A000990 Una volta un prete, uno di quei preti mediatici che girano
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A000990 Una volta un prete, uno di quei preti mediatici che girano
A000990 FONDAZIONE INSIEME onlus. Da IO DONNA del 2/12/06 pag. 91 <<CHI HA PAURA DEGLI ADOLESCENTI CATTIVI>> di Marina Terragni e Rosella Simone, giornaliste. Per la lettura completa del pezzo si rimanda al settimanale citato. Una volta un prete, uno di quei preti mediatici che girano un po’ in tutte le trasmissioni tv, disse sull’insopportabilità degli adolescenti una cosa apparentemente banale ma giusta: <<Ricordatevi che sono stati vostri bambini. Ricordatevi che sono sempre loro>>. E’ facile dimenticarsene, quando sono cresciuti, quando non li riconosci più, quando conducono contro di te la loro guerra feroce, giusta e ingiusta. Provi a ripensare a te adolescente, non credi che ai tuoi stessi ricordi, le cose assurde che hai fatto, le cretinate che hai detto. Ti spaventi. Non riesci a tenere le briglie. Vorresti scappare. A questo tumulto di sentimenti i sociologi hanno dato il nome di pedofobia: che vuol dire avere paura dei ragazzi, disapprovare i loro comportamenti ma non saperli sanzionare. Secondo un rapporto condotto dall’Institute of Policy Research, la casa di ricerche inglese, solo il 34% degli adulti britannici interverrebbe a riprendere dei ragazzi che disturbano per la strada. La percentuale sale appena la 50 fra gli italiani, al 52 fra gli spagnoli, fino ad un sostanzioso 65% tra i tedeschi. Gli inglesi, è vero, non sono mai stati troppo child friendly. La mancanza di tenerezza non aiuta. <<E’ raro vedere i bambini al ristorante con gli adulti; alcuni negozi non consentono l’ingresso ai cani e ai bambini>> dice Vincenzo Ruggiero, che insegna Sociologia della devianza presso la Middlesex University di Londra e a Pisa. <<La responsabilità penale in Inghilterra comincia a dieci anni, è a partire da quest’età che si può essere perseguiti e condannati. Ma la paura è rivolta soprattutto ai figli degli altri>> precisa <<in particolare ai figli di stranieri e immigrati. Se tuo figlio ti è incomprensibile, figuriamoci loro>>. I “rude boys” inglesi, questo è il nome che si danno, girano soli o in branco, mani in tasca e cappuccio calato sulla fronte, ascoltando musica grime (da grid e crime), rap su base techno che arriva dalle Antìlle, e se li incontri che fanno gazzarra per strada puoi avere paura. I primi sono stati immigrati di seconda generazione, ma il contagio si è esteso ai giovani figli della borghesia. <<Anch’io porto il cappuccio>> difende la categoria Victor Chissano, 25 anni, che conduce la trasmissione si MTV Bitlist <<ma non sono affatto violento>> Qui di incappucciati non ne circolano ancora tanti, ma prepariamoci. Lo psicoanalista Claudio Risé vede il cappuccio come <<qualcosa di simile al velo delle ragazze musulmane. Se lo mettono per proteggere il loro segreto di fronte a una società invasiva e scrutatrice, è un istinto al nascondimento di fronte al mondo adulto>>. Ma per nascondersi non c’è bisogno di un cappuccio. I figli si sono sempre nascosti ai genitori, hanno sempre tracciato i confini di un sacro recinto in cui sperimentarsi in autonomia ed esplorare liberamente i propri desideri. Anche se talvolta si nascondono un po’ troppo. La mattina prepari la colazione al tuo ragazzo, gli raccomandi di andare piano in motorino, gli annodi la sciarpa al collo -qui noi, diversamente dagli inglesi, siamo mamme forever e il cordone non lo tagliamo maie poi chiamano dalla questura per dirti che il “piccolo” e i suoi amici hanno seviziato una ragazza, ha esercitato un atroce bullying su un compagno handicappato, che spaccia erba nel bagno della scuola. E tu precipiti al suolo. Ma è lui che si è nascosto bene, o sei tu, che non hai saputovoluto vedere? Gli investigatori privati confermano che un numero sempre maggiore di genitori si rivolgono ai loro servizi per sapere cosa fa il figlio, dove va, con chi sta quando non è in casa. Perché abbiamo paura di mettere il naso nella vita dei nostri figli, chiamatela pedofobia o come volete, e di dare i colpi di timone necessari? Com’è che non siamo capaci di trovare una misura tra un’occhiuta violazione della loro privacy e la totale abdicazione dal nostro ruolo di contenimento? Pochi giorni fa il Tribunale dei minori di Milano ha disposto il sequestro cautelativo dei beni di alcune famiglie i cui figli si erano resi colpevoli di uno stupro su una ragazzina. “Condannati” esemplarmente i genitori, per non aver saputo fornire ai ragazzi una corretta educazione sentimentale. <<Un figlio impone un mutamento>> dice la psicologa Maria Rita Parsi. <<Impone un limite al prolungamento della giovinezza. Un cambio di prospettive che a un adulto di oggi può pesare molto. Spesso la rabbia e l’aggressività di un ragazzo sono la risposta al fastidio e all’impotenza che percepisce nei suoi confronti da parte dei genitori. La paura che un padre ed una madre provano nei suoi riguardi può mascherare invece la rabbia profonda per dover sostenere il peso di un figlio>>. La paura come via di fuga, per non misurarsi con lui. Ci sono anche fattori oggettivi a rendere difficoltosa la comunicazione. Il fatto che gli adolescenti di oggi crescano in una dimensione che qualcuno ha definito “extraculturale”. O forse è più giusto parlare di tutt’altra cultura: tu leggi, cerchi un buon film, continui a credere nella lentezza dello studio. Loro si muovono in un mondo sonoro, veloce, immaginifico, tecnologico, hanno una diversa percezione delle distanze e del tempo. La nostra realtà è materica, la loro è complicata dall’invasività del virtuale. Non siamo capaci di decifrare le loro passioni. Non riusciamo a entrare in sintonia con loro. Da quando i giovani esistono sociologicamente, solo più mezzo secolo, il gap tra generazioni c’è sempre stato. Ma la rivoluzione tecnologica ha spalancato la forbice, noi dietro ad arrancare, loro che potrebbero farci da maestri in tante cose. E su cosa si fonda, allora, la nostra autorità? <<Ho l’impressione>> dice ancora Risé <<di una divaricazione di mondi. I giovani tendono a viversi come protagonisti di una dimensione che al centro tecnologia, comunicazioni, spettacolo. La loro è una generazione più estetica, meno politica e ideologica. Agli adulti appaiono vuoti e mitomani, mentre noi a loro sembriamo dei castratori che non credono nelle loro possibilità espressive>>. Guai poi a tentare la scorciatoia dell’”amicizia“, fuoristrada sportivi e jeans a vita bassa, perché poi anche gli adolescenti più audaci sono conformisti in fatto di famiglia. I genitori li vorrebbero leali, coerenti, autorevoli. E non è anche questo, forse, a farci rabbia? Che ci sbattano in faccia che la nostra adolescenza non è eterna, come credevamo e speravamo. Che ci scaraventino addosso un compito -quello di guida, di autorità, quel “no”, preziosissimo che ci vuole- che noi baby boomer e dintorni non avremmo mai creduto di ritrovarci a sostenere, e che ci fa sentire traditori di noi stessi. Che ci condannino quando non sappiamo gestire i conflitti familiari, quando parliamo di divorzio al minimo screzio -questa è una cosa che li fa soffrire moltissimoche pretendano da noi una tenuta affettiva che siamo sempre meno capaci di offrire. C’è poi un capitolo importante del super-gap, che è il sesso: <<I modelli tv, i siti porno, le chat line>> dice ancora Parsi. <<L’aggressività fa parte della fretta e del consumo. Nelle ragazze la sessualità precoce, nei maschi una predisposizione a prendersi con le buone o le cattive ciò che vogliono>>. Secondo la femminista Naomi Wolf <<Per gran parte della storia umana le immagini erotiche sono state riflessi, sostituti o celebrazioni delle donne reali. Oggi, per la prima volta, il fascino dell’immagine ha soppiantato quello della donna in carne e ossa. Il corpo nudo della donna reale, con la sua umanità e le sue imperfezioni, è diventato semplicemente cattiva pornografia>>. Con quali conseguenze sull’educazione sessuale e sentimentale di un adolescente a cui non si dà più il tempo di immaginare in proprio? Le cose cambiano continuamente e oggi forse il rischio che un figlio ti scappi di mano è davvero più alto di un tempo. Per la nostra paura, per la sua rabbia, per la fretta, per il porno diffuso, per tutto quello che ci tiene lontani gli uni dagli altri. Me nella gran parte dei casi, per fortuna, alla fine ce la si fa. Quel prete non ha torto: non si deve dimenticare che è sempre lui, il vostro bambino. L’amore ha funzionato, quando era piccolo. E può aiutare a trovare la strada anche quando sono grandi. E’ difficile che l’amore sbagli. MA IN TRIBUNALE SONO COSI’ SPAVENTATI. In Italia si può parlare di vero e proprio allarme-adolescenti? Lo abbiamo chiesto a Grazia Cesareo, avvocata e criminologa specializzata in minori. <<Come tasso di criminalità minorile>> sostiene Cesaro <<siamo ai livelli più bassi d’Europa. Disubbidire , minacciare di andarsene o di mollare la scuola non è un atto aggressivo. Quando si passa all’atto c’è sempre una famiglia fragile alle spalle. Una separazione, un grande disagio di coppia. O anche genitori deboli, indecisi, troppo affettuosi>>. Sono molti i processi che vedono genitori contro figli? <<Ne esistono, ma quello che conta è il sommerso. I genitori sporgono denuncia contro il figlio -nel 92% dei casi un maschio- solo quando la situazione è ingestibile. Si tratta di un fenomeno socialmente trasversale: ci sono famiglie con problemi economici, altre che godono un assoluto benessere>>. I dati parlano di crescita? <<Forse è solo oggi che i genitori sono più spaventati e impotenti, e denunciano più spesso>>. Che cosa chiedono al tribunale? <<Provvedimenti a favore del figlio>>. Come si comportano i ragazzi? <<In generale sono molto spaventati. Tremano, chiedono continuamente cosa sta succedendo. E noi non dobbiamo essere mamme che rassicurano, ma spiegare qual è il percorso del processo. I ruoli non vanno confusi. I ragazzi vogliono essere comandati, ma nel modo giusto. Intuiscono quando un ordine non ha dietro nulla>>. R.S.