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work and the city, Francis Duffy, co founder DEGW
domus work 916 JULY august 2008
work
and
the city
17
Text
frank duffy
Photos
benny chan
javier azurmendi
domus work 916 JULY august 2008
domus work 916 JULY august 2008
Photo: Benny Chan (Fotoworks)
Photo: Benny Chan (Fotoworks)
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La sede centrale
della Disney Store a
Pasadena, in California
(2007). Lo studio Clive
Wilkinson Architects e
la società di consulenza strategica per
l’ufficio DEGW hanno
elaborato uno schema
organizzativo articolato in sistemi colorati
modulari e flessibili,
che hanno dato forma
insieme all’architettura e all’arredamento.
il progetto è organizzato intorno a due sale
riunioni principali. La
prima, nota come la
“Sala riunioni dei blocchi”, è costituita su due
lati da pareti in blocchi
di espanso rimovibili.
Smontate, diventano
un sistema di sedute
per riunioni aziendali di 200 persone. La
seconda sala riunioni è
costituita da un’unica
struttura modulare
a nido d’ape che è diventata il perno dello
spazio: circa 500 cellule
modulari, realizzate in
plastica con un procedimento di stampaggio
rotazionale.
Il lavoro e la città: tecnologia,
sostenibilità e modo di
produzione
La maggior parte di noi architetti è portata,
per temperamento, ma anche istituzionalmente
ed economicamente, a fare ciò che gli piace di più:
progettare nuovi edifici. Tendiamo a credere che
edifici nuovi, innovativi, più numerosi, gli edifici
in genere, siano la risposta inevitabile a qualsivoglia problema i nostri clienti debbano affrontare. Soltanto di recente, sotto la pressione di un
dibattito sempre più acceso sulla sostenibilità, ha
cominciato a farsi strada l’idea che forse il contributo più ragionevole alle richieste dei nostri clienti
e all’abitabilità a lungo termine del nostro pianeta
non è quella di proporre nuovi edifici per uffici,
ma meno edifici, usati in modo più intelligente e
più intenso.
L’invisibile nuvola di connettività elettronica
che oggi circonda tutti noi, dovunque ci troviamo,
indica che, con il tempo, l’uso degli edifici e delle
città è diventato una variabile importantissima
nella progettazione ambientale. Per classificare il
lavoro d’ufficio o valutare la performance ambientale di un edificio, non serve più ricorrere a categorie temporali obsolete. Il lavoro stesso, collegato
attraverso una rete universale di comunicazioni, in
particolare la componente sempre più importante
del knowledge work, il lavoro della conoscenza,
si sta riversando in paesaggi spaziali e temporali più vasti e più complessi. Per gli architetti, e
per chiunque altro sia coinvolto nella creazione
di spazi destinati al lavoro, la conseguenza che
ne deriva è che la tipologia dell’edificio per uffici
non ha più il monopolio dell’accoglienza del lavoro
d’ufficio, perciò, sia da un punto di vista gestionale
che ambientale, è già diventato un’unità di analisi
fuorviante e antiquata. La tecnologia dell’informazione sta dissolvendo due leggi fondamentali che per secoli hanno modellato gli edifici e le
città che accolgono il lavoro: in primo luogo, la
sincronia, la necessità di lavorare tutti contemporaneamente; in secondo luogo, la co-location,
la necessità di lavorare nello stesso luogo con le
stesse persone.
L’architettura, come l’amministrazione, non
è però mai indipendente dalla politica: più l’architettura e l’amministrazione sono presentate come
razionali, oggettive e inevitabili, più le conseguenze sociali, politiche e ambientali saranno pericolose. Il Movimento Moderno, nell’ architettura e
nella progettazione degli spazi pubblici, soffriva
di tre forme di dipendenza: quella dalle grandi
dimensioni; quella dalle forme costruite prescrittive ed eccessivamente determinate; infine quella
da un modello centripeto di sviluppo urbano che
erodeva la sfera pubblica trascurando gli spazi
interstiziali e periferici. Le città e gli edifici sono
stati plasmati dalle abitudini e dalle supposizioni
dell’era industriale. Le forze economiche sottostanti, e in particolare i modi di produzione che
le hanno modellate, devono essere sottoposte a
Photo: Benny Chan (Fotoworks)
Nuovi modi di lavorare, più mobili,
facilitati elettronicamente, associati
a una maggiore scelta dell’utente
circa il dove, il quando e il come
lavorare creeranno un ambiente
lavorativo totalmente nuovo: un
Networked Office
un’indagine critica. Per oltre un secolo, nei paesi zione non è né qualcosa che ci viene dal cielo né
influenzati dalla prassi immobiliare angloameri- qualcosa di preordinato. Si tratta di un artefatto
cana, il modo di produzione dominante ha operato culturale, la conseguenza di convenzioni che si
su tre livelli. Il primo è l’investimento di denaro, sono affermate in condizioni economiche, politivale a dire il finanziamento e lo sviluppo; il secon- che e sociali particolari. Mutando le condizioni, le
do è quello della progettazione architettonica e convenzioni devono essere rimesse in discussiodella costruzione; il terzo è il modo in cui le socie- ne. L’origine del modo di produzione tipicamente
tà immobiliari e i facility manager gestiscono gli anglosassone è intimamente collegata all’opera
edifici per uffici. Le caratteristiche che contraddi- di Frederick Taylor, l’inventore dello Scientific
stinguono questa modalità sono quattro: il funzio- Management, che ebbe un profondo impatto su
namento indipendente da
tanti aspetti della vita
La tecnologia dell’informazione sta
del XX secolo. Molti
altri tipi di edifici, l’unididissolvendo due leggi fondamentali: la
rezionalità, l’impossibilità
danno per scontato
sincronia, la necessità di lavorare tutti
di fermare il processo una
il modello dell’ufficio
contemporaneamente, e la co-location, la
volta avviato, lo scarso
taylorista nordameriinteresse per i feedback. necessità di lavorare nello stesso luogo con le cano che ha influenzastesse persone
Forse non dovremmo sorto il profilo delle città di
prenderci che un sistema
tutto il mondo. Tuttavia,
così orientato all’offerta non sia stato capace di nel Nord Europa, dopo la seconda guerra mondiale
apprendere dalle esperienze passate.
si è affermato un genere di edifici per uffici molto
Una tale inclinazione può essere accettabile diverso, proprio in conseguenza diretta del rifiuto
in presenza di un ambiente economico stabile, di di quelli che erano considerati i principi meccauna scarsa innovazione tecnologica e di un rap- nicistici e disumanizzanti del taylorismo, sia nel
porto prevedibile tra domanda e offerta. Ma nel lavoro d’ufficio che nella progettazione degli edicontesto dei rapidi mutamenti sociali e tecnologici fici a esso destinati. L’uso del tempo è oggi una
dei nostri giorni, il mancato apprendimento e una variabile importante quanto l’uso dello spazio.
mancata risposta alle condizioni emergenti non L’orario dalle 9 alle 5 è già quasi altrettanto anapossono che portare problemi: non ultimo, quel- cronistico quanto la campana dell’Angelus. Una
lo di non saper rispondere alla nuova sfida della crescente mobilità e nuovi orari indicano che l’ufsostenibilità ambientale. Questo modo di produ- ficio non è più un’entità stabile – il lavoro d’uffi-
The Disney Store Headquarters in Pasadena,
California (2007). Clive
Wilkinson Architects
and “workplace strategists” DEGW developed
an organisational
plan articulated with
colorful modular
and flexible systems that form the
architecture as well
as furniture. The two
major portions of the
building are anchored
by two main conference rooms. The first,
known as the “Block
Conference Room” is
formed on two sides by
removable foam block
walls. When disassembled they become
the seating system for
200 person company
meetings. The second
main conference room
is formed by a unique
modular honeycomb
made up of 500 modular
honeycombs units,
fabricated in rotationmoulded plastic.
cio può essere svolto ovunque. Vengono negoziate
nuove geografie, nuovi tipi di luoghi e nuovi regimi
temporali. Un grado elevato di mobilità significa
che restano pochi confini per determinare quando
e dove finisca il lavoro e inizi il resto della vita,
compresi la vita familiare e l’interazione sociale, il
tempo libero e le attività intellettuali e fisiche.
In realtà, perché gente diventata più autonoma e sicura di sé dovrebbe recarsi al lavoro?
La mappa della configurazione spaziale di tante
attività economiche contemporanee è già una rete
globale di interazioni, alcune personali, altre virtuali. Lo spazio fisico essenziale sta diminuendo,
mentre le interazioni che trascendono e si espandono al di là delle pareti dell’ufficio si stanno moltiplicando. E tuttavia, paradossalmente, le città
non soltanto restano, ma diventano più grandi, più
animate e più affollate.
L’inversione del modo di produzione taylorista, per creare un sistema di consegna guidato
dalla domanda, è dunque una condizione necessaria per la creazione dell’ambiente dell’economia della conoscenza. Questo modo di produzione
dovrebbe essere talmente diverso da poter essere
descritto come l’esatto contrario, una produzione
‘su domanda’, stimolata dagli utenti anziché dagli
investitori. Nuovi modi di lavorare, più mobili, facilitati elettronicamente, associati a una maggiore
scelta dell’utente circa il dove, il quando e il come
lavorare creeranno un ambiente lavorativo totalmente nuovo: un networked office. I tradizionali
edifici per uffici di ispirazione taylorista non sono
né stabili né sostenibili.
Sono sotto-occupati e sotto-utilizzati, inadatti ai modelli di lavoro che si stanno affermando
e difficili da convertire a nuovi usi. Sterilizzano le
opportunità per imprese nascenti e non sanno dare
spazio alle transazioni intersocietarie, al lavoro
mobile, alle attività sovrapposte. Gli uffici socialdemocratici sono molto più gradevoli e più umani
ma, in termini di uso dello spazio, sono persino
meno efficienti. Ponendo l’accento sulla privacy
individuale, questo tipo di ufficio non incoraggia il
dialogo, la funzione principale del luogo dell’economia della conoscenza.
I tre vantaggi principali di un possibile
networked office sono rendere l’ambiente in cui si
svolge il lavoro della conoscenza più efficace, più
godibile e più compatibile con altre attività, facilitare un uso più intenso e creativo di ogni genere di
spazi e luoghi distribuiti nello spazio e nel tempo
e infine, avendo bisogno di meno spazio, dare un
enorme contributo alla sostenibilità degli edifici
e delle città.
Fidiamoci degli utenti, abbandoniamo un
modo di pensare basato sull’offerta, sfruttiamo al
massimo la tecnologia, usiamo gli spazi e i luoghi in
modo più intenso e avremo una probabilità di avere città godibili, di costruire quella cultura basata
sulla conoscenza di cui le nostre economie hanno
bisogno e allo stesso tempo, speriamo, di salvare
il pianeta. FD
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domus work 916 JULY august 2008
domus work 916 JULY august 2008
Gli uffici della Google
occupano l’intero
26° piano della Torre
Picasso nel centro di
Madrid, e sono stati
progettati dalla consociata spagnola della
DEGW. Ci sono molti più
spazi destinati alle
riunioni che non uffici
chiusi. Questi ultimi occupano meno del 40 per
cento della superficie
e non sono assegnati
a una persona in modo
permanente. L’arredamento è di Permasa per
le postazioni, di Vitra
per tutte le sedie, di
Wilkhahn per tutti i
tavoli da riunioni, di
Moroso, di Artifort e
di Howe. Gli elementi
divisori sono prodotti
localmente da Deyma e
le lampade da soffitto
sono di progettazione
spagnola, prodotte da
Santa & Cole e da Dab.
Tutti i tessuti sono di
Kvadrat.
Mika Tajima
tests the sites
and conditions
of performance
by producing
sounds, images
and objects
Photo: Javier Azurmendi, Fotografia de Arquitectura
New, electronically
enhanced, more mobile
ways of working combined
with much greater user
choice of where, when
and how to work will be
an entirely new kind of
working environment – the
Networked Office
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dangerous are the social, political and environmental con- nected with the work of Frederick Taylor, the inventor
sequences. The modern movement in architecture and urban of “Scientific Management”, which had such a profound
design suffered from three addictions: to large-scale, over- impact on many aspects of 20th-century life. Many take
determined, prescriptive building forms, and centripetal pat- the model of the North American Taylorist office that has
terns of urban development which eroded the public realm shaped the profile of cities all over the world as a given.
by neglecting interstitial and peripheral spaces. Cities and However, a very different type of office building and office
buildings have been shaped by the habits and presumptions supply chain emerged after World War II in Northern Europe
of the industrial era. The underlying economic forces, and as a direct result of the rejection of what were considered
particularly the supply chains that have shaped them must to be mechanistic and dehumanising Taylorist principles in
be challenged and opened up to critical enquiry.
both office processes and the design of office buildings.
The dominant supply chain for well over a century
In the context of massive technological change and of
in countries influenced by Anglo-American real-estate an even bigger environmental crisis, the existence of this
practice operates on three levels.
difference legitimises the search for
The first is money looking for a home,
new types of office accommodation
i.e. financing and development; the
and for a supply chain appropriate
second is architectural design and
Information technology
to the emerging requirements of the
construction; and the third is how
is dissolving two iron laws: firstly
21st-century knowledge economy.
corporate real-estate and facilisynchrony, the necessity of working
The use of time is now as importies managers run office buildings.
at the same time as one’s fellow
tant a variable as the use of space.
Four features distinguish this supworkers, and secondly co-location,
Nine to five is already almost as
ply chain: operating independently of
the necessity of working in the same
anachronistic as the Angelus bell.
other building types, uni-directionplace with the same people
Increasing mobility as well as new
ality, being impossible to stop once
timetables means that the office is
set in motion, and a small appetite
no longer a stable entity – office work
for feedback. Perhaps we should not
can be carried out anywhere. New
be surprised that such a markedly supply-side-orientated geographies, new kinds of places, new temporal regimes
system has been bad at learning from experience.
are being negotiated. High degrees of mobility mean that
A supply-side bias may be tolerably safe given a sta- few constraints remain to determine when and where work
ble economic environment, little technological innovation, ends and the rest of life – including family and social interand a predictable relationship between supply and demand. actions as well as leisure and intellectual and physical purHowever, in the context of today’s rapid technological and suits – begins.
social change, failure to learn from and respond to emergIndeed why should empowered and self-reliant peoing circumstances is certain to lead to trouble - not least ple, equipped with increasingly powerful information techfailing to meet the emerging challenge of environmental nology, ever come to work at all? The map of the spatial
sustainability.
configuration of many contemporary businesses is already
This supply chain is neither God-given nor pre- a global network of interactions, some face-to-face, some
ordained. It is a cultural artefact, the consequence of con- virtual. Core physical space is diminishing while interacventions that have grown in particular economic, political tions that transcend and spill beyond the walls of office
and social circumstances. When circumstances change buildings are multiplying.
such conventions must be challenged. The origins of the
And yet paradoxically, cities not only persist but are
Anglo-American office supply chain are intimately con- becoming bigger, busier and more crowded.
The Google offices
occupy the whole 26th
floor of Torre Picasso
in the center of Madrid, designed by DEGW
Spain. There are many
more meeting rooms
than enclosed offices,
which are very few
(less than 40% of the
total square metres)
and not assigned. They
are completely glazed,
with furniture by
Permasa for the workstations, Vitra for all
chairs, Wilkhahn for
all conference tables,
Moroso, Artifort and
Howe. The partitions
are locally made by
Deyma and the hanging
lamps are Spanish design produced by Santa
& Cole and Dab. All
fabrics are Kvadrat.
Photo: Javier Azurmendi, Fotografia de Arquitectura
WORK AND THE CITY:
TECHNOLOGY, SUSTAINABILITY AND
THE SUPPLY CHAIN
Most of us are temperamentally, institutionally and
economically biased towards doing what we like most, i.e.
designing new buildings. We tend to believe that new buildings, innovative buildings, more buildings, any buildings are
the inevitable answer to whatever problems our clients have
to address. Only recently, under the pressure of the accelerating debate around sustainability, has the idea begun to
grow that perhaps not more office buildings but rather fewer
buildings, more intelligently and intensively used, would be
a more sensible contribution to both our clients’ requirements and to the long-term habitability of the planet.
The invisible cloud of electronic connectivity that
now surrounds us all, wherever we are, means that the use
of buildings and cities over time has become a critically
important variable in environmental design. It is no longer
useful to rely upon obsolete temporal categories, such as
the five-day week and the eight-hour day, to categorise
office work or measure the environmental performance of
buildings. Boundaries between what is work and what is
not are shifting fast. Work itself, connected by a universal
network of communications, especially the growing component of knowledge work, is spilling out into ever wider
and more complex spatial and temporal landscapes. The
consequence for architects, and for everyone else involved
in accommodating work, is that the office building typology no longer has a monopoly on office work. From both
managerial and environmental points of view it has become
an obsolete unit.
Information technology is dissolving the two iron laws
that for centuries have shaped the buildings and cities in
which we work: firstly synchrony, the necessity of working
at the same time as one’s fellow workers, and secondly colocation, the necessity of working in the same place with
the same people.
Architecture, like management, is never independent of politics. The more architecture and management are
presented as rational, unbiased and inevitable, the more
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domus work 916 JULY august 2008
domus work 916 JULY august 2008
Photo: Benny Chan (Fotoworks)
L’uso del tempo è oggi una variabile importante quanto l’uso dello
spazio. Una crescente mobilità e
nuovi orari indicano che l’ufficio
non è più un’entità stabile
Machine
à travailler
The use of time is now as important a variable as the use of
space. Increasing mobility as
well as new timetables means
that the office is no longer a
stable entity
The reversal of the Taylorist supply chain in order
to create a demand-led system of delivery is a necessary
condition for creating the environment of the knowledge
economy. So different must this new supply chain be that
it should be described as the exact opposite, a “demand
chain”, driven by users rather than investors. New electronically enhanced, more mobile ways of working combined with
much greater user choice of where, when and how to work
will be an entirely new kind of working environment – the
Networked Office.
Conventional Taylorist office buildings are neither stable nor sustainable. They are under-occupied and underused, unsuitable for emerging ways of working, and are difficult to convert to new uses. They sterilise opportunities
for embryonic enterprises and fail to accommodate intercompany transactions, mobile work, or overlapping activities. Social Democratic offices are far more pleasant and
humane but are even less efficient in terms of space use
over time. By emphasising individual privacy these offices
do not foster discourse, the fundamental function of place
in the knowledge economy.
The three principal advantages of the Networked Office
are as follows: making the environment of knowledge work
more effective, enjoyable and more compatible with other
activities; facilitating more intense and creative use of all
kinds of spaces and places distributed through space and
time; and, finally, by needing less space, making a huge
contribution to the sustainability of buildings and cities.
Trust the users, abandon supply-side thinking, take
maximum advantage of technology, use spaces and places
far more intensively, and we will have a fighting chance of
getting cities we can enjoy, of building the knowledge-based
culture our economies need and, let’s hope, of saving the
planet at the same time. FD
Photo: Benny Chan (Fotoworks)
La sede centrale della
Google, a Mountain
View, in California, è
stata progettata dallo
studio Clive Wilkinson
Architects insieme con
dEGW e William McDonough, sostenitore ambientalista dei processi
produttivi a emissioni
zero. Il progetto unisce
spazi di lavoro ad alta
concentrazione per
l’elaborazione di software e zone destinate
allo studio, alle riunioni, alla ricreazione
e ai pasti.
The Google Headquarters, located in
Mountain View, California, are designed
by Clive Wilkinson
Architects with DEGW
and environmentalist architect William
McDonough. The design
integrates highly
focused software
engineering workspace
with learning, meeting,
recreational and food
facilities.
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Design
valeria boschi, luigi serboli
arrigo taini
Text
michele calzavara
Photos
alberto muciaccia
Photo: Benny Chan (Fotoworks)
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