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Cristalli - Ingegneria elettrica ed elettronica
Cristalli Un cristallo è costituito dalla ripetizione periodica, nello spazio tridimensionale, di una struttura elementare, che chiameremo BASE. Immaginando le basi applicate in punti definiti dello spazio, l'insieme di questi unti costituisce quello che chiameremo RETICOLO. La distanza tra due punti adiacenti del reticolo, in una data direzione, viene chiamata PASSO RETICOLARE in quella direzione. Il reticolo sembra dividere lo spazio in volumetti identici. Il minimo volumetto individuato dal reticolo assume il nome di CELLA UNITARIA PRIMITIVA. Una cella unitaria primitiva non contiene al suo interno altri punti del reticolo. Cristallo 1 Base 1 Reticolo Cella unitaria primitiva Cristallo 2 Base 2 Passo reticolare (dir.x) Mentre è ovvio che di cristalli ve ne sia una varietà enorme, dovuta alle combinazioni di gruppi di diversi atomi e diversi legami chimici, è meno evidente che di reticoli ve ne sia un numero limitato. L'esempio dei reticoli bidimensionali può essere illuminante: poiché il reticolo suddivide lo spazio in elementi identici, il problema di sapere quanti diversi reticoli possono esistere (a prescindere dal passo reticolare, ossia da un fattore di scala) equivale a scoprire quante diverse forme di piastrelle identiche si possono usare per ricoprire un pavimento. Si vedrà facilmente come solo dei parallelogrammi a 4 lati, che definiscono, per la forma della cella unitaria, i tre reticoli semplici: Quadrato, Rettangolare, Obliquo, col quale ultimo si intende un reticolo nel quale la cella unitaria è un parallelogramma con angoli non retti. Ciò che distingue i tre reticoli è la loro simmetria rispetto alle rotazioni: mentre quello quadrato riproduce sé stesso per rotazioni di π/2 attorno ad un qualsiasi punto del reticolo stesso, quello rettangolare lo fa per rotazioni di π, così come quello obliquo. In realtà, due reticoli obliqui hanno proprietà di simmetria talmente particolari da meritarsi una classificazione a sé stante. Il primo è quello la cui cella unitaria è un rombo (4 lati uguali), che assume il nome di Rettangolare Centrato perché, considerando una cella non unitaria, costituita da cinque punti di cui uno centrale ed i suoi quattro primi vicini, questa cella è rettangolare (si noti che il reticolo Quadrato Centrato in realtà non esiste, perché la sua cella unitaria è quadrata e quindi rientra nel primo caso, così come l' Obliquo Centrato è in realtà semplicemente Obliquo) L'altro caso è un Rettangolare Centrato che, in più, ha la cella unitaria con angoli acuti di 60°. In questo caso, partendo da un punto e considerando i suoi primi vicini, questi sono in numero di sei, collocati ai vertici di un esagono regolare, per cui il reticolo, oltre alle simmetrie di 2π e π manifesta anche quella rispetto a π/3 e a 2π/3. Come prevedibile, il reticolo assume il nome di Esagonale. Quadrato Obliquo Rettangolare Rettangolare Centrato Esagonale Prima di passare ai reticoli 3D, osserviamo come la definizione di cella unitaria non sia univoca, poiché esistono diversi modi per tracciare parallelogrammi a quattro lati che abbiano per vertici punti reticolari, e nessun altro punto al loro interno. Un metodo univoco, a prima vista più complicato, ma che ha il vantaggio di costruire celle unitarie centrate su un punto reticolare (invece che averne quattro ai vertici, ciascuno in comune con altre celle) è quello della cosiddetta cella di Wigner-Seitz. In questo metodo, a partire da un punto prescelto, si tracciano le congiungenti con i punti circostanti , e successivamente si tracciano gli assi di queste congiungenti. Il poligono di area minima racchiuso da questi assi è la cella cercata. Nel caso tridimensionale le cose sono ovviamente più complicate, ma possono essere viste come una naturale estensione di quanto visto in 2D. Innanzitutto, il reticolo generale, che in 2 dimensioni era un parallelogramma quadrilatero generico, ora è un parallelepipedo. A seconda delle lunghezze degli spigoli e degli angoli tra di essi, possono manifestarsi simmetrie particolari, che consentono di individuare 13 reticoli "speciali". L'insieme dei 14 tipi di reticoli è noto come "reticoli di Bravais", ed include l'analogo tridimensionale dei reticoli a cella non unitaria visti precedentemente, sotto forma di reticoli a corpo centrato (bc) nei quali un punto reticolare occupa il punto di incontro delle diagonali interne della cella o a faccia centrata (fc) nei quali punti reticolari sono presenti alla intersezione delle diagonali delle facce della cella. In generale, comunque, si può pensare ai reticoli tridimensionali come a parallelepipedi costruiti, retti o inclinati, sulle celle dei 5 reticoli 2D. Giusto per avere una idea della nomenclatura in uso, la cella con lati disuguali ed angoli non retti, ossia il reticolo generico, è denominato Triclino. Quello a lati disuguali ma con 2 angoli retti tra gli spigoli è detto Monoclino. Il parallelepipedo retto (spigoli ortogonali tra loro) è detto Ortorombico. L'ortorombico con due spigoli uguali è detto Tetragonale. L'ortorombico con tutti gli spigoli uguali è detto Cubico. Il reticolo con spigoli uguali, ed angoli uguali, ma né di 90° né di 120° è detto Trigonale. Il reticolo costruito come parallelepipedo retto su una base esagonale è detto Esagonale. Di tutti questi reticoli, quello cubico è di gran lunga il più rilevante, per quanto concerne la Elettronica dello Strato Solido, perché la struttura dei semiconduttori attualmente in uso è quella del cubo a facce centrate (face centered cubic, fcc) Cubico semplice Cubico a facce centrate (fcc) Cubico a corpo centrato (bcc) La struttura fcc ( che può essere immaginata come un dado con un "uno" su ogni faccia) viene originata da una cella unitaria romboedrica che può essere visualizzata considerando il solido che ha per vertici due vertici opposti lungo una delle diagonali del cubo, ed i sei punti centrali delle facce. Questo romboedro ha tutti gli spigoli uguali, tutte le facce uguali, ed ogni faccia ha angoli acuti pari a 60°. z 60° Si comprenderà come il riconoscere una simmetria cubica in questa struttura, al prezzo di una piccola complicazione della cella, introduca una grandissima semplificazione nella descrizione geometrica del reticolo. a2 a3 a1 x y Nella figura a fianco, la rappresentazione prospettica della cella unitaria primitiva, data dal romboedro sopra descritto, è inserita nel cubo che costituisce la cella unitaria NON primitiva del sistema fcc. Si osservi come i punti del reticolo siano collocati solo in corrispondenza degli spigoli delle due celle, per cui non vi sono punti reticolari al centro del cubo. Si noti altresì come la diagonale maggiore del romboedro coincida con la diagonale del cubo, e come gli spigoli del romboedro stesso siano lunghi esattamente la metà della diagonale delle facce del cubo. Infine, si noti come i due vertici più distanti del romboedro, agli estremi della diagonale maggiore, coincidano, come necessario, con due punti diagonalmente opposti ai vertici del cubo, mentre tutti gli altri vertici del romboedro coincidano con tutti e soli i punti centrali delle sei facce del cubo. Per quanto concerne le altre strutture cubiche, mentre quella cubica semplice (sc) ha una cella primitiva che è già cubica, quella a corpo centrato (bcc) ha per cella primitiva ancora un romboedro, i cui spigoli principali si ottengono connettendo un punto reticolare preso come origine con i punti centrali dei cubi adiacenti nelle direzioni -x,-y,-z. Si osservino allora le direzioni e lunghezze dei vettori di traslazione delle celle z primitive, in relazione allo spigolo "a" del cubo ed alle direzioni x,y,z: a3 a1 = a2 a1 y a2 = a3 = x a (xˆ + yˆ − zˆ ) a (xˆ + yˆ ) 2 2 a ˆ ˆ ˆ ˆ ay (− x + y + z) a (yˆ + zˆ ) 2 2 a azˆ (xˆ − yˆ + zˆ ) a (xˆ + zˆ ) 2 2 semplice bcc fcc axˆ La struttura del diamante Il Silicio ha la struttura cristallina del diamante, basata sul legame tetraedrico degli atomi del cristallo. Questo significa che, preso un atomo di riferimento, questo è legato a quattro atomi a lui identici mediante quattro legami aventi la stessa lunghezza (posto l'atomo di riferimento al centro di un sistema di riferimento, i quattro atomi a lui legati sarebbero tutti sulla superficie di una medesima sfera) e la medesima separazione angolare. Questa si può dimostrare essere pari a 2 = 109°28' θ = 2 arcsin 3 Il teraedro individuato dagli atomi esterni della struttura è quindi regolare, ossia è una piramide a base triangolare costituita da quattro triangoli equilateri Disposizione degli atomi nella struttura del diamante Tetraedro (linee spesse) individuato dagli atomi La struttura tetraedrica, che deve essere ovviamente rispettata per tutti i legami che andranno considerati, racchiude già in sé alcune caratteristiche proprie delle simmetrie cubiche. Facendo riferimento alla figura di sinistra precedente, è infatti sufficiente osservare l'insieme da una qualsiasi direzione perpendicolare ad una delle facce per vedere gli atomi proiettati ai vertici ed al centro di un quadrato. Tuttavia, il riconoscimento del reticolo passa per la identificazione della struttura base. Osserviamo che nulla impone che la base debba avere qualche relazione con il legame effettivo tra gli atomi: essa è infatti una pura struttura geometrica, indipendente dalla chimica che governa la struttura cristallina. Per fare questo, cominciamo dapprima a connettere tra loro alcuni tetraedri elementari. Ne considereremo dapprima tre che connetteremo come se le piramidi che li rappresentano avessero le basi su un medesimo piano, e fossero congiunte ad anello a racchiudere una superficie vuota a sua volta a forma di triangolo equilatero. Viste dall'alto, le proiezioni delle tre piramidi (aree colorate nel disegno) coincidono con le rispettive basi. Una quarta piramide viene quindi collocata, con orientazione identica alle altre, ma poggiando gli spigoli di base sui tre vertici delle tre piramidi sottostanti (area tratteggiata). La osservazione degli atomi e dei loro legami, in questa medesima proiezione verticale mostra una apparente struttura esagonale, che però svanisce subito appena si cambia punto di osservazione: nessun esagono apparente è in realtà una figura piana, per cui il parallelepipedo non a sezione esagonale non appartiene ad alcuna delle categorie di Bravais. Nelle immagini a fianco, le tre piramidi complanari sopra descritte some opache corrispondono alle figure nere rosse e verdi, mentre la quarta, posta sopra le pirme tre, è in giallo. La prima figura suggerisce la simmetria esagonale che la seconda subito smentisce. La simmetria vera la si ottiene ruotando il punto di vista in modo da portare, in prospettiva, a sovrapporsi, il punto comune alle strutture rossa e nera con quello comune a quelle gialla e verde (anche nero/verde ⇒ giallo/rosso e verde/rosso ⇒ giallo/nero funzionano, come è intuibile). Anche qui non tutti gli atomi che sembrano costruire dei quadrati giacciono sugli stessi piani, ma alcuni lo fanno (ad esempio, quelli che appaiono collocati a metà di ciascun lato del quadrato perimetrale). Per comprendere ancora meglio la struttura, occorre proseguire aggiungendo, con la stessa regola, altri atomi, fino a riempire tutto lo spazio, e poi osservare nuovamente la zona cubica identificata dalle prime quattro strutture. A questo punto, i legami degli atomi sono più di intralcio che altro, e verranno quindi resi invisibili. Anzi, per mettere in evidenza quello che sarà il risultato finale, si "coloreranno gli atomi" secondo un semplice criterio: partendo dalla figura simile alla precedente, si pensino dei piani paralleli ad una delle facce del cubo perimetrale. Quelli che passano per posizioni atomiche sono posti in x=0, x=a/4, x=a/2, x=3a/4, x=a, ecc. (abbiamo assunto x come la direzione perpendicolare al piano scelto, ed a à la lunghezza del cubo perimetrale. Ovviamente vi sono piani anche in 5a/4, 3a/2, ecc.). Prendiamo un colore comune, ora, per i piani dispari ed uno, diverso, per quelli pari. Ora, da questa immagine appaiono due strutture identiche, ad evidente struttura quadrata, sfalsate di a/4 sia a destra che in alto. Se ora passiamo da questa prospettiva, che considereremo frontale, a quella laterale a lei perpendicolare, otteniamo una immagine identica, e lo stesso accade se passiamo ad una visione dalla verticale. Questo dice che i punti grigi appaiono spostati di a/4 nelle tre direzioni cartesiane, come se la struttura grigia fosse una replica di quella nera traslata lungo la diagonale del cubo per 1/4 della sua lunghezza. Questo appare completamente evidente se si osserva la struttura complessiva da una direzione molto prossima proprio a quella della diagonale del cubo: i punti grigi si allineano ed "eclissano" perfettamente tutti i punti della struttura nera. Questo suggerisce di considerare la struttura nera come reticolo e la coppia di atomi nero/grigio sfalsati di un vettore (a/4,a/4,a/4) come base. Rimane solo da identificare il tipo di reticolo individuato dalla struttura nera. Questo risulta essere esattamente una struttura fcc. In conclusione: la struttura cristallina del diamante (Carbonio) e del Silicio è quella di un reticolo cubico a faccia centrata, con base biatomica. La base ha un atomo in corrispondenza dei punti reticolari e l'altro sfalsato lungo la diagonale del cubo di 1/4 della sua lunghezza. La medesima struttura cristallina caratterizza il primo semiconduttore storicamente studiato: il Germanio. Comune a Carbonio, Silicio e Germanio è la appartenenza al IV gruppo della tavola periodica degli elementi. Altri semiconduttori di grandissimo interesse per la Elettronica dello Stato Solido sono i cristalli biatomici cosiddetti III-V, ossia nei quali una specie è del terzo gruppo della tavola periodica degli elementi, e l'altra è del quinto gruppo. Fra tutti, l'Arseniuro di Gallio (GaAs), ma anche il Fosfuro di Indio (InP), il Nitruro di Gallio (GaN), ecc. La struttura dei cristalli corrispondenti è però assai più simile a quella appena studiata: nei cristalli III-V il reticolo è cubico a faccia centrata (fcc) come per il Silicio, e la base, biatomica, presenta gli atomi di una specie in corrispondenza dei punti reticolari e quelli dell'altra sfalsati lungo la diagonale del cubo sempre di 1/4 della sua lunghezza. La rappresentazione precedente in posizioni atomiche nere e grigie, in pratica, ben descrive la struttura di questi cristalli biatomici. Nuovi materiali sono in continuo studio, tutti basati sulla preservazione del legame tetraedrico e sulla conseguente simmetria cubica fcc del reticolo. I composti IV-IV come SiC o SiGe sono fra questi. Il problema principale che limita la applicazione delle tante varietà di cristalli possibili con questa struttura è essenzialmente tecnologico, come si vedrà. A questo proposito la abbondanza del Silicio in natura è solo una parziale giustificazione del suo enorme successo e del suo ruolo guida nello sviluppo della Microelettronica: l'affinamento di un processo tecnologico efficace e ripetitivo, capace di sopportare la più spinta miniaturizzazione ed una produzione di massa è la vera chiave di volta della sua leadership, a tutt'oggi incontrastata. Costanti reticolari Assodata la identità dei reticoli dei semiconduttori di interesse pratico, occorre associare ad ogni cristallo la dimensione del cubo unitario, che definiremo costante reticolare "a". IV C Si Ge a(Å) 3.56 5.53 5.65 IV-IV SiC a(Å) 4.35 III-V AlP GaP GaAs AlAs InSb a(Å) 5.45 5.45 5.65 5.66 6.46 Si osservi come la uguaglianza (o la quasi uguaglianza) di alcune costanti reticolari suggerisca la possibilità (subordinata alla possibilità tecnologica di realizzazione) di immaginare strutture cristalline alternate, ad esempio AlP/ GaP, e anche (con qualche maggiore difficoltà) GaAs/AlAs: i reticoli identici consentono infatti la giustapposizione esatta dell'una struttura sull'altra, così come è possibile piastrellare un pavimento con piastrelle di diverso motivo interno ma identica forma e dimensione perimetrale. Ancora di più, si può immaginare la possibilità di costruire cristalli ibridi (ad esempio Alx Ga 1-xAs, dove 0 ≤ x ≤ 1 indica la frazione di Al rispetto al puro AlAs), con proprietà cristalline (ed elettroniche, come si vedrà) intermedie. O ancora, si potranno inventare strutture miste, con alternanze, mescolanze, alternanze di mescolanze, variazioni graduali di composizione, ecc. Tutte queste strutture eterogenee, ma accomunate dal medesimo reticolo ed un passo reticolare il più possibile costante, sono denominate eterostrutture, e sono alla base dei dispositivi più straordinari realizzati al di fuori del Silicio, e che trovano applicazione nel dominio delle altissime frequenze e della fotonica. Indicizzazione dei cristalli. La struttura regolare dei reticoli mostra con evidenza come alcune direzioni spaziali abbiano caratteristiche speciali rispetto ad altre. Un altro modo, è quello di osservare come i punti reticolari possano essere pensati come regolarmente distribuiti su piani paralleli equispaziati tra loro. Questi piani non sono univocamente determinati, come risulta evidente dalla osservazione del semplice reticolo bidimensionale quadrato E' immediato osservare come alla diversa inclinazione dei piani corrisponda sia una diversa densità di punti reticolari (distanza dei punti sul piano), sia una diversa distanza interplanare d, intendendo con questa la distanza minima tra due piani paralleli che contengano punti reticolari. Comunque, quale che sia la scelta, ogni famiglia di piani reticolari tocca tutti i punti del reticolo. Si comprenderà come la scelta di una direzione per, ad esempio, il moto di cariche entro un cristallo possa avere una forte influenza sul fenomeno fisico (in questo caso il la conduzione elettrica), non fosse altro che per il fatto che in alcune direzioni vi sono "percorsi" liberi lunghi ed in altre corti. E' quindi opportuno trovare un modo per individuare e catalogare le direzioni dei piani cristallografici, in vista degli sviluppi fisici successivi. Il metodo universalmente accettato è quello dei cosiddetti indici di Miller, che, pur essendo del tutto generale ed applicabile a qualsiasi struttura cristallina, esporremo solo per il caso dei reticoli cubici di nostro interesse. Si scelga un qualsiasi piano cristallografico a piacere. Traslandolo opportunamente, ossia cercando nella famiglia di piani cristallografici a cui appartiene, si trovi il piano che intercetta gli assi principali del reticolo in corrispondenza di punti reticolari. y a x a2 a1 A questo punto, si calcolino i rapporti tra la lunghezza delle intercette rispetto al vettore unitario del corrispondente asse (nell'esempio, si divida 4a1 per a1 e 3a 2 per a2 ). Si otterranno tre numeri interi (nel nostro caso bidimensionale, due, e per l'esattezza 4 e 3). Si prndano ora i reciproci di questi interi (1/4 e 1/3 nell'esempio) e si faccia il minimo comun denominatore delle frazioni (3/12, 4/12). I numeratori di queste frazioni, indicati genericamente con gli interi hkl in 3D e racchiusi tra parentesi tonde, saranno definiti indici di Miller (hkl) della famiglia di piani considerata. Nel caso di piani paralleli ad uno o due degli assi (intersezioni all'infinito) i corrispondenti indici verranno posti =0. Nel caso di intercette negative, si porrà il segno - sopra l'indice corrispondente. Esempio in 3D: Intercette= 6a 1 , ∞, -3a 3 Rapporti: 6, ∞, -3 Minimo denominatore comune (=6) : 1/6, 0, -2/6 Reciproci: 1/6, 0, -1/3 ( Indici di Miller: 1,0,2 ) Il vantaggio di una notazione di questo genere, fin qui applicabile a tutte le strutture cristalline, risulta notevole quando si considerino le strutture cubiche, ove gli assi sono ortogonali e i tre vettori unitari di traslazione ai hanno lo stesso modulo. Osserviamo che, procedendo all'inverso di quanto fatto finora, si può risalire alla famiglia di piani partendo dagli indici di Miller dati (hkl). Le intercette del piano rappresentativo della famiglia, infatti, saranno date dalle espressioni a a a , , h k l e da questa si ha sia la equazione segmentaria del piano x y z 1 + + = h k l a sia la equazione della normale al piano medesimo tracciata dall'origine degli assi cartesiani n hkl = haxˆ + kayˆ + lazˆ e da questa la normale unitaria n uhkl = h xˆ + k yˆ + lˆz h 2 + k 2 + l2 Si osserverà che le intercette sono frazioni dei vettori unitari di traslazione. Il piano individuato dal procedimento proposto, infatti, è quello, della famiglia generale che passa più vicino all'origine, che a sua volta è un punto reticolare e quindi appartenente ad un piano della famiglia data. Questo significa che la distanza interplanare dhkl , ossia la separazione tra due piani adiacenti, corrisponde alla distanza di questo piano dall'origine, che è a sua volta calcolabile proiettando una qualsiasi intercetta sulla normale unitaria, ad esempio: a a d hkl = xˆ ⋅ n uhkl = 2 h h + k 2 + l2 Piano con x6 = intercette 3a 1 ,2a 2 Rapporti 3, 2 Reciproci 1/3,1/2 2, 3 y Indici di Miller (2,3) n2,3 =2 a1 +3 a2 Reciproci 1/2,1/3 Intercette a1 /2,a2 /3 a Piano con intercette a1 /2,a2 /3 x a2 a1 n u2, 3 = 2xˆ + 3yˆ 4+9 a2 /3 a1 /2 d= a 4+9 = 0.28 a Reticolo Reciproco La regolare ripetizione della base in corrispondenza dei punti reticolari rende il cristallo una struttura periodica nello spazio. Questa periodicità può essere espressa matematicamente considerando che, in un cristallo indefinitamente esteso, qualsiasi grandezza fisica legata alla struttura microscopica del cristallo (densità di massa, densità di carica, costante dielettrica, repulsione o attrazione coulombiana, ecc.) e descritta da una funzione della posizione r, ad esempio n(r), gode della proprietà di ripetersi uguale a sé stessa per traslazioni di un numero intero dei vettori di base della cella unitaria a1 , a2 , a3 : n(r + v 1 a1 + v 2 a2 + v 3 a3 )=n(r) dove v1 , v 2 , v 3 sono tre numeri interi. Questa relazione può essere compattata in n(r+T) = n(r), con T = v 1 a1 + v 2 a2 + v 3 a3 In questo caso il vettore T, che ha la particolarità di poter assumere solo valori discreti, come indicato dalla sua definizione, porta da un qualsiasi punto del reticolo a tutti gli altri punti del reticolo stesso. Per questo il vettore T viene indicato come vettore Reticolo Diretto (l'aggettivo diretto servirà tra breve a distinguerlo da un altro vettore reticolo) . Si osservi che la definizione sopra data NON richiede né che i moduli a1 , a2 , a3 siano uguali tra loro, né che le direzioni dei vettori di base siano ortogonali, ossia vale per la generica cella primitiva che definisce il reticolo triclino. A rigore, anche le strutture speciali, a cella non unitaria (ed in particolare fcc, bcc) dovrebbero essere descritte usando le coordinate della cella romboedrica regolare unitaria se si vuole che TUTTI i punti reticolari siano raggiunti dalle traslazioni indicate. Nello spazio tridimensionale, solo per le strutture cristalline a reticolo ortorombico, tetragonale e cubico semplice , i vettori di base possono essere fatti coincidere con le direzioni di una terna di assi cartesiani ortogonali, per cui i multipli dei vettori di base v 1 a1 , ecc., possono coincidere con le componenti del vettore T. Questo pone un problema per la rappresentazione del cristallo in serie di Fourier in 3D, perché in generale n (r + T) = cG exp (iG ⋅ r) exp (iG ⋅ T ) ≠ ∑ cG exp (iG ⋅ r) = n (r ) ∑ G G a meno che il prodotto scalare G.T non sia un numero intero di volte 2π, così da avere exp(iGT)=1 ed il segno ≠ trasformato in =. Perché questo accada con un generico vettore reticolo diretto T, il vettore G non può essere quello definito nel capitolo "Serie di Fourier in 3D", dove, peraltro, si è esplicitamente indicata la restrizione al caso delle periodicità secondo una simmetria cubica, alla quale torneremo dopo una breve digressione in questa che può essere considerata una momentanea deviazione entro il caso generale, di cui la restrizione cubica è un caso particolare. La soluzione generale del problema richiede la "costruzione" di un vettore G con caratteristiche molto speciali. Questo vettore, infatti, dovrà essere la risultante di multipli interi di vettori di base G = u 1 b1 + u 2 b2 + u 3 b3 u 1 , u 2 , u3 ∈I e questi vettori di base bi dovranno essere legati a quelli del vettore reticolo diretto ai dalle complesse relazioni: b 1 = 2π b 2 = 2π b 3 = 2π a2 ×a3 a1 ⋅ a 2 × a 3 a3 × a1 a1 ⋅ a 2 × a 3 a1 × a 2 a1 ⋅ a 2 × a 3 si osservi l'identico denominatore e la ciclicità degli indici a numeratore (contando anche quello del primo membro: 1,2,3 nella prima, 2,3,1 nella seconda, 3,1,2 nella terza). Prima ancora di considerare il significato di questi vettori, osserviamo che essi sono la soluzione del problema indicato. Infatti il prodotto scalare G ⋅ T = (v 1a 1 + v 2 a 2 + v 3 a 3 ) ⋅ (u 1 b1 + u 2 b 2 + u 3 b 3 ) ha termini misti ai bj nulli, e termini con indici omologhi ai bi = 2π. Per verificarlo si osservi che 1) il denominatore è uno scalare, in cui a 2 × a 3 è un vettore il cui modulo è uguale all' area del parallelogramma 2) avente per lati i vettori a2 e a3 e per direzione la normale a questo stesso parallelogramma, per cui il prodotto scalare di a1 con questo vettore è uno scalare che ha le dimensioni di un volume e coincide con il volume della cella unitaria individuata dai vettori di base a1 , a2 e a3 . il prodotto omologo, ad esempio a2 b2 , mostra a numeratore il prodotto misto a 3 × a1 ⋅ a 2 = a 2 ⋅ a 3 × a 1 (proprietà commutativa del prodotto scalare) che vale a 2 ⋅ a 3 × a1 = a 1 ⋅ a 2 × a 3 (commutatività ciclica del prodotto misto), per 3) cui numeratore e denominatore si semplificano e rimane a2 b2 = 2π, e lo stesso vale, naturalmente, anche per gli altri prodotti omologhi a1 b1 e a3 b3 . il prodotto misto, ad esempio a2 b1 , esegue a numeratore il prodotto a 2 ⋅ a 2 × a 3 dove il prodotto vettore dà un vettore perpendicolare al piano che contiene a2 , per cui il prodotto scalare è nullo. In conclusione G ⋅ T = v 1 u 1 + v 2 u 2 + v 3 u 3 e questo scalare, essendo somma di prodotti di interi, è un numero intero. Per le strutture cubiche sarà naturale porre a 1 = axˆ a 2 = ayˆ , per cui T = av1 xˆ + av 2 yˆ + av 3 zˆ a 3 = azˆ Inoltre, il calcolo delle componenti di G porta ai risultati visti per la serie di Fourier in 3D 2π b1 = xˆ a 2π 2 πh 2π k 2 πl ˆz b2 = yˆ , per cui G= xˆ + yˆ + a a a a 2π ˆz b3 = a dove gli interi sono stati indicati con h,k,l. La prova della periodicità è in questo caso assolutamente diretta: n (r + T) = cG exp (iG ⋅ r ) exp (iG ⋅ T ) = ∑ c G exp (iG ⋅ r ) exp [2π i( hv1 + kv 2 + lv 3 )] = ∑ c G exp (iG ⋅ r ) = n (r ) ∑ G G G Si vede che il vettore G ha caratteristiche intrinsecamente legate a quelle del vettore reticolo diretto, ed in particolare per le strutture cubiche queste si riassumono in: 1) 2) 3) 4) Anche G è la risultante di multipli interi di una terna di vettori di base b1 , b2 , b3 . I vettori di base b1 , b2 , b3 hanno la stessa direzione dei corrispondenti vettori di base a1 , a2 , a3 del reticolo diretto Il modulo b di ciascun vettore di base è 2π volte il reciproco 1/a del modulo "a" del vettore di base del reticolo diretto La dimensione di G e delle sue componenti è quella di una lunghezza -1. Questo non sorprende perché G entra nelle esponenziali così come il vettore d'onda k, nella definizione delle onde piane in 3D. Questa ultima osservazione ci propone una intuizione che potrà essere utile in futuro: Lo sviluppo di Fourier n (r ) = c G exp (iG ⋅ r ) ∑ G di una "funzione cristallo" n periodica nello spazio 3D equivale alla somma pesata (tramite i coefficienti cG ) di onde piane, selezionate in modo da avere per vettori d'onda i vettori del reticolo reciproco. Relazione tra il reticolo reciproco e gli indici di Miller per il reticolo cubico Vi sono quattro relazioni importanti tra il vettore Ghkl individuato dai tre interi hkl ed i piani reticolari del reticolo diretto che hanno per indici di Miller proprio (hkl). Queste relazioni, valide per ogni tipo di reticolo, anche triclino, sono tuttavia di semplicissima dimostrazione per il reticolo cubico, ed a questo ci limiteremo (il caso generale è un notevole ripasso di calcolo vettoriale...) 1) La direzione di Ghkl è perpendicolare ai piani con indici di Miller (hkl). Per vedere questo, basta ricordare la espressione della normale a questi piani, n hkl = haxˆ + kayˆ + lazˆ ed osservare che le sue componenti sono multiple h 2) volte in direzione x, k volte in direzione y e l volte in direzione z, di una medesima quantità. Si ricordi, comunque, che la normale ha dimensioni di una lunghezza, mentre G ha quelle di lunghezza -1. Il modulo di Ghkl è inversamente proporzionale alla spaziatura dei piani (hkl). Infatti, costruita la normale unitaria G h xˆ + k yˆ + lzˆ a a G 2π n uhkl = hkl = , il calcolo della spaziatura dà d hkl = xˆ ⋅ n uhkl = xˆ ⋅ hkl = . 2 2 2 G hkl h h G G hkl hkl h +k + l 3) * Il volume Vuc* della cella unitaria del reticolo reciproco Vuc = b1 ⋅ b 2 × b3 è inversamente proporzionale al volume Vuc 4) della cella unitaria del reticolo diretto. Il calcolo diretto dà infatti Vuc* = (2π)3 / Vuc. Il reticolo diretto è il reciproco del proprio reticolo reciproco. Anche qui la sostituzione diretta è immediata per il caso cubico. Reticolo reciproco della struttura del diamante In un solo caso è importante conservare la generalità della descrizione del reticolo reciproco, ed è il calcolo del tipo di reticolo reciproco che si ottiene per la struttura cristallina di massimo interesse per la Elettronica dello Stato Solido, ossia il reticolo cubico a facce centrate fcc. Il calcolo del reticolo reciproco parte dalla ripresa delle definizioni dei vettori di base delle celle unitarie per le tre strutture cubiche (semplice, facce centrate fcc, corpo centrato bcc) e da quelle generali dei vettori di base del reticolo reciproco: a1 = a2 = a3 = a (xˆ + yˆ − zˆ ) 2 a ayˆ (− xˆ + yˆ + zˆ ) 2 a azˆ (xˆ − yˆ + zˆ ) 2 semplice bcc axˆ a ( xˆ + yˆ ) 2 a ( yˆ + zˆ ) 2 a ( xˆ + zˆ ) 2 fcc b 1 = 2π b 2 = 2π b 3 = 2π a2 ×a3 a1 ⋅ a 2 × a 3 a3 × a1 a1 ⋅ a 2 × a 3 a1 × a 2 a1 ⋅ a 2 × a 3 Calcoliamo innanzitutto il denominatore delle definizioni dei vettori b, utilizzando al posto dei vettori a le loro espressioni della colonna fcc: xˆ yˆ 3 3 a a a 1 ⋅ a 2 × a 3 = (xˆ + yˆ ) ⋅ (yˆ + zˆ ) × (xˆ + zˆ ) = (xˆ + yˆ ) ⋅ 0 1 2 2 1 0 zˆ 3 3 a3 a a 1 = (xˆ + yˆ ) ⋅ (xˆ + yˆ − zˆ ) = ⋅ 2 = 4 2 2 1 e poi calcoliamo i tre prodotti vettore che compaiono nei tre numeratori: ˆ yˆ 2 2 x a a a 2 × a 3 = (yˆ + ˆz) × (xˆ + ˆz) = 0 1 2 2 1 0 ˆ 2 2x a a a 3 × a 1 = (xˆ + zˆ ) × (xˆ + yˆ ) = 1 2 2 1 yˆ zˆ 1= 1 ˆz 0 1 = 1 0 a2 (xˆ + yˆ − ˆz) 4 2π (xˆ + yˆ − zˆ ) a 2π (− xˆ + yˆ + zˆ ) b2 = a 2π b3 = (xˆ − yˆ + zˆ ) a b1 = a2 (− xˆ + yˆ + zˆ ) 4 da cui: ˆ yˆ zˆ 2 2 x a2 a a a 1 × a 2 = (xˆ + yˆ ) × (yˆ + zˆ ) = 1 1 0 = (xˆ − yˆ + ˆz) 4 2 2 0 1 1 Come si vede, i vettori di base della cella unitaria del reticolo reciproco di una reticolo diretto fcc sono quelli di un reticolo cubico a corpo centrato (bcc). Con il medesimo procedimento si potrebbe dimostrare facilmente quanto risulta con evidenza nel caso cubico semplice: il reticolo reciproco di un reticolo reciproco è il reticolo diretto di quest'ultimo. Ed infatti, il reciproco di bcc risulterà proprio essere fcc. Fattore di forma dei cristalli fcc a base biatomica. Lo sviluppo di Fourier dei cristalli n (r ) = c G exp (iG ⋅ r ) , come si è visto, contiene nei termini esponenziali tutte le ∑ G informazioni sul reticolo. Cristalli con il medesimo reticolo, tuttavia, mostreranno la loro diversità solo nei coefficienti cG . cG = 1 V ∫∫∫ n(r) exp (− iG ⋅ r )dr V In questo caso, l'andamento specifico della "funzione cristallo" n(r) entro la cella unitaria (che equivale, come sappiamo, in 3D a quello che in 1D è il periodo della funzione periodica) deve essere esplicitato. Dal punto di vista fisico, molte grandezze di uguale periodicità sono associate ad un cristallo dato, ad esempio la densità di materia la densità di carica il campo elettrico microscopico la costante dielettrica microscopica ecc. Dovrebbe essere evidente come queste siano diverse tra di loro: ad esempio, la densità di materia ha nel nucleo degli atomi i suoi picchi più alti, mentre gli elettroni sono rappresentati da picchi assai più piccoli. La carica elettrica, invece, assegna agli elettroni un ruolo equiparabile a quello del nucleo. Una caratteristica comune, comunque, di tutte le grandezze legate alla struttura cristallina è quella di avere valori elevati in corrispondenza delle posizioni atomiche e valori assai minori negli spazi interatomici. In altre parole, non è sbagliato pensare alla "funzione cristallo" come ad un insieme di funzioni delta isolate nello spazio vuoto. Per un cristallo come il silicio o il diamante, tutte le funzioni delta avranno ugual peso, essendo tutti gli atomi uguali tra loro. Per cristalli come il GaAs, invece, vi saranno verosimilmente pesi diversi per i picchi corrispondenti ad atomi di Arsenico rispetto a quelli corrispondenti ad atomi di Gallio. Notiamo che per ogni delta collocata in una posizione r0 entro la 1 exp (− iG ⋅ r0 ) 1 δ (r − r0 ) exp (− iG ⋅ r )d r = , per cui il risultato sarà della forma c G = V V V V ∫∫∫ cella unitaria ∑ A i exp (− iG ⋅ ri ) si ha dove le i coordinate ri sono le posizioni degli atomi ed i coefficienti A i i loro "pesi" corrispondenti. Prima ancora di esaminare la cella del Silicio e del GaAs, sorge il problema di quali picchi includere nel conto: infatti molti atomi (metà, per l'esattezza) sono collocati sulla superficie della cella cubica, e sono quindi in "condivisione" con altre celle. Dovendo integrare sulla cella elementare, possiamo giovarci di una proprietà che conosciamo dalla teoria elementare delle serie di Fourier: vi è assoluta libertà di definizione dell'inizio del periodo, che può essere quindi traslato avanti e indietro lungo l'asse delle ascisse. Nella figura a fianco, sia P1 che P2 possono definire la "cella unitaria", e l'integrale della funzione sull'uno o sull'altro segmento è il medesimo. Ecco allora un modo per contare i picchi nella cella cubica: immaginiamo di traslare il cubo di una piccola quantità -ε sia in direzione x che y che z. L'effetto è molto chiaramente disegnabile per un reticolo piano. Si prenda ad esempio un reticolo rettangolare centrato. P1 P2 Mentre il rettangolo a linea spessa rappresenta la cella unitaria non primitiva (quella primitiva romboidale è ripetuta esplicitamente su tutto il disegno), che tocca 4 punti e ne include per intero 1, la cella traslata, indicata dal rettangolo tratteggiato, indica chiaramente come solo due punti, evidenziati in nero, rimangano nella cella. Se si ricoprisse la superficie data con rettangoli identici a quello tratteggiato, ogni rettangolo conterrebbe solo 2 punti. Possiamo dire, allora, che la cella unitaria contiene due e solo due punti reticolari. Quando ripetiamo il procedimento per il reticolo cubico a facce centrate, vediamo che si eliminano tutti i punti appartenenti ai piani x=a, y=a, z=a. Ne rimangono solo 4, quelli di coordinate (0,0,0), (a/2,a/2,0), (0,a/2,a/2), (a/2,0,a/2). Le posizioni atomiche, invece, sono il doppio in numero (la base dei cristalli di nostro interesse è biatomica, come sappiamo). Facendo riferimento ai cristalli tipo GaAs, gli atomi di una specie coincidono con i quattro punti sopra descritti, disegnati in nero qui a fianco, mentre quelli dell'altra specie sono spostati di +a/4 in tutte e tre le direzioni, e sono rappresentati in grigio nel disegno. Nel Silicio, tutti gli atomi sono dello stesso tipo. Ecco allora che nella "funzione cristallo" i coefficienti avranno la forma: 4 1 4 c G = 3 A exp (− iG ⋅ ri ) + B exp (− iG ⋅ ri′ ) , a i =1 i =1 con ri = (0,0,0), (a/2,a/2,0), (0,a/2,a/2), (a/2,0,a/2) r'i =(a/4, a/4, a/4), (3a/4,3a/4, a/4), (a/4,3a/4,3a/4), (3a/4, a/4,3a/4) ∑ ∑ e le costanti A e B rappresentano i diversi "pesi" delle due diverse specie atomiche. Ovviamente, per il Silicio A=B. 2 πh 2π k 2 πl ˆz valida per il xˆ + yˆ + a a a reticolo cubico, ecco che si arriva al risultato: Se ora ricordiamo la definizione G = cG = 1 a3 [ A (exp(0 ) + exp (− iπ( h + k ) ) + exp( −iπ( k + l) + exp( −iπ( h + l) ) + π π π π B exp( − i ( h + k + l)) + exp( −i (3h + 3k + l)) + exp( −i ( h + 3k + 3l)) + exp( −i ( 3h + k + 3l)) ] 2 2 2 2 questa formula, apparentemente poderosa, è però assai più semplice, quando si ricorda che exp(-iπ)=-1 e che exp(-iπ/2)0=-i: [( ) ( [( )( 1 A 1 + (− 1) h + k + (− 1)k +l + (− 1) h + l + B (− i )h + k +l + (− i)3 h +3 k + l + (− i ) h +3 k +3 l + ( − i )3 h + k + 3 l ) a3 che equivale a scrivere: 1 c G = 3 A 1 + (− 1)h + k + (− 1)k +l + (− 1)h +l A + B(− i) h + k + l a cG = )] )] Questo significa che i coefficienti cG hanno valori differenti a seconda dei valori dei tre interi h,k,l. Tra questi valori, alcuni possono essere nulli, indicando la assenza di quella data onda piana exp(iGr) dallo sviluppo di Fourier della funzione cristallo. Per valori che annullano la prima parentesi tonda (ad esempio h=1, k=1, l=2), questo annullamento è comune sia ai cristalli con un'unica specie di atomi, come il Silicio, che ai cristalli con A e B diversi, come il GaAs. Per il Silicio, inoltre, tutte le combinazioni per cui h+k+l=2+4n, con n intero, annullano la seconda parentesi tonda, nella quale A=B. Esercizio: dimostrate che i diversi valori ammissibili per cG sono 16 per il GaAs e 12 per il Silicio. Si ricordi che, essendo cG i coefficienti di una serie di Fourier, la loro eventuale uguaglianza per diversi G NON indica che le rispettive componenti (le "onde piane" exp(iGr)) siano uguali, ma solo che avranno la stessa ampiezza. Cella di Wigner-Seitz per i reticoli cubici Il concetto di cella di Wigner-Seitz introdotto all'inizio del capitolo vale per qualsiasi dimensione spaziale del reticolo. Per il reticolo unidimensionale, la cosa è molto facile: scelto un punto di riferimento nel "reticolo", i suoi primi vicini sono semplicemente i due punti alla sua destra ed alla sua sinistra. La congiungente del punto centrale con i primi vicini è quindi il semplice segmento lungo quanto il passo reticolare La cella di Wigner-Seitz è quindi semplicemente il segmento che congiunge i punti medi dei due segmenti così individuati, è lungo a sua volta quanto il passo reticolare, ed ha al suo centro il punto reticolare di riferimento. a Per un reticolo bidimensionale, si è già visto un esempio precedentemente. Osserviamo un altro caso, per il reticolo quadrato: la costruzione porta ad una cella semplicemente quadrata, centrata sul punto reticolare scelto come riferimento. Le frecce orizzontali e verticali connettono il centro con i primi vicini, e le linee tratteggiate sono gli assi di queste frecce. La freccia grigia contatta uno dei secondi vicini, e le linee grigie non tratteggiate sono gli assi di questa freccia e delle sue omologhe, non disegnate. Il poligono di minore area individuato da queste rette è il semplice quadrato centrale, che risulta quindi essere la cella di Wigner-Seitz del reticolo bidimensionale quadrato. Più complesso è il caso del reticolo generico, come riportato all'inizio del capitolo, ove la cella non è quadrata e nemmeno quadrangolare. Si ricordi a questo proposito l'esempio riportato all'inizio di questo capitolo, dove la cella era costituita da un esagono irregolare. Si osservi l'ulteriore esempio a lato, dove un reticolo rettangolare centrato (lo si riconosce per tale ?) dà luogo ad una cella di Wigner-Seitz che di rettangolare non ha nulla. Ci si può dunque immaginare come per i reticoli cubici la situazione sia analoga, con grandi complessità in più: solo il reticolo cubico semplice, per il quale la cella cubica primitiva, con i punti reticolari collocati nei vertici, e la cella di Wigner-Seitz differiscono solo per la traslazione che porta, per quest'ultima, un punto reticolare nel centro del cubo. Per le strutture fcc la cella di Wigner-Seitz è un dodecaedro regolare. Per le strutture bcc la cella di Wigner-Seitz è un ottaedro troncato. Osserviamo dunque come, mentre a livello di celle unitarie NON primitive, la struttura cubica fcc sia reciproca di una struttura ancora cubica, ma di tipo bcc, a livello di celle di Wigner-Seitz quella di un reticolo cubico non semplice e quella del suo reticolo reciproco siano completamente diverse. Anticipiamo qui una convenzione, che assegna alla cella di Wigner-Seitz del reticolo reciproco il nome di prima zona di Brillouin, e la superficie che la delimita, di conseguenza, si chiama bordo (o frontiera) della prima zona di Brillouin. Cella di Wigner-Seitz per il reticolo fcc (prima zona di Brillouin per bcc) Cella di Wigner-Seitz per il reticolo bcc (prima zona di Brillouin per fcc)