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disciplina delle vendite sottocosto

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disciplina delle vendite sottocosto
DISCIPLINA DELLE VENDITE SOTTOCOSTO
Roma, 18 giugno 1998
Presidente del Senato della Repubblica
On.le Nicola MANCINO
Presidente della Camera dei Deputati
On.le Luciano VIOLANTE
Presidente del Consiglio dei Ministri
On.le Romano PRODI
Ministro dell'Industria del Commercio e dell'Artigianato
Dott. Pier Luigi BERSANI
Presidente della Commissione Parlamentare
prevista dall’articolo 5 della legge n. 59/97
On.le Vincenzo CERULLI IRELLI
L'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in conformità a quanto previsto dall'articolo 22
della legge del 10 ottobre 1990, n. 287, intende esprimere le seguenti considerazioni in merito alla disciplina
sulle vendite sottocosto prevista dall’articolo 15, commi 7, 8 e 9, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n.
114 “Riforma della disciplina del commercio”.
L’articolo 15, comma 7, del decreto definisce come vendita sottocosto una vendita al dettaglio di uno
specifico prodotto effettuata a un prezzo inferiore al costo di acquisto, quale risulta dalla fattura e da altri
documenti, maggiorato delle imposte indirette. Il comma 8 del medesimo articolo contiene la previsione di
una normativa sulle vendite sottocosto, da attuarsi secondo quanto stabilito dall’articolo 20, comma 11, della
legge 15 marzo 1997, n. 59. Il comma 8 fa anche riferimento a eventuali aspetti sanzionatori con un esplicito
richiamo alla legge n. 287/90. Infine con il comma 9 viene auspicata la promozione di codici di
autoregolamentazione da parte delle organizzazioni rappresentative dei produttori e dei distributori.
Prima di esprimere un parere sulla emananda normativa è opportuno ricordare che un prezzo di vendita
inferiore ai costi variabili può essere sistematicamente praticato da un’impresa solo se essa è in grado di
fissare, in un periodo successivo, prezzi superiori ai costi variabili e tali da più che compensare le perdite
subite. In realtà solo un’impresa in posizione dominante in un mercato caratterizzato da significativi ostacoli
all’entrata è in grado, successivamente al periodo delle vendite sottocosto e una volta eliminati i suoi
concorrenti anche potenziali, di fissare prezzi di vendita talmente elevati da coprire le perdite
precedentemente affrontate. Viceversa nella generalità dei casi in cui esiste un significativo grado di
concorrenza e gli ostacoli all’entrata sono modesti, un’impresa che per un certo periodo praticasse vendite a
prezzi inferiori ai costi si troverebbe nel periodo successivo in una posizione di svantaggio competitivo nei
confronti dei suoi concorrenti, giacché dovrebbe coprire, oltre ai costi normali, anche le perdite originate nella
fase delle vendite sottocosto. Proprio sulla base di queste considerazioni la normativa antitrust nazionale e
quella comunitaria considerano abusive (e quindi vietate) le vendite a prezzi inferiori ai costi soltanto se poste
in essere da un’impresa in posizione dominante e quando presentano caratteristiche predatorie, ossia
comportano l’eliminazione degli eventuali concorrenti, consentendo all’impresa dominante un aumento
significativo del suo potere di mercato. Peraltro, alcune pratiche di vendite a prezzi inferiori ai costi possono
essere ricomprese nell’ambito del divieto di concorrenza sleale di cui all’articolo 2598 del codice civile.
In alcuni casi, le vendite a prezzi inferiori ai costi possono essere motivate da strategie promozionali
dei distributori volte a stimolare le vendite complessive, fissando prezzi di vendita di alcuni prodotti di marca
a livelli particolarmente attraenti per i consumatori. L’entità dello sconto sul prezzo di vendita di un singolo
bene, che il distributore troverà economicamente conveniente praticare, è collegata al volume medio del
paniere di prodotti che vende. Pertanto al crescere della dimensione degli spazi di vendita, e con essa
dell’ammontare delle vendite effettuate mediamente al singolo consumatore, aumenta la convenienza di forti
sconti su singoli beni di marca, con un’influenza generalmente positiva sull’intero processo concorrenziale. In
questo contesto la restrittività di una politica di prezzo orientata al singolo prodotto può generalmente essere
accertata caso per caso in relazione all’influenza da essa esercitata sulle condizioni di vendita dell’intero
paniere.
Sulla base del potere a essa conferito dalla legge n. 287/90, l’Autorità Garante della Concorrenza e del
Mercato contrasta i comportamenti abusivi degli operatori economici in posizione di dominanza. Non appare
pertanto necessaria alcuna normativa speciale che vieti le vendite a prezzi inferiori ai costi indipendentemente
dagli intenti predatori dei distributori.
La stessa definizione delle vendite sottocosto, quando riferita a un singolo prodotto, presenta difficoltà
applicative, spesso insormontabili. Infatti, le formule contrattuali che regolano i rapporti tra fornitori e
distributori sono assai articolate: sono previsti sconti, anche non ricompresi nelle fatture di acquisto, in
funzione di una pluralità di condizioni (ad esempio, assortimento, livelli di fatturato, spazi coperti, vendite
complessive realizzate in un certo periodo) e contributi promozionali stabiliti spesso sulla base di un budget
annuo complessivo. Il prezzo in fattura non rappresenta dunque un indicatore dell’effettivo costo di acquisto
di un prodotto perché esso trascura una parte di rilievo degli sconti e promozioni concesse dal fornitore. Ma
ancor più problematica è la circostanza che alcuni di questi sconti e promozioni non possono essere
ricondotti a uno specifico prodotto, in quanto riguardano l’assortimento complessivo che un distributore
acquista da un singolo fornitore. Inoltre, alcuni sconti sono fissati sulla base dei risultati conseguiti nel corso
di un anno e pertanto anche il prezzo di acquisto complessivo dell’intera fornitura è incerto se non nel
momento del consuntivo annuale. Da ciò discende che l’individuazione del costo di acquisto relativo a uno
specifico prodotto, come previsto nell’articolo 15, comma 7, del decreto, laddove richiede che “gli eventuali
sconti o contribuzioni [da portare in diminuzione del prezzo risultante dalle fatture di acquisto]...
[siano]...riconducibili al prodotto medesimo”, costituisce una operazione intrinsecamente arbitraria che, se
applicata per individuare le vendite sottocosto, restringe ingiustificatamente le possibilità concorrenziali dei
distributori. Infatti eventuali sconti o contribuzioni non riferiti al singolo prodotto, ma all’intero assortimento
acquistato da un’impresa distributiva presso un certo fornitore, debbono poter essere trasferiti ai consumatori
sotto forma di prezzi di vendita più bassi. Essi non possono essere considerati come il presupposto di un
comportamento abusivo.
L’articolo 15, ai commi 8 e 9, rinvia la disciplina sulle vendite sottocosto a interventi successivi di
natura normativa o di autoregolamentazione. Con riferimento a tali previsioni l’Autorità ritiene non
compatibile con i principi a tutela della concorrenza l’eventuale introduzione di obblighi di informativa sulle
effettive condizioni di acquisto delle merci da parte del distributore. Tale ipotesi, emersa nell’iter di
approvazione del decreto legislativo n. 114/98, sarebbe volta a soddisfare l’esigenza del fornitore che il
prezzo al dettaglio venga stabilito dal distributore coerentemente con le caratteristiche qualitative del
prodotto. Ciò nella convinzione che lo svilimento del prezzo di vendita originato da una politica commerciale
particolarmente aggressiva da parte del distributore possa, in alcune circostanze, esercitare una influenza
negativa sull’immagine del prodotto percepita dai consumatori, in contrasto con l’interesse del produttore.
Tuttavia una eventuale norma diretta a introdurre obblighi di trasparenza sulle effettive condizioni di acquisto
potrebbe favorire comportamenti collusivi dei fornitori, riducendo sensibilmente la concorrenza. Anche la
concorrenza tra distributori risulterebbe pregiudicata in quanto il timore di rendere note le condizioni di
acquisto della merce (che rappresentano uno dei principali fattori di concorrenza tra distributori)
dissuaderebbe i più dall’effettuare vendite promozionali, contribuendo a mantenere elevato il livello dei
prezzi. L’introduzione di norme specifiche sulla trasparenza, volte a consentire l’individuazione dei costi di
acquisto dei distributori, rischia pertanto di produrre significativi effetti restrittivi della concorrenza.
Con riferimento inoltre alla sottoscrizione di codici di autoregolamentazione in materia di prezzi di
vendita da parte delle organizzazioni di settore, l’Autorità fa presente che la norma può avere ripercussioni
sulle dinamiche concorrenziali. Infatti, codici di autocondotta, che si spingano fino a prendere in
considerazione elementi di fondamentale rilevanza quali la politica degli sconti (sia dei produttori che dei
distributori), possono favorire comportamenti collusivi delle imprese con rilevanti effetti restrittivi sulla
concorrenza.
In conclusione, l’Autorità ritiene che norme che, prescindendo dagli intenti predatori, proibiscano a
operatori in posizione di dominanza o di “preminenza” di effettuare vendite sottocosto risulterebbero
inopportune sotto due principali punti di vista. In primo luogo, esse non tengono conto che l’oggetto della
concorrenza nel settore distributivo è un paniere di beni e non un bene singolo: pertanto non è dall’analisi di
un singolo prezzo di vendita che si possono trarre conclusioni sulla presenza di eventuali comportamenti
distorsivi. In secondo luogo, l’arbitrarietà con la quale necessariamente si accerterebbe la presenza di una
vendita sottocosto, darebbe origine a rilevanti incertezze applicative destinate a tradursi necessariamente in
maggiori oneri per l’intero settore distributivo, con significativi svantaggi per il consumatore. Infine
l’Autorità auspica: a) che non vengano introdotte norme sulla trasparenza tali da consentire l’esatta
identificazione dei prezzi di acquisto delle merci vendute a prezzi inferiori ai costi; b) che non vengano
promossi i codici di autoregolamentazione, previsti dall’articolo 15, comma 9, del decreto. Entrambe queste
previsioni rischierebbero di favorire comportamenti collusivi e restrittivi della concorrenza da parte degli
operatori coinvolti.
IL PRESIDENTE
Giuseppe Tesauro
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