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Spaghetti all`Assassina
Gabriella Genisi Spaghetti all’Assassina 3 12/05/15 17:29 Della stessa autrice nel catalogo Sonzogno La circonferenza delle arance Giallo ciliegia Uva noir Gioco pericoloso Questo romanzo è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi, avvenimenti sono il prodotto dell’immaginazione dell’autrice e, se reali, sono utilizzati in modo fittizio. Ogni riferimento a fatti e persone viventi o scomparse è del tutto casuale. Copyright © 2015 by Sonzogno di Marsilio Editori® s.p.a. in Venezia Pubblicato in accordo con Grandi & Associati, Milano Prima edizione: giugno 2015 www.sonzognoeditori.it ISBN 978-88-454-2604-9 4 12/05/15 17:30 Ai miei lettori 5 12/05/15 17:30 SPAGHETTI ALL’ASSASSINA 7 12/05/15 17:30 Femmina piccante, pigliala per amante. Femmina cuciniera, pigliala pe’ mugliera. I soliti ignoti Non esistono uomini cattivi se sono cucinati bene. STEFANO BENNI Un cuoco, dopo aver consumato il pasto e fattigli i dovuti complimenti per la squisitezza delle pietanze, mi svelò il suo segreto: un preludio di brodo vegetale con poche cose nel piatto, un fuoco suscettibile tra l’apatico e l’iroso, ma preciso come l’ago di una bilancia, un intento di spezie, un odio sterminato per le mescolanze, ma soprattutto, fare l’amore ogni volta che se ne presenta l’occasione con la persona giusta, ovviamente. MUSTAPHA RAJAOUI 9 12/05/15 17:30 Lolita C i sono storie che cominciano dalle padelle, come i grandi piatti che raccontano una città. E per preparare degli spaghetti all’Assassina come si deve, occorre che la padella sia rigorosamente di ferro, comprata dal negozio di tegami a Barivecchia. Perché solo lì, a essere fortunati, ancora si trova. Ma di questo racconterò più in là. A fine gennaio Marietta l’amicamia diventò procuratore capo. Certo non se l’aspettava nessuno, nemmeno lei, che a Bari la spuntasse una donna giovane e pure bella femmina, con tutte le richieste dei baroni che erano piovute sulla scrivania del Csm. Ma a distanza di un mese dalla nomina, anziché godersi il meritato successo, mi affliggeva con le solite storie di Nicolasuo. Sì, perché fino a che trattavasi di lavorare in due Procure diverse l’affaire tra i due filava piuttosto bene ma adesso che era un sottoposto, l’uomo con cui Marietta intratteneva da un certo numero di anni una relazione semiclandestina, doveva renderle conto di certe cose, almeno così sosteneva. La parte in causa era però di tutt’altro parere e difatti argomentava che la femmina sotto all’uomo deve stare, pure se fa il procuratore capo. E forte di questo suo pensiero, non voleva sentire ragione. In mezzo a questi due, stavo io. Che di pensieri per la testa ne tenevo già di mio. Con Giovanni il bello che non mi faceva stare un attimo tranquilla. Perché no, i problemi nostri non si erano risolti con il botto di Capodanno, tutt’altro. 11 11 12/05/15 17:30 La cosa finì a schifio pochi giorni prima di San Valentino quando il giovane si recò in un centro commerciale a comprare tre regali tuttuguàl. Che ci vuole pure un poco di fantasia, dico io. Ma certi uomini sono prevedibili come i questurini dei film anni Settanta. E anche Giovanni in questo non faceva difetto. Ovviamente in mezzo a quei tre regali ci stava pure quello mio. E non mi piaceva neanche, tra le altre cose. Paccottiglia, per fare il paio con i suoi sentimenti. Sì, ma gli altri due regali per chi erano? Certo, ci avevo provato a fargli l’interrogatorio ma essendo magistrato non si era fatto fregare. E siccome la verità non è venuta fuori, è stato licenziato senza referenze. L’ho lasciato sì, su due piedi, senza nemmeno stare ad ascoltare le solite bugie. E dopotutto, navòld che si erano lasciati Albano e Romina, ci potevamo lasciare pure noi. E poi adesso ho un nuovo caso da risolvere, con l’ultimo morto ammazzato su cui indagare e tutti quanti i riflettori accesi fino a che non consegno l’assassino alla giustizia. Come al solito, voglio dire. Perché di casi irrisolti nel mio curriculum, non ce ne stanno. Anche se, a voler essere onesti, in questo omicidio non si vede uno spiraglio che sia uno. L’unica cosa sicura è che dai primi accertamenti sul corpo, con Colino Stramaglia dovevano tenercela assai per ridurlo a quel modo. Ci sono giorni in cui Bari è di una bellezza incredibile, avvolta in un bagliore roseo e lagunare, come se fosse Venezia. Sono i giorni in cui ti sembra che nulla di male possa accadere in questa controversa città. E invece no, non è mai così. Del caso vengo a sapere a prim’ora della mattina successiva alla Festa di San Nicola, mentre, ancora stordita dai fuochi pirotecnici della sera prima, guardo il mare dal balconcino della stanza da letto e i pescatori a gran voce sbattono i polpi al mercato del pesce n-dèrr’a la lanze. Sono incantata dal ritmo sincopato dello sbattimento con12 12 12/05/15 17:30 tro gli scogli, morso in testa e poi dàll e dàll, quando sul cellulare mi arriva una telefonata di Antonio Forte, l’ispettore. Direttamente dalla Questura. «Uè Antò.» «Ciao Lolì, stavi dormendo?» «No, ma che dormendo! Mi stavo a togliere i bigodini, mi stavo. Ch’è succèss?» «Hai già fatto colazione, il caffè? Tutt’appòst?» «No veramente il caffè nonangòra, tenevo una voglia di taralli e peperoni stamattina, e stavano giusto due cornetti fritti di ieri sera. Ho mangiato quelli. Perché?» «Peperoni a colazione? Ommadonna Lolì! Mè fai presto e vieni, il caffè te lo offro io. Teniamo una certa urgenza. Stanotte c’è stato un delitto.» «Un altro? Mannaggia. Chi è la vittima?» «Colin Paprùss, manco a farlo apposta.» «E chi sarebbe? Non mi sovviene. Dovrei conoscerlo?» «Direi di sì. Paprùss, al secolo Nicola Stramaglia. Il miglior cuoco di tutta Bari.» «Nientemeno. Comunque no, buio...» «Oggesù, quello degli spaghetti all’Assassina? Ti dice niente?» «Sarebbe? Una ricetta tipica?» «Hai capito bene. I migliori spaghetti della città. Fino a ieri, almeno.» «Com’è morto?» «Nel peggiore dei modi. Incaprettato.» «Incaprettato? A Bari!? Stai scherzando!» «A Bari, sì. Chetticredi.» «Ok, dammi dieci minuti e arrivo.» Incaprettato. Altro che taralli e peperoni. Capitasse mai una gioia in questa città. Solo delitti, uno dietro l’altro. Cinquantacinque solo nell’ultimo anno. Mica si scherza. Quando accompagnata da Forte arrivo sul luogo del delitto, sulla linea di frontiera che separa Bari dalla città vecchia, 13 13 12/05/15 17:30 sul Corso ci sono le tracce della festa di ieri. La festa grande, quella in onore del patrono della città. Processioni in costume, luminarie, caravelle infiocchettate e la popolazione intera riversata sul lungomare per rendere omaggio al Santo. Insieme alle migliaia di pellegrini accorsi per le celebrazioni. Probabilmente l’assassino non ha scelto il giorno a caso. Cercare un omicida in mezzo a tanta gente, sarà come cercare l’ago in un pagliaio. Sto osservando il tappeto colorato di coriandoli e petali lanciati la sera prima dai balconi al passaggio della statua, quando Marietta – un po’ limitata dal tacco alto e dalla gonnella stretta – esce dal gippone blu della Procura, scortata da tre poliziotti, come si conviene al nuovo ruolo di procuratore capo. E intanto a me i peperoni verdi fritti mi stanno già a fare su e giù. Che forse ho sbagliato a mangiarli, forse. Ci salutiamo come si conviene ai ruoli, anche se tutti sanno che siamo intime come tazza e cucchiaio. Certo, la confidenza non impedisce di pensare che pare strano si sia mossa addirittura lei e non un semplice sostituto come di prassi. Evidentemente Stramaglia era più conosciuto di quanto immaginassi. La cucina del ristorante Al Ciuccio ha l’accesso secondario da via Indipendenza, già dentro Barivecchia. È quello usato da dipendenti e fornitori, completamente diverso dall’altro ingresso affacciato sul salotto buono della città, scenografico e pretenzioso come si conviene ai costumi locali. Difatti il ristorante dagli anni Settanta è uno dei più noti e meglio frequentati dalla crème barese. Politici, professionisti, commercianti della vecchia guardia, faccendieri della nuova. Un bel salto dal localuccio malfamato dove per anni e per poche lire si cenava con carne d’asino, ù ciucc appunto. Carne dura e della peggiore qualità ma cucinata con grande maestria da Colino che leggenda vuole avesse fatto il sous-chef niente meno che ad Alain Chapel, a Parigi. Ora, che noi baresi alle cose francesi siamo sensibili assai, si sa. Bastò quel piccolo dettaglio e una certa bravura, per catalogarlo come uno dei 14 14 12/05/15 17:30 migliori cuochi della città. Quando poi s’inventò non si sa bene come, ma si vocifera a causa di un fornello dimenticato acceso, i famosissimi spaghetti bruciati, la consacrazione fu compiuta al punto che per prenotare al Ciuccio un tavolino da due, ci volevano mesi di attesa oltre che la solita raccomandazione. Tutte queste cose le racconta a mezza voce un giovane e informatissimo giornalista di cronaca, sperando di barattare qualche indiscrezione sul delitto. Sperando, per l’appunto. Perché su cosa possa essere accaduto lì dentro non ne ho idea. E per mia abitudine con i giornalisti parlo poco. Ad ogni buon conto, stando alla scena del crimine che ho davanti, Colino Stramaglia, 75 anni, vedovo con una figlia, barese da sette generazioni almeno, e una evidente pinguedine dovuta probabilmente al suo mestiere, deve aver passato un brutto quarto d’ora prima di morire conciato in quel modo. Con mani e piedi legati all’indietro e poi attaccati al collo. Non senza una certa maestria. Che forse manco in Sicilia li incaprettano così bene. Resto in un angolo mentre il medico legale e i tecnici della Scientifica compiono i rilevi. Marietta è dall’altro lato. Ci guardiamo e parliamo in silenzio. La cucina ampia e piastrellata di bianco è perfettamente pulita, a parte tutto quel sangue rappreso vicino al corpo e una padella colma di spaghetti al pomodoro rovesciata per terra. I tegami di alluminio lucidi come specchi e una serie di padelle nere come la pece sono appesi a una rastrelliera alla parete. Piatti e bicchieri, impilati sugli appositi scaffali e coperti da strofinacci. I secchi della spazzatura sono stati svuotati e lucidati anch’essi. Evidentemente il delitto è avvenuto nelle prime ore dell’alba, quando gli inservienti e i lavapiatti erano andati via dopo aver riordinato ogni cosa. Forse non tutti, però. Vai a capire. Bisognerà interrogarli uno per uno, questo è certo. Quando io e Forte ce ne andiamo, la notizia del delitto ha 15 15 12/05/15 17:30 già fatto il giro della città e corso Vittorio Emanuele – gli Champs-Elysées baresi, tanto per capirci – è affollato come per la processione della sera prima, mancano solo i bambini col palloncino legato al polso e le bancarelle dei nocellai. A prestare ascolto al chiacchiericcio, pare che tutti lo conoscessero bene a Colino. Un vero galantuomo, un gran lavoratore insignito con un cavalierato da un Presidente della Repubblica di qualche anno fa. I capannelli riempiono l’ampio marciapiede a ridosso del ristorante. Tutti clienti affezionati, pare. Appunto per questo scelgo di tornare a piedi in Questura, per orecchiare dicerie e pettegolezzi. Cominfatti nel breve tratto che mi separa dall’ufficio ne ascolto tanti, alcuni direttamente – commissà, che brava persona era Colino. L’avete mai assaggiata l’Assassina sua? – e altri origliati al volo en passant. Vengo a sapere anche che il defunto Stramaglia era chiamato Paprùss, ovverossia peperone, in virtù del temperamento sanguigno e della pressione alta che spesso gli colorivano l’incarnato. E anche, come racconta qualcuno sottovoce, per una sua lunga costumanza con le donne. Specie quelle piccanti. E il detto, da queste parti, si sa bene qual è. Femmina piccante, pigliala per amante. Femmina cuciniera, pigliala pe’ mugliera. Lecito dunque ipotizzare tra gli altri moventi anche quello passionale. Il più scontato, lo so. Eppure a tutt’oggi abbastanza frequente. Alla Questura sono in agitazione, tutti clienti pure qui. Nonostante lo stipendio non consenta miracoli. Di tutta la sezione, a ben vedere, sono l’unica a non aver assaggiato la famosa Assassina. Non conoscendo la materia sono costretta a fare outing, ma con questi deficienti che tengo davanti mi pento dopo tre minuti. «Mai! Addirittura?!» Esposito e Forte parlano all’unisono e si stupiscono assai. «No davvero, mai mangiata. E che è un delitto?» «Eccerto» sbotta Forte, che di cucina se ne intende, alme16 16 12/05/15 17:30 no così dice. «Perché l’Assassina a Bari è una cosa seria, anzi di più, una filosofia, azzarderei. Il piatto principe di questa città.» Esposito come al solito fa da spalla, ma adesso dopo l’exploit iniziale si limita ad annuire. Teme reazioni scomposte da parte mia, e non reggerebbe al trauma. «Ennò, bèll bèll, non mi si venga a dire piatto principe. Perché una arriva a quarant’anni con una serie di certezze incrollabili. Tipo che a Bari tre sono i piatti tipici. Risopatatecozze, orecchiette con le cime di rape e cicorie e fave. Mi voglio rovinare e ci metto pure focaccia e panzerotti, anche se non fanno parte dei primi piatti. Ma ’sti spaghetti all’Assassina da dove escono, fatemi capire? Mica vengo dalla Germania. A Bari sto, da quando nascetti.» «Lolì, vuol dire che non sei informata bene, il problema è tuo che non ti aggiorni. Non studi.» «Come sarebbe, non studio?» «Eccerto, perché a te molte cose sfuggono, e ignori anche che a Bari ci sta addirittura l’Accademia dell’Assassina, per dirti quant’è seria la cosa. E se proprio vuoi approfondire ti posso presentare il presidente. Quello Massimo, non sai? Brava persona.» «Massimo, chi? E comunque no, non lo so. E non lo voglio sapere.» «Come vuoi. Come farai a risolvere il caso, voglio vedere.» «A risolvere il caso? Antò ma stiamo pazziando? Veramente siete convinti che per risolvere un omicidio ci dobbiamo mangiare un piatto di spaghetti? Espò per piacere, diglielo tu a ’sto pazzo.» Cerco conforto nel mio assistente. Che invece, timorato di Dio com’è, con una botta di coraggio mi si mette contro e spalleggia Forte. Nientemeno. «Commissà, mi dovete scusare assai, ma l’ispettore stavolta tiene ragione. Niente di personale si capisce, però gli spaghetti li dovreste assaggiare: sono fondamentali per la circostanza.» 17 17 12/05/15 17:30 La goccia che fa traboccare il vaso. A questo punto non mi resta che metterli alla porta con un Uè sciatavìnn, che il commissario qua sono io – che si sente fino al porto, per passare a fare qualche telefonata informativa. Una su tutte al professor Franco Introna, direttore di Medicina legale, anche lui cuoco curioso e sopraffino. Così piglio due piccioni con una fava. «Ciao Prof, come va.» «Oh Lolitabella. Un nome da tango il tuo, te l’hanno mai detto?» «No, veramente no. Sai, sono negata per il ballo. Ma per restare in tema Argentina leggo Pérez-Reverte, Borges e Cortá zar. Magari può servire.» «Caspita, certo. Ottime letture. Dimmi tutto.» «Trattasi di Nicola Stramaglia.» «Sì, immaginavo. Un cadavere eccellente, come l’ha appena definito un mio collega. È arrivato in Istituto da pochi minuti e stiamo per cominciare un primo esame autoptico. Se vuoi possiamo sentirci dopo. Meglio nel tardo pomeriggio.» «Grazie, sì. Potrei passare verso le 18 se per te va bene.» «Perfetto. Ti aspetto.» «Grazie. Ah no senti, ancora una cosa... Gli spaghetti al l’Assassina. Ne hai mai sentito parlare?» E qui io mi aspetto conforto, mi aspetto che almeno il Prof condivida la mia disinformazione sull’argomento. Invece no, figurati. Sa tutto pure lui. E si meraviglia della mia non conoscenza. «Lolita mi stupisci. Ma perché, in città esiste un vero barese che possa dirsi tale senza aver mai assaggiato la ricetta di Colino Stramaglia? Non credo, e anch’io non faccio difetto. Al Ciuccio ci capito ogni tanto, ma lasciamelo dire, personalmente li preparo pure meglio.» Di male in peggio. «Anche tu allora. Vabbè. Non stai scherzando, vero?» «Scherzando? E come potrei? La buona cucina, dovresti 18 18 12/05/15 17:30 saperlo, è un argomento serissimo. A volte si uccide, in suo nome. E perché no, questo potrebbe essere il caso.» «Ma dici davvero? E quindi io che ’sti spaghetti non li ho assaggiati mai, come cavolo farò a scoprire l’assassino? Mannaggia.» «Tranquilla, nulla che non si possa rimediare. Al caso, posso indicarti due o tre ristoranti in cui cucinano l’Assassina in maniera superba. E magari una sera di queste te li cucino io.» «Be’, sarebbe un grande onore. Nel frattempo credo di poter risolvere diversamente. A più tardi, e grazie. Come farei senza di te? Spaghetti compresi.» «Chi può saperlo? Ciao Lolita.» Ci si mette anche il professor Introna, mannaggia. E a questo punto, l’unica cosa che resta da fare è quella di chinare il capo e richiamare i due dell’Avemaria. Anche perché manca pochissimo all’ora di pranzo. «Espò senti un attimo.» «Comandi, commissà.» «Tu e Forte, vi voglio qui entro cinque minuti.» «A disposizione. Lo convoco subito.» «Brà.» «Allora?» L’ispettore fa un po’ l’offeso, ma appena sente di cosa si tratta, si rianima. Ennò perché a me ’sto fatto che qualcosa mi sfugge, mi manda il sangue alla testa. «Allora niente. Ci ho ripensato e poiché data l’ora ho un certo appetito, al pianterreno teniamo la cucinetta a disposizione e voi due siete tanto ferrati in materia, vi volevo proporre, ce li facciamo due spaghetti?» Silenzio generale. Poi Forte esplode. «Ah, te ne vieni mo’, commissario Sottutto. Ti possiamo dire di no? Espò, vai a fare la spesa e compra pure una padella adatta, che qui dobbiamo lavorare, dobbiamo.» Mezz’ora dopo siamo nella cucinetta della Questura usata 19 19 12/05/15 17:30 nei casi d’emergenza per preparare caffè e camomilla di conforto. Ma anche questa è un’emergenza, io penso. Dunque, la scena è questa: io ed Esposito seduti al tavolo, mentre Forte in piedi discetta sulla ricetta, manco fosse l’Artusi e non un ispettore di Polizia. Peggio di Giovannimio, con le sue melanzane destrutturate. «Dunque signori, per questa ricetta meravigliosa occorrono 400 g di spaghetti, 150 g di passata di pomodoro, un tubetto di concentrato di pomodoro, e poi olio, aglio, peperoncino, sale, zucchero. Sistemiamo tutti gli ingredienti sul ripiano della cucina e procediamo con la preparazione. In una padella, rigorosamente di ferro e già trattata per l’uso, mettere circa 150 g di olio, tre spicchi d’aglio senza anima e peperoncino abbondante. Direi, due interi e un po’ di tritato. Con la fiamma vivace far colorire l’aglio, quindi versare la passata di pomodoro. Schizzerà dappertutto, ma l’Assassina val bene la causa. Al caso aggiungete una punta di zucchero per correggere l’acidità del pomodoro. Distribuite con un cucchiaio di legno la passata su tutto il fondo e quindi mettete direttamente in padella a crudo gli spaghetti. Con perizia e maestria, come appunto in questo mio caso, bisogna cominciare a girare con cura gli spaghetti lasciando che comincino ad attaccarsi un po’ al fondo della padella, di quelle in ferro che a Barivecchia trovi solo da Traversa, e portando su quelli che iniziano ad attaccarsi. Usate una spatola di legno che funge meglio allo scopo rispetto al cucchiaio. Su di un altro fornello avrete preparato e portato a ebollizione un brodo fatto con acqua abbondante, concentrato di pomodoro e sale. Deve essere rosso vivo e saporito. Versate in padella un mestolo di media grandezza di brodo sugli spaghetti e continuate a girare gli stessi. Appena il brodo comincia a sobbollire lasciatelo consumare (adesso senza girare gli spaghetti) e “ascoltate” l’avvio della cottura. Quando sentirete di nuovo “sfriggere”, con la solita spatola in legno staccate gli spaghetti che si sono attaccati e portate, come fatto prima, quelli che cominciano a bruciacchiare sopra e quelli me20 20 12/05/15 17:30 no cotti sul fondo. Versate un altro mestolo di brodo e continuate così, come se steste preparando un risotto, ma senza girare continuamente, un mestolo dopo l’altro con le dovute interruzioni per ascoltare lo sfriggere dell’olio. Pian piano lo spaghetto comincerà a piegarsi, ad assumere forme sinuose in padella, ad accovacciarsi su se stesso. Non abbiate pietà e continuate a trattarlo come vi ho detto e dopo otto-nove minuti di trattamento, quando l’equilibrio dei colori virerà verso il rosso bruno con sparute presenze di marrone dovuto agli spaghetti che non ne vogliono sapere di staccarsi dal fondo, allora finalmente assaggiate e valutate il grado di cottura. Naturalmente con la cottura direttamente in padella non sarà possibile ottenere lo stesso grado di consistenza di uno spaghetto cotto in acqua e sale. Assolutamente. Lo spaghetto deve risultare più calloso, più invitante sotto i denti. Però attenzione, solo quelli bruciacchiati devono “crocchiare”. Il grado di cottura e di bruciato quindi lo decidete voi. Dovete avere occhio e gusto. Quando avrete deciso che secondo voi l’Assassina è pronta allora servite direttamente portando al tavolo la padella. L’Assassina, ovverossia lo spaghetto all’Assassina, è una teoria piuttosto che un semplice piatto. Appare di una semplicità disarmante ma richiede attenzione, cura e distacco. Lasciatemelo dire, è un atto d’amore. Bene, adesso assaggiate. Gustate in silenzio, mi direte in seguito.» Sono sconvolta, chi se l’aspettava una tiritera simile da Antonio. Do di gomito a Esposito, intanto che riempio un mezzo bicchiere di vino rosso. Perché è vero che siamo in servizio, ma se dobbiamo combattere combattiamo. «Espò, quell’Antonio è uscito pazzo.» «No commissà, gli piacciono assai le puntate di Masterchef.» «Sarebbe Masterscè?» Il mio attendente mi guarda attonito. «’O vèr, commissà? Non avete visto mai ’na puntata di Masterchef? No, non è possibile. Voi scherzate, vi prendete 21 21 12/05/15 17:30 gioco di me. Ma se tutta l’Italia si ferma il giovedì sera, com’è che voi non ne sapete niente?» Come dirgli che non sto scherzando affatto e che oggi è già la terza volta che mi sento un pesce fuor d’acqua? Ma la colpa lo so io di chi è, di Giovannimio, perché troppo mi sono dedicata a lui in questi anni, troppo mi sono impegnata ad amarlo trascurando tutto e tutti. Con quale risultato? Scavalcata dai miei sottoposti perfino in cucina. Ad ogni modo, anche se gli spaghetti ùscano da morire ce ne spazzoliamo quasi mezzo chilo in tre. Perché stavolta Forte tiene ragione. La ricetta può servire a capire molte cose. Ed è talmente buona che quasi quasi impacchetto l’avanzo e me lo porto a casa per stasera. Tornata nel mio ufficio do un’occhiata ai rilievi e chiamo Marietta. La mia intenzione è di parlare dell’omicidio invece capisco subito che lei ha equivocato il senso della telefonata e va sul personale, cominciando a parlare di Nicola e dei giorni di ritardo delle sue cose. Da amica comprendo la preoccupazione ma qui stiamo lavorando. Taglio corto e chiudo la conversazione per procedere con tutto il resto della lista delle persone informate sui fatti che bisogna convocare nelle prossime ore. Camerieri, cuochi, addetti alle cucine. Tutta la squadra di lavoro presente la sera precedente l’omicidio, che si presume avvenuto alle prime luci dell’alba. Dodici persone in tutto, molte delle quali straniere. Leggo i profili che Esposito mi passa uno per volta e mi appunto tre o quattro soggetti interessanti. Geppino Schirone, 67 anni, capocameriere in servizio dal l’apertura del locale. Giovanna Lafronza, 56 anni, cuoca. Benallal Matou, algerino, 35 anni, chef. Fanny Oliveira, brasiliana, 25 anni, un passato da entraî neuse spogliarellista, adesso guardarobiera. Il Policlinico barese è una specie di paradigma della città. L’eccellenza di alcuni reparti mescolata ai parcheggiatori abu22 22 12/05/15 17:30 sivi. I luminari famosi in tutto il mondo accanto ai portantini con la panza di fuori e la bottiglia della birra Peroni in mano. Famiglie intere che bivaccano al pronto soccorso perché la nonna ha mal di denti, e il custode all’ingresso che senza tesserino non vuole farmi passare. E se insiste, oggi lo faccio sospendere. L’obitorio dell’Istituto di Medicina legale continua a mettermi addosso la stessa tensione di quando venni la prima volta, con l’odore dell’acido fenico mischiato a quello della morte, ma poi mi basta vedere il sorriso del professor Introna per farmela passare. «Lolitabella, eccoci. Ho appena completato un primo esame sommario.» «Dimmi qualcosa Prof. Questo omicidio mi fa sentire sulla graticola.» «Come san Lorenzo?» «Per l’appunto.» «Allora cominciamo dall’inizio, perché temo che un particolare possa esserti sfuggito. E non è cosa da poco. Nel senso che il dettaglio di cui sto per dirti può cambiare completamente le ipotesi su cui stai lavorando.» «Ecco a dire la verità di quello su cui ho lavorato fino ad ora vorrei parlarti in seguito. E non è granché. Anzi forse ti metti a ridere. Ma parla tu adesso, sono abbastanza sulle spine.» «Dalle foto scattate sulla scena del delitto è evidente una gran quantità di sangue. L’incaprettamento invece è un omicidio – come dire – bianco, cioè il cadavere di norma non presenta tracce ematiche. Ma a un non addetto ai lavori certe modalità possono sfuggire.» «Infatti. Il cadavere era imbrattato di sangue in più punti.» «Lolita, l’incaprettamento è un modo di ammazzare molto violento. In pratica la stessa vittima finisce lentamente con lo strangolarsi, a mano a mano che i muscoli della coscia iniziano a contrarsi e a estendere progressivamente le gambe piegate per accumulo di acido lattico. La morte è lentissima e agonica. Una morte atroce che nel “codice” mafioso viene 23 23 12/05/15 17:30 inflitta a chi non è degno di essere assassinato da un killer. Ma l’aguzzino di Stramaglia non si è fermato all’incaprettamento. Ha continuato a infierire sulla vittima e gli ha sfondato il cranio con una pesante padella. Ancora, ha evirato il soggetto e gli ha posto i genitali in bocca. Un altro segnale raccapricciante che nel macabro rituale mafioso ha un significato inequivocabile. Una punizione che viene riservata a chi ha mancato di rispetto a una “donna d’onore”, come può essere definita la moglie, la madre, la sorella o la fidanzata di un boss. Non è necessario che sia stata violentata: basta averla importunata, o anche semplicemente sfiorata con lo sguardo, per incorrere nella terribile vendetta delle cosche mafiose.» «Ommadonna, evirato. E voglio dire, io credevo che ’ste modalità si utilizzassero prevalentemente in Sicilia. In Sardegna. Ma a Bari!?» «Hai mai sentito parlare di globalizzazione? Ormai anche le mafie delocalizzano. Forse il killer ha origini siciliane. Ed è venuto apposta sul Continente. Ma questo è campo tuo. Ad ogni modo domani mattina dopo l’autopsia potrò essere più preciso su altri elementi. Potremmo sentirci intorno alle dodici.» «Grazie. Questa conversazione ha aperto alcuni scenari e ne ha rafforzati altri. Prof, sei insostituibile.» «E tu sempre gentile. Che fai stasera, vai a mangiare un’Assassina? Fallo se ti riesce, non sai che ti sei persa fino ad ora.» «Vuoi saperlo davvero? Già mangiata a pranzo, cucinata dall’ispettore Forte, e sono costretta ad ammettere che avevate ragione. La mia era una lacuna gravissima.» «Ottimo, l’ispettore avrà preparato la versione standard, immagino.» «Presumo di sì. Perché, esistono altre versioni?» E mentre lo chiedo, penso che non è giusto, non è. Datemi il tempo di imparare una cosa alla volta, cos’è adesso quest’altra novità? «Certo cara Lolita, più d’una. Questa che sto per darti è la versione più intima e romantica della famosa ricetta. Uno di 24 24 12/05/15 17:30 quei piatti che nascono dalla tradizione. Quella che sembra così lontana da noi. Quando non si buttava via niente. Quando si riciclava tutto, soprattutto in cucina. Certe ricette nascono proprio dall’esigenza di riciclare gli avanzi del giorno prima. Gli spaghetti all’Assassina che Colino Stramaglia preparava per i suoi dipendenti prima dell’apertura, per i teatranti del Piccinni e del Petruzzelli dopo lo spettacolo a cucina già chiusa, o per pochi fortunati quando a fine serata gli girava il ghiribizzo e si rimetteva il grembiulone, nascono proprio così. La materia prima, in questo caso è la pasta al sugo avanzata. Ci vogliono spaghetti al sugo o al ragù del giorno prima, peperoncino abbondante, olio extravergine d’oliva. Poi bisogna scaldare l’olio in una padella di ferro, versare gli spaghetti, aggiungere il peperoncino e farli rosolare fino a quando non si forma una crosticina scura. Con un’avvertenza: questo piatto va mangiato caldissimo proprio per apprezzare la croccantezza della pasta. Meglio se in due, va da sé.» Uhm, quindi tutta ’sta storia per quello che mia nonna Dolò chiamava ’o ragù de la dì apprìss. Però resto zitta, in mezzo a tutta questa sacralità apparirei quasi blasfema. «Capito. In due allora.» «Meglio, sì.» «Ok, allora vado a organizzare. Ciao Prof, grazie ancora.» «Ciao Lolì, domani mi racconti.» Sì, e che gli racconto al Prof? Se fossero stati altri tempi avrebbe avuto anche ragione, gli spaghetti per due ce li saremmo cucinati io e Giovanni, e dopo tutto quel peperoncino piccante la direzione sarebbe stata una sola: la camera da letto. Per fare l’amore, mica per dormire. Ma ormai c’est tout fini, anche Giovanni è andato. Senza un vero motivo, stanchezza, bugie. Corna presunte. Tutte le cose messe insieme. O forse per colpa del suo russare. Non so dire, ma cominciò una notte in cui non riuscivo a dormire per il mal di testa, e lui continuava a grufolare ignaro della mia insofferenza. Accesi l’abat-jour e lo osservai. Nel sonno non conservava le tracce della sua prepotente bellezza, c’era qual25 25 12/05/15 17:30 cosa che si sbiadiva, che si corrompeva in quel ronfare scomposto, offendendo i miei timpani e la mia sensibilità. Cominciò quella notte il ridimensionamento di qualcuno che avevo tanto amato, con cui avevo accarezzato l’idea di fermarmi. Pensai alle sue parole senza riscontro, sempre più vuote, balorde, ballerine. Al mio bisogno di certezze, a lui che non me ne dava. Ce l’avevo ogni sera nel letto eppure non riuscivo più a fidarmi, come se qualcosa avesse inquinato irrimediabilmente i pozzi. Sapevo benissimo come e quando. Ma era inutile ritornare, rivangare. Nessuna parola, come diceva a volte lui. Nessun amore pensavo io, non più. Non con Giovanni, almeno. Ne avevo abbastanza, volevo arrivasse il mattino perché sgombrasse al più presto. Dal mio letto e quanto prima anche dalla mia vita. Presi il cuscino e andai a dormire sul divano. Quella notte, dormii benissimo. Adesso però che da San Valentino è passato un po’ di tempo, mi sono ripresa abbastanza, mi sono fatta lo sciatusc e alla Questura stanno per darmi una bella promozione. Intanto mi vado convincendo che se decido di stare un poco da sola, male non faccio. Perché dico la verità, certe volte con i consigli di nonna Dolò non c’azzecco proprio. «Tu pensa ad amare» diceva lei, «che prima o poi l’amore torna.» Invece qui l’unica cosa che tornava ogni volta che lo vedevo a quello là, era la nervatura. Perché più ci penso e più mi convinco che Giovannimio non era uomo per me. Nossignore, troppo freddo, troppo preciso, troppo bugiardo. Sì bello, per carità. Ma anche la troppa bellezza stanca, perché a lui tutte lo volevano. E io mi ero stancata di fare il cane da guardia. Anche perché si può conquistare una ragazza con la poesia, ma non si può tenerla solo con la poesia. Altro ci vuole, dico io. Ad ogni modo è acqua passata, e mo’ che sono tornata zitella le opzioni per un vertice sugli spaghetti di stasera sono soltanto due. Tonio, l’ex marito di mia sorella, oppure Marietta. 26 26 12/05/15 17:30 Sono loro, insieme all’ispettore Forte, i miei amici più cari. Anche se Tonio è piucchealtro un mezzo parente essendo stato per circa vent’anni il marito di mia sorella. Poi Carmela s’è stancata delle troppe corna e l’ha sbattuto fuori, ma i cognati non divorziano insieme ai coniugi e io continuo a volergli bene come quando ero una bimbetta e vidi Tonio per la prima volta. Anche perché resta il padre dei miei nipoti, mica ’ste cose cambiano quando due si lasciano. Tonio da qualche settimana risulta irrintracciabile e ha anche attivato l’avviso di chiamata. Posso ritenermi fortunata perché stavolta dopo una buona mezz’ora richiama. «...pronto Lolì.» La voce non è delle migliori, a metà tra il rauco e l’assonnato. Non è escluso si sia beccato l’influenza e forse l’Assassina stasera dovrò preparargliela a domicilio, mannaggia. «To’, tutt’appòst?» «Sì sì, perché? È succèss qualcheccosa? Ai bambini, a Carmela? A te, Lolì? Non mi tenere sulle spine.» «Tranquillo, a casa tutti bene. Per il resto niente di grave a parte il solito ammazzamento settimanale. Solo che non ti fai sentire da un po’ e mi chiedevo se stasera ti andava di mangiare due spaghetti a casa mia. Così, per fare quattro chiacchiere. Lo sai che mi manchi.» Tonio non risponde, tossicchia, temporeggia. È imbarazzato. Solo che io il commissario faccio, queste commedie le conosco a memoria, e mio cognato, perché per me tale resta, sta nascondendo qualcosa. A quel punto lo imbecco. Come faccio di solito con i testimoni. «Che c’è? Sei già impegnato o non stai bene? Non ci stanno problemi con Lolitatua, lo sai.» «No no, è che in effetti non tanto mi sento.» «Ah, e che ti senti? Dai, meglio se vengo a vedere.» E qui ti volevo, perché ovviamente Tonio va in allarme. «No Lolì, non serve. Non ti disturbare, due lineette, ’na cosetta passeggera, sto già meglio.» 27 27 12/05/15 17:30 Poi però ci ripensa, e ritratta. «Dai, tànd ’navòld dev’essere. Te lo volevo dire già da un po’, ma tu sei sempre impegnata e non volevo disturbare.» Ah, ecco. Ci ho preso. Ellovedi che ho sempre ragione, poi dici. «Ah, sono impegnata. Perché qualche volta mi hai chiamato e non ti ho risposto? Fammi capire. Dimmi che c’è, sciamm’.» «Lolì senti, non la prendere male, ma io mi sarei fidanzato. Cioè, mi sono. Con Yolanda, la mia compagna, facciamo giusto un mese oggi. Un fatto serio, ormai con le avventure ho chiuso. Sono un uomo diverso, Yolanda mi ha cambiato e me la voglio sposare. Ma te lo volevo dire, giuro.» «Uh uh, ti sei fidanzato. Ho capito. Un mese oggi. Con Yolanda. E te la vuoi sposare. Bene, chettidevodire? Auguri e figli maschi. Quella mia sorella comunque teneva ragione.» «Su che cosa?» «Sul fatto che sei un delinquente. Un puttaniere, niente di più.» «Lolì, ma che stai addìre... un delinquente, io? Ma quando mai!» Tonio continua a parlare ma ho già chiuso la comunicazione. E no, non ho esagerato. Bella delusione. Vatti a fidare degli ex cognati, vatti. Scartato il delinquente, la seconda opzione è quella di invitare Marietta a casa. Per un summit sull’Assassina e/o l’assassino. Certo lei la vedo molto più spesso di Tonio e insieme alle altre qualità per cui le sono amica, ha un grande pregio. Non fa le mosse, ti dice subito sì. Anche se gemello uno deve ancora fare i compiti di matematica e gemella due ha mal d’orecchi. Ma risolverà promette, e arriverà puntuale. Sono già le sette e un quarto e ho il tempo di preparare una focaccia. Quella barese, con le olive pizzicanti e l’acqua mischiata all’olio versata sopra. Uno shock, lo so. Che pure io la prima volta per lo scrupolo che m’è venuto sono stata mezz’o28 28 12/05/15 17:30 ra con il bicchiere in mano. Dopo però ti mangi pure il tegame per quanto è buona. Sulla puntualità dell’amicamia nulla da eccepire, a parte una mezz’oretta fisiologica in linea con le abitudini del luogo. Quello che non mi va è il codazzo che da qualche tempo si porta dietro ogni volta che si muove. Lavoro o non lavoro. Sono sul terrazzo a prendere due o tre foglioline di menta per condire le zucchine alla poverella quando vedo arrivare il blindato con i tre omaccioni della scorta. Che mentre lei sale si mettono di guardia al mio portone per restare di piantone tutto il tempo necessario. E mica Marietta è Obama, voglio dire. È mai possibile che dobbiamo dare ’sto spettacolo al vicinato per due spaghetti che ci dobbiamo mangiare? Io non lo so... O facciamo salire la scorta e prepariamo mezzo chilo di spaghetti in più, o questi chissà che pensano, mannaggia. Marietta però di far salire i poliziotti non ne vuole sapere, e così apparecchio solo per due. Tovaglia a quadretti bianchi e rossi, e ceramiche col galletto. Poi focaccia, zucchine, pecorino fresco con marmellata d’arance, vino Negroamaro rosé ghiacciato e ovviamente un padellone di spaghetti all’Assassina. Nonostante anche l’amicamia li abbia assaggiati e cucinati più volte. Va a finire che ero l’unica della città a non conoscere l’ottava meraviglia. «E quindi con Giovanni?» chiede, quando, un po’ barcollanti dopo l’ultimo bicchiere, con la coppa delle ciliegie a portata di mano, ci infiliamo nel mio letto sotto il lenzuolo di lino rosa pallido. Capisco che stasera non è cosa, Marietta dell’omicidio Stramaglia non ha nessuna voglia di parlare. E pazienza, vorrà dire che farò da sola. Come sempre. «Che vuoi che ti dica? Niente... Tutto come prima. Io di qui, lui di là. Storia chiusa. Stop.» «Anche con questo? Ma perché, ma come fai a lasciarteli sfuggire tutti, io non capisco. Giovanni sarà il decimo.» Il decimo? Ma come si permette? «Mariè, chiariamoci: primo, non è il decimo perché i miei 29 29 12/05/15 17:30 uomini si possono contare sulle dita di una mano sola, e dati i tempi, ti assicuro, si tratta di una grande qualità. Secondo, certi soggetti è meglio perderli che altro, tant’è che senza Giovanni mi sento meglio, non lo vedi che sto come un fiore?» E un po’ per ridere, un po’ per vendetta, mi scoscio tutta quanta. Apposta sì, perché le gambe sono la croce di Marietta, un po’ a prosciutto diciamo, contrariamente alle mie, perfette non per dire. «Sì sì, vedo» chiude lei, secca come l’uva passa prima di buttarla nell’acqua calda. E non è faccenda di gambe. Poi continua. «...solo che non vedo quello che tu pensi. Ti sei guardata allo specchio? Da quando hai chiuso la storia con Giovanni tuo, sei diventata verde come un limone. Acida come non mai. Dovresti imparare da me come si fa a tenersi l’uomo, altroché.» Ora, che io non toccherei un uomo sposato neanche se fosse l’ultimo a disposizione, è cosa risaputa. Della situazione sentimentale di Marietta abbiamo ampiamente disquisito in passato, e cioè sposata da una dozzina d’anni abbondante con San Filippo, nonché amante disinvolta e semiufficiale di un soggettone barese. Nicola Morisco, sessant’anni passati, alias Nicolamio, sostituto procuratore nella Procura da lei diretta da qualche mese in qua. Certo, siamo nel nuovo millennio, si teorizza il poliamore, ma un certo decoro ci vuole eccheccacchio. Come si fa a non sbottare, non lo so. «Ah be’ Mariè, questo è sicuro. Sei una maestra sull’argomento, infatti ti tieni due uomini da anni come se niente fosse.» «Embè, c’entra ’sta cosa adesso? Ti metti a fare la moralista? Ne tengo due solo perché quelli, Filippo e Nicola, si compensano, sono due ma è come se fosse uno solo.» «Si compensano?! Noooo, allora tu sei pazza, l’ho sempre pensato ma stasera ho la conferma.» «Lolì, la tua è invidia. Perché sei acida e tutti scappano dal tuo letto. Più conferma di questa, che vuoi?» 30 30 12/05/15 17:30 Credetemi, non mi raccapezzo più, il nuovo lavoro, con tutte le tensioni e l’esposizione mediatica che comporta, deve averle dato alla testa. Solo per questo ho pietà e non la metto alla porta. «Guarda Mariè, chiudiamola qui e parliamo d’altro.» «Sì, è meglio. Giovanni però si vede con una, tanto vale che tu lo sappia.» Sbam. Non poteva dirmi cosa peggiore. Il cuore mi sbatte nel petto, così forte che anche Marietta lo può sentire. «Come sarebbe si vede con una?! Una chi? Proprio a Bari, dove si sa pure a che ora la gente prende il diuretico. Fammi il nome per piacere.» «Ma niente, non ci pensare. Una sciacquetta da quattro soldi. Vistosa, leggera al punto giusto. Di quelle scopabili e basta, che non ti sottopongono alla Santa Inquisizione ogni volta che le vedi. Insomma quello che gli ci vuole per disintossicarsi da te e dai tuoi interrogatori. Adesso però rilassati, che non ne vale la pena agitarsi per uno così.» Interrogatori? Rilassarsi? E come si fa, di sicuro passerò la notte in bianco a verificare i collegamenti su WhatsApp. Mannagg’, n’aldra vòld. «Scusa Mariè, leggera in che senso? Più magra, intendi?» «No, zoccola per dire. Nel senso che a casa di quella sono zoccole pure le gatte. Una professionista della categoria. Però carina, biondina, vezzosa. Una che l’unico fastidio che ha avuto nella vita è stato lavarsi i capelli con l’unghia spezzata.» «Disgraziato. Bestia. Animale feroce. Forse uno dei regali per San Valentino era per lei. Quello con la scatola rosa e il fiocchetto.» «Lolì, eddai non ci pensare. È lui ad aver perso di più.» Marietta cerca di consolarmi, mi abbraccia, accarezza i miei capelli e asciuga le lacrime. E menomale che la tengo. «Grazie Mariè, meno male che ci sei, siamo così fortunate noi donne ad avere le amiche. Come fanno gli uomini in certi casi? Ah sì, alcuni scrivono alle poste del cuore. Si è mosso anche Haruki 31 31 12/05/15 17:30 Murakami, pare. Certi altri, dai non lo voglio manco dire. Ammazzano e basta.» «Perché non gli scrivi pure tu a Murakami? Magari ti dà il consiglio giusto.» «Stai scherzando, spero? No, preferisco rileggere i suoi libri più belli, a scrivergli non ci penso nemmeno. Ecco, se c’è una cosa positiva quando finisce una storia, è che ti ritrovi un sacco di tempo a disposizione. E per i primi tempi va tutto benissimo. Riordini gli stipetti, la scarpiera, il cassetto delle bollette, la libreria... Due settimane fa ho sistemato tutti gli autori in ordine alfabetico, Murakami compreso. Una soddisfazione che non ti dico. Però dopo che riordini anche l’ultimo cassetto e sistemi l’ultimo volume, ti torna addosso la solitudine. E non sai che fare, con chi parlare, con chi piangere. Non sai il dolore, Marietta. Credimi.» «Vieni qui tesoro, ci sono io adesso. Piangi, ti fa bene. Ma tu pure, però. Ti devi addolcire Lolì, ti devi scordare il lavoro che fai quando torni a casa. Invece non sei capace.» «Come si fa allora? Insegnami. Che io il capo della Sezione Omicidi faccio, mica la parrucchiera. E se so che c’è un omicida libero in giro per la città non riesco a distrarmi, anche fuori dall’orario di ufficio. Poi questa nuova esplosione di criminalità, i clan, i Kalashnikov, i regolamenti di conti... Con la camorra barese che incalza, perché di questo parliamo sorella mia, anche se non voglio certo insegnarti il mestiere o farti parlare di lavoro al di fuori dell’orario. No, io non cambio, a quest’età non posso più permettermi di essere ingenua, e chi mi vuole deve prendere il pacchetto completo. Il lato sexy, la quinta di reggiseno, i capelli lunghi... e anche il fatto che sono come sono. Un commissario della Omicidi.» «Hai detto niente. E forse era meglio se facevi la parrucchiera. Per quanto certe volte... Me ne ricordo una più di vent’anni fa, con una valigetta metallizzata al seguito, veniva a casa a fare la testa a tutte le donne della famiglia. Da noi in Basilicata si usava così, non eravamo gente di città. Il progresso viaggiava in bicicletta. Be’, Lina si chiamava, a sentir 32 32 12/05/15 17:30 lei esisteva un rimedio per ogni cosa. Mi incantavo ad ascoltarla. Sosteneva per esempio che davanti a un piatto di peperoni cruschi, si riusciva a dimenticare tutto. Lutti, doglie o pene d’amore. Come fate qui a Bari con la focaccia. Mangiate un pezzo, o ne impastate una apposta, e tutto vi passa. Adesso però ascolta il mio consiglio: il prossimo, sceglilo separato. È meglio. Perché se un uomo è single come Giovannituo, nessuna se lo è preso. Manco tu, come vedi. Un capo difettato insomma. E ci sarà un motivo.» «Non lo so se è così. L’amore trova sempre il modo, quando c’è. Forse tra me e Giovanni l’amore non c’era, si trattava di altro.» «Per esempio? Sesso!? Dai, dimmi ti prego.» «Quante ne vuoi sapere. Sesso, dici? Può essere. Ma sono fatti miei, e adesso s’è fatta pure mezzanotte.» «Mezzanotte!!! Madonna, con quei poveracci giù ad aspettare.» «Hai vìst, te l’avevo detto di farli salire.» «Certe volte c’hai ragione. Gli spaghetti erano fantastici, per essere la tua prima volta. Emmo’ damm’ nu vàs. Buonanotte.» «Muah. Ciao Mariè, buonanotte.» E ditemi come faccio a non pensare. Un’altra. Disgraziato. Mi sento la febbre addosso, e prometto a me stessa che stanotte perdo la nottata, ma è davvero l’ultima volta. Da domani penserò solo a lavorare. Casomai mi iscrivo in palestra. O a uno di quei corsi di burlesque che andavano tanto di moda qualche anno fa. Per mantenermi seduttiva con moderazione e distrarmi dopo l’ufficio. Stasera no però, stasera voglio vedere quello cosa fa. Prendo il cellulare e digito il suo nome. Giovanni P. Online. 33 33 12/05/15 17:30 Figurati. Dai mi lavo i denti, magari è solo un caso. Mi strucco, mi spoglio, metto la sottana per dormire. Riprovo. Giovanni P. Online. Ok, leggo un po’. Magari spegne. Dopo un quarto d’ora mi collego ancora. Giovanni P. Online. A me poi scriveva tre parole in croce. E non è giusto, non è. Sono così stanca, così sfinita che infilo la testa sotto il cuscino per nascondere a me stessa il mio pianto. 34 34 12/05/15 17:30