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ghedini, tarantini e il cognato del boss
Giovanardi: “La condanna dello Stato per Ustica è un nuovo caso Tortora”. Più che un viceministro, un caso umano y(7HC0D7*KSTKKQ( +=!"!}!#!& www.ilfattoquotidiano.it € 1,20 – Arretrati: € 2,00 Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009 Mercoledì 14 settembre 2011 – Anno 3 – n° 218 Redazione: via Valadier n° 42 – 00193 Roma tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230 IL COATTO Eurobunga di Marco Travaglio O Mentre il fuggiasco Berlusconi imbarazza l’Europa, la Procura di Napoli gli dà tempo fino a domenica per presentarsi Poi scatterà l’accompagnamento forzato Sepolcri imbiancati di Paolo Flores d’Arcais dc i sarà pure un giudice a Berlino” è la frase con cui il mugnaio Arnold (o sua moglie Rosina) si rivolse all’imperatore Federico di Prussia per avere giustizia. Da allora, paradossalmente, è diventata l’espressione idiomatica per indicare l’autonomia dei magistrati di fronte alla prevaricazione del potere politico. I magistrati della Procura di Napoli hanno onorato quel detto, non si sono fatti intimidire dalla nuova raffica di menzogne e contumelie di Berlusconi, gli hanno proposto quattro date (da giovedì a domenica) per non sottrarsi ai suoi doveri di testimone (la legge è uguale per tutti!), dopo di che c’è la richiesta di accompagnamento coatto. Vedremo se il compagno di merende di Gheddafi fuggirà ancora (versione soft della latitanza di Craxi?). A non aver onorato i propri doveri istituzionali sono invece Barroso e Van Rompuy, che si sono prestati a fare da “spalle” alla pantomima con cui il plurinquisito amico di Putin cerca una volta di più di sfuggire alla “legge eguale per tutti”. Berlusconi ha preteso l’invenzione a tambur battente di un “impegno” europeo fino ad allora mai ventilato, proprio per le stesse ore in cui avrebbe dovuto rispondere alle domande di Henry John Woodcock, procuratore aggiunto di Napoli. Barroso e Von Rompuy, entrambi del Partito popolare europeo come il plurinquisito di Arcore, hanno obbedito (Manzoni avrebbe detto: “La sciagurata rispose”). Era davvero improcrastinabile vedere Berlusconi il 13? Non il 14, non il 12, ma proprio quando avrebbe dovuto rispondere ai magistrati (senza la possibilità di amnesie selettive o di mentire per la gola, perché in tal caso si procaccia l’incriminazione per testimonianza falsa e reticente)? Senza quel faccia a faccia i mercati non avrebbero creduto al “miracolo” che la manovra finanziaria italiana rappresenta (Berlusconi dixit)? Il risultato è che a chiusura dello spot pubblicitario di Strasburgo e Bruxelles lo spread con i bond tedeschi è schizzato a 407. Barroso e Van Rompuy non possono pretendere miracoli dalla nostra ingenuità. Perché hanno permesso che le istituzioni europee diventassero teatro dell’ennesima sceneggiata berlusconiana? Oltretutto hanno rischiato grosso: se B. avesse esternato anche sulla signora Merkel? È perciò sperabile che i parlamentari di Strasburgo che prendono sul serio Montesquieu (e magari anche la democrazia) presentino contro Barroso e Van Rompuy una mozione di censura e trovino una maggioranza che, votandola, salvi l’onore dell’Europa. C Il Pdl grida al “golpe” e minaccia ispezioni anti-pm. Il premier prepara un altro viaggio, da Putin Gramaglia e Sansa pag. 2 - 3 z Udi Marco Onado OGGI ALLA CAMERA L’EUROREICH NON SERVE A NESSUNO La Lega salva anche Milanese dal carcere i governi europei non saSunaepranno finalmente trovare risposta seria e credibile alla crisi, l’unione monetaria rischia di frantumarsi e con essa l’intera Europa. E saranno guai per tutti: per i Paesi più deboli, ma anche per i più forti. pag. 18 z (FOTO EMBLEMA) Zanca pag. 6 z GHEDINI, TARANTINI E IL COGNATO DEL BOSS L’avvocato di B. (interrogato ieri) trovò lavoro a “Gianpi” in una società in odor di ‘ndrangheta vicina a Lavitola di Marco Lillo Beneficenza Niccolò Ghedini dopo l’interrogatorio risponde al sito del Fatto: “Io non faccio beneficenza” pm Curcio, Piscitelli e Woodcock hanno conIsocietà vocato Ghedini per capire il suo ruolo nella Andromeda, in cui Tarantini ha iniziato a lavorare dopo il primo arresto. pag. 2 - 3 z Udi Carlo Tecce Udi Silvia Truzzi SPESE RAI, AGLI AMICI CI PENSA LEI 100 milioni LE OMELIE DEL CARDINAL per 6 braccialetti elettronici D’ALEMA er il vocabolario Rai, un manoscritto mai pubblicato, la parola risparmiare significa spendere. L’inafferrabile Lorenza Lei, nominata con squilli di trombe e rintocchi di campane (vaticane), cosa prometteva? pag. 7 z llarme per un caso di sdoppiamento della personalità a Ostia. Si è presentato sul palco della Festa dell’Unità il vice-conte vaticano Massimo D’Alema, al posto dell’omonimo compagno Massimo D’Alema. pag. 8 z P A metto: Ehilà bella gnocca! Ma lo sai che sei molto carina? Sono il capo del governo italiano, il migliore degli ultimi 150 anni. Il presidente del Parlamento europeo mi attende con ansia, annunciami. Segretaria: Veramente in agenda non risulta e il presidente è occupatissimo. Se mi dice per che cos’era, prendo nota. Ometto: Non capisci: a me serve incontrarlo oggi, domani è già tardi. Segretaria (all’interfono): Presidente, c’è qui un ometto tutto liftato e asfaltato che ride sempre e chiede di lei. Dice che è il presidente del Consiglio italiano, ma a me pare impossibile. Presidente: Le ha parlato di comunisti e di giudici? Segretaria: Sì, come ha fatto a indovinare? Presidente: Si fidi, è lui. Che vuole? Segretaria: Dice che viene per colpa dell’opposizione e di certi pm. Giura che ha appuntamento, ma a me non risulta. Presidente: Nemmeno a me. Gli dica di ripassare il mese prossimo. Ora ho da fare, mica siamo al Parlamento italiano. Segretaria: Gliel’ho già detto, ma insiste. (Sottovoce) È un’ora che rompe. Racconta barzellette zozze, insiste perché vada ai suoi lunga-lunga o qualcosa del genere, ora mi sta riattaccando ‘sta pippa sui comunisti e i giudici, parla anche di una famiglia barese che ha salvato dalla fame. Non mi fa lavorare. Non è che potrebbe ricevermelo un paio di minuti, così ce lo leviamo dalle palle? Presidente: Vabbè, faccia entrare, però aspetti che levo le poltrone dall’ufficio, sennò si installa qui come una zecca. Ometto: Presidente carissimo! Ma sei sempre più giovane! E a figa come vai? Scherzo, eh! Però, se vuoi favorire, non fare complimenti: basta che mi fai una chiavatina, ah ah volevo dire chiamatina, buona questa... Mi fai accomodare? Presidente (guardando l’orologio): Senta, sto aspettando il presidente polacco. Si sieda lì sul portaombrelli. Ometto: A proposito, la sai quella del tizio che si siede sul portaombrelli e non si accorge dell’ombrello a punta insù? Me l’ha passata Lavitola e l’ho subito raccontata al Papa. Presidente: Guardi, abbiamo due minuti esatti da ora, venga al punto. In che cosa posso esserle utile? Ometto: Quanta fretta, cribbio! No, niente, sono venuto a Bruxelles... Presidente: Veramente siamo a Strasburgo. Ometto: ...ecco, appunto, a Strasburgo... per illustrarti le manovre dei comunisti e delle toghe rosse e la manovra del mio governo che ha salvato l’Italia. Pensa che per impedirmelo quei comunisti dei pm volevano interrogarmi a Napoli. Presidente: Guardi, se era per me poteva tranquillamente andare a Napoli: della sua manovra non me ne può fregare di meno. Se i premier dei 27 Stati membri venissero qui ogni volta che fanno una manovra, non mi basterebbero 48 ore al giorno. Ometto: Ma gli onorevoli Mauro e Tajani mi avevano garantito che eravate interessati. Presidente: Mauro e Tajani chi? Ometto: Mah, forse c’è stato un equivoco. A proposito, quella culona della Merkel è da queste parti? Devo scusarmi per un altro equivoco. Presidente (Riguarda l’orologio e rialza la cornetta): Signorina, faccia entrare quello della sicurezza. (Entra un armadio umano) Bravo, Kurt, accompagni questo signore all’uscita. Arrivederla, buonuomo, le faremo sapere. Ometto (Riaccende il cellulare e compone un numero con prefisso sudamericano): Pronto Valter? Ti chiamo da Strasburgo o forse da Bruxelles, non sottilizziamo. Tutto ok, l’ho sfangata anche stavolta. Che faccio: torno in Italia e chiarisco tutto con i pm? Lavitola: Resta dove sei, che è meglio. ncarceri e sprechi D’Onghia pag. 11z CATTIVERIE Belpietro: “Quando fui licenziato io non scioperò nessuno”. Preferirono festeggiare sobriamente (www.spinoza.it) pagina 2 Lo scudo nei confronti dei giudici: serve l’ok del Parlamento L’ FUGA CONTINUA opinione diffusa è che la Procura di Napoli difficilmente userà contro Berlusconi l’arma dell’accompagnamento coatto in seguito al suo rifiuto di voler collaborare con i magistrati come “persona informata dei fatti”. L’arma giuridica di per sé esiste anche nei confronti del premier che in questo caso, in quanto parlamentare, gode di uno scudo che lo mette al riparo IL PIANO Un vertice con Putin per evitare i magistrati. Il Pdl: gli ispettori a Napoli di Sara Nicoli Putin, per un improvviso bilaterale, caCnelonsomai sul gas, oppure un vertice di governo weekend per valutare gli effetti della crisi economica? Palazzo Chigi studia il modo di riempire l’agenda del Cavaliere da giovedì a domenica in modo che non ci sia neanche un buco di un’ora da poter dedicare ai pm di Napoli, che quelle date hanno suggerito per un nuovo incontro. Mentre gli avvocati spingono, invece, perché “non gli risponda neppure, così vediamo chi vince...”. Berlusconi, in verità, in queste ore sta pensando a una sola cosa: non perdersi Napoli-Milan di domenica: “Per il resto, inventatevi quello che volete – ha ordinato ieri ai suoi da Strasburgo – perché tanto io quelli non li voglio neppure vedere dipinti”. Una sfida in piena regola: “Non mi avranno mai, non gli rispondo neppure”. Il suo stretto entourage, a dire il vero, obbedisce senza tentennamenti. Perché soprattutto Ghedini è terrorizzato all’idea che il Cavaliere possa “sedersi su quella sedia”. È convinzione degli avvocati-tutori di Berlusconi, visto “l’umore” e, soprattutto, “la sincera antipatia” (eufemismo usato dall’avvocato Longo, non senza ironia) che il premier nutre per i magistrati, che se mai dovesse essere interrogato “finirebbe inevitabilmente per contraddirsi – questo il timore di Ghedini – e tutto gli si rivolterebbe contro”. Da qui la necessità di una strategia di fuga che punta a trovare, anche per ogni prossima richiesta della magistratura di Napoli, un ‘impedimento’ istituzionale capace di stoppare ogni velleità di interrogatorio. Oppure di opporre il silenzio per vedere fino a che punto si spingerà Le- dall’immediata esecutività dell’eventuale dispositivo dei pm, ma si tratta di una pallottola spuntata. Nel caso, insomma, ci vorrebbe l’autorizzazione della Camera (in questa occasione forse basterebbe solo quello della Giunta per le autorizzazioni, visto che Berlusconi non è indagato) ma comunque ci vorrebbe un placet parlamentare. Solo dopo il via libera i magistrati potrebbero proseguire con un interrogatorio, ma è pore. Ieri, comunque, è stata recapitata ad Arcore, dalla Digos, la nuova richiesta di audizione. Gliel’hanno portata direttamente a casa perché il ricatto di cui sarebbe vittima lo riguarda personalmente, non come premier, ma tutto fa presagire che la questione non sia affatto finita qui. Se, infatti, riuscisse sempre a sfuggire, alla fine la Procura potrebbe anche giocarsi la carta del cosiddetto “accompagnamento coatto”, ma sarebbe una mossa che non porterebbe da nessuna parte; Berlusconi è parlamentare e anche per un semplice interrogatorio deve avere il via libera della Camera. Che non lo concederebbe mai. Insomma, ancora una volta tra Berlusconi e la magistratura è in atto una guerra di nervi che stavolta, però, il Cavaliere rischia di perdere nonostante dal Pdl anche ieri si siano alzate le solite voci indignate (Contento e Costa) che hanno chiesto al ministro Nitto Palma di inviare gli ispettori a Napoli contro la Procura. Ieri il Guardasigilli chiaro che la Camera mai lo concederebbe, dunque il Cavaliere non ha nulla da temere. Diverso il caso se la sua posizione si dovesse trasformare in quella di “indagato”, allora a quel punto sarebbe necessario anche il voto della Camera. Che visti gli ultimi avvenimenti (e anche il prossimo su Milanese) lo difenderà fino all’ultimo giorno di legislatura. S. N. L’amico Vladimir Il leader russo Putin F OTO ANSA ha annunciato comunque l’intenzione di disporre nuovi accertamenti per avere notizie (scritte) sull'audizione dei difensori di Gianpaolo Tarantini. A Lepore la prossima mossa. Che, qualcuno sostiene, potrebbe essere “pesante e mediatica”. ULTIMATUM AL CAIMANO I pm del caso escort: o si presenta entro domenica o chiediamo l’accompagnamento coatto. B. a Lavitola: “Fatti una vacanza” di Marco Lillo e Ferruccio Sansa inviati a Napoli er il deputato del Pdl Osvaldo Napoli è un atto con “velleità golpiste”. Per la Procura di Napoli è la semplice applicazione del principio che vuole la “legge uguale per tutti”. Silvio Berlusconi entro le 14 di oggi dovrà comunicare alla Procura di Napoli quando si presenterà davanti ai magistrati per rispondere alle loro domande. Ieri, mentre il premier era accolto a Bruxelles e Strasburgo dai politici europei, usati come paravento, gli agenti della Digos bussavano al portone di Arcore. In mano gli investigatori avevano una citazione destinata al presidente del Consiglio per sentirlo come testimone nel procedimento che lo vede parte lesa di due presunti ricattatori, ValterLavitola e Giampaolo Tarantini. Il foglio notificato ieri per il Ca- P valiere e i suoi avvocati è la concretizzazione dei peggiori incubi: Berlusconi come persona offesa è infatti obbligato a presentarsi davanti ai pubblici ministeri, da solo, senza il suo stuolo di avvocati. E senza nemmeno poter mentire, pena il rischio di essere incriminato seduta stante per falsa testimonianza. “Molto meglio se fosse indagato”, si fanno scappare negli ambienti berlusconiani: già, potrebbe non presentarsi, potrebbe addirittura mentire impunemente. E accanto a lui ci sarebbero i suoi fidi avvocati a proteggerlo. Stavolta non sarà così. munque essenziale sentire il dottor Berlusconi, in quanto persona offesa dal reato. E abbiamo anche urgenza perché ci sono persone in prigione e non vorremmo che le indagini fossero danneggiate”, commentano a Palazzo di Giustizia. DOPO AVER PROVATO a lungo con le buone a concordare un appuntamento per vie infor- I peones gridano al “golpe” Per il premier l’incubo di dover rispondere senza legali IL CAVALIERE ha cercato fino all’ultimo di schivare il faccia a faccia con i pm. Prima gli incontri istituzionali europei richiesti dallo stesso governo. Poi, ieri, il memoriale che Berlusconi ha fatto pervenire alla Procura tramite il suo avvocato, Michele Carabona. “Interessante, ma per noi è co- mali con il premier, il Procuratore capo di Napoli Giandomenico Lepore, ha perso la pazienza: si è trovato costretto a un atto che avrebbe evitato volentieri e che rischia di aprire un conflitto inedito e durissimo tra il potere politico e il potere giudiziario. Il presidente del Consiglio, dopo avere saltato il primo appuntamento previsto per ieri, aveva fatto sapere sabato scorso tramite Ghedini che avrebbe richiamato lui i pm per comunicare una nuova data. Dopo tre giornate di attesa, la Procura di Napoli ha deciso di non aspettare. Ascoltare Berlusconi non è uno sfizio ma un atto necessario nell’interesse della giustizia ma anche degli indagati. Nell’atto i magistrati spiegano al premier che in caso di mancata presentazione da parte sua potrebbe essere disposto l’accompagnamento coattivo, salve ovviamente le prerogative previste dalla Costituzione. In sostanza la Procura, nel caso molto L’avvocato ieri è stato interrogato Ghedini, il “lavoretto” per Gianpi e l’ombra dei clan on sono un benefattore fac“N cio solo l’avvocato”. Dopo il lungo assedio delle telecamere del Fattoquotidiano.it Niccolò Ghedini tira giù il finestrino dell’auto che lo sta portando lontano da via Giulia dopo le tre ore di domande alle quali è stato sottoposto dai pm di Napoli. Fallita la fuga di fronte al nostro inviato David Perluigi, l’onorevole avvocato di Berlusconi col volto teso dietro al finestrino della sua auto con lampeggiante prova a ricordare a tutti qual è la sua professione: l’avvocato di Berlusconi. In quella frase c’è tutto il senso dell’interrogatorio più difficile della sua vita, al quale ha partecipato come persona informata dei fatti, obbligata quindi a dire la verità. I pm Francesco Curcio, Vincenzo Piscitelli ed Henry John Woodcock, che indagano sull’estorsione por- tata avanti da Gianpaolo Tarantini e da Valter Lavitola, lo hanno convocato a Roma per capire il ruolo vero di Ghedini in questa storia di soldi e ricatti. Il passaggio più delicato è stato quando i pm gli hanno chiesto della Andromeda, la cooperativa dove Giampaolo Tarantini ha iniziato a lavorare a Roma, dopo essere finito agli arresti domiciliari per i suoi festini a base di escort, droga e corruzione . A TROVARE quel lavoro a Tarantini, secondo gli investigatori, è stato proprio l’avvocato Niccolò Ghedini insieme al suo collega Nico D’Ascola, il difensore che sempre Ghedini aveva messo al fianco di Tarantini nella vicenda barese. La circostanza è doppiamente imbarazzante per il legale del premier. Da un lato perché dimostra che Ghedini ha avuto un ruolo nel “do ut des” (estorto nello schema dell’accusa) tra il premier e Tarantini. Ghedini era a conoscenza del flusso continuo di denaro e altre utilità che giungeva a Tarantini dal premier. “Era la persona più vicina a Berlusconi”, ha detto Tarantini ai Il legale sarebbe tramite per l’assunzione Il titolare della società è il cognato del boss Alvaro pm. L’avvocato difensore di Tarantini, Giorgio Perroni, che sostituì D’Ascola perché poco gradito a Tarantini, ha raccontato ai pm di essere stato a un incontro con Ghedini e Berlusconi nel quale il Cavaliere confidò ai due legali, perplessi per questa sua scelta, di avere dato mezzo milione di euro per Tarantini a Lavitola. IN QUESTO CASO Ghedini sarebe stato informato dunque solo ex post. Mentre sul fronte della difesa avrebbe avuto un ruolo attivo. Prima Nico D’Ascola e poi Giorgio Perroni hanno raccontato di avere ricevuto di fatto l’incarico non da Tarantini ma dall’avvocato di Berlusconi. Ed entrambi hanno detto ai pm che non era certo Tarantini a pagarli. Chi era il generoso pagatore dei legali? A questa domanda ha dovuto rispondere Ghe- dini ieri. I pm lo hanno interrogato ieri proprio per blindare l’accusa sulle “utilità” ottenute da Tarantini oltre ai soldi (il mezzo milione a Lavitola più i 350 mila cash a Tarantini) grazie al premier. Di tutte le “utilità” giunte a Tarantini, la più imbarazzante per Ghedini è proprio il lavoro alla cooperativa Andromeda. La società, che faceva lavorare Tarantini nella sua sede romana a via Castro Pretorio, ieri è stata perquisita nella sua sede centrale a Milano, in piazza quattro novembre. La cooperativa di lavoro dovrebbe occuparsi di facchinaggio e altri servizi. Ma ovviamente Tarantini ha raccontato che quel lavoro era finto. Oggi i pm sentiranno il padrone reale della società: Bruno Crea, gestore di un piccolo impero di cooperative che fatturano milioni di euro. Ma soprattutto cognato di Natale Alvaro, condanna- to a 11 anni per la sua partecipazione alla ‘ndrina degli Alvaro di Sinopoli, la cosca emergente della Ndrangheta, colpita dall’operazione condotta dalla Squadra Mobile diretta da Renato Cortese nel 2007 su impulso del Pm della Dda di Reggio Calabria Roberto Di Palma e riarrestato nel gennaio scorso. Anche Bruno Crea era stato indagato allora a Roma per associazione a delinquere semplice. Per lui era stato chiesto anche l’arresto ma il gip lo aveva negato e la sua posizione era stata archiviata a Reggio. SECONDO TARANTINI, Bruno Crea, è “amico di Lavitola”. Tarantini racconta ai pm di essere andato a lavorare a maggio 2010 Mercoledì 14 settembre 2011 Ruby, anche il Senato vuole bersi la balla “nipote di Mubarak” probabile che il premier non risponda, è intenzionata a chiedere l’autorizzazione al Parlamento per costringerlo a testimoniare con la forza pubblica. Non si tratta di una misura cautelare, ma di una forma di coazione per chi non adempie spontaneamente all'obbligo previsto per tutti i cittadini di testimoniare. Vero, sarebbe una decisione forte vedere il primo ministro "scortato" a Palazzo di Giustizia. Ma non si poteva fare diversamente, se la legge è ancora "uguale per tutti". QUESTA “MINACCIA” è però temperata dall’ampia scelta di tempo che il premier ha a sua disposizione. I pm Henry John Woodcock, Vincenzo Piscitelli, Francesco Curcio e Francesco Greco saranno a sua disposizione per ascoltarlo ovunque lui vorrà dalle 8 di mattina alle 20 di sera da giovedì a domenica. Il Cavaliere deve solo scegliere luogo e l’ora, purché accetti di testimoniare. Se entro domani Berlusconi non rispondesse, si aprirebbe la strada per l’accompagnamento coattivo. Che ovviamente dovrebbe essere preceduta da una richiesta alla Camera, perché il premier è deputato. Berlusconi ha già spiegato ai suoi che non ha alcuna intenzione di farsi sentire perché confida nello spostamento del procedimento a Roma. E ha una fifa blu delle domande che potrebbero porgli i magistrati. Ieri sono state depositate le nuove carte dell’accusa davanti al tribunale del riesame, che dovrà decidere sull’istanza di scarcerazione di Tarantini, presentata dagli avvocati Alessandro Diddi e Ivan Filippelli, e su quella di Lavitola, difeso da Gaetano Balice. Nel plico è contenuta - oltre agli interrogatori come persone informate sui fatti della segretaria di B. Marinella Brambilla e dell’avvocato che difendeva Tarantini su indicazione di Ghedini, Giorgio Perroni - anche la celebre telefonata da Sofia di Valter Lavitola con Berlusconi. L’intercettazione, che ora è divenuta pubblica mentre quando è stata rivelata in sintesi dall’Espresso era segreta, dovrebbe contenere oltre alla frase “resta lì” rivolta dal premier, anche un rafforzativo ironico in stile Berlusconi che di fronte ai dubbi di Lavitola che pensava di tornare in Italia avrebbe detto al suo amico indagato: “Valter fatti una vacanza”. La sensazione è che la vacanza sia lunga. Il video sul fattoquotidiano.it A FUGA CONTINUA nche il Senato dovrà intervenire in merito al conflitto d'attribuzione sul caso Ruby. Lo ha deciso la Giunta delle immunità di Palazzo Madama, dopo che la Corte costituzionale aveva ritenuto “ammissibile” il conflitto sollevato alla Camera dai capigruppo della maggioranza Fabrizio Cicchitto, Marco Reguzzoni e Luciano Sardelli sul rinvio a giudizio di Berlusconi. Critiche da parte di Pd e Idv, che hanno votato contro. Il premier, che il 27 maggio 2010 chiamò la Questura di Milano per far rilasciare la marocchina Ruby, definendola “nipote di Mubarak”, è accusato di concussione e violazione della legge 38 del 2006 (atti sessuali prezzolati con minori). Adesso il Senato dovrà esprimersi su chi, tra la Procura di Milano e il Tribunale dei ministri, è competente nel giudicare i comportamenti di Berlusconi. Alla Ue comizio anti-sinistra e domande vietate BERLUSCONI: “L’OPPOSIZIONE ROVINA IL PAESE” NIENTE TRADUZIONE, SGARBO A VAN ROMPUY di Giampiero Gramaglia Bruxelles a “missione Europa” di Silvio Berlusconi si esaurisce in una serie di foto di rito, dichiarazioni di circostanza e strette di mano protocollari. Per la manovra, non cambia nulla: i leader dell’Ue non apprendono nulla che già non sapessero; il premier italiano non riceve più avalli di quelli già avuti. Il presidente del Consiglio europeo Herman van Rompuy dice che la manovra è “ambiziosa” – L Statista in trasferta: monologo in italiano e gestaccio all’interprete Sconcerto fra i giornalisti a Bruxelles: ieri B. si è esibito in un soliloquio di un quarto d’ora in italiano. Quando Van Rompuy gli ha fatto segno di fermarsi un attimo per permettere all’interprete di tradurre, il premier italiano ha respinto la richiesta con un vistoso gesto della mano. Ovviamente zero domande permesse (FOTO MILESTONE) L’emergenza economica è solo fumo: tra Bruxelles e Strasburgo nuova collezione di imbarazzi m. l. termine che diplomaticamente sottintende perplessità sulle capacità di realizzarla. Il presidente della Commissione europea José Manuel Barroso mette l’accento sulla necessità di fare in fretta: "L'applicazione rapida, efficace e rigorosa (delle misure proposte) è assolutamente essenziale" per rassicurare i mercati. Una giornata a fare a scaricabarile. Sull’opposizione, che pur di dare “una spallata al governo”, “rovina l’immagine dell’Italia”. E sull’Europa: “Decidete voi – suggerisce a Van Rompuy – d’aumentare e di quanto l’età della pensione. Tutti gli Stati sarebbero felici di doverlo fare perché ‘comandati’ da Bruxelles”. Ecco un leader che sa assumersi le proprie responsabilità! MOLTA SCENA, poca sostanza, qualche strascico. E, immancabile, la gaffe. Quando Van Rompuy prova a interromperne la dichiarazione, per dare all’interprete il tempo di tradurre, Berlusconi s’interpone in francese, “Je crois que ce n'est pas nécessaire”, credo che non sia ne- L’IMPERO LIBIDINOSO IL NEW YORK TIMES: “ITALIA IN AGONIA DA BUNGA BUNGA” di Carlo Antonio Biscotto eri mattina, dopo la conferenza Idelstampa congiunta con il presidente Consiglio Ue, Herman van Rompuy, per Berlusconi la tegola è arrivata dalla lettura della rassegna stampa estera. Particolarmente pesante il New York Times con un pezzo di Frank Bruni dal titolo che è un programma e, si spera, un auspicio: “The agony and the bunga bunga”. Bruni – una firma di rilievo dell’influente quotidiano newyorchese – la prende alla lontana e si chiede cosa ha in mente di organizzare il nostro “imperatore epicamente libidinoso” per festeggiare a giorni il suo 75° compleanno. L’ennesimo bunga bunga? O intende stupirci abbattendo qualche altro tabù... ma quale? Non vorrà per caso “liberarsi di tutti i freni inibitori?” “Ma non lo ha già fatto?”, si domanda stupito Frank Bruni. Amaramente Frank Bruni ricorda che gli americani se la sono spassata nel leggere le rocambolesche avventure di questo sedicente tombeur de femmes della terza età solito rilassarsi con baccanali degni di un imperatore romano. Ma – aggiunge Bruni – lo spettacolo offerto da Berlusconi “è stato per certi versi anche rassicurante” perché “la follia politica americana impallidisce al cospetto di questa opera buffa a luci rosse”. MA C’È POCO da ridere, avverte Frank Bruni, perché la deriva dell’Italia verso il ridicolo, segnata in parte dalle patologiche “deviazioni” giuridiche e sessuali del nostro eroe, “minaccia la stabilità finanziaria dell’Europa”. E se Atene piang Sparta non ride: l’America è la “versione mignon del Grand Guignol italiano”, aggiunge Bruni. “Anche noi rievochiamo le conquiste del passato. Anche noi trascuriamo le infrastrutture e consentiamo al denaro di corrompere la vita politica”. Berlusconi e il berlusconismo sono incardinati, incistati nel mito di Creso. Frank Bruni ricorda che anni fa, al ter- Ghedini subito dopo l’interrogatorio nella Andromeda. Solo tre mesi dopo, ad agosto 2010, avrebbe conosciuto Lavitola. A trovare il lavoro all’amico di Berlusconi presso una cooperativa di un soggetto vicino alla ndrangheta quindi secondo gli investigatori sarebbe stato Ghedini. Perché lo ha fatto? La risposta l’ha data ieri l’avvocato-onorevole alle nostre telecamere: “non sono un benefattore sono un avvocato”. Sì ma non un avvocato qualunque, l’avvocato di Silvio Berlusconi. La maggioranza sostiene infatti che il premier intervenne nella sua funzione di presidente del Consiglio, perché convinto che la ragazza fosse effettivamente parente dell'ex dittatore egiziano. La discussione dovrà essere affrontata in aula entro il 19 settembre, termine ultimo concesso dalla legge al Senato per decidere se intervenire o meno nella questione. “Ma non c’è più nulla da ridere: il Cavaliere è una minaccia alla stabilità finanziaria dell’Europa” mine di una lunga intervista, Berlusconi gli chiese se il suo ultimo libro era stato pubblicato in Italia e, ottenuta una risposta negativa, aggiunse: “Non le piacerebbe che venisse pubblicato?”. Ma oggi – spiega Bruni – dopo quasi venti anni di promesse non mantenute e al cospetto di “una economia stagnante, di una spirale del debito pubblico inarrestabile”, della distruzione di ogni pur residuale forma di meritocrazia, gli italiani sembrano averne abbastanza. E allora perché resiste a Palazzo Chigi? “Perché non ci sono alternative”, ha detto a Bruni il sindaco di Milano Pisapia. O forse – suggerisce Bruni un po’ maliziosamente – “in un Paese immerso nei tesori d’arte e nella bellezza, le sofferenze si avvertono di meno e la situazione non è ancora intollerabile”. E perché “con una disoccupazione giovanile al 27%” – si chiede Frank Bruni – “non scendono in piazza con la stessa rabbia degli indignados spagnoli i giovani italiani?” “Perché almeno per ora i genitori hanno denaro a sufficienza per garantire ai figli disoccupati vestiti, svaghi e vacanze”, ha spiegato Mario Calabresi al giornalista del New York Times. Insomma “i giovani italiani sono indignados, ma non abbastanza da preferire la piazza al ristorante”. Ma Calabresi e il sindaco di Firenze, Matteo Renzi, astro nascente del centrosinistra, non hanno perso le speranze. “Se gli italiani decideranno di cambiare le cose dopo venti anni di immobilismo, silenzi e scandali politici, avremo un futuro”, ha detto Renzi. “Me lo auguro per l’Italia e per noi tutti”, ha concluso Bruni. cessario. I giornalisti stranieri restano interdetti, anche quando il Cavaliere spiega in francese: "Ho detto tutto questo in italiano perché penso fosse importante che ad ascoltarmi fossero soprattutto i giornalisti italiani". Qualcuno prova a fare domande; il Cavaliere, sempre in francese, è tassativo: "Ci eravamo intesi sul fatto che dovesse essere solo una dichiarazione e dunque non accetto domande". Van Rompuy annuisce, Mr B. se ne va a Strasburgo. Fuori dalla sede del Consiglio dei ministri dell’Ue, dove s’era infilato dicendosi “assolutamente tranquillo, sono qui per colpa delle opposizioni” e non per scappare dai giudici di Napoli che vogliono interrogarlo –, manifestanti del Pd di Bruxelles scrivono a grandi lettere la parola “Basta”: "L'Europa non è un alibi: Berlusconi si faccia processare". Da Bruxelles a Strasburgo, la missione del premier è tutta in chiave italiana, altro che europea: accanto a Van Rompuy, che non si fa coinvolgere, Mr B. parla “del paradosso” di un'opposizione che, pur condividendo gli obiettivi del pareggio di bilancio inserito in Costituzione e raggiunto nel 2013, critica la manovra “con l’intenzione di rovinare l'immagine del presidente del Consiglio, rovinando così l'immagine del Paese". Se fosse vero, sarebbe fatica sprecata, perché l’immagine del Cavaliere è già abbastanza rovinata. Lo prova il clima che l’accoglie a Strasburgo, nonostante l’incontro col presidente del Parlamento Jerzy Buzek duri 45’, fanno sapere i cronometristi al seguito, ben oltre i “due minuti” pronosticati ieri dallo stesso Buzek. Il capogruppo socialista Martin Schulz si chiede “perché perdere tempo con un capo di governo dubbio”. Certo, Schulz, un tedesco che Berlusconi trattò in aula da kapò, non è proprio il meglio disposto verso il premier italiano. Eppure, adesso che si candida alla presidenza dell’Assemblea fa il diplomatico: “Barroso e Van Rompuy mica potevano dirgli ‘No, qui non vieni, vai a Napoli a farti interrogare’... È in una situazione drammatica per il suo governo e il suo paese... Sono certo che i giudici avranno tempo per lui nei prossimi giorni”. IL LEADER verde Daniel Cohn-Bendit dice che Berlusconi non pensa “a salvare l’Italia, ma a salvare se stesso”: “È un pericolo per l’Italia e l’Europa”. Gli eurodeputati di Pd e Idv sostengono di avere evitato che l’aula diventasse “una gogna per l’Italia”, perché c’era chi progettava “gazzarre e proteste” e persino “manifestazioni coreografiche”; e si scusano per l’italica “sceneggiata” sul palcoscenico europeo”. Poi, invitano il Cavaliere a incontrare i deputati italiani. Ma Berlusconi non ha tempo. Pure l’incontro con Barroso è un po’ asfittico: non c’è modo di parlare dell’acquisto di titoli di Stato italiani da parte della Cina. Eppure il Cavaliere, che è accompagnato dal direttore generale del Tesoro Vittorio Grilli, esprime “soddisfazione massima”, la sua e pure quella dell’interlocutore. Poi torna a Roma: l’Europa gli chiede di fare in fretta e lui esegue, fiducia e varo della manovra domani, un "segnale importante". I tecnici del suo seguito tirano le somme e ammettono: “Missione per nulla”. Ma, come recita il detto, “un legittimo impedimento al giorno leva i giudici di torno”. pagina 4 Così la Grecia vuole mettere la Patrimoniale nella bolletta elettrica I ACQUA ALLA GOLA l rischio default per la Grecia è molto più di un incubo. Per cercare di rimettere in carreggiata il Paese, il governo di Atene vuole introdurre una sorta di Patrimoniale sugli immobili per far contribuire anche chi ha più ricchezza. Ma il ministro dell’Economia, Evangelos Venizelos si è inventato un modo originale ed efficace per assicurarsi la riscossione di un tributo tanto impopolare: domenica ha annunciato una tassa sugli immobili di proprietà, di quattro euro al metro quadro. E senza sconti o esenzioni per la prima casa. Ma la vera sorpresa è il meccanismo di riscossione: la raccolta dovrà avvenire tramite la “tariffa elettrica”, la tassa finirà nella bolletta della luce. E, sembra di capire dalle anticipazioni, chi non paga resterà al buio. Il tutto a partire dall’anno prossimo per cercare di iniziare ad aggredire il buco di bilancio da 2 miliardi di euro. La situazione è critica tanto che il ministro ha annunciato che “settembre e ottobre saranno mesi infernali”, e ha chiesto a forze politiche e popolazione di “parlare con una voce sola” e compiere uno “sforzo nazionale” per far cambiare la cattiva percezione che si ha della Grecia all'estero. Lui: “Il nostro debito è ok” E l’Italia sprofonda VENDITE A CASCATA SUI NOSTRI TITOLI DI STATO, BTP DA RECORD di Vittorio Malagutti Milano a Borsa rimbalza. Dopo due sedute consecutive in pesante ribasso (meno 8,5 per cento da venerdì), l’indice ha recuperato il 2,2 per cento al traino dei titoli bancari finalmente in rialzo. Coi tempi che corrono questa è già una gran notizia, ma c’è poco da festeggiare. Perchè ieri, per convincere gli investitori a scommettere sull’Italia, il Tesoro ha dovuto garantire rendimenti da record. L I BTP A CINQUE ANNI sono stati piazzati sul mercato a un tasso del 5,6 per cento, il più elevato da 12 anni, da quando esiste l’euro. L’asta precedente, che risale al 14 luglio, si era fermata al 4,93 per cento. Quindi, mentre da Bruxelles il premier Silvio Berlusconi, con raro sprezzo del ridicolo, afferma che “non ci sono problemi nella gestione del debito”, l’esito deludente dell’asta dei Btp conferma invece che i problemi ci sono, eccome. L’impennata dei rendimenti dei titoli di stato si traduce in un aumento della spesa per interessi a carico del bilancio dello Stato. E questo proprio mentre il governo sta facendo i salti mortali per tagliare il deficit. Un altro segnale evidente di difficoltà arriva dal rapporto tra domanda e offerta, che funziona come una sorta di indice di gradimento dei titoli messi in vendita. Nell’asta di ieri questo parametro si è fermato a quota 1,28 in netta diminuzio- ne rispetto all’1,93 di metà luglio. La febbre resta alta anche per lo spread. In mattinata la differenza di rendimento tra Btp decennale e il Bund tedesco si era addirittura impennato fino a a 406 punti, sempre più vicino al record di 418 registrato all’inizio di agosto, prima che la Banca centrale europea aprisse il suo paracadute. Nel pomeriggio la tensione si è un po’ allentata. Lo spread si è sgonfiato fino a 391 punti, comunque sei punti in più rispetto a lunedì. Merito anche delle dichiarazioni concilianti della Commissione europea, che ha precisato di non aver chiesto all’Italia alcuna misura aggiuntiva rispetto alla manovra (la quarta versione) ora in discussione in Parlamento. Lunedì, invece, presentando un rapporto sullo stato delle finanze pubbliche nella zona euro, da Bruxelles si segnalava che potrebbero essere necessari “provvedimenti aggiuntivi se tagli e entrate fiscali si dimostrassero insufficienti” a correggere la deriva dei conti pubblici italiani. NESSUNA RICHIESTA, si è corretta ieri la Commissione. E Giulio Tremonti, a Monaco di Baviera per l’incontro mondiale sulla pace organizzato dalla comunità di Sant’Egidio, ha precisato che il rapporto divulgato lunedì a Bruxelles risaliva a luglio, prima della manovra. Nel suo intervento a Monaco, il ministro dell’Economia è tornato a cavalcare la retorica anti mercatista che ama spesso sfoggiare in mancanza di risultati concreti della Divieto di transito LA FERRARI DI ANGELUCCI ALLA FACCIA DEI PEDONI Una Ferrari parcheggiata. In un’area pedonale, alle spalle di Botteghe Oscure, a Roma. È lì che abita Giampaolo Angelucci, editore di “Libero”. Tra lui e il papà Tonino, deputato del Pdl, chi avrà parcheggiato? sua politica. “Servono delle regole morali, dei principi - ha tuonato Tremonti - e credo che uno di questi sia cacciare dal tempio gli speculatori e dintorni”. Come dargli torto? Purtroppo però le alate parole del ministro restano più che altro un’ottima trovata per intrattenere il pubblico delle conferenze. Meno efficaci i risultati sul piano politico, come dimostrano le incredibili capriole sulla manovra che portando lo scompiglio sui mercati hanno finito per arricchire proprio gli speculatori, quelli che Tremonti, a parole, vorrebbe cacciare dal tempio. UN NUOVO ALLARME sulla sua situazione critica dell’Italia e anche della Spagna è arrivato ieri anche dal presidente americano Barack Obama che nel corso di una tavola rotonda con alcuni giornalisti ispanici ha sottolineato che la preoccupazione più grave a livello internazionale riguarda le possibili conseguenze “se i mercati continueranno a pren- dersela” con Roma e Madrid. Insomma, mentre Berlusconi gira per l’Europa per evitare l’incontro con i magistrati e Tremonti si dedica alle conferenze, la situazione italiana resta più che mai critica. La prossima svolta importante sui mercati potrebbe arrivare già entro fine settimana, quando è attesa la decisione degli analisti di Moody’s sul rating da assegnare al debito italiano dopo che, tre mesi fa, è stata annunciata una possibile revisione. “Siamo ottimisti”, ha dichiarato ieri il sottosegretario all’Economia Alberto Giorgetti. Si spera abbia ragione. 4,06% IL PICCO DI IERI DEL DIFFERENZIALE TRA BTP E BUND Illustrazione di Marilena Nardi 5,60% 2,69% IL RENDIMENTO QUANTO RENDEVANO DEI BTP A 5 ANNI, I BTP IL PIÙ ALTO IN 12 ANNI LO SCORSO ANNO Messaggi Quando parla Giuliano Amato LA MOSSA POLITICA DEL COMPAGNO SPREAD di Giorgio Meletti l messaggio è preciso, e arriva dalla fonte Iparlare forse più autorevole tra quelle che possono liberamente. Alla fine - mentre la politica italiana si consuma nelle sue circonvoluzioni - a mandare a casa Silvio Berlusconi potrebbe essere il compagno spread. Lo scenario è quello di un governo travolto dalla rivolta dei mercati finanziari. Di un premier al quale il sostegno della maggioranza parlamentare non basta più di fronte alla quotidiana svalutazione dei titoli di Stato, con conseguente impetuoso aumento del costo del debito pubblico: un conto da miliardi di euro, con conseguenti inevitabili nuove manovre sui conti pubblici dopo quella gigantesca in approvazione oggi alla Camera. La fonte autorevole si chiama Giuliano Amato, intervistato lunedì sera a “Otto e mezzo” (La7) da Lilli Gruber. Occasione solenne, prima puntata della nuova stagione in cui la conduttrice annuncia di voler dare “spazio ai volti nuovi, che in Italia non sono abbastanza illuminati”. Amato vale l’eccezione alla regola. Braccio destro di Bettino Craxi a palazzo Chigi negli anni ‘80; presidente del Consiglio nel ‘92 designato dallo stesso Craxi dopo che si era visto negare la nomina da Oscar Luigi Scalfaro; presidente dell’Antitrust scelto da Silvio Berlusconi nel 1994; ministro del Tesoro nel governo D’Alema nel ‘99; di nuovo capo del governo nel 2000. Oggi fa il battitore libero e, benché più giovane di Berlusconi, si dichiara troppo vecchio per nuovi incarichi di governo. Però continua a muoversi. Tra i suoi incarichi attuali c’è quello di senior advisor della Deutsche Bank, cioè di spiegare al gigante bancario tedesco che aria tira in Italia. È la stessa Deutsche Bank che a fine luglio ha venduto di colpo titoli italiani per 7 miliardi di euro, provocando l’ira di Romano Prodi: “Dimostra una mancanza di solidarietà che porta al suicidio anche la Germania”. Amato è una delle punte di diamante della cosiddetta riserva della Repubblica. È in ottimi rapporti con il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e con il governatore della Banca d’Italia Mario Draghi. E questo dà alle sue parole un sapore particolare. Richiesto di un’opinione sulla tenuta del governo, ha detto: “Molto dipende da come si comporteranno i L’ex presidente del Consiglio Giuliano Amato (FOTO ANSA) mercato nei nostri confronti. Siamo davanti a un rischio molto forte. Che cosa succede se un giorno la Banca centrale europea smette di comprare i nostri titoli e a tenerci sotto questa tenda a ossigeno? E se lo spread partisse verso livelli di 400 o 500? A quel punto può determinarsi una situazione in cui una maggioranza si sbriciola da sola, perché non sa come reagire o perchè risulta trasparente che ha adottato una misura dopo l’altra ma non ha fatto abbastanza...”. Ieri lo spread è salito sopra quota 400, per poi chiudere la giornata poco sotto. La Bce sta continuando a sostenere i titoli italiani con massicci acquisti, nonostante i malumori tedeschi, che pure Amato conosce molto bene. E tra poche settimane alla guida della banca centrale di Francoforte si insedierà Draghi, che avrà forse qualche imbarazzo in più dell’attuale leader francese Jean Claude Trichet a spiegare ai suoi danti causa tedeschi l’insistenza nello svenare la Bce per sostenere l’Italia. La logica è ferrea, ed è difficile credere che Amato vada in tv a esibirsi intento a “pensare se stesso pensante”, come il padreterno di Francesco Guccini. Così il messaggio arriva a Berlusconi forte e chiaro: potrebbe essere proprio Draghi, tra poco, volente o nolente, a dare il colpo di freno agli acquisti di titoli della Bce. Quella “maggioranza che si sbriciola da sola” significa alludere a una situazione dei mercati finanziari tale da costringere Berlusconi alle dimissioni senza neppure poter invocare il voto parlamentare. Cioè a un tracollo finanziario in grado di dare micidiale efficacia alla “moral suasion” di Napolitano. Il colpo del ko, sferrato dal compagno spread. “Io sinceramente non me lo auguro”, chiosa Amato. Nel senso che però così si stanno mettendo le cose. Mercoledì 14 settembre 2011 ACQUA ALLA GOLA ordinerà agli addetti dell'azienda elettrica di non tagliare l'elettricità a chi non pagherà la tassa sugli immobili tramite le bollette. L'eventuale mancato introito rischia di far saltare i conti pubblici e il via libera da parte della troika internazionale alla nuova tranche di prestiti internazionali da 8 miliardi di euro. Il viceministro delle Finanze ha fatto sapere che, senza i soldi dei I buoni propositi e le speranze del governo di Atene di recuperare 2 miliardi di euro sono durate un giorno. Lunedì il sindacato dei lavoratori elettrici (Pcc) è sceso sul piede di guerra, annunciando che boicotterà la misura: "Il Pcc – fa sapere in un comunicato il sindacato – non è un cowboy, né uno sceriffo che punta la pistola alla testa dei cittadini greci". Il sindacato nuovi prestiti, lo Stato è in grado di finanziare le sue attività soltanto fino a ottobre, poi la Grecia andrà in default. Intanto il ministro dell'Energia, George Papaconstantinou, ha duramente criticato il sindacato. "La tassa non può essere oggetto di una presa di posizione a buon mercato dei sindacati". Insomma la situazione è parecchio elettrica. Paura default Una protesta dei lavoratori greci (FOTO ANSA) LA QUESTUA A PECHINO Nessuno vuole prestarci i soldi, l’ex protezionista Tremonti chiede aiuto ai nemici di un tempo di Stefano Feltri Investment Corp, che investe in occidente e non solo, 400 miliardi per conto del governo di Pechino. a posizione di creditore che la Cina ha nei confronti degli Stati Uniti non è politicamente neutrale: essere creditore è, infatti, avere potere”, così ammoniva il professor Giulio Tremonti, non più e non ancora ministro del Tesoro, nel suo pamphlet La paura e la speranza, nel 2008. Poi, da ministro l’istinto di sopravvivenza ha prevalso e i soldi ai cinesi li ha chiesti. “Roma negozia con la Cina per il salvataggio dai guai finanziari”, scriveva ieri sul Financial Times il corrispondente da Roma Guy Dinmore. La notizia è che il 6 settembre, a Roma, il ministro Tremonti ha incontrato Lou Jiwei, il capo del fondo sovrano cinese China L POSSIBILE CHE Tremonti, il ministro protezionista che voleva le sanzioni contro i cinesi, che era disposto all’uscita unilaterale dalla Wto, che temeva la deriva malthusiana della colonizzazione a rovescio da Pechino all’Europa, che presiede l’Aspen Institute a difesa della supremazia atlantica, ecco, possibile che questo fiero teorico del pericolo giallo sia così disperato da chiedere l’aiuto a Pechino? La risposta è ovviamente sì, ma bisogna aggiungere qualche dettaglio. Nel dicembre 2009 il Fatto dà conto dello stupore di molti I NOSTRI CREDITORI Banca d’Italia Altri investitori internazionali 1% 11, Banche estere 15 % Altre banche italiane 5,5 % 14,6% 11,4% Gruppi assicurativi esteri e fondi comuni europei 6% Investitori asiatici 4% 12 , Compagnie assicurative italiane as Fondi d’investimento Fon 3% 6,1% % 14 Investimenti privati Fondi italiani gestiti all’estero l’ t ITALIA 56% DEBITO PUBBLICO ITALIANO ESTERO 44% 1.900 miliardi di euro di Pino Corrias Ghedini, il professionista dei segreti L’ONOREVOLE AVVOCATO Niccolò Ghedini, addetto ogni giorno dell’anno al riempimento delle buche che il suo maggior cliente scava di notte, dice di non potersi presentare davanti ai magistrati che indagano sul traffico di estorsioni, coca, appalti, gite in barca, mogli della Bari bene trattate come mignotte della Bari male (ma anche viceversa) allestito da quei due esemplari professionisti di Tarantini&Lavitola, uno in galera e l’altro latitante e dunque amicissimi del premier. Dice Ghedini che rispondendo come testimone violerebbe “il segreto professionale”. Ma lasciando intendere, dietro a quel suo sorriso di arguto cacciatore di virgole penali, anche la ragione complementare e fortemente umanitaria di tutelare la professione dei segreti. I quali attengono al mistero di un premier che combatte in proprio la miseria della famiglia Tarantini, non con la Social Card varata dal suo stesso governo (40 euro al mese) ma con una Platinum che ne prevede 20 mila, più un bonus pannolini, visto che “in quella famiglia ci sono anche bambini piccoli”. Deve essere per i piccini che Nick Ghedini si sacrifica. E anziché riempire buche, stavolta ne scava una per sé: è da laggiù che ci parla. no sempre più importanti per il nostro equilibrio contabile. Guarda caso, nei primi giorni di gennaio 2010, il ministro tiene una lezione alla scuola di formazione del Partito comunista cinese, a Pechino. Tra le massime dispensate agli allievi c’è questa: “La globalizzazione ci insegna che non c’è più spazio per l’autarchia, né dei piccoli né dei grandi Paesi”. Appello conclusivo: “Iniziamo insieme una grande pacifica rivoluzione globale”. Non è arrivata la rivoluzione, ma qualche cambiamento sì. Fonti vicine al Tesoro raccontano che in questi tre anni l’Asia, e quindi la Cina, è diventata sempre più strategica. La prima settimana di agosto, il direttore generale del Tesoro Vittorio Grilli ha viaggiato per la Repubblica popolare. La missione ufficiale era spiegare, nelle vesti di presidente del Comitato economico e finanziario (il coordinamento tecnico del Consiglio europeo sui temi economici), le decisioni prese nel vertice del 21 luglio. Obiettivo ufficioso: rassicurare gli investitori asiatici sul fatto che l’Italia è meglio di quello che sembra. Perché, spiega chi conosce i meccanismi del debito pubblico, il Tesoro non arriva alle aste sperando nella buona sorte. C’è prima un lungo e continuo lavorio sotterraneo – tutto politico – per convincere gli investitori a dare mandato alle banche di comprare il debito a prezzi ragionevoli, visto che domanda e offerta si incrociano sempre in una forchetta tra prezzi minimi e massimi. E avere i cinesi bendisposti è fondamentale in questo periodo in cui i mercati stanno imponendo, asta dopo asta, rincari miliardari alle emissioni del nostro debito. IL TESORO però smentisce a metà la questua cinese: sì, il 6 settembre c’è stato l’incontro a banchieri d’affari che si sono ac- Roma con Lou Jiwei, il capo del corti di come sempre più titoli fondo Cic, ma per parlare di indi Stato italiani finiscano a Pe- vestimenti azionari, non del dechino. Non è semplice stabilire bito pubblico in cui investe di che strada prende il nostro de- solito un’altro fondo di Pechino, bito: alle aste partecipano i il S.a.f.e. . Infatti l’incontro è sta“grossisti”, 21 grandi banche ac- to con la Cassa depositi e presticreditate che comprano Bot e ti, non con i dirigenti del diparBtp dal ministero e poi li riven- timento del debito. dono ai clienti finali. Solo chi in- E l’esito del summit può suonatermedia, cioè le banche, ha il re un po’ bizzarro: il Tesoro ha polso della situazione. Al Tesoro proposto al Cic di essere uno degli investitori nel gli unici dati uffiFondo strategiciali dicono che co italiano (Fsi), metà del nostro Tremonti, 2008 cioè lo strumendebito sta in Itato inventato da lia, metà all’esteTremonti all’inro e che il mercadomani della to asiatico (Cina scalata francese e Giappone) è di Lactalis a Parsecondo solo a malat per proquello europeo. teggere i grandi Pochi giorni dogruppi strategici po l’articolo, a italiani dagli ardomanda del Fatrembanti capitato in una confeli stranieri. Con renza stampa nal’eccezione dei talizia, Tremonti capitali cinesi, non smentisce. È evidentemente. vero, i cinesi so- “ Bisogna intervenire con dazi e barriere doganali per contrastare la Cina ” POTENZA GLOBALE Il capo del fondo Cic Perché Lou Jiwei piace tanto al Tesoro di Fabio Scacciavillani* Jiwei, il capo del Fondo soLmentouvranoCorporation cinese China Investche ha incontrato Giulio Tremonti il 6 settembre, è una delle personalità più corteggiate nel mondo finanziario globale. Intrattiene l’interlocutore con la sua capacità di spaziare sui temi chiave dell’economia globale e stupisce per la padronanza con cui discute dei debiti pubblici o di grandi operazioni di private equity attorniato da un team giovane formatosi nelle università e nelle banche americane. Da ingegnere informatico passato poi agli studi econometrici (cui ha unito la passione politica) ha una visione dai contorni nitidi e non mostra soverchio interesse per teorie balzane partorite da contabili con ubbie da mâitre a penser. Per cui è probabile che non abbia letto certi passaggi nel capitolo di “Rischi Fatali”, intitolato appunto “Cina versus Italia” in cui in cui il ministro del Tesoro Giulio Tremonti si lanciava in strali di stampo vetero protezionista (“La guerra commerciale tra Cina e Italia non è solo minacciata. È già’ cominciata”). Del resto non si gestiscono centinaia di miliardi di dollari in qualità di presidente di uno dei fondi sovrani più potenti del mondo, la China Investment Corporation (CIC), senza un occhio benevolo verso la pletora di questuanti che sgomitano e si affannano intorno e un distacco verso polemiche politiche di sapore valligiano. Lou Jiwei è uno di quei tecnocrati che stanno guidando il grande balzo in avanti (stavolta quello vero) con una visione strategica che all’Europa dei leader dimezzati fa difetto da almeno un decennio. La sua presenza a Roma è giustificata dalla mazzata che la bancarotta dell’Italia assesterebbe all’euro e alla economia mondiale. La Cina ha tratto benefici epocali dalla globalizzazione economica e finanziaria: un’implosione della zona euro significherebbe un disastro per le sue esportazioni e una falla nel sistema monetario internazionale. Il dollaro non può più sostenere il ruolo di valuta per gli scambi internazionali che ha assunto quando l’economia americana era metà di quella mondiale e molti grandi paesi dall’Unione Sovietica, all’India alla Cina partecipavano in misura trascurabilie al commercio internazionale. Oggi il peso dell’America nell’economia mondiale è meno di un quarto e in continuo declino, quindi continuare a fornire la li- quidità internazionale si sta rivelando un peso insostenibile. E con lo yuan ancora soggetto a controlli valutari, se l’euro dovesse sparire e si tornasse alle modeste carature delle monete nazionali, uno dei cardini dell’assetto multipolare cederebbe, aprendo la strada a uno scenario di instabilità dagli effetti imprevedibili. Per di più ci si scorda in Europa, ma non a Pechino, che l’euro rappresenta il completamento del mercato unico europeo. Il ritorno agli anni ‘70 e alle svalutazioni competitive innescherebbe delle tentazioni protezionistiche che al momento sono latenti e solo per miracolo non hanno guadagnato credito come risposta populista alla gravità della crisi. Ma è una tregua precaria. Quindi Lou Jiwei non è a Roma attirato dai saldi di fine regime su Bot, Cct e azioni bancarie. La sua missione ha una motivazione strategica di primaria importanza per la Cina. L’Italia rischia Lou Jiwei, del fondo Cic (FOTO ANSA) di essere l’innesco di una nuova deflagrazione della crisi che i cinesi vogliono disinnescare. In un certo senso lo scacchiere italiano rappresenta la prima grande occasione per la nuova potenza economica di agire non solo in funzione di rapporti bilaterali o dei propri interessi commerciali, ma nel contesto di una responsabilità da leader mondiale che opera per assicurare la stabilità del sistema globale. Ciò significa che il supporto cinese non è estemporaneo e potrebbe essere provvidenziale visto che la Bce sta esaurendo le munizioni, ma non verrà concesso a scatola chiusa, né a interlocutori inaffidabili. I cinesi operano su un orizzonte temporale che abbraccia decenni, per cui difficilmente si troveranno a proprio agio con personaggi che vivono alla giornata, misure economiche rivedute ogni tre ore e un ministro del Tesoro esperto in espedienti. *capo economista del Fondo sovrano dell’Oman pagina 6 Mercoledì 14 settembre 2011 C onti. Tagli e polemiche. I giornalisti chiedono a Bossi: “Il Governo porrà la fiducia alla Camera sulla Manovra?” La risposta del leader leghista: “Penso di sì perchè bisogna fare in fretta, almeno così dicono”. E ancora: “Se Maroni ha oramai il partito in mano? Siamo amici da sempre, sono tutte Il Senatur mostra il dito medio a chi gli chiede della manovra di Paola Zanca h, Papa è stato lo sfigato della storia della Repubblica, mica possiamo considerarlo un precedente!”. Lo sfogo è, evidentemente, anonimo ma rende decisamente l'idea di come sta ragionando la Lega (e non solo) alle prese con il caso Milanese. Se con il parlamentare napoletano coinvolto nell'inchiesta P4 si erano astenuti, con il braccio destro del ministro Tremonti accusato di corruzione voteranno no alla richiesta di arresto presentata dai pm. Almeno nel voto di questa mattina nella giunta per le autorizzazioni a procedere. In Aula, spiega il deputato Luca Rodolfo Paolini, ci sarà “libertà di coscienza”. Bossi ha già detto che non gli piace “mandare la gente in galera” e Paolini rincarerà la dose spiegando ai suoi colleghi per quali motivi è meglio votare no. O GUERRA PER BANDE storie che inventate voi giornalisti”. Quanto ai sindaci della Lega che partecipano alle manifestazioni contro la manovra, risponde lapidario: “Si vede che hanno tempo da perdere”. Ma all’ipotesi che si possa ancora intervenire sulle pensioni, il Senatur la esclude e replica con il suo solito gestaccio: mostra il dito medio. E se ne va. Per lui OGGI LA LEGA SALVA MILANESE DAL CARCERE Bossi: “Sono contro l’arresto” In giornata si vota alla Camera LA BELLA VITA del deputato pidiellino er dimostrare la compatibilità delle sue spese con i suoi Ptecnico redditi, Marco Milanese ha commissionato un parere al commercialista napoletano Stefano Vignone. Tra i beni acquistati dall’onorevole negli ultimi cinque anni ci sono una casa a Cannes e una a Milano. Una imbarcazione Mochi Craft Modello Mochi Dolphin 64, ceduta poi per una Mochi Craft 51. Una Ferrari F 612 modello Scaglietti, ceduta poi per una Porche 911 Cabrio Carrera permutata a sua volta con una Bmw X6. Tra le “pretese” del deputato denunciate dal suo accusatore Paolo Viscione ci sono anche “un paio di orecchini da sette carati di brillanti”, un orologio Frank Muller da donna con brillantini e forma a cuoricino e due Patek Philippe nonché il viaggio negli Usa per le vacanze natalizie del 2009 nell’albergo della Ferilli e De Sica. ro, ma moltiplicando l'affitto per i mesi in cui il ministro ci ha vissuto, avrebbero dovuto superare i 130 mila. E quando hanno provato a chiedergli dov'è finito il resto, lui ha risposto che lo ha “scomputato” dai lavori di ristrutturazione. “Può dimostrare di aver pagato Proietti?”, hanno insistito in giunta. “No, non lo pagavo”, ha ammesso. La vicenda delle cassette di sicurezza aperte proprio la mattina dell'arresto di Viscione invece l’ha liquidata così: “Pura coincidenza”. LO DICE UNO che a giugno Milanese si era rifiutato di difenderlo: “Ci pensino quelli del Pdl”, riportavano i retroscena di allora. Oggi confessa di essersi “rasserenato”: non ricorda se quest'estate è venuto “2 o 3 volte” a studiarsi le carte del caso. Ma tutto sommato, col senno di poi, forse non rinuncerebbe più all'incarico di difendere l'ex braccio destro del ministro Tremonti nella giunta per le autorizzazioni. All'epoca non volle fare il relatore (“Ero stato influenzato dalla stampa”, spiega) oggi invece presenterà un “promemoria per esplicitare le mie perplessità” sull'indagine. Sostiene che ci siano almeno “una ventina di incongruenze” nelle accuse rivolte dai pm: “Viscione Marco Milanese all’arrivo in Giunta a Montecitorio (FOTO ANSA) L’ex finanziere peggiora la sua posizione, quando ammette di non aver pagato i lavori a Proietti un’abitudine, una volta estemporanea, oramai sempre più frequente, come a luglio quando lo ha fatto durante l’Inno di Mameli. O un anno fa contro Fini, reo di aver messo in discussione l’esistenza della Padania. O sempre contro i giornalisti, a luglio del 2010, dopo la domanda sulle elezioni anticipate. parla di buste da 100 mila euro consegnate a Milanese e loro non gli hanno chiesto né dove né quando. No, in questa indagine non ci sono i riscontri che avrebbe fatto Giovanni Falcone”. Tira in ballo il giudice antimafia, Paolini per difendere l'ex consigliere politico del ministro dell'Economia, ma non si azzarda ad attaccare i pm della procura di Napoli: “Il ‘fumus persecutionis’ sussiste – dice il deputato leghista – ma non da parte dei magistrati, ma da parte di un singolo soggetto”. Ha abbracciato così in toto la tesi che ieri mattina Milanese ha sostenuto davanti alla Giunta: questa inchiesta esiste perché animata dalla vendetta di Paolo Viscione nei suoi confronti, “ha agito per rancore personale perché non avevo voluto appoggiare la candidatura di suo figlio a sindaco di Cervinara” . Eppure, per l'opposizione l'auto-arringa di Milanese ha peg- giorato la sua situazione. Su un punto in particolare: l'affitto della casa di Campo Marzio, quella dove viveva il ministro Tremonti. Milanese, in sostanza, ha ammesso di non aver pagato i lavori a Proietti, il titolare della Edil Ars, la ditta che su incarico di Milanese eseguì l'intervento di ristrutturazione dell'immobile di proprietà del Pio Sodalizio dei Piceni: Milanese infatti sostiene di aver avuto da Tremonti 75 mila eu- MA AD INCALZARLO è stata solo l'opposizione. Il radicale Maurizio Turco e il finiano Nino Lo Presti concordano: dalla Lega sono arrivate solo “domande in aiuto” di Milanese. Sul “giro vorticoso, programmato e scientifico di soldi, gioielli, barche e orologi” come lo descrive l'Idv Federico Palomba, nemmeno un appunto. “Abbiamo provato a sottolineare alla Lega la sua incoerenza - dice la Pd Donatella Ferranti - ma mi pare che sia un punto di cui non si preoccupano”. Oggi finirà 10 a 11: Udc voterà per l'arresto (ma lascerà libertà di coscienza in aula) così come Futuro e Libertà, Pd e Italia dei Valori. Un risultato che garantisce da eventuali scossoni nel giorno in cui c'è la fiducia sulla manovra, ma che non salverà la maggioranza dall’imbarazzo di dover guardare in faccia i rappresentanti di Transparency Il leghista che ha cambiato idea Due mesi fa, quando gli dissero che toccava a lui difendere Marco Milanese in Giunta per le autorizzazioni a procedere si tirò indietro. Disse che era meglio lo facesse qualcuno della maggioranza, che poi avrebbero potuto accusarlo “di non averci lavorato abbastanza”. Ammette che si era fatto un’idea negativa, ma è perché si era fatto “influenzare dalla stampa”. Ora si è letto le 12 mila pagine della vicenda ed è sicuro: Milanese è è perseguitato da Paolo Viscione, non bisogna mandarlo in carcere International durante la discussione del ddl anti-corruzione in commissione Affari costituzionali e Giustizia. Il voto in Aula invece (quando si voterà anche la relazione di minoranza presentata dall’opposizione) è slittato di due giorni: dal 20 settembre (un martedì) al 22 (un giovedì). I maligni sono già andati a guardare le statistiche delle presenze in aula nell'ultimo giorno prima del weekend. I panni sporchi del Carroccio si lavano sulla Velina Verde LE BEGHE SEMPRE PIÙ VIOLENTE ALL’INTERNO DEL PARTITO TRA “CERCHIO MAGICO” E MARONIANI SI SPOSTANO SU UN QUOTIDIANO ON LINE di Elisabetta Reguitti a chiamano velina ma in realtà è una Lsuale. clava, uno strumento di lotta congresÈ la Velina Verde del cerchio magico che ricorda molto la Velina Rossa fondata da Pasquale Laurito (uomo vicino a Massimo D'Alema) il foglio ad uso dei giornali che a seconda delle opportunità diffonde le beghe della sinistra italiana. Per la verità il nome del periodico rievoca a sua volta quello di Vittorio Orefice punto di riferimento dei cronisti parlamentari democristiani. INSOMMA la questione è sempre la stessa, quella cioè di creare un canale di informazione o controinformazione al servizio di una corrente politica. E la Lega si adegua; ecco quindi spuntare un giornale online dove si legge che verrà spezzato il patto d’acciaio dei maroniani. L’obiettivo è dichiarato: screditare la corrente di Bobo Maroni che si contrappone al cerchio magico. Un esempio è il titolo sobrio “Ali Babà e i quaranta Maroni insubri”, in cui si parla di infiltrazioni massoniche nel consiglio comunale di Varese del sindaco Attilio Fontana maroniano di ferro, presidente di Anci Lombardia ergo rivoltoso della manovra finanziaria. Nei giorni scorsi Bossi aveva diffidato i sindaci leghisti dal manifestare, domani, contro Berlusconi e Fontana ha minacciato le sue dimissioni. Volano dunque schiaffi nella Lega che si avvicina e si prepara all’autunno dei congressi delle lotte intestine al Carroccio portate avanti dai ribelli al cerchio magico quello creato dalla moglie di Bossi per tutela e proteggere il marito e che comprende oltre a Rosi Mauro e Marco Reguzzoni pure il sottosegretario Francesco Belsito tesoriere della Lega. Ma torniamo alla Velina Verde alla quale tutti negano una paternità e il cui dominio sembra essere stato registrato all'estero. Di certo c’è che ha avuto l’effetto di una piccola bomba in casa leghista. Si leggono nomi e ricostruzione di fatti interni al partito che coinvolgono Ma- roni e i vari sindaci che hanno difeso il loro bilancio attaccando il governo. In mezzo ci stanno i militanti sempre più incavolati con la Lega-ladrona che se ne sta a Roma a cincischiare mentre le famiglie e le aziende padane vanno a rotoli. Il quotidiano La Padania e Radio Padania Libera sono sempre più subissati di lettere e telefonate di protesta e dunque ecco il post sulla Velina Verde dove si assicura come il cerchio magico non lavori in maniera clientelare. DIFFICILE da dimostrare dopo l’elezione-imposizione di Renzo (Trota) Bossi in consiglio regionale della Lombardia, risultato di una vera mattanza tra candidati-militanti fatta nella circoscrizione di Brescia garantendo per l’appunto l’elezione al figlio del Capo. Ma ora che, come aveva anticipato Il Fatto Quotidiano, emerge la conferma che Umberto Bossi vuole inserire in politica anche il secondogenito Roberto Libertà le cose si complicano. Tutto ciò va però letto nell’ottica anche della nomina del nuovo segretario della Lega Lombarda ricoperto oggi da Giancarlo Giorgetti (appoggiato dalla corrente di Maroni). E si avvicinano i congressi, la stagione delle lotte feroci tra le anime del Carroccio, che nella Velina Verde rispolvera la Lega che fu: “Questi signori che spingono per entrare nei consigli di amministrazione di banche e imprese partecipate non è che tra un po’ sostituiranno la spada dell’Alberto da Giussano con la squadra e il compasso? E il verde della Padania con quello dei bigliettoni di banca?”. E con la bulimia di poltrone e incarichi di cui è affetta la Lega come la mettiamo? Mercoledì 14 settembre 2011 pagina 7 Il presidente Zavoli convoca i vertici dell’azienda in Vigilanza L’ SERVIZIETTO PUBBLICO ufficio di presidenza della commissione parlamentare di Vigilanza Rai, su proposta del presidente Sergio Zavoli, ha deciso all’unanimità di audire il presidente e il direttore generale dell’azienda pubblica – si legge in una nota – “sui problemi aperti nell’azienda, tra i quali le nomine ai vertici di importanti strutture, e su alcune materie trattate nell’ambito degli atti di indirizzo all’ordine del giorno della commissione”. “L'urgenza di dare una sollecita soluzione alle troppe questioni insolute, con riferimento soprattutto ai doveri del servizio pubblico – ha sottolineato il presidente Sergio Zavoli – è la motivazione che ci ha spinto a questo nuovo, urgente confronto. Non è più tempo di affidare tale materia alle mediazioni della politica politicante. La Rai deve riappropriarsi pienamente dei suoi compiti e delle sue responsabilità, specie in una congiuntura che esige scelte e decisioni risolute e trasparenti”. SOLDI DI FINE STAGIONE La Lei taglia i costi di Parla con me e poi spende il doppio per consulenze e aumenti ai suoi amici di Carlo LA PARABOLA di Pippo Franco Tecce er il vocabolario Rai, un volume mai pubblicato, la parola risparmiare significa spendere. L'inafferrabile Lorenza Lei, nominata con squilli di trombe e rintocchi di campane (vaticane), cosa prometteva ai dipendenti semplici e al proprietario particolare (il Tesoro, cioè il governo)? Una cura per i conti che richiede sacrifici: assunzioni bloccate, premi annullati, castità finanziaria. E il direttore generale, ancora ieri, diffondeva comunicati per rassicurare i suoi grandi elettori: accordo per il contratto di Fandango che produce Parla con me, taglio del 5 per cento (meno 1.750 euro a puntata). Seconda parte. Domani il Consiglio di amministrazione deve votare: il sì conferma la sinistrorsa Serena Dandini, il no segna la tripletta che il Cavaliere desiderava, che completa le uscite di Michele Santoro e Paolo Ruffini. Tranne un bagno in barca fotografato dal settimanale Chi del noto B., Lorenza Lei ha lavorato persino con il solleone d'agosto. Non era Lei, forse. Quel direttore generale che rimuove le briciole pur di cavare un euro, in quei giorni ratificava contratti, e dunque nuove spese. Per sanare l'emergenza sicurezza, spiega la direzione generale, la Rai ha assunto a tempo determinato Luciano Campoli, massimo esperto del settore per la sua carriera fra la segreteria del ministro Ignazio La Russa e la Presidenza del Consiglio: 200 mila euro all’anno. Ennesimo tassello esterno che Dal Bagaglino a Moggi P 71 anni la parabola discenAtra dente di Pippo Franco oscilla Luciano Moggi e Domenico Il direttore generale Rai, Lorenza Lei (FOTO EMBLEMA) C’è anche un addetto alla sicurezza assunto come dirigente Viene dalla segreteria di La Russa gonfia la voce “costi del personale” nel bilancio. Stavolta la spesa è passata con il silenzio dell’associazione dei dirigenti (Adrai), fieramente in campo nelle precedenti e innumerevoli occasioni. C’è un’attenuante, però: l’accordo porta la data del primo agosto, in periodi di vacanze le proteste calano, soprattutto se la nomina è su ordine del direttore generale. Non manca un pensierino per chi doveva andare via. Lorenzo Vecchione (area Udc) è in pensione da dicembre, un regolamento approvato dal Cda vieta di pagare chi è appena uscito con la ALL’INFEDELE Mazzette e Ravel E rano i tempi in cui nelle stazioni termali il pianista cominciava a suonare e gli ospiti ascoltavano sorseggiando acqua diuretica in un clima sobrio ed elegante. Ai riti di Salsomaggiore e Fiuggi abbiamo pensato l’altra sera quando nel salotto terapeutico dell’“Infedele”, un’originale versione del Bolero di Ravel cercava di lenire i dolori del Pd di Sesto San Giovanni. Compito a cui Lerner non si è sottratto accusando l’assente Bersani, ma lasciando spazio al garbo del sempre elegante Ferruccio de Bortoli e alle riflessioni esistenziali del sindaco dell’ex Stalingrado Oldrini. E quando lo stagionato successore di Penati non ha escluso l’ipotesi che forse, chissà, per una generazione di amministratori è giunto il momento di appendere appalti e concessioni al chiodo, nello studio era palpabile l’emozione. Successo di pubblico. Si replica lunedì con l’ouverture della “Gazza ladra”. liquidazione, così decise la coppia mista Mauro Masi-Lorenza Lei, capo e vice. Eppure l'ex amministratore delegato di Raisat ha ricevuto lgià due consulenze, la seconda scade il 30 giugno 2012. Vecchione gestiva costi, utili e ricavi, ora dovrà selezionare talenti per i reality, 10 mila euro al mese: noi vogliamo investire sulla formazione e abbiamo ridotto il compenso, precisano da Viale Mazzini. Il mandato di Lorenza Lei può finire in primavera oppure continuare per tre anni, nel frattempo, il direttore generale ha già chiesto al Cda di aumentarle l'ingaggio ai livelli di Masi (715 mila euro), ma il tremontiano Angelo Maria Petroni ha bloccato la pratica più per questioni di simpatia che di burocrazia. Sempre per il vocabolario Rai, aumento si dice “adeguamento”. Così possiamo dire che la Lei ha adeguato con decine di migliaia di euro i compensi di Salvatore Lo Giudice, direttore dell'ufficio legale; Andrea Sassano, primo collaboratore del dg; Debora Binucci assistente del dg; Maria Pia Ammirati, vicedirettore di Rai1 e candidata a Rai3 in quota Massimo D’Alema/Partito democratico. Adesso l’agenda del direttore generale prevede un incontro con i sindacati per illustrare e confermare le retoriche “lacrime&sangue”. Ecco che torna Lei, chissà quale Lei. Vespa sbaglia pure l’11 settembre ono contro le ricorrenze fine a se stesse, soprattutto quando la tv le celebra privilegiando il dolore, diSmenticando di affrontare le cause e le conseguenze. Mi riferisco alla tragedia dell’11 settembre, quella delle Torri Gemelle. I telespettatori, spesso attratti dalla tv reality (da Cogne al delitto del bosco delle Casermette passando per Avetrana), questa volta hanno evitato le trasmissioni sul tema. Lo speciale di Bruno Vespa su Rai1 non ha raggiunto il 10% di share. Non basta celebrare l’America unita nel dolore, il “Nobel sulla fiducia” Obama vicino al “guerrafondaio” Bush con la mano sul cuore. Assieme ai circa 3000 morti del Ground Zero, ci dovrebbero essere anche le migliaia di civili e soldati caduti in Afghanistan e in Iraq. I potenti della terra devono dare ai parenti delle vittime, dopo dieci anni, quelle risposte, mai arrivate. Come ha detto Michele Santoro alla festa del Fatto Quotidiano, annunciando che, a fine ottobre, tornerà in onda con un nuovo programma, Comizi d’amore: “In Italia c’è la necessità, per uscire dal regime, di dare voce a quella parte di opinione pubblica, cospicua, che in questi anni è stata dimenticata, censurata, completamente cancellata Scilipoti. Una Triade fantastica, che sarebbe meraviglioso vedere un giorno insieme. Per il momento, Franco si divide tra i due. Orfano del “Bagaglino”, il comico conduce un programma calcistico intitolato “Ieri, Moggi e domani”, co-prodotto da emittenti locali: Tv Gold, Rete 7 e TePippo Franco (F E ) lecolor. Una sorta di revival apolegetico dell’ex dg bianconero protagonista di Calciopoli. Revisionismo calcistico allo stato puro. Moggi dice la sua sulla giornata di campionato, ma non disdegna le barzellette a doppio senso care all’amico Pippo. In merito, nell’edizione scorsa, ci fu un duetto strepitoso tra i due: Moggi che declamava le storielle raccolte dal comico in un libro edito da Mondadori. Un reading memorabile, con l’ex dg che si dedica ai “cartelli ambigui dei negozi di ferramenta”. Segue elenco: “Qui chiavi a vista”, “Qui chiavi in cinque minuti”. Moggi legge e ride, ma al terzo cartello-barzelletta è costretto a interrompersi. Non riesce a trattenere la risata. Pippo Franco corre in suo aiuto e completa la frase: “Sega a due mani a denti stretti a 20 euro”. Altra risata del cenacolo di “Ieri, Moggi e domani”, compreso un frate barbuto. Da Moggi a Scilipoti. Dal calcio all’olistica tanto cara all’icona dei Responsabili salva-Berlusconi. L’8 aprile scorso, Pippo Franco e Scilipoti si aggiravano per il Transatlantico, attirando la curiosità di parlamentari e cronisti. Il comico, con occhiali scuri e abiti sportivi, era in veste di relatore a un convegno dal tema: “La medicina della natura. Approccio olistico alla malattia e alla salute”. Organizzato, ovviamente, da Scilipoti, che è medico e agopuntore. La relazione di Pippo Franco, presentato come “attore, scrittore e produttore di elettromedicali”, era sullo “Stile di vita”, tout court. Questione complessa e impegnativa al punto che poi i due si sono rilassati con una visita guidata per la Camera. Con Scilipoti a fare da Cicerone. Non senza battute, quando i due vanno alla buvette e il comico sbotta: “Vediamo la Camera, ora vediamo anche il gabinetto”. OTO MBLEMA fd’e di Loris Mazzetti dai tg”. Quel giorno di fine estate ha segnato la fine del pacifismo. Dopo l’attentato di al Qaeda ci avevano convinto della necessità di fare la guerra per distruggere il terrorismo, poi per impedire la produzione di armi nucleari, infine, per ottenere i finanziamenti per le varie spedizioni militari, si sono inventati le “missioni di pace”. Per far passare il pensiero unico non era sufficiente la benedizione del Papa alla lotta al terrorismo, l’informazione doveva essere compatta, omologata al potere. 18 aprile 2002, sono trascorsi poco più di sei mesi dalla tragedia americana, B. in conferenza stampa dalla Bulgaria, lancia l’editto bulgaro: via Biagi (il giornalista più credibile e più amato), via Santoro (il più coraggioso e indipendente), via Luttazzi (il re della satira politica) che, insieme con Marco Travaglio, si è permesso di porre pubblicamente una domanda al Cavaliere: “Da dove ha preso i soldi per costruire l’impero? A poco a poco le bandiere della pace spariscono dai tg, quelle sui balconi perdono il colore e non vengono sostituite, il messaggio non violento di Gandhi, da noi diffuso da Aldo Capitini, viene sostituito dalle così dette “bombe intelligenti”. I nostri governanti belligeranti, che l’11 settembre scorso hanno riempito i tg di parole inutili, hanno dimenticato che l’articolo 11 della Costituzione dice: “L’Italia ripudia la guerra”. pagina 8 Mercoledì 14 settembre 2011 OPPOSIZIONI IL VICECONTE MAX D’ALEMA CONTRO IL MATRIMONIO GAY L’ex leader Pci parla come un cardinale: “Famiglia finalizzata alla procreazione” di Silvia Truzzi llarme per un caso di sdoppiamento della personalità a Ostia. In data 9 settembre, ma la notizia si è appresa solo ieri, si è presentato sul palco della Festa dell’Unità il vice conte vaticano Massimo D’Alema (dovrebbero almeno scrivere la d del cognome minuscola), al posto dell’omonimo – e notoriamente “intelligente” – compagno Massimo D’Alema. I primi sospetti sono venuti alla platea quando D’Alema ha parlato dell’esenzione Ici per gli immobili della Chiesa: “Effettivamente bisognerebbe che fossero esenti solo gli edifici adibiti al culto e alle associazioni di beneficenza. Bisognerebbe fare un censimento. Comunque con tutti i problemi che ci sono in Italia...”. Poi si esibisce sul suo argomento preferito: se medesimo, interrogato sui meriti araldico-equestri. E spiega: “Sì, il Vaticano mi ha insignito di questa onorificenza quando ero ministro degli Esteri, perché accompagnavo il presidente Napolitano in visita ufficiale”. Zoro, con lui sul palco, lo rintuzza: “La notizia è uscita sul Fatto e sul Giornale, vero?”. E lui: “Sì, in contemporanea. Credo siano una joint venture”. E poi: “Non c’è limite alla monnezza”. A (Grazie, onorevole, le sue ingiurie per noi “tecnicamente fascisti” sono un titolo, se non nobiliare, di merito. Tuttavia, meglio rimpinguare l’ufficio stampa: la notizia è uscita prima sul Fatto e poi sul Giornale). Ce n’è pure per la questione morale e Mani Pulite: “Si è scoperto che Greganti prese i soldi per comprarsi un appartamento”. Omette, l’ex leader, di ricordare che i soldi Greganti li prese da quel Bruno Binasco oggi coinvolto nell’inchiesta sull’ex area Falck (quella di Penati), per via di un passaggio di denaro che avviene, la storia si ripete, con il pagamento di una caparra per un immobile. Il meglio però, il vice-conte Max, lo dà sui diritti civili: “Il matrimonio come è previsto dalla Costituzione del nostro Paese, se non la si cambia, è l'unione tra persone di sesso diverso finalizzata alla procreazione. Tra l’uomo e la donna: questo dice la Costituzione”. Il che non è esattamente vero: “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull'uguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unità familiare” (articolo 29). Vero che una sentenza della Corte costituzionale (138/2010) chiarisce Nobiluomo da Chiesa Qui accanto un’immagine di Massimo D’Alema nominato vice-conte del Vaticano. Sotto, il dibattito alla festa dell’Unità di Ostia tra il Lìder Maximo e Zoro – rimettere in movimento l'eL’interpretazione: se conomia e premiare il lavoro – richiedono una larga coalizio“Com’ è ne”: scambiamoci un segno di pace, Pier Ferdinando). Dice il previsto dalla consigliere regionale lombardo: “Scalfarotto ha ragione. Tra Costituzione l'altro, rispetto all'alleanza con l'Udc, anche sul ‘piano del goè l’unione verno’ avrei molto da dire. Perché oltre ai diritti civili, c'è qualtra persone di che problema anche rispetto alle scelte economiche, al mercasesso diverso” to del lavoro, ai contributi alle che i Costituenti si riferivano al matrimonio eterosessuale, ma è tutto da dimostrare che per introdurre il matrimonio gay sia necessaria una legge di rango costituzionale. E comunque la “procreazione come fine del matrimonio” più che un dettato costituzionale sembra un’omelia papale. Certamente non il discorso di un leader progressista. Comunque un errore politico. La cosa infatti fa imbufalire le associazioni gay: “Affermazioni talmente rozze da risultare incredibili” (Paolo Patanè, presidente di Arcigay). “Svelano nel miglior modo possibile il guaio di una sinistra italiana che deve combattere con una zavorra culturale (prima che politica) che D’Alema rappresenta al meglio”. (Associazione radicale Certi diritti). Anche il vicepresidente del Pd, Ivan Scalfarotto, non la prende bene: “Queste parole starebbero bene in bocca a un popolare spagnolo di 70 anni, cresciuto con Fraga Iribar- ne. O a qualche parruccone conservatore infilato tra i pari del regno dopo la caduta di Lady Thatcher. Sulla pari dignità delle persone non si scherza, né si può pensare di evitare le domande che i cittadini legittimamente ci porranno. Se non lo capiamo da soli, saranno loro a farcelo capire. Non è una responsabilità da poco. Sveglia, Massimo, sveglia”. Pippo Civati massaggia D’Alema a proposito di un’altra dichiarazione (“Oggi i grandi temi del governo del Pae- famiglie, al sostegno alla scuola pubblica, alle questioni che riguardano l'energia e i servizi di pubblica utilità. Tutte cose che riguardano il tema del governo, per riformare lo Stato, rimettere in movimento l'economia e premiare il lavoro. Appunto”. In serata il leader che ha collezionato più elezioni perse della storia ha chiarito il suo pensiero: “La mia vita politica testimonia che ho sempre difeso i diritti degli omosessuali contro ogni forma di discriminazione e di omofobia”. Come direbbe Totò, miseria e nobiltà. REFERENDUM ELETTORALE OBIETTIVO 500 MILA FIRME PIÙ VICINO IL PD LO APPOGGIA? NO, MA ANCHE SÌ di Wanda Marra cambiare cerNsiamotoon possiamo posizione adesso. Noi per il sistema tedesco e abbiamo presentato la nostra legge”. Ma: “Abbiamo dato un contributo enorme alla raccolta delle firme per abrogare il Porcellum”. La versione del “ma anche” questa volta è di Matteo Orfini, responsabile Cultura e Informazione del Pd, e dalemiano doc. Ennesima dimostrazione che il “ma anche”, invenzione evidentemente quasi psicanalitica di Walter Veltroni, fa ormai parte del dna del Partito democratico. E il referendum elettorale non ne è che l’ultima dimostrazione. Nella declinazione del momento: il Pd non sostiene il referendum, ma è pronto ad assumersi il merito del suo successo. UN RAPIDO riassunto delle puntate precedenti: i Democratici scelgono di non far parte del comitato referendario. Poi, dopo le (consuete) divisioni nel partito tra favorevoli e contrari e soprattutto le proporzioni prese dall’iniziativa, il segretario Bersani detta la linea: “Daremo una mano”. Che, tradotto, significa sostanzialmente che il Pd ha deciso di ospitare i banchetti nelle sue feste, ma non si occupa materialmente della raccolta. Un’ospitalità che prende quota lentamente: tant’è vero che alla Festa nazionale di Pesaro il banchetto compare non annunciato e all’inizio semi-clandestino. Poi, la gente che fa la fila per firmare fa sì che si integri di più con il resto. Bersani nel suo comizio finale si limita a una rapida citazione: il referendum “può dare impulso” alla riforma elettorale. Ma ieri il Corriere della sera riporta delle dichiarazioni che vedrebbero sia il segretario che Massimo D’Alema ormai favorevoli alla consultazione non tanto per il suo effetto primario (l’abrogazione della porcata), ma perché sarebbe il modo di portare la Lega a far cadere il governo, visto che il Mattarellum (il sistema che uscirebbe dalla consultazione) la costringerebbe a un’alleanza troppo stretta con Berlusconi. Insomma, una pistola da usare all’occorrenza. Il Nazareno non smentisce. Anzi, dallo staff di Bersani ribadiscono la linea ufficiale (la proposta democratica è già incardinata in Commissione al Senato) ma anche il fatto che la vittoria referendaria potrebbe portare la Lega a staccare la spina. Scenari futuribili. Quel che appare chiaro, però, è che anche questa volta i Democratici si stanno avvicinando al carro dei possibili vincitori. Un climax che sottolinea Arturo Parisi, democratico anche lui, e a titolo personale padre del referendum: “Siamo stati accolti con ospitalità crescente nelle feste del Pd”, dice. Anche se chiarisce che questo certo non può indurre il Pd a intestarsi la consultazione. Proprio ora che - come dicono gli stessi referendari - il traguardo 500 mila firme sembra possibile, anche se non sicuro. Scriveva ieri Europa in un editoriale: “Se fallisse a questo punto pagherebbe solo il Pd”. E dunque “salvando la raccolta di firme” il partito “salverebbe un po’ anche se stesso”. Ma I Democratici pronti a salire sul carro: non cambiamo linea, ma da noi un contributo enorme Rush finale Accanto un banchetto per la raccolta delle firme per il referendum elettorale. Obiettivo 500mila entro il 30 settembre. Il comitato per ora ne dichiara 300400mila (FOTO EMBLEMA). davvero sarebbe salvifico a questo punto un apporto massiccio del Pd? “A pochi giorni dalla fine della raccolta, direi di no. Sarebbe stato importante prima”, spiega Andrea Morrone, che i quesiti li ha scritti. Le firme raccolte sono tra le 300 e le 400 mila. L’ IDV ha fatto sapere di aver raggiunto la quota promessa (160mila), mentre Nichi Vendola ha chiesto un impegno particolare ai circoli di Sel. I prossimi giorni saranno decisivi (la “dead line” è il 30 settembre, ma in realtà bisogna finire prima). Intanto per domani sera i referendari hanno organizzato una raccolta speciale in una piazza del centro di Roma (Campo de’ Fiori o Piazza Navona) che sarà ripresa con un collegamento dal Talk show di prima serata di Rete 4, “La versione di Banfy”. Alla faccia del servizio pubblico, che di copertura alla consultazione ne ha dedicata pochina. DE MAGISTRIS VA A MANCHESTER Un Sindaco allo stadio L uigi De Magistris che sicuramente il talento da Masaniello ce l’ha, a intercettare il sentimento comune napoletano è bravo. E così ha deciso di volare a Manchester per vedere la partita del Napoli in programma stasera per l’esordio in Champions League. Accompagnato dal vicesindaco, Tommaso Sodano. Lo stadio per un Sindaco può essere un luogo importante. Peccato però che in questo caso De Magistris abbia dovuto annullare ben due sedute del consiglio comunale, in cui si sarebbe dovuto discutere di emergenza rifiuti, coppa America e forum delle cultura. Ovviamente la cosa non ha mancato di suscitare polemiche: “Altro che Masaniello, è solo un Pulcinella”, ha denunciato il deputato napoletano, Pdl Amedeo Laboccetta. Strano effetto vedere un amico di Cosentino nelle vesti di moralizzatore. Mercoledì 14 settembre 2011 pagina 9 SIGNORE MINISTRO IL MINISTRO PREDICA BENE MA RAZZOLA IN VIA CONDOTTI di Fabrizio d’Esposito a casta piange lacrime di coccodrillo? Accade al ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (Mattm), dove da tre anni è seduta la berlusconiana Stefania Prestigiacomo. L’inizio di questa storia è cupo e doloroso. A fine agosto una dipendente del ministero rientra dalle ferie e si uccide buttandosi dal settimo piano del palazzo di via Cristoforo Colombo numero 44, sede del Mattm a Roma, sulla grande strada che porta all’Eur. Non è il primo suicidio e il ministro scrive una lettera, pubblicata per un paio di ore sul sito istituzionale del dicastero il 6 settembre scorso, poi rimossa. La Prestigiacomo parla di questa “tragedia” e conclude: “Siamo una collettività fatta sì di impegno professionale, ma anche di emozioni, di sensibilità, di vicende personali che inevitabilmente si intersecano e condizionano i percorsi lavorativi. Dalla intensa emozione dell’addio ad A. vorrei che restasse, oltre alla bella, indelebile memoria di una collega, anche la voglia, il desiderio di essere più famiglia, una migliore capacità di ascolto, una maggiore attenzione al disagio della stanza accanto”. L La Prestigiacomo ai dipendenti: siamo una famiglia. Poi li molla como. Da sei mesi ha abbandonato il palazzo della Cristoforo Colombo per fare il ministro in un edificio antico di Largo Goldoni numero 47, tra via Condotti e via del Corso. “Nel centro dello shopping romano”, questa la perfida battuta. La sede di rappresentanza del ministero dell’Ambiente occupa un appartamento al secondo piano, preso in locazione dalla Regione Lazio con un canone annuo di oltre 70mila euro. Ristrutturato da poco, la Prestigiacomo ha voluto comunque rifarlo daccapo. Nonostante la crisi e i tagli alle risorse imposti da Giulio Tre- USTICA Giovanardi: no al risarcimento na sentenza “che cancella il lavoro svolto finora e butta Usidenza nel cestino la perizia Misiti”. Il sottosegretario alla predel Consiglio Giovanardi definisce così la sentenza del Tribunale di Palermo che condanna i ministeri dei Trasporti e della Difesa a risarcire con oltre 100 milioni di euro i parenti delle vittime della strage di Ustica. “Si tratta della decisione di un unico giudice monocratico - ha aggiunto Giovanardi - che fa a cazzotti con le scelte, le decisioni e le sentenze firmate da almeno 20 magistrati nel corso degli ultimi trenta anni”. - Giovanardi ha annunciato ricorso contro la sentenza: “Respingiamo le conclusioni di Palermo. Questa sentenza verrà certamente impugnata in Corte d'appello, perchè per lo Stato non sono accettabili queste considerazioni”. Al suo fianco, durante la conferenza stampa convocata a palazzo Chigi, sedeva Aurelio Misiti, a capo del collegio peritale che nel 1994 ha consegnato un articolata consulenza al tribunale di Roma, impegnato nel dibattimento sulla strage di Ustica. La nuova sede di rappresentanza nel centro di Roma costa 70 mila euro d’affitto l’anno DI FRONTE alla lettera, però, i sindacati interni (Cgil, Cisl, Uil e di base) restano spiazzati. Stupore e anche un po’ di rabbia. Primo motivo: la missiva, diretta ai dipendenti, viene pubblicata sul sito del ministero, facendo nome e cognome della donna senza aver avvertito i suoi familiari. Il secondo motivo lo spiegano fonti del ministero: “In tre anni e mezzo, il ministro non ha mai voluto incontrare o ascoltare i dipendenti e adesso ci chiede di essere una famiglia? E come si fa a essere una famiglia se lei, il ministro, si è trasferita con l’ufficio nella sede di rappresentanza di Largo Goldoni?”. La protesta, infatti, incrocia un recentissimo capriccio di casta della Prestigia- monti, titolare dell’Economia, il ministro si è fatta fare un ufficio tutto bianco, dai pavimenti ai computer. Un capolavoro di design costato ai contribuenti pubblici altri 80mila euro. Non solo: al momento si sta valutando di acquisire anche il piano superiore per ingrandirsi. A chi le chiede perché se n’è andata da via Cristoforo Colombo, risponde: “La sede del ministero è brutta e poco dignitosa, mi fa schifo”. C’è anche una ragione politica, dettata dai numeri esigui della maggioranza: “Almeno così sono vicina alla Camera dove devo andare a votare”. Nella stessa occasione, il ministro si sarebbe lamentata anche dei 600 dipen- Un’immagine del ministro Stefania Prestigiacomo (FOTO EMBLEMA) denti del Mattm, ovviamente rimasti nella “sede brutta”: “È personale raccogliticcio, proveniente da altre amministrazioni pubbliche”. ED È PER QUESTO che la lettera del 6 settembre scorso suona come tardiva e ipocrita ai sindacati e non solo. Il documento viene rimosso dal sito subito. Ma il giorno dopo la Prestigiacomo insiste e lo invia alla casella di po- sta elettronica di tutti i dipendenti. In più c’è una circolare del capo di gabinetto, Michele Corradino, ai direttori generali: “Il reiterarsi di gravi e dolorosi episodi recentemente avvenuti all’interno di questo ministero mi induce a suscitare o a rafforzare una riflessione sulla capacità di questa comunità di lavoro”. Ma come mai, dopo tre anni e mezzo di disinteresse, secondo la versione dei sindacati, al mini- stero dell’Ambiente sta così a cuore il benessere dei dipendenti? Il suicidio di fine estate spiega solo in parte lettere e circolari. C’è anche un documento riservato che fa preoccupare la Prestigiacomo e i suoi collaboratori. All’inizio dell’anno è stato distribuito un questionario interno, da restituire anonimo. I test sono stati analizzati dalla facoltà di Psicologia dell’Università di Bologna e i risultati sono stati molto negativi. In pratica, i dipendenti dell’Ambiente mostrano “un forte malessere e disagio, che produce un senso di scarsa appartenenza al posto di lavoro”. Di qui la svolta del ministro, resa ancora più urgente e drammatica dalla tragedia della donna si è uccisa proprio sul posto di lavoro. Basteranno parole e promesse, nonostante l’assenza del “capofamiglia” Prestigiacomo dal palazzo di via Cristoforo Colombo? Che nella lettera del 6 settembre scrive anche: “In ufficio ciascuno di noi passa molte ore, spesso le più intense della giornata e forse, lo dico per prima a me stessa, dovremmo imparare a essere più attenti alle vite che ci trascorrono vicine”. Più che vicine, abbastanza lontane ora, distanti una manciata di chilometri. Quelli che dividono il nuovo ufficio del ministro dalla “sede brutta” sulla Colombo. Lo sapevate che l’Alto Adige è “puntellato dai masi?” IL SITO UFFICIALE DEL MINISTRO BRAMBILLA CHE DOVEVA RILANCIARE IL TURISMO È UNO “SCIOCCHEZZAIO” LESSICALE di Daniele Martini sapevate che il paesaggio delLsi”?ol’Alto Adige “è puntellato dai maE che Senigallia è un’isola perché la sua lunga distesa di sabbia fine “è circondata di acqua”? E che se uno va in Basilicata in vacanza d’estate non deve assolutamente perdersi una corsa “su un rollerbe” o una “discesa a bordo di un devalkart” oppure una lunga scivolata su uno “snow tubing”? Se siete amanti del genere “sciocchezzaio” e volete divertirvi con perle rare e amenità di questo genere, collegatevi a www.italia.it e ne trovate a iosa. Italia.it è il portale ufficiale del turismo italiano, anzi, “il portale dei portali”, come lo aveva sommessamente presentato due anni fa la ministra Michela Vittoria Brambilla in una conferenza stampa. PRESENTATASI ai giornalisti assieme al collega Renato Brunetta e a Silvio Berlusconi, la ministra aveva assicurato che, rispetto al sito chiuso per manifesta inadeguatezza ai tempi del centrosinistra nel gennaio 2008, il nuovo portale avrebbe avuto il turbo e in breve sarebbe diventato lo strumento principe per la rifondazione dell’immagine delle vacanze italiane nel mondo. Come è andata a finire lo sanno tutti. Anche il turismo non sta troppo bene e l’effetto rilancio del portale dei portali purtroppo non l’ha visto nessuno. La stagione delle vacanze non è ancora finita e quindi mancano i dati di consuntivo, ma da quelli disponibili e dall’umore non proprio allegro di molti operatori c’è da supporre che non ci sia da leccarsi le dita, anzi. Fa testo a questo proposito la rilevazione dell’Osservatorio nazionale del turismo, un organismo governativo che scruta gli andamenti sulla base di un sondaggio condotto sulle intenzioni di vacanza di 5 mila potenziali turisti e usa anche dati forniti dall’Unione delle Camere di commercio. Un anno fa gli italiani che pianificarono una vacanza per agosto furono 22 milioni e 600 mila, quest’anno sono stati appena 19 milioni e 370 mila, oltre 3 milioni in me- fettuate nell’ultimo trimestre tramite il sito specializzato Alexa.com, che non è la Bibbia, ma è ritenuto molto indicativo, risulta che tra i siti ufficiali quello italiano è tra i meno consultati rispetto a quelli dei paesi direttamente concorrenti. Il sito francese, per esempio, ha una percentuale sul totale di visitatori cinque volte superiore, quello svizzero 6, austriaco 2,7, olandese 2, spagnolo 3,6, tedesco 2. Sono più visitati di italia.it pure il sito greco, irlandese, norvegese, danese, croato, serbo, svedese, sloveno, portoghese, inglese. Su queste basse performance del sito italiano forse influisce anche il fatto che è stato tradotto in un numero esiguo di lingue, appena 5, con una scelta anche in questo caso penalizzante per l’Italia rispetto a quasi tutti i paesi europei. Considerando 36 nazioni del Vecchio continente, comprese le piccole come Lettonia, San Marino e Malta, l’Italia si piazza al ventottesimo posto in fatto di numero di traduzioni. Il sito tedesco è tradotto in 26 lingue, spagnolo 31, austriaco e svizzero 25, olandese 13, inglese 23, sloveno 48. Le traduzioni del sito della Brambilla, poi, secondo molti esperti lasciano parecchio a desiderare, forse anche perché i traAlla presentazione ufficiale il duttori sono stati ministro del Turismo Michela Vittoria pagati poco, come Brambilla era accompagnata dal loro stessi hanno presidente del Consiglio Silvio Berlusconi no. Si stima poi che un anno fa alla fine siano rimasti a casa circa 7 di quei 22 milioni e se anche quest’anno si ripetesse qualcosa di simile, cioè si verificasse di nuovo uno scollamento di quelle proporzioni tra la vacanza programmata e la vacanza effettiva, ci troveremmo probabilmente di fronte ad uno degli anni più neri del turismo italiano da molto tempo a questa parte. La crisi generale ovviamente incide, ma il portale della Brambilla non sembra abbia opposto quella cura promessa con enfasi. Dalle rilevazioni sulle visite a italia.it ef- Il portale italiano è tra i meno consulati rispetto a quelli europei. E si capisce perché denunciato, circa 9 euro a cartella. Di fatto, alla fine, ci sono scappati diversi svarioni, come quando nel testo francese per indicare le spiagge è stato usato il termine plagues, che in francese non vuol dire nulla, ma in inglese significa malattie, pestilenze. Poi, per fortuna, questa svista, come altri cento errori marchiani, è stata corretta. FINO A QUALCHE mese fa, esattamente fino alla metà di giugno, gli stranieri potevano avere informazioni abbastanza dettagliate sulle vacanze italiane anche attraverso alcuni siti esteri dell’Enit, l’ente italiano del turismo, che rimandavano ai siti delle singole regioni i quali a loro volta offrivano una buona panoramica della ricettività e delle opportunità turistiche locali. Ma questi siti, cioè enit-france, enit-italia-de, enit.ch, enit.at sono stati chiusi per far largo al portale della Brambilla e ora il sito centrale e istituzionale Enit sopravvissuto offre contenuti che sembrano imbalsamati. Non bastasse tutta questa sequela di negatività, per un soffio alcuni giorni fa si è sfiorato addirittura il cataclisma del turismo nazionale quando il governo di cui il ministro Brambilla fa parte ha deciso di cancellare dal calendario i ponti e le feste laiche. L’idea è stata poi ritirata per manifesta impraticabilità, ma per giorni gli operatori hanno sudato freddo. Federalberghi ha calcolato che quella piccola norma balzana avrebbe fatto volar via oltre 5 miliardi di euro di incassi turistici. pagina 10 Mercoledì 14 settembre 2011 GIÙ AL NORD LE MANI SU MILANO In un libro i legami tra clan e politica in vista dell’Expo Il nome di La Russa in un’informativa della polizia di Gianni Barbacetto be impegnato attivamente con il massimo interessamento su tutta la comunità calabrese”, scrivono i segugi della Squadra mobile di Milano, “garantendo che i voti sarebbero andati sicuramente alla lista del Popolo della libertà”. Ecco che cosa è maturato quella sera, dietro le quinte, alla discoteca Lime Light: almeno secondo le fonti confidenziali degli investigatori milanesi. Gli impianti ripetevano fino allo sfinimento Meno male che Silvio c’è, ma Marco Clemente aveva già incontrato i suoi misteriosi interlocutori e siglato accordi molto riservati. I protagonisti, secondo l’informativa di polizia, sono il padrone della discoteca, un familiare di La Russa, il boss calabrese Barbaro. Chi è il familiare di La Rus- e Davide Milosa Di seguito un estratto dal libro “Le mani sulla città”, edito da Chiarelettere in libreria da domani. el 2008 inizia una vicenda emblematica di come a Milano la politica possa incrociare la mafia. Ultimi mesi del governo di centrosinistra di Romano Prodi. Campagna elettorale trionfante di Silvio Berlusconi. A Milano, sul tavolo della politica e degli affari c’è la partita decisiva per conquistare l’Expo 2015, vinta la sera del 31 marzo. In quegli stessi giorni, sulla scrivania di Ilda Boccassini, il procuratore aggiunto che coordina le indagini antimafia, arrivano alcune informative degli investigatori sui rapporti tra ’ndrangheta e politica. Raccontano che 17 boss si stanno spartendo la Lombardia. Sono pezzi da novanta dei più importanti clan calabresi. Tutti, nella primavera 2008, hanno una priorità: le elezioni, avvicinare i politici nel momento in cui sono a caccia di voti per stringere rapporti, tentare scambi, preparare affari. Il 10 aprile 2008 è una giornata speciale. Termina la campagna elettorale. Alla discoteca Lime Light di via Castelbarco, non distante dall’Università Bocconi, si prepara la festa finale del partito di Berlusconi. L’impianto audio rimanda ossessivamente l’inno azzurro Meno male che Silvio c’è. Un uomo attende all’ingresso. Ha un appuntamento delicato. Si chiama Marco Clemente ed è il padrone di casa, il socio di maggioranza della società che controlla il locale. Politicamente è vicino al centrodestra e in particolare a Ignazio La Russa, l’ex capo dei giovani neofascisti del Msi milanese diventato uno dei leader nazionali del Pdl. Clemente è nato a Roma, ma gli affari li ha sempre fatti sotto la Madonnina: attività immobiliari, gestione di parcheggi, locali N Il duomo di Milano e le locandine dell’Expo 2015 (FOTO EMBLEMA) Promesse di appalti alla ‘ndrangheta lombarda in cambio di appoggi elettorali notturni. Nella primavera 2011, il Pdl candida Clemente al Consiglio comunale di Milano. IL PADRONE del Lime Light raccoglie 458 preferenze, poche per essere eletto. Durante la campagna elettorale viene resa pubblica un’agghiacciante intercettazione ambientale realizzata il 17 febbraio 2008. La voce di Clemente è registrata nella notte, all’interno della discoteca Babylon. Sta parlando con Giuseppe Amato, in seguito arrestato per associazione mafiosa con l’accusa di essere il luogotenente del boss Pepè Flachi per la riscossione del pizzo nei locali di Milano. I due parlano di un gestore di locali, Bartolo Quattrocchi, patron della discoteca Pulp pesantemente minacciato dal clan di Flachi: “Speriamo che muoia come un cane”, sbotta Clemente. Due mesi dopo quell’augurio nero, il 10 aprile 2008, viene organizzata la festa elettorale alla discoteca Lime Light. Alla spicciolata arrivano tutte le stelle del Popolo della libertà. Per ultimo fa il suo ingresso, tra gli applausi, Silvio Berlusconi. Si guarda in giro, saluta, sorride, stringe mani. Già pregusta la vittoria politica. Anche La Russa è soddisfatto nella tiepida serata milanese. Berlusconi gli ha già promesso nientemeno che il ministero della Difesa. Non sa che il giorno dopo quella esaltante festa di fine campagna elettorale la polizia deposita alla Direzione distrettuale antimafia di Milano un’informativa sui rapporti tra la ’ndrangheta e i politici milanesi, in cui compare anche il suo nome. È poco più d’una paginetta, datata 11 aprile 2008 e scritta su carta intestata della Squadra mobile di Milano. Vi si legge: “Il deputato Ignazio La Russa, attraverso un suo diretto familiare e tale Cle- Le mani sulla città AUTORI: GIANNI BARBACETTO E DAVIDE MILOSA EDITORE: CHIARELETTERE mente, socio di una nota discoteca sita in zona Porta Ticinese, avrebbe fatto contattare Salvatore Barbaro al quale i due avrebbero chiesto un intervento della sua famiglia su tutta la comunità calabrese presente in provincia di Milano, al fine di far votare alle prossime consultazioni elettorali la lista del Popolo della libertà”. CHI È SALVATORE Barbaro? È il giovane e rispettato boss di Buccinasco, erede di Rocco Papalia, uno dei capi storici della ’ndrangheta in Lombardia, di cui ha sposato la figlia Serafina detta Sara. “Salvatore Barbaro si sareb- 17 boss si stanno spartendo spazi e finanziamenti, coinvolti anche clan calabresi sa? È Marco Osnato, consigliere comunale del Pdl, genero del fratello di La Russa, Romano. Qual è il patto che viene siglato, almeno nell'ipotesi, prospettata e ancora non provata, degli investigatori? Voti in cambio di appalti. A Milano, come nella Calabria della ’ndrangheta, come nella Sicilia di Cosa Nostra, come nella Campania della camorra. Clemente e Osnato avrebbero chiesto voti al giovane boss Salvatore Barbaro. Prosegue l’informativa: “In cambio, il familiare di La Russa avrebbe garantito a Barbaro che dal 2009 in poi ci saranno numerosi appalti da assegnare e se le elezioni dovessero essere vinte dal Pdl i lavori più consistenti li commissionerebbero a una società pulita e di copertura che a sua volta li subappalterebbe a lui e ad altri calabresi”. Attenzione: gli scenari disegnati dalle informative di polizia sono ipotesi investigative ancora tutte da provare. Sono soltanto spunti per indagini ancora da fare. Di certo, dunque, c’è solo che la fonte riservata all’origine di queste informative di polizia è stata proficuamente utilizzata per anni dalla Squadra mobile milanese in molte indagini sui sequestri di persona. IL MINISTRO DELLA Difesa Ignazio La Russa, contattato dagli autori di questo libro nella primavera del 2011, risponde così: “Si tratta di informative del 2008 che in tre anni d’indagini non hanno portato ad alcun risultato. E nemmeno avrebbero potuto farlo, perché le persone che sono citate non le conosco. Sono deciso a tutelarmi con ogni mezzo”. Intanto la situazione politica si consolida. Le elezioni sono andate come previsto. Il 13 aprile 2008 il Pdl ha stravinto. A questo punto, i boss battono cassa, vogliono riscuotere. Lo spiega la seconda informativa della Squadra mobile milanese, quella del 19 maggio 2008, che racconta un incontro cruciale. Marco Clemente si vede in un ristorante milanese con Salvatore Barbaro, il quale si presenta in compagnia di Domenico Papalia, classe 1984, figlio del superboss Antonio Papalia, ora all’ergastolo. I due giovani delfini delle cosche chiedono a Marco Clemente “informazioni sugli appalti promessi prima delle elezioni in cambio di un sostegno elettorale”. L’uomo del Lime Light li rassicura. Millanta? Di certo Clemente nel 2011 è stato candidato al Consiglio comunale, ma non è stato eletto. Ha avuto successo invece Marco Osnato, il familiare di La Russa, che con le sue 1651 preferenze viene confermato a Palazzo Marino. Marchionne ringrazia per l’articolo 8 L’AD FIAT CONTENTO PER LE DEROGHE SUI LICENZIAMENTI NONDICE NULLA SU MIRAFIORI di Salvatore Cannavò un anno e mezzo dagli Anessuno accordi di Pomigliano sa ancora quale sarà il futuro della Fiat in Italia. Nemmeno Marchionne, a giudicare da quello che dice. Ieri, intervenendo al Salone di Francoforte, ha spiegato che per i modelli da produrre a Mirafiori “nessuna decisione è stata presa, stiamo analizzando la situazione, L’azienda intanto ha chiuso l’Irisbus di Avellino Stessa sorte per Termini Imerese decideremo tra qualche settimana”. Allo stesso tempo, però, tutti sanno quali sono le relazioni sindacali che l’amministratore della Fiat è riuscito a strappare con l’appoggio esplicito del governo italiano. Non è un caso se, ancora Marchionne abbia sentito il bisogno di dire grazie al ministro del Welfare: “La mossa che è stata fatta dal ministro Sacconi con l’articolo 8 è importantissima. Quello che serviva ci è stato dato, non solo a noi ma anche a tutti gli altri industriali”. Ma Marchionne non incassa solo dal governo. Nelle stesse ore in cui la Fiat elogiava Sacconi la Fiom era costretta a ricevere uno “schiaffo” dal Presidente della Repubblica. A una richiesta, peraltro cortese, di Maurizio Landini di non firmare la legge che contiene l’articolo 8, il Quirinale ha risposto con inusuale rapidità dicendosi “sorpreso che da parte di una figura di rilievo del movimento sindacale si rivolgano al Presidente della Repubblica richieste che denotano una evidente scarsa consapevolezza dei poteri e delle responsabilità del Capo dello Stato”. Un no secco che a sua volta ha sorpreso la stessa Fiom. Coperto dalla politica, Marchionne può quindi dedicarsi all’azienda. Ma su piani di investimento e nuovi modelli nulla è sul tappeto. L’unica incognita, parzialmente risolta, riguarda Pomigliano dove dal 3 novembre si produrrà la Panda (con tanto di visita del presidente della Repubblica). Ma nemmeno la Panda, “vettura importante e storica” potrebbe essere una garanzia. La Volkswagen, ad esempio, ha intenzione di fare sul serio con il lancio della sua nuova Up. E poi c’è un mercato da far paura. Lo stabilimento di Pomigliano è tarato su 250 mila pezzi l’anno. Nel 2009 la Panda ha avuto un exploit con 309 mila vetture; erano 243 mila nel 2008 e sono tornate 246 mila nel 2010. Ma nei primi otto mesi del 2011 la quota è arrivata a sole 77 mila e non si intravede una ripresa dietro l’angolo. Ancora una volta Marchionne deve fare affidamento sugli Usa dove l’azienda è in linea con i suoi obiettivi e il mercato, a differenza dell’Italia, sembra andare bene. Qualche guaio, però, c’è anche negli Usa. Gli operai di Detroit, infatti, stanno trattando il rinnovo del contratto ma la trattativa che scade oggi, è sospesa. Il sindacato Uaw chiede di finirla con le retribuzioni di ingresso più basse – 14 dollari l’ora contro il doppio dei dipendenti “regolari”– e vuole un aumento. Nel contenzioso c’è anche il costo dell’assicurazione sanitaria. A vantaggio di Marchionne c’è la clauso- Marchionne, Elkann e Montezemolo ieri a Francoforte (FOTO ANSA) la firmata al momento del salvataggio dell’azienda che impedisce al sindacato di scioperare fino al 2014 ma la trattativa costituisce un problema anche perché l’Uaw è un importante azionista di Chr ysler. Forse anche per questo l’ad della Fiat “la butta in politica”: “L’Italia deve essere credibile” ha detto ieri. Aggiungendo: “Stanno guardando tutti all’Italia per vedere co- me risolve i suoi problemi”. Nel frattempo, oltre a non far ripartire Mirafiori Fiat ha chiuso lo stabilimento Irisbus di Avellino – con gli operai che hanno occupato la fabbrica fino a quando non sapranno la loro sorte – e si appresta a chiudere Termini Imprese in Sicilia. Ormai anche Cisl e Uil si stanno innervosendo e chiedono alla Fiat di rispettare i patti. Ma la Fiat prende tempo. Mercoledì 14 settembre 2011 pagina 11 SPRECHI N 100 MILIONI PER 6 BRACCIALETTI ELETTRONICI OCSE SCUOLA Italia investe solo 4,8% Pil L’ Italia spende poco per l’istruzione. Nel 2008, infatti, è stato investito il 4,8% del Pil per l’istruzione, ovvero 1,3 punti percentuali in meno rispetto al totale Ocse del 6,1%, posizionandosi al 29° posto su 34 Paesi. In parte ciò si spiega con il fatto che gli investimenti privati nell’istruzione sono molto limitati. I dispositivi marciscono al ministero ma è ancora valido il contratto Telecom di Silvia D’Onghia uesta storia ha inizio il 21 aprile 2001, quando il peruviano Augusto Cesar Tena Albirena, 43 anni, condannato a 5 anni e 8 mesi di reclusione per traffico di droga, accetta di fare da cavia: testa su se stesso uno dei braccialetti elettronici che il ministero dell’Interno ha appena noleggiato. Una sperimentazione varata con decreto legge il 2 febbraio 2001 dai ministeri dell’Interno e della Giustizia, annunciata all’inizio di aprile dall’allora titolare del Viminale, Enzo Bianco, e salutata come una possibile soluzione al problema del sovraffollamento delle carceri (già da allora). Il “Personal identification device” applicato ad Albirena costava 60 mila lire al giorno, ma la ditta produttrice aveva assicurato che, qualora il detenuto si fosse allontanato di soli 10 metri, l’allarme sarebbe scattato. Il 26 giugno 2001 l’operatore in servizio alla centrale operativa di Milano si rende conto che manca il collegamento telefonico col braccialetto di Albirena. Che nel frattempo, dopo aver tagliato i fili, ha pensato bene di sparire. Q gioielli – a giudicare dal costo – fatti di plastica nera anallergica, alcuni fili elettrici, qualche sensore e una batteria. Ogni apparecchio, che ha un codice identificativo non riproducibile, garantisce al detenuto di spostarsi nel raggio d’azione consentito dal giudice. Si può indossare comodamente anche alla caviglia, perché pesa appena 50 grammi. All’estero, in Europa soprattutto, viene usato da anni per reati cosiddetti minori, come la violenza negli stadi. In Gran Bretagna serve, per esempio, a tenere fuori dai riformatori i minorenni. Francia e Spagna lo hanno E NONOSTANTE questo continuiamo a pagare, perché il contratto con la Telecom non è mai stato rescisso e l’azienda continua a garantire il servizio: centrale operativa 24 ore al giorno. Tre anni fa, il ministro Maroni – in una delle tante sparate di questo governo su come svuotare le carceri – aveva aperto all’uso delle apparecchiature “ma solo se c’è la garanzia che funzioni e che le evasioni siano pari a zero”. La sperimentazione non ha funzionato, ma le centrali operative restano attive 24 ore su 24 Un detenuto indossa il braccialetto elettronico (FOTO ANSA) Naturalmente non se n’è fatto nulla. L’11 maggio 2010 Gianfilippo D’Agostino, direttore del Public Sector di Telecom, è stato sentito dalla commissione Giustizia della Camera e ha ribadito, rispondendo alle domande della radicale Rita Bernardini, che l’azienda dispone di un servizio attivo 24 ore al giorno e di una grande centrale di controllo installata a Oriolo Romano e collegata con tutte le Questure d’Italia. Anche se per soli 6 apparecchi. Ma perché sono stati spesi oltre 100 milioni di soldi pubblici per far marcire tutto in un armadio? Molti, come al solito, danno la colpa ai magistrati, rei di non aver “prescritto” i braccialetti. “Ma gli stessi giudici non sono mai stati informati a sufficienza, in molti non cono- scono neanche la procedura”, commentano dal Sappe, il sindacato di polizia penitenziaria che sul braccialetto elettronico sta portando avanti da anni una vera e propria battaglia. Già, la penitenziaria: perché nel lontano 2001, oltre al Viminale, era coinvolto nel progetto anche il ministero della Giustizia. Anche se il controllo dei detenuti provvisti di braccialetto, contrariamente a quanto sarebbe sensato, è affidato alla polizia di Stato e non alla penitenziaria. “Il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria c’entra eccome, perché qui si parla di esecuzione penale – proseguono dal sindacato –. Avrebbero dovuto sensibilizzare la magistratura e far sì che tutta l’operazione funzionasse. Invece non hanno fatto nulla”. Csm a scoppio ritardato: dopo un anno apre un fascicolo su Ingroia a causa di Ciancimino di Giuseppe PIÙ CHE UNA sperimentazione, un fallimento. L’anno successivo un detenuto siciliano rompe volutamente il braccialetto pur di tornare in carcere: suonava ogni cinque minuti, spiega agli agenti, era diventato un incubo. Il 27 luglio 2002 Antonino De Luca, 40 anni, boss mafioso di Messina condannato all’ergastolo, fugge dalla stanza dell’ospedale Sacco di Milano in cui è ricoverato per una grave malattia. Ha al polso il braccialetto: l’allarme scatta in Questura dopo quattro minuti. Troppi per illudersi di ritrovare il detenuto. E poi i giudici difficilmente chiedono la sperimentazione, che necessita del consenso della persona reclusa. Nel 2003, allora, il nuovo ministro dell’Interno, Giuseppe Pisanu, decide di rilanciare tutto. E qui ha inizio lo scandalo vero. A novembre viene firmato un contratto con un gestore unico, la Telecom, che deve garantire, oltre all’installazione dei Personal identification device, anche l’assistenza tecnica. Questo accordo costa allo Stato poco meno di 11 milioni di euro l’anno e soprattutto è ancora valido: andrà a scadenza alla fine del 2011, tra pochi mesi. Quasi cento milioni di euro, oltre naturalmente alla cifra già spesa per la prima fallimentare sperimentazione (un’altra decina di milioni). Il tutto per 400 braccialetti, adottato nel 2009, per i mariti violenti la prima, per controllare gli spostamenti degli stalker la seconda. In Italia invece no, non serve a niente perché non viene utilizzato. Negli armadi del Viminale sarebbero rimasti oltre 390 braccialetti elettronici, che ormai saranno da buttare. Lo Bianco Palermo e intercettazioni erano note dallo LFattoscorso dicembre, pubblicate dal Quotidiano, eppure il Csm ha deciso ieri di aprire un fascicolo contro il procuratore Antonio Ingroia, oggetto delle “sparate” di Massimo Ciancimino “ripubblicate’’ la scorsa settimana da Panorama: “In procura faccio quello che m… voglio”. Dopo quasi nove mesi di silenzio, questa volta il Consiglio Superiore della Magistratura non ha perso tempo aprendo un fascicolo, assegnato alla prima commissione, sulla base delle spacconate di Ciancimino jr. LA QUESTIONE sono le “eventuali irregolarità” commesse dai pm di Palermo, come aveva annunciato il vicepresidente Michele Vietti, anche sotto la spinta delle dichiarazioni scandalizzate di Maurizio Gasparri, presidente del gruppo Pdl al Senato, per il quale il figlio di don Vito è sempre stato un “noto calunniatore”, tranne, naturalmente, quando accusa, in una conversazione intercettata, il pm Ingroia. E per questo Gasparri ha chiesto addirittura l’intervento del neo-Guardasigilli Nitto Palma: “Chi sia Ciancimino junior – ha detto – lo avevamo capito da tempo. Che poi fosse anche padrone di alcuni uffici Il figlio di Don Vito: “Entravo nel computer del pm” La replica: “Bufale per ambienti mafiosi” della procura di Palermo è scandaloso”. Spacconate in linea con il carattere del personaggio, capace, nelle stesse intercettazioni, di ridicolizzare la sua scorta, paragonandola ad una squadra di calcetto, e provocando la reazione degli agenti che stanno valutando la presentazione di una querela nei suoi confronti. Su queste dichiarazioni pirotecniche poggia l’ultimo capitolo dell'offensiva contro la procura di Palermo (ed il suo procuratore aggiunto, Ingroia) per la gestione della collaborazione dell' enigmatico figlio di don Vito, precipitato improvvisamente dal ruolo di superstar dell’antimafia a quello di calunniatore a corto di credibilità, ma pur sempre testimone oculare di spezzoni della trattativa tra Stato e mafia. Nelle conversazioni intercettate un anno fa dai pm di Reggio Calabria, Massimo Ciancimino si prendeva gioco dei magistrati di Palermo, arrivando persino a sostenere, con il suo amico commercialista Girolamo Strangi, di aver avuto accesso al pc personale del procuratore aggiunto Antonio Ingroia: “Mi lasciano nella stanza chiusa – si vantava il superteste, in quei mesi non ancora in diCiancimino (FOTO EMBLEMA sgrazia – per proteggermi dai giornalisti. Peggio per loro che mi lasciano là... Negli uffici di Ingroia tu digiti un nome, e gli puoi fare vita, morte e miracoli”. Per smentire Ciancimino jr non spende molte parole lo stesso Ingroia, che definisce le sue vanterie “bufale da spacciare negli ambienti mafiosi’’; e minimizzano anche i legali del figlio di don Vito: “battute private attraverso cui si viene impiccati, c’è tutto l’interesse a screditarlo per eliminare un testimone scomodo”. LE MILLANTERIE consuete (per chi ascolta le sue conversazioni) del figlio di don Vito, che proprio per la sua attitudine di protagonismo spaccone si è messo nei guai fino al punto da ritrovarsi, oggi, detenuto agli arresti domiciliari per detenzione di esplosivo e per calunnia non scuotono la procura di Palermo, nei cui ambienti si sottolinea "l'assoluta infondatezza e strumentalità" delle dichiarazioni fatte da Massimo Ciancimino. "È del tutto destituita di fondamento – dicono in procura – l'ipotesi secondo cui il figlio di don Vito sarebbe stato lasciato da solo nella stanza del procurato) Ingroia (F L P ) re aggiunto Ingroia e che da lì avrebbe potuto manovrare il computer e accedere a informazioni estremamente riservate. Siamo comunque sereni e non temiamo l'apertura della pratica da parte del Csm". “Siamo tranquilli – dichiara il procuratore Francesco Messineo – io non ho ricevuto alcuna comunicazione ufficiale”. OTO A RESSE FROSINONE Sette decessi sul lavoro in 48 ore D opo i 6 morti di lunedì in una fabbrica di fuochi d’artificio, ieri pomeriggio poco dopo le 18:30 a perdere la vita precipitando da una impalcatura, è stato un operaio impegnato all’interno di un capannone specializzato nella produzione di lamellare, in via Armando Fabi, a Frosinone. L’uomo, in base a una prima ricostruzione ha perduto l'equilibrio ed è precipitato da un'altezza di 4 metri. Inutile ogni soccorso. PISTOIA Operaio muore nell’inceneritore U n operaio è morto ieri in un incidente sul lavoro avvenuto all’interno dell’inceneritore di Montale. L’uomo, 47 anni, sarebbe precipitato mentre stava svolgendo lavori di manutenzione. I soccorritori che arrivati sul luogo dell’incidente hanno provato inutilmente a rianimarlo. OSPEDALE GEMELLI Due positivi allla Tbc U na madre e suo figlio, nato a luglio al Policlinico Gemelli, sono risultati positivi alla tbc. È quanto denuncia la donna che, per conto dell’avvocato Luca Petrucci, ha presentato un esposto presso la Procura di Roma. La positività al test della signora è giunta alcuni giorni dopo quello effettuato al figlio. Sulla vicenda della tbc i magistrati di piazzale Clodio hanno avviato da alcune settimane una inchiesta, al momento senza indagati, ipotizzando il reato di epidemia colposa. pagina 12 Mercoledì 14 settembre 2011 ALTRI MONDI Europarlamento Schulz verso la presidenza Gran Bretagna ANCORA GUAI PER CAMERON - L'eurodeputato tedesco Martin Schulz è ufficialmente il candidato del gruppo dei Socialisti e democratici (S&D) alla presidenza del Parlamento Ue. Schulz - noto per essere stato definito nel 2003 “perfetto per il ruolo di Kapò” - da Berlusconi, è stato sostenuto all’unanimità dei membri dell’S&D. La sua strada appare in discesa, dato che per tradizione alla presidenza si alternano i principali gruppi politici: popolari e i socialisti. (FOTO XXX) Il Cancelliere dello Scacchiere George Osborne potrebbe aver indotto David Cameron ad assumere Andy Coulson come “uomo immagine” del partito Conservatore per sdebitarsi con l'ex direttore di News of the World del trattamento ‘soft’ riservato alla sua amicizia di gioventù con Natalie Rowe, escort di alto bordo specializzata in sesso estremo. La Rowe, Mistress Pain, si faceva pagare 350 sterline per incontri di sesso sado-maso. (FOTO ANSA) CUBA Obama: “È ora do “tutti chiedono libertà, si enormi cambiamenti che il regime cambi” vedono in corso in Medio Oriente in soli sei mesi, si vede che quasi cambiamenti messi in atto a Cuba non non ci sono più regimi autoritari rimasti e I sono stati “ufficientemente aggressivi”. qui c'è quella piccola isola che è un ritorno Lo ha affermato ieri il presidente america- al passato degli anni Sessanta”. no Barack Obama. “Il governo cubano ha detto che vuole operare una transizione, aprire l’economia, in modo tale da consentire alle imprese di operare più liberamente”, ha dichiarato Obama. “Non abbiamo visto prove del fatto che siano stati sufficientemente aggressivi nel cambiare economicamente le loro politiche e certamente non sono stati sufficientemente aggressivi quanto alla liberazione dei prigionieri politici ed al dare alla gente la possibilità di parlare apertamente”. Nel mon- Intanto l’Avana ha comunicato che sono ormai 333.206 i cubani chel avorano per conto proprio nelle 181 attività liberalizzate, a partire dal 2008 dal governo, nell’ambito dei cambiamenti economici decisi per far fronte meglio alla crisi: 10% di tali lavoratori sono dipendenti di piccole imprese. (FOTO EMBLEMA) IL PAPA IN TRIBUNALE Associazioni di vittime americane dei preti pedofili fanno ricorso all’Aja: “Ha coperto i criminali” di Marco Politi rascinare il papa dinanzi alla Corte penale internazionale dell’Aja. È l’obiettivo dell’associazione di vittime di pedofilia clericale statunitense (Snap), che ha inoltrato ieri al Tribunale internazionale una denuncia di 85 pagine, in cui viene richiesta l’incriminazione di Benedetto XVI per “crimini contro l’umanità”. La parola d’ordine, riecheggiata spesso l’anno scorso – anche a Roma in una manifestazione di delegazioni di 13 nazioni svoltasi il 31 ottobre 2010 – si è tradotta a sorpresa in un atto giuridico per mettere in moto un processo internazionale contro i vertici vaticani, accusati di decenni di insabbiamento. T LO SNAP (la cui sigla significa Rete dei sopravvissuti agli abusi dei preti) è la più potente organizzazioni di vittime americana, impegnata da anni nel contestare i silenzi vaticani. Il suo obiettivo è di portare sul banco degli accusati anche il successore di Ratzinger alla Congregazione per la dottrina della fede e due segretari di Stato. Quello in carica, cardinale Tarcisio Bertone, e il suo predecessore Angelo Sodano. La denuncia è accompagnata da un corposo dossier di 20.000 pagine contenente rapporti ufficiali, documentazione di polizia, testimonianze di vario tipo. Lo Snap motiva la sua iniziativa con il fatto che le “azioni legali condotte a Denuncia di 85 pagine alla corte internazionale per “crimini contro l’umanità” livello nazionale non sono state sufficienti a impedire che gli abusi contro i minori continuassero”. L’accusa rivolta ai vertici vaticani al pontefice è di "diretta e superiore responsabilità per i crimini contro l'umanità degli stupri e altre violenze sessuali” commessi dal clero in tutto il mondo. La linea vaticana è stata finora di opporre un gelido e sdegnato silenzio a un’azione considerata meramente propagandistica. “Non sta in cielo né in terra”, è il commento di un esponente di Oltretevere. “Vogliono farsi solo pubblicità”. Intanto, però, una procedura giuridica è stata messa in modo e il procuratore generale delle Corte penale internazionale Louis Moreno-Ocampo dovrà nelle prossime settimane fornire un responso ufficiale, spiegando se il ricorso sarà accolto o no. In via immediata lo Snap punta almeno all’avvio di un’indagine preliminare per esaminare se il caso rientra sotto la sua giurisdizione. Anche soltanto l’ipotesi che il nome di Benedetto XVI venga inserito tra quelli di criminali come Gheddafi o Milosevic provoca orrore nelle altre gerarchie vaticane e viene ritenuto impensabile da molte parti. ASSISTITA dagli esperti giuridici del Centre for Constitutional Rights di Washington, l’associazione delle vittime statunitensi punta contemporaneamente a una vasta campagna di mobilitazione della pubblica opinione. Barbara Blain, presidente dello Snap, ha un obiettivo preciso: costringere la Santa Sede ad aprire gli archivi dove si cela la documentazione dei passati decenni e dove sono conservate le amare testimonianze di tanti insabbiamenti. E’ bastato che a Monaco di Baviera l’arcivescovo cardinale Reinhard Marx decidesse coraggiosamente di incaricare l’avvocata Marion Westphal di esaminare quanto avvenuto nei decenni dal 1945 al 2009 e sono avvenuti alla luce 365 casi di abusi. Il rapporto Benedetto XVI (FOTO ANSA) di duecentocinquanta pagine è tuttora secretato. Il giudizio ufficiale della Westphal, espresso in sede diocesana: “Regnava la totale mancanza di considerazione per le vittime”. Papa Ratzinger, con la sua Lettera agli Irlandesi del 2010 e le nuove misure della Congregazione per la dottrina della fede, ha inaugurato un netto cambio di linea che vale per il futuro. Ma il punto debole resta la chiusura degli archivi vaticani. Perciò lo Snap inizie- rà un tour europeo, che porterà a dibattiti pubblici ad Amsterdam, Berlino, Bruxelles, Parigi, Vienna, Londra, Dublino, Varsavia, Madrid. Il 20 settembre l’appuntamento è a Roma. In realtà da tempo erano partiti dall’interno del mondo cattolico suggerimenti per avviare un’inchiesta ecclesiastica internazionale sui casi di pedofilia. I conservatori in Curia si sono sempre opposti. Ora le vittime presenteranno il conto. MALDICENZE E INTERCETTAZIONI Tra verità e finzi “Ho fatto un sogno (erotico)”. Martin Luther King visto dall’Fbi di Enrico Beltramini San Francisco autorizzate da Bob Kennedy per garantire il fratello presidente che non ci fossero infiltrazioni comuniste nel movimento dei diritti civili. Hoover aveva ripetutamente richiesto l’autorizzazione per provare quest’infiltrazione. l 1° novembre 1963, l’uffiIformò cio newyorchese dell’Fbi inil ministro della Giustizia, Bob Kennedy, che le linee telefoniche degli uffici e dell’abitazione di Martin Luther King Jr, in Atlanta, erano state messe sotto controllo. ChiedeMartin Luther King Edgar Hoover va inoltre l’autorizzazione per Jacqueline Il predicatore nero alla Nell’Fbi per mezzo sistemare qualche microspia Kennedy La moglie base delle battaglie sui secolo, ha lavorato per nelle camere d’albergo fre- di Jfk, poi sposata diritti civili (F L P ) 8 presidenti (F L P ) quentate da King e intercetta- Onassis (F L P ) re le conversazioni di alcuni suoi collaboratori. Lo scopo dell’operazione, il mo- americani 8 milioni di dollari dell’epoca – non riutivo per cui Bob Kennedy aveva concesso l’autoriz- scirono a provare la relazione tra Levison e i comuzazione, era la verifica di una vecchia voce che girava nisti. Ma, con grande sorpresa di J. Edgard Hoover, il intorno a Stanley Levison, uno stretto collaboratore e capo dell’Fbi, divertimento di Lyndon Johnson, e inconfidente di King: che fosse un comunista e avesse dignazione di Bob Kennedy, le intercettazioni riveaiutato finanziariamente il Partito comunista. larono la propensione di King all’adulterio con donne Le intercettazioni dell’Fbi – che proseguirono fino nere e bianche, sposate e nubili. E prostitute. all’autunno del 1965 e costarono ai contribuenti Fermiamoci un attimo: le intercettazioni erano state OTO A RESSE OTO A RESSE OTO A RESSE MA QUASI istantaneamente, le intercettazioni presero un’altra direzione. Venerdì 10 gennaio 1964, pochi giorni dopo essere stato onorato per la seconda volta dalla copertina di Time, King, alcuni suoi collaboratori e due donne parteciparono a un festino in un albergo a Philadelphia. Gli agenti dell’Fbi registrarono il fatto. Hoover mandò immediatamente il rapporto a Bob Kennedy, il quale ne fu indignato. Probabilmente fu Bobby la fonte da cui Jacqueline Kennedy seppe della doppia vita di King. Nella sua intervista ad Arthur M. Schlesinger Jr, rilasciata nel 1964 e che oggi è diventata un libro, Jacqueline Kennedy: Historic Conversations on Life with John F. Kennedy, Jackie definisce King “un ipocrita” e praticamente ripete parola per parola quello che sappiamo essere stato il commento del cognato. Nel novembre 1964, un paio di settimane dopo l’annuncio del conferimento del premio Nobel a King, Hoover fece preparare una cassetta con le registrazioni più compromettenti e la fece spedire dalla Florida agli uffici di King ad Atlanta. Per una serie di imprevisti, la cassetta, invece che nelle mani dei collaboratori di King, a cui era destinata, finì in quelle di Coretta, la moglie di King. Fu ascoltata a casa di King, il 5 gennaio 1965, alla presenza dei coniugi King e di alcuni collaboratori. Quando Hoover scoprì che la cassetta non aveva provocato lo scandalo sperato, cercò di distruggere la reputazione di King rivelandone la doppia vita agli altri leader neri del movimento. Anche questa mossa non riuscì, e oggi noi sappiamo che una delle ragioni per cui non riuscì è che intorno allo stesso Hoover giravano voci, confermate 35 anni dopo, su una certa anomala condotta sessuale. Lyndon Johnson era un avido seppur non pruriginoso lettore dei rapporti dell’Fbi sugli adulteri di King, che normalmente leggeva nel pomeriggio, prima o dopo la quotidiana pennichella. Le attività extra-matrimoniali di King sono state oggetto di indagine storica a partire dagli anni Ottanta, quando furono resi pubblici i file dell’Fbi, e un ingrediente insostituibile della famosa trilogia sugli anni Sessanta del romanziere James Ellroy. Mercoledì 14 settembre 2011 pagina 13 ALTRI MONDI Israele-Palestina Confiscata scuola Arrigoni Francia Un’app per scoprire chi è ebreo L’esercito israeliano avrebbe ieri sera confiscato durante un’operazione militare il terreno posto nella Valle del Giordano dove sarebbe dovuta sorgere la Scuola Vottorio Arrigoni, l’attivista ucciso il 15 aprile a Gaza. Le prime pietre dell’edificio furono poste alla fine di aprile, per ricordare Vik Utopia e il suo impegno nei confronti della popolazione civile palestinese della Striscia. (G. C.) (FOTO ANSA) Polemiche in Francia per una nuova applicazione per smartphone disponibile dall’estate su Internet, “Ebreo o non ebreo”, che recensisce tutte le personalità di origine ebraica. “Lo scopo di questa applicazione assicura il suo editore, Johann Levy, nella presentazione - è unicamente ludico. Non è una dimostrazione di supremazia di una razza rispetto a un’altra”. (FOTO LAPRESSE) Assalto al potere Usa e Isaf I kamikaze talebani padroni di Kabul SERIE DI ATTACCHI COORDINATI: 6 MORTI IL PRESIDENTE KARZAI: “CE LA FAREMO DA SOLI” di Barbara Schiavulli ta di una caserma di polizia uccidendo il primo poliziotto della giornata e ferendone due. Un secondo attentatore suicida si è detonato davanti a un centro della polizia regionale, vicino a una scuola superiore nell’ora in cui i ragazzini uscivano per rientrare a casa. “Qui c’è stato un morto e quattro feriti”, ha a transizione andrà avanti”, ha sentito la necessità di dire un irritato e imbarazzato presidente Karzai quando il cuore della capitale è stato colpito dai talebani. Ogni giorno che passa, spetta alle forze di sicurezza afgane dimostrare che sono in grado di farcela da soli, ma quello di ieri non è stato il caso. Un attacco coordinato e simultaneo che ha coinvolto, come mai era successo, diverse zone di Kabul, prese di mira con tutti i mezzi possibili e a disposizione dei militanti, lancia razzi, kamikaze, cecchini che hanno messo a ferro e fuoco le zona delle ambasciate, degli ufficio governati e soprattutto il quartier generale della Nato. L LA DINAMICA è ancora tutta da chiarire, ci scapicolleranno i militari stranieri e non, per capire come i talebani siano riusciti a penetrare quei muri di cemento che circondato le aree più sensibili, nonché i controlli che erano aumentati in vista dell’11 settembre e la tensione positiva che possiede una città come Kabul, vetrina sul mondo del resto del paese. Il bilancio delle vittime è anco- Zawahiri, leader di al Qaeda, torna a parlare: elogia la Primavera araba in chiave anti-Usa Un reparto dell’esercito afgano di pattuglia a Kabul (FOTO ANSA). In alto, Hamid Karzai (FOTO LAPRESSE) ra provvisorio, morti almeno 4 agenti di polizia afgana, due civili, tre attentatori mentre due sarebbero ancora alla macchia, secondo il ministero degli Interni afgano. Ferite decine di persone, tre dei quali, afgani che chiedevano il visto, all’interno dell’ambasciata americana. Tutto è cominciato in tarda mattinata vicino al distretto diplomatico quando un gruppo di uomini armati, due dei quali hanno tenuto sotto scacco la polizia fino a tarda serata, hanno occupato un edificio in costruzione e sparato e lanciato razzi contro la Nato. La battaglia è continuata per tutto il giorno con la gente che sfuggiva abbandonando negozi spalancati, uscendo dalle macchine, correndo per le strade impregnate di paura. Nella zona ovest della città quella una volta più distrutta dalla guerra civile e ora nel pieno del boom della ricostruzione, un kamikaze si è fatto esplodere all’entra- confermato Asadullah Ludin, portavoce della polizia. Sulla strada verso l’aeroporto, in genere travolta da un traffico incontrollabile, un altro kamikaze è stato identificato dalla polizia che lo ha ucciso, recuperando dal suo giubbetto sette kg di esplosivo. Poco prima che i talebani riven- dicassero, un messaggio del capo di al Qaeda, Al Zawahiri, si diceva orgoglioso della primavera araba, considerata una sconfitta per gli americani che hanno perso migliaia di prigionieri islamici liberati dalle carceri. E un altro smacco contro gli occidentali è stato l’attentato dei talebani: “Cinque dei nostri combattenti – ha specificato il portavoce Zabihullah Mujahid – hanno attaccato i nemici con kalashnikov, esplosivo e razzi”. RAZZI, CHE sono caduti nel quartiere di Wazir Akbar Khan sia vicino all’ambasciata americana, che al quartier generale della Nato e alla sede diplomatica italiana che è a sole poche decine di metri. Uno ha colpito uno scuola bus che al momento dell’impatto non aveva nessuno a bordo, mentre due elicotteri della Nato sorvolato la zona nel tentativo di controllare i movimenti dei militanti. “Stanno cercando di distruggere la transizione, ma non ci riusciranno - ha commentato il segretario della Nato Anders Fogh Rasmussen da Bruxelles – stiamo seguendo gli eventi attentamente e abbiamo fiducia nell’abilità delle forze afgane di risolvere la situazione”. “Siamo tornati ad amare il nostro paese” LO SCRITTORE ALA AL ASWANI FA IL PUNTO DELLA RIVOLUZIONE EGIZIANA. “SE VINCONO I FRATELLI MUSULMANI, LO ACCETTEREMO” di Alessandra Cardinale Il Cairo l’11 febbraio ho visto le Dperopo persone scendere in strada pulire. Le mie figlie hanno passato due giorni vicino a Piazza Tahrir a spazzare per terra”. Dopo la resa di Mubarak, gli egiziani si sono innamorati un’altra volta del loro Paese “e lo hanno fatto con la testa alta”, racconta ‘Ala-al Aswani. Il più importante scrittore egiziano, storica voce di opposizione al regime di Hosni Mubarak, autore del pluri-premiato Palazzo Yacoubian e del nuovo libro “La rivoluzione egiziana” (Feltrinelli) è seduto nel suo studio dentistico al Cairo e dopo i ricordi di quei giorni aggiunge “dopo la rivoluzione c’è bisogno di decisioni rivoluzionarie”. Si parla della rivoluzione egiziana come di una rivoluzione a metà, cosa ne pensa? Nelle rivoluzioni si dà il via alla distruzione del vecchio abbattendo prima di tutto il despota che ne simboleggia la tirannia. Una volta fatto questo bisogna costruire un nuovo sistema. Mubarak non c’è più, è vero, ma gli uomini del suo regime sono ancora lì. Ad esempio, i giudici che siedono nella commissione elettorale con il compito di sorvegliare la regolarità delle elezioni sono gli stessi e i poliziotti responsabili dei passati brogli elettorali e accusati di aver tor- turato civili sotto arresto sono ancora là. Di chi è la colpa? Ora, la rivoluzione non è al potere, non è piazza Tahrir a presiedere il governo provvisorio. Ci sono i militari e i militari hanno l’autorità e il dovere di promuovere leggi che agevolino il passaggio da uno stato rivoluzionario ad uno stato democratico. E non lo stanno facendo. Ma a novembre per la prima volta gli egiziani potranno scegliere tra oltre 30 partiti IL CAIRO Erdogan, nuovo mito rivoluzionario di Francesca Cicardi Il Cairo è stato ricevuto al Cairo come un Enonrdogan eroe, un autentico rivoluzionario, ma senza critiche. Il premier turco ha fatto ieri sera un discorso come quello che fece Obama nel 2009, anche se non sullo stesso pulpito, come da programma. All’Opera del Cairo, Erdogan ha parlato della primavera araba, ma la missione che lo porterà anche in Tunisia e in Libia è più che altro un’offensiva contro Israele. In mattinata, di fronte alla Lega Araba, ha detto che il riconoscimento di uno stato palestinese – che sarà richiesto settimana prossima all’Onu - è ormai un dovere per la comunità internazionale, non più un’opzione. La Turchia cerca di conquistare i cuori arabi con la questione palestinese, per erigersi a nuova potenza regionale. Per l’Egitto, Ankara potrebbe anche essere un modello Come Obama nel 2009 Il 4 giugno del 2009 politico: un Esercito for- il presidente Usa Obama al Cairo pronuncia un te, in uno stato laico ma discorso di apertura e dialogo con il Medio irrinunciabilmente isla- Oriente: “Cerchiamo un nuovo inizio” (F L P ) mico. I Fratelli Musulmani hanno dato il gan è stato anche fischiato perché benvenuto a Erdogan appena atter- non abbastanza risoluto nei conrato al Cairo, che poi ha incontrato il fronti della Siria e gli sono stati ricapo delle Forze Armate. Ma Erdo- cordati gli abusi verso i Curdi. OTO A RESSE tra cui i Fratelli musulmani banditi dal regime Mubarak. Si potrebbe pensare a un’eccessiva frammentazione ma tutto questo era impensabile fino a un anno fa. Non c’è dubbio che sia una grande vittoria. Ma per avere delle elezioni giuste e democratiche è necessario che siano rispettati dei parametri. Rimuovere quei giudici corrotti dalle commissioni elettorali, accettare la supervisione di commissari inter- Se davvero volessero i militari ci metterebbero poco a stabilire regole democratiche nazionali durante le giornate elettorali e al momento dello scrutinio, permettere agli egiziani all’estero di votare, e soprattutto impedire che venga fatta propaganda politica all’interno di moschee e chiese. Si tratta di riforme che ri- chiedono molto più tempo per poter essere approvate. Se il consiglio militare presieduto da Tantawi volesse applicare queste semplici regole basterebbero 4 giorni. Il problema è la volontà. La spaventerebbe una vittoria dei Fratelli Musulmani? No. La accetterei. Se dovessero vincere, il popolo egiziano avrà finalmente l’opportunità di capire quanto la religione sia distante da coloro che parlano in nome della religione. Lei chi voterà? El Baradei (premio Nobel per la Pace ed ex segretario dell’Agenzia atomica, ndr). Lo conosco personalmente e penso sia il più preparato e adatto. La pace con Israele era il fiore all’occhiello di Mubarak. Tutto da rifare? Sulla questione tra Israele e Egitto, Mubarak non ha mai lavorato nell’interesse del Paese ma sempre nell’interesse di Israele. L’obiettivo era compiacere i sionisti in Israele per compiacere le lobby pro israeliane negli Usa e ottenere così l’appoggio americano al suo successore, il figlio Gamal. C’è bisogno di una nuova politica: Israele ci deve delle scuse ufficiali per quel che è successo al confine con l’Egitto. Ma bisogna allentare le tensioni: l’ultima cosa che serve al mio Paese è di entrare in conflitto. pagina 14 Mercoledì 14 settembre 2011 SECONDOTEMPO SPETTACOLI,SPORT,IDEE in & out C’È PLAGIO E PLAGIO COPIO ERGO SUM Guida allo scrittore ingannatore Hamilton È morto ieri a Londra uno dei padri della Pop Art Winehouse Oggi avrebbe compiuto 28 anni e viene pubblicato un inedito Castellitto Primi ciak a Sarajevo per il film con Penelope Cruz Crozza Sul web imita Vasco in versione social network Il prestigioso critico francese MacéScaron è stato beccato: nel suo ultimo libro interi passaggi rubati a Bill Bryson, ma esiste anche la citazione “buona” di Marco Filoni P ereant qui ante nos nostra dixerunt”. Tradotto molto liberamente, suona più o meno così: “Che si fottano quelli che prima di noi hanno detto le nostre idee”. Ecco, così parlava Elio Donato, grammatico latino famoso più per esser stato maestro di San Girolamo (padre e dottore della Chiesa, nonché primo traduttore della Bibbia dall’ebraico e dal greco al latino) che non per le sue massime. Eppure già allora, nel Quarto secolo dopo Cristo, con nonchalance affermava il principio (per nulla politicamente corretto) di giustificazione per ogni plagio. Con una excusatio C’è chi non dichiara mai le fonti come Galimberti, e chi inventa come il giornalista Debenedetti non petita in fondo diceva: ebbene, se io dico o scrivo cose che prima di me qualcun altro ha detto o scritto, in fondo, chissenefrega! Magari copiava anche lui. Se lo venissero a sapere personaggi come Joseph Macé-Scaron forse lo utilizzerebbero come argomentazione per esser stati beccati a copiare. Beccati e impallinati. Joseph Macé-Scaron è uno dei critici letterari francesi più in vista. Già giornalista del serioso Figaro, oggi è il direttore del mensile Le Magazine littéraire, direttore aggiunto del settimanale Marianne, conduttore della trasmissione Jeux d’épreuves di France Culture, cronista letterario per molti canali e trasmissioni televisive. Insomma, uno che conta. Da buon critico ha scritto e continua a scriver libri. L’ultimo dei quali uscito a maggio, con il titolo Ticket d’entrée, per l’editore Grasset. Vista la “statura” dell’autore, il libro è stato commentato e ben accolto. A giugno ha vinto il premio letterario “la Coupole”. L’editore ha brandito l’effigie: “Fra le migliori vendite dell’estate”. POI QUALCHE settimana fa scoppia il finimondo. In rete una lettrice scrive che molti passaggi del libro non sono altro che evidenti plagi di un romanzo americano (tradotto pure in francese nel 2003) di Bill Bryson, dal titolo Cronache da un grande paese. Inizia così il tam tam in Internet, che però dura soltanto qualche giorno, quando alla fine si risolve con l’ammissione del principale interessato. Joseph Macé-Scaron interviene e ammette: “Ho fatto una cazzata!”. Testuale: une connerie. Ora, forse è un po’ poco come spiegazione. Forse pensa che tutto si risolva con l’oblio: passa qualche mese, nessuno se ne ricorda più, et voilà, si ricomincia come e meglio di prima. Del resto è quanto era successo a Henri Troyat, l’immortale (così vengono ribattezzati i membri dell’Accademia di Francia, ma poi immortali non sono: è morto nel 2007) che nel 2003 fu condannato da un tribunale per “contraffazione parziale”, eppure i suoi pari non ritennero di doverlo sospendere dall’Accademia. Un plagio può anche costare caro: lo sa bene l’ex ministro tedesco Karl-Theodor zu Guttenberg, costretto a dimettersi dopo che in rete fu accusato (a ragione) di aver copiato la sua tesi di dottorato. Certo il tema non è nuovo: Macé-Scaron è solo l’ultimo di una lunga lista. In passato figure importanti e illustri hanno confessato di aver plagiato: Jonathan Swift, Laurence Sterne, Martin Luther King, Samuel Coleridge. E anche Vladimir Nabokov fu accusato di aver copiato l’idea di Lolita da un breve racconto di uno sconosciuto scrittore tedesco, Heinz von Eschwege, apparso con lo stesso titolo qualche anno prima del capolavoro del russo. Per rimanere in tempi recenti, l’ultimo romanzo di Michel Houellebecq, La carta e il Scrittori “a confronto” nell’illustrazione di Doriano Un cartello in un hotel di New York recita: “Quando rubi da uno è furto, quando rubi da tanti è ricerca” Sgarbi, Daniele Luttazzi, Corrado Augias... Il catalogo è ampio. Per non parlare di quella mente sublime e surreale, artista dell’opera-fotocopia, dell’ingegner Fabio Filippuzzi. Lui ha battuto tutti in un sol colpo. Una serie di libri, pubblicati dalle edizioni Campanotto e Mimesis, interamente copiati dalla prima all’ultima pagina da opere altrui (anche di autori piuttosto famosi: Peter Handke e Jean-Paul Enthoven). territorio (Bompiani) contiene ampi stralci di descrizioni prese qua e là da Wikipedia e altri siti. Ma anche da noi non mancano esempi illustri: Umberto Galimberti è ormai un frequentatore abituale di frasi altrui e c’è addirittura chi s’è preso la briga filologica di enumerare passo per passo le copiature del professore, scrivendoci persino un libro (Francesco Bucci, Umberto Galimberti e la mistificazione intellettuale, Coniglio editore). Ma anche Melania Mazzucco, che nel romanzo Vita (premio Strega 2003) si è distratta e ha riproposto pagine intere di Guerra e pace di Tolstoj. E poi anche Vittorio PER MOLTO tempo nessuno se n’è accorto, nemmeno gli editori che li hanno pubblicati. Come non si sono accorti di nulla i redattori dei giornali ai quali collaborava Tommaso Debenedetti: quest’ultimo inventava di sana pianta interviste a scrittori famosi con i quali non aveva mai parlato. E nessuno diceva nulla. Plagio? No, piuttosto un’altra forma d’imbroglio, una contraffazione. La stessa messa in pratica da Jayson Blair, il giovane reporter del New York Times che inventandosi false storie non soltanto ha provocato il suo licenziamento, ma anche quello del direttore Howell Raines e di un altro anziano dirigente perché non avevano controllato, a differenza di quei giornali dove scriveva Debenedetti dove nessuno è stato nemmeno richiamato. Abbiamo così un buon sommario della nostra epoca, la stessa che già il filosofo Adorno riteneva un’epoca di plagi. Ma la questione è: c’è plagio e plagio? Di solito, le giustificazioni dei beccati sono le stesse: “Lavoro abitualmente prendendo appunti qua e là di altri libri; poi capita che riprendo in mano queste annotazioni e non ricordo più se sono mie o no, e quindi ci lavoro senza che me ne accorga”. Insomma, il plagio a sua insaputa. Bisognerebbe allora dare una definizione di plagio, perché altrimenti Debenedetti rimane un creativo, visto che non ha copiato nessuno ma ha soltanto contraffatto. La miglior definizione si trova nel Piccolo libro del plagio di Richard A. Posner (Elliot editore), nel quale si dice: “Per poter parlare di plagio è necessario che il copiare, oltre a essere ingannevole e quindi fuorviante per il pubblico a cui è rivolta l’opera, carpisca la fiducia del lettore”. Si tratta perciò di onestà intellettuale. Quando Pia Pera nel 1995 ha scritto il Diario di Lo, ovvero la riscrittura di Lolita di Nabokov dal punto di vista della ragazza, non soltanto non ha cercato di nascondere il debito al russo, anzi al contrario lo ha esibito. E NON HA TRADITO la fiducia di nessuno. Così anche Antonio Scurati, che nel suo Una storia romantica affida onestamente alla postilla il debito con altri romanzi, riga per riga. E così fanno in molti. Poi c’è l’eccezione. Il grande Eugenio Scalfari, nelle sue due ultime opere uscite da Einaudi, affida i propri debiti a questa nota: “Ci sono molte citazioni nelle pagine di questo libro. Di alcune do un ragguaglio bibliografico; altre vengono liberamente dalla mia memoria poiché nei tanti anni trascorsi certi testi sono andati smarriti, sicché non ho potuto recuperarne gli editori e i traduttori”. Certo, non è come la massima di Elio Donato. E poi a lui perdoniamo tutto. Forse in definitiva aveva ragione l’autore di un cartello comparso all’Hotel Rand di New York: “Quando rubi da un autore è plagio, quando rubi da tanti è ricerca”. Mercoledì 14 settembre 2011 pagina 15 SECONDO TEMPO LUCIO DALLA “MATTEO SALVATORE, FONDATORE DELLA MUSICA ITALIANA” Stasera a Manfredonia con Arbore e Moni Ovadia per ricordare il grande cantautore pugliese di Federico Mello stato il precursore di tutti cantatori italiani” chiarisce subito Lucio Dalla. Eppure se si seguisse una logica strettamente commerciale, Matteo Salvatore non avrebbe alcuno spazio nella storia della musica italiana. Chi, – verrebbe da chiedersi – comprerebbe le sue nenie che grondano fame, fatica, morte, miseria e ribellione? Ma le logiche delle major crollano miseramente all’ascolto dei suoi brani: la sua voce profonda e cupa ha il suono di un tempo ancestrale, come se la terra dura della sua Apricena, delle sue campagne foggiane, si fosse fatta canzone: “Le parole di Matteo Salvatore noi le dobbiamo ancora inventare” disse Italo Calvino. A sei anni dalla morte, questa sera È Dalla sarà a Manfredonia per ricordarlo insieme a Renzo Arbore, Moni Ovadia, Teresa De Sio, Marco Alemanno e numerosi altri musicisti in un evento speciale intitolato “Il bene mio”. Dal progetto, verrà tratto un film e lo stesso Dalla, da Manfredonia, ci racconta il senso di questa riscoperta che vuole essere anche culturale. “Ho scoperto la sua musica intorno al 1972. Portavo nelle comuni un mio disco e lui, da ospite, venne sul palco e cantò due pezzi. Rimasi sbalordito: Mi chiesi: possibile?” Musica di fatica ma anche “politica”. I cantanti alla Pietrangeli facevano lotta politica, lui faceva politica e basta. Scriveva canzoni che erano l’espressione più alta delle istanze del popolo. Un precursore o l’ultimo dei FORTE dei Marmi, premi a Mannelli e Barbacetto rriducibile, infaticabile, crudo e crudele, con la sua “I umile penna bic ha delineato in maestosi tratti e profetici la decomposizione della Prima Repubblica; così come oggi si ritrova a illustrare l’avanzatissima putrefazione della Seconda”. Con questa motivazione, il nostro vignettista Riccardo Mannelli ha vinto il premio Forte dei Marmi per la satira politica: “Per Il Fatto, il Misfatto e tutto quello che ha fatto”. Assieme a lui, la giuria composta tra gli altri da Filippo Ceccarelli, Pino Corrias, Beppe Cottafavi, Massimo Gramellini, ha premiato Antonio Albanese per il cinema, Geppi Cucciari per la tv, la Sora Cesira per il web, Paolo Biondani, Paolo Colonnello, Fiorenza Sarzanini e il giornalista del Fatto Gianni Barbacetto come “cronisti del Bunga Bunga”. Per l’editoria, il riconoscimento è andato al libro Mission to Marx di Luca Bottura (Aliberti Editore) giudicato “La prima garzantina satirica della storia dell’umanità. Raccoglie migliaia di voci, biografie, fotografie inedite, tavole sinottiche sulla sinistra italiana. Un repertorio di tesi capziose e profonde analisi politiche travestite da plateali cazzate”. Enrico Fierro, giornalista del Fatto ha invece vinto il premio Marzani, a San Giorgio del Sannio (Benevento). cantori popolari? Non esiste una prova di anticipazione dei tempi e dei linguaggi come la sua. Anche dei grandi cantautori italiani che sono venuti dopo, non ce n’è nessuno così moderno e attuale. È un precursore anzi, un fondatore. Con un seguito negli anni? La sua capacità vocale era straordinaria, ma la sua vera invenzione era quella di cantare una grande sensibilità senza retorica. Capiva che la gente avrebbe parlato come lui scriveva. Questo i cantautori hanno cominciato a farlo solo dopo: se prendi un mio testo come “L’anno che verrà” è una dei più vicini a quella sensibilità. Ha ancora un’attualità? Stai scherzando? Parli con Vinicio Capossela, tra i numeri uno di oggi, e ti dice che è stato il suo ispiratore. E l’evento di questa sera? Utilizziamo il premio Matteo Salvatore per lanciare il film che seguirà. Spero anche che la parte funzionante delle istituzioni aiuti le economie necessarie per realizzarlo. Sarà una pellicola che punta a far capire una cultura, pugliese ma non solo, così come ha fatto John Turturro per Napoli con il suo “Passione”. A proposito di Puglia: nel 2006 hai partecipato alla Notte della Taranta, ormai un evento internazionale. Anche quello è un fenomeno, dove sono stato testimone di un evento incredibile. I centomila presenti si sono divertiti quando ho fatto “Disperato Erotico Stomp” in versione pizzica ma è stato incredibile come sono rimasti in silenzio ad ascoltare cinque testi nell’antico dialetto locale, il “grico”, letti da Marco CICCHITTO: “Pago l’abbonamento” Cicchitto del Pdl si è difeso dall’accusa di Funaabrizio andare allo stadio gratis: “Ringrazio Il Fatto per bella foto che mi ritrae tifoso per la Roma. Per amore di verità tengo a precisare che come ogni anno ho pagato l’abbonamento alla Roma, tribuna Monte Mario tessera di riferimento 013000224256. Analoga foto il Fatto avrebbe potuto anche scattarla ai numerosi magistrati presenti”. Prendiamo atto della risposta di Cicchitto, ma la foto lo ritrae su una poltroncina del Coni, offerta gratis alla casta. Lucio Dalla, elaborazione di Fabio Corsi Alemanno: una cosa che non mai sarebbe successa in un’altra parte d’Italia. Centomila persone con un tasso alcolico piuttosto alto, hanno avuto la curiosità e l’educazione di stare in silenzio ed ascoltare cinque testi della loro cultura. È una sorta di Buena Vista Social Club italiano? No. È molto di più. I Buena Vista colpivano anche per decadenza fisica dei protagonisti, nel caso di Matteo Salvatore ci troviamo di fronte a una forza energetica dove c’è tutto tranne che la malinconia. Il suo livello è altissimo anche in confronto ai grandi della letteratura. E il popolo pugliese dovrebbe avere coscienza di questo patrimonio. Anche all’epoca di Facebook i ragazzi sembrano riscoprire la cultura popolare. Il fatto che i giovani sentano loro la cultura popolare non smentisce i codici della modernità, piuttosto permette di arrivare alla propria natura che non può fare a meno di un supporto di fede, di tradizione. Matteo Salvatore era del tutto laico, ma esprimeva una religiosità profonda: forniva un supporto per vivere il lato sociale della pro- (FOTO MEZZELANI-GMT) Dopo Federer e Nadal, è l’ora di Djokovic Chi sarà la kryptonite del vincitore degli Us Open? di Andrea Scanzi venne Djokovic, che si Emangiò mangiò Nadal, che si Federer (che non si era mangiato nulla). Gli ultimi otto anni di tennis sono la versione sportiva della fiera dell’Est (e dell’Ovest) di Branduardi. Dittatori che ne spodestano altri. Federer, elegante Schumacher con racchetta, ha trovato in Nadal la sua kryp- Gli ultimi anni del tennis sembrano la Fiera dell’Est di Branduardi, un divorare senza tregua tonite. Proprio come il maiorchino – col tic coattissimo della smazzata di zebedei – ha scoperto in Djokovic una nemesi brutale. Il serbo, nel 2011, ha perso due sole partite su 66. Dopo la Davis 2010 ha vinto tutto, tranne il Roland Garros. Ultimo trionfo, due giorni fa, gli Us Open. Dopo un apprendistato livido, a metà tra il finto simpatico (le imitazioni dei colleghi) e il situazionista chiagnefottente (suole ritirarsi non appena rischia di perdere), Djokovic è oggi il nuovo Lendl. Tiranno fieramente “cattivo”, ma con un latente paraculismo a mascherarne l’antipatia. Rovescio bimane, recuperi prodigiosi, a rete quasi mai, esultanze guerreggianti: lo spettacolo è altrove. La sua unica concessione didascalica all’estro è l’abuso di palle corte. Più che un tennista, è uno stratega del Meccano. Chi sarà la sua kryptonite? 1) Ipotesi Frigidaire. Ovvero gli ultimi fuochi di Federer. Una sorta di Repubblica di Salò-Basilea. Protettissimo da stampa e ultrà (i cosiddetti “federasti”), l’elvetico è il campione che sconfina nel mero esercizio di stile. Perfetto per chi ama i Genesis senza Peter Gabriel o i film (minori) di Antonioni. Asettico e permaloso, a inizio carriera era un adorabile genio sregolato. Purtroppo ha barattato la sua iconoclastia per un regno frigido da collezionista di record (e di prize money, gelosamente custoditi dalla moglie-matrona Mirka). Ha dominato in un’era senza campioni, tramutando il tennis in onanismo: non appena è arrivato Nadal, ha smesso di fare lo splendido. Una volta (in Australia) frignò pure dopo una sconfitta, come il secchione a cui hanno dato 7- invece di 7+. Emblematica la sconfitta di sabato con Djokovic. Avanti cinque a tre nel set conclusivo, ha avuto due match point: lì si è smarrito, tra doppi falli e paturnie freudiane. Da giovane folle a frigorifero vincente a pensionato ansiogeno: au revoir Roger. 2) Ipotesi Mutanda. Ovvero il ritorno di Nadal. Difficile. Rafa è ancora giovane, ma il suo gioco dispendioso ne ha già consumato le giunture. In più soffre particolarmente Djokovic. 3) Ipotesi Vampiro. Ovvero Andy Murray, lo scozzese hooligan adottato dagli inglesi (ma solo quando vince). Denti aguzzi e mammina ultrà al seguito, Murray è un pallettaro iracondo che merita la posizione di 4 al mondo: può pria esistenza. Un messaggio importante... Importante non solo per la Puglia, ma anche per quello che riguarda la nostra società che viene confusa, distratta, svilita dal rapporto televisivo, dalle puttanate che ci vengono fatte vede- Dal concerto al film “ Gireremo la sua storia ne ‘Il bene mio’ Come ha fatto John Turturro con Napoli ” re ogni giorno, da questo sorta di ricatto che dobbiamo subire e che vi vuole obbligare a vivere per la pubblicità, per la merda che ci propinano ogni giorno Stasera, è tutt’altro. Lo è di partenza e lo sarà di arrivo. Come il film, avrà un valore storico come tutto ciò che parla di comunità. E in Puglia, evidentemente, funziona. Il vincitore del torneo di tennis Us Open, il serbo Novak Djokovic, che ha sconfitto Nadal (FOTO ANSA) vincere Master Series, ma 3 su 5 è ancora indietro a Djokovic, Nadal e Federer. 4) Ipotesi Boscaiolo. Ovvero l’apoteosi di qualche picchiatore boxeur, tipo lo svedese psicotico Soderling (in calo) o il franco-congolese Jo-Wilfried Tsonga. Quest’ultimo è il sosia di Muhammad Ali. Ora farfalla, ora ape, ora peso massimo (pachidermico). Tennisti da exploit, mai però campionissimi. 5) Ipotesi Gggiovani. Ovvero le eterne promesse: il “nuovo Safin” Gulbis, il “nuovo Federer” Dimitrov, l’australiano wilanderiano Tomic o l’americano qualunque Ryan Harrison. Pesci piccoli. 6) Ipotesi italiana. Ovvero il trionfo di qualche eroe nostrano (vabbè, era uno scherzo). 7) Ipotesi orteghiana. Ovvero le foche monache: i tennisti-youtube, che vivono di colpi incredibili e sconfitte fantozziane. Il caso di Gasquet, rovescio d’oro, o Dolgopolov, ucraino dadaista che per un set (ovviamente perso) ha intortato Djokovic a New York. Belli, ma kryptonite di se stessi. Non certo del nuovo dittatore. Il quale, salvo infortuni o cataclismi, dominerà a lungo. Molto a lungo. Tra uno sbadiglio e l’altro. pagina 16 Mercoledì 14 settembre 2011 SECONDO TEMPO + IL PEGGIO DELLA DIRETTA TELE COMANDO TG PAPI mande a Berlusconi. La Procura gli ha dato quattro date: 15, 16, 17, 18 settembre. Il “premier” deve rapidamente organizzare un giro del mondo. In 80 giorni. Gli conviene. I viaggi di B. di Paolo Ojetti g1 T Quando si riuniscono i vertici del Tg1 è certo che si chiedono: cosa gli propiniamo oggi a quei minus dei nostri telespettatori? Gli propiniamo la “missione in Europa del premier” con la nostra Sonia Sarno che non ci tradisce mai. Infatti Sonia prosegue: “Una doppia tappa per spiegare la manovra, per rassicurare e ribadire l’impegno e incassare l’apprezzamento e gli elogi perché la manovra è ambiziosa”. Non basta, il “premier punta il dito sulle debolezze europee”. Escluso che sia il dito medio, è chiaro che questo viaggio resterà nella Storia, si saranno congratulati i capi del Tg1. Ci sarebbe anche Tarantini e la fuga del Cavaliere. Ma per quello basta Grazia Graziadei che tenta ancora – parlando con Lepore – di farlo scivolare sulle intercettazioni g3 La “convocazione coatta” non lascia spazio: è l’apertura. E la raffica di date possibili non lascia scampo a Berlusconi: se non riesce a squagliarsela all’estero, dovrà rispondere e rispondere a tono. È un testimone, se non parla rischia l’incriminazione per reticenza. Se parla a vanvera, è falsa testimonianza. Se straparla, è capace di scavarsi la fossa con le sue mani e, da teste, passare al ruolo di indagato. Seconda puntata dedicata alla disperazione dei berluscones doc, Cicchitto, Santanchè, Napoli (dov’è Capezzone? E Gasparri?) che ululano al golpe, chiedono al Csm di fare qualcosa, implorano Nitto Palma: “Manda gli ispettori, manda i carri armati, che ci stai a fare?”. Terza puntata sulle colombe pidielline: c’è la fronda, il Capo è decotto, che facciamo? Intanto, dopo il risibile giretto a Bruxelles e a Strasburgo, una cosa andrebbe fatta: impedirgli di lasciare il patrio suolo per non danneggiare ulteriormente l’Italia intera. T “coperte da segreto istruttorio” (che non esiste più da decenni). E il resto? I ricatti? I soldi? I berluscones disperati? Una notiziola per pochi intimi sussurrata da Giorgino. g2 T Dario Laruffa annuncia il servizio sui “viaggi di Berlusconi in Europa” e si vede che sta per ridere: i viaggi di Gulliveroni restano una farsa, lo hanno accolto per educazione, comunicati “congiunti” non se ne sono visti, nessuno si vuole congiungere con un uomo che – secondo i titoli del New York Times – sta “affondando l’Italia nel ridicolo”. Il Tg2 pietoso evita anche di raccontare che a Londra hanno aperto un ristorante molto trendy: si chiama “Bunga Bunga” (in Italia farebbe furore). Però, viaggi o non viaggi, la procura di Napoli insiste: la “memoria difensiva” non basta, bisogna fare alcune do- di Luigi Popolare colto Galella è chi è bravo e si contieC’ ne, dissimula, sottrae e chi al contrario aggiunge, deborda, strafa. Paolo Bonolis strafa. Acrobata del verbo e incontinente parolaio, non gli basta parlare e parlar bene, deve farlo rapidissimamente, precipitevolissimevolmente. Trasmettendo la sensazione d'essere costantemente impegnato a dimostrare le sue abilità. Come quei bambini felici e gratificati, che recitano una poesia appresa a memoria, con l’occhio rivolto ai genitori, sicuri di riceverne la benevola, affettuosa approvazione. Bonolis è alla ricerca di un ecumenico consenso. Vorrebbe piacere. Ma non è appagato di acquistare l’assenso del pubblico nazionalpopolare. Eccolo quindi approdare sul versante “colto”, e in un impeto di universale abbraccio oscillare spavaldamente fra il registro popolaresco, con citazioni sovente di Sordi e Totò, e quello eloquente e retorico, con l’innesto di arcaismi e preziosismi linguistici, stirando allo spasimo l’elastico della lingua e approdando a uno stile volutamente spurio: un posticcio pastiche, del quale, manco a dirlo, visibilmente si compiace. La sua ultima creatura televisiva è il quiz preserale “Avanti un altro”, del cui format ci si vanta di un’origine tutta italiana. Non è detto tuttavia che sia un merito. Perché il programma è ripetitivo e noioso, benché il bravo presentatore – su di giri e sempre una tacca sopra le righe – lo conduca a ritmi frenetici, con un climax, nella parte finale, che raggiunge livelli parossistici. Sembra, in effetti, costruito su misura per lo stile del suo conduttore. Chi lo ha realizzato deve aver pensato: facciamolo agli antipodi di “Chi vuol essere milionario?”, in calo progressivo di ascolti. Così, mentre quello concedeva tutto il tempo ai concorrenti per organizzare la risposta, in questo non si permette loro nemmeno di rifiatare fra una domanda e l'altra. Fulminandoli se non rispondono in pochissimi secondi. E obbligandoli sadicamente, negli ultimi minuti, per ogni quesito con due opzioni, a ribattere in modo errato. Perché la risposta esatta è sbagliata e Paolo Bonolis conduce il preserale “Avanti un altro”, su Canale5 quella sbagliata è esatta. Questa, la novità. Inducendo quindi meccanicamente all’errore, quasi inevitabile, che fa ripartire da zero e aumentare la paura di non farcela. Così, man mano che l’ansiogena conduzione si inerpica su vette sempre più forsennate, negli spettatori si fa strada il liberatorio desiderio di spegnere la tv. Gli ascolti non sono da record. E non servono a rivitalizzarli i siparietti della spalla Luca Laurenti, né le presenze di una donnona tutteforme e di un ragazzotto dai muscoli ipertrofici, che si pongono alle spalle dei concorrenti, rispettivamente maschili e femminili, e li palpano e massaggiano. Ma in realtà, si sbaglierebbe a pensare che esistano dei veri concorrenti. Perché il mattatore è uno. E se potesse starebbe qui e là, a domandare e rispondere. Veloce e incandescente come la Torcia Umana. Attore e spettatore, concorrente e conduttore. Un Figaro tuttofare, bravo bravissimo, pronto a far tutto, nell'opera buffa della moderna tv. Ma senza più la fortuna dei successi oceanici di un tempo. Anzi, con l'eventualità non improbabile dell'onta di un flop. LA TV DI OGGI 11.00 NOTIZIARIO TG1 11.05 ATTUALITÀ Occhio alla spesa 12.00 VARIETÀ La prova del cuoco 13.30 NOTIZIARIO TG1 TG1 Economia 14.10 ATTUALITÀ Verdetto Finale 15.15 ATTUALITÀ La vita in diretta NOTIZIARIO TG Parlamento - TG1 - Che tempo fa (ALL'INTERNO) 18.50 GIOCO L'eredità 20.00 NOTIZIARIO TG1 20.30 SPORT Calcio, UEFA Champions League Fase a gironi, 1a giornata Manchester City - Napoli (DIR.) 22.45 RUBRICA SPORTIVA 90° Minuto Champions 23.30 RUBRICA Una giornata particolare a spasso con le miss 23.50 RUBRICA Musulmani europei 0.45 NOTIZIARIO TG1 11.30 EVENTO Dichiarazioni di voto dei Gruppi Parlamentari sulla manovra economica (DIRETTA) 13.00 NOTIZIARIO TG2 Giorno - TG2 E... state con costume - Medicina 33 14.00 ATT. Italia sul Due 16.15 TF Ghost Whisperer 17.00 PRIMA TV TELEFILM Life Unexpected 17.45 NOTIZ. TG2 Flash L.I.S. - Meteo 2 -Rai TG Sport 18.15 NOTIZIARIO TG2 18.30 EVENTO Dichiarazioni di voto finali dei Gruppi Parlamentari sulla manovra economica (D) 20.00 CARTONI ANIMATI Classici Disney 20.30 NOTIZ. TG2 - 20.30 21.05 PRIMA TV TELEFILM Squadra Speciale Cobra 11 23.30 NOTIZIARIO TG2 23.45 DOCUMENTI Rai 150 Anni 0.35 ATT. TG Parlamento 13.00 RUBR. Cominciamo Bene - Condominio terra 13.10 TELEFILM Julia 14.00 NOTIZIARIO TG Regione - TG Regione Meteo - TG3 - Meteo 3 14.50 RUBRICA TGR Piazza Affari - TGR Speciale Ambiente Italia 15.10 NOTIZ. TG3 L.I.S. 15.15 TF The Lost World 16.00 DOCUMENTARIO Cose dell'altro Geo 17.40 DOCUM. Geo & Geo 19.00 NOTIZIARIO TG3 TG Regione - Meteo 20.00 VARIETÀ Blob 20.15 TELEFILM Sabrina vita da strega 20.35 SOAP OPERA Un posto al sole 21.05 NUOVA EDIZIONE PRIMA PUNTATA ATTUALITÀ Chi l'ha visto? 23.10 NOTIZ. TG Regione 23.15 ATTUALITÀ TG3 Linea notte estate 23.55 ATTUALITÀ Doc 3 20.57 PREVISIONI DEL TEMPO Meteo 21.00 NOTIZIARIO News lunghe da 24 21.27 PREVISIONI DEL TEMPO Meteo 21.30 RUBRICA Meridiana - Scienza 1 21.57 PREVISIONI DEL TEMPO Meteo 22.00 ATTUALITÀ Inchiesta 3 (Interni) (REPLICA) 22.30 NOTIZIARIO News lunghe da 24 22.57 PREVISIONI DEL TEMPO Meteo 23.00 RUBRICA Consumi e consumi 23.27 PREVISIONI DEL TEMPO Meteo 23.30 RUBRICA Tempi supplementari 23.57 PREVISIONI DEL TEMPO Meteo 0.00 NOTIZIARIO News lunghe da 24 0.27 PREVISIONI DEL TEMPO Meteo / Pluto Nash / Il Missionario Tornato in libertà, dopo sette anni di reclusione, Mario Diccara è costretto a rimanere nell’ombra, per via di alcuni conti in sospeso con la mala. Mario ha un unica persona a cui chiedere asilo: suo fratello Patrick, un prete. Questi gli consiglia di nascondersi per un po’ di tempo da Padre Étienne in un paesino dell’Ardèche. E così, indossata la tonaca, Mario si mette in viaggio, ma le cose non vanno esattamente come programmato. Sky Cinema Comedy 21,00 Italia 1 23,20 11.55 PRIMA TV REAL TV Spose Extralarge 12.25 NOTIZIARIO Studio Aperto - Meteo - Studio Sport 13.40 CARTONI I Simpson 14.35 CARTONI What's my destiny Dragon Ball 15.00 TELEFILM Big Bang Theory 15.35 TELEFILM Chuck 16.30 TELEFILM Glee 17.25 PRIMA TV CARTONI ANIMATI Mila e Shiro - Il sogno continua 17.55 CARTONI ANIMATI Le avventure di Lupin III 18.30 NOTIZIARIO Studio Aperto - Meteo - Studio Sport 19.25 TELEFILM C.S.I. Miami 21.10 GIOCO The Cube La Sfida 23.20 FILM Pluto Nash. Con Eddie Murphy, Joe Pantoliano. 1.20 RUBR. Poker1mania 11.30 NOTIZIARIO TG4 Meteo - Vie d'Italia notizie sul traffico 12.00 TELEFILM Un detective in corsia 13.00 TELEFILM La signora in giallo 13.50 REAL TV Il tribunale di Forum - Anteprima 14.05 REAL TV Sessione pomeridiana: il tribunale di Forum 15.10 TELEFILM Hamburg Distretto 21 16.15 SOAP OPERA Sentieri 16.55 FILM Herbie il maggiolino sempre più matto 18.55 NOTIZ. TG4 - Meteo 19.35 SOAP OPERA Tempesta d'amore 20.30 TELEFILM Walker Texas Ranger 21.10 FILM La maschera di ferro 0.00 RUBRICA I bellissimi di R4 0.05 FILM Un giorno di ordinaria follia 11.05 VARIETÀ G' Day (REPLICA) 11.35 TELEFILM Relic Hunter 12.30 REAL TV Cuochi e fiamme 13.30 NOTIZIARIO TG La7 13.55 MINISERIE The Kennedys (REPLICA) 16.35 DOCUMENTARIO Austin Stevens, Fotografo per natura 17.30 TELEFILM L'ispettore Barnaby 19.30 VARIETÀ G' Day 20.00 NOTIZIARIO TG La7 20.30 ATTUALITÀ Otto e mezzo. Condotto da Lilli Gruber 21.10 MINISERIE The Kennedys. Ultimi episodi 23.00 ATTUALITÀ Speciale "Srebrenica, 8372..." 0.25 NOTIZIARIO TG La7 0.35 TELEFILM Crossing Jordan 1.45 ATTUALITÀ Otto e mezzo (REPLICA) PROGRAMMIDA NON PERDERE TRAME DEI FILM Anno 2087. La Luna è divenuta una sorta di nuovo e selvaggio West, dove il denaro e, soprattutto, le conoscenze giuste ti possono aprire ogni porta. In questo clima, il proprietario del “Pluto Nash”, il locale più in voga del pianeta, si trova in grossi guai quando decide di non vendere il suo esclusivo club a Mogan, un gangster che sta coadiuvando il misterioso Rex Crater nel suo piano per conquistare la Luna... 11.00 REAL TV Forum 13.00 NOTIZIARIO TG5 Meteo 5 13.40 SOAP OPERA Beautiful 14.10 SOAP OPERA CentoVetrine 14.45 FILM Un soldato, un amore. Con Lori Loughlin, Johnny Messner. 16.30 ATTUALITÀ Pomeriggio Cinque 18.50 GIOCO Avanti un altro 20.00 NOTIZIARIO TG5 Meteo 5 20.40 VARIETÀ Paperissima Sprint 21.20 PRIMA TV FICTION Anna e i cinque 2. Con Sabrina Ferilli 23.30 NUOVA EDIZIONE ATTUALITÀ Matrix. Condotto da Alessio Vinci 1.30 NOTIZIARIO TG5 Notte - Meteo 5 Notte 2.00 VARIETÀ Paperissima Sprint (REPLICA) / Un giorno di ordinaria follia William Foster, 40 anni, divorziato, vuole partecipare alla festa di compleanno della sua bambina. Ma, sfortunatamente, oggi niente pare andare per il verso giusto. Rimasto imbottigliato nel traffico, William, snervato, abbandona la macchina e procede a piedi.Trova un telefono, per chiedere all’ex moglie il permesso di vedere la figlia, ma non ha spiccioli in tasca.William esplode... Grande regia, grande cast, ottima storia. Rete 4 0,05 Chi l’ha visto? Matrix “Aggiornamenti sui casi Rea e Kercher”. Torna su Rai3 lo storico appuntamento con “Chi l’ha visto?”. In studio Federica Sciarelli al suo ottavo anno alla conduzione del programma, che quest’anno giunge alla 24esima edizione. In questa prima puntata la trasmissione, oltre ad occuparsi di nuovi casi di scomparsa, tornerà con aggiornamenti sul caso di Melania Rea e Meredith Kercher. Ospite in studio Michele Rea. “Manovra economica - Lotta all’evasione fiscale”. Alessio Vinci torna al comando trasmissione con una prima puntata che affronta uno degli aspetti più controversi della manovra economica: la lotta all’evasione. Il giornalista conduttore, però, prova a ribaltare un sillogismo molto popolare “soldi, lusso, ricco: quindi evasore”; e, provocatoriamente, si chiede: ma alla fine, per tolleranza o necessità, non siamo tutti complici? Rai 3 21,05 The Kennedys Ultimi episodi della miniserie dedicata alla famiglia Kennedy. “L’inevitabile si avvicina”. Mentre Bobby deve occuparsi di diverso materiale che proverebbe la relazione fra John e Marilyn Monroe, la coppia presidenziale si reca a Fort Worth, in Texas.“L’epilogo”. Dopo l’assassinio di John, il fratello Bobby si sente responsabile della tragica morte. Intanto, per il bene del paese, Jackie torna alla vita pubblica... La 7 21,10 Canale 5 23,30 Mercoledì 14 settembre 2011 pagina 17 SECONDO TEMPO MONDO WEB DA PIKACHÙ AL BIKINI DELLA FERILLI Dieci anni di eBay a versione italiana di eBay, il famoso sito di aste online, ha compiuto ieri dieci anni. In un mondo come quello di Internet che viaggia a velocità vorticose, un giro di boa così importante è anche occasione per fare un bilancio su come sono cambiate le nostre abitudini e, a cascata, gli strumenti tecnologici che utilizziamo. Il sito, nato come portale di aste per oggetti usati, ora è un vero e proprio “centro commerciale online”: le inserzioni per oggetti nuovi superano il 90 per cento e risultano marginali gli oggetti venduti con i “rilanci d’asta”. Su eBay, inoltre, non vanno solo giovani nerd, ma anche madri (1 donna su 3 tra gli iscritti; il 58% ha bimbi piccoli) e over 60 che superano i 700 mila utenti (su un totale in dieci anni di 10 milioni di persone). Se per l’anniversario viene annunciato il programma “Offerte del giorno” (a partire dal 6 ottobre, ogni giorno saranno disponibili nuovi prodotti “a prezzi superscontati), non sono mancate in questi anni, su 107 L Si sono diffuse in questi giorni delle voci molto preoccupanti sul ben noto servizio di posta Gmail. Secondo quanto riportato da alcuni blog, Mountain View avrebbe deciso di chiedere obbligatoriamente un numero di cellulare all’apertura di ogni nuovo account, in maniera tale di legare di Federico Mello l’indirizzo di posta alla Sim del proprietario e quindi al documento d’identità: si avrebbe così la cancellazione dell’anonimato in rete. Fonti di Goolge, però, smentiscono nettamente questi rumors e chiariscono che il collegamento di un account a un è MENO NOTIFICHE SU FACEBOOK numero di cellulare è del tutto opzionale e serve VOLENDO SI POTRANNO ACCORPARE unicamente a rientrare in possesso della propria Facebook sta lavorando per ridurre il casella di posta nel caso in cui si dimentichi la numero di notifiche inviate ai suoi utenti, password e la “domanda” segreta prevista dalla quelle che permettono di rimanere procedura di recupero password. Vista la aggiornati sui commenti e i post pubblicati delicatezza della questione, giusto chiarire. sui profili. Lo ha fatto sapere il sito blu dalla sua pagina ufficiale dove ha spiegato che a breve, per gli utenti più attivi, sarà possibile accorpare le comunicazioni in un’unica email ed evitare così il flusso continuo e fastidioso di messaggi. La misura, che potrebbe rivelarsi piuttosto comoda, sarà comunque opzionale e disattivabile in qualsiasi momento. SCF=Cinema Family SCC=Cinema Comedy SCM=Cinema Max 19.00 The Social Network SC1 19.05 Point Break Punto di rottura SCH 19.05 The Italian Job SCM 19.10 Men in the City SCC 19.20 La fontana dell'amore SCP 19.25 Alvin Superstar 2 SCF 21.00 Dolf e la crociata dei bambini SCF 21.00 Compagnie pericolose SCM 21.00 S1m0ne SCP 21.00 Il Missionario SCC 21.10 Ghost - Fantasma SCH 21.10 Benvenuti al Sud SC1 22.35 La liceale, il diavolo e l'acquasanta SCC 22.50 Un cane alla Casa Bianca SCF 23.00 Romantica Sara SCM 23.05 Che fine hanno fatto i Morgan? SCP 23.25 Dirty Dancing SCH 0.20 Questo e quello SCC 0.30 Un orso di nome Winnie SCF Sta facendo il giro della Rete un video in un cui un hacker mostra la sua bellissima creatura: un videogioco “meccanico” di Mario Bros realizzato in una scatola (http://youtu.be/h8CTNF25q6U). Intanto, Nintendo annuncia per novembre, un nuovo aggiornamento per la Nintendo 3DS che permetterà di registrare video in 3D. In uscita inoltre due titoli “Mario”: Super Mario3D Land che uscirà il 18 Novembre e Mario Kart 7 disponibile dal 2 dicembre. SP1=Sport 1 SP2=Sport 2 SP3=Sport 3 A Radio 1 “Con Parole mie” il cannocchiale di Galileo Umberto Broccoli aprirà la puntata di “Con Parole mie”, in onda oggi alle 14.08 su Radio1, con un brano su cielo e terra tratto dalle Confessioni di Sant’Agostino.A seguire, il padre della scienza moderna, Galileo Galilei, racconta ad Antonio de Medici, il 7 gennaio 1610, la sua osservazione del cielo attraverso il cannocchiale, con le istruzioni per l’uso della sua nuova, geniale invenzione. Poi, il filosofo e letterato Seneca invita gli uomini a non dimenticare la grandezza delle cose che abbiamo davanti agli occhi. Infine lo scrittore agrigentino Premio Nobel per la letteratura nel 1934, Luigi Pirandello, in una lettera del 5 settembre 1932 indirizzata a Marta Abba in cui esprime la sua collera contro la Cines e i giornalisti. Nella rubrica realizzata in collaborazione con Rai Teche, Pia Moretti intervista il mago Achille D’Angelo nel 1952. In chiusura, la poesia di Giuseppe Ungaretti “D’improvviso”. Commenti al post su ilFattoQuotidiano.it “Ustica, condanna record per i ministeri. Cento milioni ai familiari delle vittime” di Antonella Beccaria è FINALMENTE una bella notizia, però adesso tutti quelli che hanno ricoperto cariche istituzionali importanti e non hanno fatto nulla devono andare a casa. Nigretti Agostino è CONDANNATI sì, ma tanto paghiamo noi, come sempre! Sanzo è NON DEVE pagare lo Stato, cioè noi cittadini, ma i vari capi dei ministeri che si sono succeduti fino ad oggi. Sono loro i colpevoli dei depistaggi. darklady è E QUESTA sarebbe una vittoria? per l’ennesima volta sono i cittadini che pagano per le sceleratezze di oscuri personaggi della storia nefasta della nostra amata Italia. Maxx72 è COMINCIO a pensare che noi italiani ce lo meritiamo: le verità su Ustica, Piazza Fontana, Moro, Mangano sono verità che noi non vogliamo sapere. Una piccola minoranza le cerca, ma alla fine la maggioranza, compresa quella politica che la rappresenta, preferisce non sapere e non vedere. LucaSchiavoni è DEFINIRE il Ministero come responsabile di un reato penale è come dire che in galera non va nessuno. Quindi i poveri familiari delle vittime subiscono oltre al danno morale anche la beffa, perchè autofinanzieranno in parte il loro stesso risarcimento. alecx è MEGLIO tardi che mai.. rayoo è NON SONO i dicasteri ma chi li presiedeva ad aver depistato dopo e non aver garantito prima. Gabriele Sozzani Nuda su StreetView RADIO Radiouno 14,08 Mario: “meccanico” in una scatola o in 3D per Nintendo eBay; il nuovo gioco per Nintendo 3Ds; Gmail; la mela “illuminata” su iPhone 18.30 Calcio, UEFA Champions League Fase a gironi, 1a giornata Barcellona - Milan (Sintesi) SP3 19.00 Wrestling WWE SuperSP2 stars Episodio 11 19.00 UEFA Champions League Fase a gironi, 1a giornata Chelsea - B. Leverkusen (Sintesi) SP3 20.45 Calcio, UEFA Champions League Fase a gironi, 1a giornata Manchester City - Napoli (Diretta) SP1 20.45 Calcio, UEFA Champions League Fase a gironi, 1a giornata Inter - Trabzonspor (Dir.) SP3 21.30 Wrestling WWE Domestic Raw Episodio 12 SP2 22.45 Calcio, UEFA Champions League Fase a gironi, 1a giornata Man. City - Napoli (Replica) SP3 23.15 Rugby, World Cup 2011 Gruppo B Scozia - Georgia (Sintesi) SP2 0.15 SNAI Poker Cup Ep. 3 SP2 0.45 Calcio, UEFA Champions League Fase a gironi, 1a giornata Man. City - Napoli (Sintesi) SP1 feedback$ è VORREI che tutti quelli, comprese firme autorevoli del giornalismo italiano, che hanno coniato il termine “dietrologia” adesso si interrogassero. Thor76 LO SPORT I FILM SC1= Cinema 1 SCH=Cinema Hits SCP=Cinema Passion milioni di oggetti venduti, alcune curiosità. La prima transazione andata a buon fine fu una scheda telefonica Pokèmon Pikachù venduta a 5.100 lire, ma sul portale è stata messa all’asta – per beneficenza – la prima moto ufficiale da Moto Gp di Valentino Rossi, – una Cagiva Mito 125 del 1993, venduta a 22 mila e 600 euro –; la maglia di Francesco Totti con cui segnò il suo 100° gol in Serie A; le forbici con le quali il calciatore Massimo Oddo tagliò il codino di Camoranesi dopo la conquista del Mondiale nel 2006; e anche il bikini indossato da Sabrina Ferilli per la festa della scudetto romano del 2001: con i ricavi dell’asta venne comprato un ecografo per il reparto di oncologia pediatrica dell’Umberto I di Roma. Tra le stranezze, infine, anche la vendita di un allevamento ittico pagato ben 1 milione e 615mila euro. Pesci compresi, naturalmente. Se cercate qualcosa, probabilmente su eBay la troverete. [email protected] è “NON OBBLIGATORIO FORNIRE SIM” GOOGLE REPLICA ALLE VOCI CIRCOLATE ONLINE è UNA MELA ILLUMINATA SULL’IPHONE “MODIFICATO” Alle numerose stranezze che in questi anni sono finite su Google Street View, si aggiunge la più clamorosa: una donna nuda. La foto, scattata da una Google Car in Florida, è stata scovata dal Miami New Times. Mentre a Bologna il 17 settembre verrà aperto un Apple Store che si distinguerà per vari primati (sarà il primo italiano in centro città, in via Rizzoli; il più grande nel nostro paese e il primo che si svilupperà su due piani), un’azienda anglosassone chiamata iPacht ha raccolto molto interesse promettendo un piccola modifica all’iPhone. Se infatti sui portatili della Mela il logo si illumina quando il computer è accesso, questa stessa opzione non vale per i melafonino. iPacht promette una piccola modifica che permetta anche alla Mela sull’iPhone di “accendersi” e “brillare” sul retro del telefono. Il servizio sarà attivo da metà ottobre ma non sarà gratuito, tutt’altro: costerà tra i 60 e i 130 dollari. Un prezzo elevato adatto unicamente alle tasche dei tecno-maniaci. è SI RITROVANO SU FACEBOOK E PARTE IL RICATTO. UN GIOVANE ARRESTATO Per spillare soldi a un innamorato vicentino invaghitosi di una ragazza calabrese, un conterraneo della donna, Claudio Melara di 27 anni, si era spacciato per un affiliato di un clan della malavita organizzata minacciando il vicentino di rappresaglie e ritorsioni se non gli avesse consegnato 300 euro per sanare “l’onta” del rapporto d’amore. La donna veniva presentata come figlia di un componente di una “n’drina”. I due si erano conosciuti da in vacanza da ragazzini e si erano rivisti recentemente in un supermercato in Calabria dopo essersi ritrovati su Facebook. Dopo aver acconsentito alla prima richiesta di denaro, ad una seconda richiesta il vicentino ha chiamato i carabinieri che hanno arrestato Melara in flagranza di reato. Si è così scoperto che l’estorsore, con precedenti specifici, non era mai stato organico ad alcuna consorteria mafiosa. Adesso i carabinieri stanno indagando sul ruolo della ragazza, in fase di identificazione. è SENTENZA coraggiosa e giustissima.Peccato che l’appello la ridimensionerà e poi la Cassazione la eliminerà. Siamo in Italia, la patria degli azzeccagarbugli: la Giustizia, quella vera, non ha casa qui. Jo è CHI é causa del suo male pianga se stesso: gli italiani tutti sono i primi responsabili, avendo votato per decenni una classe politica che, nei confronti di vittime italiane, si é preoccupata, come ora emerge dal verdetto, solo di farsi i propri interessi. Jan Rudolf Gentile è MA i reati penali, in Italia, non sono “personali”? codecasa è MA DAI! Quindi avevano ragione i complottisti? Pietro03 pagina 18 Mercoledì 14 settembre 2011 SECONDO TEMPO PIAZZA GRANDE Fermiamo l’Euroreich di Marco Onado e i governi europei non sapranno finalmente trovare una risposta seria e credibile alla crisi, l’unione monetaria rischia di frantumarsi e con essa l’intera costruzione europea. E saranno guai per tutti: per i Paesi più deboli, ma anche per i più forti. La situazione è precipitata per l’incapacità di trovare soluzioni adeguate alla gravità dei problemi: da un lato per i Paesi che non sono oggettivamente in grado di sostenere il debito accumulato (Grecia, Irlanda e Portogallo, sia pure in diversa misura) e dall’altro per i Paesi che hanno debiti di per sé sostenibili (Spagna e soprattutto Italia) ma che non riescono a prendere provvedimenti capaci di rassicurare i mercati sull’equilibrio dei conti pubblici e sulla crescita futura. S IN QUESTO scenario è quasi naturale che si moltiplichino le proposte di modificare l’unione monetaria, facendo uscire dall’euro i Paesi deboli (tra i quali ci sarebbe l’Italia) oppure quelli forti, che potrebbero dar vita a una nuova moneta. Se questi paesi fossero Germania, Austria, Olanda e Finlandia come da qualche parte proposto, potremmo parlare di un vero e proprio Euro Reich, che sanzionerebbe la supremazia monetaria e finanziaria tedesca. Ci sono però forti controindicazioni. Il Trattato europeo non prevede l’uscita dall’euro (perché un’area monetaria che nasce con le porte girevoli non è credibile: non si può entrare e uscire come al Grand Hotel), ma solo quella dall’Unione, cioè dall’intera costruzione europea. Dunque se la Grecia e altri Paesi decidessero di tornare alle monete nazionali, dovrebbero aprire la procedura prevista, che è lunga e difficile, come ogni divorzio. E alla fine dovrebbero rinunciare a tutti i benefici che l’appartenenza all’Europa comporta, a cominciare dai fondi speciali che rappresentano oggi un sostegno notevole alle loro traballanti eco- nomie. Dal punto di vista politico non bisogna dimenticare che la nascita dell’euro è stata la contropartita all’unificazione tedesca dopo la caduta della Ddr. Una Germania tornata ai confini del Terzo Reich faceva meno paura se unita nelle sorti monetarie e finanziarie agli altri grandi Paesi europei, fatta salva ovviamente la tradizionale propensione britannica all’isolamento. Ristrutturazioni dell’euro (e dell’Europa per i motivi visti) come quelle proposte rischiano di alterare drammaticamente gli equilibri raggiunti, con esiti difficilmente prevedibili. Ancora più importanti sono le controindicazioni di carattere economico. Se la Grecia (per fa- re un esempio) ritornasse alla dracma, si troverebbe sempre il problema del vecchio debito in euro da pagare. Quindi delle due l’una: o lo trasforma in dracme (il che è giuridicamente possibile solo per una parte delle emissioni) e dunque dichiara comunque il default, oppure deve trovare le risorse per pagare capitale e interessi, ma in questo caso nessuno può pensare che la ritrovata competitività del suo export e del suo turismo possano generare le risorse sufficienti per rendere sostenibile domani quello che oggi non lo è. Insomma, il problema del debito greco continuerebbe a proporsi praticamente negli stessi termini. E ovviamente il discorso vale per tutti i Paesi candidati ad accompagnare la Grecia. Per motivi opposti, anche i paesi forti non si troverebbero in migliori condizioni: il super-euro con la Germania al centro si rivaluterebbe significativamente rispetto alle altre monete, ren- è una domanda che, ancora oggi a distanza di molti decenni trascorsi dalla Seconda guerra mondiale e dal massacro nazista degli ebrei, emerge periodicamente nelle conversazioni tra gli storici e quelli che si interessano del passato più recente: “Perché l’Europa e gli Stati Uniti non fermarono quel massacro? Quali furono le ragioni della passività con cui il mondo civile assistette al grande orrore degli anni Quaranta?”. E anche a me è capitato, in Italia e altrove, di essere interrogato più volte sul problema. La domanda, nata all’indomani della catastrofe fascista e nazista, si è articolata dall’inizio in alcuni interrogativi preliminari: “Quali furono le effettive ragioni del silenzio delle C’ PRIMA DI INFIERIRE col piccone sull’unione monetaria occorre impegnarsi per le soluzioni, certo difficili ma ancora possibili, che consentono di conciliare tutti gli interessi in gioco: evitare il salvataggio dei responsabili degli eccessi del L’ipotesi che circola in Germania di espellere i Paesi ad alto debito dalla moneta unica segnerebbe la fine dell’Unione europea, per fortuna la Merkel sembra più moderata passato (che non sono i cittadini che stanno pagando un prezzo elevato); ridurre il debito dei paesi periferici al livello tollerabile attraverso un default controllato; far pagare una parte del costo alle banche, senza determinarne il tracollo; imporre le condizioni perché in futuro nessun paese possa più eludere le regole di equilibrio dei conti pubblici. Molti economisti sono convinti che una soluzione di questo tipo sia ancora possibile. Non così la Banca centrale tedesca che con le dimissioni di Axel Weber dalla Bundesbank e di Juergen Stark dall’esecutivo della Bce ha segnalato non solo l’opposizione agli acquisti di titoli ai paesi in difficoltà, ma ogni soluzione che abbia il sapore di un trasferimento di risorse dai paesi forti a quelli deboli. Angela Merkel sembra su posizioni meno radicali e capisce l’importanza della posta in gioco, quando dichiara: “L’euro è molto più di una moneta. Se fallisce l’euro, fallisce l’Europa”. La Cancelliera ha i suoi problemi in casa e fuori e dovrebbe essere incoraggiata a trarre le giuste conclusioni da questa premessa. Purtroppo il capo del governo italiano, che dovrebbe essere in prima linea per sostenerla, esprime giudizi sulla Merkel solo riferiti al suo posteriore. Se questo è il nostro contributo al rafforzamento dell’Europa, non ci meravigliamo se ci vogliono buttare fuori. Sopra, Angela Merkel; sotto, proteste a Salonicco, alcuni giorni fa (FOTO ANSA) Pio XII ha dato luogo prima a un’ampia pubblicistica e persino a dei film e a delle opere teatrali (chi ha più anni ricorda i libri degli anni Sessanta apparsi in Italia a cura del pubblicista Falcone) e quindi, molto più di recente, a un bilancio storico difficile da contestare da parte di uno dei mag- potenze democratiche e liberali rispetto alla strage perpetuata nei lager nazisti e nei paesi occupati dal Grande Reich? Perché si finse a lungo di non conoscere la realtà di quell’orrido massacro? E la Chiesa di Roma, a sua volta, perché si unì a quel silenzio con Pio XII? ” Nel libro “Europa e America di fronte all’orrore nazista” lo storico americano Hamerow afferma che nessuna democrazia occidentale fu immune dall’antisemitismo IN UN PRIMO tempo gli storici concentrarono la loro attenzione sul silenzio delle potenze alleate e del Vaticano, piuttosto che sulla loro passività, ma a poco a poco, nei decenni successivi al 1945, non è più stato possibile negare che Roma, Parigi, Londra, Washington avessero saputo a partire dal 1941-42 quello che stava avvenendo nei lager nazisti e, con modalità diverse, nei campi fascisti sparsi nella Penisola. La discussione si è concentrata, quindi, sul secondo aspetto del dilemma: che cosa avrebbero potuto fare, e non fecero, gli alleati e la Chiesa di fronte a quello che è sempre più stato definito, con un termine tratto dalla religione cristiana, come l’Olocausto? Il primo aspetto del dilemma si è a poco a poco chiarito e ha provocato, per alcuni decenni, violente polemiche politiche e giornalistiche che hanno occupato a lungo i principali mezzi di comunicazione dell’Occidente americano ed europeo. Il silenzio di giori studiosi della Chiesa, lo storico di Trieste, Giovanni Miccoli che a papa Pacelli ha dedicato qualche anno fa un volume prezioso. Meno aspro, ma altrettanto accanito, è stato il dibattito che ha riguardato le maggiori capitali europee e quella americana. Ma, nell’uno come nell’altro caso, è apparso sempre più chiaro che i freni a rompere il silenzio e a rendere noto quel che stava accadendo nell’Europa centro-orientale avevano radici al- Perché la Shoah non fu fermata di Nicola Tranfaglia dendo più care le merci tedesche. Risultato: o le esportazioni calano, o le imprese aumentano i prezzi meno della svalutazione, cioè riducono i loro profitti, o qualunque combinazione fra le due cose. Come può un paese come la Germania, votato all’esportazione e che vende tanto in Europa avere interesse a un risultato del genere? Il badante É di Oliviero Beha LA RISATA CHE CI UCCIDERÀ T ra i tanti danni che ci lascia in eredità la lunga stagione berlusconiana, comprensiva sia del Caimano che dei suoi finti cacciatori, è stato segnalato ormai da qualche tempo lo svuotamento delle parole: questa classe dirigente capitanata dal Re Solicello o Cavaliere Inarrestabile perché improcessabile le ha sgusciate del loro significato come ostriche della polpa e quando parla non dice, o disdice, o polverizza ogni senso del lessico. In un Paese all’avanguardia in Europa nell’analfabetismo di ritorno, tutto ciò è insieme complementare e meraviglioso: qui sì che troviamo la corrispondenza tra vertici e base che truffaldinamente la sedicente politica vuole individuare tra eletti ed elettori. Dunque parlano male perché non hanno nulla da dire, perché si difendono dalla realtà reale che li smaschera, rifugiandosi nella realtà televisiva, perché se nessuno rischia nulla in idee e parole per dirle, quest’afasia viene accettata come normale e nessuno dei destinatari di questi messaggi bacati ci fa più caso. Penso soprattutto a Berlusconi naturalmente, con una casistica infinita, ma penso anche al mantra da stadio in omaggio al totem della diversità da parte dell’opposizione (“il premier vada a casa”), mantra dai connotati concettuali e progettuali non straordinari: magari serviranno a non parlare di Penati e Lari, ma le gambine politiche di queste verità mancanti sono cortissime. Mi sembra però che da qualche tempo stia accadendo qualcosa di almeno altrettanto grave: che dalla padella dell’afasia politica si sia passati alla brace della ridicolaggine. Ma sì, ormai fa tutto ridere, è materia prima per un cabaret quotidiano, una merce sold out, si scherza, si canzona, si motteggia sulla pochezza della situazione e così facendo si acquietano coscienze e si mette a sedere qualunque velleità di risveglio critico. Applausi in platea, e idola tribus o teatri. Tal Bakunin si augurava che la fantasia distruggesse il potere, e sappiamo come è andata: è una formula pubblicitaria per vendere un’automobile o un profumo. Ma sosteneva anche che “una risata vi seppellirà”. Ebbene, è vero, stiamo morendo dal ridere, ma tutti quanti, Berlusconi e i suoi certo, ma anche coloro che li prendono per i fondelli o addirittura per il culo: lui ci mette il carico maggiore autodefinendosi “un benefattore di famiglie in difficoltà” come sta dicendo in questi giorni in cui la magistratura tenta invano di tarantineggiarlo. Ma anche noi che lo scriviamo, travolti dall’irrealtà o dalla surrealtà di questo grottesco finale di partita, rischiamo di fare il gioco del Re di Prussia. Se tutto è ridicolo, se tutto ci indigna un pochino ma ci fa sganasciare molto di più, nulla sembra esserlo davvero ed edifichiamo insieme un costrutto di risate che sembra bastarci: nel frattempo il Paese sprofonda, e non ci sarebbe davvero niente da ridere. Bakunin non ha mai detto che io sappia che una risata ci disseppellirà o ci ricostruirà: e invece questo popolo tendenzialmente zombesco forse avrebbe bisogno di meno cabaret e di più impegno, di più serietà e meno sghignazzate, di presentabilità e non di ludibrio. Sì, conosco l’obiezione, queste sono “merci” di difficile spaccio, nella disabitudine dei nostri palati berlusconizzati, o addirittura sono “prodotti” che reagiscono a se stessi come composti chimici che quasi subito assumono la veste di “servizi”, di esempi, proprio ciò di cui ora avremmo più bisogno. Ridere è invece assai più facile e immediato. E del riso liberatorio chirurghi come Patch Adams con i suoi clown ne hanno fatto un sistema terapeutico. Ma lui cura i malati. Qui siamo a un passo dalle salme: e tutti giù a ridere per le bungate di Arcore? Ancora? Davvero non si può fare niente di più, di meglio, di più urgente? l’interno di opinioni pubbliche che prendevano complessivamente sul serio (almeno in maggioranza) le accuse religiose del pontefice come quelle dei capi dei governi e degli Stati occidentali nei confronti degli ebrei. UN NOTO STORICO americano come Theodore S. Hamerow ha pubblicato tre anni fa un grosso volume che è stato tradotto qualche mese fa in Italia e che promette, fin dal suo titolo, di rispondere alla prima parte della domanda. Il titolo è: Perché l’Olocausto non fu fermato. Europa e America di fronte all’orrore nazista (Feltrinelli editore, pp. 492, 28 euro). Che cosa dice di nuovo, e di interessante, il libro dello storico americano di fronte a quello che è stato detto, fino a ieri, dagli storici europei e italiani? La risposta di Hamerow è (sarei tentato di dire) poco gradevole ma precisa, anche se – a ragione – non mette sullo stesso piano il caso dei paesi collaborazionisti come l’Italia di Salò e la Francia di Petain (per i quali gli studi più recenti e documentati mettono in luce la presenza attiva fornita nello sterminio sistematico degli ebrei e dei “diversi” durante la Seconda guerra mondiale) e le liberal-democrazie occidentali come la Gran Bretagna e gli Stati Uniti che, con le loro autorità di governo, si erano pronunciate nettamente, e fin dall’inizio, contro la politica razzista e antisemita della Germania e dei suoi alleati. “L’Olocausto non fu fermato – afferma Hamerow – perché anche le democrazie occidentali furono percorse al loro interno da una fortissima ondata di antisemitismo che impedì ai governi di prendere misure concrete a favore degli ebrei. E come avrebbero reagito le altre minoranze se si fosse intervenuti soltanto in favore degli ebrei?” E, infine, l’attacco che, dopo il 1939, si realizzò alla fine contro l’alleanza tripartita legata a Hitler non poteva a sua volta essere combattuta in nome della sicurezza nazionale e non della salvezza di una minoranza, sia pure importante, come quella degli ebrei. Ma questo, sul piano storico, significa – e Hamerow lo riconosce apertamente – che Hitler aveva vinto, almeno in parte, la sua terribile battaglia: perché era riuscito a cacciare gli ebrei, tutti gli ebrei, dalla vecchia Europa. Mercoledì 14 settembre 2011 pagina 19 SECONDO TEMPO BOX MAIL In ricordo dell’11 settembre cileno Furio Colombo 7 L’11 settembre 1973 il generale Pinochet assassinò Allende, presidente del Cile legittimamente eletto nel novembre 1970. Da quel giorno e per ben diciassette lunghi anni, Pinochet, protetto dal suo esercito e da quello americano, procurò la morte di almeno 30 mila e la tortura di 600.000 cileni, l’esilio di centinaia di migliaia di persone e la distruzione sistematica di tutte le istituzioni democratiche del paese. Papa Giovanni Paolo II visitò il Cile nell'aprile 1987 e incontrò Pinochet. Il Papa si affacciò con il generale al balcone del Palazzo de La Moneda (dove quattordici anni prima era stato assassinato Alliende), e impartì la benedizione nel cortile interno dello stesso palazzo ai funzionari del governo. Il 18 febbraio del 1993 Papa Wojtyla e il Segretario di Stato Angelo Sodano inviarono a Pinochet due lettere di auguri in occasione della ricorrenza delle sue nozze d'oro. “Al generale Augusto Pinochet Ugarte e alla sua distinta sposa, signora Lucia Hiriarde Pinochet, in occasione delle loro nozze d’oro matrimoniali e come pegno di abbondanti grazie divine”, scrive senza imbarazzo il Sommo Pontefice, “con grande piacere impartisco, così come ai loro figli e nipoti, una benedizione apostolica speciale. Giovanni Paolo II”. Ancor più caloroso e prodigo di apprezzamenti è il messaggio di Sodano, che era stato nunzio A DOMANDA RISPONDO SE IL PARLAMENTO LAVORA crivo per segnalarle che nel suo articolo apparso su Il Fatto di domenica 4 settembre, lei dice che lo 0,7 delle leggi su 6300 presentate sono state approvate, ergo nessuna. Ma andando a guardare la tabella a pag. 22 di Repubblica (citata come fonte dall'articolo, ndr) si vede come quello 0,7 sia una percentuale, quindi lo 0,7 di 6930. Arrotondato all'unità fa 49. Ciò non sposta di una virgola il suo ragionamento, ma è una doverosa precisazione. Marco S RINGRAZIO per la precisazione che è anche un aiuto per riflettere non solo sulla modesta quantità del lavoro di iniziativa parlamentare alla Camera e al Senato, ma anche per tornare su un punto che è sempre trascurato dalle tante fondatissime critiche sull’attività del Parlamento. Ce ne sono due che appartengono al passato e non rappresentano i gravi problemi di oggi. Uno e' l'assenteismo. Nonostante la ripubblicazione continua di due o tre storie di assenze continuate e vistosamente deplorevoli, deputati e senatori ci sono sempre in gran numero (direi quasi tutti, da una parte e dall'altra) perché potrebbe sempre presentarsi l'occasione di un rovesciamento tra maggioranza e minoranza (ogni tanto accade, purtroppo di rado). Si racconta spesso anche di "aula vuota" in occasione di certi dibattiti o discussioni. È vero quando in Parlamento un deputato o senatore parla per restare a verbale, ma non sono previsti dibattiti o voti. Altrimenti il rischio ribaltone garantisce banchi affollati quasi sempre. Il LA VIGNETTA problema, per il Paese e per la dignità dei parlamentari, è il lavoro che svolge. Se pensate che le 49 leggi di iniziativa parlamentare che risultano approvate negli anni di questa legislatura sono tutte generiche e "bipartisan" prove di buona volontà (come la legge anti-stalker o certi benevoli e astratti interventi per l'infanzia) vi rendete conto che di "parlamentare" ai tempi di Berlusconi non c'è praticamente nulla. Tutto il lavoro è dedicato alle leggi o decreti voluti e scritti e imposti (anche alla sua maggioranza) dal governo. E qui vale la pena di ricordare un peso storico che grava sul parlamentarismo italiano, al modo in cui il debito pubblico grava su tutti i cittadini. Decennio dopo decennio si è radicata (non nella Costituzione, ma nella prassi accettata) che le decisioni vengono prese dai partiti, fuori dal Parlamento e diventano leggi e proposte attraverso la disciplina di partito. Il berlusconismo ha introdotto una differenza che accentua e aggrava la sottomissione del Parlamento: decide quasi tutto il governo, e resta solo l'opzione di accettare o respingere. È una opzione apparente, perché la maggioranza obbedisce sempre e quasi senza discussione al governo. Dunque stiamo vivendo questo paradosso: se il Parlamento non lavora, disorienta e indebolisce il Paese (oltre a compiere un servizio disonesto). Se lavora, realizza scrupolosamente quasi solo la volontà del governo. Ognuna delle due possibilità è dannosa. Purtroppo si deve dire che – sotto Berlusconi e a sostegno delle leggi di Berlusconi – questo Parlamento ha lavorato molto. Furio Colombo - Il Fatto Quotidiano 00193 Roma, via Valadier n. 42 [email protected] imperatore" del Paese vorrà festeggiare i suoi 75 anni". "Ora l'Italia minaccia la stabilità finanziaria di tutta l'Europa... Aver tollerato troppe buffonerie ha provocato troppi danni". Ma dell'istituto dell'impeachment (...stato d'accusa, imputazione), in Italia, se ne sono perse le tracce? Già soltanto... aver pronunciato che l'Italia è un Paese di m... Quanti casi in giro per il mondo e... per molto meno... e per di più nella Patria del Diritto. Possibile che soltanto la fine Legislatura potrà mettere tutto a "tacere". Per carità, Strasburgo val bene una messa rispetto ai suoi pm della Procura... ma quel famoso "passo indietro" non arriva e continua a tenerci tutti in un fango insopportabile. Saluti Angelo Mandara apostolico in Cile dal ’77 all’88, e che nell’87 aveva perorato e organizzato la visita del papa a Santiago, trascurando le accese proteste dei circoli cattolici impegnati nella difesa dei diritti umani. Il cardinale scrive di aver ricevuto dal pontefice “il compito di far pervenire a Sua Eccellenza e alla sua distinta sposa l’autografo pontificio qui accluso, come espressione di particolare benevolenza”. E aggiunge: “Sua Santità conserva il commosso ricordo del suo incontro con i membri della sua famiglia in occasione del- la sua straordinaria visita pastorale in Cile”. Sergio Puxeddu Il premier che prende in giro il Paese L'ultima accusa del premier all'opposizione: "Per spallata a me rovinano il Paese"... Il New York Times rileva invece: "Baccanali Berlusconi mentre l'Italia destabilizza l'Europa". Sempre secondo il NYT: "Ma in questo momento drammatico ci si domanda come il "lussurioso La gita a Bruxelles è l’ennesima scena ridicola verni europei sarebbero felici di alzare l’età se comandati e obbligati dall’Europa; mentre pronunciava quest’ultima, Bossi gli rispondeva con l’espressione che meglio gli riesce, il dito medio alzato. Nel frattempo che i due maggiori esponenti governativi si esibivano con simili baggianate i mercati finanziari facevano schizzare gli interessi sul debito italiano quasi al 6% divorandosi più di due miliardi delle manovre, presente e future. Fanno quasi tenerezza nelle loro penose apparizioni televisive gli esponenti della maggioranza governativa con le loro dichiarazioni, a viso accigliato, tutte tese a giustificare la “fuga” del Capo ed a elogiare una manovra che contestavano il giorno prima; l’unico a mostrarsi sempre col sorriso a salvadanaio, per mostrare nonostante tutto il suo ottimismo, anche se le sue mitragliate di parole lo contraddicono. Cara redazione, doveva essere veramente grande, da tagliarsi col coltello, l’imbarazzo a Bruxelles e Strasburgo per la visita del Berlusca, tanto grande che lo si percepiva anche dalle riprese televisive. Ancor più grande quando all’inopportunità della visita si sono aggiunte le sue sciocchezze sull’opposizione che critica la manovra per dare una spallata a lui ed al suo governo non rendendosi conto che così facendo la dà all’Italia e quella sulle pensioni d’anzianità di cui i go- Mario Sacchi Modalità di pagamento di pagamento, nome cognome, indirizzo, telefono e tipo di abbonamento scelto. • Pagamento direttamente online con carta di credito e PayPal. Per qualsiasi altra informazione in merito può rivolgersi all'ufficio abbonati ai numeri +39 02 66506795 - +39 02 66505026 +39 02 66506541 o all'indirizzo mail [email protected] Addio a una nostra lettrice abbonata Buongiorno, vi scrivo perché ho notato che spesso pubblicate le lettere dei vostri abbonati. Nel mio caso cosa mi spinge a contattarvi è la scomparsa di una vostra fedele lettrice. Avevamo pensato di lasciare fra le sue braccia per sempre una copia del vostro giornale ma, alla fine, abbiamo evitato per rispetto a una vita trascorsa Abbonamenti Queste sono le forme di abbonamento previste per il Fatto Quotidiano. 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Così Isadora Duncan, la “danzatrice della sciarpa” se ne va, il bel collo spezzato dalle frange di un foulard impigliato nelle ruote della sua Bugatti, mentre in un giorno d’autunno sfreccia radiosa sul lungomare di Nizza. Morte tragica e teatrale per una vita estrema, scandita dalla passione. Per gli uomini, per l’avventura, per i viaggi, per la danza. Una danza visionaria, ispirata all’eleuteron greco, libertà totale del corpo e dell’anima, svincolata dai rigidi steccati del balletto, dall’estetica d’accademia. A piedi nudi, avvolta in tuniche e pepli lievi, danza Isadora verso il Novecento, irrompe sensuale e spregiudicata nei sacri templi del balletto russo, diventa a Mosca icona della rivoluzione, scuote e travolge platee di mezzo mondo. In un vortice di scandali trionfali, seduce i grandi del suo tempo, D’Annunzio, Gorki, Stanislavskij, Gordon Craig e Esenin, il poeta maledetto che, dopo un breve legame tormentato si impiccherà in una stanza d’albergo a Pietroburgo. Con la sua “danza libera”, emotiva, impressionistica, segnerà la coreografia del nuovo secolo. Leggenda fino all’ultimo, quando soffocherà senza scampo nella sua sciarpa velata. Giovanna Gabrielli nel rifiuto di qualsiasi forma di integralismo. Addio zia Enrica, tu per me hai rappresentato la campanella della ricreazione, il panino alla nutella portato da casa i giorni passati in colonia, la prima pista di sabbia per le biglie dei ciclisti, la moneta per il juke box, il primo giro in fiat ritmo con il foglio rosa, l'odore acceso del camino in Abruzzo i giorni di Natale, le ore passate nelle afose notti romane a parlare di politica, quando per mangiare si usava ancora il galateo, la voce calda ed accogliente che nei momenti di terrore significava: "non avere paura, ci sono io qui vicino". A 40 anni ho capito che essere ricchi, vuol dire aver vissuto con accanto persone equilibrate e riservate come te. L'Italia non è fatta soltanto di residenti mafiosi e di grandi geni in fuga ma, soprattutto, di persone normali che, come noi, hanno sempre amato il proprio paese nella speranza di vederlo governato da uomini dotati di altrettanto amore e della stessa nostra passionalità. Grazie al vostro giornale per averci ricordato in questo (anche negli ultimi mesi di vita di mia zia) che non siamo mai stati soli. Fabrizio Dominici Diritto di Replica Leggendo l'ennesima cronaca sulle cene di Arcore. Leggendo per la millesima volta intercettazioni che mi riguardano ho riflettuto – senza ironia – sulla vostra fatica. Giorno dopo giorno, notte dopo notte. Ho immaginato le lunghe riunioni durante le quali "Berlusconi, Berlusconi, Berlusconi... Fede, Fede, Fede". Come distruggere l'uno e l'altro. Poi la sera tornando a casa, tornando alla famiglia: "Abbiamo massacrato Berlusconi, abbiamo massacrato Emilio Fede". Non deve essere facile. Non voglio dire che vi occupate di "cazzate". Forse lo penso, certamente non lo dico. Siete riusciti a scrivere che una somma di denaro dalla Svizzera è giunta in Italia attraverso una signora cubana, indicandola con nome e cognome. Questo non risulta, neppure per una virgola, nelle carte dell'inchiesta. Forse – ma è pura immaginazione – riponete troppa fiducia in quella sorta di "porto franco" della giustizia che vi mette in condizione di ottenere – primi di tutti – le carte dell'inchiesta. È vero, rischiate la querela. Ma il “porto franco" farà sì che non giunga mai a giudizio. Anzi. Subito archiviata. Non so se vincerete questa battaglia che ha solo e soltanto alla base una strategia politica. Forse sì. Forse no. Per Quella nei miei confronti non trovo l'aggettivo giusto. Meschina? È poco. Ma sono contento – lo dico senza ironia – che la sera tornando alla famiglia potete rallegrarvi – magari davanti a un bicchiere di vino per dire "anche oggi li abbiamo sistemati". Che poi io sia un grande professionista non importa. Che sia una persona perbene neppure. Che tutto questo vi faccia vendere qualche copia in più – meritando i complimenti di certa politica e certa magistratura – questo sì. Merita un brindisi. Ma ho la certezza che – prima o poi – passerà il tram. Quello contro il quale – se uno non fa attenzione – ci sbatte la faccia. Emilio Fede Purtroppo per lei, tutto quello che scriviamo sulle cene di Arcore è contenuto negli atti dell’inchiesta di Milano che la riguarda. IL FATTO QUOTIDIANO via Valadier n. 42 - 00193 Roma [email protected] Direttore responsabile Antonio Padellaro Vicedirettore Marco Travaglio Caporedattori Nuccio Ciconte e Vitantonio Lopez Progetto grafico Paolo Residori Redazione 00193 Roma , Via Valadier n°42 tel. +39 06 32818.1, fax +39 06 32818.230 e-mail: [email protected] sito: www.ilfattoquotidiano.it Editoriale il Fatto S.p.A. 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