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L`economia svizzera nel 2009 se l`è cavata
Anno 41 N. 3, marzo 2010 Mensile degli Svizzeri in Italia con comunicazioni ufficiali delle Autorità svizzere e informazioni del Segretariato degli Svizzeri all’estero Internet: http://www.gazzettasvizzera.it Il calo del PIL è inferiore a quello di altri paesi L’economia svizzera nel 2009 se l’è cavata ancora bene Sono state pubblicate le prime stime sull’andamento congiunturale nel 2009. Le 27 economie dell’Unione Europea hanno visto il loro prodotto interno lordo diminuire in media del 4,1%. La recessione è stata particolarmente forte al nord e nei paesi baltici, con primati assoluti in Estonia (-14%) e Lettonia (-18,3%), nonché nei paesi dell’est. Gran Bretagna, Germania e Italia hanno invece subito cali fra il 4,8 e il 4,9%. Gli altri molto meno. In Svizzera le prime previsioni di stima indicano un tasso del 2%, cioè di meno della metà della media europea. Risultato notevole se si tiene conto che il PIL svizzero dipende per quasi la metà dalle esportazioni e per una fetta importante dal settore dei servizi finanziari, che ha subito una profonda crisi nei primi sei mesi dell’anno. Anche la Svizzera è dovuta intervenire con misure di sostegno, ma tutto sommato di livello modesto. Sul fronte della disoccupazione i livelli svizzeri (4,3%) sono nettamente inferiori a quelli medi europei (9,1%). Il sostegno principale alla nostra economia è venuto soprattutto dalle costruzioni, il cui ritmo di crescita non è rallentato, in cui le domande di case non hanno subito gli effetti della bolla speculativa verificatasi altrove. Inoltre alcune industrie hanno continuato ad avere un buon ritmo di esportazioni. Per alleviare la contrazione di posti di lavoro, la Svizzera ha fatto ampio ricorso al tempo di lavoro ridotto. Per il 2010 si prevede un miglioramento della situazione, ma un tasso di disoccupazione ancora elevato e quindi un tasso di crescita dell’economia vicino allo zero. Congresso del Collegamento Svizzero in Italia A Sanremo il 15/16 maggio Il 72º Congresso del Collegamento Svizzero in Italia avrà luogo il 15/16 maggio prossimo a Sanremo. Il tema del Congresso sarà dedicato ai problemi del rientro in Svizzera per coloro che sono emigrati all’estero, in particolare in Italia, ma anche a chi ha intentzione di rimanervi. A chiusura del Congresso vi sarà la consueta cena ufficiale alla presenza degli oratori e di personalità del mondo diplomatico svizzero in Italia. La domenica mattina sarà dedicata al relax lungo il mare e alle visite. Seguirà il pranzo nel borgo marinaro. Altre informazioni a pa- gina 12. Moduli d’iscrizione nel numero di febbraio e anche su internet. ●pagina 3 Amnistie fiscali anche in Svizzera ●pagina 9 Il nuovo passaporto 2010 ●pagina 5 Die Besteuerung von Ferienimmobilien ●pagina 10 La presenza svizzera in Piemonte ●pagina 22 Il Circolo Svizzero di Varese va a scuola ●pagina 24 Medaglie svizzere alle Olimpiadi postatarget magazine DCOOS3273 «In caso di mancato recapito inviare al CMP di Milano -Roserio per la restituzione al mittente previo pagamento resi» I rischi della ripresa Debiti pubblici e inflazione La Svizzera ha chiuso i bilanci 2009 con 2,7 miliardi di avanzo d’esercizio ed è riuscita a ridurre il proprio debito pubblico al 40% del Prodotto interno lordo. È tutta fortuna o c’è anche un po’ di merito? E gli altri paesi, come stanno? I maggiori paesi europei, secondo lo studio di un istituto finanziario, hanno accumulato un debito pari al 500% del PIL, gli Stati Uniti raggiungono il 600% e paesi come la Grecia perfino l’800%. Per ripianare questo debito sarebbe ora necessaria una vigorosa crescita economica, ma la politica finanziaria che lo permetterebbe sarebbe troppo rigida e quindi politicamente inaccettabile. Senza questa rigidità però si rischia un forte tasso di inflazione e qualche autorità monetaria sta pensando a un tasso di rincaro sopportabile. Ma con quali rischi? Sicuramente quelli di tassi di interesse in crescita e quindi di ostacolo alla ripresa. La Federal Reserve americana ha dato un primo segnale, ma per il momento i mercati restano calmi e i tassi molto favorevoli. Lo spettro della crisi è però sempre in agguato. i.b. Avviso Sulla Gazzetta Svizzera del novembre 2009 Vi abbiamo avvisato che dal febbraio 2010 sarà spedito solo più un esemplare per famiglia. Il Dipartimento Federale degli Affari Esteri ci avvisa che c’è un ritardo nella modifica del programma di scelta degli indirizzi; la misura andrà probabilmente in vigore col numero di aprile. Grazie e cordiali saluti. Robert Engeler 2 N. 3, marzo 2010 Restano ancora quasi due mesi per mettersi in regola con l’aiuto di uno specialista Per lo scudo è bene approfondire e non fidarsi di giudizi affrettati Caro Avvocato, la ringrazio per la sua risposta immediata. Vista la modesta cifra che dovrei scudare non volevo spendere soldi per una consulenza. Siccome io ho letto spesso nella Gazzetta Svizzera che lei da anche consigli “gratuiti”, ho pensato di approfittarne. Le racconto brevemente la mia storia. Se lei potrà rispondere al mio quesito, io ne sarò felice. Sono nata in un paesino situato in cima a una delle più belle montagne svizzere e sono quindi cittadina svizzera per nascita. Nel 1975 ho sposato un cittadino italiano che già viveva in Svizzera. Dal matrimonio sono nati tre figli. Nel 1985 ci siamo trasferiti a vivere in Italia in una ridente cittadina del profondo Sud. Dato che nella mia gioventù avevo lavorato in una località vicina al mio paese di nascita, ho messo in banca un gruzzoletto di circa Frs. 50’000. Gruzzoletto che è stato sempre oggetto delle mie dichiarazioni fiscali in Svizzera e per il quale ho sempre pagato alla Confederazione quanto era dovuto per tasse. Questo denaro non l’ho invece mai dichiarato al fisco italiano nonostante io abbia fatto, come mio marito, regolari dichiarazioni dei redditi in Italia perché in Italia lavoriamo entrambi. Venuta a sapere dello “scudo”, mi sono data da fare nella cittadina dove vivo in Italia, interpellando commercialisti e direttori di banca. È stato un vero e proprio disastro! Mi sono sentita dire di tutto e di più ma non ho mai ottenuto alcuna risposta soddisfacente ed esauriente. Ho quindi telefonato alla mia banca svizzera per avere ragguagli. Ho raccontato la mia storia ed ho detto, naturalmente, che io avevo sempre pagato le tasse svizzere sul denaro posseduto in Svizzera. Il funzionario di banca è rimasto molto sorpreso della mia “idea” di scudare e mi ha detto che, secondo lui, io non dovrei scudare affatto! Mi ha anzi suggerito di “passare” nella categoria dei “frontalieri”, poiché i frontalieri, ha spiegato lui, pagano solo una piccola cifra. Le dirò subito che il parere del funzionario di banca – non so perché – invece di tranquillizzarmi, mi ha angosciato ancora di più. Mi dispiaceva (e mi dispiace), infatti, compromettere, con un errore o con una omissione, il denaro che io nella prima gioventù ho così faticosamente guadagnato e messo da parte per ogni evenienza. Le sarò infinitamente grata se potrà darmi, senza costringermi ad una faticosa trasferta a Milano, un consiglio, anche molto stringato. Colgo comunque l’occasione per ringraziarla di cuore per i preziosi consigli che lei ci ha dato in questi anni attraverso la nostra cara Gazzetta Svizzera. A.R.M. – località omessa Risposta Gentile Signora, la sua lettera, limpida e schietta, mi è piaciuta moltissimo ! Dedico quindi a lei una delle undici risposte che io mi sono impegnato a dare gratuitamente ai miei compatrioti che in Italia affrontano i più disparati problemi perché lei – con il suo garbo – se la merita davvero !. Aggiungo che mi piacerebbe fare di più ma, dato che io mi guadagno il pane quotidiano proprio dando pareri legali, non mi è stato proprio possibile estendere il beneficio della gratuità a tutti coloro che mensilmente mi leggono. Il suo caso è molto simile, per non dire identico, a quello di parecchie persone che, come lei, non abitando in città grandi (dove è più facile trovare qualche professionista esper- Rubrica legale dell’Avv. Ugo Guidi to) hanno cercato di raccogliere informazioni adeguate. Capisco quindi benissimo la sua sorpresa e – poi – la sua “angoscia” per non essere riuscita mai ad avere notizie precise. In effetti la materia dello scudo è una materia molto difficile e delicata. È quindi proprio opportuno che le persone si avvalgano dell’opera di specialisti. Per quanto mi riguarda, io ho cercato di dare il maggior numero possibile di risposte “gratuite” a coloro che mi sono, come lei, parsi i meno facoltosi. Gli altri o si sono avvalsi delle istruzioni di carattere generale che io ho ripetutamente scritto sulla Gazzetta Svizzera oppure hanno dovuto avvalersi delle prestazioni mie o accedendo al mio studio! Coloro che hanno approfondito l’argomento hanno fatto benissimo! Infatti, la decisione in ordine all’utilizzazione o non utilizzazione dello scudo è molto difficile e necessita, nella maggior parte dei casi, approfondita disamina della situazione e l’assunzione di decisioni difficili ed a volte perfino sofferte. Ne sanno qualcosa coloro che ci sono passati! Venendo al caso suo, posso dirle che lei ha Gli articoli con sottofondo rosa sono di fonte ufficiale svizzera Mensile degli svizzeri in Italia. Fondata nel 1968. Internet: www.gazzettasvizzera.it Editore: Associazione Gazzetta Svizzera CH-6963 Cureggia Gazzetta svizzera viene pubblicata 11 volte all’anno. Tiratura media mensile 28'900 copie. Redazione: Dott. Ignazio Bonoli CP 146, CH-6932 Breganzona Tel. +41 91 966 44 14, Fax +41 91 950 98 45 E-mail: [email protected] Gazzetta svizzera viene distribuita gratuitamente a tutti gli Svizzeri residenti in Italia a condizione che siano regolarmente immatricolati presso le rispettive rappresentanze consolari. Pubblicità: Studio professionelle condotto da Germana Carbognani Baschier, Case del Gatto, CH-6935 Bosco Luganese E-mail: [email protected] Testi e foto da inviare per e-mail a: [email protected] Cambiamento di indirizzo: Per gli Svizzeri immatricolati in Italia comunicare il cambiamento dell’indirizzo esclusivamente al Consolato. Introiti: Contributi volontari, la cui entità viene lasciata alla discrezione dei lettori. Dall’ltalia: versamento sul conto corrente postale italiano no. 325.60.203 intestato a «Associazione Gazzetta Svizzera, CH-6963 Cureggia». Oppure con bonifico alla Banca Popolare di Milano, Agenzia 344, 20148 Milano, sul conto corrente intestato a «Collegamento Svizzero in Italia, Rubrica Gazzetta». IBAN IT78 N 05584 01652 000000002375. Dalla Svizzera: versamento sul conto corrente postale svizzero no. 69-7894-4, intestato a «Associazione Gazzetta Svizzera, 6963 Cureggia». Composizione e impaginazione: TBS, La Buona Stampa sa Via Fola 11 CH-6963 Pregassona (Lugano) www.tbssa.ch I soci ordinari dell’Associazione Gazzetta Svizzera sono tutte le istituzioni volontarie svizzere in Italia (circoli svizzeri, società di beneficenza, scuole ecc.). Soci simpatizzanti sono i lettori che versano un contributo all’Associazione. L’Associazione Gazzetta Svizzera fa parte del Collegamento Svizzero in Italia (www.collegamentosvizzero.it). 3 N. 3, marzo 2010 avuto molto buon senso (tipicamente svizzero, del resto) di non fidarsi mai dei giudizi frettolosi o superficiali che le sono così imprudentemente stati dati. Infatti la proposta di “passare” nella categoria dei “frontalieri” è, a dir poco, stravagante soprattutto in considerazione del fatto che lei, dopo avere lasciato il suo eremo montano, è passata nella categoria dei residenti in Italia a tutti gli effetti! E, per di più, dei residenti nel “Sud” che, con le frontiere, nulla ha a che vedere! Per queste ragioni, anche se il suo patrimonio è piccolo, mi pare assolutamente necessario che lei faccia lo scudo. Io le ho già spiegato per telefono tutto quello che deve fare ma, se avesse qualche dubbio, la prego vivamente di telefonarmi. Sarò molto lieto di darle tutta la consulenza che lei desidera e soprattutto che lei merita, data la sua simpatia e la sua cortesia nel chiedere le informazioni. Avvocato Ugo Guidi Condoni limitati e ricuperi d’imposta modesti Amnistie fiscali anche in Svizzera per la Confederazione e due cantoni Il tema di un’amnistia fiscale generale, fatto presente alle Camere federali con un’iniziativa del canton Ticino già nel 1998, è tornato d’attualità con i vari provvedimenti di alcuni Stati, alla disperata ricerca di fondi per rifinanziare i copiosi aiuti forniti alle banche durante la recente crisi finanziaria. La Svizzera non è in questa situazione, ma proprio l’accanimento di alcune autorità fiscali estere contro i capitali depositati in Svizzera ha ridato attualità al tema. In realtà l’ultima amnistia fiscale in Svizzera è avvenuta nel 1969 (dopo le due del periodo bellico del 1940 e del 1945), cioè quarant’anni fa, e aveva portato alla luce 11,5 miliardi di franchi. Sul piano etico un’amnistia generale non è in sé giustificabile, poiché favorisce l’evasore a scapito di chi paga correttamente le imposte. Sul piano pratico può essere giustificata da circostanze eccezionali, come era il caso negli anni quaranta, mentre lo era forse meno nel 1969. La prassi fiscale indica però che un’amnistia fiscale ogni generazione può essere giustificata in quanto permette di regolare molte situazioni fiscali, non necessariamente di grandi contribuenti. L’uso che ne fa l’Italia, con tre amnistie in otto anni, non rientra certamente in queste considerazioni. Si sa però che in Italia, come in altri paesi, l’evasione fiscale è parecchio praticata, per vari motivi, come poteva essere in precedenza la perdita di valore della moneta, lo sperpero di denaro pubblico e la conseguente sfiducia nello Stato. Lo Stato usa quindi l’arma del condono per ricuperare quei capitali che sono sfuggiti al suo controllo. In Svizzera la cosiddetta “morale fiscale” sembra situarsi a livelli migliori, grazie anche a uno stato molto decentralizzato e quindi più vicino al cittadino, al controllo stretto che questi può esercitare sulle amministrazioni pubbliche e a una spesa pubblica più contenuta rispetto ad altre situazioni. Nondimeno, anche in Svizzera, vi sono situazioni che di tanto in tanto hanno bisogno di essere appianate. Dire in modo generico che l’amnistia favorisce soltanto gli alti redditi non è sempre giustificato. Anzi, in alcuni casi si è potuto constatare che i redditi molto alti non necessariamente vengono alla luce, poiché si temono pesanti sanzioni fiscali dopo l’amnistia. Inoltre vi sono nel mondo parecchi paradisi fiscali, nei quali sono depositate somme ingenti, anche di provenienza svizzera. L’amnistia mette però tutti in grado di chiarire le proprie posizioni al fisco, non sempre frutto di volute sottrazioni fiscali. E anche la Svizzera, proprio in un periodo di forti pressioni dall’estero, può avere interesse a concedere un condono e ricuperare capitali che possono servire all’economia del paese, o magari, tornare in Svizzera. È però evidente che un’amnistia deve offrire una vera alternativa, per esempio, a un capitale depositato in un paradiso fiscale. Ora l’amnistia decisa dalla Confederazione, tiene conto del principio etico che pone tutti i cittadini sullo stesso piano di fronte al fisco, ma sul piano pratico rischia di non essere molto efficace. Questa amnistia, in vigore dall’inizio di quest’anno, che concerne solo le imposte federali, condona in pratica soltanto la multa – che in certi casi può essere salata - ma ricupera tutte le imposte non pagate negli ultimi dieci anni, compresi gli interessi. L’autodenuncia vale una sola volta, per eventuali altre valgono le regole che prevedono una multa fino a cinque volte l’imposta non pagata. Tra i cantoni finora solo il Giura ha introdotto una vera e propria amnistia fiscale per i suoi contribuenti. L’amnistia giurassiana, secondo i responsabili federali delle finanze (ma Merz l’ha applaudita) non sarebbe conforme alla legge federale, che non prevede l’abbandono di imposte arretrate per gli ultimi dieci anni. L’amnistia giurassiana, decisa dal governo e non sottoposta al Parlamento, ha una durata di quattro anni. È previsto il ricupero di imposte degli ultimi dieci anni (tre anni per le eredità), ma con aliquote di favore (tra il 4 e il 23 per cento). Vengono condonate le multe e le sostanze inferiori ai 51’000 franchi non vengono considerate ai fini fiscali. Inoltre per il 2010 viene concesso uno sconto del 20% e nel 2011 del 10% sull’imposta dovuta. Con questa attraente offerta il cantone spera di ricuperare imposte federali, cantonali e comunali per una trentina di milioni. Anche il governo del canton Ticino ha annunciato un’amnistia fiscale limitata ai due anni 2010 e 2011. Essa prevede per il contribuente l’esenzione dalla multa e la riduzione del 70% dell’imposta da ricuperare per gli ultimi dieci anni. Altri cantoni hanno adottato misure simili, che non sempre sarebbero compatibili con la legislazione federale sull’armonizzazione delle imposte dirette. Ma la Confederazione non dispone ancora di un mezzo per obbligare i cantoni ad adeguarvisi. La misura entrerà in vigore se verrà accettata dal Parlamento cantonale. Si stima che potrebbe far emergere circa 1 miliardo di franchi di sostanza non dichiarata. Il gettito dell’amnistia potrebbe quindi raggiungere i 20 milioni di franchi per il cantone e 16 per i comuni. In futuro il maggior gettito può essere valutato in 4,6 milioni per il cantone e 3,7 per i comuni. Ignazio Bonoli Trattati bilaterali con l’UE No alla clausola di salvaguardia Malgrado l’aumento della disoccupazione, il Consiglio federale non intende ricorrere alla «clausola di salvaguardia» contemplata nell’accordo con l’UE sulla libera circolazione delle persone. Pensa piuttosto di applicare misure per intervenire con fermezza in caso di abusi e distorsioni. Il Governo sta predisponendo, a titolo preventivo, norme per contrastare le irregolarità in materia di prestazioni sociali, soggiorni illegali di manodopera estera e rischi legati al dumping salariale. 4 N. 3, marzo 2010 I contributi AVS non vanno dichiarati nel 730 (quadro RW) AVS/AI Assicurazioni sociali di Robert Engeler Devo fare lo scudo fiscale per i contributi AVS? Egregio Signor Engeler, a proposito dello scudo fiscale chiedo le seguenti domande. Sono Svizzera /Italiana e dal 1986 residente in Italia . Prima di trasferirmi in Italia ho lavorato dal 1977 (tirocinio per 3 anni fino al 1980) e poi come diplomata fino al 1986. Ho pagato l’AVS facoltativa dal 1986 fino al 1997 e volevo sapere, come mi devo comportare perché di questa pensione ne usufruirò all’età di 64 anni o 65 ,ora ne ho 50 e lavoro come dipendente statale dal 1996 in Italia. Nel 1988 mi sono sposata con un cittadino italiano. Dal 1995 sono vedova con una figlia ora maggiorenne. Ma devo dichiarare questi soldi congelati in Svizzera nel mio 730? Un’altra cosa, riguarda la pensione di reversibilità. È vero, che io non avevo diritto, nè mia figlia da parte dell’AVS, visto che avevo dato la disdetta nel 1997 o 1998 (non ricordo). Grazie in anticipo per un chiarimento, e mi perdoni, che probabilmente domande di questo genere ne ha sentite tante, ma mi creda da quando sono rimasta sola ho dovuto lottare in tutto, non avendo aiuto da parte di nessuno. Distinti saluti. Una lettrice della Toscana. Risposta Gentile Signora, i contributi AVS che Lei ha pagato non vanno dichiarati nel 730 (quadro RW), perché non sono di Sua proprietà e non può disporne. Il fatto di aver pagato dei contributi Le darà diritto ad una rendita di vecchiaia, ma non è un capitale di Sua proprietà. Per lo stesso motivo non deve sottostare allo scudo fiscale. Se Lei dovesse mancare prima che Sua figlia avrà terminato gli studi, ella avrà diritto ad una rendita di superstite fino all’età massima di 25 anni. Questo è indipendente dal fatto che Lei ha terminato di versare i contributi facoltativi. Non aver più contribuito all’AVS facoltativa dal 1997 ha “solo” l’effetto di ridurre notevolmente la Sua rendita futura (e la rendita eventuale di superstite di Sua figlia). Per ottenere la pensione Lei – che grazie al Suo lavoro in Italia avrà anche diritto ad una pensione in Italia – dovrà, qualche mese prima dell’età della pensione (attualmente 64 anni per le donne) chiedere i moduli AVS presso l’INPDAP. Sarà questa cassa che spedirà la Sua domanda alla Cassa Svizzera di Compensazione a Ginevra. Sulla domanda dovrà indicare un conto corrente bancario o postale in Italia dove l’AVS Le dovrà versare la Sua rendita mensile. Questi versamenti Le arriveranno già al netto del 5% di cedolare secca – con ciò avrà pagato tutte le imposte italiane, e la rendita AVS non dovrà più essere dichiarata nel 730. Come socia del Circolo Svizzero di Firenze avrebbe la possibilità di ottenere molte informazioni da parte degli altri svizzeri della zona, e quindi l’aiuto che Le manca. Ecco l’indirizzo del Presidente se volesse iscriversi: Circolo Svizzero, Via del Pallone 3/A, 50131 FIRENZE Presidente: Luciano DEFILLA, via Maragliano 42, 50144 FIRENZE Tel./Fax: 055 331 672 – 055 331 672 E-mail: [email protected] Le porgo i migliori auguri e cordiali saluti. Robert Engeler Der Übergang von der IV- auf die AHV-Rente Wie verändert sich meine IV-Rente bei Eintritt der Pension? Sehr geehrter Herr Engeler, Auf Grund eines Artikels in der letzten Ausgabe der “GAZZETTA SVIZZERA” habe ich folgende Frage: Ich bin seit 1990 IV-Rentner und beziehe seitdem eine monatlich Vollrente der IV. Seit jenem Zeitpunkt zahle ich jedes Quartal die Beiträge der freiwilligen AHV. Da auf Grund der frühzeitigen Pensionierung meine Kaufkraft-Rente stark gesunken ist, muss ich überall sparen. Was passiert, falls ich die freiwilligen AHV-Beiträge für die letzten 2 1/2 Jahre nicht mehr bezahle? Würde meine AHV-Rente, welche im 2012 anfällt, dann tiefer anfallen als die bisherige IV-Rente? Ich habe versucht, mich im Internet zu informieren, werde aber aus dem “Artikel 33bis Abs.1 AHVG” nicht schlau. Für Ihre geschätzte Auskunft danke ich Ihnen im voraus. Mit freundlichen Grüssen. R.S. Antwort Lieber Leser, Bei der heutigen Rechtslage kann die AHVRente nicht tiefer als die IV-Rente sein, gemäss dem von Ihnen zitierten Art. 33bis Absatz 1. Dieser besagt, dass beim Übergang von der IV- auf die AHV-Rente die günstigere Lösung für den Versicherten gewählt werden muss: Eine höhere Rente, wenn die AHV-Beiträge und Beitragsjahre eine solche ergeben, eine gleich hohe wie die IV-Rente im andern Fall. Dieser Abschnitt könnte bei einer Revision des Gesetzes, wie sie zur Zeit mit der 11. Revision im Parlament in Diskussion ist, geändert werden. Der Gesetzgeber muss zur Zeit alle Sparmöglichkeiten überprüfen. Für Sie, der nun seit 20 Jahren bescheidene freiwillige Beiträge auf tiefem Niveau bezahlt, stellt sich die Lage wie folgt dar: a) Falls Sie, bevor Sie die IV-Rente erhielten, hohe Beiträge einzahlten, erhalten Ihre jetzigen Zahlungen teilweise die Möglichkeit einer höheren AHV-Rente. Zahlten Sie jedoch immer Beiträge auf Einkommen unter etwa Fr. 30-40‘000, oder nur wenige Jahre auf höherem Einkommen, wird die AHV-Rente gleich hoch bleiben wie die jetzige IV-Rente. Vorsicht: Dies ist nur eine Grobschätzung für den Fall, dass Sie wissen, fast immer bescheidene Beiträge geleistet zu haben. Andernfalls lassen Sie sich von der Schweizerischen Ausgleichskasse, 18 rue Edmond-Vaucher, CH-1211 Genève 2, eine Vorausberechnung Ihrer AHV-Rente machen. Das entsprechende Formular können Sie auf www.ahv.ch herunterladen, unter “Formulare/Auskünfte an Versicherte”. Die Antwort kann gut zwei Monate dauern. Die Berechnung wird davon ausgehen, dass Sie bis zum Erreichen der Altersrente weiterhin die gleichen Beiträge bezahlen wie jetzt. 5 N. 3, marzo 2010 b) Eine Änderung des Art. 33bis könnte möglicherweise dazu führen, dass die AHV-Rente in Zukunft auch dann nach den Beiträgen und Beitragsjahren berechnet wird, wenn dies zu einer Reduktion der Rente beim Wechsel von IV auf AHV führt. Um sich gegen eine solche Änderung teilweise zu schützen, empfehle ich bei jüngeren Versicherten die Weiterzahlung. Ob die 11. AHVG-Revision diese Verschlechterung bringen wird, und ob diese vor Ihrem 65. Altersjahr in Kraft tritt, lässt sich jetzt nicht sagen. Nach heutigem Ermessen ist dies nicht wahrscheinlich, kann aber nicht ausgeschlossen werden. Ist die AHV-Rente nach Berechnung der Schweiz. Ausgleichskasse spürbar höher als die jetzige IV-Rente, lohnt sich die Weiterzahlung. Ist sie tiefer oder gleich hoch, müssen Sie abwägen, ob Sie das Risiko einer eventuellen Gesetzesänderung eingehen wollen. Informieren Sie sich dazu über das Internet oder die Schweizer Presse. Austreten aus der freiwilligen AHV und damit aus der Beitragspflicht können Sie auf Ende jedes Quartals, mit einem eingeschriebenen Brief an die Schweiz. Ausgleichskasse, der vor Quartalsende in Genf eintreffen muss. Mit freundlichen Grüssen. Robert Engeler Die Besteuerung von in Italien gelegenen Ferienimmobilien Oft unrichtige Auslegung des Doppelbesteuerungsabkommens Die Besteuerung von in Italien gelegenen Ferienimmobilien wirft immer wieder Fragen auf, die von den Schweizer Steuerbehörden oft unrichtig beantwortet werden. Viele Schweizer sind Eigentümer von Ferienimmobilien in Italien. Es stellt sich daher die Frage, wie diese Immobilien beim Ansatz der Vermögenssteuer zu behandeln sind. Als Basis dient das italienischschweizerische Doppelbesteuerungsabkommen (DBA) aus dem Jahr 1979. Die Erfahrung zeigt, dass schweizerische Steuerbehörden solche Ferienimmobilien oftmals im Rahmen der Vermögenssteuer besteuern. Dieser Ansatz widerspricht jedoch den Regelungen des DBA und ist damit unrichtig. Eine Frage der Auslegung Das Dilemma der schweizerischen Steuerbehörden besteht darin, dass es in Italien eine Vermögenssteuer im Gegensatz zu den meisten schweizerischen Kantonen nicht gibt. Im Nachbarland ist keine Vermögenssteuer auf (Ferien-) Immobilien zu entrichten. Dies wirft die Frage auf, ob in der Schweiz für in Italien gelegene Immobilien eine Vermögenssteuer zu zahlen ist, wenn eine solche in Italien weder geschuldet noch bezahlt wird. Diese Frage wird oftmals falsch beantwortet, da die richtige Auslegung des DBA offenbar in weiten Teilen unbekannt ist. Dieses Abkommen soll vermeiden, dass steuerrechtlich erhebliche grenzübergreifende Tatbestände zu einer Besteuerung in beiden Ländern und damit zu einer Doppelbelastung des betroffenen Bürgers führen. Es erwähnt ausdrücklich auch die Vermögenssteuer und ist damit anwendbar. Gilt auch für Mieteinnahmen Für unbewegliches Vermögen, also Immobilien, gilt nach dem DBA, dass dieses in dem Staat besteuert werden kann, in dem es liegt, also in Italien. Nun ist aber nicht entscheidend, ob eine solche Besteuerung tatsächlich vorgenommen wird. Es reicht die faktische Möglichkeit aus, unabhängig davon, ob sie zum Zug kommt oder nicht. Ob Italien eine Vermögenssteuer erhebt oder nicht, spielt also keine Rol- le. Das DBA hält nämlich in eindeutigem Wortlaut fest, dass dann, wenn eine in der Schweiz ansässige Person Einkünfte oder Vermögen hat, die nach diesem Abkommen in Italien besteuert werden können, die Schweiz diese Einkünfte oder dieses Vermögen von der Besteuerung auszunehmen hat. Wie bereits dargelegt, dürfte die in Italien gelegene Immobilie grundsätzlich in Italien besteuert werden. Dies führt zwangsläufig zur Nichtbesteuerung in der Schweiz, da allein massgeblich ist, dass eine Besteuerung in Italien erfolgen kann, und nicht, dass eine Besteuerung auch tatsächlich erfolgt. Damit ist die Schweiz verpflichtet, in Italien gelegene Immobilien von der Besteuerung praktisch vollständig auszunehmen. Insbesondere eine Vermögenssteuer darf die Schweiz ausgehend von diesen Regelungen nicht erheben. Gleiches gilt im Übrigen auch für eventuelle Mieteinnahmen aus der Immobilie, da diese Einkommen im Sinne des DBA wären. Ein Progressionsvorbehalt Auch wenn eine Vermögenssteuer auf Immobilien in Italien nicht zu entrichten ist, muss der sogenannte Progressionsvorbehalt beachtet werden. Das DBA bestimmt, dass die Schweiz für die Festsetzung der Steuer für das übrige (also in der Schweiz erzielte) Einkommen oder das übrige (in der Schweiz gelegene) Vermögen den Steuersatz anwenden kann, der dem Gesamteinkommen oder dem Gesamtvermögen ohne diese Befreiung entspricht («Progressionsvorbehalt»). Faktisch bedeutet dies, dass sich durch die Deklaration der in Italien gelegenen Immobilie der Steuersatz in der Schweiz ändern kann. Für die Bestimmung des Steuersatzes – und nur hierfür – gilt demnach, dass die Immobilie ihrem Wert nach dem Vermögen des in der Schweiz Steuerpflichtigen hinzugezählt wird. Dies bedeutet, dass der Steuersatz sich durch den Wert des Gesamtvermögens bestimmt, auch wenn für Teile dieses Vermögens, nämlich die in Italien gelegenen Immobilien, eine Vermögenssteuer nicht erhoben wird. Auch aus diesem Grund sind die in Italien gelegenen Immobilien bei der Steuererklärung anzugeben. Ein allzu grosser finanzieller Nachteil ist dadurch aber nicht zu befürchten. Eine weitere Belastung, ausser der Anhebung des Steuersatzes, kann und darf es nicht geben. Damit steht fest, dass eine Besteuerung von in Italien gelegenem Immobilienvermögen in der Schweiz falsch wäre, auch wenn eine solche Besteuerung aus Unkenntnis des DBA oft vorgenommen wird. Der Immobilieneigentümer muss sich lediglich im Rahmen des Progressionsvorbehalts eine eventuelle Anhebung seines Steuersatzes gefallen lassen. Hierauf sollte bei der Abgabe der Steuererklärung ausdrücklich verwiesen werden, um keine steuerlichen Nachteile zu erleiden. Ist die Festsetzung einer Vermögenssteuer für Immobilien in Italien bereits erfolgt, so empfiehlt sich dringend die Anfechtung des betreffenden Bescheides, um zu vermeiden, dass diesem Rechtskraft erwächst. Doris Reichel ist als Rechtsanwältin in Deutschland und in Italien zugelassen. Einer ihrer Tätigkeitsschwerpunkte ist das grenzüberschreitende Immobilienrecht. Doris Reichel «Neue Zürcher Zeitung» vom 17.12.2009 Iscrivetevi al Congresso del Collegamento a Sanremo. Entro il 22 marzo 2010 6 N. 3, marzo 2010 «Chi sono cosa fanno» A cura di Annamaria Lorefice www. gazzettasvizzera.it La storia di Daniele Mastrogiacomo, il giornalista italo-svizzero sequestrato in Afghanistan nel 2007 «I giorni della paura»: un libro che chiude la mia drammatica vicenda con i talebani ROMA – La guerra è orrore. Per raccontarlo e chiudere il cerchio di un’esperienza crudele – quella di un rapimento costato la vita a due innocenti – è uscito un libro, ora anche negli USA, “I giorni della paura”. L’autore, protagonista del rapimento in Afghanistan nel 2007, è il giornalista italo-svizzero Daniele Mastrogiacomo. Lo incontriamo a Piazza di Spagna, appena giunto da Haiti dove era inviato per il suo giornale, la Repubblica. Di quale parte della Svizzera è originario? «Dei Cantoni Vaud e Zurigo, dove tuttora ho molti parenti. Ogni anno si incontrano 200 persone che fanno parte della famiglia dei Loup, è un vero rituale. Mio nonno, zurighese, era un commerciante appartenente a una famiglia titolare nel settore bancario. Nei primi del ‘900 è venuto in Italia. Mia madre, Francalisa Loup, ha frequentato a Roma la scuola svizzera e ha mantenuto la cittadinanza d’origine perché sentiva forte il legame con la sua patria». E’ così anche per voi discendenti? «Sì, c’è un “sentire” svizzero che è arrivato fino ai nostri figli. Per esempio riceviamo e leggiamo la Gazzetta Svizzera». Cosa le piace della Svizzera? «Molte cose tra cui lo strumento del referendum. Voto regolarmente per corrispondenza esprimendo la mia opinione. La consultazione popolare significa vera democrazia». Come si svolge il lavoro di un inviato di guerra, riesce a riferire tutto quello che vede? «Se sei embedded, cioè giornalista al seguito dei soldati, sei un po’ condizionato. Io sono sempre andato solo, quindi “libero”. Si osservano gli attentati, gli accerchiamenti, i giorni e giorni di combattimenti, le città e villaggi che restano isolati, come è successo a Falluja in Iraq, o come spesso succede in Afghanistan». Quali fonti si trovano sul posto? «Le persone di fiducia che ti accompagnano, che a loro volta hanno informazioni da altre persone attendibili. E poi quello che vedi con i tuoi occhi». E i comunicati ufficiali dei vari comandi militari? «Riferiscono le azioni svolte e danno un quadro generale della situazione. Però poi sei tu che sul posto focalizzi una certa realtà. Un giorno fu bombardato un luogo dove si erano rifugiate parecchie persone: ho visto un massacro di civili. E’ risaputo che certe iniziative militari si ripercuotano sulla popolazione». Questo genera insofferenza verso la presenza di eserciti stranieri. «Ogni volta che morivano centinaia di persone per l’autobomba fatta esplodere da quelli di al Qaeida, la gente mi diceva: «Se voi non foste qui, loro non ci sarebbero». Il quotidiano Repubblica ha sempre pubblicato i suoi pezzi, senza filtri? «Sempre. Debbo ricordare che all’inizio Repubblica, come tanti altri giornali, era favorevole alla guerra. Il mio ruolo è stato molto faticoso perché ho dovuto raccontare una realtà che si è dimostrata diversa da quanto supposto. Con la credibilità costruita negli anni raccontando sempre la verità, il mio contributo, come quello di altri colleghi, è servito a far cambiare certe posizioni». Seguire una guerra è... «Logorante psicologicamente e fisicamente. Devi essere molto preparato, essere disposto a cavartela da solo, a nutrirti non sempre tutti i giorni, a dormire non sempre in un letto e ad affrontare un lavoro fisico notevolissimo». E conoscere i rischi. «Quelli sempre…». Aveva messo in conto quello che poi le è successo? «No. Ne avevo già viste tante, mi aspettavo di tutto ma non di essere sequestrato». Perché ha impiegato due anni per scrivere un libro che è la cronaca di quel sequestro? «Il libro l’ho steso subito, per fissare ogni dettaglio della memoria. Però poi non è stato facile… c’erano delle situazioni mie… psicologiche, di adattamento, di riflessione sulla vita, e il fatto che due persone con cui lavoravo erano state uccise». I giorni della paura Il fatto – Afghanistan, 5 marzo 2007, il giornalista de la Repubblica, Daniele Mastrogiacomo sta per raggiungere la città di Lashkargah per un’intervista fissata in precedenza con il comandante militare talebano, il mullah Dasullah. Ma una decina di miliziani del mullah lo sequestra insieme all’autista Sayed Haga e all’interprete Adjmal Nashkbandi. Si susseguono nervose trattative col Governo italiano. Viene chiesto aiuto a Gino Strada, lì di stanza con la ONG Emergency. Il giornalista e il suo interprete assistono intanto allo sgozzamento dell’autista. Stessa sorte seguirà l’interprete dopo la liberazione di Mastrogiacomo. Il video del- la prima esecuzione, con le scene più truci tagliate dalla RAI, viene trasmesso tempo dopo. Le implicazioni politiche dell’intera vicenda hanno prodotto una sequela di dure polemiche. Il libro – Dopo la liberazione, Mastrogiacomo ha scritto tutto ciò che ricordava. Per due anni ha messo da parte il libro: «poi l’ho ripreso, lo rimaneggiavo e di nuovo lo abbandonavo. Infine ho capito che avrei dovuto scriverlo per me stesso, per le due persone che erano morte e per tutti quanti mi avevano in qualche modo aiutato». Questo mese, esce l’edizione americana de “I giorni della paura” (Days of fear). 7 N. 3, marzo 2010 La sua liberazione ha suscitato un vespaio di polemiche. «Le polemiche sono strumentali e tipicamente italiane: al posto mio hanno scarcerato cinque persone (talebani). Per altri sequestrati hanno tirato fuori milioni di dollari». L’intervento di Gino Strada, fondatore di Emergency, ha dato fastidio a qualcuno. «Chi altro avrebbe potuto salvarmi? Non era presente lo Stato afgano, non era presente la Croce Rossa o la Mezza Luna Rossa, né le forze di coalizione: non c’era nessuno». Si era in pieno territorio talebano. «Soltanto un’organizzazione umanitaria come quella di Gino Strada poteva venire a prendermi. E chi è venuto a salvarci è stato pure in carcere per tre mesi, con un’accusa totalmente infondata. È facile pontificare dall’esterno». Possiamo immaginare quali pagine le sia stato più penoso scrivere. «Quando tagliano la testa a Sayed Haga, il mio autista, e lo fanno davanti a me e al mio interprete, a sua volta poi ucciso. Anche se eravamo bendati, io vedevo qualcosa». Questo libro è anche una sorta di terapia? «Forse è anche questo. Completando ciò che era stato raccontato dai media con la mia versione dei fatti, ho chiuso il cerchio di questa storia e posso lasciarmela alle spalle». La Svizzera in quell’occasione come si è comportata? «Ha avuto un atteggiamento corretto. Certo non poteva intervenire, è un piccolo stato privo di un grande apparato di servizi segreti come l‘Italia, ma ha seguito molto la vicenda. Allora ne parlai con l’ambasciatore, Bruno Spinner, ringraziandolo per la loro vicinanza». Cos’era per lei la paura prima e cos’è oggi? «Paura di sbagliare, di deludere, di tradire, di invecchiare. Adesso la paura di dimenticare. Di non capire e non farsi capire. La paura di non riuscire a cogliere la bellezza della vita». Lei è appena stato ad Haiti. Ha visto al lavoro le organizzazioni elvetiche? «C’è la Catena della Solidarietà e la Croce Rossa che ha posto per prima le tende. Haiti è una città che non si è mai sviluppata in senso moderno, è difficile gestire i soccorsi. Questa sciagura potrebbe essere una grande occasione per rinascere veramente. Il ruolo delle ONG (organizzazioni non governative n.d.r.) e di tutto il volontariato internazionale è importantissimo, senza distinzioni. Gli svizzeri li ho sempre visti in molti paesi disastrati e con la loro efficienza riescono a salvare tanta gente». Quando tornerà nel Canton Vaud? «Entro l’estate, andrò pure a Ginevra dove ho molti amici. Poi voglio godermi, nello scenario dei rispettivi laghi, i Festival del Jazz di Montreux e di Lugano». [email protected] Informazione ai lettori della rubrica che hanno chiesto come fare per avere il DVD “Accolti a Braccia chiuse” con i film di Alvaro Bizzarri. L’ufficio stampa della casa editrice comunica che si può acquistare dal sito: artfilm.ch La redazione della «Rubrica» è a disposizione per qualsiasi domanda sui temi trattati. Ro m a Benvenuti Welcome Bienvenue Willkommen Il VICTORIA albergo romano di primissima classe • Costruito nel 1899 • Ristrutturato nel rispetto dello stile e delle opere d’arte • Un angolo di quiete nel centro storico, affacciato sul Parco di Villa Borghese, a due passi da Via Veneto e dalle vie più famose per lo «shopping» • Sale conferenze funzionali • Garage 24 ore • Cortesia e professionalità • Con piacere Vi proponiamo l’atmosfera del nostro RISTORANTE BELISARIO la sua cucina classica italiana, le specialità romane • La CULTURA DEI VINI ITALIANI è espressa in una carta ben selezionata, composta soprattutto da «BEST BUYS» • Il VIC’S BAR, piacevole punto d’ incontro, ed il roof garden, romantico ritrovo per cocktails e cene estive completeranno il vostro indimenticabile soggiorno a roma • R. H. Wirth / H. Hunold Via Campania 41 oo187 Roma (Italy) [email protected] www.hotelvictoriaroma.com Tel oo39 o6 42 37 o1 • Fax oo39 o6 48 71 89o 8 N. 3, marzo 2010 È iniziato con l’inno svizzero il tradizionali incontro Anche il nuovo ambasciatore Regazzoni alla «Raclette» del Circolo di Roma L’inno nazionale della Svizzera, composto nel 1841 da Alberik Zwyssig, monaco cistercense dell’abbazia di Wettingen, ha dato il via all’ormai tradizionale evento della “Raclette” del Circolo Svizzero di Roma. La palestra della Scuola Svizzera, per l’occasione decorata con la bandiera rossocrociata e con quelle dei cantoni, si è trasformata in una simpatica “stube”, pronta ad accogliere i particolarmente numerosi soci ed amici per il consueto appuntamento con la raclette. Quest’anno accanto al tavolo della Guardia Pontificia Svizzera, a quello degli ex Presidenti della Scuola e del Circolo Svizzero, a cui ha partecipato anche il passato direttore della scuola, Paul Müller, si sono formate tavole per gli ex alunni ed per quelli delle classi medie e liceali. L’incontro è stato onorato dalla presenza di S.E. l’Ambasciatore di Svizzera in Italia, San Marino e Malta, Bernardino Regazzoni, da poco insediato nel suo nuovo incarico a Roma. L’Ambasciatore e la consorte, Signora Maria Cristina Regazzoni hanno rivolto un caloroso saluto ai convenuti e avuto parole di apprezzamento per la sentita partecipazione della comunità svizzera di Roma. Dopo il benvenuto a tutti i partecipanti del Presidente del Circolo Fabio Trebbi, un affettuoso applauso ha accolto l’attuale Direttore della Scuola Edwin Züger, noto e stimato da molti degli ex alunni, avendo egli già rivestito la stessa carica negli anni ’80. Il Console Mauro Gobbo è intervenuto fornendo ai convenuti interessanti notizie ed informazioni per la Comunità, tra cui le nuove regole per il passaporto biometrico. Il grande rientro tra i “racleur” di Elio Perucchi ha completato la squadra formata dai veterani Jürg Von Moos, Christoph Hausmann e Paolo Paolillo, dai giovani, ormai consolidati, Simone Berger ed Edoardo Trebbi e dal nuovo acquisto Riccardo Frulli. A tutti loro è andato un meritato plauso per il lavoro svolto durante la serata. Molto apprezzato è stato anche il gruppo di studenti della Scuola che si è impegnato con solerzia e gentilezza nella gestione del servizio. La ‘Coppa raclette 2010’ è stata vinta dal tavolo degli ex alunni con il maggior numero di risposte esatte ai quiz sulla Svizzera, che hanno impegnato non poco i commensali. Un sentito grazie va a ‘Svizzera Turismo’, che ha allestito un proprio stand all’ingresso della scuola e messo a disposizione i diversi premi del quiz. Con l’intonazione di “es burebüebli” lanciato dal tavolo della Guardia Pontificia Svizzera e subito ripreso dall’intera sala si è conclusa la bella serata, passata in piacevole compagnia, gustando un’ottima racclette. mcr L’Ambasciatore di Svizzera in Italia, Bernardino Regazzoni, tra gli ospiti. Prossimamente il Circolo Svizzero di Roma propone: mercoledì 10 marzo 2010 ore 14.45 gli scavi sotto la basilica di San Pietro e la tomba dell’Apostolo La visita, in lingua italiana e condotta da una guida specializzata, ha una durata di circa un’ora e mezza. Date le particolari caratteristiche ambientali è sconsigliata la partecipazione a coloro che hanno problemi fisici, inclusa la claustrofobia, eventualmente ampliati da possibili alterazioni di temperatura ed umidità. Sono ammessi visitatori solo a partire dai 15 anni compiuti. Per il rispetto dovuto alla tomba dell’Apostolo Pietro l’abbigliamento deve essere idoneo al sacro luogo: per gli uomini pantaloni lunghi; per le donne gonne sotto il ginocchio o pantaloni. Spalle coperte per tutti. A tutela della zona archeologica e del luogo sacro, durante la visita è vietato portare oggetti ingombranti (valigie, zaini,.borse, apparecchi fotografici...). Il visitatore dovrà depositare detti oggetti prima di raggiungere l’Ufficio Scavi. È disponibile il deposito della Basilica, che è raggiungibile dopo il controllo di polizia e che offre una custodia gratuita con personale della Basilica. Sul sito http://www.vatican.va/various/basiliche/necropoli/scavi_italian.html è possibile seguire una visita virtuale della necropoli vaticana e della tomba del martire. Appuntamento al colonnato berniniano (colonnato di sinistra), ingresso di Via Paolo VI davanti alle Guardie Svizzere. Prenotazioni allo 06 440 21 09 (Scuola Svizzera di Roma) oppure [email protected] - la prenotazione è confermata con il versamento della quota (euro 12,00). mercoledì 17 marzo, 14 aprile e 12 maggio dalle ore 15.00 alle ore 18.00, appuntamento con lo “Stammtisch” e carte incontro periodico con modalità del tradizionale STAMMTISCH per una partita a carte, per un laboratorio di idee o semplicemente per una piacevole occasione davanti a una tazza fumante di the o di caffè ed a qualche delizioso dolcetto e per chi lo desideri, di giocare a Jass o ad altri giochi da tavolo. Appuntamento presso la Casa Svizzera in Roma, via Marcello Malpighi, n. 14. sabato 17 aprile 2010 ore 11.00 Aperitivo di primavera e Brockenhaus tra le ore 11.00 e le ore 13.00 ci ritroviamo per un cordiale saluto di Primavera con tutti i soci che vorranno prendere un aperitivo e scambiare quattro chiacchiere. Per chi ne ha interesse sarà possibile un “Tauschen - Flohmarkt”: portare oggetti propri e scambiarli con altri rinnovando l’usanza del baratto (scambio di oggetti senza denaro). L’occasione vuole essere un piacevole modo di incontrarsi e rappresentare in forma conviviale l’esigenza di un miglior contatto all’insegna ed alla ricerca di ottimizzare i metodi di una buona comunicazione. Sarà gradito l’apporto di stuzzichini, torte e dolci da parte dei singoli partecipanti. Appuntamento alla Casa Svizzera di Roma – via Marcello Malpighi, 14. prenotazioni: 06 440 21 09 (Scuola Svizzera di Roma) oppure [email protected] Altre novità, iniziative e notizie sono visibili nello spazio “Circolo Svizzero Roma” su facebook: http://www.facebook.com/home.php?#/ group.php?gid=84604528223&ref=ts 9 N. 3, marzo 2010 Restano validi anche i passaporti emessi prima del 1º marzo 2010 Le occorre un nuovo titolo di viaggio? Dal 1º marzo c’è il nuovo passaporto Le occorre un nuovo passaporto? Se è il caso, trova informazioni importanti in questo promemoria. I passaporti rilasciati prima del 1° marzo 2010 restano validi anche dopo l’introduzione del passaporto 2010. Sono fatte salve le prescrizioni in materia d’entrata dei diversi Paesi. Storia del passaporto svizzero Finora la famiglia dei noti passaporti rossi conta tre membri: il passaporto 59, il passaporto 85 e il passaporto 03 (le cifre indicano l’anno d’introduzione). Tutti questi passaporti contenevano dati biometrici come la fotografia, l’altezza o il colore dei capelli e degli occhi. Il più recente aggiornamento del passaporto svizzero è stato eseguito nel 2006 quando il passaporto 03 è stato trasformato nel passaporto 06 per consentirne la lettura con apparecchi elettronici. Perché un nuovo passaporto? La registrazione di dati biometrici come le impronte digitali e le fotografie del viso nei documenti di viaggio è stata introdotta in virtù di un regolamento dell’Unione europea del 2004 che la Svizzera ha recepito nella sua qualità di Stato associato al Trattato di Schengen. Già oggi circa 90 Stati, tra i quali la totalità dei nostri vicini, rilasciano documenti di viaggio biometrici, i cosiddetti passaporti elettronici. L’introduzione definitiva del passaporto svizzero contenente dati biometrici che possono essere letti da apparecchi elettronici, ha preso avvio il 1° marzo 2010. Grazie a quest’adeguamento alle norme internazionali il suo passaporto svizzero le permetterà di continuare anche in futuro a viaggiare senza problemi, poiché impedisce nella misura del possibile gli abusi di passaporti e documenti di viaggio consolidando nel contempo la sicurezza dei viaggi. Occorre infine rilevare che i cittadini svizzeri provvisti del passaporto 10 potranno continuare ad entrare negli Stati Uniti d’America senza visto. Richiesta di rilascio di documenti di viaggio presentata all’estero All’estero i cittadini svizzeri hanno la possibilità di richiedere il rilascio di un passaporto o di una carta d’identità presso le rappresentanze dove risultano essere regolarmente iscritti. In Italia, gli interessati dovranno rivolgersi alle sedi di Roma, Milano e Genova. Troverete gli indirizzi Internet nella rubrica “Domande?” D’ora innanzi può presentare online la domanda di rilascio del passaporto e, solo in un secondo tempo, dovrà imperativamente recarsi presso la compe-tente rappresentanza previo appuntamento per la registrazione dei dati biometrici (impronte digitali, fotografia del viso e firma). Presentare la domanda di rilascio del passaporto e fissare un appuntamento tramite Internet Con il nostro nuovo sito dedicato ai passaporti mettiamo a sua disposizione una soluzione pratica e moderna evitandole attese inutili per il suo passaporto. Troverà il sito e ulteriori informazioni all’indirizzo: www.passaportosvizzero.ch Dopo aver esaminato e approvato la domanda di passaporto da lei presentata online, la rappresentanza competente le darà accesso al sistema Internet che le consentirà di prendere appuntamento per la registrazione dei dati biometrici. Naturalmente la sua domanda di passaporto o di carta d’identità può essere presentata alla rappresentanza competente per il suo domicilio anche per telefono. Presenti la domanda per tempo I documenti svizzeri di viaggio sono tutti realizzati in Svizzera; di regola la loro produzione richiede da due a quattro settimane. La preghiamo di presentare per tempo la domanda di un nuovo documento di viaggio, tenendo conto della rimanente durata di validità del suo attuale documento. Invio del documento di viaggio Prima della spedizione, il produttore sottopone i nuovi passaporti ad un controllo di qualità. Il passaporto è poi recapitato al suo indirizzo per posta come finora. Domande? Per domande o incertezze la preghiamo di rivolgersi alla rappresentanza presso la quale lei è regolarmente iscritto/a: Ambasciata di Svizzera a Roma: www.ambasciatasvizzera.it Consolato Generale di Svizzera a Milano: http://www.eda.admin.ch/milano Consolato Generale di Svizzera a Genova: http://www.eda.admin.ch/genova Troverà ulteriori informazioni sul sito Internet del Dipartimento federale di giustizia e polizia DFGP: www.passaportosvizzero.ch 10 N. 3, marzo 2010 «Svizzera-Piemonte, un confine che unisce» Ricordata in un libro storico la forte presenza svizzera in Piemonte L’8 febbraio 2010 è stato presentato il libro: «Svizzera-Piemonte, un confine che unisce» nella sede della Galleria Civica d’Arte e Contemporanea (GAM) di Torino. Erano presenti Mercedes Bresso, Presidente della Regione Piemonte, il Console Generale di Svizzera a Genova, Hans Ulrich Tanner e il Console di Svizzera a Torino, Giacomo Büchi. Publichiamo qui di seguito la presentazione fatta dal coordinatore della pubblicazione. Ringrazio Mercedes Bresso, Presidente della Regione Piemonte. per aver dato un così caloroso benvenuto a questo libro. Brevemente, devo illustrarne i contenuti. Il primo capitolo del libro riguarda i rapporti secolari intercorsi tra la Svizzera romanda ed il Piemonte attraverso la Savoia. Questi rapporti mi hanno sempre interessato fin dagli anni Cinquanta del Novecento quando per dieci anni feci lunghi soggiorni a Losanna nel cantone di Vaud che fu territorio sabaudo fino alla conquista bernese del 1536. Tra i tanti titoli che competevano a Umberto II, l’ultimo Re d’Italia, c’era infatti quello di barone di Vaud. D’altra parte, le rive meridionali del lago Lemano costituirono fino al 1860 i confini settentrionali del regno di Piémont Sardaigne. Anche i valdesi, les vaudois du Piémont come sono pure chiamati, di cui il pastore Taccia racconta nel libro la gloriosa e travagliata storia, hanno sempre avuto strettissimi rapporti con la calvinista Ginevra. I soldati svizzeri al servizio dei Savoia sono un altro tema degno di nota. Nel 1748, ben 10600 soldati svizzeri erano accasermati tra Torino, Ivrea Cuneo e Novara. Nel corso delle guerre di successione settecentesche essi parteciparono a molti fatti d’arme, alla difesa di Torino durante l’assedio del 1706 ed alla battaglia dell’Assietta nel 1747. La stessa Guardia del Re di Piémont Sardaigne era composta da 100 Svizzeri. Le guardie sostavano nel grande atrio, chiamato tuttora degli Svizzeri, situato al primo piano del palazzo reale di Torino. Una curiosità: un cappellano della Guardia, Ignazio Isler, musicista e poeta in lingua piemontese, egli stesso figlio di una guardia, fu parroco della Crocetta nella seconda metà del Settecento Gabriel Pictet, un ginevrino, ufficiale al servizio dei Savoia e antenato dei titolari della Banca Pictet, una delle più prestigiose banche private svizzere, fondò la Guardia di Finanza e infatti la Caserma del Corpo a Torino, porta il suo nome. Un altro capitolo del libro riguarda i maestri e gli architetti luganesi. Quando visitai per la prima volta la Venaria Reale tanti anni orsono, In piedi: il prof. Gualtiero e prof. Giacomo Buchi, seduti: il Console Generale a Genova Hans Ulrich Tanner e la Presidente della Regione Piemonte Mercedes Bresso. prima che iniziassero i lavori di restauro della reggia, sostai a lungo ad ammirare i meravigliosi stucchi, perfettamente conservati, dei maestri luganesi visibili nella parte più antica del castello, quella del Castellamonte, la sola agibile a quel tempo. Quando, qualche anno fa, si aprì al pubblico il castello del Valentino, ecco riapparire le meravigliose decorazioni dei saloni, sempre opera dei maestri luganesi. Anche il palazzo della Università di Torino è opera di uno svizzero, Michelangelo Garove, e sia il palazzo dell’Accademia delle Scienze, l’antico Collegio dei nobili, sia il primo tracciato della galleria di Diana alla Venaria Reale recano la sua impronta. Ricordo ai torinesi che i ticinesi sono sì di nazionalità italiana, ma di cittadinanza svizzera fin dal 1516, dopo che il trattato di pace perpetua di Friburgo stabilì i confini dell’attuale Ticino. Per documentare l’origine ticinese di queste maestranze, molto utile è stato il loro archivio, l’archivio della Compagnia di Sant’ Anna dei Luganesi costituito da carte che vanno dal 1624 agli anni settanta del Novecento. Nell’Ottocento altri illustri ticinesi operanti a Torino furono il pittore Carlo Bossoli e lo scultore Vincenzo Vela. Proseguendo nella lettura del libro, ecco apparire i banchieri svizzeri, ecco apparire gli industriali cotonieri, una folla di nomi di persone competenti, intraprendenti, innovatori e gran lavoratori che, come ha ben ricordato la Presidente Mercedes Bresso, e già segnalò lo storico Valerio Castronovo in un suo libro ormai introvabile degli anni Sessanta, sono stati tra i protagonisti in Piemonte della prima fase della rivoluzione industriale, ben prima che facessero la loro comparsa la Fiat e l’Olivetti. E d’altronde fu la stessa municipalità di Torino a chiamarli. Nel 1865, dopo il trasferimento della capitale da Torino a Firenze, paventando la crisi economica, la municipalità aveva inviato un messaggio in quattro lingue pubblicato su tutti i giornali d’Europa e delle Americhe in cui invitava i capitalisti e gli imprenditori stranieri a stabilirsi nel territorio, offrendo loro condizioni di lavoro interessanti e competitive. Alcuni banchieri svizzeri furono tra i trenta firmatari della costituzione della Fiat nel 1898, altri furono, l’uno reggente della Banca d’Italia, l’altro consigliere e poi primo Presidente della Cassa di Risparmio. Non faccio i nomi dei banchieri e dei cotonieri perché l’elenco sarebbe troppo lungo e potrei dimenticarne qualcuno. E poi, tutti quelli che portano questo cognome sono presenti in sala e gli altri li leggeranno. Come non ricordare anche, i cioccolatieri, i confettieri ed i fabbricanti di birra? I vecchi torinesi ricorderanno che corso Vittorio Emanuele II era interrotto là dove ora sorge piazzale Adriano. Qui sorgeva la grande fabbrica 11 N. 3, marzo 2010 della birra dei Boringhieri. Questo cognome ricorda anche una grande iniziativa editoriale, la casa editrice che, prima in Italia si occupò della divulgazione della scienza, per intenderci divulgando opere di Einstein,di Bohr, di Pauli, di Piaget, di Frazer, di Freud, di Jung, di Darwin. Abbiamo anche voluto ricordare gli uomini politici e gli ebrei piemontesi che ripararono in Svizzera durante la seconda guerra mondiale. A Torino, pochi lo sanno, fino a qualche anno fa, esisteva una associazione, la Piemonte Svizzera, i cui soci erano italiani che avevano trovato rifugio nella libera terra svizzera e ricordavano con riconoscenza quel periodo della loro vita. Tra gli altri voglio qui ricordare, non solo Luigi Einaudi, ma anche una altro illustre rifugiato, il professore Gustavo Colonnetti che nella sua bella casa in riva al Po curò poi la rappresentanza a Torino di una prestigiosa associazione culturale svizzera, la Guilde du Livre di Losanna. Ancora un ricordo personale, di quando andavo a sciare. A Sportina, sopra Salice d’Ulzio, sorge un rifugio, chiamato capanna Kind. Abbiamo rintracciato i discendenti di questo Kind. Si trattava dello svizzero Adolfo Kind, appassionato alpinista e pioniere dello sci, appunto perché importò in Piemonte i primi sci e fu il fondatore e il primo presidente dello Ski club Torino. Come non ricordare anche lo svizzero Alfredo Dick che fu il fondatore del Foot Club Torino? In via Magenta, nella sede della Reale Società di Ginnastica, la prima in Italia,un grande manifesto ne ricorda il fondatore, lo svizzero Rodolfo Obermann che fu chiamato a Torino come ufficiale istruttore delle truppe sarde da Carlo Alberto e che è anche ricordato in una targa affissa esternamente nella palazzina delle Glicine, al Valentino. Infine ci siamo ricordati di noi stessi, delle vicende e della storia di quel Circolo svizzero al quale mi legano molti ricordi infantili e al contributo del quale dobbiamo anche la realizzazione di questo libro. Ecco: scopo di questo libro è stato quello di raccogliere tante notizie sparse e di richiuderle in un tutto organico. Nel consegnare questo libro alla lettura vostra e delle future generazioni, mi piace qui ricordare quanto scrisse Jan Potocki nel resoconto di un suo viaggio nell’antica Scizia, seguendo le tracce di Erodoto: «Cento Re e mille guerrieri hanno disseminato le pianure dei loro sepolcri., ma non si conosce più il nome di questo re e di questi guerrieri. Tuttavia Erodoto, che parlò di loro, esiste ancora tutto intero». In altre parole e con le dovute proporzioni – non siamo Erodoto – quanto è scritto in questo libro, debitamente documentato dalla bibliografia, non dovrebbe essere del tutto dimenticato in futuro, almeno lo spero. Gualtiero Büchi Con la pianista svizzera Esther Flückiger Un’interessante ed insolita serata musicale alla Società Svizzera di Milano Un diluvio di note modernissime alternate da brani di Bach sono state l’oggetto di un insolito concerto che ha avuto luogo nella Sala Meili della nostra Società giovedì 21 gennaio. Organizzatrice dell’avvenimento è stata la concittadina svizzera Esther Flückiger, bernese di nascita ma milanese di residenza. Validissima pianista, è suo un curriculum di numerosi concerti in tutte le parti del mondo. Ha fondato la singolare associazione “Suonodonna” mirata alla valutazione e promozione femminile nella musica, soprattutto contemporanea, raccogliendo un gran numero di spartiti tutti scritti da donne. La Flückiger ha voluto così rivalutare l’elemento femminile in un campo che l’opinione pubblica ha sempre giudicato di predominanza maschile. Il concerto alla Società Svizzera ha visto l’affluenza di un pubblico molto numeroso, non previsto dato il genere di musica piuttosto ”audace”. Gli intervenuti sono stati accolti da un caldo benvenuto da parte dell’ Avv. Andrea Pogliani, Vicepresidente della nostra Società. Gli esecutori delle musiche (trio di piano, violino e violoncello) sono stati tre ottimi interpreti di brani che erano stati scritti da autori argentini e svizzeri. Il programma era denominato Flair, e, poiché veniva eseguito per la prima volta in Italia era stato definito sull’invito quale ”inaudito ponte sonoro fra la Svizzera e l’Argentina”. Le composizioni erano più che contemporanee essendo state scritte fra il 2003 ed il 2009 , ad eccezione di una “vecchia” risalente al 1951. Musiche non facili da assimilare, che richiede- vano anche una tecnica esecutiva molto, molto avanzata, unita ad un affiatamento perfetto. La base pianistica del trio è stata particolarmente valida. Gli esecutori soEster Flückiger. no stati sempre premiati da forti applausi al termine di ogni brano. Interessante e “patriottico“ notare che i tre virtuosi agli strumenti erano tutti di nazionalità svizzera. Di grande pathos emotivo è stata l’introduzio- ne a metà concerto della commovente dizione della dolce poesia “Per un addio “ (voce recitante Valentin Gloor) accompagnata da un delicato sottofondo pianistico. Un’idea audace, ma molto intelligente è stata poi quella di intervallare le musiche modernissime del programma con l’esecuzione da parte del violino e del violoncello dei famosi quattro duetti tratti da Clavier-Übung (oggi scritto Klavier Übung = esercizi sulla tastiera) scritti nel 1739 dal divino Bach per clavicembalo a due manuali e poi trascritti per altri strumenti. Questi meravigliosi brani (di non facile esecuzione, ma ottimamente interpretati) hanno concesso un temporaneo relax alla quasi tensione di ascolto dei brani contemporanei del concerto. Enrico Hachen Offerte e ricerche di lavoro Questa rubrica è riservata a Società italiane o svizzere con sede in Italia ed a persone con conoscenze linguistiche. Eventuali interessati potranno indirizzare brevi testi che verranno pubblicati secondo le modalità in vigore. Ingegnere meccanico, svizzero residente a Napoli, trentenne, ottime referenze conoscenza della lingua Inglese e Spagnolo con acquisita esperienza nella progetta- zione e costruzione di imbarcazioni da diporto; disponibile anche a sperimentarsi in nuovi ambiti quali: energetico rinnovabile, ristrutturazione sostenibile, recupero ambientale e del territorio e/o consulenze, è in cerca di adeguato impiego. Offerte allo studio professionelle Case del Gatto – CH-6935 Bosco Luganese [email protected] 12 N. 3, marzo 2010 Il Congresso del Collegamento Svizzero in Italia tra mare e salute Breve storia della città di Sanremo che ha ospitato diverse comunità europee Sanremo è una delle località turistiche più note in Italia, fama conquistata nei decenni. Le Alpi dietro le spalle, la proteggono dal freddo del nord, il mare profondo, rilascia quel tepore invernale che permette al termometro, suo malgrado, di non scendere mai sotto zero, con temperature medie che sarebbero primaverili in molta parte d’Europa e dell’Italia settentrionale. Non è che i sanremesi (sanremaschi, quelli originali da generazioni anche se ormai sono un po’ come i Panda … specie in via di estinzione) abbiano mai fatto qualcosa di particolare per meritare tutto questo ben di Dio, ma tant’è. La Riviera di Ponente e la Costa Azzurra, hanno ospitato dal 19° secolo comunità diverse provenienti da tutta Europa. Inglesi, Russi, Svizzeri, Svedesi, insomma, chi decideva di scappare dal clima continentale ed approdare in un’oasi tranquilla e tiepida, arrivava qui. E lasciava segni. Villa Hanbury di originari proprietari inglesi, al confine con la Francia, che mantiene intatti giardini esotici, una villa, un tratto della via Aurelia come la fecero i romani ai tempi dell’impero (quello di duemila anni fa circa). Edward Lear, scrittore inglese del milleottocento, che per i noti problemi di salute (asma ed epilessia) visitò numerose località soprattutto in Italia, alla ricerca di sollievo per il suo precario stato. Naturalmente, giunse a Sanremo. Dove morì (ma la cittadina dei fiori proprio non ebbe responsabilità) e riposa tuttora nel cimitero monumentale. Per terminare con il Re Nicola I di Montenegro e la sua consorte genitori di Elena, divenuta seconda regina d’Italia, come consorte di Vittorio Emanuele III e madre di Umbert II (grazie wikipedia!!!), sepolti per decenni nella chiesa russa ortodossa ad un passo dal Casinò. Senza dimenticare naturalmente Alfred Nobel. Fu in quel periodo che venne terminata la “ferrovia delle riviere liguri”, nata nel 1857. Raggiunse Ventimiglia nel 1872 e da quel momento, restò inalterata almeno nel tracciato (binario unico da Albenga) fino ai giorni nostri (vagoni e carrozze furono comunque aggiornati). Qualche anno fa, arrivarono i fondi per lo spostamento a monte della ferrovia, il raddoppio dei binari e le amministrazioni locali si trovarono di punto in bianco tra le mani una strada pianeggiante, per molti tratti a strapiombo sul mare, lunga alcune decine di chilometri con alcune gallerie splendide. Che farne? All’italica fantasia non sembrò vero. Vennero pensati progetti improbabili ma assolutamente interessanti, fino alla decisione più semplice del mondo. Sanremo è conosciuta per il clima salubre (Edward Lear non fa testo), l’aria pulita, la temperatura, insomma, La bella pista ciclabile e pedonabile che costeggia il mare davanti a Sanremo. le persone vengono a Sanremo perché ci si sta bene, e allora perché non fare qualcosa in quella direzione? Nasce l’idea della pista ciclopedonabile (termine barbaro, ma ineccepibile essendo l’unico modo per dire che sulla pista ci possono andare i pedoni o la si percorre con le biciclette, i tricicli, gli skateboards, i monopattini, i pattini. Insomma tutto quello che non genera gas di scarico). Il tracciato è sostanzialmente in piano e si snoda nel corridoio tra la via Aurelia ed il Mare. In poco tempo è diventata un punto di riferimento per tutti, visto che è utilizzabile tutto l’anno. Sul sito del Circolo, www.rivierasvizzera.duemetri.com abbiamo proposto anche alcuni video amatoriali girati da chi l’ha provata. Serve per dare una idea del posto. La gita su questa pista che proponiamo per la domenica, partirà da Sanremo in direzione est. Per chi vorrà percorrerla con noi, sarà importante comunicarci in che modo. Organizzeremo gruppi diversi per chi andrà a piedi, chi in bicicletta e chi vorrà fare in altro modo. Le biciclette possono essere affittate sul posto, occorrerà sapere per quanto tempo, e che tipo di velocipede si desidera (bicicletta, mountain bike, city bike ecc.). i prezzi naturalmente sono diversi. Il Circolo fornirà tutto il supporto. Insieme al gruppo dei ciclisti, saranno presenti due volontari che la Croce Verde di Arma di Taggia mette a disposizione per qualsiasi evenienza. I ciclisti arriveranno sicuramente fino ad Arma, a circa 8 Km per poi decidere se visitare il borgo marinaro o proseguire in direzione Riva Ligure, Santo Stefano, San Lorenzo. Al ritorno, rendez vous per i gruppi ad Arma e ritorno insieme fino a Sanremo per il pranzo di fine congresso. Ed ora, alcuni ringraziamenti a strutture che ci supportano in questa avventura, lista che speriamo si allunghi. Vorrei iniziare con Switzerland Cheese, che da anni ci supporta nello svolgimento de “la Svizzera nel Borgo”, festa organizzata dal Circolo in comuni diversi ogni anno per promuovere la culura svizzera ed un cantone diverso ogni anno. Un ringraziamento anche a Claudia Calvino, discendente dello scrittore e titolare della ditta Vigliettiflor, che esporta fiori principalmente in Svizzera ed alla Croce Verde di Arma. La Cassa di Risparmio di Genova e Imperia, ci ha fornito supporto in questa fase offrendoci anche gadtets per i partecipanti. Vorrei chiudere i ringraziamenti con Swissinfo, struttura di informazione svizzera sempre graditissima ospite dei congressi del Collegamento. … dimenticavo… non sapevamo che molti iscritti al congresso preferiscono spedire un assegno per posta. In questo caso, gli indirizzi sono: Congresso Gertrud Fischer - via Aurelia 46A - 18015 RIVA LIGURE (IM). Sanremo Promotion S.p.A. Palafiori - Corso Garibaldi snc - 18038 Sanremo (IM). 13 N. 3, marzo 2010 Per i 40 anni dell’Istituto internazionale di diritto privato a Sanremo Svizzera Umanitaria e Riviera dei Fiori del dott. Sommaruga a Villa Ormond Proprio a San Remo, a Villa Ormond, che sarà la sede del Congresso del Collegamento svizzero in Italia, il dottor Cornelio Sommaruga, membro onorario dell’Istituto internazionale di diritto privato, ha tenuto il 19 gennaio 2010 una conferenza sul ruolo umanitario della Svizzera. Ne riproduciamo qui alcuni stralci. «Il 5 novembre 1847 il Generale ginevrino Guillaume Henri Dufour, che aveva assunto il comando dell’Armata federale alla vigilia della guerra del «Sonderbund», una guerra civile, ultimo conflitto armato che ha interessato la Svizzera, diceva nel suo Ordine del giorno: «Soldati! bisogna concludere questa lotta, non solo vittoriosi, ma anche senza rimproveri. Bisogna che si possa dire di voi: hanno valorosamente combattuto quando era necessario, ma si sono dappertutto mostrati umani e generosi… Chi porta la mano su una persona inoffensiva si disonora ed insudicia la sua bandiera!». Questa dichiarazione di colui che divenne poi il mio primo predecessore quale Presidente del Comtato internazionale della Croce Rossa, avvenne 12 anni prima della Battaglia di Solferino, di cui abbiamo ricordato l’anno scorso i 150 anni. Questa dimostrazione di umanità da parte di un’alta personalità militare svizzera non deve meravigliare, se si considera che dalla Pace di Vesfalia del 1648 (alla fine della Guerra dei Trent’anni) i Cantoni svizzeri federati hanno praticato una politica di neutralità, malgrado i vari reggimenti privati di mercenari, capitolati dai loro comandanti con l’una o l’altra potenza europea. Neutralità non è necessariamente sinonimo di umanità, ma ha certo facilitato questa dinamica, particolarmente se si tien conto di personalità influenti quali Nicolao della Fluhe nel XVmo Secolo, che dal suo eremo del Ranft nel Canton Obvaldo intervenne in diverse circostanze, come quelle delle Guerre di Borgogna, per promuovere pace e riconciliazione (Egli fu canonizzato nel 1947). Si potrebbe anche ricordare il grande pedagogo Henri Pestalozzi (di famiglia originaria di Chiavenna), che operò in Svizzera nella seconda metà dell’Ottocento anche in campo umanitario e molti altri ancora. E non dimentichiamo poi gesti concreti e spettacolari come l’accoglienza nel 1871 dell’armata francese del Generale Bourbaki nel Giura svizzero con un gran numero di feriti che occorse curare e l’insieme degli 87’850 militi e 11’800 cavalli da alloggiare e nutrire. Ma la neutralità perpetua della Svizzera era effettivamente stata riconosciuta in un Atto solenne del Congresso di Vienna il 20 novembre 1815, essendo nell’interesse dell’Europa intera come lo proclamarono le potenze di allora: Austria, Francia, Regno Unito, Prussia e Russia. Ma certo l’emozione intensa, comunicativa e di azione, vissuta da Henry Dunant a Solferino il 24 giugno 1859, dà a Ginevra ed ai Ginevrini questo straordinario slancio che ne fa, con la creazione del CICR nel 1862 e la prima Convenzione di Ginevra nel 1864, la vera capitale umanitaria»… «Ritornando a Sanremo, vorrei affermare che non è un caso che la Municipalità e la Provincia di Imperia abbiano avuto l’interesse per quanto di importante, ma anche di tragico, avveniva nel mondo. Questa vocazione internazionale della città matuziana, anche chiamata «città della pace», fu determinante per lanciare il Congresso che portò quarant’anni fa, con un chiaro impulso del Consiglio d’Europa, alla Fondazione dell’Istituto Internazionale di Diritto Umanitario, costruendo sull’interdipendenza dei diritti umani e del diritto umanitario. È interessante rilevare che la dichiarazione di San Remo del Congresso mette in evidenza le Convenzioni di Ginevra del 1949, di cui abbiamo l’anno scorso – anche a Sanremo – celebrato il sessantesimo anniversario. Il CICR che diffondeva da Ginevra il Diritto internazionale umanitario nel mondo intero, iniziatore e guardiano delle Convenzioni, non poteva ignorare quanto era avvenuto nel 1970 a Sanremo. Fu in particolare il grande giurista Jean Pictet, Vice-presidente del CICR, che si adoperò per avvicinare il Comitato di Ginevra all’Istituto. Lui «deus ex machina» delle Convenzioni e della Conferenza diplomatica del 1974-1977, capì l’importanza di poter usufruire dell’ospitalità dell’Istituto a Sanremo, in un’ atmosfera di seria ricerca, ma informale e stimolante, per riunire delegati governativi, di organizzazioni internazionali governative e no, delle diverse parti del Movimento della Croce Rossa e di insigni giuristi per trovare delle soluzioni costruttive ai nodi del negoziato ufficiale. E fu un vero successo! Questo avvenne sotto l’egida del Segretario generale Ugo Genesio accompagnato dall’allora Presidente dell’istituto Pier Pasquale Spinelli – cugino di mia madre – il quale, come Direttore della Sede europea delle Nazioni Unite, aveva ottimi contatti con il CICR. Fu anche a quest’epoca che iniziarono i corsi militari dell’istituto, diretti magistralmente per ben vent’anni dal Colonnello Frédéric de Mullinen del CICR. Il suo contributo consistette anche nella redazione, per il CICR e per l’istituto, del Manuale sul diritto della guerra per le forze armate, un’opera che ufficiali superiori nel mondo intero utilizzano ancora oggi con interesse. Perché non ricordare qui anche il «San Remo Manual applicable to Armed Conflicts at See», al quale una grande giurista del CICR, Louise Doswald Beck, dedicò molta energia, con intelligenza e caparbietà, per portare a termine un’opera unica ed importante»… «Ma quanto ci sarebbe ancora da dire sulla storia dell’Istituto e sulla sua influenza sul Diritto di Ginevra, nella sua elaborazione, interpretazione, diffusione e promozione e viceversa nei confronti del CICR. Tanti contributi svizzeri a Sanremo mi vengono in mente qui, non solo del CICR, ma anche delle organizzazioni ed amministrazioni dei rifugiati, e della Confederazione con la partecipazione di alti funzionari, eminenti ufficiali e contributi finanziari regolari e qualche volta straordinari, come il recente sussidio per il restauro della Villa Ormond. Il bel libro «Le leggi dell’umanità» di Ugo Genesio ci dà testimonianza di questo e di molto altro, ricostruendo magistralmente – con l’esperienza di trent’anni di funzione di Segretario generale – la storia e l’evoluzione dell’Istituto»… «In Svizzera come altrove la tradizione umanitaria deve portarci a combattere l’infezione latente volta ad escludere lo straniero, che – non dimentichiamolo – ha da secoli dato, attraverso l’immigrazione, un apporto importante alla ricchezza culturale del paese. Dobbiamo nello Spirito autentico di Ginevra e di Sanremo sostenere movimenti di lotta contro le diverse forme di razzismo e quelli in favore dei diritti umani e di dialogo tra religioni e culture. Dobbiamo distruggere il regno dell’esclusione, rispettando i diritti dei diversi gruppi sociali ed il diritto di tutti gli uomini e donne alla propria identità. Usare valori religiosi o morali per discriminare, umiliare o escludere le persone di un’altra religione o di cultura straniera è spregevole, come abbiamo solennemente detto, già dieci anni fa, nell’Appello Spirituale di Ginevra, di cui fui uno dei promotori! Da Sanremo e dalla Svizzera e Ginevra deve continuare a soffiare a lungo il motto “per humanitatem ad pacem”». 14 N. 3, marzo 2010 In marzo è prevista la visita al Museo della paglia Inizio anno con un doppio concerto al Circolo Svizzero di Firenze L’anno culturale del Circolo svizzero di Firenze è iniziato domenica 24 gennaio, con un raffinato doppio concerto: Francesca Bizzarri (soprano) e Giulio Piccardi (chitarra) hanno eseguito brani di grande suggestione, tratti da repertori per lo più del XVII secolo. Il programma è iniziato con “The willow song”, di autore anonimo, tratta dal IV atto dell’Otello di Shakespeare, composta fra il 1603 e il 1608. Si è proseguito con “If my complaints di John Dowland (tratta dal primo libro di canzoni pubblicato per la prima volta nel 1597, un “Madrigale” di Claudio Monteverdi con testo di Gian Battista Marino (1610), un brano in lingua d’oil (“Chacun dit que je foloi”, XIII secolo), un brano di una composizione di Howard e Dryden (“I attempt from love’s sickness to fly”, musicata da H. Purcell nel 1695) e “Came again”, un’affascinante canzone, ancora di John Dowland. Piace ricordare come la prova dei due musicisti sia stata davvero convincente; in particolare Francesca Bizzarri, che in un altro paio di occasioni si era esibita al circolo col flauto, ha dato prova di un’ottima tecnica e di una buonissima capacità d’interpretazione. Subito dopo questo programma è stata la volta del coro diretto dal maestro Valerio Del Piccolo, coro che ha assunto il nuovo nome “La corte di Orfeo”. Questo gruppo, che per le sue prove viene ospitato nei locali del circolo, offre regolarmente saggi della propria crescente maestria ai soci del sodalizio fiorentino, riscuotendo sempre un grande consenso. Anche stavolta il repertorio è stato di notevole spessore, con brani rari e affascinanti della tradizione dei secoli più antichi, commentati via via dal maestro Del Piccolo, che in questo modo ha potuto dimostrare ancora una volta la cura e la competenza con la quale sceglie e propone le musiche da eseguire. Si tratta sempre di una bella sfida, perché le composizioni in programma non sono mai banali e presentano numerosi motivi d’interesse. Spesso vengono cantati pezzi tratti da manoscritti poco noti quando non del tutto inediti, e riportati in vita dal direttore con la consueta passione ma Giulio Piccardi e Francesca Bizzarri, protagonisti del concerto del 24 gennaio al Circolo Svizzero di Firenze. anche con un rigore filologico non facile da trovare oggigiorno. Particolarmente intrigante l’idea di chiudere il programma della serata con lo stesso brano (“Came again”) col quale Francesca Bizzarri e Giulio Piccardi avevano terminato la loro performance. Il pubblico ha potuto così apprezzare le differenze di una d0oppia esecuzione, prima con le raffinate acustiche di voce e chitarra, poi con la più potente versione da coro. Cena cous-cous Moltissimi soci sono intervenuti la sera del 13 febbraio alla cena a base di cous cous, preparata dalla socia Malika Cardini. Nell’occasione è stato festeggiato in maniera molto simpatica il carnevale. Nei locali del circolo INDIRIZZO e-mail per inviare gli articoli a «GAZZETTA SVIZZERA» Raccomandiamo ai corrispondenti di inviare i testi e anche le fotografie, nella misura massima possibile, attraverso questo nuovo metodo di trasmissione: [email protected] sono state esposte alcune fotografie del carnevale di Venezia, scattate qualche anno fa dal presidente Luciano Defilla. Proiezione di film Mercoledì 17 febbraio si è tenuto il tradizionale thè delle signore, una consuetudine che ha ormai una lunga storia nella programmazione delle iniziative del circolo. Nell’occasione è stato proiettato il film “Die Herbstzeitlosen”, un film di Bettina Oberli, presentato a Locarno nel 2006. Alle ore 20 c’è stata la proiezione di una seconda pellicola, “Das Wunder von Bern”, per la regia di Sönke Wortmann (2003). Le due proiezioni, in lingua tedesca, sono state a cura di Anita Sansone, cui si debbono anche i corsi di tedesco per bambini e adulti, che si tengono presso il circolo il mercoledì mattina, il giovedì pomeriggio e il sabato mattina. Museo della paglia di Signa Anticipiamo che in marzo si terrà presso il Museo della paglia e dell’intreccio di Signa, diretto dal professor Roberto Lunardi, una mostra dedicata ai panieri appartenuti alla signora Elisa Dapples, socia del circolo scomparsa nel 2009. David Tarallo 15 N. 3, marzo 2010 L’associazione culturale ArPA organizza una mostra e vari eventi a Firenze Omaggio a Traut Streiff Faggioni nel centesimo della nascita Nel settembre 2010 ricorrono i 100 anni dalla nascita della grande danzatrice, insegnante e pedagoga Traut Streiff-Faggioni, cittadina Svizzera, nata a Genova l’8 settembre 1910 e morta a Firenze nel 1994, città nella quale lei ha svolto la sua preziosa attività di artista e di insegnante per quasi 50 anni e che le ha conferito la mimosa d’argento nel ’57 come riconoscimento al suoi impegno, per la città, in ambito culturale. La traccia lasciata dal suo insegnamento ha coinvolto tanti cittadini e ha anche segnato l’attività di professionisti danzatori, coreografi, artisti e pedagogisti e terapeuti del movimento. L’associazione culturale ArPA (arte-psicologia-atéliers) che da 20 anni si occupa di attività di movimento, musica e arte in collaborazione con l’associazione culturale Aghirà e Cango, che ugualmente hanno come finalità principale la danza e tutte le attività legate al movimento e che tutte hanno tratto ispirazione dal insegnamento di Traut Faggioni vogliono organizzare un omaggio alla sua memoria coinvolgendo tutti i fiorentini che l’hanno conosciuta e che sono passati dal suo studio e facendola conoscere a chi non ha avuto questa opportunità. L’evento programmato per settembre 2010 prevede: – l’allestimento di una mostra documentaria con immagini, costumi, video e testi. – la programmazione di workshops inerenti a danza e movimento condotti da professionisti ex-allievi di Traut Faggioni. – spettacoli e performances presentati da danzatori ex-allievi di Traut Faggioni. I tempi dei vari interventi saranno previsti dall’8 settembre 2010 (inaugurazione mostra) e per tutto il decorrere del mese, con date da definire per workshops e spettacoli. R. S. Appello per il giornalino degli Svizzeri Pugliesi Assemblea generale 2010 del Circolo Svizzero Pugliese Il tredicesimo anno di vita del Circolo Svizzero Pugliese vede, domenica 24 gennaio, i soci riunirsi nel ristorante “Il Giardino” della città di Cisternino. Il posto già conosciuto per i festeggiamenti della festa nazionale del 1. agosto, è risultato il più idoneo a raccogliere i partecipanti che da tutti i paesi vicini, si sono ritrovati insieme alle ore undici per dare inizio all’assemblea generale annuale. Come ogni anno ospiti d’onore sono stati il presidente del Circolo Salentino, René Ringger con la moglie Sandra e il console onorario di Bari Ugo Patroni Griffi con la famiglia. Alle ore undici, come da programma, i partecipanti riuniti nel salone principale del ristorante, hanno iniziati i lavori dell’assemblea. La Presidente del Circolo, Claudia Mucciarelli, dopo il benvenuto a tutti i presenti e portando i saluti dei soci impossibilitati a partecipare, ha esposto con una retrospettiva dell’intero anno le varie attività e incontri svolti. Al termine, il comitato come da prassi, ha formalmente dato le dimissioni e successivamente rieletto dalla maggioranza dell’assemblea. I suggerimenti e i consigli da parte dei partecipanti hanno quindi animato la discussione e il nuovo comitato, preso in considerazione tutte le proposte fatte dall’assemblea, le ha elaborate e inserite nel corrente esercizio. Il nuovo comitato risulta composto da: Claudia Mucciarelli (Presidente), Margherita Weishaupt (Vicepresidente), Bruno Colucci (Segre- tario e redattore SVIPU), Arlette Krebs (Cassiera), Therese Gfeller (Revisore), Irene Denoth (Revisore), Vreni Steinbichl (Consigliere). Per l’anno corrente il calendario delle attività si è maggiormente arricchito. Per ogni mese è previsto un avvenimento o un incontro a cui aderire sperando di rendere la compartecipazione di tutti i soci ancora più Il nuovo comitato del Circolo Svizzero Pugliese. interessante e piacevole. L’agenda e i dettagli di tutti gli avvenimenti verranno pubblicati 2009, che nonostante le spese aumentate ogni bimestre sul nostro notiziario SVIPU che sono ancora in positivo. Come redattore del raggiunge ormai puntualmente, sia via e-mail giornalino degli Svizzeri Pugliesi (SVIPU) inviche in forma postale, tutti i nostri abbonati e ta sempre i soci a partecipare con notizie e simpatizzanti. contributi alla pubblicazione del notiziario che L’assemblea ha anche accordato, con derappresenta uno strumento di aggregazione correnza immediata un aggiornamento della indispensabile per la vita dell’associazione. quota associativa annuale che passa a 20 L’assemblea dà quindi mandato al nuovo coeuro per i singoli e a 30 euro per i nuclei mitato rieletto, a proseguire nel lavoro affidafamiliari. togli con forza e convinzione. Il segretario, Bruno Colucci, con mandato Un grazie particolare al console Ugo Patroni della cassiera uscente del Circolo Brigitte Griffi per il dono economico che favorisce Streckeisen per assenza giustificata, ha ogni anno a sostegno del Circolo. fornito all’assemblea tutti i dati dell’esercizio Bruno Colucci 16 N. 3, marzo 2010 «Ora ho un compito politico da sogno» Intervista al consigliere Ueli Maurer a capo del Dipartimento della difesa In quanto capo del Dipartimento della difesa, della protezione della popolazione e dello sport, il consigliere federale Ueli Maurer dirige non soltanto il più grande dipartimento del Palazzo federale, ma anche il più complesso. Il problema maggiore è riassumibile nel fatto che l’esercito manca di mezzi finanziari per poter eseguire i suoi compiti. “Ma quali sono?”, chiedono gli antimilitaristi. In carica da un anno, Ueli Maurer traccia un bilancio per la “Revue Suisse”, qui tradotto per Gazzetta Svizzera. Il capo del Dipartimento federale della difesa, della protezione della popolazione e dello sport, visita le truppe, con il brigadiere Daniel Berger: il consigliere federale Ueli Maurer dirige il più grande dipartimento di Palazzo federale. Revue Suisse: La sua vita è cambiata dopo la sua elezione in Consiglio federale? Ueli Maurer: In quanto presidente dell’UDC, mi occupavo già di un ampio ventaglio di temi e mi sono esposto alla critica pubblica durante anni. Ma come membro del governo devo soprattutto approfondire i temi. Passo quindi – evidentemente – molto tempo nel mio ufficio di Palazzo federale e in settimana abito nei pressi di Berna. La politica mi ha sempre affascinato e oggi svolgo un compito da sogno. Qual è il cambiamento principale? Dispongo di uno stato maggiore di collaboratori personali e di un grande segretariato generale che mi sostengono nei miei compiti. Sono a capo di un dipartimento che conta 12’000 collaboratrici e collaboratori e sono il responsabile politico di un esercito di 120’000 attivi. Sono altre dimensioni rispetto a quelle che mi avevano fatto conoscere le mie precedenti attività. Infine, come membro del governo, devo pure occuparmi dei temi dei sei altri dipartimenti. Lei si era fatto un’idea diversa di questa funzione? In quanto parlamentare e presidente di partito, durante anni ho intrattenuto un contatto stretto con i capi del DDPS di allora. Sapevo quindi abbastanza concretamente che cosa dovessi aspettarmi. Riprendendo il Dipartimento della difesa lei è alla testa del più grande ministero, ma anche del più complesso. Quali sono i problemi più urgenti da risolvere? I settori P (protezione della popolazione) e S (sport) non mi causano grandi preoccupazioni. Diverso è il settore D, la difesa. In questi ultimi anni, il nostro esercito di milizia ha dovuto digerire troppe riforme in troppo poco tempo; inoltre, i bilanci sono stati tutti riveduti al ribasso. Noi incontriamo oggi grandi problemi di logistica e d’informatica e siamo in grado di equipaggiare al massimo una brigata completa. Di conseguenza è necessario consolidare e correggere. In alcuni settori ci vorranno anni affinché l’esercito sia risanato. Ma ho fiducia, ci riusciremo. L’esigenza di restaurare soprattutto la disciplina nell’esercito ne fa pure parte? La disciplina è l’alfa e l’omega di un esercito. Essa non è purtroppo così evidente rispetto a qualche anno fa, ma è l’immagine di quanto avviene nella vita civile. Le evoluzioni in seno alla società si ripercuotono molto rapidamente su un esercito di milizia. Ma un funzionamento disciplinato rimane una delle principali priorità del capo dell’esercito. L’esercito costa molto caro e la Confederazione vorrebbe risparmiare. Come conciliare queste due tendenze? “Molto caro”, è tutto relativo. L’esercito costa oggi meno dell’uno per cento del prodotto nazionale lordo. Alcuni paesi confrontabili spendono molto di più. Gli ambienti politici e, per finire, il popolo devono sapere quale è ai nostri occhi il valore della sicurezza. E per poter realizzare i miglioramenti citati precedentemente, avremo bisogno di 500 milioni di franchi all’anno. Quale sarà l’esercito svizzero di domani? Cambierà ancora e sempre. Voglio dire con ciò che dovrà adeguarsi senza sosta alle nuove sfide. Nessuno può predire oggi quale sarà la situazione in materia di sicurezza fra 15 o 30 anni. Una buona formazione, un equipaggiamento moderno utilizzabile da personale di milizia e – soprattutto – un atteggiamento positivo e motivato dei cittadini in uniforme sono criteri determinanti. Quali nuovi compiti attendono l’esercito? La vera questione è: quali sono i problemi ai quali il nostro paese potrebbe esse confrontato? Si tratta di acqua? Di flussi migratori? Di penuria energetica? Il nuovo rapporto sulla politica della sicurezza, che sarà disponibile il prossimo autunno, dovrà rispondervi. La Svizzera avrà sempre un esercito di milizia? Che cosa sconsiglierebbe un esercito di professionisti? Non posso predire che cosa avverrà fra 20 anni. Ma oggi e in un prossimo futuro, un esercito di milizia presenta parecchi vantaggi. È profondamente ancorato nella popolazione, poiché persone di tutti gli angoli del paese, di tutti gli strati sociali indossano ogni anno l’uniforme durante alcune settimane per compiere il loro servizio. Quando non abbiamo bisogno dell’esercito è “a casa” o sul luogo di lavoro. E quando dobbiamo chiamarlo siamo in grado di mobilitare decine di migliaia di soldati in poco tempo. Un corpo professionistico sarebbe da un lato nettamente più caro e dall’altro sarebbe composto soltanto da certe parti della società. Che cosa faremmo tutto l’anno di un esercito professionistico? Qual è il sostegno di cui beneficia l’esercito in seno alla popolazione? La Svizzera è ancora favorevole all’esercito? Assolutamente! I sondaggi sulla sicurezza realizzati ogni anno dal Politecnico federale di Zurigo mostrano che il 75% della nostra popolazione ritiene il nostro esercito necessario. Quando l’esercito si presenta in pubblico, in 17 N. 3, marzo 2010 occasione di feste o di giornate che gli sono dedicate, attira migliaia di visitatori che vengono per informarsi. Qual è l’ampiezza dei problemi che incontra il rinnovo dei quadri? Non sono maggiori che in passato. Al contrario. Le scuole dei quadri sono ben frequentate. Negli ambienti industriali, commerciali ed economici, i datori di lavoro sono disposti a vedere il loro personale seguire una formazione militare, poiché sanno che quest’ultima servirà. Come lottare contro l’inattitudine al servizio crescente nei giovani Svizzeri? È un problema grave? Anche qui siamo un riflesso della società. Un giovane a cui non piace né lo sport, né il movimento, o che soffre di sovraccarico peso o di una dipendenza dalla nicotina, non sarà diverso il giorno del reclutamento. Avrà quindi problemi per seguire il ritmo della scuola reclute. In generale vorrei che la società migliorasse la sua saluta nell’interesse di quella dei soldati. Gli impegni dell’esercito svizzero all’estero sono sempre più discussi. Che cosa ne pensa? Gli impegni all’estero per promuovere la pace o per l’aiuto in caso di catastrofi fanno parte integrante del mandato che gli ambienti politici e la popolazione hanno affidato all’esercito. Ma gli interventi a favore della pace, almeno, sono contestati e influiscono negativamente sulle discussioni a proposito dell’esercito. Personalmente non sono sfavorevole agli impegni all’estero. Ma vorrei che quanto noi offriamo in questi casi sia tipicamente svizzero. Una sorta di prodotto di nicchia che si identificherebbe con il nostro paese. Per esempio specialisti dell’acqua. Un gruppo di lavoro sta preparandomi proposte che figureranno pure nel rapporto sulla politica di sicurezza. Com’è l’ambiente in seno al Consiglio federale? È come l’aveva immaginato? Si legge costantemente che il Consiglio federale non è più un’autorità collegiale ma un gruppo di individualisti. La vede anche lei così? Il Parlamento elegge sette capitani in governo che devono insieme condurre la barca in porto e ottenere quanto vi è di meglio per il nostro paese. Non devono per forza essere sette amici, ma sette colleghi. Per esperienza posso affermare che il Consiglio federale collabora e funziona molto meglio di quanto non dica la stampa. Discutiamo – o dibattiamo – per trovare la migliore soluzione. Dopo la seduta andiamo tradizionalmente a pranzo insieme. Che cosa pensa di un’elezione del Consiglio federale direttamente da parte del popolo? In sé l’idea è molto buona, ma irrealizzabile politicamente. Temo che si arriverebbe a una campagna elettorale permanente e ci si può porre la questione dell’ampiezza che il ruolo dei media assumerebbe. Si sente spesso dire che i consiglieri federali lavorano 14 ore al giorno o anche di più. È vero? Se sì, è sano? E si può veramente lavorare così tanto con concentrazione ed efficacia? È spesso il mio ritmo. Ma non lo considero un onere. Amo il lavoro, ma anche il contatto con molta gente, ragione per la quale partecipo frequentemente a piccole assemblee. Ho la fortuna di essere in buona salute e di non aver bisogno di molto sonno. E mi muovo enormemente: vado in bicicletta e faccio sci di fondo in inverno. È necessaria una riforma dello Stato o semplicemente un numero maggiore di consiglieri federali? No, piuttosto meno! Credo che ce la faremmo anche con 5 consiglieri federali. Bisognerebbe però ripartire diversamente il lavoro. Quando pensa che la sua famiglia si avvicinerà al Palazzo federale? Mia moglie e i miei figli più giovani vivono sempre nell’Oberland zurighese. Qui hanno le loro radici. I miei altri figli sono emancipati. Uno dei miei figli vive in Norvegia. Ho un bell’appartamento vicino a Berna e passo i miei finesettimana a casa con la mia famiglia. Intervista di Heinz Eckert Chiesa Cristiana Protestante in Milano Riflessione prima di Pasqua A volte può capitare nella vita di uno qualsiasi di noi di fare un grave errore. Forse non ne siamo neppure coscienti. Lutero diceva che questi peccati non erano da confessare al pastore, ma a Dio stesso. Possono essere comportamenti, modi di concepire la vita che arrecano molto dolore a chi ci sta vicino. Noi continuiamo a vivere la nostra vita, come se nulla fosse, perché non ce ne rendiamo conto. Poi avviene una rottura, o come dice un proverbio: “tutti i nodi vengono al pettine” e siamo posti di fronte ad una realtà, che ci lascia senza parole. Non si può descrivere quello che proviamo, ma sono emozioni forti, a volte devastanti, perché ci rendiamo conto di aver “fatto del male” a qualcuno, nel vero senso della parola. Il dolore dell’altro ci colpisce come una meteora, ci entra dentro e porta con sé tutte le conseguenze del caso. Se fossimo stati coscienti di aver “fatto del male” non avremmo motivo per la disperazione, perché sicuramente per ogni azione volontaria c’è una motivazione evidente e ne porteremmo semplicemente la responsabilità. Ma gli errori commessi senza averne coscienza, quando “ti ritornano” sono devastanti. Lutero aveva ben visto che neppure un pastore poteva accogliere una tale confessione, ma solo il Signore, che ti conosce nel profondo del cuore. Lui vede e sa che cosa sta accadendo e solo lui può liberarti, nel senso di una crescita, da quello che ti opprime l’animo. Solo nel momento che hai vissuto questa morte interiore, del dolore altrui, solo nel momento in cui soffri sinceramente per ciò che hai causato, e conosci profondamente il motivo più intimo per cui ti sei comportato e hai agito in quel modo, può esserci una presa di coscienza e di responsabilità. Questa è la rinascita che ti libera l’animo e ti concede il perdono. Questa è la simbologia della Pasqua e questo è il valore della nuova nascita che l’avvenimento di Cristo ci insegna. Pastore Marcel Cavallo – Chiesa Cristiana Protestante in Milano – Via Marco de’Marchi 9 - 20121 Milano – www.ccpm.org 18 N. 3, marzo 2010 Partiti svizzeri – Sezioni internazionali Intervista con il segretario generale dell’UDC Martin Baltisser: «Votando per l’UDC, votate per i valori svizzeri» Creata nel 1992, l’UDC International è un gruppo politico per le cittadine e i cittadini svizzeri residenti all’estero. Il suo comitato si compone di personalità politiche influenti dell’UDC e di Svizzeri all’estero impegnati nella vita politica del loro paese d’origine. In collaborazione con il segretariato generale, il comitato veglia ad associare la Quinta Svizzera alla vita del Parlamento federale. Martin Baltisser, segretario generale dell’UDC, sottolinea, in un colloquio con la “Revue Suisse” l’importanza del voto degli Svizzeri all’estero. Revue Suisse: Quale importanza rivestono per lei gli Svizzeri all’estero? Martin Baltisser: Secondo me essi hanno molta importanza; vorrei rammentare che sono stato membro fondatore dell’UDC International nel 1992. Quando è stato introdotto il diritto di voto per corrispondenza per gli Svizzeri all’estero, mi è parso immediatamente evidente che essi dovevano avere la possibilità di essere collegati ad un partito. Quanti membri contate fra gli Svizzeri all’estero? È difficile da dire, poiché non teniamo uno schedario centrale. Alcune centinaia forse. Il nocciolo duro, che versa pure dei contributi, conta quasi 300 Svizzeri all’estero. Il numero dei membri all’estero ha registrato una crescita comparabile a quella dei membri residenti in Svizzera, con un picco di adesioni registrato a seguito della destituzione del consigliere federale Christoph Blocher. Con quali scopi è stata fondata l’UDC International? Il nostro obiettivo è, da sempre, quello di garantire il contatto degli Svizzeri all’estero fra loro e la loro patria d’origine. Inoltre, l’UDC International deve svolgere un ruolo determinante nella salvaguardia degli interessi degli Svizzeri all’estero in Svizzera. Ci battiamo beninteso per far valere le loro richieste nella politica federale, nell’ambito di procedure di consultazione o di interventi parlamentari. Il comitato dell’UDC International conta del resto alcuni Svizzeri all’estero particolarmente impegnati nonché influenti personalità politiche membre dell’UDC. Sotto numerosi aspetti, il programma dell’UDC non corrisponde tuttavia alle aspirazioni e agli interessi degli Svizzeri all’estero. Così, il nome dell’UDC all’UE nuoce agli interessi degli Svizzeri residenti nei paesi membri dell’Unione europea. Non ne sono convinto. La maggior parte degli Svizzeri all’estero aderiscono all’UDC proprio perché essa difende i valori svizzeri a livello della comunità degli Svizzeri all’estero. Per quale motivo? Forse proprio perché il nostro partito conta fra i suoi membri gli Svizzeri all’estero più attivi. Inoltre, occorre rammentare che già dall’inizio abbiamo attribuito alla comunità degli Svizzeri all’estero lo statuto di partito cantonale e l’abbiamo completamente integrato al partito-madre. Questo spiega in gran parte il nostro successo. Come mantenete i contatti con gli Svizzeri all’estero? Utilizziamo in primo luogo i nostri canali elettronici e comunichiamo anche per posta con i nostri membri iscritti. Prevediamo inoltre di creare delle comunità che permetteranno ai nostri simpatizzanti all’estero degli scambi attivi. Infine, i nostri membri ricevono regolarmente delle newsletter che li informano sull’attualità del nostro partito. Il segretario generale dell’UDC, Martin Baltisser. tradizionali. Ci teniamo che questi valori rimangano intatti. Aggiungerei che numerosi Svizzeri e Svizzere all’estero ci sostengono ampiamente nell’ambito della nostra politica europea poiché, vivendo essi stessi in un paese dell’UE, sono testimoni di quanto un’adesione della Svizzera all’UE potrebbe comportare. L’UDC International difende gli interessi del popolo svizzero, che vuole un paese in cui regni fiducia, benessere, sicurezza e libertà. Per questo l’UDC si impegna per l’indipendenza del paese, una riduzione delle imposte, un esercito e una polizia ben equipaggiati, ma anche una politica estera neutra. Di tutti i partiti del paesaggio politico svizzero, voi siete il partito più attivo Quale importanza attribuisce al Consiglio degli Svizzeri all’estero? Il Consiglio degli Svizzeri all’estero è in sé una buona idea. Ma, in questa istanza, l’UDC è considerevolmente sotto-rappresentata, mentre è il partito di gran lunga più potente in seno al Parlamento svizzero. Questo deve cambiare. È possibile che un giorno una Svizzera o uno Svizzero all’estero siedano in Consiglio nazionale? Questo mi sembra molto difficile – il o la candidata deve innanzitutto presentarsi alle elezioni in un cantone – ma rimane tuttavia possibile. Non manchiamo di candidati molto validi e ci presenteremo nuovamente alle elezioni del 2011 con il maggior numero possibile di liste di Svizzeri all’estero. Ma una cosa è sicura: oggi, il legame tra gli Svizzeri all’estero e il Parlamento federale è assicurato grazie ai consiglieri nazionali dell’UDC. Heinz Eckert 19 N. 3, marzo 2010 Deceduto a 75 anni mentre teneva una conferenza a Yverdon La scomparsa di Jacques Chessex, Premio Goncourt svizzero Lo scrittore vodese Jacques Chessex ha realizzato durante tutta la sua vita un’opera encomiabile. Popolare tanto a Parigi, quanto in Svizzera, l’eremita di Ropraz (VD) è deceduto all’età di 75 anni mentre stava tenendo una conferenza nella Biblioteca pubblica di Yverdon. “Jacques Chessex era una forza, un’energia orientata verso il bisogno, il desiderio e l’ossessione di scrivere, di creare un’opera”, esclama l’amico, poeta e giornalista Jean-Dominique Humbert. Figura emblematica, Jacques Chessex definiva lo scrittore come “qualcuno che magnifica la letteratura dando alla lingua, allo stile, alle parole, un potere, una virtù sacra assolutamente decisiva”. Il solo Svizzero che ha vinto il Premio Goncourt (nel 1973 con “L’Ogre”) è scomparso all’età di 75 anni nel bel mezzo di una conferenza che stava tenendo alla Biblioteca pubblica di Yverdon. Dio, sesso e morte Un’opera che si estende su un mezzo secolo, un centinaio di libri, premi letterari prestigiosi (Schiller, Grand Prix de la langue française, Grand Prix Jean Giono); Jacques Chessex scatenava le passioni. Una volta ancora, nel febbraio 2009, scandalizzava il pubblico con “Un Juif pour l’exemple”, che racconta l’assassinio di un commerciante ebreo a Payerne (VD) nel 1942. Chessex lo si amava o lo si odiava, ma non lasciava nessuno indifferente. Doveva avere, come diceva, una “specie di fluido” che focalizzava l’attenzione su di lui. Il critico letterario francese Bernard Pivot parla di lui in questi termini: “la maggior parte dei suoi scritti sono di un realismo implacabile, di una sensualità molto torbida e di una lucidità spesso molto feroce; a Jacques Chessex piaceva grattare le piaghe: sapeva benissimo dove questo gli faceva male, a lui, e dove faceva molto male ai lettori”. Scrittore tradotto in una ventina di lingue, Chessex è molto difficile da qualificare. “Un uomo di nobili ambizioni, da quella che consiste nel confrontarsi con se stesso, alla scrittura e alla pagina da fare, racconta il suo amico JeanDominique Humbert. Un essere di lungo corso che ha avuto l’intuizione dell’opera da fare molto giovane e ha attraversato la vita con il desiderio e la preoccupazione di scrivere. Era un uomo ossessionato da Dio, dal sesso e dalla morte. Questo gruppo trinitario ha sempre animato la sua opera. Scrittore mattiniero Jacques Chessex aveva una visione sacerdotale della scrittura. Prendeva in mano la penna presto al mattino, alzandosi verso le quattro e mezza. “Cominciava con un poema per lavarsi dalla notte come un monaco canta i mattutini e passava in seguito alla scrittura della prosa o del saggio. Aveva un ritmo molto preciso nell’articolazione delle sue giornate”. Poeta, romanziere, novelliere, ritrattista, saggista: Jacques Chessex si moltiplicava nella sua scrittura. Il suo ultimo libro “Le dernier crâne de Monsieur de Sade” verrà pubblicato all’inizio di quest’anno. Quali altre passioni animavano Chessex? “La pittura, che praticava lui stesso, la musica e il blues: suonava il piano. Aveva la passione della lettura. Adorava le passeggiate, gli piaceva cercare nelle chiese e nei cimiteri, si faceva ogni tanto chiamare da qualcuno, e talvolta era di un umore strano: “Cerco Dio!”. La persona che glielo aveva chiesto era in seguito tentata di chiamare la polizia piuttosto che credere a questo metafisico che curiosa nelle chiese e nei cimiteri!”. Alain Wey 20 N. 3, marzo 2010 In occasione del rinnovo del Museo nazionale svizzero a Zurigo La storia della Svizzera raccontata in modo diverso In occasione della riattazione della costruzione storica di Zurigo, il Museo nazionale svizzero ha pure rimaneggiato la sua esposizione permanente. La storia della Svizzera è ora raccontata in modo moderno, attraente, esaustivo e senza nessun pathos. La Ruota dei miti, riunisce i maggiori simboli che formano l’identità della Svizzera. In occasione della riattazione della costruzione storica di Zurigo, il Museo nazionale svizzero ha pure rimaneggiato la sua esposizione permanente. La storia della Svizzera è ora raccontata in modo moderno, attraente, esaustivo e senza nessun pathos. Museo della storia della Svizzera, il Museo nazionale svizzero è anch’esso diventato un pezzo di storia. La grande costruzione, una specie di castello fatato situato dietro la stazione principale di Zurigo, venne costruita nel 1898 dall’architetto Gustav Guhl, nello stile storicizzante del Basso Medio Evo. Minacciato di demolizione, è oggi annoverato fra i monumenti storici d’importanza nazionale ed è oggetto di un rinnovo completo. Con il rifacimento della costruzione storica, la funzione iniziale del museo nazionale è stata riveduta in un certo senso. Con il nuovo concetto dell’esposizione permanente, Andreas Spillmann, direttore del museo, vorrebbe tornare all’evocazione primaria dell’istituzione, e cioè quella di un museo storico e dell’artigianato artistico. Per questo l’ala dalla parte della stazione, interamente rinnovata con la sua sala d’onore al primo piano e la sala a colonne al pian terreno ospita oggi due esposizioni permanenti completamente rimaneggiate, dedicate ai due temi principali che sono la storia e l’artigianato d’arte. L’esposizione permanente “Storia della Svizzera” pone l’accento sulla storia dell’occupazione del territorio e delle migrazioni, sulla storia religiosa e intellettuale, nonché sulla storia politica e la storia economica. L’esposizione copre un periodo che si estende dalla preistoria fino ai nostri giorni. Nella prima parte dell’esposizione, intitolata “Nessuno è sempre stato qui”, la storia delle migrazioni e dell’occupazione territoriale fornisce informazioni sui movimenti delle popolazioni e sulle caratteristiche topografiche del territorio svizzero e mostra fino a che punto il paese è stato e continua ad essere, sotto molti aspetti, determinato dalle differenti ondate d’immigrazione – rifugiati politici o confessionali. La seconda parte dell’esposizione, intitolata “Fede, applicazione e ordine” è dedicata alla storia religiosa e intellettuale della Svizzera. Essa analizza i cambiamenti intervenuti nei rapporti con la religione, dall’onnipresenza divina e l’unità religiosa fino alla relativizzazione della religione nel secolo delle Luci, passando attraverso la riforma. Preziosi oggetti rappresentano l’universo religioso del Medio Evo (calici, figure di Santi, graduale del Convento di St. Katharinenthal), testimonianze della Riforma protestante e della Contro-Riforma (sculture salvate dall’ondata iconoclastica, ritratti di Zwingli e Calvino), nonché della reazione cattolica (in particolare ostensorio che data del XVI. secolo) sfociano sul secolo delle Luci (mobili che decorano un salotto) e la riforma dell’istruzione nel XIX. Secolo. La terza parte dell’esposizione – che occupa la sala d’onore – si china sulla storia politica della Svizzera. Intitolata “La concordanza passa dal conflitto”, essa percorre le tappe che hanno portato alla creazione del sistema di governo svizzero basato sulla concordanza e alla nascita dello Stato federale attuale. Un simbolo architettonico significativo è costituito dalla “ruota dei miti”, nove metri di altezza, che riunisce i simboli dell’identità svizzera quali Heidi, il Patto federale, la campana delle mucche e la balestra, rinviando così all’eterno ritornello dei “miti della nazione”. Ma il percorso dell’esposizione non termina qui. Esso conduce pure i visitatori attraverso la storia del movimento operaio e delle lotte delle donne, per affrontare infine il ruolo dalla Svizzera durante la Prima e la Seconda Guerra mondiale e mostrare come il paese è uscito dall’isolamento nel quale si trovava alla fine del conflitto del 39-45. La quarta parte dell’esposizione, intitolata “La Svizzera diventa ricca all’estero” presenta la storia economica svizzera: orologi di lusso, tessuti preziosi, stupefacenti gamme di prodotti dell’industria chimica, nonché i capolavori dell’industria meccanica testimoniano dello sviluppo economico folgorante della Svizzera. L’esposizione riserva pure un posto alla finanza e al turismo con le Alpi, che sono sempre stati importanti “fattori d’esportazione” per la Svizzera. Il percorso attraverso la storia della Svizzera termina infine con un “Salotto di riflessione”, dove l’oggetto del mese e notizie provenienti dal mondo intero mostrano che si continua a scrivere la storia e che la storia della Svizzera, così come quella di ogni altro paese, non può essere considerata un caso isolato. Il museo di Zurigo ospita la maggior collezione di oggetti d’interesse storico e culturale della Svizzera. L’esposizione permanente comprende quasi un milione di opere d’importanza nazionale e copre l’insieme delle varie epoche. www.landesmuseum.ch Heinz Eckert 21 N. 3, marzo 2010 Visita di una famiglia d’accoglienza dell’OSE «Aprire la porta agli sconosciuti» Presso gli Stockmann, a Dübendorf, la porta è aperta agli ospiti di tutto il mondo. Decine di giovani Svizzeri all’estero vi sono già stati ospitati per un’immersione nella vita tipica degli Svizzeri. Questa casa accoglie regolarmente giovani ospiti. Francesca Stockmann, Mirjam Stockmann, Marcio Aggeler e Curdin Spirig, “Casa vivaio di Gaia”, Dübendorf. Aprire la propria casa agli stranieri è una vera tradizione. Quando Francesca Stockmann (61 anni) ha sistemato nel 1999 la casa dei suoi genitori a Dübendorf, suo padre, che aveva 90 anni all’epoca, si lamentava che la casa fosse eccezionalmente rimasta senza ospiti per due settimane. Da quasi 20 anni, l’insegnante ospita ogni anno almeno uno Svizzero dell’estero. Molti giovani provenienti da tutto il mondo hanno già gustato la cucina di Francesca: giovani provenienti dal Paraguay, dal Giappone, dall’Olanda, da Guadalupe ecc. Ma le due camere per ospiti della “Villa Kunterbunt” non fanno unicamente la felicità degli Svizzeri all’estero. Attualmente, una è occupata da Curdin Spirig, 20 anni, originario dell’Engadina, che trascorre un semestre in questa famiglia. Come conferma lo studente del Politecnico federale di Zurigo: “La casa è sempre piena!”. Capirsi innanzitutto Anche Mirjam Stockmann (30 anni), la figlia di Francesca e Marcio Aggelen (27 anni), suo marito, sono una famiglia di accoglienza. “Il nostro primo ospite, proveniente dall’Australia, ha dormito su un divano”, afferma Mirjam. Prima del suo arrivo, essa si chiedeva se il livello di confort fosse sufficiente per il suo ospite. Ma egli è rimasto talmente incantato che ha moltiplicato le visite, anche quando il suo corso di lingue era terminato. “Egli voleva rimanere da noi”, rammenta Marcio ridendo. La scorsa estate “Junior” che proveniva dalla Francia, è stato accolto dalla giovane coppia. “Non ho mai visto una persona mangiare così tanto”, spiega Marcio con una risata. Impiegato di banca originario della Svizzera romanda, Marcio ha potuto rinfrescare il proprio francese con “Junior”. Gli Svizzeri all’estero non parlano necessariamente una delle quattro lingue nazionali. “Accogliere degli ospiti richiede una certa passione per le lingue”, conferma Mirjam. Tale passione è pure condivisa dalla madre: “Parlare in tutte le lingue del mondo è realmente affascinante”, spiega Francesca, la cui casa sembra un piccolo centro culturale. Francesca rinnova le decorazioni del suo salone più volte all’anno e organizza inoltre numerose letture e serate musicali. Immersione immediata nel paese Mirjam sa quale valore una famiglia ospitante può avere. Essa ha incontrato Marcio sei anni fa. La coppia è allora partita in viaggio in Brasile, dove sono stati ospitati da una famiglia d’accoglienza. Per Mirjam si tratta della formula migliore: “In questo modo si è più vicini al paese e alla gente del luogo, molto più di un turista che visita i monumenti per poi ritornare subito in albergo”. Marcio e Mirjam permettono ai loro ospiti di partecipare alla vita quotidiana. Essi fanno loro scoprire le varie possibilità di visite e li invitano ad uscire anche con i loro amici. “Oltre ad avere il posto, bisogna anche disporre di tempo libero”, sottolinea Mirjam. Le escursioni con gli Svizzeri all’estero alle cascate del Reno o a Lucerna sono pure delle esperienze molto ricche. “I nostri ospiti scoprono la vita della Svizzera attraverso la nostra famiglia”, spiega Mirjam. Beninteso, essi sono inoltre liberi di scoprire la Svizzera con i loro propri mezzi. Marcio si rammenta di una volta in cui ha dovuto andare a cercare in città, in piena notte, un adolescente che non sapeva più come rientrare a casa loro. Con il tempo, Mirjam non ha più dubbi sul fatto che un ospite possa essere stupito della vita quotidiana sovente improvvisata della giovane coppia. Uno scambio intimo con il mondo La famiglia Stockmann condivide volentieri il proprio universo con gli ospiti stranieri. “Si lascia penetrare lo sconosciuto in casa. È proprio questo che è intrigante”, afferma Mirjam. Un’esperienza culturale, agevolata dalla nazionalità svizzera. Quest’ultima è un primo legame, spiega Francesca: “Le nostre radici svizzere creano un legame”, afferma questa donna ospitale che ha sempre accolto i suoi ospiti, da qualunque parte del mondo essi provengano: “Quando si apre la propria casa agli altri, gli aneddoti fioriscono!”. Quello ad esempio di due donne new-yorkesi, ospitate una volta, che si erano rivelate delle guaritrici, che intendevano fare di Francesca la loro prossima paziente o molte altre storie ancora. Francesca conserva gli indirizzi, le fotografie e le cartoline di ringraziamento dei suoi ospiti. Aperta al mondo, essa approfitta dei suoi contatti in occasione dei suoi viaggi. In Australia o anche in Spagna, essa ha sempre trovato un tetto che la ospita presso i suoi compatrioti esiliati. Quando sarà in pensione, Francesca vorrebbe visitare Shanghai. E sa già a quale porta bussare. Per quanto concerne Mirjam e Marcio prevedono anch’essi una camera per ospiti nella loro futura casa. Claudio Zemp La Svizzera nella sua quotidianità L’Organizzazione degli Svizzeri all’estero, OSE, mette in collegamento le famiglie d’accoglienza con i giovani Svizzeri all’estero. Per i giovani tra i 15 e i 25 anni, è questo il modo più diretto per scoprire la vita quotidiana di una famiglia svizzera. Ogni anno, circa 70 giovani vengono accolti in Svizzera dalle famiglie. Informazioni: Servizio dei giovani dell’OSE, Prisca Blindenbacher, +41 31 356 61 00 [email protected] www.aso.ch 22 N. 3, marzo 2010 Il Circolo Svizzero di Varese va a scuola Fatti non foste a viver come «bulli»……… Il Circolo Svizzero di Varese, attento alle problematiche che circondano i propri iscritti, ha organizzato, nello scorso mese di febbraio, un’ attività apparentemente insolita per un Circolo Svizzero. Infatti, pensando ai propri soci con bambini in età scolare, ha deciso di organizzare un seminario, tenutosi alla Scuola Europea di Varese, sull’attualissimo tema del bullismo. L’evento, grazie all’emozionante presentazione della Professoressa Erica Macchi di Novara, intima conoscitrice del mondo dei comportamenti problematici giovanili, ha offerto l’occasione per una profonda riflessione non solo sul fenomeno stesso, ma anche sulle possibili strategie di prevenzione e gli eventuali rimedi, ai quali sono chiamati tutti gli adulti che accompagnano il giovane nel suo percorso di crescita. Oggi, anche bambini ed adolescenti sono sommersi da “informazioni” e “soluzioni predefinite” (televisione, internet, videogames, ecc. ne sono le fonti primarie). Esse, lavorando unicamente sul pensare del bambino, osteggiano una crescita armonica e la realizzazione di una personalità individualizzata e creativa. Presenti una trentina di educatori ed insegnanti delle materne, delle elementari e della scuola media. È stato, tra altro, illustrato un approccio che invita ad interventi formativi i quali non si limitino a trasmettere informazioni, ma che si occupino di armonizzare il sentire del futuro cittadino, considerando che proprio dal sentire scaturiscono non solo i comportamenti, ma che lo stesso costituisce un caposaldo del volere umano. È indubbio infatti che le stesse caratteristiche che si esprimono nel comportamento “problema” potrebbero, se adeguatamente incanalate, impiegarsi come risorsa a vantaggio in primo luogo dello stesso giovane, il quale potrà così ricoprire una posizione appagante nel mondo che lo circonda, e in secondo luogo a vantaggio del tessuto sociale che potrà arricchirsi grazie all’apporto di queste forze volte al positivo. Non a caso alcune delle menti più attive nella storia dell’umanità sono state caratterizzate, nella giovinezza, da un’indole “ribelle” che ha potuto trovare la sua più vantaggiosa collocazione sociale solo in funzione di educatori animati, accanto alla necessaria fermezza, anche da comprensione. Considerato il successo di questa prima iniziativa al di fuori dell’associazione stessa, il Circolo Svizzero di Varese ha deciso di proseguire sulla strada intrapresa e di proporre anche in futuro questo tipo di attività. Proposte in tal senso possono essere inoltrate direttamente dal sito del Circolo http://csv.freesitespace. net/ oppure intervenendo all’Assemblea Annuale che si terrà nelle prossime settimane (informazioni sul sito del Circolo Svizzero Varese). Louis A. Bettinaglio 23 N. 3, marzo 2010 La quota di materia prima locale prevista dal governo è troppo elevata La protezione del marchio «Svizzera» crea problemi all’industria alimentare La menzione “Svizzera” (o anche solo il simbolo della croce), anche dopo la votazione popolare sui minareti, continua ad essere un buon argomento di vendita. La sua protezione è quindi un dato positivo per l’economia svizzera. Da qui l’importanza di una efficace lotta contro il suo uso abusivo. Se ne stanno occupando anche le autorità federali e attualmente una commissione parlamentare sta trattando l’apposito messaggio del Consiglio federale. Uno dei maggiori problemi da risolvere in questo ambito sono i requisiti minimi affinché un prodotto possa essere definito “svizzero” e quindi provvisto del diritto di portare il relativo marchio. Il progetto del Consiglio federale prevede che, come regola generale, l’80% del peso del prodotto finito debba essere di provenienza svizzera. Fanno eccezione quei prodotti per i quali la Svizzera non dispone della necessaria materia prima (l’esempio classico potrebbe essere quello del cacao per la cioccolata). Ora, se il principio è chiaro, la sua applicazione pratica non è sempre evidente. Per esempio la Federazione svizzera delle industrie alimentari (FSIA) non è d’accordo con questa definizione, che potrebbe provocare una perdita di posti di lavoro in Svizzera. Un grosso problema è dato da materie prime (in questo caso alimentari) che vengono prodotte in Svizzera, ma non in misura sufficiente. L’esempio citato dal portavoce della FSIA è quello della farina per biscotti. Solo il 20% del fabbisogno di grano dell’industria è prodotto in Svizzera, mentre l’80% deve essere importato. È chiaro che questa materia prima non può essere definita “svizzera”. I biscotti prodotti in Svizzera potrebbero così perdere il prezioso marchio. Parecchi altri prodotti alimentari svizzeri sono nella stessa situazione e se non possono utilizzare il marchio potrebbero essere prodotti all’estero. Per farsi un’idea dell’importanza di questo mar- Copertura assicurativa mondiale per gli svizzeri all’estero. Con l’International Health Plan della CSS Assicurazione usufruite in tutto il mondo di una copertura completa nell’ambito privato e professionale in caso di malattia, infortunio e maternità. Informazioni e offerta sotto: Telefono: ++41 58 277 16 87/91 E-Mail: [email protected] Assicurazione SR 2010 www.css.ch/ihp chio, si possono citare i risultati di recenti studi, dai quali si può dedurre che il consumatore svizzero è disposto a pagare fino al 20% in più per avere il prodotto svizzero garantito. Ma, secondo Felix Addor, dell’Istituto svizzero della proprietà intellettuale, questo privilegio sta già perdendo di importanza. Il marchio “Svizzera”, lo scorso anno, rispetto al 2005, è già sceso dal secondo all’ottavo posto nella graduatoria internazionale. Sempre Addor vede però anche l’altra faccia della medaglia. Se un produttore vuole fregiarsi a tutti i costi del marchio “Svizzera” si limiterà ad utilizzare almeno l’80% di materia prima svizzera. Operazione che richiede controlli severi, che il Consiglio federale dovrà precisare in un’ordinanza, ma che non saranno sempre di facile applicazione. Anzi, l’effetto potrebbe proprio essere quello di indebolire l’industria svizzera, invece di rinforzarla, proprio grazie al marchio. I.B. 24 N. 3, marzo 2010 Da Vancouver con sei medaglie d’oro e un buon risultato collettivo Buon avvio degli atleti svizzeri ai Giochi Olimpici invernali voluto seguire la sua prima gara, dopo aver partecipato alla cerimonia ufficiale dell’apertura dei giochi. Anche parecchi altri svizzeri si sono distinti nelle varie competizioni e alcuni di loro hanno sfiorato di pochissimo il podio olimpico. Tra questi il più deluso è certamente Stéphane Lambiel, nel pattinaggio artistico, già campione mondiale, tornato alle competizioni dopo una pausa dovuta a problemi fisici. Lambiel è giunto quarto in una gara tiratissima, a Simon Amman con le due medaglie d’oro. pochissima distanza dalla Un Carlo Janka raggiante dopo la vittoria nel «gigante». medaglia di bronzo. Con le due medaglie d’oro di Simon AmDelusissimo invece Didier man nel salto con gli sci, la Svizzera ha Cuche, attuale leader nella Un altro oro è stato vinto da Dario Cologna posto il proprio marchio di qualità ai Giochi classifica generale dello sci alpino, che non nella 15 chilometri, tecnica libera, di sci di Olimpici invernali di Vancouver. Amman ha è riuscito a ripetere i brillanti risultati di quefondo, e da Mike Schmid nello sci-cross. ripetuto l’exploit di otto anni fa a Salt Lake sta stagione. Il suo miglior risultato è stato Nella regina delle gare alpine, la discesa libeCity, quando – giovanissimo – stupì il mondo un sesto posto proprio nella disciplina che ra, si è invece imposto Didier Defago, non intero, meritandosi il soprannome di “Harry predilige: la discesa libera. Oltre a Cuche e nuovo a sorprese di questo genere. Defago, Potter” dello sci. La vittoria di Amman non Lambiel, anche altri due svizzeri hanno ottevincendo una delle prime competizioni in caè mai stata in discussione sui due trampolini nuto un quarto posto, a un niente dal podio lendario ha dato un enorme sostegno a tutta olimpici canadesi, tanto si è dimostrata fin delle medaglie: Yuri Podlacikov nell’halfpila rappresentanza svizzera, che del resto era dall’inizio la sua superiorità. Nemmeno una pe dello snowboard, e Carlo Janka nella presente in buon numero alla prima gara di velata polemica è riuscita a scalfirla. La gioia supercombinata dello sci alpino. Janka si è Simon Amman. dello svizzero è stata tale da indurlo perfino poi ampiamente rifatto vincendo nettamente Completano l’elenco delle medaglie, a tre a correre ad abbracciare la presidente dello slalom gigante, con due prestazioni veragiornate dalla chiusura dei Giochi, il bronzo la Confederazione Doris Leuthard, che ha mente da medaglia d’oro. di Silvan Zurbriggen nella supercombinata di sci alpino e quello di Olivia Nobs nello “snowboardcross”. Deluse invece le atlete svizzere, che non sono riuscite a conquistare altre medaglie. I migliori piazzamenti sono stati quelli di Fabienne Suter (quinta nella discesa e sesta nella supercombinata), di Nadia Styger (sesta nel super G), di Mellie Francon (settima nello “snowboardcross) e di Martina Kocher (settima nello slittino). Tra gli uomini vanno ancora ricordati il quarto posto di Grand/Rüegg nel bob a due e l’ottavo posto di Carlo Janka nel super G. Al momento in cui scriviamo non sono ancora noti i risultati degli sport di squadra, nei quali si stanno comportando bene sia la squadra di disco su ghiaccio, sia quella di curling(tanto maschile quanto femminile). Il bilancio di questa partecipazione svizzera (una delle più numerose della storia) alle Olimpiadi invernali è forse leggermente inferiore alle attese, ma sicuramente di tutto rispetto, con, per il momento, 6 medaglie d’oro, 2 di bronzo e ben Dario Cologna all’arrivo vittorioso della 15 km. dello sci di fondo. 11 diplomi olimpici. È già un primato.