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po l`infeudazione a Giovanni Scriva (1497) e il dominio sforzesco

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po l`infeudazione a Giovanni Scriva (1497) e il dominio sforzesco
Rosario Quaranta
po l'infeudazione a Giovanni Scriva (1497) e il dominio sforzesco (1507-1557),
Grottaglie 20 passa a Lucchesino de' Lucchesini (1558), Porzia Filomarino (1566),
Alfonso Piscicello, Giovan Giacomo Cosso e D. Vincenza Spinelli olim viceregina (1574), Antonio Acquaviva (1588), Antonio Carafa (1589).
Con i Carafa si chiude il secolo XVI ma non il vergognoso mercimonio della Terra che continua: D. Ippolita Pappacoda La Noya (1622), Marco Antonio
Muscettola (1622), Gregorio Castelli (1623), Vincenzo Velluti e Geronimo Andreini (1643), Giovanni Cicinelli (1659) 21 .
Oltre alla speculazione economica sul valore del feudo, pesarono nell'estenuante contesa giurisdizionale con gli arcivescovi di Taranto i tanti passaggi feudali, che lasciano supporre la volontà nei feudatari laici di turno di volersi sbarazzare di una realtà troppo fastidiosa.
Gli unici feudatari che seppero tener testa spavaldamente alla situazione, ricorrendo spesso alla violenza, alla forza e alla prevaricazione, furono i Cicinelli, nobili napoletani che, soli, presero dimora stabilmente nel feudo e lo governarono, nonostante le liti e i processi con i feudatari ecclesiastici, fino all'abolizione della feudalità. 22
In effetti, molte erano le vigesime feudali dovute alla mensa arcivescovile
dall'università di Grottaglie, come possiamo leggere in una fede giurata 23 del
baroni infeudate: S'incominciò dal fissare il prezzo di ciascuna città da vendere; e a tal uopo fu mandato sui luoghi il razionale Francesco Guarini per fissare la notizia delle relative
rendite baronali (...) Dopo di che il 19 agosto 1558 fu la città di Ostuni venduta per ducati 55
mila a Ferdinando Loffredo Marchese di Trevico, dal quale si riscattò dopo un anno. Nello
stesso anno 1558 fu venduta la giurisdizione civile, criminale e mista, coi dritti e i pagamenti
fiscali di Grottaglie a Lucchesino de' Lucchesini per ducati 25 mila" (Storia della successione degli Sforzeschi, cit. p. 257). E qui termina la storia comune dei due centri salentini,
durata esattamente sessant'anni. Ostuni e Grottaglie d'ora in avanti affronteranno situazioni
e difficoltà diverse; non è però lontana dal vero l'affermazione che a essere particolarmente
penalizzata, a causa dell'insostenibile sdoppiamento feudale e del condizionamento ecclesiastico, sarà la sfortunata Terra delle Grottaglie.
20 M. RIGILLO ripercorre i vari passaggi feudali, sulla scorta delle notizie ricavate dai Registri dei Quinternioni Instrumentorum, nelle sue Vicende feudali della Terra di Grottaglie
nei secoli XV, XVI, XVII, Cagliari [1908], pp. 5 e ss. Su questo autore e sull'importante quanto trascurato suo studio, si veda la ricordata nota di G. CARDUCCI, Un capitolo di storiografia grottagliese nelle lettere di Michele Rigillo a Ciro Cafforio (1933 35), in "Cenacolo", N.
S., VIII (XX), 1996, pp. 127-139.
21 Cfr. M. RIGILLO, Vicende feudali, cit., pp. 9-17; G. VOZZA, Feudo e feudatari di Grottaglie, in "Archivio Storico Pugliese", a. XVIII (1965), I IV; R. QUARANTA, Grottaglie nel
tempo, pp. 44 - 47.
22 Si rinvia in proposito alle diffuse pagine di V. DE MARCO, La diocesi di Taranto nell'età moderna (1560-1713), Roma 1988; e IDEM, La diocesi di Taranto nel Settecento (17131816), Roma 1990.
23 ACGr, B IX 1, 9. 11 documento è stato edito in R. QUARANTA, Archivio Capitolare di
Grottaglie, Lecce 2004, pp. 262-263.
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Abolizione della feudalità a Grottaglie
General Sindaco del 9 settembre 1786: "Si fa fede per me qui sotto D.r Don
Giuseppe Ciro Fasano General Sindaco di questa Terra delle Grottaglie, da ratificarla quominus opus est qualmente la Mensa Arcivescovile di Taranto delli
beni siti in questo territorio esigge la vigesima di frutti videlicet. la xx.ma del
grano, dell'orzo, avena, fave e favelle, oglio e vino mosto, di quello solamente
però che esca dalle uve calpestate; come altresì del lino, e non già di altri generi come sono ceci o dolighe, faggioli, piselli, bombacia né d'alcuna sorta di
frutta, o piante, come anche delle uve, che si vendono in piazza. Si fa parimenti fede che, dalla detta Mensa Arcivescovile se esigge la xxma dell'agnelli e capretti, di quelli però che si trovano esistenti nelle massarie nella sola settimana
santa, poiché di quelli che si trovano macellati o venduti prima di detto tempo
non ha dritto alcuno d'esiggerla; ma non già esigge la xxma delle vacche, giomente, Neri, o altre mandre ben inteso però, che non tutti i beni sistenti nel territorio predetto sono soggetti alla servitù di simile vigesima essendovene moltissimi di detti beni all'in tutto franchi, ed altri soggetti alla sola quarantesima;
e sebbene la detta Mensa sia nel possesso d'esiggere dette vigesime e quarantesime nella maniera espressata pure l'Università credendole attribuzioni sacre
sin da più anni ne ha introdotta causa nel S. R. C. dove finora pende. Che in fede della verità ho fatto la presente scritta dal nostro ordinario cancelliere, sottoscritta di mia propria mano e munita col solito uni versai suggello. Grottaglie
li 9 settembre 1786. Dr.D.n Giuseppe Ciro Fasano Generale Sindaco fa fede come sopra Michele Russo Cancelliere."
I due feudatari, in verità, nel 1781, avevano trovato la pace mediante un accordo che prevedeva la concessione in affitto dei diritti feudali da parte del barone ecclesiastico alla famiglia Cicinelli-Caracciolo 24 . Vennero affittati in particolare i diritti sulla foresta, 25 non senza la legittima protesta dell'Università,
24 G. BLANDAMURA,
La baronia arcivescovile e il castello episcopio di Grottaglie, Taran-
to 1933, pp. 26-27.
25 Cfr. A. P. Coco, Di alcuni voluti feudatari e delle cause di sollevazioni popolari in
Grottaglie nei secoli scorsi, in "Taras", VII, 1-4, Taranto 1943, pp. 65-66,70. L' A. riporta anche alcune notizie tratte da documenti dall' ARCHIVIO DI STATO DI NAPOLI, Sez. Amm.,
Comm. Feudale - vol. 773 - Processo 4260 - Atti del Comune di Grottaglie in Prov. Lecce
contro II Principe di Cursi e la Mensa Arcivescovile di Taranto, anno 1807, che noi riproponiamo: «A pag. 12 a tergo fra l'altro leggesi: Possiede quella Università come assoluta padrona il vasto demanio detto la Foresta, in cuí rappresenta i seguenti dritti 1) Ha ella il diritto di legnare ecc. 2) di abbeverare nei diversi pozzi sorgivi; 3) di pascere in tutti i termini
dell'anzidetta Foresta; 4) un altro diritto non indifferente che dopo il di 6 dicembre tutto il
frutto sopravanzato diventa demaniale raccogliendolo i cittadini del proprio uso e profitta fino al di 8 settembre nel qual giorno torna il frutto di nuovo alla Mensa. E sola la Rea! Mensa di Taranto ví gode la servitù delle ghiande per 3 soli mesi in occasione che gode in quel
feudo la giurisdizione civile. — Ora la suddetta Real Mensa ne fece anni addietro la censua-
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come scive il Coco: "A tanti soprusi il popolo tumultuava e si temevano altre
rivolte contro il feudatario. La commissione feudale intervenne a tempo e nel
1807, esaminata, in un lungo processo con una memoria edita di pagine 106 26 ,
la secolare lite decise senza più imbarazzarsi di tali interine provvidenze,.... occuparsi a deferire alla relazione domandata alla censuazione carpita dal Barone
per riunire la giurisdizione criminale e la civile di cui volentìeri sì spogliò la
Mensa di Taranto, per prudenza, vedendo di non potere esistere in pace due padroni in un medesimo territorio. Ma che tutto è ripiombato a danno di quella popolazione, che mentre era dolcemente trattata dalla moderazione di chi degnamente possiede quella mensa, ora rimasta spogliata di tutto dalla mano forte dei
Ministri Baronali che riunendo i due poteri ha impedito gli usi civici tanto necessari agli uomini di quella Terra".
Il 25 aprile 1785, con atto del notaio Giuseppe Palumbo di Napoli, vi fu la
"legale cessione dell'intero patrimonio e relativi titoli" da parte della duchessa
Giulia Cicinelli-Caracciolo "al suo primogenito figlio Giovanni Andrea, che ne
aveva già l'intera amministrazione. Dopo la morte di Giovanni Andrea Caracciolo-Cicinelli, seguita il 9 luglio 1800, il patrimonio ereditario passò al minore suo figlio Gennaro, della cui tutela si interessò la madre principessa Carlotta Spinelli. L'eredità venne legalmente convalidata e regolarmente inscritta in
Cedolario di Terra d'Otranto il 21 agosto 1804, alla vigilia cioè dell'abolizione
della feudalità. Solo dopo la eversione della feudalità, troviamo di nuovo
presenti: la Mensa arcivescovile di Taranto da una parte; l'Università di Grottaglie dall'altra ed il principe di Cursi, nelle varie sentenze della Commissione
feudale (i processi purtroppo furono anch'essi distrutti nell'ultima guerra). In
dette sentenze si riassume che il principe di Cursi - nominato come ex Barone
zione a detto Illustre Barone per l'annuo canone di ducati 540 ad oggetto di evitare le "tante liti che avvenivano tra i suoi fidati e detto prepotente Barone. Ma lo medesimo come se
fosse il censuario di tutta la proprietà, pretende impossessarsi di tutto, smacchiando le terre,
devastando alberi e situando Masserie e ad altro non tende che a spogliare quella cittadinanza di tutti quei diritti che ha. Ad evitare maggiori spogli ha risoluto l'Università domandare
formalmente la prelazione a tale censuazione, come quella che deve dirsi assoluta proprietaria di demanio ed ha fatto istanza obbligarsi il Duca al risarcimento di tutti i danni cagionati in detta foresta. Le Ruote giunte della Camera non potettero fare a meno di dichiarare: «Respectu decimi capitis esequatur decretum et interim servetur solitum quod usum civium pretensum ab Universitate in Territorio in actis deducto verificandum patribus auditis pro qua
effectu. capiatur summaria informatio de solito praedicto per Regiam Provincialem audientiam, et quoad incisionem arborum serventur ordines Regiae Camerae».
26 11 Coco non offre altre indicazioni tipografiche per questo documento. Sulla questione
esiste anche la seguente pubblicazione che non ho avuto la possibilità di consultare: GioVANNI CORBI, Memoria per l'Università delle Grottaglie, nella Regal Camera di S. Chiara,
s.l.: s.n., imprim. 1807, 31 p. 29 c, (copia nella Biblioteca della Società napoletana di Storia
Patria di Napoli).
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Abolizione della feudalità a Grottaglie
- non dovrà essere molestato per nessuno dei capi presentati dall'Università di
Grottaglie, sia per le spese della Portolania che per pesi, misure e zecca, guardie notturne, ecc. Al contrario l'Università continuerà a pagare l'annualità relativa al credito strumentario contenuto nell'atto di transazione del 1768. Infine
la sentenza n. 14 del 6 agosto 1810 chiarisce esplicitamente che la vigesima,
che la Mensa arcivescovile di Taranto ha sempre preteso essere di natura feudale, è sempre stata invece di natura giurisdizionale ecclesiastica. E pertanto
con tale sentenza si ammonisce la Mensa di astenersi « di esigerla sopra i fondi comunali dell'Università e sopra tutti i fondi così chiusi come aperti posseduti non meno da privati laici, che da luoghi pii e dalle corporazioni ecclesiastiche e religiose» 27 .
2. 1806: "liberazione dalla schiavitù feudale"
Le vicende riguardanti l'importante evento della abolizione della feudalità a
Grottaglie vengono qui per la prima volta esposte, in una sorta di cronaca, grazie ad alcuni documenti inediti conservati nel locale Archivio Capitolare 28 e
nell'Archivio di Stato di Taranto 29 . In quest'ultimo, in particolare, si conservano le Conclusioni Decurionali di Grottaglie relative a quegli anni difficilissimi,
attraverso le cui pagine è possibile ripercorrere i vari momenti legati all'abolizione della feudalità: dagli iniziali entusiasmi e dalle comprensibili prime esaltazioni, alla lunga e imprevista serie di difficoltà di ordine sociale, economico
e politico.
Ricordiamo che nella seconda metà del secolo XVIII Grottaglie contava circa poco più di 4500 anime, che corrispondevano all'incirca al numero di abitanti di due secoli prima. Un segno eloquente di mancato sviluppo demografico, da spiegarsi con le tristi condizioni sociali in cui si dibatteva per le tristi vicissitudini feudali e per il pesante condizionamento ecclesiastico e del feudatario laico 30 .
G. VOZZA, Feudo e feudatari, pp. 30-31.
28 ACGr, B. XI, 4, 3 e 4: Atti ad istanza di Salvatore De Angelis, 11 agosto 1807; e Protesta dei possessori di feudi della Foresta, 11 aprile 1811. Cfr. R. QUARANTA, Archivio Capitolare, cit., p. 180.
29 ARCHIVIO DI STATO DI TARANTO (AST). Si tratta delle prime quarantuno Conclusioni Decurionali che vanno dal 1 settembre 1806 al 25 ottobre 1807 (segue poi un'interruzione fino
al 4 febbraio 1810); inoltre: un Atto del Notaio Rocco Lombardi del 1 novembre 1806 relativo a una richiesta di poter detenere armi (Atto publico, e richiesta fatta al Signor D. Francesco Monaco Sindaco di questa Università ad istanza di D. Nicola Scardino dell Grottaglie).
30 Cfr. G. VOZZA, Feudo e feudatari, cit. Al problema dedica ampio spazio pure V. DE
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L'articolazione sociale ed economica, come nei vari centri del Tarantino e
come appare dal catasto del 1753, era piuttosto semplice:31 : la massima parte degli abitanti era impegnata nel duro lavoro della terra (bracciali e contadini) e
della pastorizia; un certo peso aveva l'attività della concia delle pelli; non molto consistente l'attività della ceramica, cui si dedicava una dozzina di famiglie
per una produzione per lo più rustica, anche se non mancavano alcuni "faenzari" che ebbero un certo rilievo, come Francesco Saverio Marinaro. 32
Vi erano poi gli altri artigiani (falegnami, pittori, fabbri, barbieri, calzolai...)
e la classe civile con i suoi rappresentanti che, o vivevano del proprio (possidenti gentiluomini), o esercitavano le attività di maggior prestigio (notai, medici e speziali, avvocati...).
Un peso preponderante esercitava ancora la Chiesa: il Capitolo e il clero dell'Insigne collegiata era ben vivo, poiché il numero dei suoi membri risultava
considerevole e sproporzionato agli abitanti. Nel 1742 era composto da ben 106
sacerdoti, da un suddiacono, due diaconi e 45 chierici per un totale di 154 ecclesiastici secolari.
A questi si aggiungevano i regolari, e cioè i Frati Carmelitani, Minimi e Cappuccini i quali, secondo una stima approssimata dovevano essere una ottantina.
Infine si aggiungevano una cinquantina di monache Clarisse. Insomma, poco
meno di trecento persone ecclesiastiche per una comunità che non arrivava a
cinquemila abitanti!
Buona parte delle proprietà fondiarie era poi nelle mani degli ecclesiastici,
della Mensa Arcivescovile, delle Confraternite, degli altri Luoghi Pii e del feudatario laico 33
Ben poco rimaneva per le famiglie grottagliesi che non riuscirono perciò ad
esprimere, come invece accadde nelle vicine città di Francavilla, Martina o
Manduria, un significativo e intraprendente ceto civile in grado di contrastare il
potere ecclesiastico e del feudatario laico.
Il ruolo preponderante del clero secolare e specie del corpo capitolare a
.
MARCO nel suo pregevole volume La diocesi di Taranto nel Settecento, Edizioni di Storia e
Letteratura, Roma 1990.
31 Cfr. A. CINQUE, Economia, cit., pp. 404 ss.
32 Cfr. S. PANSINI, Francesco Saverio Marinaro pittore di faenze in Grottaglie e le ambiguità della ceramica pugliese del XVIII secolo, in "Faenza", a. LXXXIV (1998), n. 4-6, pp.
271-299.
33 L'argomento è ampiamente trattato nel volume di A. CINQUE, Economia, cit.; in particolare alle pp. 85-113: Preti e chierici animatori della storia economica e sociale del XVII e
XVIII secolo, e L'enfiteusi. Interessanti indicazioni sulla situazione grottagliese in L. PALUMBO G. POLI - M. SPEDICATO, Quadri territoriali, equilibri sociali e mercato nella Puglia
del Settecento, a cura dí Giuseppe Poli, Congedo editore, Galatina 1987, pp. 232-234 e 257258.
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Abolizione della feudalità a Grottaglie
Grottaglie, tra il 1753 e il 1792, viene acutamente analizzato da vari studiosi, í
quali, nonostante un notevole ridimensionamento del numero deí sacerdoti, osservano che la composizione capitolare nelle sue diverse espressioni sociali non
subisce variazioni di sorta.
Una situazione chiaramente insostenibile in tutto il Regno, ma che a Grottaglie si accentuava in maniera più drammatica, condannando la pur laboriosa
comunità a una crisi continua e in uno stato di arretratezza sociale ed economica, dal quale si solleverà soltanto dopo l'abolizione della feudalità, la soppressione degli ordini religiosi e il drastico ridimensionamento del numero degli ecclesiastici che in Grottaglie si attuò rapidamente.
Basti considerare che essi passarono da quasi 300 del secolo precedente a
solo 88 nel 1818, anno della morte di Don Ciro Annicchiarico (45 preti, 12 frati e 31 monache) 34 . Una conclusione in sintonia con le nuove esigenze storiche,
sociali e culturali, mediate in buona parte dagli eventi legati alla Rivoluzione
del 1799 e all'abolizione della feudalità e alla soppressione religiosa.
Grottaglie visse i rivolgimenti politici legati all'esperienza del 1799 35 senza
eccessivo entusiasmo: la fugace esperienza dell'innalzamento dell'Albero della Libertà, tollerata con senso di fastidio dalla maggior parte del clero e del popolo, venne subito liquidata con la preoccupazione di cancellarne i segni (ecco
spiegati nelle Conclusioni capitolari qualunque diretto accenno agli eventi e il
fatto che mancano addirittura le deliberazioni relative ai mesi di gennaio — luglio 1799). Prudentemente accolse e favorì la controrivoluzione di Boccheciampe e De Cesari, ed evidenziò i segni di attaccamento sia ai reali borbonici
che al proprio barone ecclesiastico, l'arcivescovo Capecelatro che in tutta la vicenda, come è noto, non tenne una linea coerente.
I protagonisti dell'esperienza democratica, se rapportati a quelli degli altri
centri vicini, non furono molti. Nella lista dei «rubricati in materia di Stato nella provincia di Lecce», ossia tra i rei di Stato salentini, compilata dopo il fallimento della rivoluzione napoletana del 1799 dal marchese della Schiava, compaiono solo i seguenti grottagliesi: P. Francesco Anastasia e P. Domenico Greco dei Minimi, il canonico Francesco Saverio Paritaro (zio del celebre brigante
D. Ciro Annicchiarico), D. Giuseppe Fusco, D. Giuseppe Ciro Fasano (che tenne a battesimo Ciro Annicchiarico), D. Giovanni D'Abramo, Giuseppe Paolo
Moccia, Giuseppe Ricchiuto, Giovanni Verga, D. Michele Trani, D. Saverio
Gaeta, Vincenzo Annicchiarico (padre di D. Ciro Annicchiarico), D. Vincenzo
Cfr. Stato civile 1818-1819, in Archivio Comunale di Grottaglie, Fondo antico, sez.
preunitaria.
35 R. QUARANTA, Tra Giacobini e Realisti a Grottaglie e nel Tarantino orientale, in AA.
Vv., Più tiranno alcun non v'ha. Le rivoluzioni del 1799 nel territorio di Taranto, a cura di
F. TERZULLI, Taranto 1999, pp. 217-252.
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