...

Cristallizzazione - Web server per gli utenti dell`Università degli

by user

on
Category: Documents
20

views

Report

Comments

Transcript

Cristallizzazione - Web server per gli utenti dell`Università degli
Cristallizzazione di Macromolecole
Biologiche
A.A. 2009-2010
Marco Nardini
Dipartimento di Scienze Biomolecolari e Biotecnologie
Università di Milano
Cristallizzazione
Cristalli proteici:
cella elementare
molecola
unità asimmetrica
elemento di simmetria
cristallografica
cristallo
Cristallizzazione
Cristalli proteici:
unità
asimmetrica
unità di cella
¾ volume ≤ 0.1 mm3
¾ periodicità del reticolo cristallino > 100 Å
¾ contenuto solvente 30% - 80% v/v
¾ interazioni non covalenti; bassa stabilità meccanica
(Estab.<10 kcal/mol) inferiore al ΔGFOLDING
Cristallizzazione
Idratazione dei cristalli proteici:
I cristalli proteici sono caratterizzati da un’alta percentuale di solvente,
presente (1) in parte sotto forma di molecole d’acqua “ordinate” (cioè a
posizione definita) interagenti all’interno o sulla superficie della proteina,
(2) per la maggior parte come molecole d’acqua “disordinate” (cioè a
posizione non definita) che sono localizzate in canali/cavità presenti negli
spazi interproteici del cristallo.
- Le molecole d’acqua “ordinate” danno un contributo alla diffrazione e
possono essere individuate con precisione nella densità elettronica
calcolata.
- Le molecole d’acqua “disordinate” contribuiscono al rumore di fondo
dell’esperimento di diffrazione e non sono individuate nella densità
elettronica calcolata (le zone del cristallo dove sono localizzate appaiono
“vuote”).
Cristallizzazione
Idratazione dei cristalli proteici:
Vantaggi:
- Piccole molecole (ligandi, atomi pesanti, substrati, inibitori, ecc) possono
diffondere nel cristallo e reagire con le proteine che li costituiscono.
- Gli enzimi sono ancora attivi nello stato cristallino (posto che il sito attivo
non sia bloccato da contatti cristallini.
- I residui ionizzabili possono cambiare il loro stato di carica attraverso un
cambio di pH del mezzo.
- Nel cristallo
conformazionali.
le
proteine
possono
subire
moderate
variazioni
Cristallizzazione
Idratazione dei cristalli proteici:
Svantaggi:
- I cristalli si disintegrano se sottoposti a forte disidratazione.
- Le forze reticolari che stabilizzano i contatti cristallini sono deboli.
- I cristalli proteici sono “soffici” ed a bassa stabilità meccanica.
- Mediamente i cristalli proteici non diffrangono ad alta risoluzione. Un alta
percentuale di solvente correla con una riduzione del potere diffrattivo del
cristallo stesso.
Cristallizzazione
Interazioni non covalenti:
Interazioni fra atomi che non sono legati da legami covalenti.
Le interazioni non covalenti sono molto meno intense rispetto alle
interazioni covalenti (poche kcal/mol rispetto a 83 kcal/mol per un legame
C–C).
Questi legami deboli possono formarsi sia fra parti diverse della stessa
macromolecola (intramolecolari), sia fra parti di macromolecole diverse
(intermolecolari).
Essi giocano un ruolo fondamentale in molti processi biologici, fra cui la
fedele replicazione del DNA, il folding delle proteine, il riconoscimento
specifico di substrati da parte di enzimi, il riconoscimento di molecole
segnale.
Cristallizzazione
Interazioni non covalenti:
Le interazioni non covalenti si possono classificare in:
- interazioni elettrostatiche
- interazioni di van der Waals
- legami idrogeno
- effetto idrofobico
Energie di legame associate alle principali interazioni non covalenti:
Tipo di interazione non covalente
Energia di legame (kcal/mole)
Interazioni elettrostatiche
0.3-4
Legame idrogeno
0.5-4
Interazioni di van der Waals
0.03-0.1
Cristallizzazione
Interazioni non covalenti:
Nel considerare i vari contributi energetici che stabilizzano una proteina
non si può prescindere dal fatto che la proteina è immersa in un solvente,
che è costituito principalmente da acqua. Le proprietà fisiche del solvente
sono estremamente importanti per la stabilità della proteina.
Interazioni elettrostatiche
Due gruppi elettrostaticamente carichi si attraggono o si respingono con una
forza:
q1q2
Legge di Coulomb
F=
r2D
dove q1 e q2 sono le cariche (Coulomb) dei due gruppi, r è la distanza tra
q1 e q2, D è la costante dielettrica del mezzo in cui si trovano le cariche.
Il solvente acquoso diminuisce l’intensità delle interazioni elettrostatiche di
un fattore di circa 80 rispetto alle stesse interazioni nel vuoto.
Cristallizzazione
Interazioni non covalenti:
Lisina, Arginina e Istidina
Sono tre amminoacidi basici, carichi positivamente a pH fisiologico.
Acido aspartico e Acido glutammico
Sono due amminoacidi acidi,
carichi negativamente
sopra pH = 4
Le interazioni elettrostatiche (“ponti salini”) sono poco numerose nelle proteine e
si hanno prevalentemente sulla superficie proteica. Ponti salini interni alle
proteine spesso si verificano per amminoacidi carichi coinvolti nel meccanismo
catalitico di un enzima.
Cristallizzazione
Interazioni non covalenti:
Legami a idrogeno
D — H −−
δ-
δ+
A
δ-
Il legame a idrogeno può essere formato sia tra molecole non cariche che
cariche.
In un legame a idrogeno un atomo di idrogeno viene condiviso da due
atomi. L’atomo di idrogeno è legato covalentemente a uno dei due atomi,
chiamato donatore (D) di idrogeno, ed interagisce con l’altro atomo,
chiamato accettore (A) di idrogeno.
In una molecola nella quale uno o più atomi di H sono legati
covalentemente ad un elemento più elettronegativo, si genera un dipolo in
cui l’atomo/gli atomi di H rappresentano la parte positiva:
Cristallizzazione
Interazioni non covalenti:
(δ+) (δ-)
(δ+)
H
H
O
H−F
(δ-)
H
(δ+) H−N (δ-)
H
Se l’elemento è fortemente elettronegativo (F, O, N) la protonazione
dell’atomo H è tale da permettergli di legare elettrostaticamente un altro
atomo elettronegativo della stessa o di un’altra molecola.
Le piccole dimensioni dell’atomo di H e la presenza in esso di un solo
elettrone (assenza di elettroni di schermo) rendono particolarmente intenso
il campo elettrico dell’atomo H protonizzato rendendo possibile la
formazione di un legame elettrostatico con un altro atomo che disponga di
un lone pair (orbitale completo di 2 elettroni).
Cristallizzazione
Interazioni non covalenti:
In sistemi biologici il donatore in un legame idrogeno è un atomo di
ossigeno o azoto con un atomo di idrogeno legato covalentemente.
L’accettore può essere sia un atomo di ossigeno che di azoto.
I legami idrogeno sono altamente direzionali. I legami idrogeno più intensi
si hanno quando A e D sono colineari (legame fortemente direzionale).
Affinchè si formi un legame a idrogeno fra due gruppi appartenenti alla
proteina, si devono prima rompere i legami a idrogeno che ciascun gruppo
fa con una molecola d’acqua.
I legami a idrogeno sono fondamentali nelle strutture proteiche. L’abilità
degli ossigeni carbonilici della catena principale di formare legami a
idrogeno con i gruppi amminici della catena principale permette e stabilizza
la formazione delle strutture secondarie come eliche e foglietti β.
Cristallizzazione
Interazioni non covalenti:
α-elica
foglietto β
Cristallizzazione
Interazioni non covalenti:
Interazioni di van der Waals
Sono interazioni attrattive aspecifiche fra molecole non cariche, che
giocano un ruolo quando gli atomi distano tra loro 3-4 Å.
Forze di London o di dispersione
Esprimono il fatto che esiste una mutua attrazione fra molecole o atomi
anche uguali fra loro ed elettricamente simmetrici. Tale simmetria è però
presente solo da un punto di vista statistico e l’origine di queste forze
attrattive è dovuta all’effetto di spostamenti temporanei di carica elettronica
che generano dipoli transienti nell’atomo o nella molecola considerata.
A loro volta tali dipoli transienti generano dei dipoli transienti indotti nelle
molecole più vicine e quindi forze attrattive di natura elettrostatica.
Cristallizzazione
Interazioni non covalenti:
Le interazioni di van der Waals sono spesso rappresentate da un’energia
potenziale E(d), funzione della distanza d, che include sia la forza attrattiva,
sia quella repulsiva a corto raggio.
Questa energia è rappresentata dal
potenziale di Lennard-Jones:
E(d)
∝1/d12
B A
E (d) = —
-—
12
d d6
termine
repulsivo
termine
attrattivo
d
∝1/d6
A e B sono delle costanti empiriche
La distanza in corrispondenza della quale si ha la migliore interazione fra
due atomi, data dal minimo del potenziale, corrisponde alla somma dei
rispettivi raggi di van der Waals.
Cristallizzazione
Interazioni non covalenti:
Effetto idrofobico
Le interazioni fra acqua e superfici non polari non sono favorevoli: proprio
come l’olio disperso nell’acqua tende a raccogliersi in un’unica goccia,
anche i gruppi non polari nelle proteine tendono ad aggregarsi, per ridurre
la superficie apolare a contatto con l’acqua.
Questa preferenza di specie non polari per ambienti non acquosi viene detto
effetto idrofobico: esso è uno dei principali fattori di stabilità delle proteine.
L’effetto idrofobico fa sì che sostanze non polari minimizzino il loro
contatto con l’acqua, e molecole anfipatiche (come per esempio i
detergenti) formino micelle in soluzioni acquose.
Il meccanismo fisico per cui entità non polari sono escluse da soluzioni
acquose è di carattere entropico.
Cristallizzazione
Interazioni non covalenti:
L’introduzione di una molecola non polare nell’acqua liquida crea una sorta
di cavità nell’acqua, e temporaneamente rompe alcuni legami a idrogeno fra
le molecole d’acqua, poiché un gruppo non polare non può né accettare né
donare legami idrogeno con le molecole d’acqua.
Le molecole d’acqua spostate si riorientano per
formare il maggior numero di nuovi legami a
idrogeno, creando una struttura ordinata, una
specie di gabbia, detta clatrato, intorno alla
molecola non polare.
Poiché il numero di modi con cui le molecole d’acqua formano legami
idrogeno sulla superficie di un gruppo non polare è inferiore a quello che
farebbero in sua assenza si ha una diminuzione di entropia del sistema.
ΔG = ΔH – TΔS
Cristallizzazione
Interazioni non covalenti:
ΔG = ΔH – TΔS
L’aggregazione di gruppi non polari minimizza l’area superficiale della
cavità occupata dal gruppo apolare e quindi la perdita di entropia del
sistema.
Effetto idrofobico & Folding
La catena polipeptidica contiene sia gruppi polari che non polari, per cui si
avrà un diverso comportamento dei residui nell’acqua. Si osserva, infatti,
che i gruppi apolari sono in gran parte raccolti nella parte interna (core) e
idrofobica della proteina, mentre i residui polari sono esposti al solvente.
Cristallizzazione
Interazioni non covalenti:
Ribosoma
Proteina estesa
(unfolded)
(U) Unfolded
Molten
globule
Proteina globulare
(folded)
→ Folded (F)
←
ΔGFOLDING = GF –GU = (ΔH – TΔS)
< 0 processo
spontaneo di folding
> 0 processo non
spontaneo
Cristallizzazione
Interazioni non covalenti:
ΔGFOLDING = GF –GU = ΔH – TΔS
ΔH = variazione di entalpia fra stato finale ed iniziale (interazioni di van der
Waals, elettrostatiche, legami idrogeno). ΔH << 0 (T = temperatura assoluta
(K)).
ΔS = variazione di entropia (disordine del sistema) fra stato finale ed
iniziale. Poiché SU >> SF → ΔS << 0
Nel ΔGFOLDING il contributo –TΔS è positivo e sia ΔH che –TΔS assumono
valori grandi (migliaia di kcal/mol). Al contrario ΔGFOLDING ha valori
piccoli:
ΔGFOLDING = -10, -15 kcal/mol
Quindi il processo di folding avviene grazie ad un minimo prevalere di ΔH
su TΔS; è sufficiente un piccolo aumento di T per causare denaturazione
della proteina.
Cristallizzazione
Interazioni non covalenti:
ΔGFOLDING = GF –GU = ΔH – TΔS
ΔSFOLDING = SF –SU = ΔSCATENA+ ΔSSOLVENTE
sempre < 0
C6H14
2xC6H14
C6H14
acqua
acqua
L’effetto idrofobico rappresenta una interazione chiave per il folding delle
proteine, in cui residui con catene laterali idrofobiche si ripiegano verso
l’interno della proteina lasciando esposti al solvente in superficie residui
polari.
Cristallizzazione
Cristallizzazione
La crescita e la stabilità di un cristallo proteico è quasi esclusivamente
dovuta alla formazione di legami non covalenti intermolecolari.
Nel caso di interazioni non covalenti polari, tali interazioni possono essere
mediate da molecole d’acqua o da ioni presenti in soluzione.
Si cerca di evitare che si formino ponti disolfuro
(interazioni covalenti) inter-molecolari.
In presenza di cisteine libere esposte al solvente
è facile che le proteine in soluzione tendano
a precipitare in modo non cristallino:
- utilizzo di reagenti riducenti (DTT, β-mercapto etanolo)
- mutazioni sito-specifiche delle Cys libere (es: Cys→Ser), specialmente nel
caso in cui siano presenti e strutturalmente rilevanti ponti disolfuro intramolecolari
Cristallizzazione
Metodi fisico-chimici per la crescita di cristalli
Procedura empirica in cui una proteina viene lentamente fatta precipitare
formando un precipitato cristallino (non amorfo)
- interazioni intermolecolari di superficie
- purezza ed omogeneità del campione
- grandi quantità di proteina (mgs)
- scegliere un buffer in cui la proteina è sia solubile che stabile
- diminuzione della solubilità della proteina, cioè portare la soluzione
proteica in condizioni si supersaturazione (nucleazione spontanea)
Cristallizzazione
Purezza, omogeneità, stabilità
Sorgenti di eterogeneità (oltre a possibile presenza di contaminanti quali
altre proteine o acidi nucleici):
- prodotti di proteolisi limitata
- ossidazione delle cisteine
- deamidazione di Asn e Gln a formare Asp e Glu
- modificazioni post-traduzionali
- oligomerizzazione
- presenza di isoforme
- popolazione misfoldata
- flessibilità strutturale
- domini intrinsecamente disordinati
Alle volte è possibile aumentare la stabilità di una proteina e/o la sua
omogeneità aggiungendo opportuni additivi (detergenti, agenti riducenti,
cofattori ecc)
Cristallizzazione
Variabili chimico-fisiche che influenzano la solubilità
- forza ionica
- pH
- temperatura
- costante dielettrica del solvente
- concentrazione macromolecola / concentrazione reagenti
Cristallizzazione
Variazione della Forza Ionica
La solubilità di una proteina solitamente aumenta quando vengono aggiunti
sali alla soluzione acquosa e poi comincia a diminuire quando la
concentrazione del sale è sufficientemente alta da fare in modo che i sali
competano con la proteina per l’idratazione (interazione con le molecole
d’acqua).
HbCO
(carbossiemoglobina)
solubilità in funzione
della forza ionica in
presenza di diversi sali
Cristallizzazione
- aumento graduale della concentrazione
del sale ⇒ Salting out
- competizione fra ioni e proteina per il
solvente ⇒ interazioni proteina-proteina
(cinetica del fenomeno importante)
Log S
Salting in
Salting out
I
S = solubilità proteina
- interazione ioni-residui carichi superficiali
- interazione con siti di legame proteici
I = forza ionica sale
( I = 1/2 Σicizi2)
Cristallizzazione
Variazione del pH
- modificazione della distribuzione di carica superficiale della proteina
Tali modificazioni possono influenzare l’impaccamento cristallino delle
proteine, cioè la disposizione spaziale delle molecole proteiche nel cristallo,
con particolare riferimento alle loro reciproche interazioni.
Le interazioni idrofobiche, seppur presenti, sono in generale meno
determinanti nell’impaccamento cristallino rispetto alle interazioni
elettrostatiche
Cristallizzazione
Variazione della Temperatura
- solubilità proteica in funzione della temperatura
bassa forza ionica ⇒ solitamente la solubilità aumenta all’aumentare di T
(es: PEG, MPD)
alta forza ionica ⇒ minor solubilità a 25 °C che a 4 °C
- la temperatura ha effetti sulla stabilità della proteina ed anche sulla
dinamica con cui la soluzione proteica raggiunge la supersaturazione.
Idealmente:
- la cristallizzazione deve avvenire a temperatura costante
- ciascuna potenziale condizione di cristallizzazione dovrebbe essere testata
a temperature diverse (normalmente si provano T= 4 °C e T= 21 °C)
Cristallizzazione
Variazione della costante dielettrica
- aggiunta di solventi organici
es: glicerolo (HOCH2(CHOH)CH2OH, D=42.5), glicole etilenico
(HOCH2CH2OH, D=37.7), metanolo (CH3OH, D=32.8),
etanolo (CH3CH2OH, D=24.3)
Due gruppi elettrostaticamente carichi si attraggono o si respingono con una
forza:
q1q2
Legge di Coulomb
F=
2
rD
dove q1 e q2 sono le cariche (Coulomb) dei due gruppi
r è la distanza tra q1 e q2, D è la costante dielettrica del mezzo in cui si
trovano le cariche.
L’interazione è maggiore nel vuoto (D = 1), minore in un mezzo come
l’acqua (D = 80).
Cristallizzazione
Uso di PEGs
HOCH2(CH2-O-CH2)nCH2OH
- gomitolo statistico in soluzione
- competizione con le proteine per il legame del solvente
- diminuzione della costante dielettrica
- effetto di “volume escluso”
Cristallizzazione
Concentrazione Proteina
Per una buona riproducibilità dell’esperimento di cristallizzazione è
necessario utilizzare un sistema affidabile per determinare in modo preciso
la concentrazione del campione proteico:
- coefficiente di estinzione del triptofano
- metodo di Bradford (BSA utilizzata come standard)
I sistemi di espressione in E. coli sono fra i più comunemente usati dai
cristallografi. In questi sistemi si possono avere problemi di bassa
espressione proteica dovuti a:
- citotossicità (la proteina in esame è tossica per E. coli)
- instabilità del plasmide
- la proteina non è foldata correttamente
- alcuni codoni comuni negli eucarioti sono rari in E. coli
Cristallizzazione
Cristallizzazione attraverso 3 fasi:
CPROT
supersaturazione
nucleazione (N):
la soluzione è portata in
condizione di supersaturazione
(zona termodinamicalmente instabile)
N
sottosaturazione
crescita (C):
il grado di saturazione
diminuisce (sovrasaturazione)
cessazione della crescita:
raggiungimento della curva di solubilità
(equilibrio cristalli-soluzione)
sovrasaturazione (C)
curva di
solubilità
CPREC
Cristallizzazione
Nucleazione (N):
Fenomeno in cui un “nucleo” (un granello di polvere, un piccolo seme
cristallino o un piccolo aggregato proteico) comincia il processo di
cristallizzazione. La nucleazione possiede un’alta barriera energetica che
può essere facilmente superata ad alti livelli di supersaturazione.
Difficoltà:
- se la supersaturazione è troppo alta, si possono formare troppi nuclei e
quindi una sovrabbondanza di piccoli cristalli
- nelle soluzioni supersature in cui non avviene nucleazione spontanea, la
crescita dei cristalli spesso avviene solo in presenza di nuclei addizionati
dall’esterno (“semi di nucleazione”)
Cristallizzazione
Crescita (C):
Aggiunta di molecole singole alle superfici del reticolo cristallino che si è
formato.
Fasi di crescita ed unità di crescita del
Lisozima. L’unità minima di crescita
per questa fase è un tetramero,
corrispondente ad una simmetria 43
Immagine di AFM di molecole di
lisozima su una faccia (110) del
cristallo tetragonale
Cristallizzazione
Cessazione della Crescita:
Oltre che da raggiungimento della curva di solubilità (equilibrio cristallisoluzione), la crescita del cristallo può aver luogo a causa dello sviluppo di
difetti nel reticolo cristallino e/o all’incorporazione di contaminanti.
Cristallizzazione
Metodo della Diffusione di vapore:
CPROT
supersaturazione
N
sottosaturazione
sovrasaturazione (C)
curva di
solubilità
CPREC
- hanging drop (goccia sospesa)
- sitting drop (goccia seduta)
Cristallizzazione
Metodo della Diffusione di vapore:
- hanging drop
1. Soluzione di cristallizzazione
(precipitante) nel pozzetto (reservoir
solution 0.5 - 1 mL)
2. La goccia (“sospesa” su un vetrino
siliconato) è formata da 1/2 di
soluzione proteica e 1/2 soluzione di
cristallizzazione (6-10 μL totale).
3. Il vetrino viene capovolto sul pozzetto.
Vetrino e pozzetto vengono siliconati
fra loro (sistema chiuso)
4. La concentrazione del precipitante nella
goccia si equilibrerà con la
concentrazione del precipitante nel
pozzetto attraverso la diffusione di
vapore
Cristallizzazione
Metodo della Diffusione di vapore:
- sitting drop
Stesso
principio
base
dell’hanging drop, a parte che
la goccia viene “seduta” su un
ponticello sistemato sopra il
pozzetto (sistema chiuso). Ciò
permette di poter utilizzare
gocce più grandi (20-40 mL),
di poter manipolare meglio gli
eventuali cristalli, e di avere un
migliore isolamento termico
Cristallizzazione
CPROT
Metodo della Micro-Dialisi:
supersaturazione
N
sottosaturazione
sovrasaturazione (C)
curva di
solubilità
CPREC
In un esperimento di dialisi, la soluzione
proteica è di solito introdotta in bottone
immerso in una soluzione precipitante che si
equilibra nel tempo passando attraverso la
membrana semipermeabile che chiude il
bottone.
(~ 5 - 350 μL)
Nel caso in cui la concentrazione salina sia
maggiore nella soluzione proteica che nel
reservoir si lavora in “salting in”.
Cristallizzazione
Metodo del Micro-Batch :
CPROT
supersaturazione
gocce 0.5-6 μL
Paraffin oil
N
Al’s oil
sottosaturazione
sovrasaturazione (C)
curva di
solubilità
CPREC
In un esperimento di micro-batch, l’olio di paraffina che ricopre le gocce di
cristallizzazione (1/2 proteina, 1/2 precipitante) non permette diffusione di acqua
attraverso l’olio. Quindi la concentrazione dei reagenti nella goccia rimane
pressochè costante.
Nel caso si usi l’Al’s oil (miscela 1:1 di olio di silicone e paraffina) si ha
diffusione di acqua attraverso l’olio e le concentrazioni dei reagenti nella goccia
aumentano nel tempo.
(~ 5 - 350 μL)
Cristallizzazione
Protein crystallization is a “trial & error” procedure
(~ 5 - 350 μL)
Cristallizzazione
Automazione degli esperimenti di cristallizzazione
(~ 5 - 350 μL)
Cristallizzazione
Microgravità:
Miglioramento della qualità dei cristalli:
- assenza di sedimentazione e di
- movimenti convettivi (mezzo di
- crescita più omogeneo)
¾ miglior grado di ordine
dei cristalli
¾ riduzione nucleazione
secondaria
¾ minore incorporazione di contaminanti
nel reticolo cristallino
Cristallizzazione
Interpretazione dei risultati sperimentali di cristallizzazione
Cristallizzazione
Consigli utili (1):
Cristallizzazione
Consigli utili (2):
Cristallizzazione
Cosa fare se una proteina non cristallizza:
- nuovi costrutti (domini isolati, forme troncate, proteolisi limitata)
- mutazioni sito-specifiche
- complessi con ligandi (substrati, inibitori, cofattori, …)
- complessi con frammenti Fab di anticorpi
- proteine omologhe
- cambiare progetto !!
Cristallizzazione
Preparazione di complessi proteina-ligando:
(1) Soaking:
consiste nell’immergere i cristalli della proteina nativa in una
“soluzione madre” contenente il ligando. I cristalli di proteina
contengono di solito canali di solvente sufficientemente larghi da
permettere al ligando di diffondere all’interno dei cristalli
Vantaggi:
- è relativamente rapida
- richiede piccole quantità di composto
- non causa variazioni nelle condizioni di cristallizzazione
Svantaggi:
- il ligando deve essere un molecola relativamente piccola
- il reticolo cristallino potrebbe essere incompatibile con il binding del
ligando, provocando rottura e/o dissoluzione dei cristalli a seguito di
impregnazione, oppure non legare affatto il ligando.
Cristallizzazione
Preparazione di complessi proteina-ligando:
(2) Co-cristallizzazione:
il complesso si forma in soluzione addizionando il ligando (conc »
1mM) alla soluzione della proteina e successivamente il complesso
viene cristallizzato
Vantaggi:
-
Si possono ottenere cristalli del complesso per ligandi ad alto peso
molecolare
-
eventuali variazioni conformazionali indotte dal ligando non sono
ostacolate dalla struttura cristallina, poiché il complesso si forma in
soluzione
-
la qualità di diffrazione dei cristalli non è compromessa dalla procedura
di soaking
Cristallizzazione
Preparazione di complessi proteina-ligando:
(2) Co-cristallizzazione:
Svantaggi:
-
a volte le condizioni di cristallizzazione sono leggermente diverse o
perfino completamente diverse dalle condizioni di cristallizzazione dei
composti puri (proteina, ligando), costringendo a ricominciare daccapo
la ricerca delle condizioni di cristallizzazione
-
la co-cristallizzazione dei complessi impiega da alcune settimane ad
alcuni mesi e non tutti i ligandi sono stabili per tempi cosi lunghi
Cristallizzazione
Proteine di Membrana:
- Le proteine inserite in membrana sono mediatori altamente attivi fra la
cellula e il suo intorno o fra l’interno di un organello e il citosol
- catalizzano il trasporto specifico di metaboliti e ioni
- convertono l’energia della luce del sole in energia chimica ed elettrica
- agiscono come recettori di segnali (neurotrasmettitori, fattori di crescita,
ormoni, stimoli luminosi o chemiotattici), che trasmettono attraverso la
membrana
- nel caso della membrana del plasma, le proteine sono anche coinvolte nel
riconoscimento cellula-cellula
- le proteine di membrana sono target molto importanti per lo studio di
possibili nuovi farmaci
Cristallizzazione
Cristallizzazione
Cristallizzazione
Proteine di Membrana:
- Nel Protein Data Bank (PDB) sono depositate circa 233 (160 nel 2008)
strutture di proteine di membrana, rispetto alle oltre 56457 (49000 nel
2008) strutture di proteine solubili (~ 0.004; ~ 0.003 nel 2008)
- 30% dei genomi sono relativi a proteine associate alle membrane cellulari
- Grossi problemi di solubilizzazione per le proteine di membrana
Cristallizzazione
a) La catena polipeptidica può attraversare la membrana solo una volta: tali
proteine formano domini funzionali globulari almeno su un lato della
membrana. Questi domini vengono tagliati da enzimi proteolitici.
b-c) La catena polipeptidica attraversa la membrana diverse volte (di solito
con α eliche e talvolta anche con filamenti β). Le zone idrofiliche sono le
estremità della catena polipeptidica e i loop.
d) In alcuni casi le proteine non attraversano la membrana, ma sono
attaccate ad un suo lato attraverso un’elica, parallela alla superficie della
membrana, oppure attraverso acidi grassi, legati covalentemente alla
proteina, che penetrano nel doppio strato lipidico della membrana.
Cristallizzazione
Cristallizzazione di Proteine di Membrana:
- Solubilizzazione delle proteine di membrana in solventi organici, seguita da
cristallizzazione
- Proteolisi limitata, per ottenere specie proteiche solubili
- Interazioni con frammenti Fab di anticorpi e cristallizzazione del complesso
- Solubilizzazione delle proteine di membrana in detergenti e cristallizzazione
mediante rimozione del detergente
- Solubilizzazione delle proteine di membrana e cristallizzazione in detergenti
Cristallizzazione
Cristallizzazione di Proteine di Membrana:
Cristallizzazione
Cristallizzazione di Proteine di Membrana:
- proteine solubilizzate in detergenti (che mimano
i lipidi di membrana interagendo con zone superficiali
idrofobiche della proteina)
- verifica della struttura e della funzione nativa della
proteina di membrana solubilizzata in detergente
- scambio detergenti (per dialisi o su colonna).
Il detergente usato per la purificazione (bassa CMC) è
di solito diverso da quello usato per la cristallizzazione)
- stessi principi di cristallizzazione di proteine solubili
- l’entità da cristallizzare è la proteina + il detergente
Cristallizzazione
Cristallizzazione di Proteine di Membrana:
a) i contatti cristallini interessano solo le superfici
idrofiliche della proteina di membrana
(il detergente previene contatti di tipo idrofobico
proteina-proteina)
b) le micelle di detergente devono adattarsi
perfettamente allo spazio interproteico
cristallino (ignoto a priori)
- detergenti non ionici con corta coda alifatica
- concentrazione detergente prossima (≥) a CMC
(CMC è inversamente proporzionale alla lunghezza delle code alifatiche e
dipende da T e dalla conc. dei sali)
Cristallizzazione
Cristallizzazione di Proteine di Membrana:
c) Fattori limitanti nella cristallogenesi di proteine di membrana
- dipendenza dalla temperatura
- purezza della proteina
- presenza di isoforme
- modificazioni post-traduzionali
- eterogeneità lipidica/delipidazione
- contaminanti nei detergenti
Cristallizzazione
Cristallizzazione
Cristallizzazione
Cristallizzazione
VS: pore and voltage sensor
T1 and β: extramembranous components
Cristallizzazione
Cristallizzazione
Fly UP