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ghedini, tarantini e il cognato del boss

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ghedini, tarantini e il cognato del boss
Giovanardi: “La condanna dello Stato per Ustica è un nuovo
caso Tortora”. Più che un viceministro, un caso umano
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www.ilfattoquotidiano.it
€ 1,20 – Arretrati: € 2,00
Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46)
Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009
Mercoledì 14 settembre 2011 – Anno 3 – n° 218
Redazione: via Valadier n° 42 – 00193 Roma
tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230
IL COATTO
Eurobunga
di Marco Travaglio
O
Mentre il fuggiasco Berlusconi imbarazza
l’Europa, la Procura di Napoli gli dà
tempo fino a domenica per presentarsi
Poi scatterà l’accompagnamento forzato
Sepolcri imbiancati
di Paolo Flores d’Arcais
dc
i sarà pure un giudice a Berlino” è la frase
con cui il mugnaio Arnold (o sua moglie
Rosina) si rivolse all’imperatore Federico
di Prussia per avere giustizia. Da allora, paradossalmente, è diventata l’espressione idiomatica per indicare l’autonomia dei magistrati di
fronte alla prevaricazione del potere politico. I
magistrati della Procura di Napoli hanno onorato
quel detto, non si sono fatti intimidire dalla nuova
raffica di menzogne e contumelie di Berlusconi,
gli hanno proposto quattro date (da
giovedì a domenica) per non sottrarsi ai suoi doveri di testimone (la
legge è uguale per tutti!), dopo di
che c’è la richiesta di accompagnamento coatto. Vedremo se il compagno di merende di Gheddafi fuggirà ancora
(versione soft della latitanza di Craxi?).
A non aver onorato i propri doveri istituzionali
sono invece Barroso e Van Rompuy, che si sono
prestati a fare da “spalle” alla pantomima con cui
il plurinquisito amico di Putin cerca una volta di
più di sfuggire alla “legge eguale per tutti”. Berlusconi ha preteso l’invenzione a tambur battente di un “impegno” europeo fino ad allora mai
ventilato, proprio per le stesse ore in cui avrebbe
dovuto rispondere alle domande di Henry John
Woodcock, procuratore aggiunto di Napoli. Barroso e Von Rompuy, entrambi del Partito popolare europeo come il plurinquisito di Arcore, hanno obbedito (Manzoni avrebbe detto: “La sciagurata rispose”).
Era davvero improcrastinabile vedere Berlusconi
il 13? Non il 14, non il 12, ma proprio quando
avrebbe dovuto rispondere ai magistrati (senza la
possibilità di amnesie selettive o di mentire per la
gola, perché in tal caso si procaccia l’incriminazione per testimonianza falsa e reticente)? Senza
quel faccia a faccia i mercati non avrebbero creduto al “miracolo” che la manovra finanziaria italiana rappresenta (Berlusconi dixit)? Il risultato è
che a chiusura dello spot pubblicitario di Strasburgo e Bruxelles lo spread con i bond tedeschi
è schizzato a 407.
Barroso e Van Rompuy non possono pretendere
miracoli dalla nostra ingenuità. Perché hanno
permesso che le istituzioni europee diventassero
teatro dell’ennesima sceneggiata berlusconiana?
Oltretutto hanno rischiato grosso: se B. avesse
esternato anche sulla signora Merkel? È perciò
sperabile che i parlamentari di Strasburgo che
prendono sul serio Montesquieu (e magari anche
la democrazia) presentino contro Barroso e Van
Rompuy una mozione di censura e trovino una
maggioranza che, votandola, salvi l’onore dell’Europa.
C
Il Pdl grida al “golpe” e minaccia
ispezioni anti-pm. Il premier
prepara un altro viaggio,
da Putin Gramaglia e Sansa pag. 2 - 3 z
Udi Marco Onado
OGGI ALLA CAMERA
L’EUROREICH
NON SERVE
A NESSUNO
La Lega
salva anche
Milanese
dal carcere
i governi europei non saSunaepranno
finalmente trovare
risposta seria e credibile alla
crisi, l’unione monetaria rischia
di frantumarsi e con essa l’intera
Europa. E saranno guai per tutti:
per i Paesi più deboli, ma anche
per i più forti.
pag. 18 z
(FOTO EMBLEMA)
Zanca pag. 6 z
GHEDINI, TARANTINI
E IL COGNATO DEL BOSS
L’avvocato di B. (interrogato
ieri) trovò lavoro a “Gianpi”
in una società in odor
di ‘ndrangheta vicina a Lavitola
di Marco Lillo
Beneficenza Niccolò Ghedini dopo l’interrogatorio
risponde al sito del Fatto: “Io non faccio beneficenza”
pm Curcio, Piscitelli e Woodcock hanno conIsocietà
vocato Ghedini per capire il suo ruolo nella
Andromeda, in cui Tarantini ha iniziato
a lavorare dopo il primo arresto.
pag. 2 - 3 z
Udi Carlo Tecce
Udi Silvia Truzzi
SPESE RAI,
AGLI AMICI
CI PENSA LEI
100 milioni
LE OMELIE
DEL CARDINAL per 6 braccialetti
elettronici
D’ALEMA
er il vocabolario Rai, un
manoscritto mai pubblicato, la parola risparmiare significa spendere. L’inafferrabile Lorenza Lei, nominata
con squilli di trombe e rintocchi di campane (vaticane),
cosa prometteva? pag. 7 z
llarme per un caso di
sdoppiamento della personalità a Ostia. Si è presentato sul palco della Festa dell’Unità il vice-conte vaticano
Massimo D’Alema, al posto
dell’omonimo
compagno
Massimo D’Alema. pag. 8 z
P
A
metto: Ehilà bella gnocca! Ma lo sai che sei
molto carina? Sono il capo del governo
italiano, il migliore degli ultimi 150 anni. Il
presidente del Parlamento europeo mi
attende con ansia, annunciami.
Segretaria: Veramente in agenda non risulta e il
presidente è occupatissimo. Se mi dice per che
cos’era, prendo nota.
Ometto: Non capisci: a me serve incontrarlo oggi,
domani è già tardi.
Segretaria (all’interfono): Presidente, c’è qui un
ometto tutto liftato e asfaltato che ride sempre e
chiede di lei. Dice che è il presidente del Consiglio
italiano, ma a me pare impossibile.
Presidente: Le ha parlato di comunisti e di giudici?
Segretaria: Sì, come ha fatto a indovinare?
Presidente: Si fidi, è lui. Che vuole?
Segretaria: Dice che viene per colpa
dell’opposizione e di certi pm. Giura che ha
appuntamento, ma a me non risulta.
Presidente: Nemmeno a me. Gli dica di ripassare il
mese prossimo. Ora ho da fare, mica siamo al
Parlamento italiano.
Segretaria: Gliel’ho già detto, ma insiste. (Sottovoce)
È un’ora che rompe. Racconta barzellette zozze,
insiste perché vada ai suoi lunga-lunga o qualcosa
del genere, ora mi sta riattaccando ‘sta pippa sui
comunisti e i giudici, parla anche di una famiglia
barese che ha salvato dalla fame. Non mi fa lavorare.
Non è che potrebbe ricevermelo un paio di minuti,
così ce lo leviamo dalle palle?
Presidente: Vabbè, faccia entrare, però aspetti che
levo le poltrone dall’ufficio, sennò si installa qui
come una zecca.
Ometto: Presidente carissimo! Ma sei sempre più
giovane! E a figa come vai? Scherzo, eh! Però, se
vuoi favorire, non fare complimenti: basta che mi fai
una chiavatina, ah ah volevo dire chiamatina, buona
questa... Mi fai accomodare?
Presidente (guardando l’orologio): Senta, sto
aspettando il presidente polacco. Si sieda lì sul
portaombrelli.
Ometto: A proposito, la sai quella del tizio che si
siede sul portaombrelli e non si accorge
dell’ombrello a punta insù? Me l’ha passata Lavitola
e l’ho subito raccontata al Papa.
Presidente: Guardi, abbiamo due minuti esatti da
ora, venga al punto. In che cosa posso esserle utile?
Ometto: Quanta fretta, cribbio! No, niente, sono
venuto a Bruxelles...
Presidente: Veramente siamo a Strasburgo.
Ometto: ...ecco, appunto, a Strasburgo... per
illustrarti le manovre dei comunisti e delle toghe
rosse e la manovra del mio governo che ha salvato
l’Italia. Pensa che per impedirmelo quei comunisti
dei pm volevano interrogarmi a Napoli.
Presidente: Guardi, se era per me poteva
tranquillamente andare a Napoli: della sua manovra
non me ne può fregare di meno. Se i premier dei 27
Stati membri venissero qui ogni volta che fanno una
manovra, non mi basterebbero 48 ore al giorno.
Ometto: Ma gli onorevoli Mauro e Tajani mi
avevano garantito che eravate interessati.
Presidente: Mauro e Tajani chi?
Ometto: Mah, forse c’è stato un equivoco. A
proposito, quella culona della Merkel è da queste
parti? Devo scusarmi per un altro equivoco.
Presidente (Riguarda l’orologio e rialza la cornetta):
Signorina, faccia entrare quello della sicurezza. (Entra
un armadio umano) Bravo, Kurt, accompagni questo
signore all’uscita. Arrivederla, buonuomo, le faremo
sapere.
Ometto (Riaccende il cellulare e compone un numero con
prefisso sudamericano): Pronto Valter? Ti chiamo da
Strasburgo o forse da Bruxelles, non sottilizziamo.
Tutto ok, l’ho sfangata anche stavolta. Che faccio:
torno in Italia e chiarisco tutto con i pm?
Lavitola: Resta dove sei, che è meglio.
ncarceri e sprechi
D’Onghia pag. 11z
CATTIVERIE
Belpietro: “Quando fui licenziato
io non scioperò nessuno”.
Preferirono festeggiare
sobriamente (www.spinoza.it)
pagina 2
Lo scudo nei confronti
dei giudici: serve
l’ok del Parlamento
L’
FUGA CONTINUA
opinione diffusa è che la Procura di
Napoli difficilmente userà contro
Berlusconi l’arma dell’accompagnamento
coatto in seguito al suo rifiuto di voler collaborare con
i magistrati come “persona informata dei fatti”. L’arma
giuridica di per sé esiste anche nei confronti del
premier che in questo caso, in quanto parlamentare,
gode di uno scudo che lo mette al riparo
IL PIANO Un vertice con Putin per evitare
i magistrati. Il Pdl: gli ispettori a Napoli
di Sara
Nicoli
Putin, per un improvviso bilaterale, caCnelonsomai
sul gas, oppure un vertice di governo
weekend per valutare gli effetti della crisi
economica? Palazzo Chigi studia il modo di
riempire l’agenda del Cavaliere da giovedì a
domenica in modo che non ci sia neanche un
buco di un’ora da poter dedicare ai pm di
Napoli, che quelle date hanno suggerito per
un nuovo incontro. Mentre gli avvocati spingono, invece, perché “non gli risponda neppure, così vediamo chi vince...”. Berlusconi, in
verità, in queste ore sta pensando a una sola
cosa: non perdersi Napoli-Milan di domenica:
“Per il resto, inventatevi quello che volete – ha
ordinato ieri ai suoi da Strasburgo – perché
tanto io quelli non li voglio neppure vedere
dipinti”. Una sfida in piena regola: “Non mi
avranno mai, non gli rispondo neppure”. Il suo
stretto entourage, a dire il vero, obbedisce
senza tentennamenti. Perché soprattutto
Ghedini è terrorizzato all’idea che il Cavaliere
possa “sedersi su quella sedia”. È convinzione
degli avvocati-tutori di Berlusconi, visto “l’umore” e, soprattutto, “la sincera antipatia”
(eufemismo usato dall’avvocato Longo, non
senza ironia) che il premier nutre per i magistrati, che se mai dovesse essere interrogato
“finirebbe inevitabilmente per contraddirsi –
questo il timore di Ghedini – e tutto gli si
rivolterebbe contro”. Da qui la necessità di
una strategia di fuga che punta a trovare, anche per ogni prossima richiesta della magistratura di Napoli, un ‘impedimento’ istituzionale capace di stoppare ogni velleità di interrogatorio. Oppure di opporre il silenzio
per vedere fino a che punto si spingerà Le-
dall’immediata esecutività dell’eventuale dispositivo
dei pm, ma si tratta di una pallottola spuntata. Nel caso,
insomma, ci vorrebbe l’autorizzazione della Camera
(in questa occasione forse basterebbe solo quello della
Giunta per le autorizzazioni, visto che Berlusconi non
è indagato) ma comunque ci vorrebbe un placet
parlamentare. Solo dopo il via libera i magistrati
potrebbero proseguire con un interrogatorio, ma è
pore. Ieri, comunque, è stata recapitata
ad Arcore, dalla Digos, la nuova richiesta di audizione. Gliel’hanno portata direttamente a casa perché il ricatto di cui
sarebbe vittima lo riguarda personalmente, non come premier, ma tutto fa
presagire che la questione non sia affatto finita qui. Se, infatti, riuscisse sempre a sfuggire, alla fine la Procura potrebbe anche giocarsi la carta del cosiddetto “accompagnamento coatto”,
ma sarebbe una mossa che non porterebbe da nessuna parte; Berlusconi è
parlamentare e anche per un semplice
interrogatorio deve avere il via libera
della Camera. Che non lo concederebbe mai. Insomma, ancora una volta tra
Berlusconi e la magistratura è in atto
una guerra di nervi che stavolta, però, il Cavaliere rischia di perdere nonostante dal Pdl
anche ieri si siano alzate le solite voci indignate (Contento e Costa) che hanno chiesto
al ministro Nitto Palma di inviare gli ispettori
a Napoli contro la Procura. Ieri il Guardasigilli
chiaro che la Camera mai lo concederebbe, dunque il
Cavaliere non ha nulla da temere. Diverso il caso se la
sua posizione si dovesse trasformare in quella di
“indagato”, allora a quel punto sarebbe necessario
anche il voto della Camera. Che visti gli ultimi
avvenimenti (e anche il prossimo su Milanese) lo
difenderà fino all’ultimo giorno di legislatura.
S. N.
L’amico Vladimir Il leader russo Putin F
OTO
ANSA
ha annunciato comunque l’intenzione di disporre nuovi accertamenti per avere notizie
(scritte) sull'audizione dei difensori di Gianpaolo Tarantini. A Lepore la prossima mossa.
Che, qualcuno sostiene, potrebbe essere
“pesante e mediatica”.
ULTIMATUM AL CAIMANO
I pm del caso escort: o si presenta entro domenica o chiediamo
l’accompagnamento coatto. B. a Lavitola: “Fatti una vacanza”
di Marco Lillo
e Ferruccio Sansa
inviati a Napoli
er il deputato del Pdl Osvaldo Napoli è un atto con
“velleità golpiste”. Per la
Procura di Napoli è la semplice applicazione del principio
che vuole la “legge uguale per tutti”. Silvio Berlusconi entro le 14
di oggi dovrà comunicare alla
Procura di Napoli quando si presenterà davanti ai magistrati per
rispondere alle loro domande. Ieri, mentre il premier era accolto a
Bruxelles e Strasburgo dai politici europei, usati come paravento, gli agenti della Digos bussavano al portone di Arcore. In mano
gli investigatori avevano una citazione destinata al presidente
del Consiglio per sentirlo come
testimone nel procedimento che
lo vede parte lesa di due presunti
ricattatori, ValterLavitola e Giampaolo Tarantini.
Il foglio notificato ieri per il Ca-
P
valiere e i suoi avvocati è la concretizzazione dei peggiori incubi: Berlusconi come persona offesa è infatti obbligato a presentarsi davanti ai pubblici ministeri, da solo, senza il suo stuolo di
avvocati. E senza nemmeno poter mentire, pena il rischio di essere incriminato seduta stante
per falsa testimonianza. “Molto
meglio se fosse indagato”, si fanno scappare negli ambienti berlusconiani: già, potrebbe non
presentarsi, potrebbe addirittura mentire impunemente. E accanto a lui ci sarebbero i suoi fidi
avvocati a proteggerlo. Stavolta
non sarà così.
munque essenziale sentire il dottor Berlusconi, in quanto persona offesa dal reato. E abbiamo anche urgenza perché ci sono persone in prigione e non vorremmo che le indagini fossero danneggiate”, commentano a Palazzo di Giustizia.
DOPO AVER PROVATO a
lungo con le buone a concordare
un appuntamento per vie infor-
I peones
gridano
al “golpe”
Per il premier
l’incubo di dover
rispondere
senza legali
IL CAVALIERE ha cercato fino
all’ultimo di schivare il faccia a
faccia con i pm. Prima gli incontri
istituzionali europei richiesti dallo stesso governo. Poi, ieri, il memoriale che Berlusconi ha fatto
pervenire alla Procura tramite il
suo avvocato, Michele Carabona.
“Interessante, ma per noi è co-
mali con il premier, il Procuratore capo di Napoli Giandomenico
Lepore, ha perso la pazienza: si è
trovato costretto a un atto che
avrebbe evitato volentieri e che
rischia di aprire un conflitto inedito e durissimo tra il potere politico e il potere giudiziario. Il
presidente del Consiglio, dopo
avere saltato il primo appuntamento previsto per ieri, aveva fatto sapere sabato scorso tramite
Ghedini che avrebbe richiamato
lui i pm per comunicare una nuova data. Dopo tre giornate di attesa, la Procura di Napoli ha deciso di non aspettare. Ascoltare
Berlusconi non è uno sfizio ma
un atto necessario nell’interesse
della giustizia ma anche degli indagati. Nell’atto i magistrati spiegano al premier che in caso di
mancata presentazione da parte
sua potrebbe essere disposto
l’accompagnamento coattivo,
salve ovviamente le prerogative
previste dalla Costituzione. In sostanza la Procura, nel caso molto
L’avvocato ieri è stato interrogato
Ghedini, il “lavoretto” per Gianpi e l’ombra dei clan
on sono un benefattore fac“N
cio solo l’avvocato”. Dopo il
lungo assedio delle telecamere del
Fattoquotidiano.it Niccolò Ghedini
tira giù il finestrino dell’auto che lo
sta portando lontano da via Giulia
dopo le tre ore di domande alle
quali è stato sottoposto dai pm di
Napoli. Fallita la fuga di fronte al
nostro inviato David Perluigi, l’onorevole avvocato di Berlusconi col
volto teso dietro al finestrino della
sua auto con lampeggiante prova
a ricordare a tutti qual è la sua
professione: l’avvocato di Berlusconi.
In quella frase c’è tutto il senso
dell’interrogatorio più difficile della sua vita, al quale ha partecipato
come persona informata dei fatti,
obbligata quindi a dire la verità. I
pm Francesco Curcio, Vincenzo Piscitelli ed Henry John Woodcock,
che indagano sull’estorsione por-
tata avanti da Gianpaolo Tarantini e da Valter Lavitola, lo hanno
convocato a Roma per capire il
ruolo vero di Ghedini in questa
storia di soldi e ricatti. Il passaggio
più delicato è stato quando i pm
gli hanno chiesto della Andromeda, la cooperativa dove Giampaolo Tarantini ha iniziato a lavorare
a Roma, dopo essere finito agli
arresti domiciliari per i suoi festini
a base di escort, droga e corruzione .
A TROVARE quel lavoro a Tarantini, secondo gli investigatori, è
stato proprio l’avvocato Niccolò
Ghedini insieme al suo collega Nico D’Ascola, il difensore che sempre Ghedini aveva messo al fianco
di Tarantini nella vicenda barese.
La circostanza è doppiamente imbarazzante per il legale del premier. Da un lato perché dimostra
che Ghedini ha avuto un ruolo nel
“do ut des” (estorto nello schema
dell’accusa) tra il premier e Tarantini. Ghedini era a conoscenza del
flusso continuo di denaro e altre
utilità che giungeva a Tarantini dal
premier. “Era la persona più vicina
a Berlusconi”, ha detto Tarantini ai
Il legale sarebbe
tramite per
l’assunzione
Il titolare
della società
è il cognato
del boss Alvaro
pm. L’avvocato difensore di Tarantini, Giorgio Perroni, che sostituì
D’Ascola perché poco gradito a Tarantini, ha raccontato ai pm di essere stato a un incontro con Ghedini e Berlusconi nel quale il Cavaliere confidò ai due legali, perplessi per questa sua scelta, di avere dato mezzo milione di euro per
Tarantini a Lavitola.
IN QUESTO CASO Ghedini
sarebe stato informato dunque solo ex post. Mentre sul fronte della
difesa avrebbe avuto un ruolo attivo. Prima Nico D’Ascola e poi
Giorgio Perroni hanno raccontato
di avere ricevuto di fatto l’incarico
non da Tarantini ma dall’avvocato
di Berlusconi. Ed entrambi hanno
detto ai pm che non era certo Tarantini a pagarli. Chi era il generoso
pagatore dei legali? A questa domanda ha dovuto rispondere Ghe-
dini ieri. I pm lo hanno interrogato
ieri proprio per blindare l’accusa
sulle “utilità” ottenute da Tarantini
oltre ai soldi (il mezzo milione a
Lavitola più i 350 mila cash a Tarantini) grazie al premier. Di tutte
le “utilità” giunte a Tarantini, la più
imbarazzante per Ghedini è proprio il lavoro alla cooperativa Andromeda. La società, che faceva lavorare Tarantini nella sua sede romana a via Castro Pretorio, ieri è
stata perquisita nella sua sede centrale a Milano, in piazza quattro
novembre. La cooperativa di lavoro
dovrebbe occuparsi di facchinaggio
e altri servizi. Ma ovviamente Tarantini ha raccontato che quel lavoro era finto. Oggi i pm sentiranno
il padrone reale della società: Bruno Crea, gestore di un piccolo impero di cooperative che fatturano
milioni di euro. Ma soprattutto cognato di Natale Alvaro, condanna-
to a 11 anni per la sua partecipazione alla ‘ndrina
degli Alvaro di Sinopoli, la
cosca emergente della
Ndrangheta, colpita dall’operazione condotta dalla
Squadra Mobile diretta da
Renato Cortese nel 2007
su impulso del Pm della
Dda di Reggio Calabria Roberto Di Palma e riarrestato nel
gennaio scorso.
Anche Bruno Crea era stato indagato allora a Roma per associazione a delinquere semplice. Per
lui era stato chiesto anche l’arresto
ma il gip lo aveva negato e la sua
posizione era stata archiviata a
Reggio.
SECONDO TARANTINI,
Bruno Crea, è “amico di Lavitola”.
Tarantini racconta ai pm di essere
andato a lavorare a maggio 2010
Mercoledì 14 settembre 2011
Ruby, anche il Senato
vuole bersi la balla
“nipote di Mubarak”
probabile che il premier non risponda, è intenzionata a chiedere l’autorizzazione al Parlamento
per costringerlo a testimoniare
con la forza pubblica. Non si tratta di una misura cautelare, ma di
una forma di coazione per chi
non adempie spontaneamente
all'obbligo previsto per tutti i cittadini di testimoniare. Vero, sarebbe una decisione forte vedere
il primo ministro "scortato" a Palazzo di Giustizia. Ma non si poteva fare diversamente, se la legge è ancora "uguale per tutti".
QUESTA “MINACCIA” è
però temperata dall’ampia scelta
di tempo che il premier ha a sua
disposizione. I pm Henry John
Woodcock, Vincenzo Piscitelli,
Francesco Curcio e Francesco
Greco saranno a sua disposizione
per ascoltarlo ovunque lui vorrà
dalle 8 di mattina alle 20 di sera da
giovedì a domenica. Il Cavaliere
deve solo scegliere luogo e l’ora,
purché accetti di testimoniare.
Se entro domani Berlusconi non
rispondesse, si aprirebbe la strada per l’accompagnamento coattivo. Che ovviamente dovrebbe
essere preceduta da una richiesta
alla Camera, perché il premier è
deputato. Berlusconi ha già spiegato ai suoi che non ha alcuna intenzione di farsi sentire perché
confida nello spostamento del
procedimento a Roma. E ha una
fifa blu delle domande che potrebbero porgli i magistrati.
Ieri sono state depositate le nuove carte dell’accusa davanti al tribunale del riesame, che dovrà decidere sull’istanza di scarcerazione di Tarantini, presentata dagli
avvocati Alessandro Diddi e Ivan
Filippelli, e su quella di Lavitola,
difeso da Gaetano Balice. Nel plico è contenuta - oltre agli interrogatori come persone informate sui fatti della segretaria di B.
Marinella Brambilla e dell’avvocato che difendeva Tarantini su
indicazione di Ghedini, Giorgio
Perroni - anche la celebre telefonata da Sofia di Valter Lavitola con
Berlusconi. L’intercettazione,
che ora è divenuta pubblica mentre quando è stata rivelata in sintesi dall’Espresso era segreta, dovrebbe contenere oltre alla frase
“resta lì” rivolta dal premier, anche un rafforzativo ironico in stile Berlusconi che di fronte ai dubbi di Lavitola che pensava di tornare in Italia avrebbe detto al suo
amico indagato: “Valter fatti una
vacanza”. La sensazione è che la
vacanza sia lunga.
Il video sul fattoquotidiano.it
A
FUGA CONTINUA
nche il Senato dovrà intervenire in merito
al conflitto d'attribuzione sul caso Ruby.
Lo ha deciso la Giunta delle immunità di
Palazzo Madama, dopo che la Corte costituzionale
aveva ritenuto “ammissibile” il conflitto sollevato alla
Camera dai capigruppo della maggioranza Fabrizio
Cicchitto, Marco Reguzzoni e Luciano Sardelli sul
rinvio a giudizio di Berlusconi. Critiche da parte di Pd e
Idv, che hanno votato contro. Il premier, che il 27
maggio 2010 chiamò la Questura di Milano per far
rilasciare la marocchina Ruby, definendola “nipote di
Mubarak”, è accusato di concussione e violazione della
legge 38 del 2006 (atti sessuali prezzolati con minori).
Adesso il Senato dovrà esprimersi su chi, tra la Procura
di Milano e il Tribunale dei ministri, è competente nel
giudicare i comportamenti di Berlusconi.
Alla Ue comizio anti-sinistra
e domande vietate
BERLUSCONI: “L’OPPOSIZIONE ROVINA IL PAESE”
NIENTE TRADUZIONE, SGARBO A VAN ROMPUY
di Giampiero Gramaglia
Bruxelles
a “missione Europa” di Silvio Berlusconi si esaurisce
in una serie di foto di rito,
dichiarazioni di circostanza e strette di mano protocollari.
Per la manovra, non cambia nulla: i leader dell’Ue non apprendono nulla che già non sapessero; il premier italiano non riceve
più avalli di quelli già avuti. Il
presidente del Consiglio europeo Herman van Rompuy dice
che la manovra è “ambiziosa” –
L
Statista in trasferta: monologo in italiano e gestaccio all’interprete
Sconcerto fra i giornalisti a Bruxelles: ieri B. si è esibito in un soliloquio di un quarto
d’ora in italiano. Quando Van Rompuy gli ha fatto segno di fermarsi un attimo per
permettere all’interprete di tradurre, il premier italiano ha respinto la richiesta con
un vistoso gesto della mano. Ovviamente zero domande permesse (FOTO MILESTONE)
L’emergenza
economica
è solo fumo:
tra Bruxelles
e Strasburgo
nuova collezione
di imbarazzi
m. l.
termine che diplomaticamente
sottintende perplessità sulle capacità di realizzarla. Il presidente della Commissione europea
José Manuel Barroso mette l’accento sulla necessità di fare in
fretta: "L'applicazione rapida,
efficace e rigorosa (delle misure
proposte) è assolutamente essenziale" per rassicurare i mercati. Una giornata a fare a scaricabarile. Sull’opposizione, che
pur di dare “una spallata al governo”, “rovina l’immagine dell’Italia”. E sull’Europa: “Decidete voi – suggerisce a Van Rompuy – d’aumentare e di quanto
l’età della pensione. Tutti gli Stati sarebbero felici di doverlo fare
perché ‘comandati’ da Bruxelles”. Ecco un leader che sa assumersi le proprie responsabilità!
MOLTA SCENA, poca sostanza, qualche strascico. E, immancabile, la gaffe. Quando Van
Rompuy prova a interromperne
la dichiarazione, per dare all’interprete il tempo di tradurre,
Berlusconi s’interpone in francese, “Je crois que ce n'est pas nécessaire”, credo che non sia ne-
L’IMPERO LIBIDINOSO
IL NEW YORK TIMES: “ITALIA IN AGONIA DA BUNGA BUNGA”
di Carlo
Antonio Biscotto
eri mattina, dopo la conferenza
Idelstampa
congiunta con il presidente
Consiglio Ue, Herman van Rompuy, per Berlusconi la tegola è arrivata
dalla lettura della rassegna stampa
estera. Particolarmente pesante il New
York Times con un pezzo di Frank Bruni
dal titolo che è un programma e, si
spera, un auspicio: “The agony and the
bunga bunga”. Bruni – una firma di
rilievo dell’influente quotidiano newyorchese – la prende alla lontana e si
chiede cosa ha in mente di organizzare
il nostro “imperatore epicamente libidinoso” per festeggiare a giorni il suo
75° compleanno. L’ennesimo bunga
bunga? O intende stupirci abbattendo
qualche altro tabù... ma quale? Non
vorrà per caso “liberarsi di tutti i freni
inibitori?” “Ma non lo ha già fatto?”, si
domanda stupito Frank Bruni.
Amaramente Frank Bruni ricorda che
gli americani se la sono spassata nel
leggere le rocambolesche avventure di
questo sedicente tombeur de femmes
della terza età solito rilassarsi con baccanali degni di un imperatore romano.
Ma – aggiunge Bruni – lo spettacolo
offerto da Berlusconi “è stato per certi
versi anche rassicurante” perché “la
follia politica americana impallidisce
al cospetto di questa opera buffa a luci
rosse”.
MA C’È POCO da ridere, avverte
Frank Bruni, perché la deriva dell’Italia
verso il ridicolo, segnata in parte dalle
patologiche “deviazioni” giuridiche e
sessuali del nostro eroe, “minaccia la
stabilità finanziaria dell’Europa”. E se
Atene piang Sparta non ride: l’America
è la “versione mignon del Grand Guignol italiano”, aggiunge Bruni. “Anche
noi rievochiamo le conquiste del passato. Anche noi trascuriamo le infrastrutture e consentiamo al denaro di
corrompere la vita politica”.
Berlusconi e il berlusconismo sono incardinati, incistati nel mito di Creso.
Frank Bruni ricorda che anni fa, al ter-
Ghedini subito dopo l’interrogatorio
nella Andromeda. Solo tre mesi dopo, ad agosto 2010, avrebbe conosciuto Lavitola. A trovare il lavoro
all’amico di Berlusconi presso una
cooperativa di un soggetto vicino
alla ndrangheta quindi secondo gli
investigatori sarebbe stato Ghedini. Perché lo ha fatto? La risposta
l’ha data ieri l’avvocato-onorevole
alle nostre telecamere: “non sono
un benefattore sono un avvocato”.
Sì ma non un avvocato qualunque,
l’avvocato di Silvio Berlusconi.
La maggioranza sostiene infatti che il premier
intervenne nella sua funzione di presidente del
Consiglio, perché convinto che la ragazza fosse
effettivamente parente dell'ex dittatore egiziano. La
discussione dovrà essere affrontata in aula entro il
19 settembre, termine ultimo concesso dalla legge al
Senato per decidere se intervenire o meno nella
questione.
“Ma non c’è più
nulla da ridere:
il Cavaliere
è una minaccia
alla stabilità
finanziaria
dell’Europa”
mine di una lunga intervista, Berlusconi gli chiese se il suo ultimo libro era
stato pubblicato in Italia e, ottenuta una
risposta negativa, aggiunse: “Non le
piacerebbe che venisse pubblicato?”.
Ma oggi – spiega Bruni – dopo quasi
venti anni di promesse non mantenute
e al cospetto di “una economia stagnante, di una spirale del debito pubblico
inarrestabile”, della distruzione di ogni
pur residuale forma di meritocrazia, gli
italiani sembrano averne abbastanza. E
allora perché resiste a Palazzo Chigi?
“Perché non ci sono alternative”, ha
detto a Bruni il sindaco di Milano Pisapia.
O forse – suggerisce Bruni un po’ maliziosamente – “in un Paese immerso
nei tesori d’arte e nella bellezza, le sofferenze si avvertono di meno e la situazione non è ancora intollerabile”.
E perché “con una disoccupazione giovanile al 27%” – si chiede Frank Bruni –
“non scendono in piazza con la stessa
rabbia degli indignados spagnoli i giovani italiani?” “Perché almeno per ora i
genitori hanno denaro a sufficienza per
garantire ai figli disoccupati vestiti, svaghi e vacanze”, ha spiegato Mario Calabresi al giornalista del New York Times.
Insomma “i giovani italiani sono indignados, ma non abbastanza da preferire la piazza al ristorante”. Ma Calabresi e il sindaco di Firenze, Matteo
Renzi, astro nascente del centrosinistra, non hanno perso le speranze. “Se
gli italiani decideranno di cambiare le
cose dopo venti anni di immobilismo,
silenzi e scandali politici, avremo un
futuro”, ha detto Renzi. “Me lo auguro
per l’Italia e per noi tutti”, ha concluso
Bruni.
cessario. I giornalisti stranieri restano interdetti, anche quando il
Cavaliere spiega in francese: "Ho
detto tutto questo in italiano perché penso fosse importante che
ad ascoltarmi fossero soprattutto i giornalisti italiani". Qualcuno
prova a fare domande; il Cavaliere, sempre in francese, è tassativo: "Ci eravamo intesi sul fatto
che dovesse essere solo una dichiarazione e dunque non accetto domande". Van Rompuy annuisce, Mr B. se ne va a Strasburgo. Fuori dalla sede del Consiglio
dei ministri dell’Ue, dove s’era
infilato dicendosi “assolutamente tranquillo, sono qui per colpa
delle opposizioni” e non per
scappare dai giudici di Napoli
che vogliono interrogarlo –, manifestanti del Pd di Bruxelles
scrivono a grandi lettere la parola “Basta”: "L'Europa non è un alibi: Berlusconi si faccia processare".
Da Bruxelles a Strasburgo, la missione del premier è tutta in chiave italiana, altro che europea: accanto a Van Rompuy, che non si
fa coinvolgere, Mr B. parla “del
paradosso” di un'opposizione
che, pur condividendo gli obiettivi del pareggio di bilancio inserito in Costituzione e raggiunto
nel 2013, critica la manovra “con
l’intenzione di rovinare l'immagine del presidente del Consiglio, rovinando così l'immagine
del Paese". Se fosse vero, sarebbe
fatica sprecata, perché l’immagine del Cavaliere è già abbastanza
rovinata. Lo prova il clima che
l’accoglie a Strasburgo, nonostante l’incontro col presidente
del Parlamento Jerzy Buzek duri
45’, fanno sapere i cronometristi
al seguito, ben oltre i “due minuti” pronosticati ieri dallo stesso
Buzek. Il capogruppo socialista
Martin Schulz si chiede “perché
perdere tempo con un capo di
governo dubbio”. Certo, Schulz,
un tedesco che Berlusconi trattò
in aula da kapò, non è proprio il
meglio disposto verso il premier
italiano. Eppure, adesso che si
candida alla presidenza dell’Assemblea fa il diplomatico: “Barroso e Van Rompuy mica potevano dirgli ‘No, qui non vieni, vai a
Napoli a farti interrogare’... È in
una situazione drammatica per il
suo governo e il suo paese... Sono certo che i giudici avranno
tempo per lui nei prossimi giorni”.
IL LEADER verde Daniel
Cohn-Bendit dice che Berlusconi non pensa “a salvare l’Italia,
ma a salvare se stesso”: “È un pericolo per l’Italia e l’Europa”. Gli
eurodeputati di Pd e Idv sostengono di avere evitato che l’aula
diventasse “una gogna per l’Italia”, perché c’era chi progettava
“gazzarre e proteste” e persino
“manifestazioni coreografiche”;
e si scusano per l’italica “sceneggiata” sul palcoscenico europeo”. Poi, invitano il Cavaliere a
incontrare i deputati italiani. Ma
Berlusconi non ha tempo. Pure
l’incontro con Barroso è un po’
asfittico: non c’è modo di parlare
dell’acquisto di titoli di Stato italiani da parte della Cina. Eppure
il Cavaliere, che è accompagnato
dal direttore generale del Tesoro
Vittorio Grilli, esprime “soddisfazione massima”, la sua e pure
quella dell’interlocutore. Poi torna a Roma: l’Europa gli chiede di
fare in fretta e lui esegue, fiducia
e varo della manovra domani, un
"segnale importante". I tecnici
del suo seguito tirano le somme e
ammettono: “Missione per nulla”. Ma, come recita il detto, “un
legittimo impedimento al giorno
leva i giudici di torno”.
pagina 4
Così la Grecia vuole
mettere la Patrimoniale
nella bolletta elettrica
I
ACQUA ALLA GOLA
l rischio default per la Grecia è molto più
di un incubo. Per cercare di rimettere in
carreggiata il Paese, il governo di Atene
vuole introdurre una sorta di Patrimoniale sugli
immobili per far contribuire anche chi ha più
ricchezza. Ma il ministro dell’Economia, Evangelos
Venizelos si è inventato un modo originale ed
efficace per assicurarsi la riscossione di un tributo
tanto impopolare: domenica ha annunciato una
tassa sugli immobili di proprietà, di quattro euro al
metro quadro. E senza sconti o esenzioni per la
prima casa. Ma la vera sorpresa è il meccanismo di
riscossione: la raccolta dovrà avvenire tramite la
“tariffa elettrica”, la tassa finirà nella bolletta della
luce. E, sembra di capire dalle anticipazioni, chi
non paga resterà al buio. Il tutto a partire dall’anno
prossimo per cercare di iniziare ad aggredire il
buco di bilancio da 2 miliardi di euro. La situazione
è critica tanto che il ministro ha annunciato che
“settembre e ottobre saranno mesi infernali”, e ha
chiesto a forze politiche e popolazione di “parlare
con una voce sola” e compiere uno “sforzo
nazionale” per far cambiare la cattiva percezione
che si ha della Grecia all'estero.
Lui: “Il nostro debito è ok”
E l’Italia sprofonda
VENDITE A CASCATA SUI NOSTRI
TITOLI DI STATO, BTP DA RECORD
di Vittorio Malagutti
Milano
a Borsa rimbalza. Dopo
due sedute consecutive
in pesante ribasso (meno 8,5 per cento da venerdì), l’indice ha recuperato
il 2,2 per cento al traino dei
titoli bancari finalmente in
rialzo. Coi tempi che corrono
questa è già una gran notizia,
ma c’è poco da festeggiare.
Perchè ieri, per convincere
gli investitori a scommettere
sull’Italia, il Tesoro ha dovuto
garantire rendimenti da record.
L
I BTP A CINQUE ANNI
sono stati piazzati sul mercato
a un tasso del 5,6 per cento, il
più elevato da 12 anni, da
quando esiste l’euro. L’asta
precedente, che risale al 14 luglio, si era fermata al 4,93 per
cento. Quindi, mentre da Bruxelles il premier Silvio Berlusconi, con raro sprezzo del ridicolo, afferma che “non ci sono problemi nella gestione del
debito”, l’esito deludente dell’asta dei Btp conferma invece
che i problemi ci sono, eccome.
L’impennata dei rendimenti
dei titoli di stato si traduce in
un aumento della spesa per interessi a carico del bilancio
dello Stato. E questo proprio
mentre il governo sta facendo i
salti mortali per tagliare il deficit. Un altro segnale evidente
di difficoltà arriva dal rapporto
tra domanda e offerta, che funziona come una sorta di indice
di gradimento dei titoli messi
in vendita. Nell’asta di ieri questo parametro si è fermato a
quota 1,28 in netta diminuzio-
ne rispetto all’1,93 di metà luglio.
La febbre resta alta anche per
lo spread. In mattinata la differenza di rendimento tra Btp
decennale e il Bund tedesco si
era addirittura impennato fino
a a 406 punti, sempre più vicino al record di 418 registrato
all’inizio di agosto, prima che
la Banca centrale europea
aprisse il suo paracadute. Nel
pomeriggio la tensione si è un
po’ allentata. Lo spread si è
sgonfiato fino a 391 punti, comunque sei punti in più rispetto a lunedì. Merito anche delle
dichiarazioni concilianti della
Commissione europea, che ha
precisato di non aver chiesto
all’Italia alcuna misura aggiuntiva rispetto alla manovra (la
quarta versione) ora in discussione in Parlamento. Lunedì,
invece, presentando un rapporto sullo stato delle finanze
pubbliche nella zona euro, da
Bruxelles si segnalava che potrebbero essere necessari
“provvedimenti aggiuntivi se
tagli e entrate fiscali si dimostrassero insufficienti” a correggere la deriva dei conti
pubblici italiani.
NESSUNA RICHIESTA,
si è corretta ieri la Commissione. E Giulio Tremonti, a Monaco di Baviera per l’incontro
mondiale sulla pace organizzato dalla comunità di Sant’Egidio, ha precisato che il rapporto divulgato lunedì a Bruxelles
risaliva a luglio, prima della
manovra. Nel suo intervento a
Monaco, il ministro dell’Economia è tornato a cavalcare la
retorica anti mercatista che
ama spesso sfoggiare in mancanza di risultati concreti della
Divieto di transito
LA FERRARI DI ANGELUCCI
ALLA FACCIA DEI PEDONI
Una Ferrari parcheggiata. In un’area pedonale, alle
spalle di Botteghe Oscure, a Roma. È lì che abita
Giampaolo Angelucci, editore di “Libero”. Tra lui e il
papà Tonino, deputato del Pdl, chi avrà parcheggiato?
sua politica. “Servono delle regole morali, dei principi - ha
tuonato Tremonti - e credo che
uno di questi sia cacciare dal
tempio gli speculatori e dintorni”. Come dargli torto? Purtroppo però le alate parole del
ministro restano più che altro
un’ottima trovata per intrattenere il pubblico delle conferenze. Meno efficaci i risultati
sul piano politico, come dimostrano le incredibili capriole
sulla manovra che portando lo
scompiglio sui mercati hanno
finito per arricchire proprio
gli speculatori, quelli che Tremonti, a parole, vorrebbe cacciare dal tempio.
UN NUOVO ALLARME
sulla sua situazione critica dell’Italia e anche della Spagna è
arrivato ieri anche dal presidente americano Barack Obama che nel corso di una tavola
rotonda con alcuni giornalisti
ispanici ha sottolineato che la
preoccupazione più grave a livello internazionale riguarda
le possibili conseguenze “se i
mercati continueranno a pren-
dersela” con Roma e Madrid.
Insomma, mentre Berlusconi
gira per l’Europa per evitare
l’incontro con i magistrati e
Tremonti si dedica alle conferenze, la situazione italiana resta più che mai critica. La prossima svolta importante sui
mercati potrebbe arrivare già
entro fine settimana, quando è
attesa la decisione degli analisti di Moody’s sul rating da
assegnare al debito italiano dopo che, tre mesi fa, è stata annunciata una possibile revisione. “Siamo ottimisti”, ha dichiarato ieri il sottosegretario
all’Economia Alberto Giorgetti. Si spera abbia ragione.
4,06%
IL PICCO DI IERI
DEL DIFFERENZIALE
TRA BTP E BUND
Illustrazione di Marilena Nardi
5,60%
2,69%
IL RENDIMENTO
QUANTO RENDEVANO
DEI BTP A 5 ANNI,
I BTP
IL PIÙ ALTO IN 12 ANNI
LO SCORSO ANNO
Messaggi Quando parla Giuliano Amato
LA MOSSA POLITICA
DEL COMPAGNO SPREAD
di Giorgio Meletti
l messaggio è preciso, e arriva dalla fonte
Iparlare
forse più autorevole tra quelle che possono
liberamente. Alla fine - mentre la politica italiana si consuma nelle sue circonvoluzioni - a mandare a casa Silvio Berlusconi
potrebbe essere il compagno spread. Lo scenario è quello di un governo travolto dalla rivolta dei mercati finanziari. Di un premier al
quale il sostegno della maggioranza parlamentare non basta più di fronte alla quotidiana svalutazione dei titoli di Stato, con conseguente impetuoso aumento del costo del debito pubblico: un conto da miliardi di euro, con
conseguenti inevitabili nuove manovre sui conti pubblici dopo quella gigantesca in approvazione oggi alla Camera.
La fonte autorevole si chiama Giuliano Amato, intervistato lunedì sera a “Otto e mezzo” (La7) da Lilli
Gruber. Occasione solenne, prima puntata della nuova stagione in cui la
conduttrice annuncia di
voler dare “spazio ai volti
nuovi, che in Italia non
sono abbastanza illuminati”. Amato vale l’eccezione alla regola. Braccio
destro di Bettino Craxi a
palazzo Chigi negli anni
‘80; presidente del Consiglio nel ‘92 designato dallo stesso Craxi dopo che si era
visto negare la nomina da Oscar Luigi
Scalfaro; presidente dell’Antitrust scelto da Silvio Berlusconi nel 1994; ministro del Tesoro nel governo D’Alema
nel ‘99; di nuovo capo del governo nel 2000.
Oggi fa il battitore libero e, benché più giovane
di Berlusconi, si dichiara troppo vecchio per
nuovi incarichi di governo. Però continua a muoversi. Tra i suoi incarichi attuali c’è quello di senior advisor della Deutsche Bank, cioè di spiegare al gigante bancario tedesco che aria tira in
Italia. È la stessa Deutsche Bank che a fine luglio ha venduto di colpo titoli italiani per 7 miliardi di euro, provocando l’ira di Romano Prodi:
“Dimostra una mancanza di solidarietà che
porta al suicidio anche la Germania”.
Amato è una delle punte di diamante della cosiddetta riserva della Repubblica. È in ottimi
rapporti con il presidente della Repubblica
Giorgio Napolitano e con il governatore della
Banca d’Italia Mario Draghi. E questo dà alle
sue parole un sapore particolare. Richiesto di
un’opinione sulla tenuta del governo, ha detto: “Molto dipende
da come si comporteranno i
L’ex presidente del
Consiglio Giuliano
Amato (FOTO ANSA)
mercato nei nostri confronti. Siamo davanti a
un rischio molto forte. Che cosa succede se un
giorno la Banca centrale europea smette di
comprare i nostri titoli e a tenerci sotto questa
tenda a ossigeno? E se lo spread partisse verso
livelli di 400 o 500? A quel punto può determinarsi una situazione in cui una maggioranza
si sbriciola da sola, perché non sa come reagire
o perchè risulta trasparente che ha adottato
una misura dopo l’altra ma non ha fatto abbastanza...”.
Ieri lo spread è salito sopra quota 400, per poi
chiudere la giornata poco sotto. La Bce sta continuando a sostenere i titoli italiani con massicci
acquisti, nonostante i malumori tedeschi, che
pure Amato conosce molto bene. E tra poche
settimane alla guida della banca centrale di
Francoforte si insedierà Draghi, che avrà forse
qualche imbarazzo in più dell’attuale leader
francese Jean Claude Trichet a spiegare ai suoi
danti causa tedeschi l’insistenza nello svenare
la Bce per sostenere l’Italia.
La logica è ferrea, ed è difficile credere che
Amato vada in tv a esibirsi intento a “pensare se
stesso pensante”, come il padreterno di Francesco Guccini. Così il messaggio arriva a Berlusconi forte e chiaro: potrebbe essere proprio
Draghi, tra poco, volente o nolente, a dare il
colpo di freno agli acquisti di titoli della Bce.
Quella “maggioranza che si sbriciola da sola”
significa alludere a una situazione dei mercati
finanziari tale da costringere Berlusconi alle dimissioni senza neppure poter invocare il voto
parlamentare. Cioè a un tracollo finanziario in
grado di dare micidiale efficacia alla “moral
suasion” di Napolitano. Il colpo del ko, sferrato
dal compagno spread. “Io sinceramente non
me lo auguro”, chiosa Amato. Nel senso che
però così si stanno mettendo le cose.
Mercoledì 14 settembre 2011
ACQUA ALLA GOLA
ordinerà agli addetti dell'azienda elettrica di non
tagliare l'elettricità a chi non pagherà la tassa sugli
immobili tramite le bollette.
L'eventuale mancato introito rischia di far saltare i
conti pubblici e il via libera da parte della troika
internazionale alla nuova tranche di prestiti
internazionali da 8 miliardi di euro. Il viceministro
delle Finanze ha fatto sapere che, senza i soldi dei
I buoni propositi e le speranze del governo di
Atene di recuperare 2 miliardi di euro sono
durate un giorno. Lunedì il sindacato dei
lavoratori elettrici (Pcc) è sceso sul piede di
guerra, annunciando che boicotterà la misura: "Il
Pcc – fa sapere in un comunicato il sindacato –
non è un cowboy, né uno sceriffo che punta la
pistola alla testa dei cittadini greci". Il sindacato
nuovi prestiti, lo Stato è in grado di finanziare le
sue attività soltanto fino a ottobre, poi la Grecia
andrà in default. Intanto il ministro dell'Energia,
George Papaconstantinou, ha duramente
criticato il sindacato. "La tassa non può essere
oggetto di una presa di posizione a buon mercato
dei sindacati". Insomma la situazione è parecchio
elettrica.
Paura default
Una protesta
dei lavoratori
greci (FOTO ANSA)
LA QUESTUA A PECHINO
Nessuno vuole prestarci i soldi, l’ex protezionista
Tremonti chiede aiuto ai nemici di un tempo
di Stefano Feltri
Investment Corp, che investe
in occidente e non solo, 400 miliardi per conto del governo di
Pechino.
a posizione di creditore
che la Cina ha nei confronti degli Stati Uniti non è
politicamente neutrale:
essere creditore è, infatti, avere
potere”, così ammoniva il professor Giulio Tremonti, non più
e non ancora ministro del Tesoro, nel suo pamphlet La paura e
la speranza, nel 2008. Poi, da ministro l’istinto di sopravvivenza
ha prevalso e i soldi ai cinesi li
ha chiesti. “Roma negozia con
la Cina per il salvataggio dai
guai finanziari”, scriveva ieri
sul Financial Times il corrispondente da Roma Guy Dinmore.
La notizia è che il 6 settembre, a
Roma, il ministro Tremonti ha
incontrato Lou Jiwei, il capo
del fondo sovrano cinese China
L
POSSIBILE CHE Tremonti, il
ministro protezionista che voleva le sanzioni contro i cinesi,
che era disposto all’uscita unilaterale dalla Wto, che temeva la
deriva malthusiana della colonizzazione a rovescio da Pechino all’Europa, che presiede l’Aspen Institute a difesa della supremazia atlantica, ecco, possibile che questo fiero teorico del
pericolo giallo sia così disperato
da chiedere l’aiuto a Pechino? La
risposta è ovviamente sì, ma bisogna aggiungere qualche dettaglio.
Nel dicembre 2009 il Fatto dà
conto dello stupore di molti
I NOSTRI CREDITORI
Banca d’Italia
Altri investitori
internazionali
1%
11,
Banche estere
15
%
Altre banche italiane
5,5
%
14,6%
11,4%
Gruppi assicurativi
esteri e fondi
comuni europei
6%
Investitori asiatici
4%
12
,
Compagnie
assicurative
italiane
as
Fondi d’investimento
Fon
3%
6,1%
%
14
Investimenti privati
Fondi italiani gestiti all’estero
l’ t
ITALIA
56%
DEBITO PUBBLICO ITALIANO
ESTERO
44%
1.900 miliardi di euro
di Pino Corrias
Ghedini, il professionista
dei segreti
L’ONOREVOLE AVVOCATO Niccolò Ghedini, addetto ogni giorno
dell’anno al riempimento delle buche che il suo maggior cliente
scava di notte, dice di non potersi presentare davanti ai magistrati
che indagano sul traffico di estorsioni, coca, appalti, gite in barca,
mogli della Bari bene trattate come mignotte della Bari male (ma
anche viceversa) allestito da quei due esemplari professionisti di
Tarantini&Lavitola, uno in galera e l’altro latitante e dunque
amicissimi del premier.
Dice Ghedini che rispondendo come testimone violerebbe “il
segreto professionale”. Ma lasciando intendere, dietro a quel suo
sorriso di arguto cacciatore di virgole penali, anche la ragione
complementare e fortemente umanitaria di tutelare la
professione dei segreti. I quali attengono al mistero di un premier
che combatte in proprio la miseria della famiglia Tarantini, non con
la Social Card varata dal suo stesso governo (40 euro al mese) ma
con una Platinum che ne prevede 20 mila, più un bonus pannolini,
visto che “in quella famiglia ci sono anche bambini piccoli”. Deve
essere per i piccini che Nick Ghedini si sacrifica. E anziché
riempire buche, stavolta ne scava una per sé: è da laggiù che ci
parla.
no sempre più importanti per il
nostro equilibrio contabile.
Guarda caso, nei primi giorni di
gennaio 2010, il ministro tiene
una lezione alla scuola di formazione del Partito comunista cinese, a Pechino. Tra le massime
dispensate agli allievi c’è questa: “La globalizzazione ci insegna che non c’è più spazio per
l’autarchia, né dei piccoli né dei
grandi Paesi”. Appello conclusivo: “Iniziamo insieme una grande pacifica rivoluzione globale”.
Non è arrivata la rivoluzione, ma
qualche cambiamento sì. Fonti
vicine al Tesoro raccontano che
in questi tre anni l’Asia, e quindi
la Cina, è diventata sempre più
strategica. La prima settimana di
agosto, il direttore generale del
Tesoro Vittorio Grilli ha viaggiato per la Repubblica popolare.
La missione ufficiale era spiegare, nelle vesti di presidente del
Comitato economico e finanziario (il coordinamento tecnico
del Consiglio europeo sui temi
economici), le decisioni prese
nel vertice del 21 luglio. Obiettivo ufficioso: rassicurare gli investitori asiatici sul fatto che l’Italia è meglio di quello che sembra. Perché, spiega chi conosce
i meccanismi del debito pubblico, il Tesoro non arriva alle aste
sperando nella buona sorte. C’è
prima un lungo e continuo lavorio sotterraneo – tutto politico –
per convincere gli investitori a
dare mandato alle banche di
comprare il debito a prezzi ragionevoli, visto che domanda e
offerta si incrociano sempre in
una forchetta tra prezzi minimi
e massimi. E avere i cinesi bendisposti è fondamentale in questo periodo in cui i mercati stanno imponendo, asta dopo asta,
rincari miliardari alle emissioni
del nostro debito.
IL TESORO però smentisce a
metà la questua cinese: sì, il 6
settembre c’è stato l’incontro a
banchieri d’affari che si sono ac- Roma con Lou Jiwei, il capo del
corti di come sempre più titoli fondo Cic, ma per parlare di indi Stato italiani finiscano a Pe- vestimenti azionari, non del dechino. Non è semplice stabilire bito pubblico in cui investe di
che strada prende il nostro de- solito un’altro fondo di Pechino,
bito: alle aste partecipano i il S.a.f.e. . Infatti l’incontro è sta“grossisti”, 21 grandi banche ac- to con la Cassa depositi e presticreditate che comprano Bot e ti, non con i dirigenti del diparBtp dal ministero e poi li riven- timento del debito.
dono ai clienti finali. Solo chi in- E l’esito del summit può suonatermedia, cioè le banche, ha il re un po’ bizzarro: il Tesoro ha
polso della situazione. Al Tesoro proposto al Cic di essere uno degli investitori nel
gli unici dati uffiFondo strategiciali dicono che
co italiano (Fsi),
metà del nostro Tremonti, 2008
cioè lo strumendebito sta in Itato inventato da
lia, metà all’esteTremonti all’inro e che il mercadomani
della
to asiatico (Cina
scalata francese
e Giappone) è
di Lactalis a Parsecondo solo a
malat per proquello europeo.
teggere i grandi
Pochi giorni dogruppi strategici
po l’articolo, a
italiani dagli ardomanda del Fatrembanti capitato in una confeli stranieri. Con
renza stampa nal’eccezione dei
talizia, Tremonti
capitali cinesi,
non smentisce. È
evidentemente.
vero, i cinesi so-
“
Bisogna
intervenire
con dazi e
barriere
doganali per
contrastare
la Cina
”
POTENZA GLOBALE Il capo del fondo Cic
Perché Lou Jiwei
piace tanto al Tesoro
di Fabio Scacciavillani*
Jiwei, il capo del Fondo soLmentouvranoCorporation
cinese China Investche ha incontrato Giulio Tremonti il 6 settembre, è una delle personalità più
corteggiate nel mondo finanziario globale. Intrattiene l’interlocutore con la sua capacità di
spaziare sui temi chiave dell’economia globale e stupisce per
la padronanza con cui discute
dei debiti pubblici o di grandi
operazioni di private equity attorniato da un team giovane formatosi nelle università e nelle
banche americane. Da ingegnere informatico passato poi agli
studi econometrici (cui ha unito
la passione politica) ha una visione dai contorni nitidi e non
mostra soverchio interesse per
teorie balzane partorite da contabili con ubbie da mâitre a penser. Per cui è probabile che non
abbia letto certi passaggi nel capitolo di “Rischi Fatali”, intitolato appunto “Cina versus Italia”
in cui in cui il ministro del Tesoro
Giulio Tremonti si lanciava in
strali di stampo vetero protezionista (“La guerra commerciale
tra Cina e Italia non è solo minacciata. È già’ cominciata”).
Del resto non si gestiscono centinaia di miliardi di dollari in qualità di presidente di uno dei fondi
sovrani più potenti del mondo,
la China Investment Corporation (CIC), senza un occhio benevolo verso la pletora di questuanti che sgomitano e si affannano intorno e un distacco
verso polemiche politiche di sapore valligiano.
Lou Jiwei è uno di quei tecnocrati
che stanno guidando il grande
balzo in avanti (stavolta quello
vero) con una visione strategica
che all’Europa dei leader dimezzati fa difetto da almeno un
decennio. La sua presenza a Roma è giustificata dalla mazzata
che la bancarotta dell’Italia assesterebbe all’euro e alla economia mondiale. La Cina ha
tratto benefici epocali dalla globalizzazione economica e finanziaria: un’implosione della
zona euro significherebbe un disastro per le sue esportazioni e
una falla nel sistema monetario
internazionale. Il dollaro non
può più sostenere il ruolo di valuta per gli scambi internazionali che ha assunto quando l’economia americana era metà di
quella mondiale e molti grandi
paesi dall’Unione Sovietica, all’India alla Cina partecipavano
in misura trascurabilie al commercio internazionale.
Oggi il peso dell’America nell’economia mondiale è meno di un
quarto e in continuo declino,
quindi continuare a fornire la li-
quidità internazionale si sta rivelando un peso insostenibile. E
con lo yuan ancora soggetto a
controlli valutari, se l’euro dovesse sparire e si tornasse alle
modeste carature delle monete
nazionali, uno dei cardini dell’assetto multipolare cederebbe, aprendo la strada a uno scenario di instabilità dagli effetti
imprevedibili.
Per di più ci si scorda in Europa,
ma non a Pechino, che l’euro
rappresenta il completamento
del mercato unico europeo. Il ritorno agli anni ‘70 e alle svalutazioni competitive innescherebbe delle tentazioni protezionistiche che al momento sono
latenti e solo per miracolo non
hanno guadagnato credito come risposta populista alla gravità della crisi. Ma è una tregua
precaria.
Quindi Lou Jiwei non è a Roma
attirato dai saldi di fine regime
su Bot, Cct e azioni bancarie. La
sua missione ha una motivazione strategica di primaria importanza per la Cina. L’Italia rischia
Lou Jiwei, del fondo Cic (FOTO ANSA)
di essere l’innesco di una nuova
deflagrazione della crisi che i cinesi vogliono disinnescare. In un
certo senso lo scacchiere italiano rappresenta la prima grande
occasione per la nuova potenza
economica di agire non solo in
funzione di rapporti bilaterali o
dei propri interessi commerciali,
ma nel contesto di una responsabilità da leader mondiale che
opera per assicurare la stabilità
del sistema globale.
Ciò significa che il supporto cinese non è estemporaneo e potrebbe essere provvidenziale visto che la Bce sta esaurendo le
munizioni, ma non verrà concesso a scatola chiusa, né a interlocutori inaffidabili. I cinesi
operano su un orizzonte temporale che abbraccia decenni,
per cui difficilmente si troveranno a proprio agio con personaggi che vivono alla giornata, misure economiche rivedute ogni
tre ore e un ministro del Tesoro
esperto in espedienti.
*capo economista del Fondo
sovrano dell’Oman
pagina 6
Mercoledì 14 settembre 2011
C
onti. Tagli e polemiche. I
giornalisti chiedono a Bossi: “Il
Governo porrà la fiducia alla
Camera sulla Manovra?” La risposta del
leader leghista: “Penso di sì perchè bisogna
fare in fretta, almeno così dicono”. E
ancora: “Se Maroni ha oramai il partito in
mano? Siamo amici da sempre, sono tutte
Il Senatur mostra
il dito medio a chi
gli chiede della manovra
di Paola Zanca
h, Papa è stato lo sfigato
della storia della Repubblica, mica possiamo
considerarlo un precedente!”. Lo sfogo è, evidentemente, anonimo ma rende decisamente l'idea di come sta
ragionando la Lega (e non solo) alle prese con il caso Milanese. Se con il parlamentare
napoletano coinvolto nell'inchiesta P4 si erano astenuti,
con il braccio destro del ministro Tremonti accusato di corruzione voteranno no alla richiesta di arresto presentata
dai pm. Almeno nel voto di
questa mattina nella giunta
per le autorizzazioni a procedere. In Aula, spiega il deputato Luca Rodolfo Paolini, ci
sarà “libertà di coscienza”.
Bossi ha già detto che non gli
piace “mandare la gente in galera” e Paolini rincarerà la dose spiegando ai suoi colleghi
per quali motivi è meglio votare no.
O
GUERRA PER BANDE
storie che inventate voi giornalisti”. Quanto
ai sindaci della Lega che partecipano alle
manifestazioni contro la manovra, risponde
lapidario: “Si vede che hanno tempo da
perdere”. Ma all’ipotesi che si possa ancora
intervenire sulle pensioni, il Senatur la
esclude e replica con il suo solito gestaccio:
mostra il dito medio. E se ne va. Per lui
OGGI LA LEGA
SALVA MILANESE
DAL CARCERE
Bossi: “Sono contro l’arresto”
In giornata si vota alla Camera
LA BELLA VITA
del deputato pidiellino
er dimostrare la compatibilità delle sue spese con i suoi
Ptecnico
redditi, Marco Milanese ha commissionato un parere
al commercialista napoletano Stefano Vignone. Tra
i beni acquistati dall’onorevole negli ultimi cinque anni ci
sono una casa a Cannes e una a Milano. Una imbarcazione
Mochi Craft Modello Mochi Dolphin 64, ceduta poi per una
Mochi Craft 51. Una Ferrari F 612 modello Scaglietti, ceduta poi per una Porche 911 Cabrio Carrera permutata a
sua volta con una Bmw X6. Tra le “pretese” del deputato
denunciate dal suo accusatore Paolo Viscione ci sono anche “un paio di orecchini da sette carati di brillanti”, un
orologio Frank Muller da donna con brillantini e forma a
cuoricino e due Patek Philippe nonché il viaggio negli Usa
per le vacanze natalizie del 2009 nell’albergo della Ferilli e
De Sica.
ro, ma moltiplicando l'affitto
per i mesi in cui il ministro ci ha
vissuto, avrebbero dovuto superare i 130 mila. E quando
hanno provato a chiedergli dov'è finito il resto, lui ha risposto
che lo ha “scomputato” dai lavori di ristrutturazione. “Può
dimostrare di aver pagato
Proietti?”, hanno insistito in
giunta. “No, non lo pagavo”,
ha ammesso. La vicenda delle
cassette di sicurezza aperte
proprio la mattina dell'arresto
di Viscione invece l’ha liquidata così: “Pura coincidenza”.
LO DICE UNO che a giugno
Milanese si era rifiutato di difenderlo: “Ci pensino quelli
del Pdl”, riportavano i retroscena di allora. Oggi confessa
di essersi “rasserenato”: non ricorda se quest'estate è venuto
“2 o 3 volte” a studiarsi le carte
del caso. Ma tutto sommato,
col senno di poi, forse non rinuncerebbe più all'incarico di
difendere l'ex braccio destro
del ministro Tremonti nella
giunta per le autorizzazioni. All'epoca non volle fare il relatore (“Ero stato influenzato dalla
stampa”, spiega) oggi invece
presenterà un “promemoria
per esplicitare le mie perplessità” sull'indagine. Sostiene
che ci siano almeno “una ventina di incongruenze” nelle accuse rivolte dai pm: “Viscione
Marco Milanese all’arrivo in Giunta a Montecitorio (FOTO ANSA)
L’ex finanziere
peggiora la sua
posizione,
quando
ammette di non
aver pagato
i lavori a Proietti
un’abitudine, una volta estemporanea,
oramai sempre più frequente, come a luglio
quando lo ha fatto durante l’Inno di Mameli.
O un anno fa contro Fini, reo di aver messo
in discussione l’esistenza della Padania. O
sempre contro i giornalisti, a luglio del
2010, dopo la domanda sulle elezioni
anticipate.
parla di buste da 100 mila euro
consegnate a Milanese e loro
non gli hanno chiesto né dove
né quando. No, in questa indagine non ci sono i riscontri che
avrebbe fatto Giovanni Falcone”. Tira in ballo il giudice antimafia, Paolini per difendere
l'ex consigliere politico del ministro dell'Economia, ma non
si azzarda ad attaccare i pm della procura di Napoli: “Il ‘fumus
persecutionis’ sussiste – dice il
deputato leghista – ma non da
parte dei magistrati, ma da parte di un singolo soggetto”. Ha
abbracciato così in toto la tesi
che ieri mattina Milanese ha sostenuto davanti alla Giunta:
questa inchiesta esiste perché
animata dalla vendetta di Paolo
Viscione nei suoi confronti,
“ha agito per rancore personale perché non avevo voluto appoggiare la candidatura di suo
figlio a sindaco di Cervinara” .
Eppure, per l'opposizione l'auto-arringa di Milanese ha peg-
giorato la sua situazione. Su un
punto in particolare: l'affitto
della casa di Campo Marzio,
quella dove viveva il ministro
Tremonti. Milanese, in sostanza, ha ammesso di non aver pagato i lavori a Proietti, il titolare
della Edil Ars, la ditta che su incarico di Milanese eseguì l'intervento di ristrutturazione
dell'immobile di proprietà del
Pio Sodalizio dei Piceni: Milanese infatti sostiene di aver
avuto da Tremonti 75 mila eu-
MA AD INCALZARLO è
stata solo l'opposizione. Il radicale Maurizio Turco e il finiano Nino Lo Presti concordano:
dalla Lega sono arrivate solo
“domande in aiuto” di Milanese. Sul “giro vorticoso, programmato e scientifico di soldi, gioielli, barche e orologi”
come lo descrive l'Idv Federico Palomba, nemmeno un appunto. “Abbiamo provato a
sottolineare alla Lega la sua incoerenza - dice la Pd Donatella
Ferranti - ma mi pare che sia un
punto di cui non si preoccupano”.
Oggi finirà 10 a 11: Udc voterà
per l'arresto (ma lascerà libertà
di coscienza in aula) così come
Futuro e Libertà, Pd e Italia dei
Valori. Un risultato che garantisce da eventuali scossoni nel
giorno in cui c'è la fiducia sulla
manovra, ma che non salverà la
maggioranza dall’imbarazzo di
dover guardare in faccia i rappresentanti di Transparency
Il leghista
che ha cambiato idea
Due mesi fa, quando gli dissero che
toccava a lui difendere Marco Milanese in
Giunta per le autorizzazioni a procedere si
tirò indietro. Disse che era meglio lo
facesse qualcuno della maggioranza, che
poi avrebbero potuto accusarlo “di non
averci lavorato abbastanza”. Ammette che
si era fatto un’idea negativa, ma è perché si
era fatto “influenzare dalla stampa”. Ora
si è letto le 12 mila pagine della vicenda ed
è sicuro: Milanese è è perseguitato da Paolo
Viscione, non bisogna mandarlo in carcere
International durante la discussione del ddl anti-corruzione in commissione Affari
costituzionali e Giustizia. Il voto in Aula invece (quando si voterà anche la relazione di minoranza presentata dall’opposizione) è slittato di due giorni:
dal 20 settembre (un martedì)
al 22 (un giovedì). I maligni sono già andati a guardare le statistiche delle presenze in aula
nell'ultimo giorno prima del
weekend.
I panni sporchi del Carroccio si lavano sulla Velina Verde
LE BEGHE SEMPRE PIÙ VIOLENTE ALL’INTERNO DEL PARTITO TRA “CERCHIO MAGICO” E MARONIANI SI SPOSTANO SU UN QUOTIDIANO ON LINE
di Elisabetta
Reguitti
a chiamano velina ma in realtà è una
Lsuale.
clava, uno strumento di lotta congresÈ la Velina Verde del cerchio magico
che ricorda molto la Velina Rossa fondata
da Pasquale Laurito (uomo vicino a Massimo D'Alema) il foglio ad uso dei giornali
che a seconda delle opportunità diffonde
le beghe della sinistra italiana. Per la verità
il nome del periodico rievoca a sua volta
quello di Vittorio Orefice punto di riferimento dei cronisti parlamentari democristiani.
INSOMMA la questione è sempre la stessa, quella cioè di creare un canale di informazione o controinformazione al servizio di una corrente politica. E la Lega si adegua; ecco quindi spuntare un giornale online dove si legge che verrà spezzato il patto
d’acciaio dei maroniani. L’obiettivo è dichiarato: screditare la corrente di Bobo Maroni
che si contrappone al cerchio magico. Un
esempio è il titolo sobrio “Ali Babà e i quaranta Maroni insubri”, in cui si parla di infiltrazioni massoniche nel consiglio comunale di Varese del sindaco Attilio Fontana
maroniano di ferro, presidente di Anci Lombardia ergo rivoltoso della manovra finanziaria. Nei giorni scorsi Bossi aveva diffidato
i sindaci leghisti dal manifestare, domani,
contro Berlusconi e Fontana ha minacciato
le sue dimissioni. Volano dunque schiaffi
nella Lega che si avvicina e si prepara all’autunno dei congressi delle lotte intestine
al Carroccio portate avanti dai ribelli al cerchio magico quello creato dalla moglie di
Bossi per tutela e proteggere il marito e che
comprende oltre a Rosi Mauro e Marco Reguzzoni pure il sottosegretario Francesco
Belsito tesoriere della Lega. Ma torniamo
alla Velina Verde alla quale tutti negano una
paternità e il cui dominio sembra essere stato registrato all'estero. Di certo c’è che ha
avuto l’effetto di una piccola bomba in casa
leghista. Si leggono nomi e ricostruzione di
fatti interni al partito che coinvolgono Ma-
roni e i vari sindaci che hanno difeso il loro
bilancio attaccando il governo. In mezzo ci
stanno i militanti sempre più incavolati con
la Lega-ladrona che se ne sta a Roma a cincischiare mentre le famiglie e le aziende padane vanno a rotoli. Il quotidiano La Padania
e Radio Padania Libera sono sempre più subissati di lettere e telefonate di protesta e
dunque ecco il post sulla Velina Verde dove
si assicura come il cerchio magico non lavori in maniera clientelare.
DIFFICILE da dimostrare dopo l’elezione-imposizione di Renzo (Trota)
Bossi in consiglio regionale della Lombardia, risultato di una vera mattanza tra candidati-militanti fatta nella circoscrizione di Brescia garantendo per l’appunto l’elezione al figlio del Capo. Ma ora che, come
aveva anticipato Il Fatto Quotidiano, emerge la
conferma che Umberto Bossi vuole inserire
in politica anche il secondogenito Roberto
Libertà le cose si complicano. Tutto ciò va
però letto nell’ottica anche della nomina del
nuovo segretario della Lega Lombarda ricoperto oggi da Giancarlo Giorgetti (appoggiato dalla corrente di Maroni). E si avvicinano i congressi, la stagione delle lotte
feroci tra le anime del Carroccio, che nella
Velina Verde rispolvera la Lega che fu: “Questi signori che spingono per entrare nei consigli di amministrazione di banche e
imprese partecipate non
è che tra un po’ sostituiranno la spada dell’Alberto da Giussano con la
squadra e il compasso? E
il verde della Padania con
quello dei bigliettoni di
banca?”. E con la bulimia
di poltrone e incarichi di
cui è affetta la Lega come la
mettiamo?
Mercoledì 14 settembre 2011
pagina 7
Il presidente Zavoli
convoca i vertici
dell’azienda in Vigilanza
L’
SERVIZIETTO PUBBLICO
ufficio di presidenza della
commissione parlamentare di
Vigilanza Rai, su proposta del
presidente Sergio Zavoli, ha deciso
all’unanimità di audire il presidente e il
direttore generale dell’azienda pubblica – si
legge in una nota – “sui problemi aperti
nell’azienda, tra i quali le nomine ai vertici
di importanti strutture, e su alcune materie
trattate nell’ambito degli atti di indirizzo
all’ordine del giorno della commissione”.
“L'urgenza di dare una sollecita soluzione
alle troppe questioni insolute, con
riferimento soprattutto ai doveri del
servizio pubblico – ha sottolineato il
presidente Sergio Zavoli – è la motivazione
che ci ha spinto a questo nuovo, urgente
confronto.
Non è più tempo di affidare tale materia alle
mediazioni della politica politicante.
La Rai deve riappropriarsi pienamente dei
suoi compiti e delle sue responsabilità, specie
in una congiuntura che esige scelte e decisioni
risolute e trasparenti”.
SOLDI DI FINE STAGIONE
La Lei taglia i costi di Parla con me e poi spende
il doppio per consulenze e aumenti ai suoi amici
di Carlo
LA PARABOLA di Pippo Franco
Tecce
er il vocabolario Rai,
un volume mai pubblicato, la parola risparmiare significa spendere. L'inafferrabile Lorenza
Lei, nominata con squilli di
trombe e rintocchi di campane (vaticane), cosa prometteva ai dipendenti semplici e al proprietario particolare (il Tesoro, cioè il governo)? Una cura per i conti
che richiede sacrifici: assunzioni bloccate, premi annullati, castità finanziaria. E il direttore generale, ancora ieri,
diffondeva comunicati per
rassicurare i suoi grandi elettori: accordo per il contratto
di Fandango che produce
Parla con me, taglio del 5 per
cento (meno 1.750 euro a
puntata).
Seconda parte. Domani il
Consiglio di amministrazione deve votare: il sì conferma la sinistrorsa Serena Dandini, il no segna la tripletta
che il Cavaliere desiderava,
che completa le uscite di Michele Santoro e Paolo Ruffini. Tranne un bagno in barca
fotografato dal settimanale
Chi del noto B., Lorenza Lei
ha lavorato persino con il
solleone d'agosto. Non era
Lei, forse. Quel direttore generale che rimuove le briciole pur di cavare un euro, in
quei giorni ratificava contratti, e dunque nuove spese.
Per sanare l'emergenza sicurezza, spiega la direzione generale, la Rai ha assunto a
tempo determinato Luciano Campoli, massimo
esperto del settore per la sua
carriera fra la segreteria del
ministro Ignazio La Russa e la
Presidenza del Consiglio:
200 mila euro all’anno. Ennesimo tassello esterno che
Dal Bagaglino
a Moggi
P
71 anni la parabola discenAtra dente
di Pippo Franco oscilla
Luciano Moggi e Domenico
Il direttore generale Rai, Lorenza Lei (FOTO EMBLEMA)
C’è anche un addetto alla
sicurezza assunto come dirigente
Viene dalla segreteria di La Russa
gonfia la voce “costi del personale” nel bilancio. Stavolta
la spesa è passata con il silenzio dell’associazione dei
dirigenti (Adrai), fieramente
in campo nelle precedenti e
innumerevoli occasioni. C’è
un’attenuante, però: l’accordo porta la data del primo
agosto, in periodi di vacanze
le proteste calano, soprattutto se la nomina è su ordine
del direttore generale.
Non manca un pensierino
per chi doveva andare via.
Lorenzo Vecchione (area
Udc) è in pensione da dicembre, un regolamento approvato dal Cda vieta di pagare
chi è appena uscito con la
ALL’INFEDELE
Mazzette
e Ravel
E
rano i tempi in cui nelle stazioni termali
il pianista cominciava a suonare e gli
ospiti ascoltavano sorseggiando acqua diuretica in un clima sobrio ed elegante. Ai riti di Salsomaggiore e Fiuggi abbiamo pensato l’altra sera quando nel salotto terapeutico dell’“Infedele”, un’originale versione del Bolero di Ravel
cercava di lenire i dolori del Pd di Sesto San Giovanni. Compito a cui Lerner non si è sottratto
accusando l’assente Bersani, ma lasciando spazio al garbo del sempre elegante Ferruccio de
Bortoli e alle riflessioni esistenziali del sindaco dell’ex Stalingrado Oldrini. E quando
lo stagionato successore di Penati non ha
escluso l’ipotesi che forse, chissà, per una
generazione di amministratori è giunto il
momento di appendere appalti e concessioni al chiodo, nello studio era palpabile l’emozione. Successo di pubblico. Si replica lunedì con l’ouverture della “Gazza ladra”.
liquidazione, così decise la
coppia mista Mauro Masi-Lorenza Lei, capo e vice. Eppure l'ex amministratore delegato di Raisat ha ricevuto
lgià due consulenze, la seconda scade il 30 giugno
2012. Vecchione gestiva costi, utili e ricavi, ora dovrà
selezionare talenti per i reality, 10 mila euro al mese: noi
vogliamo investire sulla formazione e abbiamo ridotto il
compenso, precisano da Viale Mazzini. Il mandato di Lorenza Lei può finire in primavera oppure continuare
per tre anni, nel frattempo, il
direttore generale ha già
chiesto al Cda di aumentarle
l'ingaggio ai livelli di Masi
(715 mila euro), ma il tremontiano Angelo Maria Petroni ha bloccato la pratica
più per questioni di simpatia
che di burocrazia. Sempre
per il vocabolario Rai, aumento si dice “adeguamento”. Così possiamo dire che
la Lei ha adeguato con decine di migliaia di euro i
compensi di Salvatore Lo
Giudice, direttore dell'ufficio legale; Andrea Sassano, primo collaboratore del
dg; Debora Binucci assistente del dg; Maria Pia
Ammirati, vicedirettore di
Rai1 e candidata a Rai3 in
quota
Massimo
D’Alema/Partito
democratico.
Adesso l’agenda del direttore generale prevede un incontro con i sindacati per illustrare e confermare le retoriche “lacrime&sangue”.
Ecco che torna Lei, chissà
quale Lei.
Vespa sbaglia pure
l’11 settembre
ono contro le ricorrenze fine a se stesse, soprattutto
quando la tv le celebra privilegiando il dolore, diSmenticando
di affrontare le cause e le conseguenze. Mi
riferisco alla tragedia dell’11 settembre, quella delle
Torri Gemelle. I telespettatori, spesso attratti dalla tv
reality (da Cogne al delitto del bosco delle Casermette
passando per Avetrana), questa volta hanno evitato le
trasmissioni sul tema. Lo speciale di Bruno Vespa su
Rai1 non ha raggiunto il 10% di share. Non basta celebrare l’America unita nel dolore, il “Nobel sulla fiducia” Obama vicino al “guerrafondaio” Bush con la
mano sul cuore. Assieme ai circa 3000 morti del Ground
Zero, ci dovrebbero essere anche le migliaia di civili e
soldati caduti in Afghanistan e in Iraq. I potenti della
terra devono dare ai parenti delle vittime, dopo dieci
anni, quelle risposte, mai arrivate. Come ha detto Michele Santoro alla festa del Fatto Quotidiano, annunciando che, a fine ottobre, tornerà in onda con un nuovo
programma, Comizi d’amore: “In Italia c’è la necessità,
per uscire dal regime, di dare voce a quella parte di
opinione pubblica, cospicua, che in questi anni è stata
dimenticata, censurata, completamente cancellata
Scilipoti. Una Triade fantastica,
che sarebbe meraviglioso vedere un giorno insieme. Per il momento, Franco si divide tra i due.
Orfano del “Bagaglino”, il comico conduce un programma calcistico intitolato “Ieri, Moggi e
domani”, co-prodotto da emittenti locali: Tv Gold, Rete 7 e TePippo Franco (F E
)
lecolor. Una sorta di revival apolegetico dell’ex dg bianconero
protagonista di Calciopoli. Revisionismo calcistico allo stato
puro. Moggi dice la sua sulla giornata di campionato, ma non
disdegna le barzellette a doppio senso care all’amico Pippo. In
merito, nell’edizione scorsa, ci fu un duetto strepitoso tra i due:
Moggi che declamava le storielle raccolte dal comico in un libro
edito da Mondadori. Un reading memorabile, con l’ex dg che si
dedica ai “cartelli ambigui dei negozi di ferramenta”. Segue
elenco: “Qui chiavi a vista”, “Qui chiavi in cinque minuti”. Moggi legge e ride, ma al terzo cartello-barzelletta è costretto a interrompersi. Non riesce a trattenere la risata. Pippo Franco corre in suo aiuto e completa la frase: “Sega a due mani a denti
stretti a 20 euro”. Altra risata del cenacolo di “Ieri, Moggi e
domani”, compreso un frate barbuto.
Da Moggi a Scilipoti. Dal calcio all’olistica tanto cara all’icona
dei Responsabili salva-Berlusconi. L’8 aprile scorso, Pippo Franco e Scilipoti si aggiravano per il Transatlantico, attirando la
curiosità di parlamentari e cronisti. Il comico, con occhiali scuri e abiti sportivi, era in veste di relatore a un convegno dal tema:
“La medicina della natura. Approccio olistico alla malattia e alla
salute”. Organizzato, ovviamente, da Scilipoti, che è medico e
agopuntore. La relazione di Pippo Franco, presentato come “attore, scrittore e produttore di elettromedicali”, era sullo “Stile
di vita”, tout court. Questione complessa e impegnativa al punto che poi i due si sono rilassati con una visita guidata per la
Camera. Con Scilipoti a fare da Cicerone. Non senza battute,
quando i due vanno alla buvette e il comico sbotta: “Vediamo la
Camera, ora vediamo anche il gabinetto”.
OTO
MBLEMA
fd’e
di Loris
Mazzetti
dai tg”. Quel giorno di fine estate ha segnato la
fine del pacifismo. Dopo l’attentato di al Qaeda ci
avevano convinto della necessità di fare la guerra per
distruggere il terrorismo, poi per impedire la produzione di armi nucleari, infine, per ottenere i finanziamenti per le varie spedizioni militari, si sono inventati le
“missioni di pace”. Per far passare il pensiero unico non
era sufficiente la benedizione del Papa alla lotta al
terrorismo, l’informazione doveva essere compatta,
omologata al potere. 18 aprile 2002, sono trascorsi
poco più di sei mesi dalla tragedia americana, B. in
conferenza stampa dalla Bulgaria, lancia l’editto bulgaro: via Biagi (il giornalista più credibile e più amato),
via Santoro (il più coraggioso e indipendente), via Luttazzi (il re della satira politica) che, insieme con Marco
Travaglio, si è permesso di porre pubblicamente una
domanda al Cavaliere: “Da dove ha preso i soldi per
costruire l’impero? A poco a poco le bandiere della
pace spariscono dai tg, quelle sui balconi perdono il
colore e non vengono sostituite, il messaggio non violento di Gandhi, da noi diffuso da Aldo Capitini, viene
sostituito dalle così dette “bombe intelligenti”. I nostri
governanti belligeranti, che l’11 settembre scorso hanno riempito i tg di parole inutili, hanno dimenticato che
l’articolo 11 della Costituzione dice: “L’Italia ripudia la
guerra”.
pagina 8
Mercoledì 14 settembre 2011
OPPOSIZIONI
IL VICECONTE MAX
D’ALEMA CONTRO
IL MATRIMONIO GAY
L’ex leader Pci parla come un cardinale:
“Famiglia finalizzata alla procreazione”
di Silvia Truzzi
llarme per un caso di
sdoppiamento della personalità a Ostia. In data 9
settembre, ma la notizia si
è appresa solo ieri, si è presentato sul palco della Festa dell’Unità il vice conte vaticano Massimo D’Alema (dovrebbero almeno scrivere la d del cognome
minuscola), al posto dell’omonimo – e notoriamente “intelligente” – compagno Massimo
D’Alema. I primi sospetti sono
venuti alla platea quando D’Alema ha parlato dell’esenzione
Ici per gli immobili della Chiesa: “Effettivamente bisognerebbe che fossero esenti solo gli
edifici adibiti al culto e alle associazioni di beneficenza. Bisognerebbe fare un censimento.
Comunque con tutti i problemi
che ci sono in Italia...”. Poi si esibisce sul suo argomento preferito: se medesimo, interrogato
sui meriti araldico-equestri. E
spiega: “Sì, il Vaticano mi ha insignito di questa onorificenza
quando ero ministro degli Esteri, perché accompagnavo il presidente Napolitano in visita ufficiale”. Zoro, con lui sul palco,
lo rintuzza: “La notizia è uscita
sul Fatto e sul Giornale, vero?”. E
lui: “Sì, in contemporanea. Credo siano una joint venture”. E poi:
“Non c’è limite alla monnezza”.
A
(Grazie, onorevole, le sue ingiurie per noi “tecnicamente fascisti” sono un titolo, se non nobiliare, di merito. Tuttavia, meglio
rimpinguare l’ufficio stampa: la
notizia è uscita prima sul Fatto e
poi sul Giornale). Ce n’è pure per
la questione morale e Mani Pulite: “Si è scoperto che Greganti
prese i soldi per comprarsi un
appartamento”. Omette, l’ex
leader, di ricordare che i soldi
Greganti li prese da quel Bruno
Binasco oggi coinvolto nell’inchiesta sull’ex area Falck (quella di Penati), per via di un passaggio di denaro che avviene, la
storia si ripete, con il pagamento di una caparra per un immobile. Il meglio però, il vice-conte Max, lo dà sui diritti civili: “Il
matrimonio come è previsto
dalla Costituzione del nostro
Paese, se non la si cambia, è l'unione tra persone di sesso diverso finalizzata alla procreazione.
Tra l’uomo e la donna: questo
dice la Costituzione”. Il che non
è esattamente vero: “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale
fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull'uguaglianza morale e giuridica dei
coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unità familiare” (articolo 29). Vero che
una sentenza della Corte costituzionale (138/2010) chiarisce
Nobiluomo da Chiesa Qui
accanto un’immagine di Massimo
D’Alema nominato vice-conte del
Vaticano. Sotto, il dibattito alla
festa dell’Unità di Ostia tra il Lìder
Maximo e Zoro
– rimettere in movimento l'eL’interpretazione: se
conomia e premiare il lavoro –
richiedono una larga coalizio“Com’ è
ne”: scambiamoci un segno di
pace, Pier Ferdinando). Dice il
previsto dalla
consigliere regionale lombardo: “Scalfarotto ha ragione. Tra
Costituzione
l'altro, rispetto all'alleanza con
l'Udc, anche sul ‘piano del goè l’unione
verno’ avrei molto da dire. Perché oltre ai diritti civili, c'è qualtra persone di
che problema anche rispetto alle scelte economiche, al mercasesso diverso”
to del lavoro, ai contributi alle
che i Costituenti si riferivano al
matrimonio eterosessuale, ma è
tutto da dimostrare che per introdurre il matrimonio gay sia
necessaria una legge di rango
costituzionale. E comunque la
“procreazione come fine del
matrimonio” più che un dettato
costituzionale sembra un’omelia papale. Certamente non il discorso di un leader progressista.
Comunque un errore politico.
La cosa infatti fa imbufalire le associazioni gay: “Affermazioni
talmente rozze da risultare incredibili” (Paolo Patanè, presidente di Arcigay). “Svelano nel
miglior modo possibile il guaio
di una sinistra italiana che deve
combattere con una zavorra
culturale (prima che politica)
che D’Alema rappresenta al meglio”. (Associazione radicale
Certi diritti). Anche il vicepresidente del Pd, Ivan Scalfarotto,
non la prende bene: “Queste
parole starebbero bene in bocca a un popolare spagnolo di 70
anni, cresciuto con Fraga Iribar-
ne. O a qualche parruccone
conservatore infilato tra i pari
del regno dopo la caduta di Lady
Thatcher. Sulla pari dignità delle persone non si scherza, né si
può pensare di evitare le domande che i cittadini legittimamente ci porranno. Se non lo capiamo da soli, saranno loro a farcelo capire. Non è una responsabilità da poco. Sveglia, Massimo, sveglia”. Pippo Civati massaggia D’Alema a proposito di
un’altra dichiarazione (“Oggi i
grandi temi del governo del Pae-
famiglie, al sostegno alla scuola
pubblica, alle questioni che riguardano l'energia e i servizi di
pubblica utilità. Tutte cose che
riguardano il tema del governo,
per riformare lo Stato, rimettere in movimento l'economia e
premiare il lavoro. Appunto”.
In serata il leader che ha collezionato più elezioni perse della
storia ha chiarito il suo pensiero: “La mia vita politica testimonia che ho sempre difeso i diritti
degli omosessuali contro ogni
forma di discriminazione e di
omofobia”. Come direbbe Totò,
miseria e nobiltà.
REFERENDUM ELETTORALE
OBIETTIVO 500 MILA FIRME PIÙ VICINO
IL PD LO APPOGGIA? NO, MA ANCHE SÌ
di Wanda Marra
cambiare cerNsiamotoon possiamo
posizione adesso. Noi
per il sistema tedesco e
abbiamo presentato la nostra
legge”. Ma: “Abbiamo dato un
contributo enorme alla raccolta delle firme per abrogare il
Porcellum”. La versione del
“ma anche” questa volta è di
Matteo Orfini, responsabile
Cultura e Informazione del Pd,
e dalemiano doc. Ennesima dimostrazione che il “ma anche”, invenzione evidentemente quasi psicanalitica di
Walter Veltroni, fa ormai parte
del dna del Partito democratico. E il referendum elettorale
non ne è che l’ultima dimostrazione. Nella declinazione del
momento: il Pd non sostiene il
referendum, ma è pronto ad
assumersi il merito del suo
successo.
UN RAPIDO riassunto delle puntate precedenti: i Democratici scelgono di non far parte del comitato referendario.
Poi, dopo le (consuete) divisioni nel partito tra favorevoli
e contrari e soprattutto le proporzioni prese dall’iniziativa,
il segretario Bersani detta la linea: “Daremo una mano”.
Che, tradotto, significa sostanzialmente che il Pd ha deciso
di ospitare i banchetti nelle
sue feste, ma non si occupa
materialmente della raccolta.
Un’ospitalità che prende quota lentamente: tant’è vero che
alla Festa nazionale di Pesaro il
banchetto compare non annunciato e all’inizio semi-clandestino. Poi, la gente che fa la
fila per firmare fa sì che si integri di più con il resto. Bersani
nel suo comizio finale si limita
a una rapida citazione: il referendum “può dare impulso”
alla riforma elettorale. Ma ieri
il Corriere della sera riporta delle
dichiarazioni che vedrebbero
sia il segretario che Massimo
D’Alema ormai favorevoli alla
consultazione non tanto per il
suo effetto primario (l’abrogazione della porcata), ma perché sarebbe il modo di portare
la Lega a far cadere il governo,
visto che il Mattarellum (il sistema che uscirebbe dalla consultazione) la costringerebbe
a un’alleanza troppo stretta
con Berlusconi. Insomma, una
pistola da usare all’occorrenza. Il Nazareno non smentisce.
Anzi, dallo staff di Bersani ribadiscono la linea ufficiale (la
proposta democratica è già incardinata in Commissione al
Senato) ma anche il fatto che la
vittoria referendaria potrebbe
portare la Lega a staccare la
spina. Scenari futuribili. Quel
che appare chiaro, però, è che
anche questa volta i Democratici si stanno avvicinando al
carro dei possibili vincitori.
Un climax che sottolinea Arturo Parisi, democratico anche
lui, e a titolo personale padre
del referendum: “Siamo stati
accolti con ospitalità crescente nelle feste del Pd”, dice. Anche se chiarisce che questo
certo non può indurre il Pd a
intestarsi la consultazione.
Proprio ora che - come dicono
gli stessi referendari - il traguardo 500 mila firme sembra
possibile, anche se non sicuro.
Scriveva ieri Europa in un editoriale: “Se fallisse a questo
punto pagherebbe solo il Pd”.
E dunque “salvando la raccolta
di firme” il partito “salverebbe
un po’ anche se stesso”. Ma
I Democratici
pronti a salire
sul carro: non
cambiamo
linea, ma da noi
un contributo
enorme
Rush finale
Accanto un banchetto
per la raccolta delle
firme per il referendum
elettorale. Obiettivo
500mila entro il 30
settembre. Il comitato
per ora ne dichiara 300400mila (FOTO EMBLEMA).
davvero sarebbe salvifico a
questo punto un apporto massiccio del Pd? “A pochi giorni
dalla fine della raccolta, direi
di no. Sarebbe stato importante prima”, spiega Andrea Morrone, che i quesiti li ha scritti.
Le firme raccolte sono tra le
300 e le 400 mila.
L’ IDV ha fatto sapere di aver
raggiunto la quota promessa
(160mila), mentre Nichi Vendola ha chiesto un impegno
particolare ai circoli di Sel. I
prossimi giorni saranno decisivi (la “dead line” è il 30 settembre, ma in realtà bisogna finire
prima). Intanto per domani sera i referendari hanno organizzato una raccolta speciale in
una piazza del centro di Roma
(Campo de’ Fiori o Piazza Navona) che sarà ripresa con un
collegamento dal Talk show di
prima serata di Rete 4, “La versione di Banfy”. Alla faccia del
servizio pubblico, che di copertura alla consultazione ne
ha dedicata pochina.
DE MAGISTRIS VA A MANCHESTER
Un Sindaco
allo stadio
L
uigi De Magistris che sicuramente il
talento da Masaniello ce l’ha, a intercettare il sentimento comune napoletano è
bravo. E così ha deciso di volare a Manchester per vedere la partita del Napoli in programma stasera per l’esordio in Champions
League. Accompagnato dal vicesindaco,
Tommaso Sodano. Lo stadio per un Sindaco
può essere un luogo importante. Peccato però che in questo caso De Magistris abbia dovuto annullare ben due sedute del consiglio
comunale, in cui si sarebbe dovuto discutere di emergenza rifiuti, coppa America e forum delle cultura. Ovviamente la
cosa non ha mancato di suscitare polemiche: “Altro che Masaniello, è solo un
Pulcinella”, ha denunciato il deputato napoletano, Pdl Amedeo Laboccetta. Strano
effetto vedere un amico di Cosentino nelle vesti di moralizzatore.
Mercoledì 14 settembre 2011
pagina 9
SIGNORE MINISTRO
IL MINISTRO PREDICA BENE
MA RAZZOLA IN VIA CONDOTTI
di Fabrizio d’Esposito
a casta piange lacrime di
coccodrillo? Accade al ministero dell’Ambiente e
della Tutela del Territorio
e del Mare (Mattm), dove da tre
anni è seduta la berlusconiana
Stefania Prestigiacomo.
L’inizio di questa storia è cupo e
doloroso. A fine agosto una dipendente del ministero rientra
dalle ferie e si uccide buttandosi
dal settimo piano del palazzo di
via Cristoforo Colombo numero 44, sede del Mattm a Roma,
sulla grande strada che porta all’Eur. Non è il primo suicidio e il
ministro scrive una lettera, pubblicata per un paio di ore sul sito
istituzionale del dicastero il 6
settembre scorso, poi rimossa.
La Prestigiacomo parla di questa “tragedia” e conclude: “Siamo una collettività fatta sì di impegno professionale, ma anche
di emozioni, di sensibilità, di vicende personali che inevitabilmente si intersecano e condizionano i percorsi lavorativi.
Dalla intensa emozione dell’addio ad A. vorrei che restasse, oltre alla bella, indelebile memoria di una collega, anche la voglia, il desiderio di
essere più famiglia,
una migliore capacità di ascolto, una
maggiore attenzione al disagio della
stanza accanto”.
L
La Prestigiacomo ai dipendenti: siamo una famiglia. Poi li molla
como. Da sei mesi ha abbandonato il palazzo della Cristoforo
Colombo per fare il ministro in
un edificio antico di Largo Goldoni numero 47, tra via Condotti
e via del Corso. “Nel centro dello
shopping romano”, questa la
perfida battuta. La sede di rappresentanza del ministero dell’Ambiente occupa un appartamento al secondo piano, preso
in locazione dalla Regione Lazio
con un canone annuo di oltre
70mila euro. Ristrutturato da poco, la Prestigiacomo ha voluto
comunque rifarlo daccapo.
Nonostante la crisi e i tagli alle
risorse imposti da Giulio Tre-
USTICA Giovanardi:
no al risarcimento
na sentenza “che cancella il lavoro svolto finora e butta
Usidenza
nel cestino la perizia Misiti”. Il sottosegretario alla predel Consiglio Giovanardi definisce così la sentenza del Tribunale di Palermo che condanna i ministeri dei
Trasporti e della Difesa a risarcire con oltre 100 milioni di
euro i parenti delle vittime della strage di Ustica. “Si tratta
della decisione di un unico giudice monocratico - ha aggiunto Giovanardi - che fa a cazzotti con le scelte, le decisioni e le sentenze firmate da almeno 20 magistrati nel
corso degli ultimi trenta anni”. - Giovanardi ha annunciato ricorso contro la sentenza: “Respingiamo le conclusioni di Palermo. Questa sentenza verrà certamente impugnata in Corte d'appello, perchè per lo Stato non sono
accettabili queste considerazioni”. Al suo fianco, durante
la conferenza stampa convocata a palazzo Chigi, sedeva
Aurelio Misiti, a capo del collegio peritale che nel 1994 ha
consegnato un articolata consulenza al tribunale di Roma, impegnato nel dibattimento sulla strage di Ustica.
La nuova sede di rappresentanza
nel centro di Roma costa
70 mila euro d’affitto l’anno
DI FRONTE alla
lettera, però, i sindacati interni (Cgil, Cisl, Uil e di base) restano spiazzati. Stupore e
anche un po’ di rabbia. Primo
motivo: la missiva, diretta ai dipendenti, viene pubblicata sul
sito del ministero, facendo nome e cognome della donna senza aver avvertito i suoi familiari.
Il secondo motivo lo spiegano
fonti del ministero: “In tre anni e
mezzo, il ministro non ha mai voluto incontrare o ascoltare i dipendenti e adesso ci chiede di essere una famiglia? E come si fa a
essere una famiglia se lei, il ministro, si è trasferita con l’ufficio
nella sede di rappresentanza di
Largo Goldoni?”. La protesta, infatti, incrocia un recentissimo
capriccio di casta della Prestigia-
monti, titolare dell’Economia, il
ministro si è fatta fare un ufficio
tutto bianco, dai pavimenti ai
computer. Un capolavoro di design costato ai contribuenti pubblici altri 80mila euro. Non solo:
al momento si sta valutando di
acquisire anche il piano superiore per ingrandirsi. A chi le chiede
perché se n’è andata da via Cristoforo Colombo, risponde: “La
sede del ministero è brutta e poco dignitosa, mi fa schifo”. C’è
anche una ragione politica, dettata dai numeri esigui della maggioranza: “Almeno così sono vicina alla Camera dove devo andare a votare”. Nella stessa occasione, il ministro si sarebbe lamentata anche dei 600 dipen-
Un’immagine
del ministro
Stefania
Prestigiacomo
(FOTO EMBLEMA)
denti del Mattm, ovviamente rimasti nella “sede brutta”: “È personale raccogliticcio, proveniente da altre amministrazioni
pubbliche”.
ED È PER QUESTO che la lettera del 6 settembre scorso suona come tardiva e ipocrita ai sindacati e non solo. Il documento
viene rimosso dal sito subito. Ma
il giorno dopo la Prestigiacomo
insiste e lo invia alla casella di po-
sta elettronica di tutti i dipendenti. In più c’è una circolare del
capo di gabinetto, Michele Corradino, ai direttori generali: “Il
reiterarsi di gravi e dolorosi episodi recentemente avvenuti all’interno di questo ministero mi
induce a suscitare o a rafforzare
una riflessione sulla capacità di
questa comunità di lavoro”.
Ma come mai, dopo tre anni e
mezzo di disinteresse, secondo
la versione dei sindacati, al mini-
stero dell’Ambiente sta così a
cuore il benessere dei dipendenti? Il suicidio di fine estate
spiega solo in parte lettere e circolari. C’è anche un documento
riservato che fa preoccupare la
Prestigiacomo e i suoi collaboratori. All’inizio dell’anno è stato
distribuito un questionario interno, da restituire anonimo. I test sono stati analizzati dalla facoltà di Psicologia dell’Università di
Bologna e i risultati sono stati
molto negativi. In pratica, i dipendenti dell’Ambiente mostrano “un forte malessere e disagio,
che produce un senso di scarsa
appartenenza al posto di lavoro”.
Di qui la svolta del ministro, resa
ancora più urgente e drammatica dalla tragedia della donna si è
uccisa proprio sul posto di lavoro. Basteranno parole e promesse, nonostante l’assenza del “capofamiglia” Prestigiacomo dal
palazzo di via Cristoforo Colombo? Che nella lettera del 6 settembre scrive anche: “In ufficio
ciascuno di noi passa molte ore,
spesso le più intense della giornata e forse, lo dico per prima a
me stessa, dovremmo imparare a
essere più attenti alle vite che ci
trascorrono vicine”. Più che vicine, abbastanza lontane ora, distanti una manciata di chilometri. Quelli che dividono il nuovo
ufficio del ministro dalla “sede
brutta” sulla Colombo.
Lo sapevate che l’Alto Adige è “puntellato dai masi?”
IL SITO UFFICIALE DEL MINISTRO BRAMBILLA CHE DOVEVA RILANCIARE IL TURISMO È UNO “SCIOCCHEZZAIO” LESSICALE
di Daniele Martini
sapevate che il paesaggio delLsi”?ol’Alto
Adige “è puntellato dai maE che Senigallia è un’isola perché la sua lunga distesa di sabbia fine
“è circondata di acqua”? E che se
uno va in Basilicata in vacanza d’estate non deve assolutamente perdersi una corsa “su un rollerbe” o
una “discesa a bordo di un devalkart” oppure una lunga scivolata su
uno “snow tubing”? Se siete amanti
del genere “sciocchezzaio” e volete
divertirvi con perle rare e amenità di
questo genere, collegatevi a
www.italia.it e ne trovate a iosa. Italia.it è il portale ufficiale del turismo
italiano, anzi, “il portale dei portali”,
come lo aveva sommessamente presentato due anni fa la ministra Michela Vittoria Brambilla in una conferenza stampa.
PRESENTATASI ai giornalisti assieme al collega Renato Brunetta e a
Silvio Berlusconi, la ministra aveva
assicurato che, rispetto al sito chiuso
per manifesta inadeguatezza ai tempi del centrosinistra nel gennaio
2008, il nuovo portale avrebbe avuto
il turbo e in breve sarebbe diventato
lo strumento principe per la rifondazione dell’immagine delle vacanze
italiane nel mondo. Come è andata a
finire lo sanno tutti. Anche il turismo
non sta troppo bene e l’effetto rilancio del portale dei portali purtroppo
non l’ha visto nessuno. La stagione
delle vacanze non è ancora finita e
quindi mancano i dati di consuntivo,
ma da quelli disponibili e dall’umore
non proprio allegro di molti operatori c’è da supporre che non ci sia da
leccarsi le dita, anzi. Fa testo a questo
proposito la rilevazione dell’Osservatorio nazionale del turismo, un organismo governativo che scruta gli
andamenti sulla base di un sondaggio
condotto sulle intenzioni di vacanza
di 5 mila potenziali turisti e usa anche
dati forniti dall’Unione delle Camere
di commercio. Un anno fa gli italiani
che pianificarono una vacanza per
agosto furono 22 milioni e 600 mila,
quest’anno sono stati appena 19 milioni e 370 mila, oltre 3 milioni in me-
fettuate nell’ultimo trimestre tramite
il sito specializzato Alexa.com, che
non è la Bibbia, ma è ritenuto molto
indicativo, risulta che tra i siti ufficiali
quello italiano è tra i meno consultati
rispetto a quelli dei paesi direttamente concorrenti. Il sito francese, per
esempio, ha una percentuale sul totale di visitatori cinque volte superiore, quello svizzero 6, austriaco 2,7,
olandese 2, spagnolo 3,6, tedesco 2.
Sono più visitati di italia.it pure il sito
greco, irlandese, norvegese, danese,
croato, serbo, svedese, sloveno, portoghese, inglese.
Su queste basse performance del sito
italiano forse influisce anche il fatto
che è stato tradotto in un numero esiguo di lingue, appena 5, con una scelta anche in questo caso penalizzante
per l’Italia rispetto a quasi tutti i paesi
europei. Considerando 36 nazioni
del Vecchio continente, comprese le
piccole come Lettonia, San Marino e
Malta, l’Italia si piazza al ventottesimo posto in fatto di numero di traduzioni. Il sito tedesco è tradotto in
26 lingue, spagnolo 31, austriaco e
svizzero 25, olandese 13, inglese
23, sloveno 48.
Le traduzioni del
sito della Brambilla, poi, secondo
molti esperti lasciano parecchio a
desiderare, forse
anche perché i traAlla presentazione ufficiale il
duttori sono stati
ministro del Turismo Michela Vittoria
pagati poco, come
Brambilla era accompagnata dal
loro stessi hanno
presidente del Consiglio Silvio Berlusconi
no. Si stima poi che un anno fa alla
fine siano rimasti a casa circa 7 di
quei 22 milioni e se anche quest’anno si ripetesse qualcosa di simile,
cioè si verificasse di nuovo uno scollamento di quelle proporzioni tra la
vacanza programmata e la vacanza effettiva, ci troveremmo probabilmente di fronte ad uno degli anni più neri
del turismo italiano da molto tempo a
questa parte. La crisi generale ovviamente incide, ma il portale della
Brambilla non sembra abbia opposto
quella cura promessa con enfasi. Dalle rilevazioni sulle visite a italia.it ef-
Il portale italiano è tra i meno
consulati rispetto a quelli
europei. E si capisce perché
denunciato, circa 9 euro a cartella. Di
fatto, alla fine, ci sono scappati diversi svarioni, come quando nel testo
francese per indicare le spiagge è stato usato il termine plagues, che in
francese non vuol dire nulla, ma in
inglese significa malattie, pestilenze.
Poi, per fortuna, questa svista, come
altri cento errori marchiani, è stata
corretta.
FINO A QUALCHE mese fa, esattamente fino alla metà di giugno, gli
stranieri potevano avere informazioni abbastanza dettagliate sulle vacanze italiane anche attraverso alcuni siti esteri dell’Enit, l’ente italiano del
turismo, che rimandavano ai siti delle singole regioni i quali a loro volta
offrivano una buona panoramica della ricettività e delle opportunità turistiche locali. Ma questi siti, cioè
enit-france, enit-italia-de, enit.ch,
enit.at sono stati chiusi per far largo
al portale della Brambilla e ora il sito
centrale e istituzionale Enit sopravvissuto offre contenuti che sembrano imbalsamati.
Non bastasse tutta questa sequela di
negatività, per un soffio alcuni giorni
fa si è sfiorato addirittura il cataclisma del turismo nazionale quando il
governo di cui il ministro Brambilla fa
parte ha deciso di cancellare dal calendario i ponti e le feste laiche. L’idea è stata poi ritirata per manifesta
impraticabilità, ma per giorni gli operatori hanno sudato freddo. Federalberghi ha calcolato che quella piccola norma balzana avrebbe fatto volar
via oltre 5 miliardi di euro di incassi
turistici.
pagina 10
Mercoledì 14 settembre 2011
GIÙ AL NORD
LE MANI SU MILANO
In un libro i legami tra clan e politica in vista dell’Expo
Il nome di La Russa in un’informativa della polizia
di Gianni Barbacetto
be impegnato attivamente con il
massimo interessamento su tutta la comunità calabrese”, scrivono i segugi della Squadra mobile di Milano, “garantendo che i
voti sarebbero andati sicuramente alla lista del Popolo della libertà”. Ecco che cosa è maturato
quella sera, dietro le quinte, alla
discoteca Lime Light: almeno secondo le fonti confidenziali degli investigatori milanesi. Gli impianti ripetevano fino allo sfinimento Meno male che Silvio c’è, ma
Marco Clemente aveva già incontrato i suoi misteriosi interlocutori e siglato accordi molto riservati.
I protagonisti, secondo l’informativa di polizia, sono il padrone della discoteca, un familiare
di La Russa, il boss calabrese Barbaro. Chi è il familiare di La Rus-
e Davide Milosa
Di seguito un estratto dal libro
“Le mani sulla città”, edito da
Chiarelettere in libreria da
domani.
el 2008 inizia una vicenda
emblematica di come a
Milano la politica possa
incrociare la mafia. Ultimi
mesi del governo di centrosinistra di Romano Prodi. Campagna elettorale trionfante di Silvio Berlusconi. A Milano, sul tavolo della politica e degli affari
c’è la partita decisiva per conquistare l’Expo 2015, vinta la sera del 31 marzo. In quegli stessi
giorni, sulla scrivania di Ilda
Boccassini, il procuratore aggiunto che coordina le indagini
antimafia, arrivano alcune informative degli investigatori sui
rapporti tra ’ndrangheta e politica. Raccontano che 17 boss si
stanno spartendo la Lombardia.
Sono pezzi da novanta dei più
importanti clan calabresi.
Tutti, nella primavera 2008,
hanno una priorità: le elezioni,
avvicinare i politici nel momento in cui sono a caccia di voti per
stringere rapporti, tentare
scambi, preparare affari. Il 10
aprile 2008 è una giornata speciale. Termina la campagna elettorale. Alla discoteca Lime Light
di via Castelbarco, non distante
dall’Università Bocconi, si prepara la festa finale del partito di
Berlusconi. L’impianto audio rimanda ossessivamente l’inno
azzurro Meno male che Silvio c’è.
Un uomo attende all’ingresso.
Ha un appuntamento delicato.
Si chiama Marco Clemente ed è
il padrone di casa, il socio di
maggioranza della società che
controlla il locale. Politicamente è vicino al centrodestra e in
particolare a Ignazio La Russa,
l’ex capo dei giovani neofascisti
del Msi milanese diventato uno
dei leader nazionali del Pdl. Clemente è nato a Roma, ma gli affari li ha sempre fatti sotto la Madonnina: attività immobiliari,
gestione di parcheggi, locali
N
Il duomo di Milano e le locandine dell’Expo 2015 (FOTO EMBLEMA)
Promesse
di appalti
alla ‘ndrangheta
lombarda
in cambio
di appoggi
elettorali
notturni. Nella primavera 2011,
il Pdl candida Clemente al Consiglio comunale di Milano.
IL PADRONE del Lime Light
raccoglie 458 preferenze, poche
per essere eletto. Durante la
campagna elettorale viene resa
pubblica un’agghiacciante intercettazione ambientale realizzata
il 17 febbraio 2008. La voce di
Clemente è registrata nella notte, all’interno della discoteca Babylon. Sta parlando con Giuseppe Amato, in seguito arrestato
per associazione mafiosa con
l’accusa di essere il luogotenente del boss Pepè Flachi per la riscossione del pizzo nei locali di
Milano. I due parlano di un gestore di locali, Bartolo Quattrocchi, patron della discoteca Pulp
pesantemente minacciato dal
clan di Flachi: “Speriamo che
muoia come un cane”, sbotta
Clemente.
Due mesi dopo quell’augurio nero, il 10 aprile 2008, viene organizzata la festa elettorale alla discoteca Lime Light. Alla spicciolata arrivano tutte le stelle del Popolo della libertà. Per ultimo fa il
suo ingresso, tra gli applausi, Silvio Berlusconi. Si guarda in giro,
saluta, sorride, stringe mani. Già
pregusta la vittoria politica. Anche La Russa è soddisfatto nella
tiepida serata milanese. Berlusconi gli ha già promesso nientemeno che il ministero della Difesa. Non sa che il giorno dopo
quella esaltante festa di fine campagna elettorale la polizia deposita alla Direzione distrettuale
antimafia di Milano un’informativa sui rapporti tra la ’ndrangheta e i politici milanesi, in cui compare anche il suo nome. È poco
più d’una paginetta, datata 11
aprile 2008 e scritta su carta intestata della Squadra mobile di
Milano. Vi si legge: “Il deputato
Ignazio La Russa, attraverso un
suo diretto familiare e tale Cle-
Le mani sulla città
AUTORI: GIANNI BARBACETTO E DAVIDE MILOSA
EDITORE: CHIARELETTERE
mente, socio di una nota discoteca sita in zona Porta Ticinese,
avrebbe fatto contattare Salvatore Barbaro al quale i due avrebbero chiesto un intervento della
sua famiglia su tutta la comunità
calabrese presente in provincia
di Milano, al fine di far votare alle
prossime consultazioni elettorali la lista del Popolo della libertà”.
CHI È SALVATORE Barbaro?
È il giovane e rispettato boss di
Buccinasco, erede di Rocco Papalia, uno dei capi storici della
’ndrangheta in Lombardia, di cui
ha sposato la figlia Serafina detta
Sara. “Salvatore Barbaro si sareb-
17 boss
si stanno
spartendo
spazi
e finanziamenti,
coinvolti anche
clan calabresi
sa? È Marco Osnato, consigliere
comunale del Pdl, genero del fratello di La Russa, Romano. Qual è
il patto che viene siglato, almeno
nell'ipotesi, prospettata e ancora non provata, degli investigatori? Voti in cambio di appalti. A Milano, come nella Calabria della
’ndrangheta, come nella Sicilia
di Cosa Nostra, come nella Campania della camorra. Clemente e
Osnato avrebbero chiesto voti al
giovane boss Salvatore Barbaro.
Prosegue l’informativa: “In cambio, il familiare di La Russa avrebbe garantito a Barbaro che dal
2009 in poi ci saranno numerosi
appalti da assegnare e se le elezioni dovessero essere vinte dal
Pdl i lavori più consistenti li commissionerebbero a una società
pulita e di copertura che a sua
volta li subappalterebbe a lui e ad
altri calabresi”.
Attenzione: gli scenari disegnati
dalle informative di polizia sono
ipotesi investigative ancora tutte
da provare. Sono soltanto spunti
per indagini ancora da fare. Di
certo, dunque, c’è solo che la
fonte riservata all’origine di queste informative di polizia è stata
proficuamente utilizzata per anni dalla Squadra mobile milanese
in molte indagini sui sequestri di
persona.
IL MINISTRO DELLA Difesa
Ignazio La Russa, contattato dagli autori di questo libro nella primavera del 2011, risponde così:
“Si tratta di informative del 2008
che in tre anni d’indagini non
hanno portato ad alcun risultato.
E nemmeno avrebbero potuto
farlo, perché le persone che sono citate non le conosco. Sono
deciso a tutelarmi con ogni mezzo”.
Intanto la situazione politica si
consolida. Le elezioni sono andate come previsto. Il 13 aprile
2008 il Pdl ha stravinto. A questo
punto, i boss battono cassa, vogliono riscuotere. Lo spiega la
seconda informativa della Squadra mobile milanese, quella del
19 maggio 2008, che racconta
un incontro cruciale. Marco Clemente si vede in un ristorante
milanese con Salvatore Barbaro,
il quale si presenta in compagnia
di Domenico Papalia, classe
1984, figlio del superboss Antonio Papalia, ora all’ergastolo. I
due giovani delfini delle cosche
chiedono a Marco Clemente “informazioni sugli appalti promessi prima delle elezioni in cambio
di un sostegno elettorale”. L’uomo del Lime Light li rassicura.
Millanta? Di certo Clemente nel
2011 è stato candidato al Consiglio comunale, ma non è stato
eletto. Ha avuto successo invece
Marco Osnato, il familiare di La
Russa, che con le sue 1651 preferenze viene confermato a Palazzo Marino.
Marchionne ringrazia per l’articolo 8
L’AD FIAT CONTENTO PER LE DEROGHE SUI LICENZIAMENTI NONDICE NULLA SU MIRAFIORI
di Salvatore
Cannavò
un anno e mezzo dagli
Anessuno
accordi di Pomigliano
sa ancora quale sarà
il futuro della Fiat in Italia.
Nemmeno Marchionne, a
giudicare da quello che dice.
Ieri, intervenendo al Salone
di Francoforte, ha spiegato
che per i modelli da produrre a Mirafiori “nessuna decisione è stata presa, stiamo
analizzando la situazione,
L’azienda
intanto ha
chiuso l’Irisbus
di Avellino
Stessa sorte
per Termini
Imerese
decideremo tra qualche settimana”. Allo stesso tempo,
però, tutti sanno quali sono
le relazioni sindacali che
l’amministratore della Fiat è
riuscito a strappare con l’appoggio esplicito del governo
italiano. Non è un caso se,
ancora Marchionne abbia
sentito il bisogno di dire grazie al ministro del Welfare:
“La mossa che è stata fatta
dal ministro Sacconi con l’articolo 8 è importantissima.
Quello che serviva ci è stato
dato, non solo a noi ma anche a tutti gli altri industriali”. Ma Marchionne non incassa solo dal governo. Nelle
stesse ore in cui la Fiat elogiava Sacconi la Fiom era costretta a ricevere uno
“schiaffo” dal Presidente
della Repubblica. A una richiesta, peraltro cortese, di
Maurizio Landini di non firmare la legge che contiene
l’articolo 8, il Quirinale ha
risposto con inusuale rapidità dicendosi “sorpreso che
da parte di una figura di rilievo del movimento sindacale si rivolgano al Presidente della Repubblica richieste
che denotano una evidente
scarsa consapevolezza dei
poteri e delle responsabilità
del Capo dello Stato”. Un no
secco che a sua volta ha sorpreso la stessa Fiom.
Coperto dalla politica, Marchionne può quindi dedicarsi all’azienda. Ma su piani di
investimento e nuovi modelli nulla è sul tappeto. L’unica
incognita, parzialmente risolta, riguarda Pomigliano
dove dal 3 novembre si produrrà la Panda (con tanto di
visita del presidente della
Repubblica). Ma nemmeno
la Panda, “vettura importante e storica” potrebbe essere
una garanzia. La Volkswagen, ad esempio, ha intenzione di fare sul serio con il
lancio della sua nuova Up. E
poi c’è un mercato da far
paura. Lo stabilimento di Pomigliano è tarato su 250 mila
pezzi l’anno. Nel 2009 la
Panda ha avuto un exploit
con 309 mila vetture; erano
243 mila nel 2008 e sono tornate 246 mila nel 2010. Ma
nei primi otto mesi del 2011
la quota è arrivata a sole 77
mila e non si intravede una
ripresa dietro l’angolo. Ancora una volta Marchionne
deve fare affidamento sugli
Usa dove l’azienda è in linea
con i suoi obiettivi e il mercato, a differenza dell’Italia,
sembra andare bene.
Qualche guaio, però, c’è anche negli Usa. Gli operai di
Detroit, infatti, stanno trattando il rinnovo del contratto ma la trattativa che scade
oggi, è sospesa. Il sindacato
Uaw chiede di finirla con le
retribuzioni di ingresso più
basse – 14 dollari l’ora contro il doppio dei dipendenti
“regolari”– e vuole un aumento. Nel contenzioso c’è
anche il costo dell’assicurazione sanitaria. A vantaggio
di Marchionne c’è la clauso-
Marchionne, Elkann e Montezemolo ieri a Francoforte (FOTO ANSA)
la firmata al momento del
salvataggio dell’azienda che
impedisce al sindacato di
scioperare fino al 2014 ma la
trattativa costituisce un problema anche perché l’Uaw è
un importante azionista di
Chr ysler.
Forse anche per questo l’ad
della Fiat “la butta in politica”: “L’Italia deve essere credibile” ha detto ieri. Aggiungendo: “Stanno guardando
tutti all’Italia per vedere co-
me risolve i suoi problemi”.
Nel frattempo, oltre a non
far ripartire Mirafiori Fiat ha
chiuso lo stabilimento Irisbus di Avellino – con gli
operai che hanno occupato
la fabbrica fino a quando
non sapranno la loro sorte –
e si appresta a chiudere Termini Imprese in Sicilia. Ormai anche Cisl e Uil si stanno
innervosendo e chiedono alla Fiat di rispettare i patti. Ma
la Fiat prende tempo.
Mercoledì 14 settembre 2011
pagina 11
SPRECHI
N
100 MILIONI
PER 6 BRACCIALETTI
ELETTRONICI
OCSE SCUOLA
Italia investe
solo 4,8% Pil
L’
Italia spende poco
per l’istruzione. Nel
2008, infatti, è stato
investito il 4,8% del Pil per
l’istruzione, ovvero 1,3
punti percentuali in meno
rispetto al totale Ocse del
6,1%, posizionandosi al
29° posto su 34 Paesi. In
parte ciò si spiega con il
fatto che gli investimenti
privati nell’istruzione
sono molto limitati.
I dispositivi marciscono al ministero
ma è ancora valido il contratto Telecom
di Silvia
D’Onghia
uesta storia ha inizio il
21 aprile 2001, quando
il peruviano Augusto
Cesar Tena Albirena,
43 anni, condannato a 5 anni e 8 mesi di reclusione per
traffico di droga, accetta di
fare da cavia: testa su se stesso uno dei braccialetti elettronici che il ministero dell’Interno ha appena noleggiato.
Una sperimentazione varata
con decreto legge il 2 febbraio 2001 dai ministeri dell’Interno e della Giustizia,
annunciata all’inizio di aprile dall’allora titolare del Viminale, Enzo Bianco, e salutata come una possibile
soluzione al problema del
sovraffollamento delle carceri (già da allora). Il “Personal identification device”
applicato ad Albirena costava 60 mila lire al giorno, ma
la ditta produttrice aveva assicurato che, qualora il detenuto si fosse allontanato
di soli 10 metri, l’allarme sarebbe scattato. Il 26 giugno
2001 l’operatore in servizio
alla centrale operativa di Milano si rende conto che
manca il collegamento telefonico col braccialetto di Albirena. Che nel frattempo,
dopo aver tagliato i fili, ha
pensato bene di sparire.
Q
gioielli – a giudicare dal costo – fatti di plastica nera
anallergica, alcuni fili elettrici, qualche sensore e una
batteria. Ogni apparecchio,
che ha un codice identificativo non riproducibile, garantisce al detenuto di spostarsi nel raggio d’azione
consentito dal giudice. Si
può indossare comodamente anche alla caviglia, perché
pesa appena 50 grammi. All’estero, in Europa soprattutto, viene usato da anni per
reati cosiddetti minori, come la violenza negli stadi. In
Gran Bretagna serve, per
esempio, a tenere fuori dai
riformatori i minorenni.
Francia e Spagna lo hanno
E NONOSTANTE questo
continuiamo a pagare, perché il contratto con la Telecom non è mai stato rescisso
e l’azienda continua a garantire il servizio: centrale operativa 24 ore al giorno. Tre
anni fa, il ministro Maroni –
in una delle tante sparate di
questo governo su come
svuotare le
carceri – aveva aperto all’uso delle
apparecchiature “ma solo se c’è la
garanzia che
funzioni
e
che le evasioni siano
pari a zero”.
La sperimentazione
non ha funzionato,
ma le centrali operative
restano attive
24 ore su 24
Un detenuto indossa il braccialetto elettronico (FOTO ANSA)
Naturalmente non se n’è fatto nulla. L’11 maggio 2010
Gianfilippo D’Agostino, direttore del Public Sector di
Telecom, è stato sentito dalla
commissione Giustizia della
Camera e ha ribadito, rispondendo alle domande della radicale Rita Bernardini, che
l’azienda dispone di un servizio attivo 24 ore al giorno e
di una grande centrale di
controllo installata a Oriolo
Romano e collegata con tutte le Questure d’Italia. Anche se per soli 6 apparecchi.
Ma perché sono stati spesi
oltre 100 milioni di soldi
pubblici per far marcire tutto in un armadio? Molti, come al solito, danno la colpa
ai magistrati, rei di non aver
“prescritto” i braccialetti.
“Ma gli stessi giudici non sono mai stati informati a sufficienza, in molti non cono-
scono neanche la procedura”, commentano dal Sappe,
il sindacato di polizia penitenziaria che sul braccialetto
elettronico sta portando
avanti da anni una vera e propria battaglia. Già, la penitenziaria: perché nel lontano
2001, oltre al Viminale, era
coinvolto nel progetto anche il ministero della Giustizia. Anche se il controllo dei
detenuti provvisti di braccialetto, contrariamente a
quanto sarebbe sensato, è affidato alla polizia di Stato e
non alla penitenziaria.
“Il Dipartimento dell’amministrazione
penitenziaria
c’entra eccome, perché qui
si parla di esecuzione penale
– proseguono dal sindacato
–. Avrebbero dovuto sensibilizzare la magistratura e far sì
che tutta l’operazione funzionasse. Invece non hanno
fatto nulla”.
Csm a scoppio ritardato: dopo un anno apre
un fascicolo su Ingroia a causa di Ciancimino
di Giuseppe
PIÙ CHE UNA sperimentazione, un fallimento. L’anno successivo un detenuto
siciliano rompe volutamente
il braccialetto pur di tornare
in carcere: suonava ogni cinque minuti, spiega agli agenti, era diventato un incubo. Il
27 luglio 2002 Antonino De
Luca, 40 anni, boss mafioso
di Messina condannato all’ergastolo, fugge dalla stanza dell’ospedale Sacco di Milano in cui è ricoverato per
una grave malattia. Ha al polso il braccialetto: l’allarme
scatta in Questura dopo
quattro minuti. Troppi per illudersi di ritrovare il detenuto.
E poi i giudici difficilmente
chiedono la sperimentazione, che necessita del consenso della persona reclusa.
Nel 2003, allora, il nuovo ministro dell’Interno, Giuseppe Pisanu, decide di rilanciare tutto. E qui ha inizio lo
scandalo vero. A novembre
viene firmato un contratto
con un gestore unico, la Telecom, che deve garantire,
oltre all’installazione dei Personal identification device,
anche l’assistenza tecnica.
Questo accordo costa allo
Stato poco meno di 11 milioni di euro l’anno e soprattutto è ancora valido: andrà a
scadenza alla fine del 2011,
tra pochi mesi. Quasi cento
milioni di euro, oltre naturalmente alla cifra già spesa per
la prima fallimentare sperimentazione (un’altra decina
di milioni).
Il tutto per 400 braccialetti,
adottato nel 2009, per i mariti violenti la prima, per controllare gli spostamenti degli
stalker la seconda. In Italia
invece no, non serve a niente perché non viene utilizzato. Negli armadi del Viminale
sarebbero rimasti oltre 390
braccialetti elettronici, che
ormai saranno da buttare.
Lo Bianco
Palermo
e intercettazioni erano note dallo
LFattoscorso
dicembre, pubblicate dal
Quotidiano, eppure il Csm ha deciso ieri di aprire un fascicolo contro
il procuratore Antonio Ingroia, oggetto delle “sparate” di Massimo
Ciancimino “ripubblicate’’ la scorsa
settimana da Panorama: “In procura
faccio quello che m… voglio”. Dopo
quasi nove mesi di silenzio, questa
volta il Consiglio Superiore della Magistratura non ha perso tempo
aprendo un fascicolo, assegnato alla
prima commissione, sulla base delle
spacconate di Ciancimino jr.
LA QUESTIONE sono le “eventuali irregolarità” commesse dai pm di
Palermo, come aveva annunciato il
vicepresidente Michele Vietti, anche
sotto la spinta delle dichiarazioni
scandalizzate di Maurizio Gasparri,
presidente del gruppo Pdl al Senato,
per il quale il figlio di don Vito è sempre stato un “noto calunniatore”,
tranne, naturalmente, quando accusa, in una conversazione intercettata,
il pm Ingroia. E per questo Gasparri
ha chiesto addirittura l’intervento del
neo-Guardasigilli Nitto Palma: “Chi
sia Ciancimino junior – ha detto – lo
avevamo capito da tempo. Che poi
fosse anche padrone di alcuni uffici
Il figlio di Don Vito:
“Entravo nel
computer del pm”
La replica: “Bufale
per ambienti mafiosi”
della procura di Palermo è scandaloso”. Spacconate in linea con il carattere del personaggio, capace, nelle stesse intercettazioni, di ridicolizzare la sua scorta, paragonandola ad
una squadra di calcetto, e provocando la reazione degli agenti che stanno
valutando la presentazione di una
querela nei suoi confronti. Su queste
dichiarazioni pirotecniche poggia
l’ultimo capitolo dell'offensiva contro la procura di Palermo (ed il suo
procuratore aggiunto, Ingroia) per la
gestione della collaborazione dell'
enigmatico figlio di don Vito, precipitato improvvisamente dal ruolo di
superstar dell’antimafia a quello di
calunniatore a corto di credibilità, ma
pur sempre testimone oculare di
spezzoni della trattativa tra Stato e
mafia. Nelle conversazioni intercettate un anno fa dai pm di Reggio Calabria, Massimo Ciancimino si prendeva gioco dei magistrati di Palermo,
arrivando persino a sostenere, con il
suo amico commercialista Girolamo
Strangi, di aver avuto accesso al pc
personale del procuratore aggiunto
Antonio Ingroia: “Mi lasciano nella
stanza chiusa – si vantava il superteste, in quei mesi non ancora in diCiancimino (FOTO EMBLEMA
sgrazia – per proteggermi dai giornalisti. Peggio per loro che mi lasciano
là... Negli uffici di Ingroia tu digiti un
nome, e gli puoi fare vita, morte e
miracoli”.
Per smentire Ciancimino jr non spende molte parole lo stesso Ingroia, che
definisce le sue vanterie “bufale da
spacciare negli ambienti mafiosi’’; e
minimizzano anche i legali del figlio
di don Vito: “battute private attraverso cui si viene impiccati, c’è tutto l’interesse a screditarlo per eliminare un
testimone scomodo”.
LE MILLANTERIE consuete (per
chi ascolta le sue conversazioni) del
figlio di don Vito, che proprio per la
sua attitudine di protagonismo spaccone si è messo nei guai fino al punto
da ritrovarsi, oggi, detenuto agli arresti domiciliari per detenzione di
esplosivo e per calunnia non scuotono la procura di Palermo, nei cui
ambienti si sottolinea "l'assoluta infondatezza e strumentalità" delle dichiarazioni fatte da Massimo Ciancimino. "È del tutto destituita di fondamento – dicono in procura – l'ipotesi secondo cui il figlio di don Vito
sarebbe stato lasciato da solo nella
stanza del procurato) Ingroia (F
L P
)
re aggiunto Ingroia e
che da lì avrebbe potuto manovrare il
computer e accedere
a informazioni estremamente riservate.
Siamo comunque sereni e non temiamo
l'apertura della pratica da parte del Csm".
“Siamo tranquilli – dichiara il procuratore
Francesco Messineo –
io non ho ricevuto alcuna comunicazione
ufficiale”.
OTO
A RESSE
FROSINONE
Sette decessi
sul lavoro in 48 ore
D
opo i 6 morti di
lunedì in una
fabbrica di fuochi
d’artificio, ieri
pomeriggio poco
dopo le 18:30 a
perdere la vita
precipitando da una
impalcatura, è stato
un operaio
impegnato all’interno
di un capannone
specializzato nella
produzione di
lamellare, in via
Armando Fabi, a
Frosinone. L’uomo, in
base a una prima
ricostruzione ha
perduto l'equilibrio
ed è precipitato da
un'altezza di 4 metri.
Inutile ogni soccorso.
PISTOIA
Operaio muore
nell’inceneritore
U
n operaio è
morto ieri in un
incidente sul lavoro
avvenuto all’interno
dell’inceneritore di
Montale. L’uomo, 47
anni, sarebbe
precipitato mentre
stava svolgendo
lavori di
manutenzione. I
soccorritori che
arrivati sul luogo
dell’incidente hanno
provato inutilmente a
rianimarlo.
OSPEDALE GEMELLI
Due positivi
allla Tbc
U
na madre e suo
figlio, nato a
luglio al Policlinico
Gemelli, sono risultati
positivi alla tbc. È
quanto denuncia la
donna che, per conto
dell’avvocato Luca
Petrucci, ha
presentato un
esposto presso la
Procura di Roma. La
positività al test della
signora è giunta
alcuni giorni dopo
quello effettuato al
figlio. Sulla vicenda
della tbc i magistrati
di piazzale Clodio
hanno avviato da
alcune settimane una
inchiesta, al
momento senza
indagati, ipotizzando
il reato di epidemia
colposa.
pagina 12
Mercoledì 14 settembre 2011
ALTRI MONDI
Europarlamento Schulz verso la presidenza
Gran Bretagna ANCORA GUAI PER CAMERON -
L'eurodeputato tedesco Martin Schulz è ufficialmente il
candidato del gruppo dei Socialisti e democratici (S&D) alla
presidenza del Parlamento Ue. Schulz - noto per essere stato
definito nel 2003 “perfetto per il ruolo di Kapò” - da
Berlusconi, è stato sostenuto all’unanimità dei membri
dell’S&D. La sua strada appare in discesa, dato che per
tradizione alla presidenza si alternano i principali gruppi
politici: popolari e i socialisti. (FOTO XXX)
Il Cancelliere dello Scacchiere George Osborne potrebbe
aver indotto David Cameron ad assumere Andy Coulson
come “uomo immagine” del partito Conservatore per
sdebitarsi con l'ex direttore di News of the World del
trattamento ‘soft’ riservato alla sua amicizia di gioventù
con Natalie Rowe, escort di alto bordo specializzata in
sesso estremo. La Rowe, Mistress Pain, si faceva pagare
350 sterline per incontri di sesso sado-maso. (FOTO ANSA)
CUBA Obama: “È ora do “tutti chiedono libertà, si
enormi cambiamenti
che il regime cambi” vedono
in corso in Medio Oriente in
soli sei mesi, si vede che quasi
cambiamenti messi in atto a Cuba non non ci sono più regimi autoritari rimasti e
I sono stati “ufficientemente aggressivi”. qui c'è quella piccola isola che è un ritorno
Lo ha affermato ieri il presidente america- al passato degli anni Sessanta”.
no Barack Obama. “Il governo cubano ha
detto che vuole operare una transizione,
aprire l’economia, in modo tale da consentire alle imprese di operare più liberamente”, ha dichiarato Obama. “Non abbiamo visto prove del fatto che siano stati sufficientemente aggressivi nel cambiare
economicamente le loro politiche e certamente non sono stati sufficientemente
aggressivi quanto alla liberazione dei prigionieri politici ed al dare alla gente la possibilità di parlare apertamente”. Nel mon-
Intanto l’Avana ha comunicato che sono
ormai 333.206 i cubani chel avorano per
conto proprio nelle 181
attività liberalizzate, a
partire dal 2008 dal governo, nell’ambito dei
cambiamenti economici decisi per far fronte
meglio alla crisi: 10% di
tali lavoratori sono dipendenti di piccole imprese.
(FOTO EMBLEMA)
IL PAPA IN TRIBUNALE
Associazioni di vittime americane dei preti pedofili
fanno ricorso all’Aja: “Ha coperto i criminali”
di Marco Politi
rascinare il papa dinanzi alla Corte penale internazionale dell’Aja. È l’obiettivo
dell’associazione di vittime di pedofilia clericale statunitense (Snap), che ha inoltrato ieri al Tribunale internazionale
una denuncia di 85 pagine, in
cui viene richiesta l’incriminazione di Benedetto XVI per “crimini contro l’umanità”. La parola d’ordine, riecheggiata spesso
l’anno scorso – anche a Roma in
una manifestazione di delegazioni di 13 nazioni svoltasi il 31
ottobre 2010 – si è tradotta a sorpresa in un atto giuridico per
mettere in moto un processo internazionale contro i vertici vaticani, accusati di decenni di insabbiamento.
T
LO SNAP (la cui sigla significa
Rete dei sopravvissuti agli abusi
dei preti) è la più potente organizzazioni di vittime americana,
impegnata da anni nel contestare
i silenzi vaticani. Il suo obiettivo
è di portare sul banco degli accusati anche il successore di Ratzinger alla Congregazione per la
dottrina della fede e due segretari di Stato. Quello in carica, cardinale Tarcisio Bertone, e il suo
predecessore Angelo Sodano. La
denuncia è accompagnata da un
corposo dossier di 20.000 pagine contenente rapporti ufficiali,
documentazione di polizia, testimonianze di vario tipo. Lo Snap
motiva la sua iniziativa con il fatto che le “azioni legali condotte a
Denuncia
di 85 pagine
alla corte
internazionale
per “crimini
contro
l’umanità”
livello nazionale non sono state
sufficienti a impedire che gli abusi contro i minori continuassero”. L’accusa rivolta ai vertici vaticani al pontefice è di "diretta e
superiore responsabilità per i
crimini contro l'umanità degli
stupri e altre violenze sessuali”
commessi dal clero in tutto il
mondo.
La linea vaticana è stata finora di
opporre un gelido e sdegnato silenzio a un’azione considerata
meramente
propagandistica.
“Non sta in cielo né in terra”, è il
commento di un esponente di
Oltretevere. “Vogliono farsi solo
pubblicità”.
Intanto, però, una procedura
giuridica è stata messa in modo e
il procuratore generale delle Corte penale internazionale Louis
Moreno-Ocampo dovrà nelle
prossime settimane fornire un
responso ufficiale, spiegando se
il ricorso sarà accolto o no. In via
immediata lo Snap punta almeno
all’avvio di un’indagine preliminare per esaminare se il caso
rientra sotto la sua giurisdizione.
Anche soltanto l’ipotesi che il nome di Benedetto XVI venga inserito tra quelli di criminali come
Gheddafi o Milosevic provoca
orrore nelle altre gerarchie vaticane e viene ritenuto impensabile da molte parti.
ASSISTITA dagli esperti giuridici del Centre for Constitutional Rights di Washington, l’associazione delle vittime statunitensi punta contemporaneamente a una
vasta campagna di mobilitazione
della pubblica opinione. Barbara
Blain, presidente dello Snap, ha
un obiettivo preciso: costringere
la Santa Sede ad aprire gli archivi
dove si cela la documentazione
dei passati decenni e dove sono
conservate le amare testimonianze di tanti insabbiamenti. E’
bastato che a Monaco di Baviera
l’arcivescovo cardinale Reinhard
Marx decidesse coraggiosamente di incaricare l’avvocata Marion Westphal di esaminare
quanto avvenuto nei decenni dal
1945 al 2009 e sono avvenuti alla
luce 365 casi di abusi. Il rapporto
Benedetto XVI (FOTO ANSA)
di duecentocinquanta pagine è
tuttora secretato. Il giudizio ufficiale della Westphal, espresso in
sede diocesana: “Regnava la totale mancanza di considerazione
per le vittime”.
Papa Ratzinger, con la sua Lettera
agli Irlandesi del 2010 e le nuove
misure della Congregazione per
la dottrina della fede, ha inaugurato un netto cambio di linea che
vale per il futuro. Ma il punto debole resta la chiusura degli archivi vaticani. Perciò lo Snap inizie-
rà un tour europeo, che porterà a
dibattiti pubblici ad Amsterdam,
Berlino, Bruxelles, Parigi, Vienna, Londra, Dublino, Varsavia,
Madrid. Il 20 settembre l’appuntamento è a Roma.
In realtà da tempo erano partiti
dall’interno del mondo cattolico
suggerimenti per avviare un’inchiesta ecclesiastica internazionale sui casi di pedofilia. I conservatori in Curia si sono sempre
opposti. Ora le vittime presenteranno il conto.
MALDICENZE E INTERCETTAZIONI Tra verità e finzi
“Ho fatto un sogno (erotico)”. Martin Luther King visto dall’Fbi
di Enrico Beltramini
San Francisco
autorizzate da Bob Kennedy per garantire il fratello
presidente che non ci fossero infiltrazioni comuniste
nel movimento dei diritti civili. Hoover aveva ripetutamente richiesto l’autorizzazione per provare
quest’infiltrazione.
l 1° novembre 1963, l’uffiIformò
cio newyorchese dell’Fbi inil ministro della Giustizia, Bob Kennedy, che le linee
telefoniche degli uffici e dell’abitazione di Martin Luther
King Jr, in Atlanta, erano state
messe sotto controllo. ChiedeMartin Luther King Edgar Hoover
va inoltre l’autorizzazione per Jacqueline
Il predicatore nero alla
Nell’Fbi per mezzo
sistemare qualche microspia Kennedy La moglie
base delle battaglie sui
secolo, ha lavorato per
nelle camere d’albergo fre- di Jfk, poi sposata
diritti civili (F L P )
8 presidenti (F L P )
quentate da King e intercetta- Onassis (F L P )
re le conversazioni di alcuni
suoi collaboratori. Lo scopo dell’operazione, il mo- americani 8 milioni di dollari dell’epoca – non riutivo per cui Bob Kennedy aveva concesso l’autoriz- scirono a provare la relazione tra Levison e i comuzazione, era la verifica di una vecchia voce che girava nisti. Ma, con grande sorpresa di J. Edgard Hoover, il
intorno a Stanley Levison, uno stretto collaboratore e capo dell’Fbi, divertimento di Lyndon Johnson, e inconfidente di King: che fosse un comunista e avesse dignazione di Bob Kennedy, le intercettazioni riveaiutato finanziariamente il Partito comunista.
larono la propensione di King all’adulterio con donne
Le intercettazioni dell’Fbi – che proseguirono fino nere e bianche, sposate e nubili. E prostitute.
all’autunno del 1965 e costarono ai contribuenti Fermiamoci un attimo: le intercettazioni erano state
OTO
A RESSE
OTO
A RESSE
OTO
A RESSE
MA QUASI istantaneamente, le intercettazioni
presero un’altra direzione. Venerdì 10 gennaio 1964,
pochi giorni dopo essere stato onorato per la seconda
volta dalla copertina di Time, King, alcuni suoi collaboratori e due donne parteciparono a un festino in
un albergo a Philadelphia. Gli agenti dell’Fbi registrarono il fatto. Hoover mandò immediatamente il rapporto a Bob Kennedy, il quale ne fu indignato. Probabilmente fu Bobby la fonte da cui Jacqueline Kennedy seppe della doppia vita di King.
Nella sua intervista ad Arthur M. Schlesinger Jr, rilasciata nel 1964 e che oggi è diventata un libro, Jacqueline Kennedy: Historic Conversations on Life with
John F. Kennedy, Jackie definisce King “un ipocrita” e
praticamente ripete parola per parola quello che sappiamo essere stato il commento del cognato. Nel novembre 1964, un paio di settimane dopo l’annuncio
del conferimento del premio Nobel a King, Hoover
fece preparare una cassetta con le registrazioni più
compromettenti e la fece spedire dalla Florida agli
uffici di King ad Atlanta.
Per una serie di imprevisti, la cassetta, invece che nelle
mani dei collaboratori di King, a cui era destinata, finì
in quelle di Coretta, la moglie di King. Fu ascoltata a
casa di King, il 5 gennaio 1965, alla presenza dei
coniugi King e di alcuni collaboratori. Quando Hoover
scoprì che la cassetta non aveva provocato lo scandalo sperato, cercò di distruggere la reputazione di
King rivelandone la doppia vita agli altri leader neri
del movimento. Anche questa mossa non riuscì, e oggi
noi sappiamo che una delle ragioni per cui non riuscì è
che intorno allo stesso Hoover giravano voci, confermate 35 anni dopo, su una certa anomala condotta
sessuale. Lyndon Johnson era un avido seppur non
pruriginoso lettore dei rapporti dell’Fbi sugli adulteri
di King, che normalmente leggeva nel pomeriggio, prima o dopo la quotidiana pennichella. Le attività
extra-matrimoniali di King sono state oggetto di indagine storica a partire dagli anni Ottanta, quando
furono resi pubblici i file dell’Fbi, e un ingrediente insostituibile della famosa trilogia sugli anni Sessanta
del romanziere James Ellroy.
Mercoledì 14 settembre 2011
pagina 13
ALTRI MONDI
Israele-Palestina Confiscata scuola Arrigoni
Francia Un’app per scoprire chi è ebreo
L’esercito israeliano avrebbe ieri sera confiscato
durante un’operazione militare il terreno posto nella
Valle del Giordano dove sarebbe dovuta sorgere la
Scuola Vottorio Arrigoni, l’attivista ucciso il 15 aprile
a Gaza. Le prime pietre dell’edificio furono poste alla
fine di aprile, per ricordare Vik Utopia e il suo
impegno nei confronti della popolazione civile
palestinese della Striscia. (G. C.) (FOTO ANSA)
Polemiche in Francia per una nuova applicazione per
smartphone disponibile dall’estate su Internet, “Ebreo
o non ebreo”, che recensisce tutte le personalità di
origine ebraica. “Lo scopo di questa applicazione assicura il suo editore, Johann Levy, nella
presentazione - è unicamente ludico. Non è una
dimostrazione di supremazia di una razza rispetto a
un’altra”. (FOTO LAPRESSE)
Assalto al potere Usa e Isaf
I kamikaze talebani padroni di Kabul
SERIE DI ATTACCHI COORDINATI: 6 MORTI
IL PRESIDENTE KARZAI: “CE LA FAREMO DA SOLI”
di Barbara Schiavulli
ta di una caserma di polizia uccidendo il primo poliziotto della giornata e ferendone due. Un
secondo attentatore suicida si è
detonato davanti a un centro
della polizia regionale, vicino a
una scuola superiore nell’ora in
cui i ragazzini uscivano per
rientrare a casa. “Qui c’è stato
un morto e quattro feriti”, ha
a transizione andrà avanti”, ha sentito la necessità
di dire un irritato e imbarazzato presidente Karzai
quando il cuore della capitale
è stato colpito dai talebani.
Ogni giorno che passa, spetta
alle forze di sicurezza afgane
dimostrare che sono in grado
di farcela da soli, ma quello di
ieri non è stato il caso. Un attacco coordinato e simultaneo
che ha coinvolto, come mai
era successo, diverse zone di
Kabul, prese di mira con tutti i
mezzi possibili e a disposizione dei militanti, lancia razzi,
kamikaze, cecchini che hanno
messo a ferro e fuoco le zona
delle ambasciate, degli ufficio
governati e soprattutto il quartier generale della Nato.
L
LA DINAMICA è ancora tutta da chiarire, ci scapicolleranno i militari stranieri e non, per
capire come i talebani siano
riusciti a penetrare quei muri di
cemento che circondato le
aree più sensibili, nonché i controlli che erano aumentati in vista dell’11 settembre e la tensione positiva che possiede
una città come Kabul, vetrina
sul mondo del resto del paese.
Il bilancio delle vittime è anco-
Zawahiri,
leader di al
Qaeda, torna a
parlare: elogia
la Primavera
araba in chiave
anti-Usa
Un reparto dell’esercito afgano di pattuglia a Kabul (FOTO ANSA). In alto, Hamid Karzai (FOTO LAPRESSE)
ra provvisorio, morti almeno 4
agenti di polizia afgana, due civili, tre attentatori mentre due
sarebbero ancora alla macchia,
secondo il ministero degli Interni afgano. Ferite decine di
persone, tre dei quali, afgani
che chiedevano il visto, all’interno dell’ambasciata americana.
Tutto è cominciato in tarda
mattinata vicino al distretto diplomatico quando un gruppo
di uomini armati, due dei quali
hanno tenuto sotto scacco la
polizia fino a tarda serata, hanno occupato un edificio in costruzione e sparato e lanciato
razzi contro la Nato. La battaglia è continuata per tutto il
giorno con la gente che sfuggiva abbandonando negozi spalancati, uscendo dalle macchine, correndo per le strade impregnate di paura. Nella zona
ovest della città quella una volta più distrutta dalla guerra civile e ora nel pieno del boom
della ricostruzione, un kamikaze si è fatto esplodere all’entra-
confermato Asadullah Ludin,
portavoce della polizia. Sulla
strada verso l’aeroporto, in genere travolta da un traffico incontrollabile, un altro kamikaze è stato identificato dalla polizia che lo ha ucciso, recuperando dal suo giubbetto sette
kg di esplosivo.
Poco prima che i talebani riven-
dicassero, un messaggio del capo di al Qaeda, Al Zawahiri, si
diceva orgoglioso della primavera araba, considerata una
sconfitta per gli americani che
hanno perso migliaia di prigionieri islamici liberati dalle carceri. E un altro smacco contro
gli occidentali è stato l’attentato dei talebani: “Cinque dei nostri combattenti – ha specificato il portavoce Zabihullah Mujahid – hanno attaccato i nemici con kalashnikov, esplosivo e
razzi”.
RAZZI, CHE sono caduti nel
quartiere di Wazir Akbar Khan
sia vicino all’ambasciata americana, che al quartier generale
della Nato e alla sede diplomatica italiana che è a sole poche
decine di metri. Uno ha colpito
uno scuola bus che al momento
dell’impatto non aveva nessuno a bordo, mentre due elicotteri della Nato sorvolato la zona
nel tentativo di controllare i
movimenti dei militanti. “Stanno cercando di distruggere la
transizione, ma non ci riusciranno - ha commentato il segretario della Nato Anders Fogh
Rasmussen da Bruxelles – stiamo seguendo gli eventi attentamente e abbiamo fiducia nell’abilità delle forze afgane di risolvere la situazione”.
“Siamo tornati ad amare il nostro paese”
LO SCRITTORE ALA AL ASWANI FA IL PUNTO DELLA RIVOLUZIONE EGIZIANA. “SE VINCONO I FRATELLI MUSULMANI, LO ACCETTEREMO”
di Alessandra Cardinale
Il Cairo
l’11 febbraio ho visto le
Dperopo
persone scendere in strada
pulire. Le mie figlie hanno
passato due giorni vicino a Piazza Tahrir a spazzare per terra”.
Dopo la resa di Mubarak, gli egiziani si sono innamorati un’altra
volta del loro Paese “e lo hanno
fatto con la testa alta”, racconta
‘Ala-al Aswani. Il più importante
scrittore egiziano, storica voce
di opposizione al regime di Hosni Mubarak, autore del pluri-premiato Palazzo Yacoubian
e del nuovo libro “La rivoluzione egiziana” (Feltrinelli) è seduto nel suo studio dentistico al
Cairo e dopo i ricordi di quei
giorni aggiunge “dopo la rivoluzione c’è bisogno di decisioni rivoluzionarie”.
Si parla della rivoluzione egiziana come di una rivoluzione a metà, cosa ne pensa?
Nelle rivoluzioni si dà il via alla
distruzione del vecchio abbattendo prima di tutto il despota
che ne simboleggia la tirannia.
Una volta fatto questo bisogna
costruire un nuovo sistema. Mubarak non c’è più, è vero, ma gli
uomini del suo regime sono ancora lì. Ad esempio, i giudici che
siedono nella commissione
elettorale con il compito di sorvegliare la regolarità delle elezioni sono gli stessi e i poliziotti
responsabili dei passati brogli
elettorali e accusati di aver tor-
turato civili sotto arresto sono
ancora là. Di chi è la colpa? Ora,
la rivoluzione non è al potere,
non è piazza Tahrir a presiedere
il governo provvisorio. Ci sono i
militari e i militari hanno l’autorità e il dovere di promuovere
leggi che agevolino il passaggio
da uno stato rivoluzionario ad
uno stato democratico. E non lo
stanno facendo.
Ma a novembre per la prima
volta gli egiziani potranno
scegliere tra oltre 30 partiti
IL CAIRO Erdogan, nuovo
mito rivoluzionario
di Francesca Cicardi
Il Cairo
è stato ricevuto al Cairo come un
Enonrdogan
eroe, un autentico rivoluzionario, ma
senza critiche. Il premier turco ha fatto ieri sera un discorso come quello che
fece Obama nel 2009, anche se non sullo
stesso pulpito, come da programma. All’Opera del Cairo, Erdogan ha parlato della primavera araba, ma la missione che lo porterà anche in Tunisia e in Libia è più che
altro un’offensiva contro Israele.
In mattinata, di fronte alla Lega Araba, ha
detto che il riconoscimento di uno stato
palestinese – che sarà richiesto settimana
prossima all’Onu - è ormai un dovere per la
comunità internazionale,
non più un’opzione. La
Turchia cerca di conquistare i cuori arabi con la
questione palestinese,
per erigersi a nuova potenza regionale. Per l’Egitto, Ankara potrebbe
anche essere un modello Come Obama nel 2009 Il 4 giugno del 2009
politico: un Esercito for- il presidente Usa Obama al Cairo pronuncia un
te, in uno stato laico ma discorso di apertura e dialogo con il Medio
irrinunciabilmente isla- Oriente: “Cerchiamo un nuovo inizio” (F L P )
mico.
I Fratelli Musulmani hanno dato il gan è stato anche fischiato perché
benvenuto a Erdogan appena atter- non abbastanza risoluto nei conrato al Cairo, che poi ha incontrato il fronti della Siria e gli sono stati ricapo delle Forze Armate. Ma Erdo- cordati gli abusi verso i Curdi.
OTO
A RESSE
tra cui i Fratelli musulmani
banditi dal regime Mubarak.
Si potrebbe pensare a un’eccessiva frammentazione ma
tutto questo era impensabile
fino a un anno fa.
Non c’è dubbio che sia una grande vittoria. Ma per avere delle
elezioni giuste e democratiche
è necessario che siano rispettati
dei parametri. Rimuovere quei
giudici corrotti dalle commissioni elettorali, accettare la supervisione di commissari inter-
Se davvero
volessero
i militari ci
metterebbero
poco a
stabilire regole
democratiche
nazionali durante le giornate
elettorali e al momento dello
scrutinio, permettere agli egiziani all’estero di votare, e soprattutto impedire che venga
fatta propaganda politica all’interno di moschee e chiese.
Si tratta di riforme che ri-
chiedono molto più tempo
per poter essere approvate.
Se il consiglio militare presieduto da Tantawi volesse applicare
queste semplici regole basterebbero 4 giorni. Il problema è
la volontà.
La spaventerebbe una vittoria dei Fratelli Musulmani?
No. La accetterei. Se dovessero
vincere, il popolo egiziano avrà
finalmente l’opportunità di capire quanto la religione sia distante da coloro che parlano in
nome della religione.
Lei chi voterà?
El Baradei (premio Nobel per la
Pace ed ex segretario dell’Agenzia atomica, ndr). Lo conosco
personalmente e penso sia il più
preparato e adatto.
La pace con Israele era il fiore all’occhiello di Mubarak.
Tutto da rifare?
Sulla questione tra Israele e Egitto, Mubarak non ha mai lavorato
nell’interesse del Paese ma sempre nell’interesse di Israele. L’obiettivo era compiacere i sionisti in Israele per compiacere le
lobby pro israeliane negli Usa e
ottenere così l’appoggio americano al suo successore, il figlio
Gamal. C’è bisogno di una nuova politica: Israele ci deve delle
scuse ufficiali per quel che è
successo al confine con l’Egitto.
Ma bisogna allentare le tensioni:
l’ultima cosa che serve al mio
Paese è di entrare in conflitto.
pagina 14
Mercoledì 14 settembre 2011
SECONDOTEMPO
SPETTACOLI,SPORT,IDEE
in & out
C’È PLAGIO E PLAGIO
COPIO ERGO SUM
Guida allo scrittore
ingannatore
Hamilton
È morto ieri
a Londra
uno dei
padri della
Pop Art
Winehouse
Oggi avrebbe
compiuto 28
anni e viene
pubblicato
un inedito
Castellitto
Primi ciak a
Sarajevo per
il film con
Penelope
Cruz
Crozza
Sul web
imita Vasco
in versione
social
network
Il prestigioso critico francese MacéScaron è stato beccato: nel suo ultimo
libro interi passaggi rubati a Bill Bryson, ma esiste anche la citazione “buona”
di Marco Filoni
P
ereant qui ante nos nostra dixerunt”. Tradotto molto liberamente, suona più o meno così:
“Che si fottano quelli che prima di noi hanno detto le nostre
idee”. Ecco, così parlava Elio
Donato, grammatico latino famoso più per esser stato maestro di San Girolamo (padre e
dottore della Chiesa, nonché
primo traduttore della Bibbia
dall’ebraico e dal greco al latino) che non per le sue massime. Eppure già allora, nel Quarto secolo dopo Cristo, con nonchalance affermava il principio
(per nulla politicamente corretto) di giustificazione per
ogni plagio. Con una excusatio
C’è chi non
dichiara mai le
fonti come
Galimberti, e chi
inventa come
il giornalista
Debenedetti
non petita in fondo diceva: ebbene, se io dico o scrivo cose
che prima di me qualcun altro
ha detto o scritto, in fondo,
chissenefrega! Magari copiava
anche lui. Se lo venissero a sapere personaggi come Joseph
Macé-Scaron forse lo utilizzerebbero come argomentazione per esser stati beccati a copiare. Beccati e impallinati.
Joseph Macé-Scaron è uno dei
critici letterari francesi più in
vista. Già giornalista del serioso Figaro, oggi è il direttore del
mensile Le Magazine littéraire, direttore aggiunto del settimanale Marianne, conduttore della
trasmissione Jeux d’épreuves di
France Culture, cronista letterario per molti canali e trasmissioni televisive. Insomma, uno
che conta. Da buon critico ha
scritto e continua a scriver libri. L’ultimo dei quali uscito a
maggio, con il titolo Ticket d’entrée, per l’editore Grasset. Vista
la “statura” dell’autore, il libro
è stato commentato e ben accolto. A giugno ha vinto il premio letterario “la Coupole”.
L’editore ha brandito l’effigie:
“Fra le migliori vendite dell’estate”.
POI QUALCHE settimana fa
scoppia il finimondo. In rete
una lettrice scrive che molti
passaggi del libro non sono altro che evidenti plagi di un romanzo americano (tradotto pure in francese nel 2003) di Bill
Bryson, dal titolo Cronache da un
grande paese. Inizia così il tam
tam in Internet, che però dura
soltanto qualche giorno, quando alla fine si risolve con l’ammissione del principale interessato. Joseph Macé-Scaron interviene e ammette: “Ho fatto una
cazzata!”. Testuale: une connerie.
Ora, forse è un po’ poco come
spiegazione. Forse pensa che
tutto si risolva con l’oblio: passa
qualche mese, nessuno se ne ricorda più, et voilà, si ricomincia
come e meglio di prima. Del resto è quanto era successo a Henri Troyat, l’immortale (così
vengono ribattezzati i membri
dell’Accademia di Francia, ma
poi immortali non sono: è morto nel 2007) che nel 2003 fu
condannato da un tribunale per
“contraffazione parziale”, eppure i suoi pari non ritennero di
doverlo sospendere dall’Accademia. Un plagio può anche costare caro: lo sa bene l’ex ministro tedesco Karl-Theodor zu
Guttenberg, costretto a dimettersi dopo che in rete fu accusato (a ragione) di aver copiato
la sua tesi di dottorato.
Certo il tema non è nuovo: Macé-Scaron è solo l’ultimo di una
lunga lista. In passato figure importanti e illustri hanno confessato di aver plagiato: Jonathan
Swift, Laurence Sterne, Martin
Luther King, Samuel Coleridge.
E anche Vladimir Nabokov fu
accusato di aver copiato l’idea
di Lolita da un breve racconto di
uno sconosciuto scrittore tedesco, Heinz von Eschwege, apparso con lo stesso titolo qualche anno prima del capolavoro
del russo. Per rimanere in tempi
recenti, l’ultimo romanzo di Michel Houellebecq, La carta e il
Scrittori “a confronto”
nell’illustrazione
di Doriano
Un cartello
in un hotel di
New York recita:
“Quando rubi
da uno è furto,
quando rubi da
tanti è ricerca”
Sgarbi, Daniele Luttazzi, Corrado Augias... Il catalogo è ampio.
Per non parlare di quella mente
sublime e surreale, artista dell’opera-fotocopia,
dell’ingegner Fabio Filippuzzi. Lui ha
battuto tutti in un sol colpo.
Una serie di libri, pubblicati dalle edizioni Campanotto e Mimesis, interamente copiati dalla
prima all’ultima pagina da opere altrui (anche di autori piuttosto famosi: Peter Handke e
Jean-Paul Enthoven).
territorio (Bompiani) contiene
ampi stralci di descrizioni prese
qua e là da Wikipedia e altri siti.
Ma anche da noi non mancano
esempi illustri: Umberto Galimberti è ormai un frequentatore
abituale di frasi altrui e c’è addirittura chi s’è preso la briga filologica di enumerare passo per
passo le copiature del professore, scrivendoci persino un libro
(Francesco Bucci, Umberto Galimberti e la mistificazione intellettuale,
Coniglio editore). Ma anche
Melania Mazzucco, che nel romanzo Vita (premio Strega
2003) si è distratta e ha riproposto pagine intere di Guerra e pace
di Tolstoj. E poi anche Vittorio
PER MOLTO tempo nessuno
se n’è accorto, nemmeno gli
editori che li hanno pubblicati.
Come non si sono accorti di nulla i redattori dei giornali ai quali
collaborava Tommaso Debenedetti: quest’ultimo inventava di
sana pianta interviste a scrittori
famosi con i quali non aveva mai
parlato. E nessuno diceva nulla.
Plagio? No, piuttosto un’altra
forma d’imbroglio, una contraffazione. La stessa messa in pratica da Jayson Blair, il giovane reporter del New York Times che inventandosi false storie non soltanto ha provocato il suo licenziamento, ma anche quello del
direttore Howell Raines e di un
altro anziano dirigente perché
non avevano controllato, a differenza di quei giornali dove
scriveva Debenedetti dove nessuno è stato nemmeno richiamato. Abbiamo così un buon
sommario della nostra epoca, la
stessa che già il filosofo Adorno
riteneva un’epoca di plagi. Ma
la questione è: c’è plagio e plagio? Di solito, le giustificazioni
dei beccati sono le stesse: “Lavoro abitualmente prendendo
appunti qua e là di altri libri; poi
capita che riprendo in mano
queste annotazioni e non ricordo più se sono mie o no, e quindi ci lavoro senza che me ne accorga”. Insomma, il plagio a sua
insaputa. Bisognerebbe allora
dare una definizione di plagio,
perché altrimenti Debenedetti
rimane un creativo, visto che
non ha copiato nessuno ma ha
soltanto contraffatto. La miglior
definizione si trova nel Piccolo libro del plagio di Richard A. Posner (Elliot editore), nel quale si
dice: “Per poter parlare di plagio è necessario che il copiare,
oltre a essere ingannevole e
quindi fuorviante per il pubblico a cui è rivolta l’opera, carpisca la fiducia del lettore”. Si tratta perciò di onestà intellettuale.
Quando Pia Pera nel 1995 ha
scritto il Diario di Lo, ovvero la riscrittura di Lolita di Nabokov dal
punto di vista della ragazza, non
soltanto non ha cercato di nascondere il debito al russo, anzi
al contrario lo ha esibito.
E NON HA TRADITO la fiducia di nessuno. Così anche
Antonio Scurati, che nel suo
Una storia romantica affida onestamente alla postilla il debito
con altri romanzi, riga per riga.
E così fanno in molti. Poi c’è
l’eccezione. Il grande Eugenio
Scalfari, nelle sue due ultime
opere uscite da Einaudi, affida i
propri debiti a questa nota: “Ci
sono molte citazioni nelle pagine di questo libro. Di alcune do
un ragguaglio bibliografico; altre vengono liberamente dalla
mia memoria poiché nei tanti
anni trascorsi certi testi sono
andati smarriti, sicché non ho
potuto recuperarne gli editori e
i traduttori”. Certo, non è come
la massima di Elio Donato. E poi
a lui perdoniamo tutto. Forse in
definitiva aveva ragione l’autore di un cartello comparso all’Hotel Rand di New York:
“Quando rubi da un autore è
plagio, quando rubi da tanti è ricerca”.
Mercoledì 14 settembre 2011
pagina 15
SECONDO TEMPO
LUCIO DALLA
“MATTEO SALVATORE, FONDATORE
DELLA MUSICA ITALIANA”
Stasera a Manfredonia con Arbore e Moni Ovadia
per ricordare il grande cantautore pugliese
di Federico Mello
stato il precursore di tutti
cantatori italiani” chiarisce subito Lucio Dalla. Eppure se si seguisse una logica strettamente commerciale, Matteo Salvatore non avrebbe alcuno spazio nella storia
della musica italiana. Chi, – verrebbe da chiedersi – comprerebbe le sue nenie che grondano fame, fatica, morte, miseria
e ribellione? Ma le logiche delle
major crollano miseramente all’ascolto dei suoi brani: la sua
voce profonda e cupa ha il suono di un tempo ancestrale, come se la terra dura della sua
Apricena, delle sue campagne
foggiane, si fosse fatta canzone:
“Le parole di Matteo Salvatore
noi le dobbiamo ancora inventare” disse Italo Calvino. A sei
anni dalla morte, questa sera
È
Dalla sarà a Manfredonia per ricordarlo insieme a Renzo Arbore, Moni Ovadia, Teresa De Sio,
Marco Alemanno e numerosi altri musicisti in un evento speciale intitolato “Il bene mio”.
Dal progetto, verrà tratto un
film e lo stesso Dalla, da Manfredonia, ci racconta il senso di
questa riscoperta che vuole essere anche culturale.
“Ho scoperto la sua musica intorno al 1972. Portavo nelle comuni un mio disco e lui, da ospite, venne sul palco e cantò due
pezzi. Rimasi sbalordito: Mi
chiesi: possibile?”
Musica di fatica ma anche
“politica”.
I cantanti alla Pietrangeli facevano lotta politica, lui faceva
politica e basta. Scriveva canzoni che erano l’espressione più
alta delle istanze del popolo.
Un precursore o l’ultimo dei
FORTE dei Marmi, premi
a Mannelli e Barbacetto
rriducibile, infaticabile, crudo e crudele, con la sua
“I
umile penna bic ha delineato in maestosi tratti e profetici la decomposizione della Prima Repubblica; così come oggi si ritrova a illustrare l’avanzatissima putrefazione
della Seconda”. Con questa motivazione, il nostro vignettista Riccardo Mannelli ha vinto il premio Forte dei Marmi
per la satira politica: “Per Il Fatto, il Misfatto e tutto quello che
ha fatto”. Assieme a lui, la giuria composta tra gli altri da
Filippo Ceccarelli, Pino Corrias, Beppe Cottafavi, Massimo
Gramellini, ha premiato Antonio Albanese per il cinema,
Geppi Cucciari per la tv, la Sora Cesira per il web, Paolo
Biondani, Paolo Colonnello, Fiorenza Sarzanini e il giornalista del Fatto Gianni Barbacetto come “cronisti del Bunga
Bunga”. Per l’editoria, il riconoscimento è andato al libro
Mission to Marx di Luca Bottura (Aliberti Editore) giudicato
“La prima garzantina satirica della storia dell’umanità. Raccoglie migliaia di voci, biografie, fotografie inedite, tavole
sinottiche sulla sinistra italiana. Un repertorio di tesi capziose e profonde analisi politiche travestite da plateali cazzate”. Enrico Fierro, giornalista del Fatto ha invece vinto il
premio Marzani, a San Giorgio del Sannio (Benevento).
cantori popolari?
Non esiste una prova di anticipazione dei tempi e dei linguaggi come la sua. Anche dei grandi
cantautori italiani che sono venuti dopo, non ce n’è nessuno
così moderno e attuale. È un
precursore anzi, un fondatore.
Con un seguito negli anni?
La sua capacità vocale era
straordinaria, ma la sua vera invenzione era quella di cantare
una grande sensibilità senza retorica. Capiva che la gente
avrebbe parlato come lui scriveva. Questo i cantautori hanno cominciato a farlo solo dopo: se prendi un mio testo come “L’anno che verrà” è una dei
più vicini a quella sensibilità.
Ha ancora un’attualità?
Stai scherzando? Parli con Vinicio Capossela, tra i numeri uno
di oggi, e ti dice che è stato il suo
ispiratore.
E l’evento di questa sera?
Utilizziamo il premio Matteo
Salvatore per lanciare il film che
seguirà. Spero anche che la parte funzionante delle istituzioni
aiuti le economie necessarie
per realizzarlo. Sarà una pellicola che punta a far capire una cultura, pugliese ma non solo, così
come ha fatto John Turturro per
Napoli con il suo “Passione”.
A proposito di Puglia: nel
2006 hai partecipato alla
Notte della Taranta, ormai
un evento internazionale.
Anche quello è un fenomeno,
dove sono stato testimone di un
evento incredibile. I centomila
presenti si sono divertiti quando ho fatto “Disperato Erotico
Stomp” in versione pizzica ma è
stato incredibile come sono rimasti in silenzio ad ascoltare
cinque testi nell’antico dialetto
locale, il “grico”, letti da Marco
CICCHITTO: “Pago
l’abbonamento”
Cicchitto del Pdl si è difeso dall’accusa di
Funaabrizio
andare allo stadio gratis: “Ringrazio Il Fatto per
bella foto che mi ritrae tifoso per la Roma. Per
amore di verità tengo a precisare che come ogni
anno ho pagato l’abbonamento alla Roma, tribuna
Monte Mario tessera di riferimento 013000224256.
Analoga foto il Fatto avrebbe potuto anche scattarla
ai numerosi magistrati presenti”. Prendiamo atto
della risposta di Cicchitto, ma la foto lo ritrae su una
poltroncina del Coni, offerta gratis alla casta.
Lucio Dalla, elaborazione di Fabio Corsi
Alemanno: una cosa che non
mai sarebbe successa in un’altra parte d’Italia. Centomila
persone con un tasso alcolico
piuttosto alto, hanno avuto la
curiosità e l’educazione di stare
in silenzio ed ascoltare cinque
testi della loro cultura.
È una sorta di Buena Vista
Social Club italiano?
No. È molto di più. I Buena Vista
colpivano anche per decadenza fisica dei protagonisti, nel caso di Matteo Salvatore ci troviamo di fronte a una forza energetica dove c’è tutto tranne che
la malinconia. Il suo livello è altissimo anche in confronto ai
grandi della letteratura. E il popolo pugliese dovrebbe avere
coscienza di questo patrimonio.
Anche all’epoca di Facebook
i ragazzi sembrano riscoprire la cultura popolare.
Il fatto che i giovani sentano loro la cultura popolare non
smentisce i codici della modernità, piuttosto permette di arrivare alla propria natura che non
può fare a meno di un supporto
di fede, di tradizione. Matteo
Salvatore era del tutto laico, ma
esprimeva una religiosità profonda: forniva un supporto per
vivere il lato sociale della pro-
(FOTO MEZZELANI-GMT)
Dopo Federer e Nadal, è l’ora di Djokovic
Chi sarà la kryptonite del vincitore degli Us Open?
di Andrea
Scanzi
venne Djokovic, che si
Emangiò
mangiò Nadal, che si
Federer (che non si
era mangiato nulla). Gli ultimi otto anni di tennis sono la versione sportiva della fiera dell’Est (e dell’Ovest) di Branduardi. Dittatori
che ne spodestano altri. Federer, elegante Schumacher con racchetta, ha trovato in Nadal la sua kryp-
Gli ultimi anni
del tennis
sembrano la
Fiera dell’Est
di Branduardi,
un divorare
senza tregua
tonite. Proprio come il
maiorchino – col tic coattissimo della smazzata di
zebedei – ha scoperto in
Djokovic una nemesi brutale. Il serbo, nel 2011, ha
perso due sole partite su
66. Dopo la Davis 2010 ha
vinto tutto, tranne il Roland Garros.
Ultimo trionfo, due giorni
fa, gli Us Open. Dopo un
apprendistato livido, a metà tra il finto simpatico (le
imitazioni dei colleghi) e il
situazionista chiagnefottente (suole ritirarsi non
appena rischia di perdere),
Djokovic è oggi il nuovo
Lendl. Tiranno fieramente
“cattivo”, ma con un latente paraculismo a mascherarne l’antipatia. Rovescio
bimane, recuperi prodigiosi, a rete quasi mai, esultanze guerreggianti: lo spettacolo è altrove. La sua unica
concessione didascalica all’estro è l’abuso di palle
corte. Più che un tennista,
è uno stratega del Meccano. Chi sarà la sua kryptonite?
1) Ipotesi Frigidaire.
Ovvero gli ultimi fuochi di
Federer. Una sorta di Repubblica di Salò-Basilea.
Protettissimo da stampa e
ultrà (i cosiddetti “federasti”), l’elvetico è il campione che sconfina nel mero
esercizio di stile. Perfetto
per chi ama i Genesis senza
Peter Gabriel o i film (minori) di Antonioni. Asettico
e permaloso, a inizio carriera era un adorabile genio
sregolato. Purtroppo ha barattato la sua iconoclastia
per un regno frigido da collezionista di record (e di
prize money, gelosamente
custoditi dalla moglie-matrona Mirka). Ha dominato
in un’era senza campioni,
tramutando il tennis in onanismo: non appena è arrivato Nadal, ha smesso di fare lo splendido. Una volta
(in Australia) frignò pure
dopo una sconfitta, come il
secchione a cui hanno dato
7- invece di 7+. Emblematica la sconfitta di sabato
con Djokovic. Avanti cinque a tre nel set conclusivo,
ha avuto due match point:
lì si è smarrito, tra doppi
falli e paturnie freudiane.
Da giovane folle a frigorifero vincente a pensionato
ansiogeno: au revoir Roger.
2) Ipotesi Mutanda.
Ovvero il ritorno di Nadal.
Difficile. Rafa è ancora giovane, ma il suo gioco dispendioso ne ha già consumato le giunture. In più soffre particolarmente Djokovic.
3) Ipotesi Vampiro.
Ovvero Andy Murray, lo
scozzese hooligan adottato
dagli inglesi (ma solo quando vince). Denti aguzzi e
mammina ultrà al seguito,
Murray è un pallettaro iracondo che merita la posizione di 4 al mondo: può
pria esistenza.
Un messaggio importante...
Importante non solo per la Puglia, ma anche per quello che riguarda la nostra società che viene confusa, distratta, svilita dal
rapporto televisivo, dalle puttanate che ci vengono fatte vede-
Dal concerto al film
“
Gireremo
la sua storia ne
‘Il bene mio’
Come
ha fatto John
Turturro
con Napoli
”
re ogni giorno, da questo sorta
di ricatto che dobbiamo subire
e che vi vuole obbligare a vivere
per la pubblicità, per la merda
che ci propinano ogni giorno
Stasera, è tutt’altro.
Lo è di partenza e lo sarà di arrivo. Come il film, avrà un valore storico come tutto ciò che
parla di comunità. E in Puglia,
evidentemente, funziona.
Il vincitore del torneo
di tennis Us Open,
il serbo Novak Djokovic,
che ha sconfitto Nadal (FOTO ANSA)
vincere Master Series, ma 3
su 5 è ancora indietro a Djokovic, Nadal e Federer.
4) Ipotesi Boscaiolo.
Ovvero l’apoteosi di qualche picchiatore boxeur, tipo lo svedese psicotico Soderling (in calo) o il franco-congolese Jo-Wilfried
Tsonga. Quest’ultimo è il
sosia di Muhammad Ali.
Ora farfalla, ora ape, ora peso massimo (pachidermico). Tennisti da exploit,
mai però campionissimi.
5) Ipotesi Gggiovani.
Ovvero le eterne promesse: il “nuovo Safin” Gulbis,
il “nuovo Federer” Dimitrov, l’australiano wilanderiano Tomic o l’americano
qualunque Ryan Harrison.
Pesci piccoli.
6) Ipotesi italiana.
Ovvero il trionfo di qualche
eroe nostrano (vabbè, era
uno scherzo).
7) Ipotesi orteghiana.
Ovvero le foche monache: i
tennisti-youtube, che vivono di colpi incredibili e
sconfitte fantozziane. Il caso di Gasquet, rovescio d’oro, o Dolgopolov, ucraino
dadaista che per un set (ovviamente perso) ha intortato Djokovic a New York.
Belli, ma kryptonite di se
stessi. Non certo del nuovo
dittatore. Il quale, salvo infortuni o cataclismi, dominerà a lungo. Molto a lungo. Tra uno sbadiglio e l’altro.
pagina 16
Mercoledì 14 settembre 2011
SECONDO TEMPO
+
IL PEGGIO DELLA DIRETTA
TELE COMANDO
TG PAPI
mande a Berlusconi. La Procura gli ha dato quattro date: 15,
16, 17, 18 settembre. Il “premier” deve rapidamente organizzare un giro del mondo. In
80 giorni. Gli conviene.
I viaggi
di B.
di Paolo Ojetti
g1
T
Quando si riuniscono i
vertici del Tg1 è certo che si
chiedono: cosa gli propiniamo oggi a quei minus dei nostri
telespettatori? Gli propiniamo la “missione in Europa del
premier” con la nostra Sonia
Sarno che non ci tradisce
mai. Infatti Sonia prosegue:
“Una doppia tappa per spiegare la manovra, per rassicurare
e ribadire l’impegno e incassare l’apprezzamento e gli elogi perché la manovra è ambiziosa”. Non basta, il “premier
punta il dito sulle debolezze
europee”. Escluso che sia il dito medio, è chiaro che questo
viaggio resterà nella Storia, si
saranno congratulati i capi del
Tg1. Ci sarebbe anche Tarantini e la fuga del Cavaliere. Ma
per quello basta Grazia Graziadei che tenta ancora – parlando con Lepore – di farlo scivolare sulle intercettazioni
g3
La “convocazione coatta”
non lascia spazio: è l’apertura.
E la raffica di date possibili
non lascia scampo a Berlusconi: se non riesce a squagliarsela all’estero, dovrà rispondere e rispondere a tono. È un
testimone, se non parla rischia l’incriminazione per reticenza. Se parla a vanvera, è
falsa testimonianza. Se straparla, è capace di scavarsi la
fossa con le sue mani e, da teste, passare al ruolo di indagato. Seconda puntata dedicata
alla disperazione dei berluscones doc, Cicchitto, Santanchè, Napoli (dov’è Capezzone? E Gasparri?) che ululano al golpe, chiedono al Csm
di fare qualcosa, implorano
Nitto Palma: “Manda gli ispettori, manda i carri armati, che
ci stai a fare?”. Terza puntata
sulle colombe pidielline: c’è
la fronda, il Capo è decotto,
che facciamo? Intanto, dopo il
risibile giretto a Bruxelles e a
Strasburgo, una cosa andrebbe fatta: impedirgli di lasciare
il patrio suolo per non danneggiare ulteriormente l’Italia intera.
T
“coperte da segreto istruttorio” (che non esiste più da decenni). E il resto? I ricatti? I soldi? I berluscones disperati?
Una notiziola per pochi intimi
sussurrata da Giorgino.
g2
T
Dario Laruffa annuncia
il servizio sui “viaggi di Berlusconi in Europa” e si vede che
sta per ridere: i viaggi di Gulliveroni restano una farsa, lo
hanno accolto per educazione, comunicati “congiunti”
non se ne sono visti, nessuno
si vuole congiungere con un
uomo che – secondo i titoli
del New York Times – sta “affondando l’Italia nel ridicolo”.
Il Tg2 pietoso evita anche di
raccontare che a Londra hanno aperto un ristorante molto
trendy: si chiama “Bunga Bunga” (in Italia farebbe furore).
Però, viaggi o non viaggi, la
procura di Napoli insiste: la
“memoria difensiva” non basta, bisogna fare alcune do-
di Luigi
Popolare
colto
Galella
è chi è bravo e si contieC’
ne, dissimula, sottrae e
chi al contrario aggiunge, deborda, strafa. Paolo Bonolis
strafa. Acrobata del verbo e
incontinente parolaio, non
gli basta parlare e parlar bene, deve farlo rapidissimamente, precipitevolissimevolmente. Trasmettendo la
sensazione d'essere costantemente impegnato a dimostrare le sue abilità. Come
quei bambini felici e gratificati, che recitano una poesia
appresa a memoria, con l’occhio rivolto ai genitori, sicuri
di riceverne la benevola, affettuosa approvazione.
Bonolis è alla ricerca di un
ecumenico consenso. Vorrebbe piacere. Ma non è appagato di acquistare l’assenso del pubblico nazionalpopolare. Eccolo quindi approdare sul versante “colto”, e in
un impeto di universale abbraccio oscillare spavaldamente fra il registro popolaresco, con citazioni sovente
di Sordi e Totò, e quello eloquente e retorico, con l’innesto di arcaismi e preziosismi linguistici, stirando allo
spasimo l’elastico della lingua e approdando a uno stile
volutamente spurio: un posticcio pastiche, del quale,
manco a dirlo, visibilmente si
compiace.
La sua ultima creatura televisiva è il quiz preserale
“Avanti un altro”, del cui format ci si vanta di un’origine
tutta italiana. Non è detto tuttavia che sia un merito. Perché il programma è ripetitivo
e noioso, benché il bravo
presentatore – su di giri e
sempre una tacca sopra le righe – lo conduca a ritmi frenetici, con un climax, nella
parte finale, che raggiunge livelli parossistici. Sembra, in
effetti, costruito su misura
per lo stile del suo conduttore. Chi lo ha realizzato deve aver pensato: facciamolo
agli antipodi di “Chi vuol essere milionario?”, in calo progressivo di ascolti. Così, mentre quello concedeva tutto il
tempo ai concorrenti per organizzare la risposta, in questo non si permette loro
nemmeno di rifiatare fra una
domanda e l'altra. Fulminandoli se non rispondono in pochissimi secondi. E obbligandoli sadicamente, negli ultimi minuti, per ogni quesito
con due opzioni, a ribattere
in modo errato. Perché la risposta esatta è sbagliata e
Paolo Bonolis
conduce il preserale “Avanti
un altro”, su Canale5
quella sbagliata è esatta. Questa, la novità. Inducendo
quindi meccanicamente all’errore, quasi inevitabile,
che fa ripartire da zero e aumentare la paura di non farcela. Così, man mano che
l’ansiogena conduzione si
inerpica su vette sempre più
forsennate, negli spettatori si
fa strada il liberatorio desiderio di spegnere la tv.
Gli ascolti non sono da record. E non servono a rivitalizzarli i siparietti della spalla Luca Laurenti, né le presenze di una donnona tutteforme e di un ragazzotto dai
muscoli ipertrofici, che si
pongono alle spalle dei concorrenti,
rispettivamente
maschili e femminili, e li palpano e massaggiano. Ma in
realtà, si sbaglierebbe a pensare che esistano dei veri
concorrenti. Perché il mattatore è uno. E se potesse starebbe qui e là, a domandare e
rispondere. Veloce e incandescente come la Torcia
Umana. Attore e spettatore,
concorrente e conduttore.
Un Figaro tuttofare, bravo
bravissimo, pronto a far tutto, nell'opera buffa della moderna tv. Ma senza più la fortuna dei successi oceanici di
un tempo. Anzi, con l'eventualità non improbabile dell'onta di un flop.
LA TV DI OGGI
11.00 NOTIZIARIO TG1
11.05 ATTUALITÀ Occhio
alla spesa
12.00 VARIETÀ La prova
del cuoco
13.30 NOTIZIARIO TG1 TG1 Economia
14.10 ATTUALITÀ Verdetto
Finale
15.15 ATTUALITÀ La vita
in diretta
NOTIZIARIO TG Parlamento - TG1 - Che tempo
fa (ALL'INTERNO)
18.50 GIOCO L'eredità
20.00 NOTIZIARIO TG1
20.30 SPORT Calcio, UEFA
Champions League Fase a
gironi, 1a giornata Manchester City - Napoli (DIR.)
22.45 RUBRICA SPORTIVA
90° Minuto Champions
23.30 RUBRICA Una giornata particolare a spasso
con le miss
23.50 RUBRICA Musulmani
europei
0.45 NOTIZIARIO TG1
11.30 EVENTO Dichiarazioni di voto dei Gruppi
Parlamentari sulla manovra economica (DIRETTA)
13.00 NOTIZIARIO TG2
Giorno - TG2 E... state con
costume - Medicina 33
14.00 ATT. Italia sul Due
16.15 TF Ghost Whisperer
17.00 PRIMA TV TELEFILM
Life Unexpected
17.45 NOTIZ. TG2 Flash
L.I.S. - Meteo 2 -Rai TG
Sport
18.15 NOTIZIARIO TG2
18.30 EVENTO Dichiarazioni di voto finali dei
Gruppi Parlamentari sulla
manovra economica (D)
20.00 CARTONI ANIMATI
Classici Disney
20.30 NOTIZ. TG2 - 20.30
21.05 PRIMA TV TELEFILM
Squadra Speciale Cobra 11
23.30 NOTIZIARIO TG2
23.45 DOCUMENTI Rai
150 Anni
0.35 ATT. TG Parlamento
13.00 RUBR. Cominciamo
Bene - Condominio terra
13.10 TELEFILM Julia
14.00 NOTIZIARIO TG
Regione - TG Regione
Meteo - TG3 - Meteo 3
14.50 RUBRICA TGR Piazza Affari - TGR Speciale
Ambiente Italia
15.10 NOTIZ. TG3 L.I.S.
15.15 TF The Lost World
16.00 DOCUMENTARIO
Cose dell'altro Geo
17.40 DOCUM. Geo & Geo
19.00 NOTIZIARIO TG3 TG Regione - Meteo
20.00 VARIETÀ Blob
20.15 TELEFILM Sabrina
vita da strega
20.35 SOAP OPERA Un
posto al sole
21.05 NUOVA EDIZIONE PRIMA PUNTATA ATTUALITÀ
Chi l'ha visto?
23.10 NOTIZ. TG Regione
23.15 ATTUALITÀ TG3
Linea notte estate
23.55 ATTUALITÀ Doc 3
20.57 PREVISIONI DEL TEMPO Meteo
21.00 NOTIZIARIO News
lunghe da 24
21.27 PREVISIONI DEL TEMPO Meteo
21.30 RUBRICA Meridiana
- Scienza 1
21.57 PREVISIONI DEL TEMPO Meteo
22.00 ATTUALITÀ Inchiesta
3 (Interni) (REPLICA)
22.30 NOTIZIARIO News
lunghe da 24
22.57 PREVISIONI DEL TEMPO Meteo
23.00 RUBRICA Consumi e
consumi
23.27 PREVISIONI DEL TEMPO Meteo
23.30 RUBRICA Tempi supplementari
23.57 PREVISIONI DEL TEMPO Meteo
0.00 NOTIZIARIO News
lunghe da 24
0.27 PREVISIONI DEL TEMPO Meteo
/ Pluto Nash
/ Il Missionario
Tornato in libertà, dopo sette anni di
reclusione, Mario Diccara è costretto a
rimanere nell’ombra, per via di alcuni
conti in sospeso con la mala. Mario ha
un unica persona a cui chiedere asilo:
suo fratello Patrick, un prete. Questi gli
consiglia di nascondersi per un po’ di
tempo da Padre Étienne in un paesino
dell’Ardèche. E così, indossata la tonaca,
Mario si mette in viaggio, ma le cose non
vanno esattamente come programmato.
Sky Cinema Comedy 21,00
Italia 1 23,20
11.55 PRIMA TV REAL TV
Spose Extralarge
12.25 NOTIZIARIO Studio
Aperto - Meteo - Studio
Sport
13.40 CARTONI I Simpson
14.35 CARTONI What's my
destiny Dragon Ball
15.00 TELEFILM Big Bang
Theory
15.35 TELEFILM Chuck
16.30 TELEFILM Glee
17.25 PRIMA TV CARTONI
ANIMATI Mila e Shiro - Il
sogno continua
17.55 CARTONI ANIMATI Le
avventure di Lupin III
18.30 NOTIZIARIO Studio
Aperto - Meteo - Studio
Sport
19.25 TELEFILM C.S.I. Miami
21.10 GIOCO The Cube La Sfida
23.20 FILM Pluto Nash.
Con Eddie Murphy,
Joe Pantoliano.
1.20 RUBR. Poker1mania
11.30 NOTIZIARIO TG4 Meteo - Vie d'Italia notizie sul traffico
12.00 TELEFILM Un detective in corsia
13.00 TELEFILM La signora
in giallo
13.50 REAL TV Il tribunale
di Forum - Anteprima
14.05 REAL TV Sessione
pomeridiana: il tribunale
di Forum
15.10 TELEFILM Hamburg
Distretto 21
16.15 SOAP OPERA Sentieri
16.55 FILM Herbie il maggiolino sempre più matto
18.55 NOTIZ. TG4 - Meteo
19.35 SOAP OPERA Tempesta d'amore
20.30 TELEFILM Walker
Texas Ranger
21.10 FILM La maschera di
ferro
0.00 RUBRICA I bellissimi
di R4
0.05 FILM Un giorno di
ordinaria follia
11.05 VARIETÀ G' Day
(REPLICA)
11.35 TELEFILM Relic
Hunter
12.30 REAL TV Cuochi e
fiamme
13.30 NOTIZIARIO TG La7
13.55 MINISERIE The
Kennedys (REPLICA)
16.35 DOCUMENTARIO
Austin Stevens, Fotografo
per natura
17.30 TELEFILM L'ispettore
Barnaby
19.30 VARIETÀ G' Day
20.00 NOTIZIARIO TG La7
20.30 ATTUALITÀ Otto e
mezzo. Condotto da Lilli
Gruber
21.10 MINISERIE The
Kennedys. Ultimi episodi
23.00 ATTUALITÀ Speciale
"Srebrenica, 8372..."
0.25 NOTIZIARIO TG La7
0.35 TELEFILM Crossing
Jordan
1.45 ATTUALITÀ Otto e
mezzo (REPLICA)
PROGRAMMIDA NON PERDERE
TRAME DEI FILM
Anno 2087. La Luna è divenuta una sorta di nuovo e selvaggio West, dove il
denaro e, soprattutto, le conoscenze giuste ti possono aprire ogni porta. In questo clima, il proprietario del “Pluto
Nash”, il locale più in voga del pianeta,
si trova in grossi guai quando decide di
non vendere il suo esclusivo club a
Mogan, un gangster che sta coadiuvando
il misterioso Rex Crater nel suo piano
per conquistare la Luna...
11.00 REAL TV Forum
13.00 NOTIZIARIO TG5 Meteo 5
13.40 SOAP OPERA Beautiful
14.10 SOAP OPERA CentoVetrine
14.45 FILM Un soldato, un
amore. Con Lori Loughlin,
Johnny Messner.
16.30 ATTUALITÀ Pomeriggio Cinque
18.50 GIOCO Avanti un
altro
20.00 NOTIZIARIO TG5 Meteo 5
20.40 VARIETÀ Paperissima Sprint
21.20 PRIMA TV FICTION
Anna e i cinque 2.
Con Sabrina Ferilli
23.30 NUOVA EDIZIONE
ATTUALITÀ Matrix.
Condotto da Alessio Vinci
1.30 NOTIZIARIO TG5
Notte - Meteo 5 Notte
2.00 VARIETÀ Paperissima Sprint (REPLICA)
/ Un giorno di ordinaria follia
William Foster, 40 anni, divorziato, vuole
partecipare alla festa di compleanno della sua bambina. Ma, sfortunatamente,
oggi niente pare andare per il verso giusto. Rimasto imbottigliato nel traffico,
William, snervato, abbandona la macchina e procede a piedi.Trova un telefono,
per chiedere all’ex moglie il permesso di
vedere la figlia, ma non ha spiccioli in
tasca.William esplode... Grande regia,
grande cast, ottima storia.
Rete 4 0,05
Chi l’ha visto?
Matrix
“Aggiornamenti sui casi Rea e Kercher”.
Torna su Rai3 lo storico appuntamento
con “Chi l’ha visto?”. In studio Federica
Sciarelli al suo ottavo anno alla conduzione del programma, che quest’anno
giunge alla 24esima edizione. In questa
prima puntata la trasmissione, oltre ad
occuparsi di nuovi casi di scomparsa,
tornerà con aggiornamenti sul caso di
Melania Rea e Meredith Kercher. Ospite
in studio Michele Rea.
“Manovra economica - Lotta all’evasione
fiscale”. Alessio Vinci torna al comando
trasmissione con una prima puntata che
affronta uno degli aspetti più controversi
della manovra economica: la lotta
all’evasione. Il giornalista conduttore,
però, prova a ribaltare un sillogismo molto popolare “soldi, lusso, ricco: quindi
evasore”; e, provocatoriamente, si chiede:
ma alla fine, per tolleranza o necessità,
non siamo tutti complici?
Rai 3 21,05
The Kennedys
Ultimi episodi della miniserie dedicata
alla famiglia Kennedy. “L’inevitabile si
avvicina”. Mentre Bobby deve occuparsi di diverso materiale che proverebbe
la relazione fra John e Marilyn Monroe,
la coppia presidenziale si reca a Fort
Worth, in Texas.“L’epilogo”. Dopo l’assassinio di John, il fratello Bobby si
sente responsabile della tragica morte.
Intanto, per il bene del paese, Jackie
torna alla vita pubblica...
La 7 21,10
Canale 5 23,30
Mercoledì 14 settembre 2011
pagina 17
SECONDO TEMPO
MONDO
WEB
DA PIKACHÙ AL BIKINI DELLA FERILLI
Dieci anni
di eBay
a versione italiana di eBay, il
famoso sito di aste online, ha
compiuto ieri dieci anni. In un
mondo come quello di Internet
che viaggia a velocità vorticose,
un giro di boa così importante è
anche occasione per fare un bilancio su come sono cambiate
le nostre abitudini e, a cascata,
gli strumenti tecnologici che
utilizziamo. Il sito, nato come
portale di aste per oggetti usati,
ora è un vero e proprio “centro
commerciale online”: le inserzioni per oggetti nuovi superano il 90 per cento e risultano
marginali gli oggetti venduti
con i “rilanci d’asta”. Su eBay,
inoltre, non vanno solo giovani
nerd, ma anche madri (1 donna
su 3 tra gli iscritti; il 58% ha bimbi piccoli) e over 60 che superano i 700 mila utenti (su un totale in dieci anni di 10 milioni di
persone). Se per l’anniversario
viene annunciato il programma
“Offerte del giorno” (a partire
dal 6 ottobre, ogni giorno saranno disponibili nuovi prodotti “a
prezzi superscontati), non sono
mancate in questi anni, su 107
L
Si sono diffuse in questi giorni delle voci molto preoccupanti
sul ben noto servizio di posta Gmail. Secondo quanto
riportato da alcuni blog, Mountain View avrebbe deciso di
chiedere obbligatoriamente un numero di cellulare
all’apertura di ogni nuovo account, in maniera tale di legare
di Federico Mello
l’indirizzo di posta alla Sim del proprietario e quindi al
documento d’identità: si avrebbe così la cancellazione
dell’anonimato in rete. Fonti di Goolge, però,
smentiscono nettamente questi rumors e
chiariscono che il collegamento di un account a un
è MENO NOTIFICHE SU FACEBOOK
numero di cellulare è del tutto opzionale e serve
VOLENDO SI POTRANNO ACCORPARE
unicamente a rientrare in possesso della propria
Facebook sta lavorando per ridurre il
casella di posta nel caso in cui si dimentichi la
numero di notifiche inviate ai suoi utenti,
password e la “domanda” segreta prevista dalla
quelle che permettono di rimanere
procedura di recupero password. Vista la
aggiornati sui commenti e i post pubblicati
delicatezza della questione, giusto chiarire.
sui profili. Lo ha fatto sapere il sito blu dalla
sua pagina ufficiale dove ha spiegato che a
breve, per gli utenti più attivi, sarà
possibile accorpare le comunicazioni in
un’unica email ed evitare così il flusso
continuo e fastidioso di messaggi. La
misura, che potrebbe rivelarsi piuttosto
comoda, sarà comunque opzionale e
disattivabile in qualsiasi momento.
SCF=Cinema Family
SCC=Cinema Comedy
SCM=Cinema Max
19.00 The Social Network SC1
19.05 Point Break Punto di rottura
SCH
19.05 The Italian Job
SCM
19.10 Men in the City
SCC
19.20 La fontana
dell'amore
SCP
19.25 Alvin Superstar 2
SCF
21.00 Dolf e la crociata
dei bambini
SCF
21.00 Compagnie
pericolose
SCM
21.00 S1m0ne
SCP
21.00 Il Missionario
SCC
21.10 Ghost - Fantasma SCH
21.10 Benvenuti al Sud
SC1
22.35 La liceale, il diavolo
e l'acquasanta
SCC
22.50 Un cane alla
Casa Bianca
SCF
23.00 Romantica Sara
SCM
23.05 Che fine hanno
fatto i Morgan?
SCP
23.25 Dirty Dancing
SCH
0.20 Questo e quello
SCC
0.30 Un orso di nome
Winnie
SCF
Sta facendo il giro della Rete un video in un cui un hacker mostra la sua bellissima
creatura: un videogioco “meccanico” di Mario Bros realizzato in una scatola
(http://youtu.be/h8CTNF25q6U). Intanto, Nintendo annuncia per
novembre, un nuovo aggiornamento per la Nintendo 3DS che permetterà di
registrare video in 3D. In uscita inoltre due titoli “Mario”: Super Mario3D
Land che uscirà il 18 Novembre e Mario Kart 7 disponibile dal 2 dicembre.
SP1=Sport 1
SP2=Sport 2
SP3=Sport 3
A Radio 1 “Con Parole mie”
il cannocchiale di Galileo
Umberto Broccoli aprirà la puntata di “Con Parole
mie”, in onda oggi alle 14.08 su Radio1, con un brano
su cielo e terra tratto dalle Confessioni di Sant’Agostino.A seguire, il padre della scienza moderna, Galileo
Galilei, racconta ad Antonio de Medici, il 7 gennaio
1610, la sua osservazione del cielo attraverso il cannocchiale, con le istruzioni per l’uso della sua nuova, geniale invenzione. Poi, il filosofo e letterato Seneca invita gli
uomini a non dimenticare la grandezza delle cose che
abbiamo davanti agli occhi. Infine lo scrittore agrigentino Premio Nobel per la letteratura nel 1934, Luigi
Pirandello, in una lettera del 5 settembre 1932 indirizzata a Marta Abba in cui esprime la sua collera contro
la Cines e i giornalisti. Nella rubrica realizzata in collaborazione con Rai Teche, Pia Moretti intervista il mago
Achille D’Angelo nel 1952. In chiusura, la poesia di Giuseppe Ungaretti “D’improvviso”.
Commenti al post
su ilFattoQuotidiano.it
“Ustica, condanna
record per i ministeri.
Cento milioni ai
familiari delle vittime”
di Antonella Beccaria
è FINALMENTE una bella
notizia, però adesso tutti
quelli che hanno ricoperto
cariche istituzionali
importanti e non hanno fatto
nulla devono andare a casa.
Nigretti Agostino
è CONDANNATI sì, ma
tanto paghiamo noi, come
sempre!
Sanzo
è NON DEVE pagare lo
Stato, cioè noi cittadini, ma i
vari capi dei ministeri che si
sono succeduti fino ad oggi.
Sono loro i colpevoli dei
depistaggi.
darklady
è E QUESTA sarebbe una
vittoria? per l’ennesima volta
sono i cittadini che pagano
per le sceleratezze di oscuri
personaggi della storia
nefasta della nostra amata
Italia.
Maxx72
è COMINCIO a pensare
che noi italiani ce lo
meritiamo: le verità su
Ustica, Piazza Fontana,
Moro, Mangano sono verità
che noi non vogliamo
sapere. Una piccola
minoranza le cerca, ma alla
fine la maggioranza,
compresa quella politica che
la rappresenta, preferisce
non sapere e non vedere.
LucaSchiavoni
è DEFINIRE il Ministero
come responsabile di un
reato penale è come dire
che in galera non va nessuno.
Quindi i poveri familiari delle
vittime subiscono oltre al
danno morale anche la beffa,
perchè autofinanzieranno in
parte il loro stesso
risarcimento.
alecx
è MEGLIO tardi che mai..
rayoo
è NON SONO i dicasteri
ma chi li presiedeva ad aver
depistato dopo e non aver
garantito prima.
Gabriele Sozzani
Nuda su StreetView
RADIO
Radiouno 14,08
Mario: “meccanico” in una scatola o in 3D per Nintendo
eBay; il nuovo gioco
per Nintendo 3Ds;
Gmail; la mela
“illuminata” su iPhone
18.30 Calcio, UEFA Champions
League Fase a gironi, 1a giornata
Barcellona - Milan (Sintesi) SP3
19.00 Wrestling WWE SuperSP2
stars Episodio 11
19.00 UEFA Champions League
Fase a gironi, 1a giornata Chelsea
- B. Leverkusen (Sintesi)
SP3
20.45 Calcio, UEFA Champions
League Fase a gironi, 1a giornata
Manchester City - Napoli
(Diretta)
SP1
20.45 Calcio, UEFA Champions
League Fase a gironi, 1a giornata
Inter - Trabzonspor (Dir.) SP3
21.30 Wrestling WWE Domestic Raw Episodio 12
SP2
22.45 Calcio, UEFA Champions
League Fase a gironi, 1a giornata
Man. City - Napoli (Replica) SP3
23.15 Rugby, World Cup 2011
Gruppo B Scozia - Georgia
(Sintesi)
SP2
0.15 SNAI Poker Cup Ep. 3 SP2
0.45 Calcio, UEFA Champions
League Fase a gironi, 1a giornata
Man. City - Napoli (Sintesi) SP1
feedback$
è VORREI che tutti quelli,
comprese firme autorevoli
del giornalismo italiano, che
hanno coniato il termine
“dietrologia” adesso si
interrogassero.
Thor76
LO SPORT
I FILM
SC1= Cinema 1
SCH=Cinema Hits
SCP=Cinema Passion
milioni di oggetti venduti, alcune curiosità. La prima transazione andata a buon fine fu una
scheda telefonica Pokèmon Pikachù venduta a 5.100 lire, ma
sul portale è stata messa all’asta
– per beneficenza – la prima moto ufficiale da Moto Gp di Valentino Rossi, – una Cagiva Mito
125 del 1993, venduta a 22 mila
e 600 euro –; la maglia di Francesco Totti con cui segnò il suo
100° gol in Serie A; le forbici con
le quali il calciatore Massimo
Oddo tagliò il codino di Camoranesi dopo la conquista del
Mondiale nel 2006; e anche il bikini indossato da Sabrina Ferilli
per la festa della scudetto romano del 2001: con i ricavi dell’asta venne comprato un ecografo per il reparto di oncologia pediatrica dell’Umberto I di Roma. Tra le stranezze, infine, anche la vendita di un allevamento
ittico pagato ben 1 milione e
615mila euro. Pesci compresi,
naturalmente. Se cercate qualcosa, probabilmente su eBay la
troverete.
[email protected]
è “NON OBBLIGATORIO FORNIRE SIM”
GOOGLE REPLICA ALLE VOCI CIRCOLATE ONLINE
è UNA MELA ILLUMINATA
SULL’IPHONE “MODIFICATO”
Alle numerose stranezze
che in questi anni sono
finite su Google Street
View, si aggiunge la più
clamorosa: una donna
nuda. La foto, scattata da
una Google Car in
Florida, è stata scovata
dal Miami New Times.
Mentre a Bologna il 17 settembre
verrà aperto un Apple Store che si
distinguerà per vari primati (sarà il
primo italiano in centro città, in via
Rizzoli; il più grande nel nostro
paese e il primo che si svilupperà su due piani), un’azienda
anglosassone chiamata iPacht ha raccolto molto
interesse promettendo un piccola modifica all’iPhone. Se
infatti sui portatili della Mela il logo si illumina quando il
computer è accesso, questa stessa opzione non vale per i
melafonino. iPacht promette una piccola modifica che
permetta anche alla Mela sull’iPhone di “accendersi” e
“brillare” sul retro del telefono. Il servizio sarà attivo da
metà ottobre ma non sarà gratuito, tutt’altro: costerà tra
i 60 e i 130 dollari. Un prezzo elevato adatto unicamente
alle tasche dei tecno-maniaci.
è SI RITROVANO SU FACEBOOK
E PARTE IL RICATTO. UN GIOVANE ARRESTATO
Per spillare soldi a un innamorato
vicentino invaghitosi di una ragazza
calabrese, un conterraneo della donna,
Claudio Melara di 27 anni, si era spacciato
per un affiliato di un clan della malavita
organizzata minacciando il vicentino di
rappresaglie e ritorsioni se non gli avesse
consegnato 300 euro per sanare “l’onta”
del rapporto d’amore. La donna veniva
presentata come figlia di un componente
di una “n’drina”. I due si erano conosciuti
da in vacanza da ragazzini e si erano rivisti
recentemente in un supermercato in
Calabria dopo essersi ritrovati su
Facebook. Dopo aver acconsentito alla
prima richiesta di denaro, ad una seconda
richiesta il vicentino ha chiamato i
carabinieri che hanno arrestato Melara in
flagranza di reato. Si è così scoperto che
l’estorsore, con precedenti specifici, non
era mai stato organico ad alcuna
consorteria mafiosa. Adesso i carabinieri
stanno indagando sul ruolo della ragazza,
in fase di identificazione.
è SENTENZA coraggiosa
e giustissima.Peccato che
l’appello la ridimensionerà e
poi la Cassazione la
eliminerà. Siamo in Italia, la
patria degli azzeccagarbugli:
la Giustizia, quella vera, non
ha casa qui.
Jo
è CHI é causa del suo male
pianga se stesso: gli italiani
tutti sono i primi
responsabili, avendo votato
per decenni una classe
politica che, nei confronti di
vittime italiane, si é
preoccupata, come ora
emerge dal verdetto, solo di
farsi i propri interessi.
Jan Rudolf Gentile
è MA i reati penali, in Italia,
non sono “personali”?
codecasa
è MA DAI! Quindi avevano
ragione i complottisti?
Pietro03
pagina 18
Mercoledì 14 settembre 2011
SECONDO TEMPO
PIAZZA GRANDE
Fermiamo l’Euroreich
di Marco Onado
e i governi europei non sapranno finalmente trovare
una risposta seria e credibile alla crisi, l’unione monetaria rischia di frantumarsi e con
essa l’intera costruzione europea. E saranno guai per tutti: per
i Paesi più deboli, ma anche per
i più forti. La situazione è precipitata per l’incapacità di trovare soluzioni adeguate alla gravità dei problemi: da un lato per
i Paesi che non sono oggettivamente in grado di sostenere il
debito accumulato (Grecia, Irlanda e Portogallo, sia pure in diversa misura) e dall’altro per i
Paesi che hanno debiti di per sé
sostenibili (Spagna e soprattutto Italia) ma che non riescono a
prendere provvedimenti capaci
di rassicurare i mercati sull’equilibrio dei conti pubblici e
sulla crescita futura.
S
IN QUESTO scenario è quasi
naturale che si moltiplichino le
proposte di modificare l’unione
monetaria, facendo uscire dall’euro i Paesi deboli (tra i quali ci
sarebbe l’Italia) oppure quelli
forti, che potrebbero dar vita a
una nuova moneta. Se questi
paesi fossero Germania, Austria,
Olanda e Finlandia come da qualche parte proposto, potremmo
parlare di un vero e proprio Euro
Reich, che sanzionerebbe la supremazia monetaria e finanziaria tedesca.
Ci sono però forti controindicazioni. Il Trattato europeo non
prevede l’uscita dall’euro (perché un’area monetaria che nasce
con le porte girevoli non è credibile: non si può entrare e uscire come al Grand Hotel), ma solo
quella dall’Unione, cioè dall’intera costruzione europea. Dunque se la Grecia e altri Paesi decidessero di tornare alle monete
nazionali, dovrebbero aprire la
procedura prevista, che è lunga
e difficile, come ogni divorzio. E
alla fine dovrebbero rinunciare a
tutti i benefici che l’appartenenza all’Europa comporta, a cominciare dai fondi speciali che
rappresentano oggi un sostegno
notevole alle loro traballanti eco-
nomie. Dal punto di vista politico non bisogna dimenticare che
la nascita dell’euro è stata la contropartita all’unificazione tedesca dopo la caduta della Ddr. Una
Germania tornata ai confini del
Terzo Reich faceva meno paura
se unita nelle sorti monetarie e
finanziarie agli altri grandi Paesi
europei, fatta salva ovviamente
la tradizionale propensione britannica all’isolamento. Ristrutturazioni dell’euro (e dell’Europa per i motivi visti) come quelle
proposte rischiano di alterare
drammaticamente gli equilibri
raggiunti, con esiti difficilmente
prevedibili.
Ancora più importanti sono le
controindicazioni di carattere
economico. Se la Grecia (per fa-
re un esempio) ritornasse alla
dracma, si troverebbe sempre il
problema del vecchio debito in
euro da pagare. Quindi delle due
l’una: o lo trasforma in dracme (il
che è giuridicamente possibile
solo per una parte delle emissioni) e dunque dichiara comunque
il default, oppure deve trovare le
risorse per pagare capitale e interessi, ma in questo caso nessuno può pensare che la ritrovata
competitività del suo export e
del suo turismo possano generare le risorse sufficienti per rendere sostenibile domani quello
che oggi non lo è. Insomma, il
problema del debito greco continuerebbe a proporsi praticamente negli stessi termini. E ovviamente il discorso vale per tutti i Paesi candidati ad accompagnare la Grecia.
Per motivi opposti, anche i paesi
forti non si troverebbero in migliori condizioni: il super-euro
con la Germania al centro si rivaluterebbe significativamente
rispetto alle altre monete, ren-
è una domanda che, ancora oggi a distanza di
molti decenni trascorsi
dalla Seconda guerra
mondiale e dal massacro nazista
degli ebrei, emerge periodicamente nelle conversazioni tra
gli storici e quelli che si interessano del passato più recente:
“Perché l’Europa e gli Stati Uniti
non fermarono quel massacro?
Quali furono le ragioni della passività con cui il mondo civile assistette al grande orrore degli anni Quaranta?”. E anche a me è capitato, in Italia e altrove, di essere interrogato più volte sul
problema. La domanda, nata all’indomani della catastrofe fascista e nazista, si è articolata dall’inizio in alcuni interrogativi
preliminari: “Quali furono le effettive ragioni del silenzio delle
C’
PRIMA DI INFIERIRE col
piccone sull’unione monetaria
occorre impegnarsi per le soluzioni, certo difficili ma ancora
possibili, che consentono di
conciliare tutti gli interessi in
gioco: evitare il salvataggio dei
responsabili degli eccessi del
L’ipotesi che circola
in Germania
di espellere i Paesi
ad alto debito
dalla moneta unica
segnerebbe la fine
dell’Unione
europea,
per fortuna la
Merkel sembra
più moderata
passato (che non sono i cittadini
che stanno pagando un prezzo
elevato); ridurre il debito dei
paesi periferici al livello tollerabile attraverso un default controllato; far pagare una parte del costo alle banche, senza determinarne il tracollo; imporre le condizioni perché in futuro nessun
paese possa più eludere le regole
di equilibrio dei conti pubblici.
Molti economisti sono convinti
che una soluzione di questo tipo
sia ancora possibile. Non così la
Banca centrale tedesca che con
le dimissioni di Axel Weber dalla
Bundesbank e di Juergen Stark
dall’esecutivo della Bce ha segnalato non solo l’opposizione
agli acquisti di titoli ai paesi in
difficoltà, ma ogni soluzione che
abbia il sapore di un trasferimento di risorse dai paesi forti a quelli deboli. Angela Merkel sembra
su posizioni meno radicali e capisce l’importanza della posta in
gioco, quando dichiara: “L’euro
è molto più di una moneta. Se fallisce l’euro, fallisce l’Europa”.
La Cancelliera ha i suoi problemi
in casa e fuori e dovrebbe essere
incoraggiata a trarre le giuste
conclusioni da questa premessa.
Purtroppo il capo del governo
italiano, che dovrebbe essere in
prima linea per sostenerla, esprime giudizi sulla Merkel solo riferiti al suo posteriore. Se questo è
il nostro contributo al rafforzamento dell’Europa, non ci meravigliamo se ci vogliono buttare
fuori.
Sopra, Angela Merkel; sotto, proteste a Salonicco, alcuni giorni fa (FOTO ANSA)
Pio XII ha dato luogo prima a
un’ampia pubblicistica e persino
a dei film e a delle opere teatrali
(chi ha più anni ricorda i libri degli anni Sessanta apparsi in Italia
a cura del pubblicista Falcone) e
quindi, molto più di recente, a un
bilancio storico difficile da contestare da parte di uno dei mag-
potenze democratiche e liberali
rispetto alla strage perpetuata
nei lager nazisti e nei paesi occupati dal Grande Reich? Perché
si finse a lungo di non conoscere
la realtà di quell’orrido massacro? E la Chiesa di Roma, a sua
volta, perché si unì a quel silenzio con Pio XII? ”
Nel libro “Europa
e America di
fronte all’orrore
nazista” lo storico
americano
Hamerow afferma
che nessuna
democrazia
occidentale
fu immune
dall’antisemitismo
IN UN PRIMO tempo gli storici concentrarono la loro attenzione sul silenzio delle potenze
alleate e del Vaticano, piuttosto
che sulla loro passività, ma a poco a poco, nei decenni successivi
al 1945, non è più stato possibile
negare che Roma, Parigi, Londra,
Washington avessero saputo a
partire dal 1941-42 quello che
stava avvenendo nei lager nazisti
e, con modalità diverse, nei campi fascisti sparsi nella Penisola.
La discussione si è concentrata,
quindi, sul secondo aspetto del
dilemma: che cosa avrebbero potuto fare, e non fecero, gli alleati
e la Chiesa di fronte a quello che è
sempre più stato definito, con un
termine tratto dalla religione cristiana, come l’Olocausto?
Il primo aspetto del dilemma si è
a poco a poco chiarito e ha provocato, per alcuni decenni, violente polemiche politiche e giornalistiche che hanno occupato a
lungo i principali mezzi di comunicazione dell’Occidente americano ed europeo. Il silenzio di
giori studiosi della Chiesa, lo storico di Trieste, Giovanni Miccoli
che a papa Pacelli ha dedicato
qualche anno fa un volume prezioso. Meno aspro, ma altrettanto accanito, è stato il dibattito
che ha riguardato le maggiori capitali europee e quella americana. Ma, nell’uno come nell’altro
caso, è apparso sempre più chiaro che i freni a rompere il silenzio
e a rendere noto quel che stava
accadendo nell’Europa centro-orientale avevano radici al-
Perché la Shoah
non fu fermata
di Nicola Tranfaglia
dendo più care le merci tedesche. Risultato: o le esportazioni
calano, o le imprese aumentano i
prezzi meno della svalutazione,
cioè riducono i loro profitti, o
qualunque combinazione fra le
due cose.
Come può un paese come la Germania, votato all’esportazione e
che vende tanto in Europa avere
interesse a un risultato del genere?
Il badante
É
di Oliviero Beha
LA RISATA
CHE CI UCCIDERÀ
T
ra i tanti danni che ci lascia in eredità la lunga stagione
berlusconiana, comprensiva sia del Caimano che dei suoi
finti cacciatori, è stato segnalato ormai da qualche tempo lo
svuotamento delle parole: questa classe dirigente capitanata
dal Re Solicello o Cavaliere Inarrestabile perché
improcessabile le ha sgusciate del loro significato come
ostriche della polpa e quando parla non dice, o disdice, o
polverizza ogni senso del lessico. In un Paese all’avanguardia
in Europa nell’analfabetismo di ritorno, tutto ciò è insieme
complementare e meraviglioso: qui sì che troviamo la
corrispondenza tra vertici e base che truffaldinamente la
sedicente politica vuole individuare tra eletti ed elettori.
Dunque parlano male perché non hanno nulla da dire, perché
si difendono dalla realtà reale che li smaschera, rifugiandosi
nella realtà televisiva, perché se nessuno rischia nulla in idee e
parole per dirle, quest’afasia viene accettata come normale e
nessuno dei destinatari di questi messaggi bacati ci fa più caso.
Penso soprattutto a Berlusconi naturalmente, con una
casistica infinita, ma penso anche al mantra da stadio in
omaggio al totem della diversità da parte dell’opposizione (“il
premier vada a casa”), mantra dai connotati concettuali e
progettuali non straordinari: magari serviranno a non parlare
di Penati e Lari, ma le gambine politiche di queste verità
mancanti sono cortissime. Mi sembra però che da qualche
tempo stia accadendo qualcosa di almeno altrettanto grave:
che dalla padella dell’afasia politica si sia passati alla brace
della ridicolaggine. Ma sì, ormai fa tutto ridere, è materia
prima per un cabaret quotidiano, una merce sold out, si
scherza, si canzona, si motteggia sulla pochezza della
situazione e così facendo si acquietano coscienze e si mette a
sedere qualunque velleità di risveglio critico. Applausi in
platea, e idola tribus o teatri. Tal Bakunin si augurava che la
fantasia distruggesse il potere, e sappiamo come è andata: è
una formula pubblicitaria per vendere un’automobile o un
profumo. Ma sosteneva anche che “una risata vi seppellirà”.
Ebbene, è vero, stiamo morendo dal ridere, ma tutti quanti,
Berlusconi e i suoi certo, ma anche coloro che li prendono per i
fondelli o addirittura per il culo: lui ci mette il carico maggiore
autodefinendosi “un benefattore di famiglie in difficoltà”
come sta dicendo in questi giorni in cui la magistratura tenta
invano di tarantineggiarlo. Ma anche noi che lo scriviamo,
travolti dall’irrealtà o dalla surrealtà di questo grottesco finale
di partita, rischiamo di fare il gioco del Re di Prussia. Se tutto è
ridicolo, se tutto ci indigna un pochino ma ci fa sganasciare
molto di più, nulla sembra esserlo davvero ed edifichiamo
insieme un costrutto di risate che sembra bastarci: nel
frattempo il Paese sprofonda, e non ci sarebbe davvero niente
da ridere. Bakunin non ha mai detto che io sappia che una
risata ci disseppellirà o ci ricostruirà: e invece questo popolo
tendenzialmente zombesco forse avrebbe bisogno di meno
cabaret e di più impegno, di più serietà e meno sghignazzate,
di presentabilità e non di ludibrio. Sì, conosco l’obiezione,
queste sono “merci” di difficile spaccio, nella disabitudine dei
nostri palati berlusconizzati, o addirittura sono “prodotti” che
reagiscono a se stessi come composti chimici che quasi subito
assumono la veste di “servizi”, di esempi, proprio ciò di cui ora
avremmo più bisogno. Ridere è invece assai più facile e
immediato. E del riso liberatorio chirurghi come Patch Adams
con i suoi clown ne hanno fatto un sistema terapeutico. Ma lui
cura i malati. Qui siamo a un passo dalle salme: e tutti giù a
ridere per le bungate di Arcore? Ancora? Davvero non si può
fare niente di più, di meglio, di più urgente?
l’interno di opinioni pubbliche
che prendevano complessivamente sul serio (almeno in maggioranza) le accuse religiose del
pontefice come quelle dei capi
dei governi e degli Stati occidentali nei confronti degli ebrei.
UN NOTO STORICO americano come Theodore S. Hamerow ha pubblicato tre anni fa un
grosso volume che è stato tradotto qualche mese fa in Italia e che
promette, fin dal suo titolo, di rispondere alla prima parte della
domanda. Il titolo è: Perché l’Olocausto non fu fermato. Europa e America di fronte all’orrore nazista (Feltrinelli editore, pp. 492, 28 euro). Che cosa dice di nuovo, e di
interessante, il libro dello storico
americano di fronte a quello che
è stato detto, fino a ieri, dagli storici europei e italiani? La risposta
di Hamerow è (sarei tentato di dire) poco gradevole ma precisa,
anche se – a ragione – non mette
sullo stesso piano il caso dei paesi collaborazionisti come l’Italia
di Salò e la Francia di Petain (per i
quali gli studi più recenti e documentati mettono in luce la presenza attiva fornita nello sterminio sistematico degli ebrei e dei
“diversi” durante la Seconda
guerra mondiale) e le liberal-democrazie occidentali come la
Gran Bretagna e gli Stati Uniti
che, con le loro autorità di governo, si erano pronunciate nettamente, e fin dall’inizio, contro la
politica razzista e antisemita della Germania e dei suoi alleati.
“L’Olocausto non fu fermato – afferma Hamerow – perché anche
le democrazie occidentali furono percorse al loro interno da
una fortissima ondata di antisemitismo che impedì ai governi di
prendere misure concrete a favore degli ebrei. E come avrebbero
reagito le altre minoranze se si
fosse intervenuti soltanto in favore degli ebrei?”
E, infine, l’attacco che, dopo il
1939, si realizzò alla fine contro
l’alleanza tripartita legata a Hitler
non poteva a sua volta essere
combattuta in nome della sicurezza nazionale e non della salvezza di una minoranza, sia pure
importante, come quella degli
ebrei. Ma questo, sul piano storico, significa – e Hamerow lo riconosce apertamente – che Hitler aveva vinto, almeno in parte,
la sua terribile battaglia: perché
era riuscito a cacciare gli ebrei,
tutti gli ebrei, dalla vecchia Europa.
Mercoledì 14 settembre 2011
pagina 19
SECONDO TEMPO
BOX
MAIL
In ricordo dell’11 settembre
cileno
Furio Colombo
7
L’11 settembre 1973 il generale
Pinochet assassinò Allende, presidente del Cile legittimamente
eletto nel novembre 1970. Da
quel giorno e per ben diciassette
lunghi anni, Pinochet, protetto
dal suo esercito e da quello americano, procurò la morte di almeno 30 mila e la tortura di 600.000
cileni, l’esilio di centinaia di migliaia di persone e la distruzione
sistematica di tutte le istituzioni
democratiche del paese.
Papa Giovanni Paolo II visitò il Cile nell'aprile 1987 e incontrò Pinochet. Il Papa si affacciò con il generale al balcone del Palazzo de
La Moneda (dove quattordici anni
prima era stato assassinato Alliende), e impartì la benedizione
nel cortile interno dello stesso
palazzo ai funzionari del governo.
Il 18 febbraio del 1993 Papa Wojtyla e il Segretario di Stato Angelo Sodano inviarono a Pinochet
due lettere di auguri in occasione
della ricorrenza delle sue nozze
d'oro.
“Al generale Augusto Pinochet
Ugarte e alla sua distinta sposa,
signora Lucia Hiriarde Pinochet,
in occasione delle loro nozze d’oro matrimoniali e come pegno di
abbondanti grazie divine”, scrive
senza imbarazzo il Sommo Pontefice, “con grande piacere impartisco, così come ai loro figli e
nipoti, una benedizione apostolica speciale. Giovanni Paolo II”.
Ancor più caloroso e prodigo di
apprezzamenti è il messaggio di
Sodano, che era stato nunzio
A DOMANDA RISPONDO
SE IL PARLAMENTO
LAVORA
crivo per segnalarle che nel suo
articolo apparso su Il Fatto di
domenica 4 settembre, lei dice che lo
0,7 delle leggi su 6300 presentate sono
state approvate, ergo nessuna. Ma
andando a guardare la tabella a pag. 22
di Repubblica (citata come fonte
dall'articolo, ndr) si vede come quello
0,7 sia una percentuale, quindi lo 0,7 di
6930. Arrotondato all'unità fa 49. Ciò
non sposta di una virgola il suo
ragionamento, ma è una doverosa
precisazione.
Marco
S
RINGRAZIO per la precisazione che è
anche un aiuto per riflettere non solo sulla
modesta quantità del lavoro di iniziativa
parlamentare alla Camera e al Senato, ma anche
per tornare su un punto che è sempre trascurato
dalle tante fondatissime critiche sull’attività del
Parlamento. Ce ne sono due che appartengono al
passato e non rappresentano i gravi problemi di
oggi. Uno e' l'assenteismo. Nonostante la
ripubblicazione continua di due o tre storie di
assenze continuate e vistosamente deplorevoli,
deputati e senatori ci sono sempre in gran numero
(direi quasi tutti, da una parte e dall'altra) perché
potrebbe sempre presentarsi l'occasione di un
rovesciamento tra maggioranza e minoranza
(ogni tanto accade, purtroppo di rado). Si
racconta spesso anche di "aula vuota" in
occasione di certi dibattiti o discussioni. È vero
quando in Parlamento un deputato o senatore
parla per restare a verbale, ma non sono previsti
dibattiti o voti. Altrimenti il rischio ribaltone
garantisce banchi affollati quasi sempre. Il
LA VIGNETTA
problema, per il Paese e per la dignità dei
parlamentari, è il lavoro che svolge. Se pensate
che le 49 leggi di iniziativa parlamentare che
risultano approvate negli anni di questa legislatura
sono tutte generiche e "bipartisan" prove di buona
volontà (come la legge anti-stalker o certi benevoli
e astratti interventi per l'infanzia) vi rendete conto
che di "parlamentare" ai tempi di Berlusconi non
c'è praticamente nulla. Tutto il lavoro è dedicato
alle leggi o decreti voluti e scritti e imposti (anche
alla sua maggioranza) dal governo. E qui vale la
pena di ricordare un peso storico che grava sul
parlamentarismo italiano, al modo in cui il debito
pubblico grava su tutti i cittadini. Decennio dopo
decennio si è radicata (non nella Costituzione, ma
nella prassi accettata) che le decisioni vengono
prese dai partiti, fuori dal Parlamento e diventano
leggi e proposte attraverso la disciplina di partito.
Il berlusconismo ha introdotto una differenza che
accentua e aggrava la sottomissione del
Parlamento: decide quasi tutto il governo, e resta
solo l'opzione di accettare o respingere. È una
opzione apparente, perché la maggioranza
obbedisce sempre e quasi senza discussione al
governo. Dunque stiamo vivendo questo
paradosso: se il Parlamento non lavora, disorienta
e indebolisce il Paese (oltre a compiere un servizio
disonesto). Se lavora, realizza scrupolosamente
quasi solo la volontà del governo. Ognuna delle
due possibilità è dannosa. Purtroppo si deve dire
che – sotto Berlusconi e a sostegno delle leggi di
Berlusconi – questo Parlamento ha lavorato
molto.
Furio Colombo - Il Fatto Quotidiano
00193 Roma, via Valadier n. 42
[email protected]
imperatore" del Paese vorrà festeggiare i suoi 75 anni". "Ora l'Italia minaccia la stabilità finanziaria di tutta l'Europa... Aver tollerato troppe buffonerie ha provocato troppi danni". Ma dell'istituto dell'impeachment (...stato
d'accusa, imputazione), in Italia,
se ne sono perse le tracce? Già
soltanto... aver pronunciato che
l'Italia è un Paese di m... Quanti
casi in giro per il mondo e... per
molto meno... e per di più nella
Patria del Diritto. Possibile che
soltanto la fine Legislatura potrà
mettere tutto a "tacere". Per carità, Strasburgo val bene una messa rispetto ai suoi pm della Procura... ma quel famoso "passo indietro" non arriva e continua a tenerci tutti in un fango insopportabile. Saluti
Angelo Mandara
apostolico in Cile dal ’77 all’88, e
che nell’87 aveva perorato e organizzato la visita del papa a Santiago, trascurando le accese proteste dei circoli cattolici impegnati nella difesa dei diritti umani.
Il cardinale scrive di aver ricevuto
dal pontefice “il compito di far
pervenire a Sua Eccellenza e alla
sua distinta sposa l’autografo
pontificio qui accluso, come
espressione di particolare benevolenza”. E aggiunge: “Sua Santità
conserva il commosso ricordo
del suo incontro con i membri
della sua famiglia in occasione del-
la sua straordinaria visita pastorale in Cile”.
Sergio Puxeddu
Il premier che prende
in giro il Paese
L'ultima accusa del premier all'opposizione: "Per spallata a me
rovinano il Paese"... Il New York
Times rileva invece: "Baccanali
Berlusconi mentre
l'Italia destabilizza l'Europa".
Sempre secondo il NYT: "Ma in
questo momento drammatico ci
si domanda come il "lussurioso
La gita a Bruxelles è
l’ennesima scena ridicola
verni europei sarebbero felici di
alzare l’età se comandati e obbligati dall’Europa; mentre pronunciava quest’ultima, Bossi gli rispondeva con l’espressione che
meglio gli riesce, il dito medio alzato. Nel frattempo che i due
maggiori esponenti governativi si
esibivano con simili baggianate i
mercati finanziari facevano schizzare gli interessi sul debito italiano quasi al 6% divorandosi più di
due miliardi delle manovre, presente e future.
Fanno quasi tenerezza nelle loro
penose apparizioni televisive gli
esponenti della maggioranza governativa con le loro dichiarazioni, a viso accigliato, tutte tese a
giustificare la “fuga” del Capo ed a
elogiare una manovra che contestavano il giorno prima; l’unico a
mostrarsi sempre col sorriso a
salvadanaio, per mostrare nonostante tutto il suo ottimismo, anche se le sue mitragliate di parole
lo contraddicono.
Cara redazione,
doveva essere veramente grande, da tagliarsi col coltello, l’imbarazzo a Bruxelles e Strasburgo
per la visita del Berlusca, tanto
grande che lo si percepiva anche
dalle riprese televisive. Ancor più
grande quando all’inopportunità
della visita si sono aggiunte le sue
sciocchezze sull’opposizione che
critica la manovra per dare una
spallata a lui ed al suo governo
non rendendosi conto che così
facendo la dà all’Italia e quella sulle pensioni d’anzianità di cui i go-
Mario Sacchi
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IL FATTO di ieri14 settembre 1927
Strangolata da una fascia di seta troppo lunga. Così
Isadora Duncan, la “danzatrice della sciarpa” se ne va, il
bel collo spezzato dalle frange di un foulard impigliato nelle
ruote della sua Bugatti, mentre in un giorno d’autunno
sfreccia radiosa sul lungomare di Nizza. Morte tragica e
teatrale per una vita estrema, scandita dalla passione. Per
gli uomini, per l’avventura, per i viaggi, per la danza. Una
danza visionaria, ispirata all’eleuteron greco, libertà totale
del corpo e dell’anima, svincolata dai rigidi steccati del
balletto, dall’estetica d’accademia. A piedi nudi, avvolta in
tuniche e pepli lievi, danza Isadora verso il Novecento,
irrompe sensuale e spregiudicata nei sacri templi del
balletto russo, diventa a Mosca icona della rivoluzione,
scuote e travolge platee di mezzo mondo. In un vortice di
scandali trionfali, seduce i grandi del suo tempo,
D’Annunzio, Gorki, Stanislavskij, Gordon Craig e Esenin, il
poeta maledetto che, dopo un breve legame tormentato si
impiccherà in una stanza d’albergo a Pietroburgo. Con la
sua “danza libera”, emotiva, impressionistica, segnerà la
coreografia del nuovo secolo. Leggenda fino all’ultimo,
quando soffocherà senza scampo nella sua sciarpa velata.
Giovanna Gabrielli
nel rifiuto di qualsiasi forma di integralismo. Addio zia Enrica, tu
per me hai rappresentato la campanella della ricreazione, il panino
alla nutella portato da casa i giorni
passati in colonia, la prima pista di
sabbia per le biglie dei ciclisti, la
moneta per il juke box, il primo
giro in fiat ritmo con il foglio rosa,
l'odore acceso del camino in
Abruzzo i giorni di Natale, le ore
passate nelle afose notti romane a
parlare di politica, quando per
mangiare si usava ancora il galateo, la voce calda ed accogliente
che nei momenti di terrore significava: "non avere paura, ci sono
io qui vicino". A 40 anni ho capito
che essere ricchi, vuol dire aver
vissuto con accanto persone
equilibrate e riservate come te.
L'Italia non è fatta soltanto di residenti mafiosi e di grandi geni in
fuga ma, soprattutto, di persone
normali che, come noi, hanno
sempre amato il proprio paese
nella speranza di vederlo governato da uomini dotati di altrettanto amore e della stessa nostra
passionalità. Grazie al vostro
giornale per averci ricordato in
questo (anche negli ultimi mesi di
vita di mia zia) che non siamo mai
stati soli.
Fabrizio Dominici
Diritto di Replica
Leggendo l'ennesima cronaca sulle cene di Arcore. Leggendo per
la millesima volta intercettazioni
che mi riguardano ho riflettuto –
senza ironia – sulla vostra fatica.
Giorno dopo giorno, notte dopo
notte. Ho immaginato le lunghe
riunioni durante le quali "Berlusconi, Berlusconi, Berlusconi...
Fede, Fede, Fede". Come distruggere l'uno e l'altro. Poi la sera tornando a casa, tornando alla famiglia: "Abbiamo massacrato Berlusconi, abbiamo massacrato Emilio Fede". Non deve essere facile.
Non voglio dire che vi occupate di
"cazzate". Forse lo penso, certamente non lo dico. Siete riusciti a
scrivere che una somma di denaro dalla Svizzera è giunta in Italia
attraverso una signora cubana, indicandola con nome e cognome.
Questo non risulta, neppure per
una virgola, nelle carte dell'inchiesta. Forse – ma è pura immaginazione – riponete troppa fiducia in quella sorta di "porto franco" della giustizia che vi mette in
condizione di ottenere – primi di
tutti – le carte dell'inchiesta. È vero, rischiate la querela. Ma il “porto franco" farà sì che non giunga
mai a giudizio. Anzi. Subito archiviata. Non so se vincerete questa
battaglia che ha solo e soltanto alla base una strategia politica. Forse sì. Forse no. Per Quella nei miei
confronti non trovo l'aggettivo
giusto. Meschina? È poco. Ma sono contento – lo dico senza ironia
– che la sera tornando alla famiglia
potete rallegrarvi – magari davanti a un bicchiere di vino per dire "anche oggi li abbiamo sistemati".
Che poi io sia un grande professionista non importa. Che sia una
persona perbene neppure. Che
tutto questo vi faccia vendere
qualche copia in più – meritando i
complimenti di certa politica e
certa magistratura – questo sì.
Merita un brindisi. Ma ho la certezza che – prima o poi – passerà
il tram. Quello contro il quale – se
uno non fa attenzione – ci sbatte
la faccia.
Emilio Fede
Purtroppo per lei, tutto quello che
scriviamo sulle cene di Arcore è
contenuto negli atti dell’inchiesta di
Milano che la riguarda.
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