IL RICORSO IMMEDIATO INNANZI AL GIUDICE DI PACE PENALE
by user
Comments
Transcript
IL RICORSO IMMEDIATO INNANZI AL GIUDICE DI PACE PENALE
I IL RICORSO IMMEDIATO INNANZI AL GIUDICE DI PACE PENALE Natura giuridica, disciplina e questioni sull’assicurazione obbligatoria di GAETANO STEA Avvocato in Lecce Sommario: 1. Premessa; 2. Ricorso immediato e querela. Natura giuridica e fondamento; 3. Note storiche sulle populares actiones penali e sull’officialità dell’azione penale nell’ordinamento vigente; 4. Modalità di esercizio della citazione a giudizio su ricorso della parte offesa. Ancora sulle differenze tra ricorso immediato e querela; 4.1 La citazione del responsabile civile; 5. Le lesioni personali derivanti da incidente stradale e la disciplina dell’assicurazione obbligatoria di cui alla legge 5.3.2001 n.57. Il ricorso immediato e le lesioni gravi e gravissime; 6. La richiesta risarcitoria e la competenza civile del giudice di pace; 7. Note conclusive 1. Il decreto legislativo 28.8.2000 n.2741 ha dato attuazione alla legge delega 24.11.1999 n.468 (artt.14-21), in ordine alla competenza penale del giudice di pace2, sino ad ora, limitata alla sola cognizione civile, in ottemperanza alla primitiva intenzione di cui agli artt.35-38 della legge 21.11.1991 n.374, mai attuata3. L’art.65 Dlgs. 274/2000, come modificato dall’art.1 D.L. 2.4.2001 n.91 (convertito nella legge 3.5.2001 n.163), fissa la data di entrata in vigore della normativa relativa alla competenza del giudice di pace penale, per il giorno 2.1.2002. Pubblicato sulla Gazz. Uff. 6.10.2000 n.234, s.o. 166/L Integrata da Decreto Ministeriale 6.4.2001 n.204 3 Per un excursus storico sulla figura del giudice di pace penale, cfr. Antille, Competenza penale del giudice di pace: prospettive di una riforma difficile, Riv. Pen. 1992, 3 ss.; Capponi, La competenza penale del giudice di pace, Doc. Giust. 1992, n.7, 929; Maffei, La competenza del giudice di pace: profilo storico-sistematico, Codice del giudice di pace, in Bartolini-Corso, Rimini 2000, 43 ss. 1 2 II L’attribuzione al giudice di pace di una competenza penale4, sul modello francese del juge de paix, risale al periodo napoleonico del Regno d’Italia e, poi, di quello di Napoli5, dove erano devolute al giudice onorario, limitate attribuzioni nei giudizi correzionali e criminali, con una procedura autonoma ricomprensiva anche di poteri coercitivi6. Il dibattito sulla figura del magistrato onorario, nell’Italia repubblicana7, matura solo negli anni settanta, con i progetti di legge elaborati dai ministri guardasigilli, On. Reale (1971) e On. Bonifacio (1977), che attribuivano a quel giudice una specifica competenza in materia penale8. La legge 374/1991 che, come detto, sopprimendo l’ufficio del conciliatore, fissava i criteri direttivi per la delega relativa alla competenza penale del giudice di pace, rappresenta il primo risultato di un lungo e contrastato dibattito politico, prima che giuridico, che ha visto divisi coloro i quali ritenevano necessaria la figura forte di magistrato onorario e altri che, di contro, affermavano la mera deflattività della attribuzione di competenza penale al giudice di pace9. Queste indecisioni hanno portato, come noto, alla mancata attuazione della delega contenuta negli artt.35-38 L. 374/1991, sino al decreto legislativo in Aghina-Piccialli, Il Giudice di Pace Penale, Napoli 2001, 16; sull’argomento, cfr. AA.VV., Il processo penale innanzi al Giudice di Pace, Rimini 2001; AA.VV., Il Giudice di Pace. Un nuovo modello di giustizia penale, Padova 2001; AA.VV., Il Giudice di Pace nella giurisdizione penale, Torino 2001; AA.VV., La competenza penale del Giudice di Pace, Milano 2001; Albamonte-Molino, Il nuovo processo penale davanti al Giudice di Pace. Le novità introdotte dal Dlgs 28 agosto 2000 n.274, in materia di competenza penale del Giudice di Pace, Milano 2001; Aprile, La competenza penale del Giudice di Pace, Milano 2001; Croce, La polizia giudiziaria nel procedimento davanti al Giudice di Pace, Napoli 2001; Maneschi, Manuale del processo penale davanti al Giudice di Pace, Padova 2001; Piccialli, Il procedimento penale davanti al Giudice di Pace, Napoli 2001 5 Legge 20.5.1808 n.140, in tema di organizzazione giudiziaria del Regno di Napoli, preceduta da un testo analogo del 13.6.1806, promulgato da Napoleone 6 Sull’argomento cfr. Vinciguerra (a cura di), Le leggi penali di Giuseppe Bonaparte per il Regno di Napoli (1808), Padova 1996; Picardi, Il giudice di pace in Italia, alla ricerca di un modello, Riv. It. Dir. Proc. 1993, 656 7 Artt.102, co.3 e 106, co.2 Cost. 8 Quale giustizia, 1977, 37, 138 9 Marzaduri, L’attribuzione di competenze penali al giudice di pace, Cass. Pen. 1992, 2239 4 III esame, attuativo dei criteri direttivi di cui agli artt.14 ss. L. 468/1999, in materia di competenza penale del giudice di pace. 2. L’art.17, co.1 lett. c) L. 468/1999 ha previsto che, per taluni reati perseguibili a querela, la citazione a giudizio possa essere esercitata anche direttamente dalla persona offesa, mediante ricorso al giudice di pace. La citazione a giudizio davanti al giudice di pace, da parte della persona offesa (ricorso immediato), costituisce, indubbiamente, una delle innovazioni più significative volute dal Legislatore delegante, poiché la vittima dispone direttamente, pur con alcuni temperamenti atti a garantire l’intervento del pubblico ministero, in ordine all’esercizio dell’azione penale, al fine di ottenere soddisfazione per il torto subito. La scelta normativa non è drastica, nel senso di attribuire l’esercizio esclusivo dell’azione penale, relativamente ai reati perseguibili a querela, alla parte offesa, ma è meno radicale e assolutista, contemperando l’esigenza privata (volta ad una definizione spedita del giudizio), con quella pubblica di controllo preventivo, in ossequio alla previsione costituzionale di cui all’art.112, anche a garanzia dei diritti di difesa del vocatus in ius. Invero, non è possibile definire il ricorso immediato, una suggestiva azione penale privata10, atteso che, come detto, la scelta del legislatore delegato si è orientata nel senso di preservare l’elevazione di una formale imputazione all’intervento garantistico del pubblico ministero e dello stesso giudice, tant’è che l’incolpato assume la qualità di imputato non, di certo, con la vocatio in ius, ma solo, successivamente, in seguito, al controllo del magistrato (inquirente o giudicante), in aderenza ai principi informatori del rito ordinario11. Nell’ordinamento tedesco (privatklage), cfr. v. Loewe-Rosemberg, Die Strafprozessordnung und das Gerischtsverfassunggsgesetz, 1989; in genere, cfr. Altavilla, L’azione popolare nella legislazione penale, Foro Pen. 1946, 467; Massa, Azione popolare (voce), Enc. Dir., II, Milano 1976, 871 11 Cordero, Procedura penale, III ed., Milano 1995, 396, ricorda che la citazione diretta su richiesta della persona offesa era prevista dal primo codice di procedura penale postunitario (1865), che inquadrava, all’art.2, co.3, il regime dell’accusa pubblica in termini “residuali”. 10 IV La natura giuridica del ricorso immediato, pertanto, non è quella di mera azione processuale, come sembrerebbe, prima facie, stando alla lettera dell’art.21, co.1 Dlgs. 274/2000, per far valere l’istanza punitiva privata e, comunque, non è dissimile da quella propria della querela, posta l’espressa previsione dell’art.21, co.5 Dlgs 274/2000, secondo cui la presentazione dell’istanza de qua innanzi al giudice di pace, produce gli stessi effetti della proposizione della tradizionale richiesta punitiva della parte offesa. A tal proposito, è sufficiente rilevare che il dibattito circa la natura giuridica della querela si è svolto, tradizionalmente, intorno a diverse posizioni dottrinarie12, per, poi, giungere a ritenere, assieme all’ultima giurisprudenza, la struttura essenzialmente mista dell’istituto in parola, con una prevalenza degli aspetti processuali, sulla scorta delle relative disposizioni del codice di rito, che lo annovera tra le cause di procedibilità dell’azione penale. Non diversa, come già accennato, sembra essere la natura giuridica del ricorso immediato, di cui, anzi, il legislatore delegato ha accentuato gli aspetti processuali, con la previsione dettagliata di oneri rituali incombenti sul proponente, assenti nella disciplina processuale propria della querela, dettata dagli artt.336 ss. c.p.p. Ora, è noto che la querela è stata prevista dal Codice penale come un diritto soggettivo della persona offesa dal reato13, volto a promuovere l’azione penale, ma, proprio in quanto l’esercizio dell’accusa pubblica non è automatico Per la tesi sostanzialistica (che vede nella querela una condizione di punibilità), cfr. Alimena, Le condizioni di punibilità, 1938; Maggiore, Diritto Penale. Parte Generale, I, 1949, 393; Manzini, Trattato di diritto penale italiano, V ed., I, 1987, 719; Pannain, Manuale di diritto penale, III ed., 1962, 392; Visco, Il soggetto passivo del reato, 1938, 116; Cass. 12.2.1980, Mori, Cass. Pen. 1980, 851. Per la tesi processualista (che vede nella querela una condizione di procedibilità), cfr. Antolisei, Manuale di diritto penale. Parte Generale, Milano 1997, 754; Battaglini, La querela, 1958, 142; Bettiol, Diritto Penale. Parte Generale, XI ed., 1982, 698; Candian, Cenni intorno alla querela dell’emancipato, Riv. It. Dir. Pen. 1953, 38; Gaito, Procedibilità (voce), Enc. Dir., XXXV, 1986, 815; id., Querela, richiesta, istanza, Enc. Giur. Treccani, XXV, 1991, 1; Martines, Natura negoziale della querela e principio dell’affidamento, Cass. Pen. 1984, 2018; Santoro, Querela, Nss. Dig., XIV, 1967, 641; Conso, I fatti giuridici processuali penali, 1955, 197; Cass. 9.11.1993, Frullano, CED Cass. rv. 196679; Cass. 21.9.1993, Cusimano, CED Cass. rv. 195317; Cass. 5.5.1986, Borelli, Giust. Pen. 1987, III, 479; in questo senso, cfr. Relazione ministeriale al progetto preliminare del Codice di procedura penale, 83. Per la tesi mista, cfr. Cass. 24.11.1970, Ginatta, CED Cass. rv. 117553. 12 V (nel senso che il magistrato del pubblico ministero, prima, ed il giudice, dopo, ritenendo infondata la notitia criminis, ne possono, rispettivamente, richiedere e disporre l’archiviazione), altra parte della dottrina14 ha ritenuto preferibile definirlo come potere di decidere, disponendone, se l’interesse pubblico, tutelato dalla norma incriminatrice, resti o meno violato nell’ipotesi concreta. Proprio tali considerazioni inducono, dunque, a ritenere che l’esercizio del ricorso immediato debba essere definito come un diritto e non solo un potere della parte offesa, atteso che la significatività innovativa della nuova disciplina processuale, accentuando l’aspetto privatistico della punizione statuale, ha inteso proprio affidare all’iniziativa della vittima, con gli opportuni accorgimenti garantistici, la promozione dell’azione penale, in alternativa alle vie ordinarie, giammai in sostituzione, a mente dell’art.112 Cost.15. La lettura della disciplina in esame fa, però, affiorare alcune peculiari caratteristiche dell’istituto de quo, tali da dover portare a conclusioni diverse da quelle ora riassunte. 3. Il diritto romano conobbe, accanto alle azioni private per la tutela di interessi privati, una particolare categoria di azioni dette popolari (populares actiones)16, le quali erano date al cittadino per la tutela dell’interesse pubblico, attraverso l’istruzione di un processo privato, utilizzando formule di azioni pretorie, al fine di ottenere il pagamento della pena in denaro, da parte del soggetto attivo di un fatto lesivo del pubblico interesse17. Nel senso di diritto soggettivo pubblico, cfr. Manzini, op. cit., IV, 21; Battaglini, op. cit., 205; Delitala, Il fatto nella teoria generale del reato, Diritto Penale, Raccolta degli scritti, I, Milano 1976, 102; Santoro, op. cit., 644; Cosseddu, Querela (voce), Nss. Dig. – App., IV, Torino 1980, 227 14 Candian, La querela, Milano 1951, 24; Dinacci, Querela (voce), Enc. Dir., XXXVIII, Milano 1978, 456; G. Cordero, Oltre il patteggiamento per i reati bagatellari ? La limitata discrezionalità dell’azione penale operante nell’ordinamento tedesco-federale e il nostro art.112 Cost., Leg. Pen. 1986, 658 15 Corte Cost. 26.7.1979 n.84, Riv. Pen. 1979, 891 16 Paulus, Dig. 47, 23, I, “Eam popularem actionem dicimus, quae suum ius populi tuetur” 17 Lugo, Azione popolare – in generale (voce), Enc. Dir., IV, Milano 1959, 861 ss. 13 VI Nel campo penale, l’azione popolare va storicamente inquadrata negli esperimenti democratici del mondo ellenico (ma anche romano18), attraverso il particolare sistema accusatorio, che affidava il promovimento dell’azione penale, non ad un organo dello Stato, bensì ad un quivis de populo non magistrato (pubblico accusatore)19. I grandi processi del mondo ellenico20 romano vennero promossi su iniziativa privata, diretta, più che altro, ad una soddisfazione vendicativa dell’offesa subita, offrendo, ai cittadini ambiziosi, un campo di preparazione ed esibizione, nel quale potevano perfezionarsi nell’arte di declamare in pubblico, prender pratica del diritto e mostrare agli elettori l’attitudine per le cariche pubbliche21. Il decadimento delle libere istituzioni repubblicane e l’avvento dell’assolutismo imperiale provoca una inevitabile influenza sull’accusa privata, con il sorgere dei quaesitores (dapprima cittadini e, poi, funzionari imperiali incaricati della investigazione di alcuni delitti) e dell’advocatus fisci (organo incaricato di sostenere l’accusa nella procedura fiscale dell’epoca imperiale). L’evoluzione storica, dunque, ha fatto transitare l’azione penale, dall’ambito puramente privatistico a quello pubblico, anche in conseguenza della diversa posizione che assume lo Stato, nei rapporti interprivati. Ora, l’azione penale nell’ordinamento italiano vigente è pubblica, alla stregua degli artt.112 Cost. e 50 c.p.p., atteso che titolare è il magistrato del pubblico ministero, inquadrato nell’ordinamento giudiziario dello Stato. L’officialità dell’azione penale era prevista, in modo più esplicito, dal Codice del 1930 (art.1) che, poi, assolutizzava la previsione, meno rigoristica, di cui all’art.2 c.p.p. 1865, abolendo l’istituto della citazione diretta (artt.354 e 356) Dell’Agnello-Gianturco (a cura di), Storia del diritto romano, III ed., Napoli 1999, 131 Massa, Azione popolare – diritto penale (voce), Enc. Dir. IV, Milano 1959, 871 20 Biscardi, Diritto greco antico, Milano 1982, 256 ss.; Martini, Lezioni di diritto attico, Siena 1996, 180 ss. A tal proposito, si ricordi il processo contro Socrate: nel 399 a.C., il filosofo settantenne fu processato per aver corrotto i giovani e per empietà 21 Manzini, Diritto processuale penale italiano, I, Torino 1952, 4 18 19 VII prevista dal Codice del 1913, con cui, nell’ipotesi di diffamazione e di ingiuria, la persona offesa dal reato poteva sostituirsi al pubblico ministero, promovendo l’azione penale nei confronti dell’autore dell’offesa. In particolare, il Codice di procedura penale del 1865, distinguendo i reati di azione pubblica, da quelli di azione privata, contemplava la previsione della citazione diretta a giudizio dell’imputato, da parte della persona offesa, negli artt.110, co.3, 331 e 371 c.p.p. L’abolizione della previsione dell’iniziativa punitiva privata mosse dall’esigenza di rimettere al magistrato del pubblico ministero, il potere di iniziare l’azione penale in tutte le ipotesi delittuose, non depauperandolo della facoltà di mandare la querela all’archivio [n.d.r. oggi, di richiedere l’archiviazione] ove la ritenesse manifestamente infondata, attribuendo, di contro, al querelante poteri che non gli [erano] propri22. E’ risaputo che il monopolio dell’azione penale da parte del magistrato del pubblico ministero, nell’ordinamento vigente, non discende dalla previsione costituzionale di cui all’art.112 Cost., la quale, come ha affermato il Giudice della legittimità delle leggi, stabilisce solo l’obbligatorietà del suo esercizio, ma deriva dall’art.231 disp. att. c.p.p. Si ritiene, così, che la legge ordinaria possa anche prevedere casi di azione penale sussidiaria in capo a soggetti diversi, ossia in concorso col magistrato del pubblico ministero che mai può essere escluso dall’esercizio della stessa23. Proprio in virtù dell’art.231 disp. att. c.p.p., deve considerarsi abrogato l’unico esempio di azione popolare penale dell’era moderna, ovvero l’art.100 DPR 16.5.1960 n.57024, sulla elezione degli organi amministrativi comunali, per Relazione ministeriale sul progetto definitivo del C.p.p. 1930, Lavori preparatori, X, 55, n.I Morello, Il nuovo processo penale, Parte generale, Padova 2000, 77 24 In una materia penalmente marginale, aveva azione l’ingegnere capo del genio civile, ai sensi dell’art.378, co.3 L. 20.3.1865 n.2248 All. F (modificato dalla L. 19.11.1921 n.1688), espunto dall’ordinamento da Corte Cost. 26.7.1979 n.84, Cass. Pen. 1980, 593 22 23 VIII cui qualunque elettore può promuovere l’azione penale, costituendosi parte civile per i reati ivi previsti25. Certo, il ricorso di cui all’art.21 Dlgs. 274/2000 è simile all’antico istituto della citazione diretta di cui agli artt.110, 331 e 371 c.p.p. 1865, nonché agli artt. 354 e 356 c.p.p. 1913, ma se ne differenzia per la previsione delle garanzie di intervento del magistrato del pubblico ministero. A questo punto, è necessario analizzare la sua disciplina, al fine di enuclearne le caratteristiche, la natura ed il fondamento. 4. La citazione a giudizio dell’autore del reato da parte della persona offesa è regolamentata dagli artt.21 ss. Dlgs. 274/2000, integrati dagli artt.4, co.2, 9, 10 e 13 D.M. 204/2001. Preliminarmente, va osservato che l’art.21, co.1 Dlgs. 274/2000 ammette l’iniziativa punitiva privata solo per i reati perseguibili a querela di parte, con ricorso immediato al giudice di pace e la contestuale richiesta di citazione in giudizio dell’autore del reato, vincolandone l’effettivo esercizio a rigorismi formali, che non possono ritenersi diretti a scoraggiare l’accesso a questo sistema alternativo di soddisfazione del torto privato. Invero, la rigidità esterna del ricorso immediato spiega la distinzione con la querela, evidenziando, della propria natura giuridica, l’aspetto meramente processuale e, per l’effetto, giustifica la scelta rigoristica in funzione tutoria della posizione del responsabile del fatto-reato, necessaria, in assenza del filtro garantistico del magistrato del pubblico ministero, salva l’escussione preventiva rimessa all’accusa pubblica, anche in questa speciale iniziativa punitiva. Il ricorso deve essere presentato, ai sensi dell’art.22 Dlgs. 274/2000, nella Cancelleria del Giudice di pace territorialmente competente (individuato ai Morello, op. e loc. cit.; Cordero, op. cit., 386, sottolinea che l’art.231 disp. att. c.p.p. abolisce ogni iniziativa che fosse attribuita a organi diversi dal pubblico ministero: pertanto, sopravvive l’azione popolare di cui all’art.100 DPR 570/1960, atteso che l’elettore non è un organo. Ad ogni modo, l’art.212 disp. att. c.p.p. riqualifica come intervento ex artt.91-94 c.p.p., ogni caso nel quale la soidisante parte civile proponesse accuse non ministeriali. 25 IX sensi dell’art.5, co.1 Dlgs. 274/2000), entro il termine di tre mesi dalla conoscenza del fatto che costituisce reato, così come previsto per la proposizione della querela (art.124 c.p.), allegando, a pena di inammissibilità, la documentazione attestante la preventiva comunicazione al pubblico ministero, effettuata nelle forme di cui all’art.153 c.p.p. Il ricorso deve contenere, poi, a pena di inammissibilità (ex art.24 Dlgs. 274/2000), oltre all’indicazione delle parti anche eventuali (le altre persone offese ex art.21, co.2 lett.d) Dlgs. 274/2000) del procedimento, gli elementi per una precisa definizione dell’oggetto della domanda, con l’indicazione del fatto e delle prove, pure documentali, che la sostengono e con la specificazione delle circostanze su cui deve vertere l’esame di eventuali testimoni e consulenti tecnici. E’ importante la necessaria sottoscrizione del difensore, oltre quella della persona offesa o del legale rappresentante, che può coincidere anche con lo stesso procuratore legale, se munito del mandato speciale di cui all’art. 122 c.p.p. E’ evidente la conformità dei requisiti prescritti con quelli indicati dall’art.78 c.p.p. per la costituzione di parte civile, salve alcune precisazioni ulteriori, dovute alla funzione propedeutica propria del ricorso immediato. A tal proposito, l’art.23 Dlgs. 274/2000 prevede che l’azione civile innanzi al giudice di pace penale può essere promossa, a pena di decadenza, esclusivamente, assieme alla presentazione del ricorso, nelle forme di cui all’art. 22 Dlgs. 274/2000, con la produzione di un separato atto di costituzione formato secondo gli artt.74 ss. c.p.p. o con la richiesta motivata, contenuta nello stesso ricorso, di restituzione o risarcimento del danno. Tale parificazione evidenzia la volontà del legislatore di voler predisporre uno strumento diretto a tutelare l’aspetto risarcitorio dell’iniziativa privata, in campo penale, tanto da far dubitare della sua significatività funzionale nell’ipotesi di ricorso immediato privo di domanda restitutoria o reintegratoria del danno sofferto dalla parte offesa. Proprio per queste X considerazioni, si ritiene giustificato l’esercizio dell’azione penale su iniziativa del privato, solo se diretto, con la costituzione di parte civile, al recupero del danno subito in conseguenza del reato (art.185 c.p.) nel minor tempo possibile, spiegandosi, in tal modo, l’affievolimento del diritto del reo al proscioglimento predibattimentale, per infondatezza dell’accusa, salva la garanzia dell’intervento del pubblico ministero e dello stesso giudice. Tanto, rileva la differenza tra la querela ed il ricorso immediato, integrando (quest’ultimo) solo uno strumento processuale accelerativo dell’esercizio dell’azione penale, che non si sostituisce alla querela, ma la assorbe nel promovimento alternativo del giudizio penale sul fatto-reato. Questa alternatività, dunque, proprio perché coinvolge importanti diritti del vocatus in ius, si ritiene che non possa essere affidata alla mera volontà punitiva (quasi vendicativa) della persona offesa, ma deve trovare il suo discrimine proprio nell’aspetto risarcitorio dell’intenzione punitiva privata, nel senso dell’impossibilità dell’accesso al ricorso immediato senza la contestuale costituzione di parte civile, che manifesta una maggiore intensità della volontà di ottenere giustizia. In altri termini, l’azione civile nel processo penale innanzi al giudice di pace, promosso su iniziativa della persona offesa, non può considerarsi eventuale, ma, al contrario, necessaria, al fine di giustificare il sacrificio imposto alle prerogative predibattimentali dell’accusato. Difatti, il ricorso immediato non può essere considerato un doppione della querela, né la differenza può essere indicata nella maggiore speditezza dell’azione penale, la quale, al contrario, si giustifica proprio con la proposizione di un’istanza risarcitoria da parte della persona offesa dal comportamento delittuoso dell’agente. Da tali considerazioni affiora che l’iniziativa punitiva privata può essere ammessa, sotto il profilo soggettivo, nell’ipotesi in cui la persona offesa di cui all’art.21 Dlgs. 274/2000 sia, contemporaneamente, soggetto passivo del reato e XI danneggiato dell’illecito civile26 e, sotto il profilo oggettivo, quando nel ricorso immediato venga proposta l’istanza reintegratoria o risarcitoria (costituzione di parte civile). Invero, il soggetto passivo del reato è sempre danneggiato civile, in ossequio alla nozione di danno morale subiettivo di cui al combinato disposto degli artt.2059 c.c. e 185 c.p. La dottrina prevalente, anzi, assegna alla riparazione del danno non patrimoniale una finalità afflittiva, affiancata alla finalità risarcitoria, motivata proprio dal fatto che essa consegue alla commissione di un’ipotesi di reato27. Ancora, in modo più estremo, si considera tale risarcimento come una vera e propria sanzione penale, risarcitoria nel contenuto, ma afflittiva nel fine28. A maggior ragione, sulla base delle considerazioni che precedono, il ricorso immediato dovrebbe essere proposto con la contestuale istanza risarcitoria o reintegratoria, altrimenti, non avrebbe senso l’iniziativa del singolo che non richieda il “premio” per l’impegno profuso nel manlevare la pubblica accusa dalla complessa fase istruttoria (sic !). Al contrario, l’art.23 Dlgs. 274/2000, in aderenza alle disposizioni del rito ordinario, stabilisce l’eventualità dell’esercizio dell’azione civile nel procedimento innanzi al giudice di pace, disponendo, come detto, la mera decadenza della mancata costituzione di parte civile, contestualmente, alla presentazione del ricorso di cui all’art.21 Dlgs. 274/2000. Questa scelta normativa, sacrificando le garanzie costituzionali spettanti all’incolpato, non sembra giustificabile, atteso che l’accusato acquista la qualità di imputato in un momento successivo alla deliberazione da parte del giudice Morello, op. cit., 25, afferma che nell’ipotesi di contemporanea inottemperanza al dovere (verso la generalità) ed all’obbligo (verso il singolo) si configura un illecito penale ed un illecito civile, il primo con riguardo all’offesa all’interesse generale ed il secondo con riguardo all’interesse individuale, il cui titolare è anche contemporaneamente soggetto passivo dell’illecito penale (persona offesa) e soggetto passivo dell’illecito civile (danneggiato civile). 27 In questo senso, cfr. Bonilini, Pena privata e danno non patrimoniale, in Busnelli-Scalfi (a cura di), Le pene private, 1985, 301; Salvi, Risarcimento del danno extracontrattuale e pena privata, ivi, 325. 28 Pagliaro, Principi di diritto penale. Parte generale, VI ed., 1998, 709. In altri termini, il danno morale (in senso afflittivo) non sarebbe altro che l’antica pena privata del mondo romano, a mo’ di premio per l’iniziativa spesa dal cittadino nel perseguire un interesse pubblico. 26 XII sul ricorso della persona offesa, con l’impossibilità, pertanto, di esercitare quelle facoltà deputate ad evitare l’accusa infondata ed a far valere il diritto di difesa in ogni stato del procedimento penale (artt.24 e 111 Cost.). Tornando all’iniziativa attivata dalla persona offesa, entro dieci giorni dalla comunicazione del ricorso, il magistrato del pubblico ministero presenta le sue richieste nella cancelleria del giudice di pace competente (art.25, co.1 Dlgs. 274/2000), con l’eventuale adesione, formulando la relativa imputazione (che può essere totalmente o parzialmente difforme rispetto a quella contenuta nel ricorso introduttivo), oppure rileva un motivo di inammissibilità o manifesta infondatezza. Tuttavia, come chiarito nella Relazione ministeriale, l’intervento della pubblica accusa deve limitarsi ad un controllo meramente tecnico, poiché il thema decidendi deve rimanere quello originariamente individuato dal ricorrente con la descrizione del fatto addebitato alla persona citata in giudizio29. Decorso il termine per le conclusioni del magistrato del pubblico ministero, il giudice, anche in mancanza di determinazioni della pubblica accusa, decide sulla domanda della persona offesa, valutandone, preliminarmente, l’ammissibilità e/o la non manifesta infondatezza, per, poi, entro venti giorni dal decorso del termine di cui all’art.25 Dlgs. 274/2000, disporre, con decreto (ex art.27 Dlgs. 274/2000), la convocazione della parti. Il decreto30, unitamente al ricorso, è notificato, a cura del ricorrente, al pubblico ministero, alla persona citata in giudizio (imputato ex art.3 Dlgs. 274/2000) e al suo difensore (nominato d’ufficio nello stesso decreto), nonché alle altre parti offese31 conosciute, almeno venti giorni prima dell’udienza di comparizione. Nappi, La procedura penale per il giudice di pace, Milano 2001, 129 L’art.11 DM 204/2001 prevede che quando il giudice emette il decreto di cui all’art.27 Dlgs. 274/2000, provvede anche alle informazioni di cui all’art.129 disp.att.c.p.p. 31 Le altre parti offese di cui agli artt.27, co.4 e 28 Dlgs. 274/2000 sono esclusivamente gli ulteriori soggetti passivi del reato, che siano anche danneggiati civili 29 30 XIII 4.1 La recente normativa sul giudice di pace penale si disinteressa completamente dell’eventuale responsabile civile (salvo una breve citazione nell’art.38 Dlgs. 274/2000), per cui, anche in questa ipotesi, in virtù di quanto stabilisce l’art.2, co.1 Dlgs. 274/2000, è necessario ricorrere alle disposizioni sul rito ordinario e, dunque, agli artt.83 ss. c.p.p. Nell’ipotesi particolare del fatto-reato derivante da incidente stradale (segnatamente, lesioni personali colpose), l’Ente assicuratore dei veicoli soggetti ad assicurazione obbligatoria (ex art.1 L. 990/1969) può essere citato nel giudizio penale sia dalla persona offesa (ai sensi dell’art.18 L. 990/1969), che dallo stesso imputato32. Ora, è noto che la richiesta di citazione del responsabile civile deve essere proposta al più tardi per il dibattimento (art.83, co.2 c.p.p.), secondo le modalità di cui all’art.83, co.3 c.p.p., rispettando il termine a comparire prima della fase dibattimentale33. Con riferimento al giudizio innanzi al giudice di pace, relativamente a quello attivato su iniziativa privata, la parte offesa, se intende esercitare l’azione civile anche nei confronti del responsabile civile (nel caso che ci occupa, l’Ente assicuratore), deve fare la relativa richiesta, contestualmente, alla presentazione del ricorso nella Cancelleria del giudice di pace o, comunque, non successivamente all’adozione del decreto di convocazione delle parti di cui all’art.27 Dlgs. 274/2000. L’imputato e le altre persone offese possono chiedere la citazione dell’Ente assicuratore, all’udienza di comparizione, prima dell’apertura del dibattimento: il giudice di pace, dunque, provvederà al rinvio dell’udienza dibattimentale, al fine di permettere la citazione dell’Ente assicuratore, nel rispetto del termine a comparire. 5. E’ noto che, in ossequio a quanto disposto dall’art.14 L. 468/1999, l’art.4, co.1 lett. a) Dlgs. 274/2000 rimette alla cognizione penale del giudice di pace, fra 32 33 Corte Cost. 16.4.1998 n.112, Cass. Pen. 1998, 1109 Corte Cost. 10.11.1992 n.430, Cass. Pen. 1993, 257 XIV gli altri, il delitto di lesioni personali colpose di cui all’art.590 c.p., limitatamente alle fattispecie perseguibili a querela di parte, ad esclusione delle ipotesi connesse alla colpa professionale o commesse con violazione delle norme antinfortunistiche o relative all’igiene sul lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale, quando, nei casi suddetti, derivi una lesione guaribile in più di venti giorni. Alla luce di tanto, dunque, è interamente appannaggio del giudice di pace l’infortunistica stradale, indipendentemente dall’entità della lesione provocata34. Tale rilievo, assieme all’indirizzo squisitamente privatistico (come visto) del ricorso immediato, deputato ad ottenere, in tempi rapidi, non solo e non tanto la condanna del reo, quanto, piuttosto, il ristoro dei danni subiti35, impone alcune ulteriori osservazioni in ordine alla compatibilità tra l’iniziativa punitiva della parte offesa e la normativa sull’assicurazione obbligatoria di cui alla legge 24.12.1969 n.990, nonché del decreto-legge 23.12.1976 n.857, convertito nella legge 26.2.1977 n.39, recentemente modificata dalla legge 5.3.2001 n.57. Con riferimento alle lesioni alla persona, l’art.3 L. 39/1977, come modificato dall’art.5 L. 57/2001, prescrive le modalità di esercizio della richiesta di risarcimento del danno (art.22 L. 990/1969) da parte del danneggiato, nei confronti dell’Ente assicuratore, con la necessaria allegazione, fra l’altro, del certificato medico di guarigione e l’espressa previsione di uno spatium deliberandi, allo scopo di permettere all’Ente assicuratore di effettuare i necessari accertamenti, diretti alla verifica, valutazione e liquidazione del danno lamentato dalla vittima. La mancata richiesta di risarcimento, nelle forme rituali, all’Ente assicuratore, determina, come noto, l’improponibilità, sia dell’azione diretta di cui all’art.18 L. 990/1969, ma anche di quella di cui all’art. 2054 c.c., nei confronti del responsabile del sinistro stradale36. Zagrebelsky-Pacileo, Il diritto penale per il giudice di pace, Milano 2001, 202 Relazione ministeriale, 41 36 Cass. 27.2.1987 n.2108, CED Cass. rv. 471794 34 35 XV Appare, dunque, prima facie, che la domanda di ristoro delle lesioni sofferte di una particolare gravità (ovvero con un periodo di guarigione superiore a tre mesi), non permette l’esercizio della tutela civilistica propria del ricorso immediato (anche nel senso afflittivo), snaturandone la funzione essenzialmente mista, con compromissione della causa estintiva di cui all’art.35 Dlgs. 274/2000. Aderendo a questa impostazione, però, si dovrebbe affermare l’improponibilità anche della costituzione di parte civile nel giudizio ad iniziativa pubblica, con la preventiva presentazione della querela, paralizzando, di fatto, la scelta della persona offesa in ordine alle modalità di soddisfazione del torto subito. Proprio per evitare un simile paradosso, la Suprema Corte ha stabilito il principio, secondo cui, per la costituzione di parte civile del danneggiato da incidente stradale, non è necessario il previo espletamento delle formalità di cui all’art.22 L. 990/196937. Ma nell’ipotesi di ricorso immediato, proprio rispetto alle sue peculiarità processuali che lo distinguono dalla querela, cui manca la particolare intensità satisfattoria privata dell’interesse leso, si ritiene la necessità del rispetto della normativa civilistica in ordine al regime giuridico dell’azione risarcitoria per il danno derivante da incidente stradale, posto, inoltre, il rilievo che la normativa in commento significa nella riparazione del torto sofferto dalla persona offesa (art.35 Dlgs. 274/2000). Al fine di evitare l’improponibilità di fatto dell’accesso al ricorso immediato, alla stregua degli oneri esterni dettati dalla disciplina sull’assicurazione obbligatoria, presupponendo l’ammissibilità dell’iniziativa penale privata solo con la contestuale richiesta risarcitoria civile, sarebbe opportuno escludere l’esercizio diretto (rectius, quasi-diretto) dell’azione penale per le lesioni personali colpose, derivanti da incidente stradale, con un periodo di guarigione superiore a quaranta giorni (lesioni gravi e gravissime). 37 Cass. 16.4.1997 n.3278, Arch. Circolaz. 1997, 596 XVI Per queste ragioni, si ritiene che possa sollevarsi una questione di legittimità costituzionale, in ordine ad un eventuale eccesso di delega (art.76, co.1 e 77 Cost.), rispetto al criterio direttivo di cui all’art.17, co.1 lett. c) L. 468/1999, nella parte in cui si prevede l’ammissibilità del ricorso immediato della persona offesa, solo per taluni reati perseguibili a querela di parte: il legislatore delegato avrebbe dovuto limitare l’esercizio dell’azione penale su iniziativa privata, nell’ipotesi in esame, alla sola fattispecie delittuosa di cui all’art.590, co.1 c.p. (lesioni lievissime e lievi), proprio al fine di non compromettere l’applicabilità della causa estintiva di cui all’art.35 Dlgs. 274/2000. Ammettere, al contrario, nell’illecito derivante da sinistro stradale, il ricorso immediato, con la contestuale costituzione di parte civile e la richiesta di citazione dell’Ente assicuratore, senza il rispetto delle formalità di cui all’art.22 L. 990/1969, determinerebbe un’evidente vanificazione della recente normativa di cui alla legge 57/2001, posta anche a tutela delle legittime aspettative del danneggiato e, poi, anche un palese utilizzo persecutorio ed anomalo dell’iniziativa di cui all’art.21 Dlgs. 274/2000. Certo il giudice potrebbe ricorrere alla sospensione del giudizio, per un periodo non superiore a tre mesi, instaurato su iniziativa privata prima che il credito della persona offesa diventi esigibile (ex art.3 L. 39/1977, mod. art.5 L. 57/2001), previsto, proprio a fini conciliativi e riparatori, dall’art.35, co.3 e 4 Dlgs. 274/2000. Tale soluzione, se applicabile al caso concreto 38, determinerebbe un suo utilizzo costante e necessario, nelle ipotesi di fattispecie delittuose derivanti dalla circolazione di veicoli e natanti sottoposti all’obbligo dell’assicurazione della responsabilità civile, con una distorsione dell’istituto de quo ed un incentivo ad un uso persecutorio dell’iniziativa penale privata. Occorre, poi, sottolineare un’altra questione pratica, che porterebbe ad escludere 38 l’ammissibilità In relazione al limite di tre mesi del ricorso immediato senza la contestuale XVII costituzione di parte civile: nel giudizio civile successivo alla condanna penale pronunciata su iniziativa privata, in contraddittorio necessario del responsabile del danno (condannato) e dell’Ente assicuratore, il giudicante si troverebbe nell’imbarazzante situazione in cui l’efficacia del giudicato penale, quanto all’accertamento della sussistenza del fatto e della sua illiceità ed all’affermazione che l’imputato (convenuto nel giudizio civile) lo ha commesso, ha valore nei confronti del solo responsabile del danno, ma non dell’Ente assicuratore (litisconsorte necessario)39, a mente dell’art.651 c.p.p. e, per l’effetto, il giudice dovrebbe accertare l’an debeatur della richiesta attrice, rispetto al solo Ente assicuratore, con il “pericolo” (teorico) di dover condannare l’assicurato e rigettare la domanda diretta nei confronti della Compagnia di assicurazioni (sic !), salvo, poi, condannarla in virtù dell’obbligo contrattuale di garanzia40. Non v’è chi non veda che si è di fronte ad un paradosso giuridico !!! Per tutte queste ragioni che porterebbero, se fosse ammissibile l’iniziativa privata incondizionata, ad un evidente uso anomalo del ricorso di cui all’art.21 Dlgs. 274/2000, è necessario la sua limitazione alle sole ipotesi delittuose che permettono l’esercizio dell’azione civile nel giudizio penale, con il rispetto del proprio regime giuridico. 39 Cass. 12.2.1998 n.1471, CED Cass. rv. 192656, afferma che la richiesta di condanna in solido, del responsabile del sinistro e dell’Ente assicuratore, consistendo in due diverse azioni, l’una volta all’affermazione di una responsabilità aquiliana ex art.2054 c.c., l’altra di tipo diretto, giusto disposto dell’art.18 L. 990/1969, configura la nascita di una fattispecie di litisconsorzio meramente processuale (non sostanziale) tra Compagnia di Assicurazioni e responsabile del danno. 40 A prescindere dalla considerazione che, nella pratica giudiziaria, difficilmente l’accertamento penale nei confronti del responsabile del danno non possa produrre effetti anche rispetto all’Ente assicuratore, è possibile che l’attore, in forza del giudicato penale, eserciti, esclusivamente, l’azione risarcitoria nei confronti del responsabile del danno (ex art.2054 c.c.) e che l’Ente assicuratore venga chiamato in garanzia dal convenuto: in questo caso, l’accertamento penale produrrà i suoi effetti anche nei confronti dell’Assicuratore, atteso che, a ben guardare, l’Ente non è citato in giudizio per rispondere di un fatto altrui (e, segnatamente, in forza dell’art.18 L. 990/1969), ma solo per tenere indenne l’assicurato dall’obbligo del risarcimento, in virtù della garanzia assicurativa. XVIII 6. Per completezza, va, brevemente, appuntata l’attenzione su di un altro aspetto che interessa la vicenda de qua: si tratta dell’ipotesi, non remota, in cui la richiesta risarcitoria superi la competenza civile del giudice di pace. In virtù di quanto dispone l’art.2, co.1 Dlgs. 274/2000, è necessario ricorrere alle norme del rito ordinario e, segnatamente, agli artt.538 e 539 c.p.p. Tali disposizioni stabiliscono che, nel pronunciare sentenza di condanna, il giudice decide sulla domanda proposta dalla parte civile e, se l’accoglie, condanna l’imputato al risarcimento del danno, provvedendo alla liquidazione, quando le prove acquisite lo consentano, salvo che sia prevista la competenza di altro giudice. Altrimenti, pronuncia condanna generica e rimette le parti davanti al giudice civile, accordando, a richiesta della parte civile, una provvisionale nei limiti del danno per cui si ritiene già raggiunta la prova. Rapportando tale disciplina all’ipotesi in esame, si rileva che, di certo, il giudice di pace è tenuto a pronunciarsi sulla richiesta risarcitoria del ricorrente, altrimenti, chiaramente, verrebbe meno all’obbligo di cui all’art.112 c.p.c. Ad ogni modo, il giudicante, accertato il fatto, può pronunciare una condanna generica al risarcimento del danno, provvedendo alla liquidazione, quando le prove acquisite lo consentano, solo nei limiti della competenza di cui all’art.7 c.p.c. (in combinato disposto dell’art.10 c.p.c.), a mente di quanto dispone l’art. 538, co.2 c.p.p. Negli stessi limiti, è ammissibile la liquidazione di una provvisionale, ai sensi dell’art.539, co.2 c.p.p., atteso che non è necessaria la prova dell’ammontare dell’intero danno sofferto dalla vittima del reato, ma è sufficiente la certezza dello stesso, sino all’ammontare della somma liquidata a titolo di provvisionale41. 7. In conclusione, l’iniziativa penale privata, attraverso lo strumento processuale del ricorso immediato della persona offesa, deve ritenersi ammissibile solo con la contestuale costituzione di parte civile, nel rispetto del 41 Cass. 19.1.1994, Astero, CED Cass. rv. 197812 XIX regime giuridico civilistico, al fine, da un lato, di giustificare il pesante sacrificio delle garanzie processuali di cui usufruisce l’incolpato e, dall’altro, di non compromettere la posizione soggettiva di terzi estranei al giudicato penale. Il ricorso immediato, dunque, è un’azione popolare penale condizionata, ovvero un potere processuale della persona offesa che è, ad un tempo, soggetto passivo del reato e dell’illecito civile, vincolato, nel suo esercizio effettivo, alla sussistenza di una posizione risarcitoria libera ed immediatamente azionabile. Le suesposte considerazioni portano a ritenere che il ricorso immediato non sostituisce la querela, ma la contiene: volendo accedere, ma solo per un attimo, ad un’espressione figurata, si può affermare che il ricorso de quo è l’involucro di una sfera, contenente la querela, la quale è un diritto soggettivo processuale, mentre l’istituto in esame è un diritto d’azione (potere). Pertanto, si ritiene giustificato che l’esercizio di un tale potere, sia vincolato alle condizioni civilistiche della relativa domanda risarcitoria o reitegratoria. Una simile interpretazione non si può ritenere lesiva dell’interesse legittimo della vittima di vedere soddisfatta la sua posizione creditoria, atteso che la persona offesa può, di certo, accedere alla soddisfazione risarcitoria tramite l’ordinaria costituzione di parte civile, nel processo promosso su iniziativa pubblica, in seguito alla presentazione della querela. Né può obiettarsi una contraddizione in tali considerazioni, nel senso che, da un lato, si ritiene possibile la citazione a giudizio dinanzi al giudice di pace dell’autore del reato su iniziativa pubblica, prima che l’azione civile diventi proponibile, ammettendo la relativa costituzione di parte civile42, mentre, dall’altro, ciò non sarebbe realizzabile per il giudizio iniziato su ricorso della persona offesa. Invero, il discrimine è la diversità tra le iniziative processuali penali (pubblica e privata), atteso che l’istanza punitiva della persona offesa, nelle forme di cui all’art.21 Dlgs. 274/2000, manifesta l’intenzione del querelante di ottenere soddisfazione, in sede penale, nel più breve termine possibile, del suo 42 Arg. Cass. 16.4.1997 n.3278, cit. XX credito (già esigibile) sorto in conseguenza della condotta delittuosa di cui è vittima43. A conferma di questa interpretazione, si evidenzia il disposto di cui all’art.22, co.2 Dlgs. 274/2000 che disciplina i rapporti tra querela e ricorso, nella parte in cui prevede la presentazione dell’istanza di cui all’art.21 Dlgs. 274 cit. anche successivamente alla proposizione della querela: in altri termini, la persona offesa che si sia limitata a presentare querela nei confronti dell’autore del reato di cui è vittima, una volta che vanti un credito esigibile, potrà promuovere l’esercizio dell’azione penale. Diversa la disciplina nello schema di decreto del Governo, cfr. Relazione ministeriale, § 4.3, 41 43