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cecilia - morreseemigrato.ch
CECILIA
Domenica, 8 marzo 2001, alle ore 17,30, in Piazza Francesco De Sanctis è stata
rappresentata da attori dilettanti la tragicommedia “CECILIA”.
Cecilia, una parodia della Tosca in chiave comica, oppure, come alcuni dicono, la
Tosca ha utilizzato la trama di Cecilia più antica.
A Morra è rappresentata nel periodo di carnevale, e prima ai tempi quando ero
giovane, aveva un cast di attori reclutati tra gli abitanti di Morra, alcuni di loro erano
insostituibili, come il condannato ruolo di Corradino Mariani che incantava tutti con
la su bella voce quando cantava, Cecilia rappresentata da Luciano Mazza, e la dama
di compagnia rappresentata dal fratello Pasqualino. Il capitano che era sempre
Giuseppe Covino. Per altri gli altri ruoli si potevano cambiare gli attori. Tutti i
protagonisti, anche quelli che rappresentano i ruoli femminili, sono uomini. Alcune
parti della commedia sono cantate il che può significare che era in origine un operetta
buffa. La trama è la seguente:
Un uomo, lo Scapolazzo, ha una lite in una bettola con un ammiratore troppo
invadente di sua moglie Cecilia. Durante la lite estrae il coltello e lo uccide. Per
quest’omicidio viene messo in prigione.
Si fa il processo, che è solo una farsa, con gli avvocati dell'accusa e quelli della difesa
intesi solo ad incassare la parcella, e lo Scapolazzo viene condannato a morte.
Mentre è in carcere in attesa dell’esecuzione della condanna. Cecilia si reca dal
Capitano, comandante della forza pubblica, per chiedere la grazia per suo marito.
Il capitano dice a Cecilia che è disposto a concedere la grazia, ma a condizione
che Cecilia passi una notte d'amore con lui.
Cecilia si reca dai marito e gli riferisce la proposta e quello acconsente, facendo
considerare alla moglie che per una notte d'amore non può certo morire e poi tutto
sarà dimenticato.
Così Cecilia si reca nella stanza del Capitano e passano una notte insieme. Al
mattino, però, affacciandosi al balcone vede che suo marito pende dalla forca; il
capitano non ha mantenuto la parola.
Allora Cecilia per lavare l’onta subita prende un coltello e uccide il capitano.
La somiglianza con l’opera Tosca è evidente.
Tuttavia, forse durante le lotte operaie, si è inserito un certo riferimento a queste
vicende. Infatti, Pasqualino Mazza si vantava di essere stato nella stessa cella del
sindacalista Di Vittorio per ragioni politiche, ed era anche a Morra simpatizzante
comunista.
Parlavo dell’aria cantata dal condannato mentre era in cella che dice così:
Ora che io sono
Rinchiuso in questa cella,
dimenticato,
da quella che amavo già.
Io nella notte nel destarmi,
sento il grido della sentinella,
e vado con i piedi calpestando,
il chiaror della mia cella.
Poi penso all’avvenire,
alla libertà perduta,
vorrei baciarla e poi morire,
mentr’ella dorme all’insaputa.
Scende l’estate
Il caldo è soffocante,
nelle officine
bravi lavorator.
Se ci ripenso
Mi manca la favella,
mentre i borghesi
disprezzano il mio sudor.
Io nella notte nel destarmi
Sento il grido della sentinella
E vado con i piedi calpestando
Il chiaror della mia cella.
Poi penso all’avvenire
Alla libertà perduta
Vorrei baciarla e poi morire
Mentr’ella dorme,
all’insaputa.
Come vedete qui si parla di officine, bravi lavoratori e di borghesi che
disprezzano il sudore degli operai. Chiara allusione alle lotte operaie e alle ideologia
di sinistra del secolo diciottesimo e diciannovesimo, anche durante il fascismo.
Gli attori del 2001 erano altri, quelli antichi erano morti. Lo Scapolazzo era
Antonino Mazza il figlio di Luciano Mazza, il Capitano era Tonino De Rogatis,
nipote di Giuseppe Covino, Cecilia Gerardo Covino, e la dama di compagnia Michele
Grippo. Anche avvocati e giudici erano altri giovani.
Cecilia aveva soppiantato la scena di carnevale chiama “NOÈ” che prima si
inscenava a Morra. Il nostro progenitore Noè, veniva portato in carrozza con alcuni
compagni ed aveva nella carrozza delle fiasche di vino, dalle quali bevevano tutti a
garganella, mentre Noè cantava: Bevete, bevete compagni, che senò vi ammazzerò, e
gli altri rispondevano: Non ci ammazzar compagno che adesso beverò. Dopo bevuto
cantava: Me l’ho bevuto tutto e non mi ha fatto male, l’acqua mi fa danno e il vino mi
fa cantar.
Non so per quale ragione al personaggio di Noè, di solito rappresentato dal poeta
popolare Nicola Pennella, veniva dipinta la faccia di nero. Una volta, il pittore
Ernesto Avallone, allora giovane, per burla, gli dipinse la faccia con il colore ad olio.
Finta la scena Nicola cercò di lavarsi il colore, ma non ci riuscì. Dovette recarsi a
Napoli da uno specialista per togliersi il colore dalla faccia.
GERARDO DI PIETRO
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