momento che Dama-
intuizione, che forse questo dipenda dal fatto che
sio offre un solido supporto empirico a questa teo-
quei bambini vengono tenuti a dormire da soli.
ria, essa potrebbe essere messa alla prova anche
“Nella nostra comunità i bambini sono sempre
comparativamente tra early cosleepers e non co-
con le madri, mentre in USA voi li tenete separati.
sleepers con appositi disegni sperimentali.
Forse è per questo che qui i bimbi capiscono
meglio le mamme, si sentono vicini (feel close),
mentre in USA sentono soprattutto la distanza.53”
La stessa madre poi continuò ipotizzando che se i
bambini non si sentono vicini, sarà per loro più
difficile imparare e capire le cose dalle persone
intorno a loro.
In Europa negli ultimi anni si è assistito a un forte
aumento delle preoccupazioni per la frequenza di
bambini “senza regole” che non ascoltano e non
rispettano i propri genitori: che in questo fenomeno, certamente connesso con una pluralità di fattori psico-socio-culturali, possa essere coinvolta
anche la pratica di imporre un troppo precoce son-
Il fatto che il genitori, ma non i docenti studiati da
no solitario è una ipotesi che, per quanto priva di
Hayes (2001) riportino che i cosleepers mostrano
sostegno empirico al momento, risulta essere affa-
maggiore intensità emotiva verso la disapprova-
scinante e in certa misura innovativa. Del resto
zione potrebbe dare qualche sia pur vago supporto
non manca nemmeno di una sua intuitività ele-
empirico alla intuizione della madre Maya. Anto-
mentare: un bambino di un anno che da sempre è
nio Damasio (1995) formula l’ipotesi del ruolo di
stato addestrato a dormire da solo, magari con le
un “marcatore somatico” nell’autocontrollo del
tecniche in voga di lasciarlo piangere, come può
comportamento, soprattutto nell’inibizione di
avvertire come protettive e degne di fede quelle
azioni nocive; si tratterebbe di un processo cere-
stesse figure che lo hanno così severamente sfida-
brale che rievoca arousal emotivi negativi di fron-
to nei suoi bisogni e, successivamente, nel suo
te al solo pensiero di azioni che originariamente li
sistema di attaccamento?
53
Morelli, Rogoff et al. (1992).
Franco Nanni Dove dormono i bambini
39
Sul fatto che invece il cosleeping di per sé costi-
3 COSLEEPING E RISCHIO PER LA SIDS
tuisca un rischio di morte improvvisa per il neonato non solo non vi è generalizzato consenso, ma
La Sindrome di Morte Improvvisa del Neonato
alcuni autori, sulla scia di McKenna, ipotizzano
(SIDS) costituisce una importante questione di
invece anche un suo ruolo protettivo. D’altro can-
carattere medico generale, che presenta tuttavia un
to Blair, Fleming et al. (1999) hanno riscontrato
interesse psicologico modesto. La ricerca finaliz-
che anche tra i solitary sleepers inglesi il rischio
zata alla prevenzione di questa sindrome ha pro-
di morte improvvisa aumenta; questo risultato è
dotto una gran mole di studi sul cosleeping di
coerente anche con quanto esposto, a proposito
assai vasta portata, in quanto tale pratica è stata
della Nuova Zelanda, da Mitchell e Thomson
inclusa, sia pur in modo assai controverso, tra i
(1995); sembra però che in alcune situazioni il
fattori di rischio.
bambino dormisse abitualmente da solo durante il
giorno, a non necessariamente durante la notte;
3.1
Cosleeping:
rischio,
protezione,
o
cos’altro?
È questo il sottotitolo di un intervento di Wailoo
et al. (2004) che affronta diverse problematiche
connesse al disegno e alla realizzazione di ricerche, nonché all’interpretazione e all’utilizzo dei
loro risultati rispetto alla SIDS. In effetti la formu-
difficile, quindi, trarre conclusioni anche solo
minimamente generalizzabili. Sembra invece che
il room-sharing sia decisamente un fattore protettivo, anche se rimane il dubbio se tale pratica
generi di per sé tale effetto, o se invece essa sia
semplicemente un marker di altre variabili
nascoste.
la dubitativa è d’obbligo in quanto i lavori attual-
Infine va esplicitata la posizione del gruppo con-
mente pubblicati portano a conclusioni non del
dotto da McKenna: questi autori partono dall’ipo-
tutto compatibili. Da un lato sembrerebbe esservi
tesi che la SIDS, diversamente da involontarie
il sostanziale consenso di tutti gli studiosi sul fatto
asfissie o schiacciamenti del bambino, dipenda da
che il bed-sharing comporti un significativo incre-
una scarsa eccitabilità del neonato durante il son-
mento del rischio di SIDS, quando è associato a
no, che in presenza di eventuali condizioni avver-
consumo di tabacco in gravidanza e dopo la nasci-
se come un eccesso di anidride carbonica, apnea
ta, all’uso di alcol, altre sostanze psicotrope e
ostruttiva, o altre minacce alla sua sopravvivenza,
sedativi, nonché a stati di sovraffaticamento del
gli impedisce di reagire e quindi di mandare
genitore che dorme col bambino. A questi elemen-
segnali ai caregiver. Già dieci anni fa Mosko,
ti di rischio collegato al cosleeping si aggiungono
Richard et al. (1996) riportavano che i fratelli di
anche: appartamenti affollati, basso status socioe-
bambini morti per SIDS54 mostravano, rispetto ai
conomico (SES), obesità della madre, uso di
controlli, periodi più lunghi di sonno ininterrotto,
coperte pesanti, divani e altre superfici impropria-
minori movimenti del corpo nel sonno, e minori
mente e magari temporaneamente usate come
movimenti in reazione ad apnea ostruttiva; nasce-
letto.
va da qui l’idea delle sofisticate misure dell’arousability nel neonato mentre dorme da solo e
54
Ritenuti essere di per sé stessi un gruppo a rischio SIDS.
40
Franco Nanni Dove dormono i bambini
durante il cosleeping, nonché dall’incoraggiante
non adeguati alla complessità delle situazioni che
constatazione che i cosleepers mostravano per
si vanno a indagare. In questo potrebbe inserirsi
l’appunto un incremento di arousability; per di
un primo contributo della ricerca psicologica, che
più tale stato era condiviso con la madre, anch’es-
è divenuta ben consapevole delle difficoltà colle-
sa risultata essere in condizioni di sonno più leg-
gate alle situazioni umane, mentre in campo SIDS
gero e capace di effettuare controlli tattili inconsa-
pare sfuggire a molti ricercatori la differenza tra lo
pevoli rispetto allo stato del piccolo. Dunque la
studio scientifico di sfere che rotolano lungo piani
maggiore facilità di risveglio, e la maggiore ecci-
inclinati o di positroni lanciati nel vuoto, in asso-
tabilità del neonato quando dorme vicino alla
luto isolamento da tutte le variabili spurie, e l’as-
madre, lungi dall’essere, come strumentalmente
sessment di situazioni umane naturali nelle quali è
sostenuto dai detrattori del cosleeping, la prova
già arduo definire cosa sia una variabile, e se
che questa pratica “non fa dormire bene il bambi-
comunque sia epistemologicamente sensato pre-
no”, potrebbe essere invece un portato dell’evolu-
tendere di isolarne una o più in qualche maniera.
zione che proprio in questa arousability ripone le
In concreto: quando si afferma che il cosleeping
migliori chance di sopravvivenza del piccolo. A
diventa un rischio in presenza di fumo, sostanze
corollario di ciò, appare piuttosto amaro constata-
psicotrope, sedativi, basso SES, obesità, ecc., si è
re che “Fate le nanna”, il manuale per genitori che
ancora sicuri che si sta parlando del cosleeping in
va oggi per la maggiore,55 consideri una prova del-
sé stesso, al di là della ineccepibilità matematico-
la sua efficacia proprio il fatto che il bambino con-
statistica del procedimento? Questa posizione è
dizionato a dormire da solo in stanza separata e
sostenuta anche da McKenna (in Hauck, Kemp et
senza piangere abbia un bel sonno profondo e sen-
al. 1998) quando osserva che in molti studi sulla
za risvegli.
SIDS sia le famiglie delle vittime che i controlli
sono membri di classi disagiate con alti livelli di
3.2 Possibili sinergie tra psicologia e ricerca
mortalità infantile e un livello di salute generale
sulla SIDS
complessivamente più basso della media generale
Dopo la lettura della gran mole di articoli in merito, è difficile evitare l’impressione che la decisione se raccomandare o meno a tutti indistintamente
i genitori qualcosa come “non dormite mai vicino
ai neonati” dipenda assai più dalla preesistente
della popolazione di riferimento. In tale contesto
appare chiaramente che il significato di “controllare il fattore X o Y” è molto diverso rispetto a
contesti di popolazione più vicina alle medie
nazionali per reddito, cultura e risorse56.
avversione o simpatia per questa pratica che non
La psicologia può aiutarci a rispondere a questi
da solide evidenze empiriche; inoltre anche le
come questo: dal momento che il rischio SIDS
supposte evidenze sono continuamente esposte al
viene desunto dopo la denuncia della morte del
rischio di artefatto, a causa di disegni di ricerca
neonato, in che modo è possibile confidare
55
Estivill e De Béjar (1999).
Both SIDS victims' families and controls are members of an urban economic underclass that suffer at every
level from high age-specific mortality and poorer overall health than most, if not all, other groups. [...] Clearly,
the meaning of "controlling" for factor X or Y in this socially and economically disadvantaged population
means something quite different from a population characterized by more normally distributed incomes based
on national averages. (McKenna in: Hauck et al. 1998)
56
Franco Nanni Dove dormono i bambini
41
nell’esattezza delle “variabili” rilevate quasi
poco conto: è riportato il caso di madri che, per
esclusivamente a posteriori dalle testimonianze di
guardarsi dalla “minacciosa” pratica del bed-sha-
genitori sotto choc? In molti casi il rilevamento
ring, allattano anche di notte il loro bambino
viene effettuato in presenza di una schiacciante
sdraiandosi su un divano, senza rendersi conto che
mole di elementi di confusione; si consideri ad
la parete verticale di questo tipo di giaciglio rende
esempio una madre che dichiara di aver preso un
estremamente probabile lo schiacciamento fisico
sedativo la sera prima della morte del bimbo;
del piccolo, qualora, come facilmente può
potrebbe fare molta differenza se aveva assunto un
capitare, mamma e bambino involontariamente si
Tavor una tantum o se era una consumatrice abi-
addormentassero lì alla fine della poppata.
tuale, o addirittura abusatrice di benzodiazepine, e
questo potrebbe avere anche conseguenze sulla
affidabilità della sua descrizione delle condizioni
in cui la morte del neonato ha avuto luogo.
L’esperienza psichiatrica potrebbe inoltre aiutare a
comprendere in modo più globale quali possano
essere le condizioni in cui vive e si sviluppa il
figlio di una persona assuefatta all’alcol o alle
benzodiazepine, e se alla fin fine sia proprio il fatto di condividere il letto con questa persona la
causa della sua morte.
Sulla base dei consigli che ricevono, molti genitori lasciano piangere i loro neonati nelle loro culle
e camerette, e alla fine questi vengono condizionati a non piangere affatto. Che cosa implica, in
termini psicologici, promuovere la soppressione
dell’impulso naturale del neonato a piangere, e
quello della madre a rispondere confortandolo?
Non ci sono evidenze che ci dicano che questa
pratica non comporti dei rischi a breve o lungo
termine; esiste invece uno studio (Douglas 2005)
che riassume ulteriori diverse ricerche, e che indi-
Parlando invece ai genitori che non presentano
vidua nell’eccessivo pianto del neonato un fattore
condizioni di interesse psichiatrico né parametri
che predispone all’insorgere del reflusso gastro-
sociologici critici, occorre domandarsi quale può
esofageo; tra le pratiche consigliate per la preven-
essere il contributo della psicologia non solo per
zione di questo disturbo c’è anche il cosleeping, e
la prevenzione della SIDS, ma per una compren-
in generale una pronta responsività dei caregiver
sione più vasta delle condizioni familiari di accu-
ai segnali notturni del neonato. Inoltre, da un pun-
dimento che possono favorirla o evitarla. Sembra
to di vista più ampio, si considera che i bambini
irrinunciabile comprendere sul piano psicologico
occidentali ricevono mediamente una scarsa sti-
(e psicoanalitico) il ruolo assunto, rispetto alla
molazione sensoria e vestibolare a causa del tipo
pratica del cosleeping, dalle campagne per la pre-
di accudimento “distale” che ricevono sia di gior-
venzione della SIDS, con il loro corredo di scenari
no che di notte, e che questo fatto risulterebbe col-
di morte del bambino paventati a monito delle
legato a una generale iperalgesia viscerale, all’in-
madri che dormono accanto ai loro figli neonati;
terno della quale rientrerebbero anche le coliche;
quali scenari psicologici evoca, ad esempio, l’in-
non a caso, affermano gli autori, il trattamento
discriminata minaccia “non dormire mai con tuo
delle coliche consiste essenzialmente nel massag-
figlio perché potrebbe morire (o “potresti uccider-
gio, ovvero in una iper-stimolazione sensoria e
lo”)”, sia dal punto di vista di chi la emette che da
vestibolare.
quello di chi la riceve? Non sembrano questioni di
42
Franco Nanni Dove dormono i bambini
In conclusione, la ricerca apre molte questioni irri-
sindrome svolge rispetto alla pratica del coslee-
solte nel problema medico relativo alla SIDS e nel
ping nelle sue varie accezioni.
ruolo anche psicologico che il pericolo di questa
Franco Nanni Dove dormono i bambini
43
4 COSLEEPING TRA EVOLUZIONE,
nei disegni di ricerca empirica, se non altro quan-
ATTACCAMENTO E EDIPO
do l’età dei bambini renderebbe pertinente la questione, ma non sembra che l’argomento sia anche
Come accennato all’inizio di questa rassegna, il
solo lontanamente considerato. Il lavoro di Ball,
cosleeping è una pratica di accudimento che tocca
Hooker e Kelly (2000) che esamina un campione
diversi nuclei tematici di cruciale importanza:
di famiglie inglesi presso le quali viene praticato
l’approccio evoluzionistico all’accudimento, già
cosleeping diadico e triadico, ha considerato
più volte menzionato in precedenza, è un paradig-
nuclei nei quali l’età dei bambini è troppo precoce
ma che fa da sfondo a numerosi studi, primi tra
(inferiore ai 5 mesi) per rendere pertinente la pro-
tutti quelli del gruppo di McKenna. Nonostante
spettiva edipica. Lo spazio destinato in questa ras-
l’apparente focus su aspetti biologici “universali”
segna alle questioni sollevate dal cosleeping
e in qualche modo “oggettivi”, va fin da subito
rispetto alla triangolazione edipica sarà dunque
evidenziato come proprio all’interno di questo
forzosamente esiguo, e certo stridente rispetto alla
approccio sia massima l’attenzione agli aspetti
sua complessità, alle sue implicazioni cliniche.
culturali e cross-culturali che contribuiscono a
delineare le pratiche di cura dei bambini.
La teoria dell’attaccamento viene richiamata in
modo meno sistematico, ma resta un riferimento
chiave almeno per gli autori che hanno studiato il
cosleeping in termini qualitativi e approfonditi,
mentre è del tutto assente nelle indagini sul rischio
di SIDS, ovvero dove il focus è soprattutto sugli
svantaggi di questa pratica, a scapito dei benefici
che pure le vengono altrove riconosciuti. Tra questa teoria e l’approccio evoluzionistico, pur distinti, è quasi ovvio scorgere notevoli punti di contatto, in particolare per quanto riguarda il paradigma
etologico e la considerazione delle condizioni
ambientali nelle quali la specie Homo si è evoluta.
Un discorso a parte merita invece la problematica
edipica, che risulta essere la grande assente nella
4.1 L’approccio evoluzionistico
Questo approccio attribuisce un ruolo esplicativo
centrale al cosleeping madre-neonato in quanto
parte integrante del contesto di base in cui la specie umana, ancora prima di evolvere nel sapiens,
ha allevato i propri figli. Il presupposto di fondo
della cosiddetta “medicina evoluzionistica57” è che
molte attuali malattie sociali, psicologiche e fisiche siano collegate all’incompatibilità tra gli stili
di vita e gli ambienti in cui l’uomo attualmente
vive e le condizioni all’interno delle quali la biologia umana (e quindi anche il cervello) si è
evoluta58. Questo fatto non resta confinato nell’ambito fisiologico, ma, sia pur con maggiore
prudenza, non può essere trascurato in campo psicologico. Nello specifico campo dell’accudimento
totalità degli studi attualmente pubblicati a propo-
dei neonati si potrebbe sottolineare che questo
sito del cosleeping, se si escludono rapidissime e
approccio è vieppiù opportuno in quanto il piccolo
generiche menzioni, peraltro assai rare. Ci si
aspetterebbe di trovarne traccia implicita almeno
57
58
d’uomo nel primissimo periodo di vita è dotato
soprattutto di aspettative non ancora modulate
Si veda la raccolta curata da Trevathan, Smith e McKenna (1999) e, per una sintesi, l’articolo di Schiefenhovel (2000).
La citazione originale è: “Evolutionary medicine takes the view that many contemporary social, psychological,
and physical ills are related to incompatibility between the lifestyles and environments in which humans currently live and the conditions under which human biology evolved.” Trevathan et al. (1999).
44
Franco Nanni Dove dormono i bambini
dalla cultura59. Alcuni autori addirittura definisco-
appena visto, tale pratica è interconnessa ad altre
no il bambino fino ai sei mesi un “feto in
forme di accudimento (allattamento al seno,
etero-gestazione ”, dunque assolutamente biso-
modalità di handling e holding del bambino) a
gnoso del contatto continuo con la madre per una
formare un sistema complesso, nel quale svolgono
sua ottimale regolazione. Questo assunto si basa
un ruolo importante anche le rappresentazioni
sull’ipotesi che il progressivo restringimento del-
materne e genitoriali del neonato e del bambino
l’architettura pelvica dovuto alla stazione eretta e
(toddler), le interazioni reali e quelle fantasmati-
il successivo maggior volume cranico dell’homo
che tra i componenti del sistema familiare. In que-
sapiens siano stati la condizione che ha reso
sto sistema insieme relazionale, mentale e concre-
necessario per la nostra specie partorire un neona-
tamente operativo le diverse pratiche di accudi-
to di eccezionale immaturità neurologica, cosa che
mento non possono essere scisse le une dalle altre
non si verifica in nessun altro mammifero. La
né viste come ingredienti discreti di un presunto
fisiologia del neonato umano è ancora in attesa di
“giusto” modo di occuparsi dei bambini. Il secon-
complesse interazioni co-regolative con la fisiolo-
do ordine di ragioni, che discende dal primo,
gia (e non solo con la psiche!) materna: da qui
impone prudenza nel sostenere indiscriminata-
deriverebbe la pratica millenaria di un bambino
mente il cosleeping (comunque limitatamente al
tenuto a lungo in braccio, allattato a richiesta,
tipo primario); bisogna infatti considerare che,
cosleeper. In questa ottica diviene chiaro quanto
proprio in ragione delle particolari condizioni di
profondamente fuorviante sia il considerare queste
vita nell’occidente contemporaneo, le contingenze
modalità di accudimento come un mero fatto cul-
specifiche nelle quali il neonato è inserito potreb-
turale. Questo non implica affatto il misconosci-
bero essere talmente lontane da quelle nelle quali
mento del ruolo della cultura nella definizione
la sua fisiologia (e neuro-fisiologia) si è evoluta,
delle pratiche in questione, ma rende necessario
da imporre un ripensamento complessivo di tutte
un inquadramento gerarchico del fatto culturale
le pratiche di accudimento attualmente in uso,
all’interno di determinanti biologiche e evoluzio-
proprio per assicurargli un livello di benessere
nistiche: particolarmente chiara e efficace, in pro-
accettabile nonostante le richieste ambientali criti-
posito, appare la posizione dell’antropologo Blac-
che. Premesso questo, alla luce della letteratura
king: c’è una biologia umana costruita nell’evolu-
attuale non sembrano comunque esservi ragioni
zione, c’è una universalità nelle strutture cerebrali
solide per sconsigliare il cosleeping a genitori sani
umane, ma questi universali sono poi declinati in
di bambini sani nei primi 6-9 mesi di vita del
modi straordinariamente originali e diversificati
bambino, mentre ve ne sono diverse per ritenerlo
dalle culture dei popoli e delle civiltà61.
una pratica ottimale, se inserito in un sistema glo-
60
Assumere un punto di vista evoluzionistico rispetto al cosleeping non implica però un automatico e
bale che include allattamento a richiesta, responsività e contatto corporeo anche diurno col neonato.
entusiastico sostegno a questa pratica, per due
ordini di ragioni: innanzitutto perché, come si è
59
60
61
Cfr. ad esempio Odent (1992) e Eibl-Eibesfeldt (1993).
Exterogestate foetus, come riportato da Douglas (2005).
Comunicazione personale, 1987. Si veda anche il suo testo fondamentale How musical is man? (Blacking 1973).
Franco Nanni Dove dormono i bambini
45
4.2 Cosleeping e attaccamento
Il punto di vista della maggior parte dei contributi
relativi alla teoria dell’attaccamento individua nei
6-8 mesi l’inizio di una relazione di attaccamento
propriamente detta, mentre nel periodo precedente
della vicinanza alla figura di attaccamento nei
risvegli notturni. Va ribadito ancora una volta che
in generale tra il nono e il dodicesimo mese si
assiste ad un cospicuo aumento della frequenza di
risvegli63.
il bambino si limiterebbe a segnali e a un tenden-
In definitiva le argomentazioni di questi autori
ziale orientamento verso determinate figure.
sono estremamente chiare, tanto da poter afferma-
Anche secondo altri autori di orientamento psico-
re che la base di tutto il discorso che lega attacca-
dinamico l’età di otto mesi vede l’esordio di nuo-
mento e sonno stia in poche semplici situazioni:
ve e più evolute modalità relazionali del bambino,
l’andare a dormire prefigura comunque una sepa-
sia pur enunciandole tramite concettualizzazioni
razione dai genitori, sia perché di norma i bambini
del tutto diverse e non necessariamente coerenti
occidentali vengono messi a letto prima del
con la teoria dell’attaccamento. Lungo la storia del
momento in cui anche gli adulti lo fanno, sia per-
pensiero psicoanalitico vanno citati almeno alcuni
ché assai spesso i bambini dovrebbero dormire da
concetti: l’angoscia dell’estraneo in Spitz, le sot-
soli nella loro stanza. In più con la crescita psico-
tofasi di differenziazione, sperimentazione e riav-
logica accade che la notte e il buio si popolino di
vicinamento nel corso del processo di separazio-
presenze e presentimenti che il neonato non cono-
ne-individuazione in Mahler, la capacità di preoc-
sceva, e che alimentano reazioni di allarme più
cuparsi in Winnicott62, l’emergere del senso del Sé
intense trovandosi svegli e soli nell’oscurità. Tutto
soggettivo in Stern, tutti processi che implicano a
questo dunque porta il bambino a mettere in atto
un qualche livello le nuove capacità del bambino:
tutto il suo repertorio comportamentale di attacca-
la costanza dell’oggetto, l’intenzionalità, l’attacca-
mento, all’interno del quale le cosiddette “bedti-
mento a una figura specifica. Sembrerebbe dunque
me struggles” sono un limpido esempio di prote-
che questo discorso evolutivo successivo ai 6-8
sta per la separazione. È tutto da studiare l’effetto
mesi non riguardi affatto quel che è stato definito
che l’essere stati early co- o solitary-sleepers eser-
cosleeping primario, in quanto collocato in
cita su questo tipico passaggio evolutivo: quello
momenti precedenti dello sviluppo infantile, men-
che le indagini esaminate hanno riscontrato è che i
tre diverrebbe estremamente attuale a proposito
cosleepers di età superiore agli 8-12 mesi non
del cosleeping secondario. Infatti diversi autori, in
sono affatto tutti ex-early-cosleepers e che soprat-
particolare Morelli et al. (1992) e Jenni et al.
tutto in occidente, dove è maggioritaria l’abitudine
(2005), studiando questo fenomeno in bambini
di condizionare i bambini a dormire da soli fin dai
(toddler) non più neonati, si richiamano alla teoria
primi giorni, è piuttosto consistente l’esordio tar-
dell’attaccamento e all’insieme di capacità fase-
divo della condivisione, ma sarebbe meglio dire
specifiche di questa età, che portano alla protesta
della invasione del letto genitoriale da parte dei
per la separazione al momento di andare a dormire
figli. Forse ricerche più specificamente mirate a
(per i solitary sleeper, ovviamente) e alla ricerca
questo fenomeno del cosleeping di ritorno
Concetto che si basa anche su quello kleiniano di “posizione depressiva”, che però in quanto “posizione” non è a rigore
riferibile a una “fase” di sviluppo comunque intesa.
63
Oltre a studi citati nel par. sui disturbi del sonno, si veda in particolare Scher (1991).
62
46
Franco Nanni Dove dormono i bambini
potrebbero dimostrare che tutto l’impegno profuso
ad altre con bambini dal sonno normale, riscon-
per abituare i neonati a dormire da soli non assicu-
trando che il 100% delle prime aveva uno stile
ra affatto che in seguito non tormentino i genitori
“insicuro” di attaccamento65 contro solo il 57%
invadendone il letto, una volta conquistata la loco-
delle seconde (p<0.002). Scher (2001) ha effettua-
mozione e attivato il sistema di attaccamento.
to una analoga comparazione tra madri di bambini
Questi studi potrebbero anche dire se è possibile
di un anno utilizzando però la SSP66, e rilevando
confermare le previsioni in base al concetto di
un solo tipo di disturbo del sonno, i risvegli not-
base sicura, ovvero che una ottimale responsività
turni: in questo caso però non sono state trovate
generale e specificamente notturna delle figure di
differenze significative tra i gruppi (attaccamento
attaccamento durante i primi 12, 18 mesi di vita
sicuro e insicuro), a riprova che, in ogni caso, la
possa costituire le condizioni per cui in seguito
tendenza a svegliarsi durante la notte è un feno-
quei bambini avranno maggiore facilità nell’abi-
meno tipico della fine del primo anno di vita,
tuarsi a dormire soli, evitando il rischio di coslee-
come peraltro già sostenuto da Scher in preceden-
ping protratti e defatiganti fino ai 4, 5 anni di età e
za (Scher 1991). Che la relazione tra attaccamento
oltre. Al momento però questa è solo una conget-
e sonno sia complessa è anche dimostrato da un
tura basata su una interpretazione di dati empirici
risultato apparentemente contro-intuitivo: madri
descrittivi; è prevedibile comunque una notevole
che avevano maggiori punteggi in una sub-scala di
difficoltà di verifica, in quanto, come già poc’anzi
valutazione dell’attaccamento, quella del “piacere
sottolineato, il cosleeping (come ogni altro ele-
nell’interazione”, avevano figli con un maggior
mento dell’accudimento) è parte di un complesso
numero di risvegli notturni e una maggiore ten-
sistema con azioni e retroazioni ricorsivamente
denza al cosleeping. (Scher e Dror 2003).
intrecciate, e dunque non può essere trattato come
una “variabile” svincolata dal contesto relazionale
complessivo. Anche la relazione con i disturbi del
sonno va integrata in questo scenario, in quanto
possono esservi certamente difficoltà dovute a
particolarità della fisiologia o della fase di sviluppo di un bambino64, che potranno poi essere attenuate o aggravate dalla risposta dei caregivers, ma
ci si aspetta di trovare anche disturbi del sonno
derivanti da risposte genitoriali inadeguate rispetto
a comportamenti del sonno del tutto normali dei
loro figli. Anche in questo caso può essere assai
difficile verificare empiricamente l’una o l’altra
ipotesi; Benoit et al. (1992) hanno comparato le
Se è concordemente riconosciuto il ruolo della
responsività e disponibilità della figura di attaccamento per lo sviluppo di specifici pattern di attaccamento nel bambino, ciò va inteso non solo per i
comportamenti diurni ma anche naturalmente per
quelli notturni; si tratta certo di una condizione
co-costruita a partire anche dalle richieste del
bambino stesso. Sembrerebbe allora opportuno
rimettere in questione il ruolo dell’early cosleeping quanto meno come indicatore di uno stile di
accudimento genitoriale, ma anche come premessa di una ben diversa modalità di affrontare le difficoltà di addormentamento e di ripresa del sonno
madri di bambini (toddlers) con disturbi del sonno
Si pensi ad esempio al pavor nocturnus considerato normalmente un problema fase-specifico non patologico.
Classificazione ottenuta con l’AAI, Adult Attachment Interview, consolidato strumento di assessment dello stile di attaccamento in età adulta.
66
Strange Situation Procedure, strumento di assessment dello stile di attaccamento per bambini dai 12 ai 18 mesi.
64
65
Franco Nanni Dove dormono i bambini
47
dopo i risvegli divenuti frequenti, ovvero,
genitoriale per fargli riconquistare la condizio-
schematicamente:
ne di solitary sleeper.
L’early cosleeper, all’approssimarsi della fine
del primo anno di vita, è quasi certamente anco-
4.2.1 Una breve digressione cross-culturale
ra vicino ai genitori durante la notte, ovvero è
È stata avanzata l’ipotesi68 che la teoria dell’attac-
per lo meno un room-sharer; quando le sue not-
camento, pur nell’intento di individuare bisogni
ti si fanno un po’ più difficili, i genitori, già
del bambino sostanzialmente universali, nella sua
abituati alla sua presenza in stanza, trovano
attuale formulazione risulti comunque profonda-
facile e naturale confortarlo rapidamente, come
mente intrisa di concetti e rappresentazioni assolu-
dimostra il dato già menzionato che i risvegli
tamente peculiari della sola cultura occidentale.
dei room-sharer sono più brevi. Tutto questo
Non è questa la sede per un dibattito di questo
sembra porre le basi per un positivo superamen-
genere, ma rispetto al sonno c’è almeno un aspetto
to di questa fase dello sviluppo del bambino,
non secondario che viene sollevato da questo
preparando le condizioni per una successiva
genere di critica. Morelli, Rogoff e colleghi69
agevole conquista del sonno solitario.
(1992) nella loro indagine qualitativa su famiglie
I genitori che hanno condizionato il proprio
neonato a dormire tutta la notte da solo arrivano
alle turbative dei 9-12 mesi meno preparati,
avendo goduto finora di una relativa pace notturna; anche il loro bambino deve affrontare
condizioni meno favorevoli, poiché il passaggio
al sonno è vissuto come una netta separazione,
che si scontra o con un rifiuto da parte dei genitori di rispondere con la prossimità, o con una
risposta acquiescente, e quindi ambivalente, di
Maya del Guatemala notarono che il passaggio dal
giorno alla notte, dalla veglia al sonno non sembrava, in quel contesto, essere percepito come critico in un qualunque senso, e, vista la normalità di
bed- e room-sharing, non era ovviamente nemmeno collegato ad alcuna forma di separazione.
Come già osservato in precedenza, sembra del tutto naturale che in una situazione culturale di quel
tipo non venga avvertita la necessità di rituali dell’addormentamento.
accettarlo obtorto collo nel lettone, con vissuti
Sembrerebbe allora opportuno reinquadrare l’idea
di fastidio e anche di inadeguatezza per non
comunemente accettata in occidente che addor-
riuscire più ad ottemperare ai consigli à la
mentarsi significhi “necessariamente” separarsi,
Estivill67. In entrambi i casi le risposte alle sue
poiché altri orizzonti e rappresentazioni potrebbe-
richieste di prossimità e di conforto sono per il
ro codificare il passaggio al sonno in maniera del
bambino meno che desiderabili. Questo non
tutto diversa, al punto che il bambino non mette in
implica necessariamente che i suoi problemi
atto alcuna ricerca attiva di prossimità non solo
notturni si aggravino, ma nel caso egli divenga
perché tale prossimità è in qualche modo già
un cosleeper di ritorno non è difficile immagi-
garantita dagli assetti tradizionali del sonno, ma
nare che occorra tempo e un certo impegno
anche perché egli non avverte proprio alcun
Il già citato Fate la nanna. Estivill e De Béjar (1999)
Rothbaum, Weisz et al. (2000).
69
Non è superfluo precisare che Gilda Morelli compare anche tra gli autori dell’articolo appena citato (Rothbaum et al.
2000).
67
68
48
Franco Nanni Dove dormono i bambini
segnale critico che ne attivi il bisogno. Potrebbe
dormire precocemente soli, ma quella di un
dunque darsi il caso che la cultura occidentale
“sano” early cosleeping.
abbia erroneamente sovrastimato e considerato
assoluto l’accento posto sulla equazione sonno =
separazione, con tutti i suoi corollari: cosleeping =
rischio di simbiosi, solitary sleeping come training per l’autonomia: tale enfasi potrebbe infatti
derivare da una serie di rappresentazioni culturali
molto complesse ma non riscontrabili in altre
società, e, cosa più importante, perfino non uni-
4.3 Cosleeping e problematiche edipiche
Come premesso poc’anzi, non v’è traccia di queste problematiche nella letteratura oggetto di questa rassegna. Sembra opportuno, però, procedere
in via ipotetica a rivedere alcuni dei concetti già
esaminati alla luce del tema edipico.
versalmente presenti tra gli stessi membri dei Pae-
Innanzitutto si pone il problema dell’esordio del-
si europei e americani.
l’edipo; per quanto non vi sia precisa concordanza
È infine il caso di ipotizzare che vi sia anche
un’altra tendenza tipicamente occidentale che oggi
dovrebbe forse essere messa in discussione, e che
in qualche modo è in conflitto anche con la stessa
teoria dell’attaccamento: l’assunto che fin dalla
nascita i bambini debbano essere “allenati” in funzione di requisiti caratteristici di stagioni molto
successive della loro vita, ben esemplificato dalla
convinzione che un precoce sonno solitario fornisca un buon training per l’autonomia; ciò non solo
è smentito dalle prime evidenze empiriche che si
stanno producendo70, ma la stessa teoria dell’attaccamento, con il suo concetto di base sicura, rappresenta un momento di forte rottura nel momento
in cui, sia pur non smentendo l’assunto tutto occidentale che l’autonomia e l’indipendenza siano i
requisiti di un individuo riuscito, dichiara però che
questa meta non si raggiunge richiedendo precocemente tali requisiti, ma rispondendo positivamente a precoci richieste di dipendenza. È precisamente in base a questo stesso assunto, dunque,
che sembra possibile ipotizzare che la miglior preparazione alla condizione, anch’essa tutta occidentale, del saper dormire soli, non sia quella di
70
tra i vari autori su ciò, sembrerebbe di poter escludere implicazioni edipiche nel cosleeping primario, in quanto esso precederebbe di molto l’inizio
di questa problematica. Assai più dubbia è la
situazione del cosleeping di ritorno: per quanto
nella massima parte dei casi provocato almeno in
origine da dinamiche di attaccamento, potrebbe
poi assumere anche caratteristiche di segno francamente edipico, in quanto non è difficile immaginare che, approdato al lettone magari sulla scorta
di tutt’altri bisogni, il bambino finisca inevitabilmente per alimentare curiosità rispetto a ciò che
accade lì in sua assenza, dovendosi poi misurare
con la conflittualità e l’eccitazione insita nell’occupare un posto vicino al genitore oggetto dei suoi
desideri. Questo è d’altronde lo scenario che
Freud aveva dettagliatamente disegnato a proposito del piccolo Hans (Freud 1908). In via del tutto
ipotetica potrebbe costituire una indiretta conferma di questa sollecitazione di curiosità e fantasie
l’articolo di Fraley et al. (1991); gli autori hanno
studiato un campione di bambini nordamericani
intorno ai 26-29 mesi per valutare se disponessero
o meno di termini (colloquiali o esatti) per indicare i genitali; tra i fattori che corrispondevano ad
Cfr. il già citato studio di Keller e Goldberg (2004).
Franco Nanni Dove dormono i bambini
49
un maggiore utilizzo di questi termini viene men-
nascita del figlio (tipicamente il caso delle ragazze
zionato anche il cosleeping.
madri) oppure se tale condizione si è verificata ad
Decisamente più critica è la relazione tra edipo e
cosleeping tardivo: infatti, se il cosleeping primario è in buona misura preedipico e quello secondario può sviluppare una piena conflittualità edipica,
il cosleeping tardivo si collocherebbe invece cronologicamente in latenza, e dunque fin da subito
sembrerebbe delineare scenari con nodi irrisolti,
un certo punto della vita del bambino, come nel
caso di una separazione o della morte di un coniuge. Da casi clinici ripresi da altre fonti72 si apprende che è piuttosto frequente una riorganizzazione
degli assetti del sonno conseguente a una rottura
della struttura familiare. Le situazioni più tipiche
possono essere rappresentate così:
con il protrarsi di modalità di relazione che
Dopo che il padre è andato a vivere altrove, la
dovrebbero essere già archiviate. La ricchezza del-
madre, genitore affidatario, accetta che il figlio
le indagini sugli assetti del dormire in altre civiltà
o la figlia dorma nel posto lasciato vuoto accan-
dovrebbe però rendere prudenti nell’interpretare
to a lei; l’età dei figli spazia dai pochi mesi fino
superficialmente il cosleeping tardivo come sicuro
agli 8-10 anni, e talvolta questa condizione si
sintomo di patologie psichiche e/o relazionali:
protrae fino anche alla piena adolescenza.
potrebbe esserlo con ragionevole certezza solo
La stessa riorganizzazione degli assetti del son-
all’interno dell’orizzonte culturale tradizionale
no può venir adottata nel caso in cui il padre sia
dell’occidente, non certo in Guatemala, in Cina o
deceduto.
in Corea, e forse nemmeno nei contesti complessi,
culturalmente variegati e mutevoli, talvolta degradati di tessuti urbani, di hinterland e di ricche
campagne industriali d’Europa e d’America.
4.3.1 Cosleeping e separazioni familiari
Quando una figlia trascorre la notte presso il
padre, non affidatario, dorme nel suo stesso
letto73, mentre a casa della madre continua a
dormire come di abitudine nella propria stanza.
Si potrebbe eventualmente teorizzare che queste
forme di cosleeping siano un genere a sé, proba-
Negli studi sulla diffusione del cosleeping sono
bilmente con alto rischio patogenico, che potreb-
stati spesso rilevati livelli elevati nel caso di geni-
bero essere definite come cosleeping a triangola-
tori (di solito madri) single. Questo potrebbe esse-
zione ruotata. Non è difficile argomentare su quali
re attribuito a diverse cause, come l’assenza del
potenziali conflitti e angosce possano scatenarsi in
“veto” paterno alla condivisione del sonno con i
un bambino che improvvisamente si trova ad
bambini oppure il bisogno di consolazione e di
occupare il posto del genitore “rivale”, tanto peg-
conforto di entrambi madre e bambini, fino anche
gio se questi è deceduto, e del tutto coerentemente
a delineare un problema di reversione dei ruoli di
la clinica incontra spesso sintomi infantili di tipo
cura e consolazione; dunque non tutte le possibili
nevrotico manifestati a scuola o all’asilo, i cui
cause delineano situazioni triangolari, mentre
portatori si rivelano poi essere cosleepers a trian-
occorrerebbe che i dati mettessero in grado di
golazione ruotata.
71
sapere se questi genitori sono stati soli fin dalla
71
72
73
Ball, Hooker e Kelly (2000)
In particolare da: Fava Vizziello e Stern (1992), Colucci (1992) e da comunicazioni personali da parte di clinici.
È questo il caso riportato ampiamente da Colucci (1992).
50
Franco Nanni Dove dormono i bambini
4.3.2 Note cross-culturali sull’edipo
Appare necessario e in certa misura ovvio interrogarsi su come potrebbe essere concettualizzato
l’edipo nei contesti culturali nei quali la pratica
del cosleeping si protrae abitualmente oltre i 5-6
anni fino anche alla pre-pubertà. Per quanto non
sia questa la sede per approfondire la cosa, il
panorama delle pratiche sociali del sonno nella
maggior parte delle culture induce per lo meno
una serie di domande concentriche, ovvero se, e
con quali modalità la concezione edipica è
esportabile:
al di fuori della media borghesia viennese di
inizio novecento
al di fuori dei valori e delle pratiche di vita della classe media bianca europea e americana
al di fuori del contesto socio culturale
euro-americano.
Sembrerebbe che gli assetti del sonno praticati in
molti ambiti portino verso la necessità di profonde
modificazioni delle concezioni edipiche, per poter
essere concretamente applicabili in altri contesti.
Franco Nanni Dove dormono i bambini
51
5 CONCLUSIONI
Per quanto quantitativamente non abbondanti,
tutte le ricerche che hanno indagato sulla pre-
Questo capitolo mira a riprendere le conclusioni
senza di correlazioni tra cosleeping e disturbi
già contenute nelle singole sezioni, e soprattutto a
comportamentali e emotivi hanno concorde-
individuare quali siano le implicazioni ulteriori di
mente dato esiti negativi.
quanto emerso in questa rassegna in diversi ambiti
di interesse rispetto agli assetti del sonno tra genitori e bambini.
In occidente il cosleeping sembra spaziare da
condizioni di assoluta normalità e salubrità, ad
altre di lieve disturbo per lo più localizzato nel-
Sinora si è visto che:
le perturbazioni del sonno, fino a divenire sin-
Il cosleeping è ampiamente diffuso fuori da
tomo
Europa e USA in tutte le età infantili.
Il cosleeping nei primi 6-12 mesi di vita è stato
evolutivamente e ancor oggi in molte società un
e
talvolta
con-causa
di
gravi
psicopatologie.
5.1 Implicazioni per la ricerca
quasi-universale, come parte di un sistema più
La letteratura finora indicizzata sull’argomento
ampio di accudimento che immancabilmente
vede una prevalenza di studi su campioni piuttosto
include l’allattamento al seno a richiesta. In
piccoli, spesso di difficile lettura in termini di rap-
questa forma sembra essere un elemento chiave
presentatività, mirati per lo più a comprendere
di modalità di accudimento ben sintonizzate
aspetti quantitativi del fenomeno. Si avverte il
sulla fisiologia e neurofisiologia del neonato.
bisogno di una maggiore definizione qualitativa e
È relativamente poco diffuso nei Paesi occiden-
di profondità, per giungere a una comprensione
tali, ma con caratteristiche specifiche e diverse
chiara delle sequenze quotidiane familiari rispetto
dagli altri contesti: tende ad avere un esordio
agli assetti del sonno e delle sottostanti motivazio-
più tardivo, a essere iniziato e richiesto dai
ni manifeste ed eventualmente latenti. Sarebbe
bambini, a costituire un tentativo di coping da
opportuno raccogliere un cospicuo numero di
parte dei genitori rispetto a risvegli notturni e
“narrazioni della notte” da parte di genitori e, ove
altre perturbazioni del sonno infantile.
possibile, di bambini, sia sani che portatori di
Il cosleeping neonatale in occidente potrebbe
però essere sottostimato, dal momento che alcu-
euro-americani che di altre culture; in questo, la
ni studi hanno rilevato percentuali superiori alle
definizione raggiunta dallo studio di Morelli et al.
attese.
(1992) appare tra le più soddisfacenti. Ciò permet-
Sembra che negli ultimi 10-15 anni vi sia in
occidente una debole ma significativa tendenza
all’aumento di questa pratica almeno nei primi
mesi di vita, o quanto meno una maggiore propensione a non nasconderne l’utilizzo.
52
qualche disturbo del sonno o in altre aree, sia
terebbe di capire anche quanto vaste siano le
implicazioni psicologiche, culturali, rappresentazionali che precedono, accompagnano e seguono
la scelta o la tradizione di dormire assieme al
neonato.
Franco Nanni Dove dormono i bambini
Alla luce dei primi risultati riportati74 è necessario
Si direbbe quindi che presso i clinici gli aspetti
approfondire ampiamente lo studio delle conse-
disturbanti e “malati” del cosleeping siano decisa-
guenze a breve e a lungo termine del cosleeping
mente sovra-rappresentati. Ciò non pare essere
nelle sue diverse forme; in questo ambito il dise-
senza conseguenze rispetto alle rappresentazioni
gno di ricerca di Keller e Goldberg (2004) sembra
di questa pratica in ambito clinico. Occorrerebbe
porsi come un buon riferimento, suscettibile certa-
conoscere meglio queste rappresentazioni, e anche
mente di ampliamenti e migliorie. Gli sviluppi che
come esse vengono poi ricevute e ri-rappresentate
ci si attende paiono andare nella direzione di ridi-
da parte dei genitori. Ci sono segnali in questa
mensionare, se non addirittura di demolire molte
direzione, ma in definitiva non si sa se e in quale
convinzioni relative all’abituazione precoce al
misura i genitori, o sottogruppi genitoriali abbiano
sonno solitario come training per l’autonomia.
interiorizzato (a torto o a ragione) l’idea di un
In questa prospettiva diventa anche importante
conoscere meglio le diverse rappresentazioni
sociali del cosleeping presso la popolazione
media, presso sottoclassi socioculturali e professionals a contatto con i genitori come pediatri,
generalizzato e assoluto veto rispetto al cosleeping
da parte di pediatri, neuropsichiatri e psicologi, e
se ciò induca poi vissuti di colpa e inadeguatezza
in coloro che lo praticano, con tutto il contorno di
ambivalenza che ciò può comportare.
insegnanti e psicologi. È pensabile che l’intreccio
Leggendo gli articoli che parlano di prevenzione
di queste rappresentazioni non sia senza conse-
della SIDS sembra che le preoccupazioni per i
guenze sulle pratiche concrete dell’uno o dell’al-
rischi di morte del bambino causate specificamen-
tro assetto del sonno, e sui vissuti che lo
te dal cosleeping siano assai spesso sovrastimate,
accompagnano.
o quantomeno molto enfatizzate; la riflessione
psicoanalitica potrebbe portare anche nella ricerca
5.2 Implicazioni per la clinica
empirica una domanda di fondo: se a un qualche
livello le profonde implicazioni edipiche di alcune
Sembra che all’attenzione del clinico giungano
forme di cosleeping siano uno dei fattori che spin-
assai più spesso le forme anomale e finanche pato-
ge, ben al di là delle modeste evidenze statistiche,
logiche e patogene di cosleeping, in quanto costi-
a evocare scenari di morte al fine di disincentivare
tuiscono parte dell’eziologia di disturbi infantili
una pratica che in realtà spaventa e turba per ben
segnalati dalla scuola o dai genitori stessi; sembra
altri motivi.
ragionevole ritenere che il cosleeping primario
venga rilevato assai di rado, in quanto relativamente breve e in linea generale benefico o innocuo, e che il cosleeping di ritorno entri nello studio del clinico soprattutto per i disturbi del sonno
ad esso collegati, nonché a causa della stanchezza
genitoriale per le continue e frequenti interruzioni
del proprio sonno.
74
Per quanto riguarda la pratica clinica quotidiana,
sembra opportuno rilevare per ogni singolo caso
anche gli assetti del sonno presenti ed eventualmente passati, e in seguito distinguere tra cosleeping primario, secondario o tardivo, in quanto le
valutazioni che se ne possono trarre sono diverse e
ben distinte; per quanto riguarda le età successive
alla prima infanzia non si può che concordare con
Si veda Keller e Goldberg (2004).
Franco Nanni Dove dormono i bambini
53
le raccomandazioni formulate da Cortesi, Gian-
consultazioni del pediatra rispetto alle disposizio-
notti e colleghi (2004):
ni nel sonno potrebbero essere ben più alte.
“Anche se non abbiamo trovato nel nostro stu-
La domanda di fondo che può essere posta è: alla
dio alcuna evidenza di problemi comportamen-
luce di questa rassegna di studi è possibile indivi-
tali o emozionali nei cosleepers, raccomandia-
duare linee generali su cui basare i consigli ai
mo comunque ai clinici di includere nella rou-
genitori da parte dei professionisti che vengono
tine l’indagine sugli assetti del sonno in bam-
consultati? Se la risposta fosse affermativa, quali
bini grandi e adolescenti. Se si riscontra che il
potrebbero essere queste linee guida? Certo non è
cosleeping è praticato, deve essere accertato se
pensabile che si debba attentare alla autonomia
si tratti di una scelta di vita, di una risposta
transitoria a eventi stressanti, o se invece non
professionale di un clinico quando si trova di fron-
sia parte di un più ampio insieme di relazioni
te una specifica famiglia ed è quindi in condizioni
familiari psicologicamente disturbate oppure
di compiere valutazioni molto più motivate e con-
di problemi psicologici individuali.
grue di qualunque generalizzazione. Inoltre la per-
Questa esigenza di conoscere fedelmente quali
pratiche del dormire siano praticate in famiglia
potrebbe venir parzialmente inficiata dalla eventualità, già documentata in precedenza, che alcuni
genitori nascondano determinati assetti del sonno
temendo la stigmatizzazione da parte delle figure
professionali a cui si rivolgono. Potrebbe essere
opportuno, da parte del clinico, chiarire in anticipo se esistono questi timori nei suoi riguardi in
modo da elaborarli e risolverli.
cezione del cosleeping è colorata di risonanze personali anche profonde sia nel genitore che nel professionista che vanno conosciute e elaborate, piuttosto che negate da una presunta informazione
oggettiva. Premesso questo, è innegabile che, pur
nella complessa eterogeneità già messa in evidenza, questa mole di studi non sia una indistinta
nebulosa, ma riesca a tracciare una immagine
comprensibile e enunciabile. Ed è con un tentativo
di esplicitarla che si conclude questo lavoro.
Primi mesi di vita:
5.3 Implicazioni per il Counseling ai
In presenza di sostanziale salute psico-fi-
genitori
sica e di abitudini di vita salubri, sembra che
il modo in cui le loro fisiologie di madre e
Nel loro studio su genitori di 901 bambini romani
neonato si sono evolute per milioni di anni
dai 6 ai 12 anni Cortesi, Giannotti e colleghi han-
facciano ritenere che le condizioni migliori
no riscontrato che soltanto l’8% dell’intero cam-
consistano nella combinazione di un fre-
pione dichiarava di aver parlato con il pediatra a
quente contatto fisico diurno e dell’allatta-
proposito degli assetti del sonno; curiosamente il
mento al seno a richiesta anche di notte tra-
5% erano famiglie di cosleepers e solo il 3% di
mite la condivisione di una superficie sicura
non-cosleepers. Non è possibile stabilire quanto
e stabilmente organizzata sulla quale la cop-
questo dato sia generalizzabile; indubbiamente il
pia madre-bambino dorme.
campione riguarda una fascia di età piuttosto alta,
mentre
54
per
i
neonati
le
percentuali
di
Quando vi sono abitudini di vita non salubri
(fumo,
alcolici,
stupefacenti),
Franco Nanni Dove dormono i bambini
problematiche psichiche della madre specie
Dai 18-24 mesi
se trattate farmacologicamente (in particola-
Molte culture proseguono l’uso di dormi-
re sedativi), obesità materna, possibilità di
re insieme e vicini anche fino alla prepuber-
stati di sovraffaticamento della madre, sem-
tà, e non sembra che ciò provochi danni.
bra consigliabile limitarsi al room-sharing
Tuttavia appare più consono alle abitudini e
su superfici separate, che rendano comunque
ai valori della nostra società promuovere
il neonato raggiungibile con facilità e in
con gradualità, ma anche con irreversibilità
sicurezza.
la capacità di affrontare la notte nella pro-
Dai 6-8 mesi ai 18 mesi (circa)
Il bed-sharing non è più una priorità; per
le caratteristiche dello sviluppo psicofisico,
pria stanza.
Nel caso di rotture e cambiamenti nel sistema
familiare
dell’attaccamento e del sonno in questa età
Se e ove possibile, sembra opportuno
il room-sharing sembra essere la pratica più
monitorare e elaborare i bisogni di ciascun
efficace che garantisce un sonno migliore e
membro, e aiutare quindi a costruire risposte
più soddisfacente sia al bambino che ai
diverse dalla riorganizzazione degli assetti
genitori.
del sonno, specialmente se si profila il
Man mano che il bambino cresce può
rischio di confusione di ruoli e compiti di
essere opportuno limitare le sue eventuali
accudimento.
incursioni nel letto genitoriale, che comun-
In tutti i casi sembra opportuno impostare la con-
que non dovrebbero di norma essere molto
sulenza ai genitori su un principio di ascolto e
frequenti grazie alla relativa prossimità assi-
rispetto che permetta di far emergere la complessi-
curata dalla compresenza genitoriale nella
tà di vissuti, rappresentazioni, bisogni remoti e
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vicini che sottostà a tutti, indistintamente tutti gli
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67
INDICE
1 IL COSLEEPING: ASPETTI GENERALI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1
1.1 Definizione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1
1.2 Il motivo di un interesse specifico verso il cosleeping . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1
1.3 Presenza nella letteratura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2
2 ANALISI DEGLI STUDI SPECIFICI SUL COSLEEPING . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5
2.1 studi sulla diffusione del cosleeping . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5
2.1.1 Eterogeneità metodologiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5
2.1.2 Diffusione del cosleeping . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9
2.1.3 Caratteristiche positivamente correlate con il cosleeping . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10
2.1.4 Alcune questioni aperte . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11
2.2 Valori, tradizioni, credenze e aspettative . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14
2.2.1 La manualistica sul sonno per i genitori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16
2.2.3 Il punto di vista dei genitori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18
2.3 problematiche e ipotesi di terminologia e di ricerca . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20
2.4 I correlati fisiologici del sonno in cosleepers e solitary sleepers . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24
2.4.1 Le caratteristiche del sonno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26
2.4.2 Altre misure fisiologiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28
2.4.3 Cosleeping e allattamento al seno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29
2.6 Effetti psicologici a breve e a lungo termine del cosleeping . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30
2.6.1 Disturbi dell’addormentamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31
2.6.2 Disturbi del sonno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34
2.6.3 Questioni di autonomia e indipendenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 36
2.6.4 Altri effetti e correlati del cosleeping . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 38
3 COSLEEPING E RISCHIO PER LA SIDS . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 40
3.1 Cosleeping: rischio, protezione, o cos’altro? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 40
3.2 Possibili sinergie tra psicologia e ricerca sulla SIDS . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41
4 COSLEEPING TRA EVOLUZIONE, ATTACCAMENTO E EDIPO . . . . . . . . . . . . . . . . . . 44
4.1 L’approccio evoluzionistico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 44
4.2 Cosleeping e attaccamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 46
4.2.1 Una breve digressione cross-culturale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
4.3 Cosleeping e problematiche edipiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
4.3.1 Cosleeping e separazioni familiari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
4.3.2 Note cross-culturali sull’edipo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
5 CONCLUSIONI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
48
49
50
51
52
5.1 Implicazioni per la ricerca . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 52
5.2 Implicazioni per la clinica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 53
5.3 Implicazioni per il Counseling ai genitori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 54
BIBLIOGRAFIA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 56
68
Franco Nanni Dove dormono i bambini
Tab. 1 parte 1
STUDI SULLA DIFFUSIONE DEL COSLEEPING
Legenda dei fattori a correlaz. positiva con il cosleeping: BF: allattamento al seno, CV: valori culturali della famiglia, ETN: appartenenza a subculture etniche o native, HSES: alto status
socioeconomico, LED: basso livello di istruzione, LSES: basso status socioeconomico, SD: disturbi del sonno, SP: famiglie monoparentali, SW: un genitore con lavoro a turni, YM: madre di
Legenda per i dati:, CS: cosleeping , RS: room-sharing, BS: bed-sharing, Attributi: AN / O / F / R: tutta la notte / occasionale / frequente / routinario
LUOGO
SOGGETTI
17 Paesi
CORRELATI
RIF. BIBLIOG.
CONTESTO
DATI SALIENTI
4656 F.
ETA'
BAMBINI
3 mesi
Vari
Nelson EA,
Taylor BJ et al.
2001
AUS
27 M.
Infant
Nativi Hmong
Liamputtong P.
2002
AUS
6-12 sett.
Urbano Perth
Eades SJ, Read
AW.
1999
BRA
273 madri
aborigene
55 B.
BS da 2% a 88% RS da
58% a 100%
RBS come parte delle
pratiche normali
RS 96% BS 68%
2-10 anni
RCS 80% 2-3 A, 25% 810 A
Reimao R, de
Souza JC, et al.
1999
BRA
44 B.
0-10 anni
1999
67 B.
2-10 anni
Reimao R, De
Souza JC et al.
1998
CH
493 B.
CINA
517 B.
Hong Kong
195 M.
Follow Up
longit. 0-10
anni
Scuola
Elementare
Infant
RCS 100% a 0-2 anni,
81,5% 2-10 anni
RCS come valore
relativo al legame
familiare
FBS <10% (<12mesi) 38 SD
% (4 A)
Reimao R, De
Souza JC et al.
BRA
Rurale, comunità
Afro-brasiliana
Furnas do Dioniso
Nativi Bororo Mato Grosso
Nativi Terena Mato Grosso
Suburbano
Jenni OG,
2005
Fuhrer HZ et al.
RBS 26,4%, RRS 21,6%
Liu X, Liu L,
Wang R.
2003
RRS 81% RBS 32%
Nelson EA,
Chan PH.
1996
Tab. 1 parte 2
STUDI SULLA DIFFUSIONE DEL COSLEEPING
Legenda dei fattori a correlaz. positiva con il cosleeping: BF: allattamento al seno, CV: valori culturali della famiglia, ETN: appartenenza a subculture etniche o native, HSES: alto status
socioeconomico, LED: basso livello di istruzione, LSES: basso status socioeconomico, SD: disturbi del sonno, SP: famiglie monoparentali, SW: un genitore con lavoro a turni, YM: madre di
Legenda per i dati:, CS: cosleeping , RS: room-sharing, BS: bed-sharing, Attributi: AN / O / F / R: tutta la notte / occasionale / frequente / routinario
LUOGO
SOGGETTI
IND
103 B.
IRL
CORRELATI
RIF. BIBLIOG.
ETA'
BAMBINI
3-10 anni
CONTESTO
DATI SALIENTI
ND
CS 93%
Infant
Registro Nascite
SCS 13%
East Health Board
ITA Roma
197 neonati
(campione
random)
2889 B.
Bharti B, Malhi
P, Kashyap S.
Cullen A, Kiberd
B et al.
1-72 mesi
Urbano
Ottaviano et al.
ITA Roma
901 B.
6-12 anni
6 scuole di Roma
Korea
427 B.
1-7 anni
Urbano
NOR
NZL
76 M. Sami (ETN) 4 anni
+ 86 M. norveg.
6268 W+ETN
3-6 mesi
(ETN
sovrarappresenta
ti)
Comparativo tra 2
culture
Campione
stratificato
NZL
ND
Infants
Vari
POL
71 B.
Infant
CS da 0,2% (1-5 m) a
DS
17,5% (61-72 m)
ANCS 8% (6-7 A) 4% (8 LSES, SP
-9 A) 3,5% (10-11 A)
(prev.ly prol.
BF, SD)
YM, SP*,
RBS 45% RRS 43%
NCS 12%; NCS a 5-7 A: CV
25%
CS Sami: 47%, Norw: 9
%
OBS 43%, FBS 17%
ETN
RBS 12,2% generale
BS 8%
LED, ETN,
SP, LSES
2006
2000
1996
Cortesi F,
2004
Giannotti F et al.
Yang CK, Hahn
HM.
2002
Javo C, Ronning 2004
JA et al.
Tuohy PG,
Smale P et al.
1998
Tuohy PG,
Counsell AM et
al.
Grygalewicz J,
Mazurkiewicz H
et al.
1993
2000
Tab. 1 parte 3
STUDI SULLA DIFFUSIONE DEL COSLEEPING
Legenda dei fattori a correlaz. positiva con il cosleeping: BF: allattamento al seno, CV: valori culturali della famiglia, ETN: appartenenza a subculture etniche o native, HSES: alto status
socioeconomico, LED: basso livello di istruzione, LSES: basso status socioeconomico, SD: disturbi del sonno, SP: famiglie monoparentali, SW: un genitore con lavoro a turni, YM: madre di
Legenda per i dati:, CS: cosleeping , RS: room-sharing, BS: bed-sharing, Attributi: AN / O / F / R: tutta la notte / occasionale / frequente / routinario
LUOGO
SOGGETTI
SAU
511 M + 501 F
SWE
60 F.
UK
1095 B.
ETA'
BAMBINI
5-13 anni M=
9,5+/-1,9
6 mesi - 8
anni
0-12 mesi
RIF. BIBLIOG.
DATI SALIENTI
ND
CS 12,4%
BaHammam A,
AlFaris E et al.
2006
Urbano (Stoccolma
)
Campione
nazionale
North Tees
BS (R+F) 72% fino a 3 A
. A 7-8 A 33% M, 50% F
OBS 46% RBS 30%
BF,HSES
Welles-Nystrom
B.
2005
OBS 47% RBS 27%
CS 65% di cui 90% CS
triadico
CS 15%
BF,HSES
Blair PS, Ball HL 2004
.Hooker E, Ball
2001
HL, Kelly PJ.
RBS 50,8% a 1 M, 17,7
%a6M
ETN
UK
261 B.
UK (northeastND
England)
1-3 mesi
Infant
USA
944 B.
0-2 anni
West Virginia
USA
185 M. 56% W,
44% ETN
1-6 mesi
Urbano
USA
68 famiglie
Follow Up 0-4
anni
USA
B. AfroAmericani circa 2
settimane
8453 F.
Infants
USA
CORRELATI
CONTESTO
CS 25%
Urbano basso
reddito
Vari - Dati comp.
1993-2000
RBS 41%
RBS 5,5% 1993, 12,8%
2000
YM, ETN,
LSES
Blair PS, Ball HL 2004
.
MontgomeryDowns HE,
Gozal D.
Shields LB,
Hunsaker DM et
al.
Gaylor EE,
Burnham MM et
al.
Vemulapalli C,
Grady K et al.
2006
Willinger M, Ko
CW et al.
2003
2005
2005
2004
Tab. 1 parte 4
STUDI SULLA DIFFUSIONE DEL COSLEEPING
Legenda dei fattori a correlaz. positiva con il cosleeping: BF: allattamento al seno, CV: valori culturali della famiglia, ETN: appartenenza a subculture etniche o native, HSES: alto status
socioeconomico, LED: basso livello di istruzione, LSES: basso status socioeconomico, SD: disturbi del sonno, SP: famiglie monoparentali, SW: un genitore con lavoro a turni, YM: madre di
Legenda per i dati:, CS: cosleeping , RS: room-sharing, BS: bed-sharing, Attributi: AN / O / F / R: tutta la notte / occasionale / frequente / routinario
LUOGO
SOGGETTI
USA
394 madri
ETA'
BAMBINI
7-12 mesi
USA
218
afroamericani
5-12
settinane
USA
410 F. di cui 61% 0-6 mesi
ETN
USA
303 F.
2-3 anni
USA
150 B.
USA
HispanoAmericani
101 caregivers
6 mesi - 4
anni
6-48 mesi
USA
ND
CONTESTO
DATI SALIENTI
CORRELATI
Campione basso
reddito
RBS 48%
SP
OBS 61% BS night
before 48,6%
Urbano,
Philadelphia
CS 46%
CS (O+F+R) 55%
Urbano (Cleveland
)
Urbano, East
Harlem, New York
Urbano, New
Orleans
SP, ETN,
SD
RBS 70% Black Fam. 35
% Wht Fam.
ANCS 21% RS 80%
SP,SD
CS 88%
SP, LSES
RIF. BIBLIOG.
Brenner RA,
Simons-Morton
BG et al.
Flick L, White
DK, Vemulapalli
C et al.
Gibson E,
Dembofsky CA
et al.
Madansky D,
Edelbrock C.
Lozoff B, Wolf
AW, Davis NS.
2003
Schachter FF,
Fuchs ML et al.
1989
Weimer SM,
Dise TL et al.
2002
2001
2000
1990
1984
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