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Quattrocento anni di forme inseguendo la natura 19
Corriere DESIGN Mercoledì 13 aprile 2005 19 linee sinuose Gli edifici zoomorfi Quattrocento anni di forme inseguendo la natura Marco Vinelli zione spaziale, secondo tre assi. Dopo Antoni Gaudí e le sue opere del uando architetti e designer so- periodo più maturo, come le case Milá no in carenza di idee e non e Battló di inizio ’900, uno di quelli sanno «che pesci pigliare» che ci provano è Erich Mendelsohn: guardano alla natura. Perché il suo progetto per la torre Einstein a l’ambiente che ci circonda è talmente Postdam (1920) è molto plastico ed vario da essere in grado di ispirare espressivo e viene concepito per esseanche il cervello più annebbiato. Fra i re realizzato in cemento. Ma, ahimè, primi a ricorrere a questa fonte persi- viene invece usata la comune muratuno un genio come Leonardo, designer ra intonacata e il risultato è deludenante litteram che nei suoi progetti era te: le forme sinuose e scultoree ipotizpiù attento, però, alla funzione e al- zate sulla carta si traducono in una l’aspetto meccanico che non alla for- classica architettura con gli angoli ma fine a se stessa: un po’ il contrario smussati. (tranne qualche rara eccezione) di ciò Ma è proprio il cemento armato che, che accade oggi. dal primo ’900, consente le soluzioni E anche gli architetti, ai tempi di più ardite e affascinanti. In quegli Leonardo, non è che poanni, intanto si va affertessero sbizzarrirsi molto: Alberti scriveva: mando anche la figura figurarsi, in un’epoca in «Il dinamismo, dell’architetto-designer, cui le costruzioni erano cioè che progetta edifici fatte in pietra o muratura la disperazione e oggetti per la vita quoticon strutture composte dell’architetto» diana. Uno dei primi a da trave, colonna, arco e cimentarsi in questo camvolta; in cui i muri erano dritti e po è Peter Behrens che disegna per l’unica varietà era introdotta dai fregi, l’Aeg, nel 1909, sia la fabbrica di dalle trabeazioni, dalle lesene, dal bu- Berlino che le lampade per illuminare gnato. C’è da immaginarsi la frustra- le case dei tedeschi. E così sarà anzione dei progettisti: in natura non che per Le Corbusier, Ludwig Mies esiste la linea retta e loro invece era- van der Rohe, Frank Lloyd Wrino costretti a edificare secondo un ght. principio di rigida ortogonalità, pena Ma è dagli anni 50 in poi che lo il crollo della costruzione. scenario subisce una vera rivoluzione: architetti che progettano palazzi e ogPerciò si può ben intuire lo scalpore getti di design utilizzano gli stessi che suscitò Francesco Borromini, criteri per progettare gli uni e gli altri. verso il 1635, quando vennero tolti i Marco Zanuso si ispira all’attaccatuveli alla facciata della chiesa di San ra di una foglia al fusto di una pianta Carlino, con il suo muro sagomato che per realizzare l’intersezione della gamsembrava una «S» e la pianta, così ba con il piano di seduta nella sua classica e allo stesso tempo così nuo- sedia Lambda. Jørn Utzon, invece, va. Si sa che Borromini collezionava prende spunto da una conchiglia per conchiglie e ne teneva una gigante sul suo tavolo da lavoro come soprammobile: forse si ispirò proprio a un mollusco per progettare i suoi edifici più arditi. Leon Battista Alberti, nel De re aedificatoria, raccomandava ai colleghi di prendere spunto dalla natura, di ricavare da essa i principi che presiedono alla formazione delle cose e applicarli ai propri metodi costruttivi. Ma li aveva anche messi in guardia dai temi troppo «dinamici» perché erano la disperazione dell’architetto. Il Borromini, invece, in questa «disperazione» ci si trovava benone. Ora che un tabù era stato infranto, cioè la deformazione di una facciata secondo due dimensioni, bisognava aspettare almeno tre secoli per la tappa successiva, quella della deforma- Q dare vita alle «vele» della sua Opera tiago Calatrava: nelle sue opere, che House di Sidney. E se c’è chi si ispira si tratti di una lampada o di un ponte, alla natura per le proprie costruzioni, l’origine è sempre la natura o il corpo non manca chi le realizza «nella» na- umano. Nel museo di Milwaukee si tura: è il caso di Emilio Ambasz, nota la coda di una balena mentre architetto argentino che progetta molti nella copertura della stazione di Lione dei suoi edifici «sprofondati» nei pra- si intravede una sorta di coleottero ti, come la casa del «Retiro espiri- mentre nella «Città delle arti e delle tual» a Cordoba in Spagna, dove l’uni- scienze» di Valencia si riconosce chiaco manufatto emergente è un muro ad ramente la forma di un occhio umano. angolo retto con un balcone, che se- Ma se per tutti questi progettisti la gna il limite di un patio interrato. Ma fonte d’ispirazione era concreta e tananche in una delle sue sedie, motori o gibile, per le nuove generazioni non è lampade, l’elemento tratto dalla natu- più così: si basano su forme unicellura è sempre ben presente. lari, invisibili a occhio nudo eppure Però, se c’è un designer in cui l’ispira- sempre appartenenti al mondo della zione zoomorfa è evidentissima questo natura. Ed è cambiato anche l’approcè Luigi Colani, progettista svizzero di cio al progetto: mentre prima si distinorigini italiane: il suo progueva tra una facciata totipo di motocicletta ca- Pesci, molluschi principale e quelle seconrenata assomiglia a una e insetti ispirano darie, un «sopra» e un rana pronta a spiccare un «sotto» adesso l’intera cobalzo, il suo Megalodon è da Calatrava struzione sembra un «pezun progetto per un aereo a Peter Cook zo» di design. Viene afche prende spunto da frontata come un unico uno squalo preistorico e utilizza al volume che deve essere dilatato, bucameglio la spinta idrodinamica insita to, scavato, stirato. Questa rivoluzione nella forma di questi pesci. E ancora è stata possibile grazie alle nuove tecil modello di aereo con ala pressodina- nologie, ai computer che hanno conmica ispirato a una manta e poi la sentito forme di calcolo più precise e barca a vela che ricorda una balena o simulazioni spaziali ma anche ai matel’orologio che sembra una farfalla. riali che rivestono questi volumi come Peccato che solo pochi di questi pro- una pelle, leggera, resistente e sagogetti, finanziati anche da importanti mata sulle forme. case automobilistiche, siano entrati in produzione perché giudicati troppo av- Come non ricordare, a questo proposiveniristici. Però è grazie a Colani, to, il Guggenheim di Bilbao o la Contrasferitosi per un periodo in Giappo- cert Hall di Los Angeles, entrambi di ne nel 1982, che il design del Sol Frank O. Gehry e rivestiti rispettivaLevante ha subito un deciso salto di mente di titanio e di acciaio? Così qualità. alcuni progettisti si sono, come dire, Infine, si arriva ai designer della gene- lasciati prendere un po’ la mano ed è razione attuale. Tra questi anche San- nata dalla matita o meglio dal computer di Peter Cook e Colin Fournier la Kunsthaus di Graz, una sorta di ameba gigante, con strane escrescenze, rivestita da un guscio luminoso in plexiglas. A Birmingham, invece, i Future System hanno realizzato un edificio biomorfo destinato a un grande magazzino. Anche in questo caso non esiste soluzione di continuità tra facciata e tetto e il volume è rivestito con 1500 dischi di alluminio. L’edificio è già diventato una nuova icona urbana. Santiago E forse seguirà una sorte simile anche Calatrava la Grafton Hall di Katryn Findlay Nell’Art che in pianta sembra proprio una stelMuseum di la marina e che, grazie a questa forMilwaukee ma, riesce a catturare la luce solare. le forme A quanto pare, partiti da una conchiricordano glia quattro secoli fa, ora si torna a un la coda di mollusco. una balena Idee organiche Peter Cook La Kunsthaus di Graz è stata ideata come un’unica forma organica Francesco Borromini Il progetto di San Carlino è nato prendendo spunto da una conchiglia soprammobile Erich Mendelsohn L’osservatorio di Postdam doveva essere realizzato in calcestruzzo invece che in muratura Antoni Gaudí La casa Battló, che richiama un volto, è stata progettata «pensando» tridimensionalmente Luigi Colani Il prototipo di questo gigantesco aereo passeggeri nasce dall’osservazione di uno squalo preistorico, il Megalodon, per sfruttare la spinta idrodinamica insita nella forma stessa 050413DC019NACB L’ARCHITETTURA Nella storia del costruire c’è sempre chi ha tentato di rompere le regole della fisica. Il primo progettista rivoluzionario è il Borromini con le facciate curve delle sue chiese. Gaudí porta al massimo la ribellione all’ortogonalità. Ma i maestri dello stupore sono le «archistar» di oggi, grazie al computer e ai nuovi materiali che permettono di reinventare i volumi L’intervento Quando si ha uno scheletro nell’armadio Deyan Sudjic er una varietà di ragioni, la fisionomia del paesaggio è diventata, nel bene e nel male, la principale preoccupazione per la maggioranza degli architetti. Ciò ha portato alla proliferazione di edifici-monumento che prendono spunto uno dall’altro, ognuno cercando di superare l’altro per spettacolarità e originalità. È un fenomeno che ha spinto gli architetti a sperimentare forme che esulano dal repertorio architettonico convenzionale e che trovano la loro ispirazione nelle forme organiche della natura. Non è un caso che nello studio del designer Ross Lovegrove ci siano degli scheletri di animali su uno scaffale o un osso messo in bella vista sulla scrivania, per ricordargli, mentre lavora, la bellezza e l’essenzialità con cui la natura crea forme compresse e in tensione. Un altro esempio è il tour espositivo dell’architetto Santiago Calatrava, in cui si possono ammirare una serie di edifici sempre più grandi in cui è incluso lo scheletro di un cane piccolo, si presume per le stesse ragioni estetiche. Va detto che lo scheletro non è una forma facile con cui lavorare perché l’architetto non si può limitare a costruire strutture, deve anche racchiudere dello spazio. Calatrava è un’eccezione. La sua è una combinazione che gli ha consentito di dare un filo logico alle sue creazioni e di trovare un alibi per ciò che in altre circostanze sarebbe stato considerato puro esibizionismo. Calatrava ha l’aria di coloro che hanno un’altra visione del mondo e dichiarano di vedere un ordine nascosto in un filo d’erba, in un fiocco di neve o nei cristalli rocciosi. Dalla sua fantasia è scaturita una modificazione «genetica» del Gotico, che adesso è la tematica principale del suo operato. La qualità visiva dei suoi lavori è tale da impedire ai suoi mecenati di chiedere perché l’estensione della galleria d’arte Milwaukee debba assomigliare alla coda di una C’è un pensiero balena o il motivo per cui il intelligente dietro teatro dell’opera di Valenza queste strutture abbia una struttura che ricorda un mollusco. Non viene da organiche che chiedergli neppure di giustifievita di ridurle care le sue strutture in termini a puro spettacolo di funzionalità. Sarebbe superfluo, la loro funzione è di creare panorami pittoreschi, da poter incorniciare nelle cartoline o nelle riviste, per ricordare al mondo che la città che le ha fatte costruire esiste ancora. Lo studio delle forme in natura ispira ormai molti architetti, sia nelle loro decisioni riguardo i principi strutturali sia nelle scelte della sagoma per le loro realizzazioni. Le forme organiche hanno ispirato anche la fantasia di Future Systems, lo studio che ha progettato uno dei primi edifici a forma di goccia, due decenni fa. Un’idea bocciata in una gara d’appalto per la costruzione di un ufficio in Trafalgar Square a Londra. Oppure i Foreign Office Architects che realizzarono il terminal per i traghetti di Yokohoma con una forma obliqua e un’analogia organica ancora più evidente di un’opera di Calatrava. Questi designer degli spazi citano le categorizzazioni zoologiche come punto di partenza per il loro lavoro e definiscono il loro processo creativo come «l’allevamento» di forme. C’è un pensiero intelligente alle spalle di questi progetti che impedisce ai critici di ridurli a mere realizzazioni da spettacolo. Per altri progetti, invece, l’utilizzo dell’analogia organica è giudicata come un puro desiderio narcisistico del progettista di differenziarsi dagli altri. E non c’è nulla di più diverso, rispetto a una struttura cubica, che un teatro dell’opera simile a un’aragosta gigantesca o un aereoporto che somigli a una foresta pietrificata. La metafora organica sta diventando molto potente. Almeno da quando Eero Saarinen, in qualità di giudice in una gara d’appalto, fu ispirato nella scelta dal progetto delle conchiglie del teatro dell’opera di Sydney. Un altro progetto pioneristico in questa corrente architettonica fu la realizzazione del terminal per l’aeroporto Jfk di New York, che ricorda due ali. Un edificio che ricorda un animale ha più «personalità» e spicca in contrasto con l’appiattimento di molta architettura contemporanea. Questa corrente è il segno chiaro di un una visione più audace, strutturalmente ingenua, che offre la possibilità di creazioni più intuitive apprendendo dalla natura. Una risposta al desiderio di soluzioni più organiche e più «naturali» per l’ambiente che ci circonda. Anche se in realtà, per esempio nell’inquinamento di un aeroporto, non c’è nulla che richiami la natura. (traduzione Gabriela Lotto) P 050413DC019NACB