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insieme contro la violenza di genere - InRete
Indice Introduzione: il Progetto Insieme contro la violenza di genere, Milli Virgilio - Università di Bologna Lo sviluppo del Progetto di Rossella Marchesini, Coordinatrice del Progetto, Comune di Bologna La ricerca monitoraggio di Valentina Greco, Angela Salvatore, Paola Zappaterra Brevi riflessioni dal Comitato di Pilotaggio di Maria Teresa Semeraro, Comitato di Pilotaggio del Progetto Il contributo dei territori partner Le azioni sul territorio forlivese: il contributo al progetto di Claudia Castellucci, Comune di Forlì La rete Domino di Cesena di Maria Carolina Porcellini, Comune di Cesena La violenza alle donne nella Provincia di Rimini: strategie comuni di conoscenza e gestione di Maria Maffia Russo e Elisabetta Pillai, AUSL di Rimini La costruzione della rete di Bologna: i partner Il ruolo dell'Università di Sandra Tugnoli Pàttaro, Università di Bologna, AdDU Laboratorio Compass DSC: progettazione di un Piano di Comunicazione contro la Violenza di Genere di Chiara Gius e Aura Tiralongo Perchè l’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri della Provincia di Bologna partner del progetto insieme contro la violenza di genere. di Stefano Rubini, Medico di famiglia, consigliere OMCEO Bologna Convivenza di genere e convivenza fra i generi. Pratiche, riflessioni e costruzione di reti sui conflitti di genere e sociali di Simonetta Botti e Maria Grazia Negrini, Tavola delle donne sulla violenza e sulla sicurezza nella citta’ Udi: un percorso femminile contro la violenza di genere che viene da lontano di Katia Graziosi, Legale Rappresentante, Marta Tricarico-Gruppo Donne e Giustizia, Annamaria D’Ambra, Comitato Scientifico Anche noi Insieme di Maria Rosa Damiani, Gruppo di Lettura San Vitale La rete locale di Fernanda Minuz, Associazione Orlando – Molte donne un pianeta Allegati C’era una volta una topolina che scopava le scale di casa e cantava: "tralará larito pulisco la mia casetta, tutti giorni le stesse faccende, tralará larito pulisco la mia casetta". All'improvviso mentre scopava trovò una moneta per terra. “ Che fortuna ho avuto!” dice la topina- “ Cosa mi compreró? Ci sono: comprerò caramelle. No, no perché mi sporcheranno i denti”. Continuò a pensarci su, “Che mi comprerò? Ci sono: mi comprerò un nastro rosa”. La topolina andò al negozio, comprò il nastro rosa, se lo mise sulla coda e si sedette sulla porta di casa. Dopo poco passò di lì un cane che, vedendo la topolina così elegante le disse: “Topolina, topolina ma che carina che sei. Vuoi sposarti con me?” ”E la notte che farai” Chiese la topolina.”Bau, bau, bau!” disse il cane. ”No, no, così mi spaventerai”. E il cane se ne andò abbaiando di rabbia. Poco dopo arrivarono altri mille pretendenti e a ciascuno lei ripeteva sempre le stesse domande “ La notte che farai? “ Ma l'asino ragliava, il gallo faceva chicchirichì, il grillo friniva....Alla fine arrivò un gatto, bellissimo seduttore , lui faceva Miao. La topolina cadde in estasi “ sei tu, sei tu il mio amore. Ti sposo” . Gli amici della topolina cercarono di dissuaderla “ Sei pazza ti mangerà” ma la topolina era convinta del suo amore “ No, lui mi ama, con me sarà diverso, non mi mangerà, ne farò un gatto che mangia verdure”. Si sposarono. Un minuto dopo le nozze, il gatto le si avvicinò .......e se la mangiò. La rateta que escombrava l'escaleta (La topolina che scopava la scala) è un antichissimo racconto popolare catalano in rima. Il riadattamento del racconto è stato svolto durante il laboratorio di drammaturgia tenuto da Anastasia Costantini del Gruppo di lettura San Vitale. Introduzione: il Progetto Insieme contro la violenza di genere Maria (Milli ) Virgilio Il progetto “Insieme contro la violenza di genere” si colloca nel Piano Nazionale d’azione per il contrasto della violenza sessuale e di genere, che costituisce il primo piano promosso con tale obiettivo nel nostro paese, in dicembre 2007 (avviso in G.U. 6/12/2007 n. 284; è attualmente in corso la progettazione di un secondo piano, annunciata nella giornata internazionale del 25 novembre 2009). Il Piano individuava vari “assi strategici”, tra i quali quello appunto della “prevenzione e contrasto della violenza sessuale e di genere a danno di adulti, minori, persone di diverso orientamento sessuale, disabili e migranti”. Subito il Comune di Bologna coglieva l’aspetto innovativo della priorità riconosciuta nel Piano “all’integrazione tra le azioni dei vari soggetti pubblici e privati a livello locale in materia di prevenzione e contrasto della violenza”, per favorirne la “maggiore collaborazione”. Questo ben si attagliava alle particolari caratteristiche della realtà locale, connotata da una ormai lunga tradizione di contrasto della violenza di genere, tuttavia bisognosa di potenziare l’avviato lavoro di rete interno/esterno, rendendolo maggiormente sinergico ed integrato. A Bologna c’è da tempo una casa rifugio per donne maltrattate (in convenzione con Comune, Provincia, nonchè con tutti i comuni della provincia - tranne uno). Ci sono già vari centri e punti di ascolto, accoglienza e consulenza contro la violenza. In forza al progetto europeo Daphne I, fu convenuto un primo protocollo di collaborazione tra ASL, alcune istituzioni e associazioni. Dal 2007 è stato organizzato (con il contributo della Fondazione Del Monte 1473) un Pronto Soccorso Unico provinciale contro la violenza sessuale, con sede presso il Pronto Soccorso ginecologico dell’Ospedale Maggiore (ASL Bologna), che vede già la collaborazione tra operatori sanitari e sociali, medico-legali, Polizia e Procura della Repubblica e il collegamento con il numero telefonico nazionale 1522 gestito dal Dipartimento per le Pari Opportunità, nonché con le associazioni del territorio. La sinergia sul piano delle istituzioni è sfociata nel Patto per Bologna Sicura, sottoscritto il 19 giugno 2007 dal Prefetto e dal Sindaco alla presenza del Viceministro dell’Interno. L’art. 6 (Azione di contrasto della violenza sessuale) ha formalizzato la costituzione di un “Tavolo di lavoro di coordinamento per la prevenzione e il contrasto delle violenze sessuali sulle donne” composto da delegate/i di Prefettura, Questura, Arma dei carabinieri, Guardia di Finanza, Procura della Repubblica, AUSL, Provincia, Ufficio scolastico provinciale, Comune. Già in questi ambiti erano state promosse attività di formazione sia specifiche sia multiprofessionali integrate fra le diverse competenze. Si aggiunga che l’esperienza bolognese si colloca in un fecondo contesto regionale. Esperienze analoghe di case e centri antiviolenza e di impegno delle istituzioni vivono in tutte le province, pur con caratteristiche assai differenziate. Tutte fruiscono dell’intervento regionale, che si estrinseca in investimenti di risorse e iniziativa politica. Per tutti questi motivi, il Comune di Bologna aveva inteso recepire in dimensione regionale la sollecitazione del Piano Nazionale a “progettare e/o sviluppare reti territoriali fra vari attori pubblici e privati per la definizione di strategie, azioni ed interventi integrati, pluridisciplinari e inter-settoriali” coinvolgendo “soggetti pubblici e del privato sociale, quali ad es. servizi sanitari, servizi sociali; forze dell'ordine; servizi educativi, consulenti legali e psicologici, associazioni del privato sociale, ecc., al fine di consentire la creazione e/o sviluppo-qualificazione di reti sostenibili di prevenzione e contrasto a tutte le forme di violenze di genere”. L’idea originaria era quella di una estensione regionale del progetto, con un diretto coinvolgimento anche dell’ente regionale. In tal modo si sarebbe valorizzata appieno la storia regionale dell’attività profusa da associazioni e istituzioni contro la violenza maschile sulle donne. Falliva purtroppo il tentativo – promosso dal Comune di Bologna - di costruire una rete regionale che coinvolgesse tutte le realtà pubbliche e private operanti sul territorio regionale, che poteva realizzarsi tramite la presentazione sia di un progetto unitario, sia di più progetti coordinati tra loro (una tale ipotesi di lavoro dovrebbe essere comunque perseguita - ci auguriamo con maggiore fortuna – nell’ambito del futuro Piano nazionale. In tal caso è da programmare fin d’ora). Fortunatamente lo sforzo non era del tutto vano, perchè il progetto Insieme riusciva comunque a muoversi, se non nella totale dimensione regionale, in una valida dimensione sovraprovinciale. Coinvolgeva infatti più province: Bologna, Forlì-Cesena e Rimini. Tali territori interessati dal progetto sono caratterizzati da una lunga tradizione di contrasto della violenza di genere: vi operano 4 centri antiviolenza che gestiscono 6 case rifugio. Una indubbia particolarità è consistita nella differenziazione delle modalità di impegno dei quattro territori, determinata dalle oggettive differenze tra le varie esperienze. Prima fra tutte ha inciso la diversità fra la natura pubblico/privata dei Centri antiviolenza operanti: a Forlì e Cesena i centri sono gestiti dal Comune, mentre a Bologna case e centri sono gestiti da associazioni private. Ma la disomogeneità territoriale dei partner coinvolti ha costituito un dato di stimolo, che si è espresso su diversi piani. Dapprima infatti, in fase di programmazione del progetto, si è inteso conferire riconoscimento formale alla partecipazione di ogni entità contattata e interessata. Così la Prefettura di Forlì è stata inserita nel Comitato di pilotaggio, mentre da parte della Procura della Repubblica di Bologna si è raccolta una lettera di adesione, come impegno alla collaborazione con i partner direttamente coinvolti a Bologna, Forlì-Cesena e Rimini: 1 Comune di Bologna 2 Comune di Forlì 3 Comune di Cesena 4 Alma Mater Studiorum - Università di Bologna 5 Sezione di Medicina Legale del Dipartimento di Medicina e Sanità Pubblica dell’Università di Bologna 6 Ufficio Scolastico Provinciale 7 AUSL Bologna 8 AUSL Rimini 9 Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri della Provincia di Bologna 10 Associazione Docenti Universitarie (AdDU) 11 Associazione Unione Donne Italiane (UDI) Bologna 12 Associazione Orlando – Tante donne un pianeta ONLUS- Bologna 13 Associazione Tavola delle donne sulla violenza e sulla sicurezza nella città - Bologna 14 Associazione Gruppo Lettura S.Vitale Bologna Successivamente, in fase di gestione effettiva di tutte le attività programmate, si è praticata la scelta, conforme alla filosofia progettuale nazionale, di un coinvolgimento a più vasto raggio, delle realtà presenti e operanti nei 4 territori. Infatti, sulla base di tale criterio di effettivo impegno, veniva sollecitata la partecipazione alle singole attività anche di soggetti – sia istituzionali sia privati – che non figuravano tra i partner: associazioni varie, esponenti delle forze dell’ordine, esponenti della magistratura, componenti degli organi professionali di psicologi, assistenti sociali (l’Ordine dei Medici di Bologna era partner formale), istituzioni scolastiche. A tema delle attività di rete e formazione venivano sollecitati tutti i “lavori in corso”. Così si includeva nel patrimonio di esperienze considerate anche quella riferita ai minori (Il Faro e il costituendo Pronto Soccorso specialistico presso l’ospedale S. Orsola-Malpighi), quella delle donne anziane e quella delle donne migranti. Il collegamento veniva sviluppato anche con altri filoni aperti, quello innovativo sul versante delle strategie di intervento con uomini che usano violenza nelle relazioni di intimità (Progetto Europeo Daphne II MUVI, Developing strategies to work with Men who Use Violence in Intimate Relationships - Sviluppare strategie di intervento con uomini che usano violenza contro le donne nelle relazioni di intimità), promosso dal Comune di Bologna, assieme, tra gli altri, alla associazione Casa delle donne per non subire violenza e al Centro di Oslo ATV, Alternative To Violence. I vari partner – nel distribuirsi i ruoli - concordavano di praticare le attività loro più consone, nel rispetto delle caratteristiche e della storia di ognuno. La comunicazione e disseminazione dei risultati veniva curata sia dalle associazioni bolognesi Gruppo Lettura S.Vitale e Tavola delle donne sulla violenza e sulla sicurezza nella città sia dai partner afferenti all'Università di Bologna - AdDU, Docenti Universitarie, Medicina Legale e Area Studenti, il cui apporto (anche assieme alla facoltà di Scienza della Comunicazione) ha contribuito alla creazione del logo poi adottato per il progetto. L’Ordine dei Medici promuoveva un seminario formativo cui partecipavano ben 250 medici di base. Il Comune di Forlì, forte della sua esperienza di rete, curava la elaborazione di una specifica scheda idonea alla rilevazione delle reti operative esistenti e finalizzata alla costituzione di un osservatorio dedicato. Sono queste, ovviamente, solo alcune delle attività e delle iniziative, tutte riportate nel Report Conclusivo. La capacità di intervento dei vari attori, pubblici e privati, contro la violenza maschile sulle donne è sicuramente migliorata, sia attraverso le iniziative formative sia attraverso la permanente attenzione a vivere il progetto Insieme come luogo di incontro, conoscenza e luogo di scambio di buone pratiche. E’ certamente cresciuta la consapevolezza che la rete operativa rappresenta una modalità innovativa in quanto realizza il superamento della settorialità degli interventi rendendo di conseguenza più efficaci, immediate ed appropriate le risposte. Pertanto la rete va vista come uno strumento di secondo livello, non come una ulteriore struttura burocratica, ma come una nuova prassi, che va oltre la semplice unione tra Servizi, ed è basata sul reciproco riconoscimento.. E’ significativo di tale consapevolezza il verbale del seminario del …….. in cui le/i partecipanti hanno concordato sulla esigenza di un momento di raccordo cittadino, promosso e assicurato dalle istituzioni locali. Ma - in mancanza di una iniziativa istituzionale unitaria o di più iniziative istituzionali comunque voluto e praticato dagli operatori pubblici e privati. Questo è il risultato più evidente di aver condotto il progetto tutto secondo l’assunto che la violenza maschile contro le donne è un fatto complesso e non privato, che deve essere affrontato dall’intera comunità e che nessun soggetto, individuale o collettivo, pubblico o privato, è sufficiente da solo a prevenire o contrastare. Lo sviluppo del Progetto di Rossella Marchesini, Coordinatrice del Progetto, Comune di Bologna Ho assunto il coordinamento del progetto Insieme contro la violenza di genere nel maggio 2009, a metà percorso 1, con la consapevolezza della sfida da affrontare in sia per la qualità e complessità del progetto, sia per la prossima scadenza del mandato amministrativo in corso. Non mi sfuggiva, infatti, di quale rilevanza sia, per la riuscita di un progetto, avere il sostegno politico oltre che quello dell’intera struttura amministrativa di riferimento. La complessità, di cui il presente lavoro vorrebbe rendere conto e offrire una panoramica genereale, è riconducibile a più fattori. Fra essi, non ultimo, l’ampiezza ed eterogeneità dei partner: quattordici soggetti, istituzionali e del privato sociale, attivi in ambito territoriale regionale - Bologna, Forlì, Cesena e Rimini - diversi per dimensione, storia, finalità, culture, organizzazione, rilevanza istituzionale e natura giuridica. Per l'economia di questo lavoro è utile evidenziare che a Bologna l'iniziativa in tema di prevenzione e contrasto alla violenza di genere ha tratto impulso dal basso, da parte delle associazioni femministe, mentre nei territori romagnoli, i centri e i presidi antiviolenza sono stati promossi dagli enti locali e da questi sono oggi gestiti attraverso l’istituzione di reti formalizzate: Rete DOMINO di Cesena Rete IRENE di Forlì, e Rete DAFNE di Rimini. Diversamente, nel contesto bolognese, le molte realtà attive oggi sul tema della violenza di genere, benché in relazione tra loro e con le istituzioni, non costituiscono una rete strutturata . A metà progetto erano diverse le azioni già messe in campo; un discreto numero di seminari era stato realizzato2 e una ricerca -monitoraggio era in corso per mappare la situazione esistente sui tre territori interessati. Parallelamente si stava svolgendo un Laboratorio universitario per la progettazione di una campagna di comunicazione. Ognuna di queste azioni sarà descritta nei capitoli dedicati. Dall'andamento delle attività è stato possibile trarre una prima conferma delle premesse che stanno alla base del progetto. Tali premesse si rifanno all'assunto che la violenza di genere sia un fenomeno socialmente e storicamente determinato in relazione ai ruoli sessuali e ai rapporti di potere ad essi sottesi. Essa è trasversale a tutte le aree geografiche, a tutte le culture e a tutti gli strati sociali; in qualsiasi forma tale fenomeno si manifesti - sessuale, fisica, psicologica, economica – e anche quando esercitato nelle relazioni di intimità, non puo' essere circoscritto alla sfera privata, ma chiama in causa le istituzioni e più in generale la società civile. La violenza di genere è un fenomeno multidimensionale che, lungi dal richiedere politiche meramente securitarie, va affrontato con un approccio integrato in grado di operare un profondo cambiamento culturale e sociale. Occorreva, a questo punto, una ricognizione delle attività realizzate dai partner per offrire un quadro chiaro anche in vista della programmazione a venire. Era inoltre necessario puntualizzare ruolo e composizione dei gruppi di lavoro previsti e/o coinvolti dal progetto. Occorreva soprattutto un attento esame di realtà, che tenesse conto delle effettive risorse in campo in un contesto di transizione sul piano organizzativo3 e politico. Si sono pertanto ritarati gli obiettivi nel rispetto della filosofia del progetto e coerentemente con le finalità principali da esso individuate - rafforzamento della governance territoriale delle azioni volte alla prevenzione del fenomeno della violenza di genere e all’assistenza integrata di chi subisce tale violenza, potenziamento della collaborazione e della sinergia tra soggetti pubblici e del privato sociale attraverso lo sviluppo del lavoro di rete, diffusione e consolidamento delle buone pratiche di collaborazione - e si è conseguentemente indirizzata la programmazione delle attività future. 1 Il progetto, della durata di diciotto mesi, si svolge dall’agosto 2008 al febbraio 2010. 2 Cfr. ALLEGATO 2 3 Nel Comune di Bologna è in atto, dal 2008, un processo di riorganizzazione inerente il decentramento amministrativo che modifica l’assetto dei servizi alla persona In particolare ci si è concentrati sulle due direttrici della formazione e e dell'azione di reti sinergiche tra istituzioni pubbliche e organizzazioni territoriali, come tra decisori politici. Altro elemento su cui lavorare, in coerenza con gli obiettivi prefissati è stato la “promozione di una scheda utente condivisa in relazione al maltrattamento” ( che chiamiamo per brevità scheda di rete) per giungere alla “sperimentazione di un osservatorio unico in grado di analizzare l’efficacia e l’efficienza dei servizi pubblici e privati del territorio, di dare maggiori elementi di conoscenza dell’evoluzione qualitativa del fenomeno, di fornire ulteriori elementi per il miglioramento degli interventi anche a fini di salute pubblica e giudiziaria”4 Riguardo alla formazione si è ritenuto realistico l’obiettivo, indicato alla stesura del progetto, dell’organizzazione complessiva di almeno venti seminari, suddivisi in seminari di sistema e seminari formativi. Laddove le risorse locali sono organizzate in reti formali, i seminari formativi si sono concentrati sul rafforzamento delle reti esistenti, sull'approfondimento di tematiche specifiche (es: la nuova normativa sullo stalking), sullo scambio di buone prassi con particolare attenzione agli aspetti innovativi delle politiche di intervento (es: la violenza di genere in ambito migratorio, o l'intervento nei confronti dei maltrattanti), sul perfezionamento delle procedure. Per Bologna dopo la realizzazione di seminari incentrati su esperienze di eccellenza, 5 si è valutato opportuno il coinvolgimento attivo di “Casa delle donne per non subire violenza”, affidandole un ruolo consistente nella formazione con il preciso intento di includere tale realtà, esterna alla partnership, ma imprescindibile, per le competenze e il ruolo svolto, in una ottica di sinergia territoriale. Si è inoltre deciso di allargare lo spettro dei destinatari della formazione alla Polizia Municipale, al personale degli Sportelli Sociali e agli Assistenti Sociali operanti nei quartieri che, in ragione dell'organizzazione cittadina dei servizi 6 , non hanno mai fruito di occasioni formative sul tema, rivolte finora principalmente ai consultori, gestiti dall'AUSL e ai servizi minori. Per il target così individuato si è organizzata una formazione di base volta a fornire conoscenze di ordine generale sul fenomeno e informazioni utili alla gestione dei casi sia in termini di comportamenti da assumere/evitare che in riferimento alle risorse territoriali esistenti. Per quanto attiene alle reti, si è già accennato alla specificità della situazione bolognese, tanto ricca di storia, pensiero, iniziative, luoghi e organizzazioni che trattano il tema della violenza di genere, quanto frammentata e priva, oggi, di una rete strutturata, basata sulla condivisione di culture professionali, filosofie d'intervento, strumenti e modalità operative e in grado di attivare tutti i principali soggetti interessati evitando sovrapposizioni e dispersione di risorse. Tale caratteristica, riscontrabile presso tutti e tre i partner romagnoli (che, come abbiamo detto, si sono dotati di reti formali) si configura come precondizione per la sperimentazione di una scheda di rete. La messa a punto di tale strumento è elemento qualificante per il progetto e utile a porre le basi di un osservatorio sovraprovinciale in grado di monitorare andamento del fenomeno, attività, procedure, e punti di forza o di criticità della rete valutando quindi l'efficacia degli interventi . Per questo ci si è orientati alla realizzazione di una scheda di rete condivisa da sperimentare sulla “Rete Irene” di Forlì. La realtà forlivese si prestava meglio di ogni altra ad una sperimentazione dello strumento 7compatibile con i tempi del progetto per l'implementazione, in questo territorio, di un sistema informativo, in uso ai servizi sociali che, con le necessarie integrazioni, poteva costituire una proposta di raccolta dati per il monitoraggio del fenomeno della violenza di genere. Una terza direttrice di sviluppo si è venuta delineando con sempre maggior chiarezza in relazione 4 5 Cfr . ALLEGATO 1 Cfr. ALLEGATO 2 6 il riferimento è agli A.S. impiegati nei servizi anziani alla cui gestione, fino al recente riassetto citato alla nota (3), erano delegati i Quartieri, afferendo i servizi per adulti e minori al settore competente centrale. 7 L'obiettivo della sperimentazione si rivelerà nei fatti inattuabile e ci si attesterà, come descritto nel contributo del Comune di Forlì, sulla proposta di un modello di raccolta dati (cfr. ALLEGATO 3) e ad un' ipotesi di osservatorio. agli aspetti informativi/comunicativi. La necessità di produrre strumenti informativi per la pubblicizzazione del progetto si è intrecciata con gli stimoli forniti dal laboratorio didattico creato presso il Dipartimento di Comunicazione dell'Università di Bologna. La proposta di logo per la campagna comunicativa progettata e il processo di elaborazione di tale proposta, hanno suscitato particolare interesse tra i partner, tanto che si è stabilito di assumere come logo del progetto una delle due immagini visive presentate dal laboratorio, cogliendo appieno il significato strategico, per la rete, di una immagine identificativa entro la quale possano riconoscersi tutti i partner . Un seminario di approfondimento dei temi legati all’informazione/comunicazione incentrato sulle competenze evidenziate dal partner universitario offriva inoltre il vantaggio della trasversalità di applicazione al di là delle specificità locali. Raccogliendo dunque i suggerimenti e le proposte dei partner, nel rispetto delle linee guida rifacentesi alla filosofia del progetto, si è arrivati a definire l’immagine del logo che ha assumto la forma grafica attuale. Il logo così prodotto è stato apposto alla locandina, strumento informativo pensato sulla base delle indicazioni dei bisogni informativi raccolti attraverso la ricerca e i seminari. La locandina, tradotta in varie lingue, mira a comunicare la presenza di una sensibilità sui temi relativi alla violenza contro le donne alle fruitrici di luoghi di informazione/accoglienza dedicati e non e a segnalare, contestualmente, un' attenzione diffusa intorno al tema. Ideata su specifica sollecitazione dell'Ordine deia Medici e fornita ai corsisti nell'ambito del Corso di formazione rivolto ai medici di famiglia e di guardia medica, la locandina è stata successivamente inviata alle reti Irene, Domino e Dafne e, per quanto concerne Bologna, a tutti quei soggetti individuati come possibili nodi della rete in costruzione: sedi di Quartiere, sportelli informativi dei servizi socio-sanitari e di associazioni, associazioni di donne, sindacato, ambulatori medici, commissariati di polizia . Proprio nella prospettiva di “facilitare”la (ri)costituzione della rete bolognese e dunque con un'attenzione specifica a tale territorio, si è lavorato inoltre alla realizzazione di un un opuscolo informativo che raccoglie un elenco il più completo possibile di risorse, centri, servizi e programmi di aiuto, sviluppati ed implementati da soggetti diversi, operanti da tempo o di recente istituzione in ambito pubblico o privato, destinatari essi stessi dello strumento. La metodologia adottata nello sviluppo del progetto si è basata sul lavoro di gruppo e su esperienze laboratoriali; sulla condivisione democratica e sulla circolarità d'informazione tra i partner; sull' inclusine di quanti più soggetti possibile, anche in funzione integrativa rispetto alle “lacune” evidenziate nella composizione del partenariato bolognese.8 Rinviando alla sintesi esposta nel rapporto conclusivo9 rispetto a quanto prodotto dal progetto in termini di output e risultati, nonché alle considerazioni raccolte nell'introduzione e negli articoli curati dai partner nell'ambito della presente pubblicazione, a conclusione del mio contributo mi limito a considerare come il progetto Insieme, sia stato condotto con impegno e passione, abbia messo in circolo una quantità di energie e abbia indicato chiaramente la direzione da seguire sulla strada del contrasto alla violenza di genere. L'auspicio è che questa ricchezza venga raccolta e potenziata. 8 9 Nelle esperienze formative si sono coinvolti ad esempio, rappresentanri della Polizia di Stato e della Procura della Repubblica. La conferenza finale ha offerto un 'occasione di visibilità a soggetti comparsi ultimamente sulla scena bolognese, o in grado di proporre esperienze e linguaggi innovativi. ALLEGATO 2 La ricerca monitoraggio. Valentina Greco, Angela Salvatore, Paola Zappaterra Senza il femminismo, senza la sua analisi dell'oppressione delle donne, la sua determinazione a porvi fine e senza le pratiche concrete che lo hanno caratterizzato non saremmo qui a ragionare di violenza maschile. Patrizia Romito Parlare di violenza di genere comporta un lavoro complesso, multidisciplinare e multisettoriale che implica uno sforzo di chiarezza concettuale, per battersi contro di essa. Troppo spesso “genere” e “donne”, intese come “genere femminile”, si sovrappongono, creando una confusione di categorie e un occultamento della costruzione sociale del ruolo di genere. Si favorisce in questo modo, inavvertitamente, uno scivolamento verso concezioni a carattere naturalistico, che vedono le donne, o meglio, “la donna”, riportata a un’ identità più o meno immutabile. La violenza di genere può assumere dunque molteplici dimensioni, proprio in conseguenza di un'accezione che rifiuta il determinismo e mette invece l'accento sulla dimensione sociale e storica dei ruoli sessuali e dei rapporti di potere a loro sottesi. Una di queste dimensioni è ancora oggi, in tutto il mondo, assolutamente prevalente, con una connotazione brutalmente e duramente “biologica”. E’ la violenza, appunto, che si configura, sia nel caso della violenza sessuale che in quella cosiddetta “domestica”, come diretta contro il corpo femminile e perpetrata da uomini. Tutte le pubblicazioni e le ricerche in materia che abbiamo potuto consultare, oltre a fortificarci per il crescente aumento di interesse rispetto al problema (dato registrato e raccolto nella ricerca da noi compiuta), si sono rivelate concordi: esiste una tipologia di violenza specifica, che viene agita pressoché esclusivamente dagli uomini contro le donne, e che si consuma all'interno delle relazioni di intimità. Anche parlando della violenza sessuale, che più facilmente arriva ai mezzi di comunicazione di massa, il dato è confermato: gli autori sono quasi sempre mariti, compagni, amici, conoscenti, e solo in casi estremamente rari perfetti sconosciuti. Si ribalta così, di fatto, lo stereotipo del bruto che assale a caso e con furia cieca e improvvisa le sue vittime nella strada buia. Molto importante ci sembra ribadire una volta di più che si tratta di un fenomeno sociale, che riporta a una struttura consolidata di rapporti di potere e di forza attorno cui le società, più o meno avanzate che siano, e a ogni angolo del pianeta, sono ancora organizzate. Così si legge nell'introduzione dell' Handbook for legislation on violence against women licenziato dal Dipartimento Affari Sociali delle Nazioni Unite nel 2009: “Across the world - in rich and poor countries alike - women are being beaten, trafficked, raped and killed. These human right abuses non only great harm and suffering on individuals - they tear at the fabric of entire societies”. Una dimensione sociale, questa, resa evidente e concretamente palpabile dalle cifre. La drammatica estensione del fenomeno e il gran numero di vittime, non permette di ritenerlo un fatto episodico: se ciascuna storia è unica e irripetibile, così come ciascuna donna, non v'è dubbio, d’altra parte, che l'esperienza della violenza ci riguardi tutte, qualunque siano le nostre scelte sessuali, di vita e di collocazione rispetto all'identità di genere. Così come riguarda tutti gli uomini, qualunque siano, ancora una volta, le loro scelte sessuali, di vita e di collocazione rispetto all'identità di genere. Ci sembra quindi doppiamente necessario utilizzare il massimo della chiarezza terminologica, premettendo che, nel lavoro di mappatura svolto per il progetto, ci siamo occupate di violenza contro le donne, nelle accezioni della violenza sessuale e del maltrattamento; l'indagine non ha riguardato il fenomeno in sé, ma piuttosto le caratteristiche e l'articolazione delle pratiche e delle azioni di contrasto. Esse chiamano in causa tutti gli enti, pubblici o privati, le associazioni, i servizi socio-sanitari dedicati, così come le strutture che, nel corso della loro attività prevalente, incrociano la violenza contro le donne e le problematiche a essa legate. L’area considerata in modo significativo riguarda le città e le province di Bologna, Forlì-Cesena e Rimini, ovvero le aree coinvolte nel progetto “Insieme contro la violenza di genere”. Le pagine che seguono rappresentano una sintesi dei nodi problematici emersi durante la ricerca/mappatura. Per avere un'idea compiuta del lavoro svolto attraverso i questionari e le testimonianze raccolte, rimandiamo al report narrativo da noi prodotto a conclusione dell'indagine. Per realizzare il nostro lavoro abbiamo messo a punto una metodologia in due fasi. In un primo tempo abbiamo realizzato un questionario conoscitivo, il cui testo troverete in appendice, che abbiamo somministrato a tutti i soggetti che intendevamo coinvolgere. Grazie all'analisi del questionario abbiamo potuto fare una scrematura, selezionando i soggetti che ritenevamo necessario contattare per una più approfondita intervista diretta. Tutte le interviste sono state registrate in formato mp3 e, insieme ai questionari, entreranno a far parte dell'archivio del progetto “Insieme contro la violenza di genere”. Accanto ai nostri materiali di lavoro, così organizzati, sono stati raccolti e conservati anche tutti i materiali espressamente richiesti in occasione delle interviste, che riguardano l'attività svolta dagli enti e dalle associazioni contattate. La principale finalità del nostro lavoro era restituire una mappatura di tutto ciò che si muove sui territori presi in esame nel lavoro di contrasto alla violenza. Un primo capitolo, in parte propedeutico e introduttivo ai successivi, restituisce una fotografia dell'esistente, in una sorta di schedatura costruita attraverso le parole dei protagonisti. Ci sembrava importante condividere questa prima mappatura, per contribuire alla conoscenza di ciò che esiste: conoscere implica anche il riconoscere quanto è stato fatto, riscoprire saperi ed esperienze accumulati, e impegnarsi in quella valorizzazione dei patrimoni sedimentati che da più parti è stata indicata come passaggio ineludibile di buone politiche pubbliche. Una fotografia, questa, che abbiamo pensato in tre dimensioni, e che riguardasse anche la storia dei servizi e delle persone che spesso ad essi hanno dedicato una parte importante della propria biografia professionale e non solo. I temi forti emersi dai colloqui che abbiamo sostenuto sono il funzionamento delle reti, la formazione, le attività di prevenzione. Uno dei punti focali della nostra ricerca riguardava il funzionamento delle reti cittadine dei soggetti coinvolti. “Cosa fa di una rete una buona rete?”; “Come funziona la sua rete di riferimento?”; “Quali sono i nodi critici e le esperienze positive?”; queste le domande che abbiamo rivolto ai nostri intervistati, senza orientare i giudizi, ma cercando di scavare a fondo non solo sulla realtà della situazione, ma anche sulle percezioni e le proiezioni. Come in tutta la ricerca, quello che ci ha guidato è stato non solo il bisogno di avere un quadro il più possibile corrispondente alla realtà, ma anche la necessità di sollecitare proposte concrete di cambiamento. Gli attori che abbiamo intervistato tendono a inserire nella propria progettualità la relazione con gli altri soggetti. Questa, lo ribadiamo, è insieme un'esigenza programmatica e un'istanza politica. Si afferma la necessità di relazioni di lunga durata, che scoraggino la dispersione delle destinatarie dei singoli servizi entro le maglie della rete. E che contemporaneamente sollecitino il riconoscimento dei risultati pratici e culturali ottenuti negli anni con i progetti, le campagne, il lavoro pratico e quello teorico. La maggior parte degli intervistati ha sottolineato che il lavoro di rete a Bologna si è degradato nel corso degli anni, denunciando un’attuale difficoltà che non può più essere ignorata. Vengono lucidamente espresse le cause che hanno portato alla situazione odierna, a volte con scoramento, altre volte con la speranza che le cose possano migliorare. Di certo, la frammentazione e la difficoltà di comunicazione, non solo per le difficoltà pratiche legate all'onerosità del lavoro quotidiano, ma anche a causa di alcune scelte politiche che hanno complicato enormemente la burocrazia, vengono denunciate come uno dei nodi critici nella difficoltà di fare rete. La molecolarizzazione porta alla dispersione delle potenzialità . Tra le cause originarie dell'attuale indebolimento delle maglie della rete è stato individuato anche il mancato riconoscimento dell'esistenza di una storia, che ha portato a sua volta al mancato riconoscimento dei singoli soggetti che questa storia l'hanno fatta. Ciò ha fatto sì che una città come Bologna perdesse in qualche modo il patrimonio di solidarietà e di capacità di tessere relazioni, tratto distintivo dell’attività degli anni passati. pitoabbiamo tenuto separate la realtà bolognese da La formazione degli operatori è quindi un momento chiave non solo del loro percorso professionale, ma anche della costruzione, del consolidamento e del funzionamento di una buona rete. Essa è essenziale al sostegno di un buon lavoro sociale di prevenzione. Questo risulta tanto più vero nel campo delle politiche di contrasto alla violenza contro le donne, proprio perché un approfondimento della tematica è ancora inusuale, quando non del tutto assente, all’interno dei percorsi curriculari “istituzionali”che gli operatori e i professionisti dei vari servizi hanno generalmente alle spalle. Questo elemento, per certi versi abbastanza intuitivo, è confermato dai dati raccolti durante la mappatura, da cui emerge che, all'ingresso, il personale non dispone pressoché mai di una formazione specifica, nonostante le competenze curriculari siano in media molto elevate. E' ancora abbastanza raro, inoltre, che i servizi pubblici provvedano a una formazione specifica sulla violenza al momento dell'inserimento in servizio del personale, anche nei servizi dedicati. Alcune eccezioni significative mostrano invece le ricadute positive di questo tipo di approccio sul lavoro di rete: sul territorio di Rimini, per esempio, dove da alcuni anni si è lavorato nell'ambito di un progetto Daphne, è ormai prassi una formazione preliminare all'ingresso del personale per sensibilizzarlo al fenomeno. La tipologia di formazione in itinere ancora più diffusa è il corso di aggiornamento, a cui spesso si partecipa su base volontaria. In questi anni, tuttavia, come emerge esplicitamente dai questionari e dalle interviste raccolte, le esperienze formative svolte all'interno dei servizi pubblici, nonché il lavoro di approfondimento e sistematizzazione delle competenze e dei training svolto ad esempio dai Centri antiviolenza, è stato notevole. Anche in questo caso ci muoviamo dunque su un terreno ricco di competenze ed esperienze, dove il problema più serio non riguarda tanto la mancanza tout court di saperi e pratiche sperimentate atte a trasmetterli, quanto la debolezza delle forme di coordinamento e di messa a sistema, la mancanza di risorse e di volontà politicoorganizzative che ne consentano la sedimentazione e la diffusione a livelli più ampi. Considerazioni analoghe possono riguardare anche le attività di prevenzione, a conferma del fatto che gli ambiti sono strettamente legati fra loro. Anche se, per ragioni di chiarezza e comprensibilità, li trattiamo in capitoli separati, è per noi sempre utile ribadire che una strategia efficace di contrasto alla violenza si può esplicare solo a partire da un’ efficace prevenzione e pensando politiche con approcci il più possibile olistici e integrati. E' inoltre prassi comune nella maggioranza dei servizi prevedere un lavoro di supervisione di staff, che contiene al suo interno elementi significativi di formazione. Tali elementi potrebbero essere arricchiti, ampliati o diversificati per venire incontro alle esigenze emerse. Le indicazioni generali che emergono dal lavoro di mappatura e di rilevazione insistono quindi sulla necessità di muoversi anche nell'ambito della formazione tenendo insieme piani diversi. Anche in questo caso è solo la loro sinergia a poter garantire una reale efficacia degli interventi messi in campo. Lavorare per un reale cambiamento culturale, di consapevolezza e di attitudini anche tra gli addetti ai lavori, è un fattore di sostegno fondamentale per una prevenzione efficace e capillare. C'è ormai una consapevolezza diffusa dell'importanza essenziale del lavoro di prevenzione, come unica strada possibile per affrontare alla radice il fenomeno, nonostante le complessità e le difficoltà che esso comporta. La formazione, quindi, deve includere sempre più dimensioni: in primo luogo quella delle tematiche tecniche, e in particolare il sostegno agli operatori che fronteggiano l'emergenza ed effettuano la presa in carico. Essi hanno bisogno di accedere a competenze specifiche, di poter attingere a professionalità multidisciplinari, di essere a loro volta sostenuti nell'affrontare i fenomeni di burn out e di traumatizzazione secondaria. Una buona formazione deve quindi coinvolgere una pluralità di soggetti che operano nel sociale, le forze dell'ordine, i medici di base e i pediatri, gli operatori degli sportelli sociali, gli insegnanti, che devono potersi confrontare periodicamente e con regolarità tra loro e con gli operatori dei servizi dedicati. Questi soggetti, infatti, sono “nodi” ineludibili della rete sociale di contrasto alla violenza, ma non ricevono altrimenti una formazione dedicata. Una buona rete di contrasto alla violenza potrebbe autorevolmente agire pressioni “politiche” perché nei rispettivi ambiti professionali e lavorativi siano resi obbligatori per questi soggetti momenti di sensibilizzazione alla tematica e di approfondimento dei suoi aspetti. Dovrebbe essere superata l'episodicità della partecipazione ai momenti formativi, che, lasciata alla buona volontà dei singoli, rischia di produrre una singolare disparità nella capacità di risposta al fenomeno stesso. Chi si rivolge a questi servizi può infatti trovarsi di fronte ad atteggiamenti e reazioni molto diversi fra loro. Emerge la necessità di una formazione a tappeto, che contemporaneamente stimoli il più possibile la conoscenza reciproca e l'instaurarsi di relazioni personali e di fiducia. In esse riconosciamo non solo uno strumento efficace e utile, ma soprattutto una delle condizioni fondamentali di corretto funzionamento delle reti fra servizi. La formazione dovrebbe essere anche uno degli strumenti con cui una buona rete sostiene la trasferibilità e la continuità del lavoro di prevenzione svolto da molte associazioni; in questo senso esse rappresentano anche un patrimonio di pratiche e conoscenze da cui attingere nel momento in cui si pensano appuntamenti ed eventi formativi. Una formazione efficace, inoltre, dovrebbe essere il più possibile continuativa e regolare. Dalle interviste emerge infatti una difficoltà di fondo a dare ai diversi interventi già predisposti una veste regolare, che dovrebbe anche contemplare momenti laboratoriali, in cui si possano sperimentare strumenti pratici per l'accoglienza, la presa in carico, la gestione dei traumi. Occorre incoraggiare e rendere usuale lo scambio di pratiche, esperienze e saperi fra soggetti diversi, altrimenti impossibilitati a dialogare fra loro; occorre inoltre mettere in discussione, se necessario, abiti mentali e “rendite di posizione professionali”, per affrontare in modo più efficace il fenomeno. Spesso infatti le resistenze riscontrate fra gli operatori dei servizi, non sono solo quelle di ordine più generalmente culturale, ma scontano anche un desiderio, forse comprensibile ma che può avere aspetti deleteri, di salvaguardare il proprio specifico ambito professionale. In questi casi l’apertura ad una formazione diversa da quella tradizionale, può essere vista come un'intrusione, anziché una risorsa. E' quindi necessario favorire il lavoro di équipes con competenze multidisciplinari, sia all'interno di singoli servizi sia tra servizi diversi. Una buona formazione, infine, deve prevedere sempre la produzione di materiali che possano essere diffusi e distribuiti anche a chi non ha potuto essere presente, e che rimangano come strumento utile e traccia sedimentata delle esperienze formative e degli approfondimenti che si compiono. Questo permette la conservazione delle esperienze compiute nel passato, della storia dei servizi e delle associazioni, nonché della loro “vocazione” e collocazione all'interno della rete. La prevenzione è l'aspetto fondamentale, centrale di tutte le attività tese a combattere il fenomeno della violenza contro le donne. Non solo per una generica tensione a prevenire un male, laddove possibile, piuttosto che a curarlo, effettuando laddove necessario interventi riparativi; ma anche per la dimensione culturale, simbolica e sociale che rappresenta il terreno di coltura della violenza maschile contro le donne, e che la rende possibile e praticabile. La violenza contro le donne, non ci stanchiamo di ripeterlo, non è fortuita, gratuita e casuale. Essa nasce da rapporti di potere fortemente squilibrati fra i generi, storicamente determinati, e socialmente sanciti, ed è un fenomeno che non può essere sradicato se non intervenendo anche sulla strutturazione di tali rapporti. Sul tema delle attività di prevenzione e di sensibilizzazione ci è sembrato utile approfondire la situazione della città di Bologna, dove, a partire dalla seconda metà degli anni '90, e in seguito a una serie di episodi di violenza sessuale di particolare impatto sociale, sono nate alcune esperienze vive ancora oggi, che si propongono di lavorare sul territorio riflettendo sui temi della violenza di genere e della cosiddetta “sicurezza”. Note dal Comitato di Pilotaggio di Maria Teresa Semeraro, Comitato di Pilotaggio del Progetto Il Comitato di Pilotaggio intende rimarcare come la peculiarità intrinseca del progetto INSIEME CONTRO la VIOLENZA di GENERE sia stata proprio quella di un’operazione diretta a mettere in rete le esperienze degli attori pubblici e privati che intervengono, o sono chiamati ad intervenire, sul territorio per prevenire la violenza di genere e per tutelare, assistere, difendere le donne vittime di tale violenza. A conclusione del lavoro vale ancora la considerazione, fatta propria dal Comitato di Pilotaggio, di quanto sia utile, anzi necessario, che le Istituzioni Pubbliche e le Associazioni private siano in grado di fare rete. Tra le immagini a cui rimanda il sostantivo “rete” c’è anche quella che gli anelli per farsi rete devono prima aprirsi e poi richiudersi e che nell’operazione di costruzione della rete ogni anello si trasforma da entità circolare chiusa in un'entità altra comunicante, anzi saldamente comunicante. Per “stare e fare insieme” contro la violenza di genere, i soggetti pubblici e privati devono apprendere la tecnica dell’aprirsi l’uno all’altro per poi congiuntamente predisporsi alla collaborazione. Una tale operazione può essere e risulta più facile dove a fare rete siano le diverse istituzioni che si occupano di violenza di genere. Pare, invece, che mettersi in rete tra istituzioni pubbliche e associazioni private dia adito a maggiori fatiche, perché differenti possono risultare le priorità nell’affrontare e nell’agire contro la violenza. L’impasse non è da sottovalutare né da una parte, né tantomeno dall’altra. Per fare dei passi in avanti su questa strada può proprio essere utile che le donne e gli uomini che operano in tale ambito dentro le istituzioni pubbliche e le associazioni private credano veramente all’importanza di affrontare insieme il gravissimo fenomeno della violenza di genere e mettano in circolo, non solo le proprie competenze istituzionali e professionali, ma la capacità di ascoltarsi. Come donna so che vi è una sapienza femminile nel tenere le fila, nella vita di tutti i giorni, del rapporto tra i sessi e le generazioni. Questa sapienza deve potersi fare sapere nelle relazioni politiche. Dobbiamo essere su questo esigenti verso noi stesse e verso gli altri. Il fenomeno della violenza di genere non può essere affrontato se non partendo e valorizzando quello che le donne dicono e pensano sul loro vissuto di donne vittime di violenza. Questo obiettivo si può dire all’oggi raggiunto. Una tale attenzione non deve, però, mai essere e sottovalutata né nelle istituzioni, né nelle associazioni e deve coniugarsi, inevitabilmente, col riuscire a fare rete depotenziando lo schema patriarcale del divide et impera per potenziare una politica delle relazioni che sta dentro l'ordine della madre. La rivendicazione della primogenitura è un valore maschile, che serviva nel passato a tramandare il patrimonio familiare. La primogenitura non è un valore della madre, che ci ha invece consegnato il patrimonio della capacità di costruire/ tessere reti. Il contributo dei territori partner Le azioni sul territorio forlivese: il contributo al progetto. Claudia Castellucci, Comune di Forlì Abbiamo scelto di partecipare al progetto “Insieme” perché riteniamo che il contrasto alla violenza di genere si debba misurare col tema della governance territoriale degli attori che in quel territorio lavorano, con interventi concreti (inter)agenti a livello locale. Dopo aver messo a punto metodologie di intervento, principi per la presa in carico e l'aiuto, dopo avere lavorato sulla formazione delle operatrici dei centri, pur mantenendo la consapevolezza che le pratiche collaudate e funzionanti rappresentano un importante patrimonio dell'esperienza femminile (anche se nulla può dirsi definito una volta per tutte), crediamo sia giunto il momento di porsi anche nuovi obiettivi. Tra di essi, a mio avviso, considero utile l'approccio che ho definito, appunto, della governace. E' evidente, del resto, che agire il contrasto della violenza partendo dal punto di vista di un Comune rende particolarmente pressante questo bisogno. D'altro canto occorre riconoscere che un Comune è oggettivamente in una condizione facilitata per svolgere la funzione di coordinamento di tutti gli altri attori che svolgono funzioni ed erogano servizi sul territorio. Questo ragionamento apparirà più chiaro se calato all'interno della esperienza del Centro Antiviolenza di Forlì, illustrando dove e come si colloca, qual è il suo percorso. A Forlì il centro antiviolenza è inserito all'interno del Centro Donna, un luogo di promozione ed elaborazione delle politiche di genere, uno spazio pubblico di incontro tra l'Amministrazione e le associazioni delle donne. Collocato in questo contesto, il centro antiviolenza non etichetta la donna che vi si rivolge, perché il contenitore Centro Donna è un posto della “normalità”, dove ogni donna viene a cercare quello che le serve. Ritengo che la collocazione del Centro antiviolenza in uno spazio neutro rispetto al tema violenza, ma non neutro rispetto al genere, rappresenti una facilitazione di accesso e un valore aggiunto in sé. E considero anche un ulteriore valore aggiunto che il connotato di genere del luogo (chiaramente visibile nei poster, nella biblioteca, negli spazi per l'aggregazione), unito alle attività che vi si organizzano finalizzate all’empowement femminile (seminari, conferenze, eventi...), si caratterizzi come un servizio pubblico gestito direttamente dal Comune. In questo modo, infatti, il connotato di genere entra immediatamente all'interno dell'istituzione, perché emerge esplicita la volontà delle donne delle istituzioni di lavorare per l’empowerment delle donne all'interno del governo locale e contemporaneamente quella di portare l’approccio di genere all'interno del Comune. La rete territoriale di contrasto della violenza La Rete territoriale antiviolenza “Irene” è stata costituita a Forlì nel 2001 e ha coinvolto numerosi servizi e operatori territoriali. Il vantaggio e l'efficacia della messa in rete di diversi servizi è intrinseca alla leggibilità del fenomeno stesso della violenza sulle donne: la violenza, infatti, si vede solo indossando occhiali adatti. E i nostri occhiali sono stati la formazione e il coinvolgimento degli operatori, che ha consentito loro di leggere i segni della violenza, superando mimetismi e miopie proprie dei servizi che la mancanza di approcci progettuali e organizzativi agevola. La conferma dell'efficacia del lavoro di rete è testimoniata dall’incremento dell’utenza che si rivolge al Centro antiviolenza, frutto principalmente dell'aumento dell'invio al centro da parte dei servizi in rete. Le utenti del Centro Antiviolenza sono costantemente cresciute nel corso degli anni, sia per numero che per complessità delle richieste e degli interventi effettuati. Oggi l'aumento è di circa 100 nuovi utenti ogni anno. Attualmente partecipano alla Rete, oltre al Comune di Forlì nelle sue varie articolazioni (dal Centro Donna, al Centro Famiglie, dai Servizi Sociali per Adulti e per Minori, al Servizio Anziani, al Centro per Cittadini Stranieri, compresi le Assistenti Sociali e la Polizia Municipale), le Forze dell’ordine (Questura e Carabinieri), l'Azienda USL con il Consultorio Familiare e il Consultorio Giovani, il Pronto Soccorso, i reparti di Ginecologia e Ostetricia, il SERT, il Servizio Psichiatrico. Accanto ai presidi istituzionali partecipano alle attività di rete anche associazioni, quale Sesamo, una Cooperativa Sociale di mediazione interculturale, il tavolo delle associazioni contro la violenza, Techné, ente di formazione professionale del territorio. Come nasce una rete La prima fase per la costituzione della rete “Irene”, nell'arco del 2002, è stata la formazione di tipo generale, per acquisire un linguaggio comune e condividere alcuni strumenti su identità, genere, violenza; la sofferenza e l’ascolto; la legge e il ruolo degli operatori. Successivamente, fra il 2002 ed il 2003, l'attività formativa ha raffinato l'approccio, finalizzando le attività formative alla costruzione della rete, condividendo linguaggio, pratiche, modalità di intervento. Questa fase si conclude con la nascita della rete, con l’individuazione del soggetto coordinatore della Rete stessa e con la comunicazione esterna. Il percorso successivo (2003-2007) vede la rete formata, che comincia a funzionare come soggetto autonomo e non come sommatoria di singoli servizi. La manutenzione del lavoro di rete è affidata ad una supervisione esterna che osserva le dinamiche e ne orienta la collaborazione. Comincia concretamente a questo punto la collaborazione stretta fra servizi e la Rete si dota di un luogo di incontro periodico e fisso. Dopo una discussione sulla necessità/opportunità di protocolli di intervento, nel 2008 è stato siglato il “Protocollo d’intesa per il contrasto della violenza e del maltrattamento nei confronti delle donne” e il “Protocollo d’intesa tra le associazioni”. Le attività svolte direttamente da Forlì nel progetto “Insieme” Le attività svolte da Comune di Forlì all'interno del progetto INSIEME sono state principalmente tre: la realizzazione di un seminario transnazionale su un tema nuovo quale “violenza e migrazione”; la messa a punto condivisa con i partner di INSIEME di una scheda unica di rilevazione, diversa dalla scheda utente perchè finalizzata a monitorare il funzionamento della rete territoriale e della governance; l'individuazione di una metodologia di raccolta dati fra servizi territoriali in rete finalizzata ad aggiornare il più celermente possibile la scheda di rilevazione e quindi rendere puntuale e verificabile in tempo reale il funzionamento della rete stessa. La formazione Il momento più significativo nell’ambito dell'attività di formazione è stato il seminario “Violenza di genere e donne immigrate: buone prassi di contrasto al fenomeno”. Il confronto locale e transnazionale avvenuto nel corso dei lavori ha prodotto un’auto-riflessione tra le mediatrici e la realizzazione conseguente di un apposito corso di formazione rivolto alle mediatrici interculturali e alle operatrici/ori che nell’erogazione di prestazioni sociali possono trovarsi a contatto con la violenza. Il tema, molto complesso e approfondito, è stato la violenza sulle donne letta all'interno di culture diverse. Anche in questo caso si è riaffermato il principio della prevalenza di un linguaggio comune per descrivere ed individuare la violenza, privilegiando l’ottica di genere rispetto agli specifici culturali. In sostanza si è operata una scelta che, rifiutando il relativismo culturale, ha ribadito il trincio che la violenza è un reato contro la persona. La scheda di rilevazione del funzionamento della rete Abbiamo condiviso con i partner di progetto che, individuare uno strumento agile di rilevazione comune ai diversi nodi della rete, consente di avere uno strumento utile nell'immediato per mirare meglio gli interventi, ma indispensabile anche nella prospettiva del monitoraggio. La scheda unica di rilevazione ipotizzata dal progetto non sostituisce la scheda tecnica dei servizi anti-violenza, ma rappresenta il tentativo di uniformare e facilitare i criteri di raccolta dati tra i diversi servizi e territori. Nel corso del tempo, infatti, la scheda permette di misurare i risultati e l'efficacia del lavoro svolto dagli attori in rete, individuando eventuali strozzature o inefficacia dell'intervento e/o nella presa in carico. E' possibile infatti rilevare i servizi maggiormente coinvolti nel primo accesso, i servizi dove l'utenza “si perde”, quelli che non rilevano l'utenza, i tempi di attivazione/di permanenza degli interventi. Un continuo monitoraggio attraverso la scheda di rilevazione individuata può quindi fornire informazioni importanti e utili per impostare politiche capaci di superare settorialità, potenziando il più possibile la trasversalità del lavoro. Definizione di un modello di raccolta dati e confronto per un'ipotesi di osservatorio La proposta di un modello di raccolta dati informatico emerge dall’esperienza maturata all’interno dei servizi sociali e sanitari di Forlì, dove si utilizza un software (“Icaro”) che consente l’implementazione in via informatica dei dati. Si tratta di un modello semplice, che sfrutta i vantaggi del web e, assicurando la riservatezza dei dati, permette la lettura degli items. Il vantaggio dell’uso di questa o di analoga strumentazione informatica è quello di poter accedere e compilare la scheda di rilevazione da parte di tutti i servizi in rete in tempo reale, consentendo in questo modo sia l’implementazione che la lettura immediata dei dati inseriti. Analogamente la scheda di rilevazione risulta di facile e veloce compilazione da parte di tutti i servizi che avendo, ovviamente, mission completamente diverse tra loro, consente loro di enucleare facilmente il tema “violenza”. Per predisporre una scheda di rilevazione siamo partiti dal confronto delle schede di rilevazione utilizzate nei diversi territori. L’utilizzo della strumentazione informatica via web ha anche il vantaggio di poter creare un'unica scheda, accessibile anche fra realtà territoriali diverse. Si potrebbe porre in questo modo la base per un osservatorio di valenza più ampia sul fenomeno e la trattazione della violenza da parte dei diversi territori. La rete Do.mino di Cesena Maria Carolina Porcellini. Il Centro Donna del Comune di Cesena accoglie, ascolta e fornisce consulenza legale a utenti che esprimono disagio personale e sociale e chiedono aiuto. E’ proprio attraverso questo contatto che il Centro Donna ha toccato con mano una realtà sommersa di relazioni coniugali e familiari fortemente conflittuali, situazioni di maltrattamento fisico, psicologico, economico e sessuale. Nel 2006 su 220 casi di richiesta di consulenza giuridica, 180 utenti hanno richiesto delucidazioni relative al tema della separazione e ben 140 casi su 180 manifestavano segni di disagio determinati da gravi conflittualità relazionali; inoltre, tra questi 140 casi, 6 casi riguardavano il fenomeno dello stalking (il termine fa riferimento all’insieme dei comportamenti persecutori messi in atto da partner che ostacolano l’equilibrio del processo di separazione ). I dati specifici raccolti nel 2006, e così quelli degli anni successivi, hanno confermato la trasversalità del maltrattamento e della violenza rispetto al ceto sociale, al titolo di studio, alla condizione occupazionale e alla più generale condizione socio culturale, sia degli autori che delle vittime, e riflettono le caratteristiche del fenomeno a livello nazionale così come è emerso dall’ultima indagine ISTAT sulla violenza e i maltrattamenti contro le donne. Di fronte a questa esperienza sempre più urgente il Centro Donna ha sentito la necessità di promuovere un percorso di costruzione di una rete antiviolenza nel territorio di Cesena che coinvolgesse sia servizi del pubblico e privato sociale impegnati direttamente sul maltrattamento e la violenza nei confronti di donne e minori, sia servizi che, pur deputati ad altro, entrino in contatto con questa problematica. Questo al fine non solo di potenziare la funzione di orientamento mirato ed esaustivo dell’utenza del Centro Donna ai servizi del territorio adeguati a rispondere ai bisogni, ma anche di ricreare un humus di comprensione e condivisione sul tema specifico dell’ antiviolenza. Un “terreno fertile” che sostenga e espliciti una cultura di concetti, valori, linguaggi, relazioni e prassi comuni a tutti gli operatori coinvolti nella rete. Una cultura che si traduca in strumento di osservazione congiunta del fenomeno e di riflessione sulle priorità sociali e culturali del nostro specifico territorio da condividere e restituire alle istituzioni competenti e responsabili di interventi mirati. Seppure consapevoli della complessità del percorso di creazione della rete e della necessità di forti energie per realizzarli, ci ha sostenuto il desiderio e la voglia di impegnarci per vedere realizzati interventi utili sia ad arginare il problema nel territorio, sia a prevenire la sua insorgenza. Ci ha confortato anche la consapevolezza dell’esistenza nel nostro territorio di tante esperienze e sensibilità, di tante risorse fatte di servizi, strumenti, studi e tradizioni di rete che sono da lungo tempo dediti al sostegno sociale e attenti alla prevenzione e al contrasto dell’abuso, dello sfruttamento, della violenza. Il cammino della rete antiviolenza, promosso e coordinato dall’Assessorato Pari Opportunità del Comune di Cesena e dal Centro Donna del Comune di Cesena, servizio di primo ascolto, informazione e consulenza giuridica gestito dalla Coop. Libra, è cominciato quindi con un percorso formativo teorico-pratico all’interno del progetto DOMINO di TECHNE (fondi della Provincia di Forlì – Cesena e FSE). Il percorso è stato realizzato con la conduzione e la supervisione della dr.ssa Nadia Pavanello, consulente esperta di implementazione di reti operative con ottica sistemica, e la partecipazione, nell’arco di due anni, di 24 servizi e 42 operatori/trici,appartenenti sia al pubblico e privato sociale che alla sfera sanitaria e alle forze dell’ordine. La rete Domino dei servizi antiviolenza della città di Cesena vuole essere oggi uno strumento di intervento e un luogo di confronto aperto a tutti i servizi, enti, ed associazioni, pubblici e privati, già attivi nel territorio cesenate e che, a vario titolo, si occupano di violenza e maltrattamento su donne e minori. Le finalità primarie della rete spaziano dal piano della prevenzione al contrasto alla violenza sulle donne, in un’ottica di genere, e si incentrano sul favorire e incrementare la trasferibilità di buone prassi, la collaborazione tra servizi, il collegamento tra le risorse del territorio, per realizzare interventi complementari, organizzati e condivisi contro il fenomeno della violenza e del maltrattamento sulle donne, soprattutto in ambito domestico, problema complesso e in parte ancora sommerso ma esistente anche nel nostro territorio. Nell’ambito dei lavori la rete ha messo in atto una fase di autoformazione tra i partecipanti. Nella prima fase, anno 2006, il confronto, suddiviso in 11 incontri, si è incentrato soprattutto sull’approfondimento di alcuni concetti chiave: persona, violenza, violenza di genere, rete di prevenzione e contrasto, possibilità e prassi di intervento dei servizi…. allo scopo di conoscere e condividere culture, linguaggi e pratiche. Nella seconda fase, anno 2007, tra il primo incontro in plenaria di riapertura dei lavori e l’incontro conclusivo di dicembre, sono stati realizzati 18 incontri, e i partecipanti, sulla base del loro specifici ambiti di interesse e di intervento, si sono suddivisi in 4 sottogruppi operativi, approfondendo sul piano teorico e clinico i seguenti temi: - la violenza assistita da bambini/e; - la violenza sulle donne di culture altre - la violenza sulle donne subita dai figli - gli autori di violenza L’ottica di fondo è stata quella di far emergere, attraverso stimoli teorici e momenti di discussione e confronto su casi significativi emersi nei servizi, i nodi critici, le esigenze, le priorità di intervento e le possibilità di azioni integrate. Durante il percorso sono state realizzate anche le seguenti azioni: - opuscolo divulgativo, in cui sono riportate griglie di presentazione dei vari servizi, per facilitare l’accesso ai servizi in caso di problematiche di violenza e maltrattamento e che, a breve, verrà distribuito, in versione definitiva, ad operatori socio sanitari - allestimento, a cura dell’Ufficio U.R.P. del Comune di Cesena, di un sito internet, che verrà inserito all’interno del sito del Comune di Cesena, con sezioni aperte al pubblico (news, elenco servizi, normativa, glossario…) e spazi di confronto tra operatori con accesso riservato - attività di coordinamento del Centro Donna, con stesura dei verbali di ciascun incontro - incontri di supervisione tra le operatrici del Centro Donna e la consulente di rete Nel 2007 sono stati realizzati anche tre incontri seminariali: - 27 Settembre 2007: presentazione di rete DO.MINO – RETE Antiviolenza /Antiabuso della città di Cesena all’interno delle manifestazione di Cesena, città che cammina, con interventi di Nadia Pavanello, Perché una rete antiviolenza per la città; Lea Melandri, Il legame insospettabile tra amore e violenza; Stefano Ciccone (associazione “Maschile Plurale” di Roma) La violenza contro le donne ci riguarda: prendiamo la parola come uomini. - 29 Novembre e 6 Dicembre 2007: Il legame della violenza. Le basi psicologiche del comportamento violento nelle relazioni interpersonali, con introduzione e conduzione della dr.ssa Nadia Pavanello e con l’intervento del relatore Dr. Michele Sanza – Direttore U.O. SER.T. – AUSL di Cesena, con la partecipazione in plenaria di tutti gli operatori/trici del percorso. Nel 2008 il Centro Donna , in collaborazioni con l’Associazione femminile “Per le donne” e con il sostegno della rete antiviolenza Domino ha realizzato diversi incontri nelle scuole superiori di Cesena, coinvolgendo gli studenti in momenti informativi sugli aspetti sociali, psicologici e giuridici del fenomeno e in momenti laboratoriali di lavoro sui concetti di relazione, affettività/aggressività, stereotipi di genere, rapporti tra i due generi.Si sta progettando anche una serie di interventi sul tema nelle scuole elementari. Da fine 2008 il Comune di Cesena e la rete DO.MINO sono diventati partner del Progetto INSIEME contro la violenza di genere, presentato dal Comune di Bologna, capofila, e approvato dal Dipartimento per le Pari Opportunità, finalizzato a attivare azioni interprovinciali coordinate di formazione/sensibilizzazione e contrasto alla violenza di genere. Il Progetto Insieme ha posto l’accento su tre obiettivi che la Rete DO.MINO di Cesena ha sentito prioritari: rafforzare la “governance” delle azioni di prevenzione e contrasto della violenza, potenziare il processo di organizzazione tra soggetti istituzionali e privato sociale, migliorare la capacità di intervento attraverso: la formazione, la costruzione di strumenti di rete condivisi, il porre le basi di un osservatorio. I seminari formativi organizzati nei quattro territori sono stati sicuramente un veicolo importantissimo per favorire l’aggiornamento professionale degli operatori, il confronto tra strumenti, modalità , prassi, servizi, esperienze di intervento e prevenzione sul tema violenza di genere. Nel territorio di Cesena sono stati realizzati quattro seminari: Urgenza ed Emergenza: percorsi di ascolto,accoglienza e valutazione del danno (16 giugno 2009). Il supporto legale e sanitario: le misure giuridico–processuali , cliniche e medico-legali di contrasto alla violenza intrafamiliare (20 Ottobre 2009). Gli strumenti dell’osservatorio sulla violenza: dal modello di lavoro sistemico- pluralista con le vittime della tratta alle implicazioni pratiche nell’ecologia della violenza (25 Novembre 2009). Una nuova sfida negli interventi sulla violenza domestica: valutazione, percorsi di cambiamento rivolti agli uomini maltrattanti, aspetti clinici e motivazionali della presa in carico degli autori d violenza (15 Dicembre 2009). La realizzazione dei quattro seminari previsti nel Progetto Insieme ha consentito di spaziare dal tema della presa in carico dei casi in situazioni di emergenza e urgenza, agli strumenti giuridici e medico–legali, ai vincoli /risorse deontologiche con cui contrastare la violenza stessa alla luce delle nuove disposizioni di legge, fino agli strumenti di elaborazione del problema della violenza da parte dei vari soggetti del contesto violento (vittime dirette, indirette, autori di violenza). Il confronto con eccellenti esperienze italiane di contrasto alla violenza realizzato attraverso azioni, servizi di supporto alle vittime e di intervento su autori di violenza, e con le reti dei territori limitrofi copartner del Progetto, hanno favorito la riflessione rispetto alle prossime azioni della Rete DO.MINO, alla trasferibilità di buone prassi consolidate ed efficaci, al lavoro della Rete DO.MINO in un’ottica di Rete delle Reti. La violenza alle donne nella Provincia di Rimini: strategie comuni di conoscenza e gestione. Dr.ssa Maria Maffia Russo, Direttore Progetto Dafne Azienda Usl Rimini e A.S. dr.ssa Elisabetta Pillai, Progetto Dafne Azienda Usl Rimini Conoscere e descrivere il fenomeno è fondamentale per costruire la rete e le sue risposte La specificità metodologica del progetto di contrasto alla violenza contro le donne sviluppato nella Provincia di Rimini, denominato Progetto Dafne, attiene l’aver scelto il paradigma “Individuazione del bisogno – costruzione della risposta”. Questa scelta ha permesso la costruzione di risposte appropriate ai bisogni che venivano rappresentati dalle donne prese in carico nei diversi punti della rete di operatori dei servizi sociosanitari. Il progetto è caratterizzato da multidisciplinarietà e multiprofessionalità:le figure professionali presenti in prevalenza sono assistenti sociali, operatori del privato sociale, avvocati, ostetriche, infermiere, medici di pronto soccorso, ginecologi, psicologi. Gli obiettivi che si sono sviluppati nel corso degli anni sono stati quelli di promuovere innanzitutto la conoscenza del fenomeno sul territorio, definire, attuare e valutare un percorso sanitario ed un percorso sociale per l’attivazione di un iter condiviso e per la pianificazione di un progetto individuale di intervento, progettare e realizzare percorsi formativi ed infine quello di costruire una rete di contrasto alla violenza attraverso il coordinamento di tutti gli autori istituzionali e non presenti sul territorio. Per rilevare il fenomeno dapprima si è partiti con una indagine conoscitiva attraverso interviste rivolte agli operatori dei pronti soccorso, pronti intervento e consultori familiari dell'Azienda Usl di Rimini, successivamente si sono utilizzati, modificati o creati ex novo, strumenti specifici per la rilevazione dati, quali ad esempio il programma informatico dell’Azienda USL, e una scheda condivisa di rilevazione dati ad uso degli operatori della rete antiviolenza. Fulcro nella rilevazione del fenomeno violenza e nella possibilità di predisporre di percorsi di uscita dalla stessa è stata la rete di operatori coinvolti come parti attive nel progetto di contrasto alla violenza. La rete antiviolenza della Provincia di Rimini, negli anni, si è composta dai servizi dell’Azienda Usl, quali pronti soccorso e pronti intervento, U.O. di ostetricia e ginecologia, del consultorio familiare, tutela minori, inoltre dagli sportelli sociali comunali del territorio provinciale, dalle case di accoglienza, dalla Casa delle Donne del Comune di Rimini, dalle Forze dell’Ordine, gli operatori dell’ente Provincia. L’accesso alla rete antiviolenza della provincia di Rimini è stato facilitato da una molteplicità di fattori: dalla diffusione della conoscenza sul fenomeno, dalla garanzia dell’anonimato, dalla diversità degli spazi dedicati, dalla distribuzione e differenziazione sul territorio dei nodi della Rete. Nel corso del 2008 la rete si è ulteriormente arricchita attraverso la partnership con il “Progetto Insieme”, offrendo questo un contesto allargato in cui confrontare e puntualizzare le conoscenze e le metodologie di risposte rispetto al fenomeno della violenza. La costruzione della rete antiviolenza e la sua successiva specializzazione e qualificazione hanno permesso a partire dal 2006, relativamente alla presa in carico e all’attivazione di strategie di uscita dalla violenza, la nascita nello specifico dei percorsi denominati “percorso sanitario” e “percorso sociale” . Il percorso sanitario, in ospedale, garantisce alla donna che è vittima di violenza: continuità assistenziale, tempestività di attivazione delle prestazioni , evitamento di passaggi ridondanti, omogeneizzazione delle procedure, setting idoneo per l’accoglienza e la visita. Il percorso sociale garantisce alla donna che è vittima di violenza la continuità assistenziale ospedale-territorio e interservizi, la presa in carico differenziata per emergenza e non emergenza, la definizione di un progetto individualizzato e la pianificazione del percorso di uscita dalla violenza. Strumenti per lo sviluppo della Rete Lo sviluppo della rete antiviolenza della provincia di Rimini ha riguardato prevalentemente la ricerca di strategie e di traiettorie che permettessero di fare una riflessione su quali siano state le variabili e gli indicatori che hanno implementato e facilitato il lavoro tra i nodi della rete e quali ancora da sviluppare. La conclusione congiunta tra tutti gli operatori della rete ha evidenziato le seguenti variabili: Reciprocità del riconoscimento dei nodi della rete La rete negli anni si è ampliata, il lavoro più importante è stato quello di definire le competenze specifiche e promuovere la consapevolezza che lavorare in rete implica sviluppare un intervento che è un valore aggiunto rispetto al contributo di un singolo nodo, sia nei riguardi della donna che degli stessi operatori. L’interconnessione è direttamente proporzionale alla possibilità di predisporre interventi mirati alla specificità dei bisogni specifici evitando inoltre parcellizzazioni e falle nella continuità assistenziale. Integrazione e differenziazione delle competenze Attraverso gli incontri regolari di discussione sui casi delle donne prese in carico, con i diversi nodi della rete, è risultato interessante sperimentare che l'efficacia della rete dipende dall'integrazione e dalla differenziazione dei suoi nodi che possono essere autonomi e integrarsi nello stesso tempo. Gli incontri sistematici di discussione casi con gli Sportelli Sociali hanno ad esempio dimostrato come la tipologia delle utenti che si rivolge agli stessi è diversa da quella che si rivolge al Consultorio Familiare dell’azienda Usl, per questo una differenziazione dei nodi è stata fondamentale per poter fornire risposte competenti e diversificate. In riferimento a ciò gli Sportelli Sociali hanno individuato la loro missione nell’informazione, nella prima accoglienza e nell'invio accompagnato agli altri punti della rete; il consultorio familiare si è occupato e si occupa regolarmente della presa in carico della donna per accompagnarla nel percorso di affrancamento dalla situazione di violenza; la Tutela Minori esercita la funzione di protezione, di vigilanza e di monitoraggio sulle situazioni in cui sono coinvolti i minori; l’ente Provincia risponde in tema di consulenza legale; le Forze dell’Ordine permettono l’attuazione di misure di protezione; il reparto di Ostetricia-Ginecologia, i Pronti Soccorsi, i Consultori offrono assistenza medica; la Casa di accoglienza è fondamentale nelle situazioni di emergenza, la Casa delle Donne del Comune di Rimini informa e accoglie. La suddetta sintetica descrizione delle funzioni di ciascun nodo della rete è stata conseguente ad un analitico lavoro di formazione e discussione tra tutti gli operatori della rete. Gli strumenti comunicativi • L'economia informazionale della rete antiviolenza nella provincia di Rimini prevede lo scambio informativo attraverso il telefono o gli incontri; per questo la rete Dafne può dirsi una “rete calda”. Con problematiche coinvolgenti e ad alta integrazione come la violenza alle donne, le reti fredde non funzionano, è necessario infatti che gli operatori possano condividere anche le emozioni e le storie particolari delle donne che incontrano. • Comunicazione a feedback circolare: la scheda comune di “rilevazione della violenza” , creata al fine di condividere un medesimo linguaggio ed una prassi omogenea di rilevazione dei dati • Condivisione del programma-progetto sanitario/sociale: i protocolli di integrazione tra diversi servizi/operatori al fine di rendere possibili il percorso sanitario e quello sociale. I contributi della partecipazione al “Progetto Insieme” La partnership con il Progetto Insieme, iniziata a partire dal settembre 2008 e terminata nel febbraio 2010, ha permesso il confronto e la condivisione sulle buone pratiche rispetto alla conoscenza, rilevazione e gestione del fenomeno violenza nel territorio regionale e più vasto, Questo ha incrementato il bagaglio culturale ed operativo dei soggetti coinvolti, focalizzato il lavoro sui fattori protettivi della rete ed ha favorito la possibilità di creazione di strategie comuni per il contrasto alla violenza alle donne. In particolare, nel corso del 2009 l’implementazione della rete è avvenuta attraverso una partecipazione sempre più attiva al Progetto Insieme grazie alla formazione congiunta dei partner territoriali di Bologna, Cesena e Forlì, ai gruppi di coordinamento, alla condivisione di una scheda comune di rilevazione del fenomeno. Dai dati rilevati all'interno della rete Dafne della Provincia di Rimini, durante i 18 mesi della partnership con il Progetto Insieme, si rileva che si sono rivolte alla rete 489 donne , di cui 281 sono state prese in carico. I profili delle donne e della condizione di violenza rilevati sono i linea con le tendenze nazionali: i luoghi in teoria più tutelati, come la famiglia, sono quelli in cui avvengono la gran parte delle violenze, che sono in prevalenza esercitate dal partner o ex partner; il fenomeno ha caratteristiche di trasversalità per ciò che riguarda la classe sociale, la scolarità e la nazionalità. Condivisione di una cultura di rete: la formazione La necessaria “ manutenzione” della rete antiviolenza si è realizzata, oltre che con la sistematizzazione degli incontri con i nodi della stessa, attraverso la formazione congiunta degli operatori e la formazione dedicata a specifici profili professionali. La formazione è uno strumento molto importante per conoscere il fenomeno della violenza contro le donne, le tecniche per fronteggiarlo e per confrontarsi con i pregiudizi. Attraverso la formazione congiunta si è sedimentata negli anni una cultura comune tra i professionisti e gli operatori coinvolti nella rete antiviolenza della provincia di Rimini: medici del Pronto Soccorso, ginecologi, assistenti sociali, psicologi, infermieri, ostetriche, educatori, operatori degli sportelli sociali e dei centri per le famiglie, avvocati, Forze dell’Ordine. A questi attori locali si sono aggiunti nel 2008-2009 i partner del “Progetto Insieme”, presenti alle formazioni: -“Violenza nelle relazioni familiari: le Forze dell’Ordine e il primo intervento” 30 Ottobre 2008. -"Il lavoro di rete e la qualità dell'integrazione:fattori di protezione contro la violenza alle donne”7 ottobre 2009 -“Stalking: dalla legge alla tutela della donna”26 gennaio 2010 I punti di forza di queste formazioni sono risultati essere l’ampia partecipazione di operatori e dei partner del progetto, la rilevanza delle tematiche proposte ed operatività dei contenuti, il gradimento espresso dai partecipanti attraverso le schede di valutazione. Nel corso del 2009 è stato inoltre introdotto l’impiego di una “Scheda di rilevazione della soddisfazione degli operatori della rete Dafne” che ha permesso di avere riscontri positivi degli operatori soprattutto circa il lavoro di rete e circa l'importanza della formazione costante . A sostegno della cultura di rete e della condivisione della informazione/formazione è stato redatto e pubblicato dall'Azienda Usl di Rimini il Quaderno Asri 123: “La rete Dafne :fattore di protezione contro la violenza alle donne” (reperibile sul sito www.auslrn.net). Lo scenario complesso della violenza in gravidanza Se il problema della violenza alle donne negli ultimi 10 anni è stato riconosciuto universalmente come un problema di salute pubblica, ed ha ricevuto sempre maggiore attenzione da parte di prestigiosi organismi internazionali, che hanno contribuito a riconoscerne le drammatiche conseguenze sulla salute delle donne, il fenomeno della violenza in relazione alla gravidanza rappresenta ancora un forte tabù e merita dunque una attenzione particolare e dedicata. La gravidanza nella nostra società rappresenta un terreno privato e sacrale all'interno del quale introdurre un argomento sgradevole come la violenza appare un atto stonato e dissacratorio. E' difficile credere che la dimensione di questo fenomeno in gravidanza raggiunga una consistenza tale da far sì che si debba considerare fra i fattori di rischio piu' diffusi. Dati del WHO (World Health Organization) stimano che nel mondo 1 donna su 3 sia stata picchiata o abusata sessualmente nel corso della propria vita e 1 su 4 sia stata vittima di una violenza in gravidanza. È la seconda causa di morte materna, di tutte le morti materne il 20% si stima che sia conseguenza di episodi violenti. Contrariamente a quanto potremmo aspettarci i dati che riceviamo dai paesi industrializzati non differiscono molto da quelli dei paesi non industrializzati, per il fatto riconosciuto che la violenza sulle donne è presente in forma endemica in tutti i paesi del mondo e coinvolge trasversalmente tutti gli stati sociali. Uno dei miti piu' diffusi ancora tra noi operatori è che la gravidanza risulti protettiva nei confronti del maltrattamento e della violenza, esiste invece una corposa letteratura in grado di dimostrare con evidenza che la violenza non risparmia le donne neppure durante la gravidanza anzi può incominciare o inasprirsi proprio in quel periodo. In realtà la gravidanza rende la donna piu' vulnerabile, riduce tra l'altro la sua autonomia sia emotiva che finanziaria. I cambiamenti legati alla gravidanza possono essere vissuti dal partner come una opportunità per stabilire potere e controllo sulla donna, non è un caso che il 30% dei maltrattamenti hanno inizio proprio in gravidanza, specie nel 2° e 3° trimestre che il 70% delle donne maltrattate prima della gravidanza continuano a subire maltrattamenti. Anche il puerperio rappresenta un momento di particolare rischio, in cui è possibile che ricomincino comportamenti violenti cessati in precedenza. Organi più colpiti sono addome, seno e genitali avvolte assieme a violenze sessuali. Fattori di rischio: una storia di violenza precedente, una gravidanza non desiderata. I motivi principalmente addotti dal partner sono: la gelosia nei riguardi del nascituro, la rabbia verso una gravidanza non voluta o l'ostilità verso la gravidanza in sè che non permette alla donna di occuparsi dell'uomo come prima. La violenza in gravidanza assume un particolare rilievo in quanto le persone offese sono 2 gestante e feto. Tra l'altro esiste una relazione fra violenza in gravidanza e rischio di abuso sui figli, il partner che abusa della madre ha probabilità di avere un comportamento violento con i figli in una percentuale che oscilla tra il 40% e il 60%. La violenza esercita i suoi effetti negativi sulla gravidanza in maniera diretta e indiretta, sulla madre il rischio maggiore è ovviamente rappresentato dalla morte, per quanto riguarda gli effetti sul feto, ricordiamo innanzitutto che in questa popolazione sono più frequenti gravidanze indesiderate o misconosciute e ritardo delle cure prenatali: si calcola che una buona percentuale di donne abusate arrivi alla prima visita nel 2°-3° trimestre, ed è comunque riscontro comune che alcuni controlli non vengano effettuati o che alcuni appuntamenti vengano "dimenticati". Gli aborti volontari hanno maggiore incidenza in donne sottoposte a violenza. Comportamenti a rischio come fumo abituale, uso di alcoolici e assunzione di farmaci psicotropi o droga si associano con maggior frequenza alla gravidanza violenta. Molti studi riportano un'aumentata incidenza di minaccia di aborto e di aborto in particolare poliabortività, con numero di eventi negativi proporzionale all'abuso. Abbiamo visto che la violenza contro la donna rappresenta un problema reale, frequente e drammatico. Anche se le casistiche non indicano sempre un danno certo, sistematico e quantificabile della violenza sulla gestante e sul feto, non c'è dubbio alcuno che una "gravidanza violenta" debba essere considerata una "gravidanza a rischio". La violenza in gravidanza è più frequente di molte patologie, non si può dunque pensare che anche in questo caso, i sanitari non debbano farsi carico del problema, attivando tutti gli strumenti possibili per l'individuazione del rischio. L'indagine sui maltrattamenti intrafamiliari rappresenta un terreno estremamente scivoloso, sia perché spesso i segni dell'abuso non sono evidenti, sia perché la donna stessa tende a coprire la realtà per paura, vergogna, timore dell'intervento dell'autorità giudiziaria. D'altra parte spesso gli operatori non sono abituati a considerare l'esistenza del problema o poco preparati a farlo, per cui si tende a minimizzare o ignorare anche quei segnali che potrebbero far comparire il sospetto: l'idea che la violenza domestica sia una faccenda privata nella quale non è opportuno intromettersi, la mancanza di competenze tecniche e di risorse, il timore di offendere la persona che abbiamo davanti, la paura di scoperchiare un vero e proprio "vaso di Pandora" senza poi avere la capacità di trovare risposte, la mancanza di tempo, sono le motivazioni addotte con maggior frequenza. Non è inoltre infrequente il timore di essere coinvolti come testimoni con l'autorità giudiziaria. Eppure paradossalmente, la gravidanza costituisce una grandissima opportunità per svelare una situazione di maltrattamento: la maggior parte delle donne seguono un programma di controlli prenatali ed hanno quindi ripetute occasioni di entrare in contatto con il Servizio Sanitario e con operatori con i quali si crea un rapporto di confidenza e di fiducia; inoltre il timore delle possibili conseguenze per il suo bambino spinge la donna ad aprirsi con maggiore facilità. Si capisce quindi quanto sia importante essere consapevoli di questa responsabilità che abbiamo, e quanto possa essere liberatorio offrire l'opportunità di aprire quella finestra che la donna da molto tempo maltrattata avrebbe voluto aprire. Esistono certamente dei segnali che possono essere colti, una volta acquisita l'abitudine di pensare a questo problema e assunta la consapevolezza dell'importanza che la questione riveste: per se. Iniziare tardivamente le cure antenatali, mancare senza motivo alcuni appuntamenti, manifestare eccessiva ansietà nei confronti del decorso e dell'esito della gravidanza, apparire insicura o infelice e depressa; anche nel partner possono essere osservati dei comportamenti abbastanza caratteristici ed indicativi come eccessiva sollecitudine, tendenza a non lasciare mai da sola la donna e a rispondere al suo posto, magari correggendo le risposte. Non aspettiamoci invece un personaggio con caratteristiche necessariamente legate all'emarginazione: i dati mostrano come il 60% dei partner violenti sono "insospettabili", e solo una minoranza presenti problemi di alcool, droga o precedenti penali. E' importante offrire alla donna, qualora si ravveda una situazione difficile, la possibilità di essere sola nel corso del controllo, offrire un'interprete che non sia il partner, quando si parla di donne immigrate, importante la formazione degli operatori, dare indicazione sui progetti di uscita dalla violenza, utile mettere materiale pubblicitario con numeri telefonici negli ospedali, ambulatori nelle toilette, dove la donna può con calma scriversi i numeri telefonici senza essere scoperta. Le cose che non devono essere fatte: mettere in pericolo la donna parlando della violenza davanti al partner, mostrare incredulità o meraviglia, minimizzare, dire come noi ci comporteremo al suo posto, forzarla a parlare, forzarla a sporgere denuncia, avere un atteggiamento giudicante. Conoscere i problemi, decodificare la richiesta, superare i pregiudizi personali, saper ascoltare e rassicurare, costituiscono la base per una prima accoglienza di queste donne. Inoltre non può mancare uno stretto rapporto di collaborazione con gli altri servizi, e con l'autorità giudiziaria. Nel corso del 2008 sono state 30 e 25 nel 2009, le donne in gravidanza che si sono rivolte alla rete Dafne della provincia di Rimini. La costruzione della rete di Bologna: i partner Il ruolo dell’università. Sandra Tugnoli Pàttaro, Professore ordinario di Storia della Scienza, Università degli Studi di Bologna, Presidente dell’Associazione delle Docenti Universitarie (AdDU) L’Università di Bologna ha partecipato al Progetto “Insieme contro la violenza di Genere” formalmente con tre partner: Sezione Dipartimentale di Medicina Legale, Area Studenti e Associazione delle Docenti Universitarie (AdDU). Questi tre partner hanno deciso fin dall’inizio del Progetto di unire le proprie forze al fine di produrre un contributo non meramente teorico, ma anche passibile di ricadute applicative nell’università e fuori di essa. Nell’Università, hanno lavorato al Progetto, oltre alla scrivente, la prof. Susi Pelotti, la prof. Pina Lalli, la prof. Carla Faralli, la prof. Paola Monari, nonché la dott. Milena Romagnoli (Area ASeS, Servizi agli Studenti) e la dott. Michela dalla Vite (area DiCCI, Cultura e Comunicazione). I contributi più significativi dell’Università di Bologna al Progetto possono sintetizzarsi nei tre punti seguenti. 1)Progettazione di una campagna di comunicazione contro la violenza sulle donne. Tale progettazione è stata realizzata grazie a un Laboratorio di studentesse dell’Università di Bologna, del quale è stata responsabile la prof. Pina Lalli (Presidente del corso di laurea magistrale in Comunicazione pubblica), e che è stato coordinato da due dottorande di ricerca, la dott. Chiara Gius e la dott. Aura Tiralongo. Il Laboratorio ha predisposto un piano di comunicazione che include non solo uno studio teorico (un’analisi di scenario), premessa indispensabile per trarre conclusioni sullo stato dell’arte sul fenomeno oggetto d’indagine, ma anche linee di sviluppo in relazione ai fruitori (educazione e comunicazione a ragazze/i, studentesse/i, informazione per medici, servizi sociali, ecc.). Il piano, infatti, scandisce in modo articolato le possibili tappe e modalità di una campagna di comunicazione atta a favorire un effettivo cambiamento sociale, sia informando sull’esistenza sul territorio di centri, servizi e programmi di lavoro, implementati da soggetti diversi (costituzione di una rete), sia sensibilizzando e promovendo la comunicazione sul tema in oggetto, mediante individuazione di strategie mirate fruibili da operatori diversi della società civile. Dopo essere stato ampiamente discusso tra i partecipanti al Progetto facenti capo all’Università di Bologna, il piano è stato presentato agli altri partners del Progetto e da tutti condiviso (seminario del 19 giugno 2009) per la sua capacità di soddisfare le esigenze di ciascuno. Esso infatti consente di approntare strategie diverse in relazione alle esigenze specifiche di ogni mediatore e fruitore, alle quali per altro conferisce un quadro di riferimento comune. Il Laboratorio ha affrontato altresì altre tematiche, quali il logo del Progetto, logo che è stato realizzato in accordo con la proposta concettuale avanzata dal piano di comunicazione; e le forme di pubblicità sulla violenza (quest’ultimo problema è stato posto verso la fine del Progetto, ragion per cui non vi è stato tempo per sviscerarlo adeguatamente e formulare un’ipotesi di lavoro costruttiva). Val la pena, da ultimo, ricordare, a testimonianza della bontà del lavoro svolto dal Laboratorio, che il piano di comunicazione si è aggiudicato il I premio nel concorso “Marketing sociale e comunicazione per la salute” per il 2009 (indetto da Associazione Italiana della Comunicazione Pubblica ed Istituzionale, Servizio Sanitario Regionale dell’Emilia-Romagn-Ausl di Modena, Coordinamento Nazionale Marketing Sociale”), sezione studenti. 2)Presentazione del Progetto a studenti e docenti dell’università di Bologna all’interno della IV edizione del Festival della Storia (evento pluripremiato e di forte impatto su studenti e città). Tale presentazione, organizzata dall’AdDU, ha avuto luogo nell’Aula Absidale di Santa Lucia il 17 ottobre 2009, ospiti il prof. Marco Cavina, la dott. Daniela Magagnoli, la prof. Maria Giuseppina Muzzarelli, la dott. Paola Palazzo, la prof. Susi Pelotti, la prof. Fiorenza Tarozzi. Nell’occasione è risultata preziosa la collaborazione del Gruppo di Lettura S. Vitale (diretto da Maria Rosa Damiani con la collaborazione di Anastasia Costantini), del pari partner nel Progetto. L’esito è stato più alto delle aspettative. Il Gruppo di Lettura S. Vitale non solo ha accettato l’invito dell’AdDU a partecipare alla presentazione, ma ha altresì predisposto per l’evento una serie di testi originali, alla cui stesura hanno contribuito anche le dottorande coordinatrici del Laboratorio. Il Gruppo ha, così, presentato nell’occasione in anteprima i testi poi letti nella conferenza conclusiva del Progetto (Santa Cristina, 25 febbraio 2010). Merita specifica segnalazione il fatto che alla Presentazione è intervenuta la dott. Paola Palazzo, che ha illustrato il proprio ruolo di Garante di Ateneo all’interno dell’Università con riferimento specifico alle molestie, agli abusi e alle violenze di genere. 3)Infine, avendo tra i partners universitari un medico legale (Susi Pelotti), è stato possibile collaborare in modo incisivo a iniziative rivolte ai medici di famiglia, tra le quali mi limito qui a segnalare la stesura dell’opuscolo informativo (contenente informazioni, indirizzi su aziende, centri, luoghi di riferimento e orientamento) per medici di famiglia e operatori. Il Progetto si è formalmente concluso alla fine di febbraio 2010. Ma per i partner dell’università di Bologna tale chiusura formale è punto di partenza e non di arrivo: ciò che è stato fatto, in ragione degli esiti tangibili e soddisfacenti conseguiti, merita di essere proseguito. Abbiamo infatti già cominciato a pensare alle prospettive future. Ne ricordo qui alcune realizzabili in tempi brevi. 1)Anzitutto, abbiamo intenzione di attivare un punto di ascolto dedicato a tutti coloro che operano, per motivi di studio o di lavoro (dipendenti e studenti), nell’università. Grazie a nuove disponibilità e sensibilità presenti in Ateneo, in particolare da parte del Garante di Ateneo, del neoinsediato Comitato per le Pari Opportunità (presidente Susi Pelotti) e dell’AdDU, nonché grazie a una convenzione attiva dal 2006 tra Università di Bologna e Associazione Orlando, pensiamo oggi di avere le forze per realizzare, in tempi brevissimi, presso il complesso di S. Cristina (che ospita sia l’Università sia l’Associazione Orlando), uno punto di ascolto, quale luogo di informazione e di formazione, nel quale sia vengano accolte le richieste di aiuto o consiglio onde guidarle a soluzione appropriata avvalendosi di una rete di collaborazione con istituzioni presenti nell’Università o con altre associazioni esterne ad essa, sia venga monitorato il fenomeno per farne oggetto di studio e di ricerca per ulteriori strategie di prevenzione ed intervento. 2)In secondo luogo, pensiamo ad un’azione specifica sugli studenti, con specifico riferimento al problema dell’internazionalizzazione. Molti studenti/studentesse sono fuori sede. Essi pertanto possono trovarsi sprovveduti nell’inserimento in un nuovo contesto urbano. In una sede di alta formazione ed educazione, qual è l’università, riteniamo indispensabile sensibilizzare gli studenti, soprattutto -appunto- quelli che vengono da altre città o altri paesi, sul problema della violenza di genere in relazione alla vita in Città. Pensiamo pertanto di predisporre del materiale informativo sul tema della violenza (una card, una scheda informativa contenente riferimenti al codice etico di Ateneo, informazione sui luoghi o le persone cui rivolgersi in caso di necessità, ecc.), materiale che dovrebbe essere consegnato a tutti gli studenti, in primis alle matricole, in occasione del loro primo contatto fisico con le Segreterie dell’Ateneo (nella cartellina che viene loro consegnata al momento dell’immatricolazione), nonché durante le giornate dell’orientamento, nei collegi universitari, ecc. 3)In terzo luogo, pensiamo di agire a livello didattico. Anche in questo caso, abbiamo già una possibilità concreta di utilizzo immediato. Da alcuni anni, l’Università di Bologna (nella fattispecie, facoltà di Giurisprudenza) in convenzione con l’Associazione Orlando, offre un insegnamento da 3 crediti (responsabile prof. Carla Faralli) dal titolo Etica e politica, che gli studenti possono scegliere tra i crediti liberi ed aperto anche alla società civile. Ogni anno accademico il corso affronta un tema specifico, che figura come sottotitolo. Pensiamo di invitare il corso di Etica e Politica a dedicare l’a.a. p.v. 2010-11 al tema “Violenza di genere”. 4)Infine, pensiamo di chiedere agli organi accademici che sul Portare di Ateneo vengano date ampia pubblicità e informazione su tutte le suddette iniziative. Vorrei concludere con una riflessione che esprime sinteticamente una sorta di bilancio della esperienza dei partner dell’Università nella partecipazione al Progetto. Certamente si poteva fare di più, ma è difficile iniziare un’impresa e portarla subito a compimento e a uno stato di perfezione. In ogni caso, penso di interpretare il pensiero di tutti i partner dell’università di Bologna, nell’asserire che siamo soddisfatti sotto un duplice profilo: per il nostro contributo come università, perché abbiamo lavorato molto e bene, siamo riusciti a tradurre le nostre capacità di elaborazione teorica in progetti operativi; per la sinergia che si è proficuamente creata tra tutti i partner (mi riferisco non solo a quelli dell’Università di Bologna ma anche a quelli non appartenenti all’Alma Mater Studiorum); partner, che, pur appartenendo a “mondi” molto diversi tra loro, hanno saputo mettere a frutto la ricchezza delle loro esperienze facendole convergere su modalità di azione condivise. A tutti i partner del Progetto noi dell’Università di Bologna e dell’Associazione delle Docenti Universitarie desideriamo esprimere il nostro più sincero ringraziamento. Laboratorio Compass DSC: progettazione di un Piano di Comunicazione contro la Violenza di Genere Chiara Gius e Aura Tiralongo Al giorno d’oggi non è più possibile mettere in discussione il ruolo strategico che la comunicazione riveste come agente facilitatore nel sostenere e promuovere cambiamenti sociali. Le pubbliche amministrazioni e gli attori del terzo settore stanno da tempo misurandosi con la necessità di sviluppare e diffondere sui territori campagne di comunicazione sociale tese a stimolare il diffondersi di determinati comportamenti (ad es. la diffusione delle pratiche di raccolta differenziata dei rifiuti), o a scoraggiarne altri (ad es. l’abuso di alcool, il tabagismo, etc.). La comunicazione dunque si pone come portatrice di un messaggio positivo di cambiamento che suggerisce a coloro che ne sono esposti comportamenti appropriati o desiderabili, con l’obiettivo di stimolare il ricorso a pratiche alternative o, in alcuni casi, addirittura innovative. E’ alla luce di queste potenzialità che è stato creato il Laboratorio Didattico per l’ “ideazione di una campagna di comunicazione contro la violenza sulle donne”, nato presso il corso di laurea magistrale Compass del Dipartimento di Discipline della Comunicazione di Bologna. Partner attivo del progetto “Insieme contro la Violenza di Genere”, l’Università Alma Mater Studiorum ha voluto accogliere il contributo di alcune studentesse, interessate a inserire nel proprio percorso formativo un’esperienza teorica e pratica su uno dei temi di più difficile approccio dei tempi correnti. Scopo del Laboratorio, la creazione di un Piano di Comunicazione che descrivesse premesse, obiettivi, e modalità per un’efficace campagna di comunicazione sul tema delle Violenze di Genere. Mettendo a disposizione le proprie risorse, in termini di preparazione e di personale sensibilità al tema trattato, e sotto la nostra supervisione, le partecipanti hanno optato per una metodologia multidisciplinare, tentando innanzi tutto di fronteggiare in un’ottica produttiva la complessità del problema. E’ stato per questo adottato un approccio “integrato”, che fosse in grado di creare una sinergia fra gli obiettivi formativi del progetto didattico e il buon esito comunicativo della strategia di contrasto auspicata, a partire da uno studio del fenomeno nelle sue diverse forme. La particolare cura richiesta dalle strategie da implementare e dagli strumenti da adottare nel contrasto alle Violenze di Genere, ha motivato una preliminare fase di studio e di mappatura del fenomeno. Tale “Analisi di Scenario” si è rivelata di centrale importanza per lo sviluppo del piano e delle sue strategie. Essa ha permesso di pensare lo strumento comunicativo in modo più che mai motivato e costruttivo, e soprattutto rispettoso dei contorni non sempre distinti delle tante forme di violenza sulle donne. In una prima fase, le ragazze si sono dedicate a: un’attenta consultazione di indagini, rilevazioni e inchieste nazionali realizzate in fatto di maltrattamento sulle donne; l’andamento diacronico del fenomeno nel periodo 1996/2009, con attenzione particolare alle percentuali di denunce presentate; l’analisi delle diverse tipologie di abuso prese in considerazione o al contrario trascurate dalle stime ufficiali; una puntuale disamina dei fenomeni di resistenza culturale alle Violenze di Genere, relativamente al periodo storico considerato e alle consistenti percentuali di violenze sommerse che a tutt’oggi persistono sul territorio italiano; una riflessione su autori e vittime delle Violenze di Genere, relativamente a fascia d’età, provenienza geografica, status socio-economico. Ne è emersa una sostanziale trasversalità del fenomeno, e un forte ruolo dell’elemento stereotipico relativo ai ruoli maschile e femminile comunemente accettati, e spesso veicolati dagli stessi mezzi di comunicazione. Per questo la strategia inaugurata ha voluto predisporre un’azione di influenza effettiva sul tessuto sociale, considerato nelle peculiarità dei suoi diversi segmenti. Il doppio asse “Informazione” e “Sensibilizzazione” è stato eletto a principale obiettivo strategico, sulla base delle criticità emerse durante l’Analisi di Scenario. Due, quindi, le direttrici fondamentali: Informare sull'esistenza nel territorio di centri, servizi e programmi di aiuto, sviluppati e implementati da soggetti diversi. Sensibilizzare la comunicazione sui temi relativi alla violenza contro le donne, individuando strategie mirate ai diversi settori della cittadinanza e stimolando una cultura di contrasto agli stereotipi di ruolo. A partire da queste necessità, si è meglio delineata la scelta comunicativa, soprattutto in riferimento ai pubblici a cui rivolgere il messaggio. E’stata questa la fase della “segmentazione”, che ha previsto la selezione di cinque principali categorie di pubblico: Gli uomini, spesso trascurati dalle campagne di comunicazione sul tema. Requisito imprescindibile della strategia di contrasto, il superamento dell’idea tradizionale di mascolinità, per un cambiamento duraturo e condiviso dei rapporti fra i generi. Le donne, in quanto soggetti direttamente coinvolti, per stimolare il riconoscimento dei molteplici aspetti che portano al verificarsi di situazioni di violenza (psicologica, simbolica, fisica), nonché le strutture a cui far riferimento in caso di difficoltà. I giovani (suddivisi in studenti delle scuole elementari, medie e superiori e studenti e studentesse universitarie), per impostare un’azione di formazione culturale negli atteggiamenti e nelle relazioni fra i generi, declinata in forme e modi specifici per ciascun gruppo d’età. I medici di base, per sottolineare il loro ruolo fondamentale nel processo di prevenzione, informazione e assistenza alle donne. Gli educatori, per coinvolgere direttamente i luoghi della cultura e della formazione alla cittadinanza. Alla base, la necessità di intervenire capillarmente, con una comunicazione che si adattasse alle peculiarità del pubblico. Oltre a questo, l’urgenza di affrancare le iniziative informative da alcuni luoghi comuni. Fondamentale ribadire, ad esempio, che lungi dall’essere soltanto una questione di pubblica sicurezza, la violenza contro le donne è un fenomeno complesso e non risolvibile con iniziative frammentarie e poco coordinate. Che la violenza contro le donne ha la sua origine negli stereotipi di genere e negli assunti implicitamente condivisi sulla virilità e la femminilità, a tutt’oggi persistenti e considerati parte integrante del naturale ordine delle cose. Che la violenza sulle donne è un problema comune a tutte le fasce di popolazione, e non necessariamente vincolato alla marginalità, né alle minoranze culturali presenti sul territorio italiano. Ecco il perché si è voluto intervenire non solo su alcuni, puntuali aspetti della violenza. Ma anche e soprattutto sulla sua base, prevedendo il coinvolgimento di tutti gli attori sociali, nell’ottica sia della prevenzione, sia dell’intervento capillare laddove l’episodio acuto si è già verificato. A questa seconda fase, ulteriormente declinata in obiettivi di breve, medio, e lungo periodo per ciascun pubblico, è seguita quella della predisposizione dei canali e dei mezzi comunicativi. Il piano di comunicazione ha infatti previsto una serie di prodotti auspicabili, proporzionalmente alle risorse messe a disposizione nell’ambito del progetto. L’ideazione di tali prodotti, declinati a seconda dei pubblici da coinvolgere e degli obiettivi da raggiungere, ha occupato le studentesse in un processo che ha permesso loro di misurasi con la necessità di mettere in campo risorse creative in grado di sintetizzare e coniugare le premesse teoriche e i temi centrali identificati. In particolare, essendo quella della partnership una strategia “di rete”, vale a dire rivolta all’integrazione delle diverse aree di competenza in vista di un comune obiettivo, si è riscontrata l’esigenza di ideare un prodotto che rispettasse la mission di partenza. E che al contempo creasse uno spazio simbolico riconoscibile, sia per il pubblico, sia per gli addetti ai lavori. Il prodotto ideato e in seguito realizzato è quello del logo del progetto, elemento di importanza strategica. Il logo costituisce un prodotto comunicativo fondamentale per promuovere l’immediato riconoscimento di un soggetto (sia esso commerciale, istituzionale o associativo) presso i suoi pubblici di riferimento. In questo caso la possibilità di riconoscersi in un’immagine condivisa presentava anche l’indubbio vantaggio di incentivare e promuovere negli stessi partner una maggiore consapevolezza del proprio ruolo all’interno della rete. Poter corredare i propri prodotti comunicativi con un logo comune a tutti i partner ha favorito la creazione di uno spazio importante entro cui i diversi soggetti possono riconoscersi e valorizzarsi reciprocamente. Lo sforzo fatto dal Laboratorio è stato, dunque, quello di procedere all’identificazione di quegli elementi che riuscissero a sintetizzare in una sola immagine i valori, i punti di vista, le istanze e le proposte proprie della rete. La dimensione centrale su cui si è concentrata la riflessione è stata quella della comunanza, del lavorare insieme, termine quest’ultimo considerato chiave per la definizione del progetto. Riflettendo su questo aspetto, il primo elemento da mettere in evidenza è sembrato quello della circolarità. La possibilità di fare riferimento a un’immagine che si possa comporre in maniera circolare permette di trasmettere una serie di significati centrali per la natura della rete. Il circolo rimanda infatti all’idea della comunione di intenti e dell’ adesione a un progetto condiviso. Accanto al concetto di circolarità si è lavorato sulle nozioni di individualità e diversità. E’ stato considerato importante rimarcare l’idea che i soggetti che compongono il circolo debbano essere riconoscibili nella loro singolarità, caratterizzati dai propri percorsi e dalle proprie specificità. L’intuizione di rimarcare l’unicità dei singoli soggetti raccolti nel circolo risponde all’esigenza di lavorare contemporaneamente su due dimensioni di significato. In primis, il rimando alla singolarità può essere intesa come rappresentativa delle diverse realtà istituzionali e associative che costituiscono la rete. In secondo luogo, il rimarcare l’adesione di singoli individui alle istanze proposte rimanda direttamente all’idea che ciascuno è chiamato in causa quando si parla di violenza di genere. Ad impegnarsi per contrastare la violenza di genere, questo il secondo messaggio sotteso, non debbono essere solo le donne, o coloro che sono chiamati a rappresentarne le istanze, ma tutta la società civile, qui intesa nel senso più ampio del termine. Accanto all’immagine è stato proposto di mantenere come head il titolo del progetto “Insieme contro la violenza di genere”. Chiaro nuovamente il rimando all’ azione collettiva richiesta per contrastare il fenomeno della violenza alle donne. Data l’importanza strategica del logo nelle attività di comunicazione della rete, una volta definiti gli elementi principali caratterizzanti e predisposta una bozza grafica, è stato dato avvio a un processo di consultazione interna fra i vari partner della rete. Tale consultazione ha permesso di raccogliere suggerimenti, idee ed eventuali nuove proposte, costituendo mano a mano le linee guida comuni entro cui è stata finalizzata l’immagine visiva del logo. Abbiamo così ribadito, ancora una volta, che operare Insieme contro la violenza è ben più di un proposito. E’ un obiettivo programmatico da rinnovare costantemente e con sforzo. Per noi tutti è una riprova. Ma per le donne, prime protagoniste, una necessità. Perchè l’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri della Provincia di Bologna partner del progetto insieme contro la violenza di genere. Dott. Stefano Rubini, Medico di famiglia, consigliere OMCEO Bologna Quando mi è stato proposto dal Presidente dell’Ordine dei Medici di seguire il progetto del Comune di Bologna “Insieme contro la violenza di Genere”, non mi resi conto completamente di cosa si trattasse e dopo la prima riunione in cui ero l’unico rappresentante di sesso maschile, ero molto perplesso riguardo a cosa avrei potuto fare e quale fosse il ruolo reale dell’Ordine dei Medici di Bologna in quel contesto. Frequentando le riunioni e vivendo la “passione” con cui le rappresentanti delle varie istituzioni e l’Assessora Milli Virgilio portavano avanti un progetto difficile e ambizioso, ho incominciato a rendermi conto dell’opportunità che veniva data all’ Ordine dei Medici di collaborare, portando un contributo non solo di idee, ma pratico. Perché l’Ordine dei Medici? Dalla legge istitutiva del l’Ordine viene definito come “Organo Ausiliario dello Stato per la tutela della salute del cittadino” e la salute del cittadino, sia del fisico che dello spirito è un bene preziosissimo e la sua tutela è un incarico oneroso, ma fondamentale, a maggior ragione se questo compito si deve rivolgere verso soggetti fragili come le donne. Cosa poteva fare l’Ordine per adempiere a questo compito? Uno tra i suoi compiti istituzionali è la formazione e l’aggiornamento dei medici, compito attribuitogli proprio per tutelare la salute dei cittadini. Siamo partiti da un’analisi della situazione attuale. Il nostro esame ci ha portato a constatare che la violenza sulla donna è un problema sottostimato, emerge solo in un numero limitato di episodi ed emergono solo i casi più eclatanti. Peraltro numerosissimi sono i casi di violenza fisica e psicologica a cui viene sottoposta la donna nella quale i ricatti, le minacce, creano danni profondi azzerandone la volontà e la dignità. La vittima per vergogna, paura, non conoscenza delle eventuali possibili soluzioni tiene dentro se stessa il dramma che sta vivendo, continuando a soffrire nel silenzio. Alla luce di tutto ciò abbiamo considerato che, per il rapporto di fiducia e di famigliarità che lo lega ad ogni paziente, per la conoscenza delle condizioni ambientali e sociali dei propri assistiti, il Medico di Famiglia è, tra gli operatori sanitari, nelle condizioni più idonee per poter individuare i casi di violenza non espressi. D’altra parte il Medico di Medicina generale non possiede o possiede solo in minima parte le competenze e gli strumenti per poter gestire il problema, per essere in grado di operare in modo attivo e positivo nei confronti delle proprie assistite. Per fare ciò, deve poter disporre di validi strumenti, una volta individuato il problema, per poter almeno tentare di consigliare e indirizzare le pazienti, non avendo, peraltro, la pretesa di risolverlo. Si è quindi pensato di organizzare un corso di aggiornamento rivolto ai Medici di Medicina Generale e dei Medici di continuità assistenziale dei distretti Est e Ovest dell’Azienda USL di Bologna Città, nell’ambito dei corsi di aggiornamento obbligatorio dell’Azienda. Il corso si è svolto sabato 30 gennaio 2010 presso l’Aula Magna dell’Istituto Ortopedico Rizzoli dalle ore 9.00 alle ore 13.00. Al corso hanno partecipato 156 medici ai quali, oltre ad un questionario di apprendimento finale, per valutare quanto il corso abbia inciso sull’apprendimento dei medici, sono state somministrate tre schede tramite le quali i medici potevano valutare la qualità del corso. Ai questionari di valutazione, l’88% dei medici partecipanti ha ritenuto da abbastanza a molto rilevante l’argomento trattato, il 78% ha ritenuto da soddisfacente a eccellente la qualità educativa e l’87% ha ritenuto il corso da abbastanza efficace a molto efficace. Tenuto conto del periodo di alta morbilità, ritengo il risultato molto positivo, grazie anche alla professionalità e alle capacità comunicative dei relatori. Considero questo però un punto di inizio e non la conclusione di una collaborazione tra istituzioni che, creando una rete di operatori, ognuno con le proprie prerogative, le proprie competenze e le proprie potenzialità, mettendo al centro la donna che subisce o ha subito violenza, sessuale, fisica, psicologica, possa essere un punto di riferimento, se non per sconfiggere, almeno per limitare fortemente quella che, come uomo, considero una vergogna. Convivenza di genere e convivenza fra i generi. Pratiche, riflessioni e costruzione di reti sui conflitti di genere e sociali. Simonetta Botti e Maria Grazia Negrini, Tavola delle donne sulla violenza e sulla sicurezza nella citta’. Partecipare al Progetto Insieme contro la violenza di genere ha significato, per la Tavola delle donne sulla violenza e sulla sicurezza della città, continuare un processo di approfondimento sulla formazione, la competenza di genere, la governance, animato dall’affermazione dell’importanza di dare voce agli aspetti emozionali dell’identità e della percezione del mondo femminile. E’ stato importante avviare forme di saper essere e di saper fare che hanno tenuto conto della persona nei suoi aspetti olistici, senza procedere ad una sottolineatura della razionalità a discapito della sfera emotiva, considerata molto spesso per le donne come fallace e inferiore. Per svolgere il nostro lavoro siamo partite da ricerche svolte in alcuni quartieri della città, che hanno avuto differenti obiettivi. In primo luogo, comprendere la percezione di sicurezza da parte delle cittadine e dei cittadini rispetto alla violenza di genere, il vissuto e l’immaginario delle e degli abitanti di un quartiere nei confronti della “vita pubblica” vissuta nel quartiere stesso. Lo scopo delle ricerche è stato in questo caso il desiderio di creare modelli per momenti di pratica alternativa e di prevenzione nelle scuole e nei quartieri, al fine di elaborare proposte partecipative in grado di produrre strumenti più articolati sui problemi che ne sono scaturiti. Più in generale, comprendere che l’aggregato urbano odierno si è trasformato: non esistono forti differenze fra quella che è considerata la periferia dal centro della città. I suggerimenti importanti che abbiamo colto hanno valenza cittadina. Questa è già una prima osservazione che abbiamo dedotto dal nostro lavoro. Le problematiche scaturite nelle ricerche le abbiamo sviluppate nel lavoro svolto con le donne, attraverso la pratica di Focus Group, di incontri formali ed informali, su cui abbiamo operato e che successivamente abbiamo sviluppato nel seminario a Rimini del 22 gennaio 2010, “CONVIVENZA DI GENERE E CONVIVENZA FRA I GENERI” che ha rappresentato la restituzione del nostro operare. Abbiamo elaborato alcune indicazioni che ci provenivano dalle ricerche stesse. Da dove proviene il senso di insicurezza che attraversa oggi donne e uomini? Abbiamo elaborato ciò che può provenire da elementi oggettivi e materiali raccolti dalle testimonianze, come ad esempio la mancanza di luci nelle strade cittadine, la carenza di strumenti preventivi di salvaguardia personale, il battage dei mass-media, ecc. Abbiamo cercato di approfondire da dove nasce “l’immaginario” della PAURA che caratterizza sempre di più la presenza e la convivenza tra generi. “Il sentimento della paura dell’ignoto e il sentimento della minaccia dell’ignoto non erano sensazioni nel tempo condivise. E’ in questo momento storico relazionale che ci troviamo invece in una situazione in cui il confine passa molto spesso dentro il nostro stesso quotidiano. Abbiamo la necessità di confrontarci con un altro da sé che non conosciamo di cui non sappiamo la storia, la provenienza, i riferimenti. I confini dunque oggi passano attraverso le famiglie, i quartieri, i condomini stessi. Che cosa succede? Che ognuno di noi ha introiettato un sentimento di minaccia costante e di paura diffusa di fronte ad un ignoto che è praticamente dappertutto. Il nemico, si dice in termini sociali, è alle porte. Quindi l’ignoto, l’altro da sé, la persona che non si conosce è completamente diffusa ovunque c’è la possibilità dell’incontro con un’alterità totale che porta con sé anche determinatezza della percezione di sé in una relazione che non ha la certezza né riferimenti e regole. Abbiamo la percezione di un’insicurezza diffusa e quindi il tema della paura, è un sentimento che ognuno di noi vive in modo molto forte. In questo naturalmente i messaggi sociali che ci provengono dalla televisione, dai mass media hanno buon gioco. Questo è un aspetto. C’è una frammentazione tale per cui non sentiamo più le reti familiari, le reti sociali, come delle reti protettive perché l’ignoto ci può sempre essere. Abbiamo paura dell’extracomunitario che ci è venuto ad abitare di fianco, abbiamo paura, a volte, delle persone stesse che abbiamo in casa, perché le vite non sono più vite condivise in termini di tempo e di spazio ma sono vite che molto spesso si incontrano solo in alcuni momenti .”10 Il senso della paura della paura dell’altro da sé diventa la misura delle relazioni post-moderne. Nasce da qui la necessità di educare-rsi alla consapevolezza e al conflitto. Riteniamo che il tema della violenza di genere si inscrive ampiamente nel tema della gestione dei conflitti all’interno delle relazioni . Nella postmodernità si è parlato di disintegrazione dell’io di una disintegrazione delle relazioni. Da qui l’importanza di un’altra parola “chiave” che abbiamo utilizzato nel nostro lavoro all’interno del Progetto Insieme: l’educazione a nuove e diverse relazioni poiché il tema della relazione di genere è inscritto in quello più ampio assolutamente attuale delle relazioni con la diversità. Quindi saper gestire il conflitto, è diventata una delle sfide sociali, relazionali, familiari, educative più importanti di cui cominciare a tenere conto. In tale senso esistono interessanti e diffuse esperienze all’interno delle scuole, ma non bastano. Noi proponiamo il modello più attuale della gestione dei conflitti win win: sei vinco, se io cambio e negozio, anche tu vinci, tu cambi, tu negozi ed entrambi otteniamo un risultato e una soddisfazione. E’ importante dunque pensare all’insegnamento anche nei termini di educazione all’incontro e alla relazione con l’altro da sé perché questa sfida diventerà sempre più pressante per un mondo i cui confini sono allargati fino a non essere più del tutto visibili. Costruire la rete Il tema di lavoro importante è quello pedagogico dell’educare se stessa e gli altri, a cominciare dai bambini e dalle bambine, a riflettere sulle relazioni che oggi si presentano come profondamente sfaccettate e multiformi. In questa riflessione occorre diventare consapevole degli schemi maladattivi che talvolta rendono prigioniera di relazioni violente non solo dal punto di vista fisiche, ma anche psicologico con forme di minaccia profonde all’identità e all’autostima tali che la persona diventai realmente impotente e prigioniera di un carnefice in grado di distruggere la capacità di pensarsi in modo autonomo e libero. La consapevolezza l’abbiamo vista affiorare attraverso il parlare, il verbalizzare, il confrontarsi, a partire dai racconti e dalle interviste raccolte nella trasmissione a Radio Città Fujiko da Piera Stefanini. Parlare di sé significa sovente scoprire che si condivide lo stesso tipo di vita costretta all’interno della paura di un altro, della minorità acquisita a causa di un familiare o di una persona con cui si condivide una relazione. Tutto ciò rappresenta la sapienza di partire da Sé attraverso il riconoscimento e l’esplicitazione delle proprie emozioni e la comunicazione della paura e del disagio. Per tutte le donne, infatti, investire tempo in un percorso di qualificazione e riqualificazione coincide nella maggior parte dei casi in un progetto di revisione della percezione di Sé, del proprio ruolo sociale, della propria autostima. Un’ultima considerazione riguarda, infatti, la capacità e la possibilità reale delle donne di creare dei modelli sociali e relazionali che siano finalmente fondati sullo specifico femminile: ascoltare, condividere, parlare di sé. Poter autenticamente condividere questo punto di vista femminile sul mondo e sulle relazioni può e deve diventare elemento di crescita globale da cui si auspica che anche gli uomini possano e debbano imparare a guardare e riflettere sulle proprie sconfitte e sulle proprie debolezze che diventano violenze sociali. Riteniamo infine, di grande importanza, discutere e confrontarci con le altre associazioni di donne della città, con singole, con le donne delle istituzioni della città e della Regione. Auspichiamo un incontro al fine di iniziare un percorso che porti a una costruzione reale di una RETE. Questa è la sfida che la Tavola vuole lanciare attraverso il Progetto Insieme. 10 Dalla relazione della prof. Simonetta Botti al seminario Convivenza di genere e convivenza fra i generi”, Rimini, 22 gennaio 2010. Udi: un percorso femminile contro la violenza di genere che viene da lontano. Di Katia Graziosi, Legale Rappresentante, Marta Tricarico, Gruppo Donne e Giustizia, Annamaria D’Ambra, Comitato Scientifico – Unione Donne in Italia, Bologna. Da dove veniamo Quando, nella primavera del 2008, l’UDI fu interpellata per far parte dei partner del progetto “Insieme contro la violenza di genere”, restammo favorevolmente stupite poiché era parecchio tempo che sentivamo la carenza di uno stretto rapporto formale di collaborazione fra associazionismo attivo e Istituzione Comune, rispetto ad azioni concrete in quest’ambito. Con ciò non intendiamo affermare che si partiva da zero, perché in tanti anni di cose positive ne abbiamo realizzate grazie al contributo delle donne delle Istituzioni e del privato sociale. Semplicemente affermiamo che, per troppo tempo, le priorità della politica sono state altre. Perciò prima di soffermarci sul nostro impegno specifico nel Progetto Insieme, pensiamo sia necessario fare una panoramica delle esperienze maturate sul territorio dalla nostra associazione in oltre trent’anni . Attraverso il punto di ascolto UDI e con gli sportelli donna e famiglia presenti in trenta comuni della provincia di Bologna siamo vicine alle donne e mettiamo a loro disposizione un ascolto qualificato e la professionalità di avvocate specializzate nell’ambito del diritto di famiglia. Il Gruppo Giustizia UDI, composto da avvocate specializzate, operava in sintonia dell’allora Progetto Donna della Provincia di Bologna, impostando un servizio di consulenza legale e impostando una rete, oramai allargata e consolidata, con altre associazioni di donne, operatori dei servizi sociali, polizia, carabinieri, Tribunale per i minorenni e magistrati. L'attività di consulenza si curava del rendere intellegibili i diritti, prestando eventuale soccorso immediato alle donne in difficoltà all'interno della famiglia. L'attività dell'UDI è stata anticipatrice delle future reti. Era infatti la prima volta che sul nostro territorio si dava una risposta articolata ai maltrattamenti in famiglia. A quel tempo fu rilevante per le donne avere riconoscimento e risposte, sia dal contesto pubblico e sia dal privato sociale. Ci preme sottolineare che oltre trent’anni fa, quando l’UDI analizzava gli scarsi dati in circolazione sul fenomeno della violenza, li qualificava già apertamente come “violenza di genere”, come negazione della libertà individuale e sotto la fattispecie dei “maltrattamenti in famiglia”. Già allora sottolineiamo come la famiglia di oggi risente di tutte le tensioni che esplodono nella società: il peggioramento dello stato sociale, l’abbassamento generale delle condizioni economiche, l’incertezza del domani fanno scontare alla donna gli effetti negativi delle tensioni del luogofamiglia, che invece sarebbe istituzionalmente preposto all’armoniosa socializzazione della coppia e all’educazione dei figli”. E il rapporto di coppia spesso si brucia in una società ove la caduta di tensioni ideali ha lasciato troppo spazio ad un modello immagine di donna considerato più una cosa da possedere o da consumare, piuttosto che persona da apprezzare e rispettare e con diritti alla pari. Se a ciò aggiungiamo che uomini e donne investono grandi energie, grande aspettativa nella famiglia intesa come meta da raggiungere e modo di vivere e che poi le grandi responsabilità ad esse connesse caricano spesso il rapporto di conflittualità di un grado tanto elevato da portare a una vera e propria violenza tra adulti, dobbiamo arrenderci al fatto che la famiglia non rappresenta quel – posto sicuro – della quale parlavano le nostre madri, ma una gabbia dove esplode una violenza di cui la donna ne paga le conseguenze. Ad una prima lettura, queste considerazioni parrebbero scritte oggi, ciò a significare che siamo ancora lontane dai cambiamenti che avevamo auspicato e sognato. Noi dell’Udi incontriamo di frequente questa violenza sommersa che esplode tra le mura domestiche, e che non sempre viene denunciata perché e’ sentita come “condizione” di un “modo di vivere la normalità”. Una violenza gratuita e immotivata da cui deriva dapprima solo malessere, ma che poi, spesso, produce veri e propri problemi psicologici di solitudine e di depressione. Le donne che si rivolgono a noi hanno in gran parte maturato la propria crisi di coppia e sopportato la violenza, in completa solitudine e senza riuscire a discuterne né con i parenti né con le amiche. Nostro compito in tutti questi anni è stato in primo luogo di non far sentir sole le donne, di dare loro forza, accompagnandole lungo quell’accidentato percorso (avere giustizia - uscire dalla violenza) che segnerà il loro cambiamento di vita. Consapevoli che alla volontà di cambiamento delle donne deve corrispondere anche un'accoglienza pubblica di supporto economico, dato che spesso la donna in fuga dalla violenza ha bisogni immediati. Un territorio ricco di risorse ed esperienze La nostra esperienza ci insegna che “le buone pratiche” necessitano del contributo fattivo di tutti i soggetti che ruotano attorno al problema trattato. Perciò il ricercare chi ha competenze specifiche è da sempre il nostro modello di operare, sia nella città di Bologna sia nelle cittadine di provincia. Le Istituzioni e i loro servizi sono in primo luogo i soggetti con cui noi interagiamo (siamo in rete con il numero nazionale antiviolenza 1522) poiché hanno responsabilità specifiche, avvalendoci contestualmente del supporto di altre associazioni che come noi si rendono disponibili a fornire servizi (come l’accoglienza in case rifugio). In questo panorama si è inserito felicemente il Progetto Insieme, che ha avuto il pregio di mettere al centro della rete tutte le componenti, le risorse e le esperienza del nostro territorio, coinvolgendo anche nuovi soggetti per qualificare l’azione e gli obiettivi che tutti insieme vogliamo raggiungere. Per UDI è risultata assai significativa la conoscenza, attraverso la partecipazione dei seminari di approfondimento, di come intervengono sui loro territori i partner delle altre città. Per quanto riguarda la città di Bologna, abbiamo potuto interagire con nuovi soggetti – quali i medici di base, la medicina legale, l’università – con cui la nostra associazione non aveva rapporti rispetto al tema della violenza di genere. Certamente l’aspetto rilevante e qualificante è l’obiettivo di una visione comune del fenomeno della violenza, il perseguimento di azioni coordinate per contrastarla, fino ad arrivare a una vera e propria rete cittadina che divenga punto di riferimento per le donne e prassi d’azione per gli addetti. Altro fattore positivo è stato poter far conoscere ad un territorio più allargato e vasto la portata del Progetto Insieme, veicolandone finalità e obiettivi non solo su Bologna, ma anche in provincia. UDI ha infatti incontrato donne nei luoghi di lavoro, nelle scuole, nei paesi e nei comuni, in concomitanza dell’avvio del progetto nazionale “Staffetta di donne contro la violenza sulle donne”. Nei numerosi (oltre 20) incontri pubblici con cittadine/i abbiamo illustrato le nuove modalità di intervento qualificato contro la violenza sulle donne, mettendo in rete soggetti che operano in diversi settori e rilanciando il valore dello scambio di informazioni per ottimizzarne i risultati. Ci preme sottolineare che le modalità con cui il progetto è stato trasferito sul territorio ha puntato a un linguaggio comprensibile e condiviso, riscuotendo l’ apprezzamento e il coinvolgimento dei cittadini. Il rapporto diretto con le donne, che caratterizza storicamente il modo di operare dell’ Udi, è stato riconfermato nel Progetto Insieme. E’ infatti di primaria importanza, per tutte, conoscere la possibilità di rivolgersi al proprio medico di famiglia, di sapere che nella scuola sono avviati interventi specifici ed educativi per gli studenti, sapere che i servizi delle Ausl sono preparati ad affrontare tali problemi e che il pronto soccorso separato per i casi di violenza sessuale garantisce alla donna l’assistenza dovuta sotto tutti i profili. Inoltre, altro fattore positivo, la partecipazione a tali momenti di donne che hanno responsabilità istituzionali, così come di associazioni di donne e cittadine/i di tutte le fasce di età. Poiché la conoscenza, che le reti ci sono e si possono consolidare, aiuta una comunità. Il rapporto diretto con chi vive un territorio e non ne percepisce compiutamente tutte le potenzialità contribuisce, oltre che ad una maggiore informazione, anche ad una crescita della consapevolezza, della ricchezza degli interventi, e di ciò che è Insieme. La mostra fotografica lasciatele lavorare esposta a Palazzo D'Accursio nella primavera del 2009 (con il patrocinio del Ministero delle Pari Opportunità e del Progetto Insieme) ci ha consentito di trasmettere, attraverso le immagini e i dibattiti culturali organizzati, un ulteriore aspetto della violenza alle donne nell'ambito della rappresentanza e del lavoro. Le pratiche di contrasto alla violenza e la formazione In sintesi la famiglia costituisce ancora un punto di riferimento ove si attinge sostegno affettivo e morale. Quando tuttavia gli abusi (violenza - lesioni - maltrattamento - stalking) si verificano nella famiglia si assiste al tentativo della donna di negare la responsabilità del partner e la protezione per se stessa. La difficoltà nell'ascolto qualificato è proprio questa, far emergere agli occhi della donna l'illegittimità della condotta subita, i danni che potrebbero derivarne dal protrarsi di queste condotte, nonché i disagi e le devianze che potrebbero colpire i minori, spettatori incolpevoli di una di una “violenza casalinga”. Sono lontani gli anni in cui Arturo Carlo Jemolo raffigurava la famiglia quale "isola che il mare del diritto può lambire, ma lambire soltanto"11. La condotta astensionistica dello Stato nella regolamentazione di molteplici aspetti della vita familiare era motivata dal diverso modo di intendere, dal punto di vista sociale e normativo, la struttura familiare. La violenza familiare veniva tollerata (rectius giustificata), se perpetrata nell'esercizio del c.d. jus corrigendi che il marito aveva nei confronti della moglie e dei figli. Secondo la Corte di Cassazione, l'esercizio di tale potere poteva estrinsecarsi legittimamente anche mediante l'uso della vis modica12. La protezione della famiglia e dei suoi componenti, nel frattempo, ha trovato sempre maggiori spazi anche nella dimensione internazionale. A tale proposito, l'intervento dello Stato a tutela dei soggetti vittime delle violenze familiari si pone in linea con l'art. 8 della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo. La legislazione italiana ha poi cambiato ottica non ritenendo più legittimo il delitto d'onore e, dal 2009, ritenendo più gravi gli episodi di violenza perpetrati da componenti familiari. A fronte della normativa vi sono tuttavia disagi pratici nell'applicazione di un tessuto legislativo ancora scoordinato nei vari aspetti. Dal 2001, ad esempio, è possibile usufruire degli ordini di protezione che consentono di allontanare dalla casa familiare il convivente violento. Tale illuminata norma non prevede tuttavia percorsi preferenziali nell'ambito delle notifiche e nei tempi di esecuzione, esponendo la donna a pericoli ulteriori tra i tempi in cui si ricorre per chiedere la misura, i tempi in cui il magistrato la decide, i tempi in cui l'ordine viene eseguito. La nostra esperienza ci consiglia quindi di trovare una casa rifugio che accolga la donna in attesa che svolga tutto questo iter. La nostra esperienza ci dice anche che mancano alla donna in questa fase supporti pratici (indumenti, spazzolino, dentifricio, denaro, ovvero un kit di prima necessità), inducendoci al collegamento con associazioni che forniscono alla donna tali servizi. Un'altra necessità in caso di violenza sessuale è quella di far eseguire da personale sanitario qualificato le prime indagini con adeguata repertazione forense degli indumenti indossati per non rendere vana la denuncia in assenza di prova, nonché tempestiva e contestuale consulenza psicologica . Nei casi invece di lesioni è opportuno che tanto il pronto soccorso, tanto il medico di famiglia se coinvolto, non riconducano le ecchimosi, le escoriazioni, alla formula “conflittualità familiare”. La violenza è violenza, deve essere riconosciuta e affrontata come tale. Il Progetto Insieme ha lavorato molto su questo punto. Come esperta una nostra avvocata ha partecipato, nel corso del Progetto, a degli incontri seminariali di approfondimento, in cui sono emersi da parte degli operatori coinvolti dubbi e interesse sulla situazione giuridico-soggettiva di interpretazione e applicabilità delle norme e delle 11 A.C. JEMOLO, La famiglia e il diritto, in Annali del Seminario giuridico dell'Università di Catania, Napoli, 1949, II, 57. 12 Cass. pen. 19 giugno 1936, in Annali, 1937, 138 modalità pratiche, nonchè sugli strumenti utilizzati per il contrasto alla violenza. Questa materia così specifica non sempre viene affrontata in maniera approfondita e il valore della formazione si è reso evidente . Gli interventi educativi Il Progetto Insieme ha posto le basi per un percorso inedito e significativo nell’ambito Scolastico, ove l’incontro fra sensibilità ed esperienze differenti(studenti,insegnanti e dirigenti scolastici di Istituti Professionali e d’Arte, Ist. Tecnici e Licei) ha favorito la costruzione di una fattiva collaborazione, complice anche la Staffetta Udi contro la violenza sulle donne. Nel settore scolastico ove manca una risposta strutturata e trasversale, abbiamo iniziato un percorso per promuovere la cultura della non violenza, che ha bisogno di mettere radici nelle generazioni future. Abbiamo messo a disposizione il nostro personale specializzato nel settore famiglia e minori,dando spazio ad un approfondimento in un’ottica di prevenzione per una nuova cultura di rispetto fra generi. Il coinvolgimento di questi nuovi soggetti può incidere positivamente in una prospettiva di prevenzione, non solo della violenza sulle donne, ma anche di quella tra i giovani (bullismo). Abbiamo usato strumenti che consentono agli studenti di interagire attraverso: immagini, film, racconti,ed il disegno, condividendo all'interno del loro gruppo, riflessioni ed emozioni in un atteggiamento di ascolto e di comunicazione privo di pregiudizi. E' un impegno che prosegue e al quale noi crediamo profondamente dato che come adulti desideriamo "passare il testimone" alle future donne e uomini di domani. Sentiamo il bisogno, soprattutto in questo momento storico, di far comprendere come siano fondamentali i valori quali il rispetto, l'eguaglianza, la dignità umana, la stima di se stessi e dell'altro per poter costruire delle relazioni sane nel nostro mondo personale e sociale, dove le discriminazioni non abbiano più luogo. Considerazioni conclusive Auspichiamo che da parte delle istituzioni locali e nazionali venga data continuità strutturale a progetti che contrastano la violenza di genere, assicurandone le risorse necessarie per garantire risposte qualificate e specializzate da parte di tutti i soggetti pubblici e privati. Non si può investire limitatamente alla fase del dopo violenza (per l’aiuto alle donne e per limitarne il danno), sostenendo solo le case rifugio. La prevenzione deve essere il nostro obiettivo primario e comune. Non si devono lasciare soli i partner. Polizia, medici di base, associazioni, operatori sociali, ecc, devono essere in grado di veicolare le informazioni,facendo in modo che la formazione permanente sia un obiettivo primario, anche a garanzia della continuità della rete. A fronte della esperienza maturata crediamo di poter suggerire che vanno ricercate anche nuove alleanze, ovvero il coinvolgimento di altri settori della società civile che dovrebbero sensibilizzarsi e mettere a disposizione le loro reti, ad esempio: l’imprenditoria, la camera di commercio e tutti gli altri soggetti che rappresentano strati essenziali dell’economia cittadina, poiché il raggiungimento di una più elevata convivenza civile fra i generi è interesse collettivo. Inoltre è apparso chiaro che per i servizi sociali, che sono la prima sentinella pubblica della violenza familiare, è sempre più complicato dare risposte compiute e adeguate ai cittadini. L’utenza è infatti più complessa e richiede una visione più sistemica delle nuove realtà familiari. E’ questo un punto delicato che richiede la massima attenzione da parte delle istituzioni, e probabilmente anche interventi riorganizzativi che tengano conto dei cambiamenti sociali e culturali in atto. L’ Udi, come sempre, continuerà con le sue forze a sollecitare il pubblico e il privato ad affrontare la violenza sulle donne in una visione non solo assistenzialistica, nella convinzione che il rispetto della dignità della donna maltrattata e la tempestività degli interventi qualificati sia condizione innanzi tutto di civiltà. Anche noi Insieme. Maria Rosa Damiani, Gruppo di Lettura San Vitale Tra la fine del 2007 e l’inizio del 2008, nell’ambito di riunioni periodiche con molte associazioni bolognesi di donne, siamo state coinvolte nel progetto “Insieme contro la Violenza di Genere”, partecipando a un’iniziativa di rete costituito da Enti, Istituzioni e Associazioni del territorio emiliano-romagnolo e capitanato dal Comune di Bologna. E’ stata fin da subito privilegiata un’ottica di integrazione e sinergia fra le diverse forze in campo, viste le significative diversità di spazi, di risorse economiche, di persone e anche di competenze. Il Gruppo di Lettura San Vitale ha colto l’occasione per riconfermare il proprio interesse per il tema trattato, inserendosi nella pluralità di partner coinvolti: oltre le Istituzioni e l’Università è stato interessante vedere una collaborazione tra le Amministrazioni della giustizia, comuni e Province, le Istituzioni Sanitarie e numerose Associazioni di donne che si occupano di temi Sociali. In questo quadro complesso e collaborativo, abbiamo ritenuto di porre l’accento sulla formazione, proseguendo sul binario che ci vede da lungo tempo impegnate in iniziative di prevenzione e di contrasto alla disparità fra i ruoli di genere. Chi siamo Il Gruppo di Lettura San Vitale è un’Associazione di promozione sociale che ha iniziato nel 1997 il suo percorso, e proprio con uno spettacolo di denuncia contro la violenza alle donne. “Le parole per dirlo”, questo il nome della performance, è tuttora parte integrante del nostro cartellone, suscitando sempre molta attenzione e dibattiti interessanti. Negli anni ci siamo dedicate soprattutto alla prevenzione e alla sensibilizzazione dei più giovani sul tema della violenza di genere, creando spettacoli ed esperienze laboratoriali per i ragazzi che aiutassero ad affrontare il tema in maniera semplice ed efficace, quando possibile divertente, con lo scopo di prevenire, attraverso una comunicazione moderna e forte come il teatro, discriminazioni e violenze negli adulti di domani. L’abitudine a lavorare insieme ha portato le componenti del Gruppo di Lettura a sviluppare una sensibilità comune e a indirizzare la più consueta attività culturale non solo verso l’intrattenimento, ma anche e soprattutto verso l’impegno sociale; il ruolo delle donne e il coinvolgimento del pubblico più giovane nella discussione sul rispetto delle compagne di scuola, delle sorelle, delle madri, delle insegnanti, insomma del genere femminile, hanno ben presto costituito gli elementi cardine del nostro lavoro. Far parte del Progetto Insieme è stato quindi un ulteriore passo fatto da tutte le componenti del Gruppo di Lettura San Vitale, per continuare a contrastare ogni sopruso, e soprattutto quelli legati alle differenze di genere. La possibilità di mettere a disposizione le nostre competenze all'interno di una rete multidisciplinare, ci permetteva di dimostrare che la prevenzione attraverso la cultura ha il potere e il dovere di smuovere e trasformare le coscienze della collettività, poiché in tanti anni di lavoro ci siamo convinte che il problema delle violenze di genere deve essere affrontato anche e soprattutto nei suoi più radicati aspetti culturali. Le iniziative Alla base di un lavoro di prevenzione attento ed efficace che riesca davvero a stimolare l'intelligenza emotiva e non delle persone, c'è bisogno di una conoscenza specifica del problema che comprenda le varie sfaccettature. Questo aspetto formativo, come da obiettivi del progetto, ha riguardato gli stessi partner, chiamati a un costante confronto multidisciplinare. Il percorso in questi due anni è stato infatti costellato da diversi e interessanti seminari proposti dai differenti partner, che ci hanno permesso di confermare e approfondire le nostre precedenti osservazioni sul fenomeno della violenza. Il bagaglio di conoscenza e confronto che abbiamo acquisito ci ha permesso di migliorare i nostri consueti interventi laboratoriali volti alla prevenzione del problema. Abbiamo quindi recuperato i dati dei diversi lavori svolti negli anni e aventi come tema le problematiche sul femminile e sui giovani, finalizzati alla sensibilizzazione e alla lotta alla violenza. Lo scopo è stato quello di monitorare le nostre attività creando una visione d’insieme, e rielaborando i dati emersi nelle diverse interviste e iniziative, come “Il gioco del Rispetto” o “Le parole per dirlo”. Ancora una volta, l’obiettivo è stato quello di offrire agli operatori del Progetto Insieme una visione completa del nostro percorso, creando un raccordo motivato fra le diverse competenze in campo, e riflettendo, insieme per l’appunto, su strategie integrate e capillari di intervento. Da questo punto di vista, va riconosciuto come particolarmente rilevante il percorso svolto dall' Università di Bologna grazie all'impegno delle Professoresse Pina Lalli e Sandra Tugnoli, che hanno portato giovani studentesse a costituire un Laboratorio di progettazione di una campagna di comunicazione contro la violenza sulle donne, un piano di comunicazione perfettamente in linea con la missione del progetto. La violenza di genere è prima di tutto un fenomeno di matrice culturale e quindi è necessario agire sulle matrici di una millenaria cultura di subalternità della donna, talmente radicata da risultare naturale, e per questo scontata. Il Gruppo di Lettura si è quindi inserito in una cornice di impegno congiunto di professionisti, donne e uomini, finalmente coesi in vista di un comune obiettivo di parità effettiva. Il nostro Contributo Un percorso ricco e profondo dunque quello che si è sviluppato all'interno del Progetto Insieme, possibile proprio grazie allo scambio interdisciplinare che aiuta la comprensione del problema non solo dal punto di vista psicologico o emotivo, ma anche legale e sociale. A volte la conoscenza e la comunicazione efficace non bastano per sensibilizzare l'animo umano, che sempre più ha imparato a vivere in un rapporto di difesa/offesa rispetto all'altro. A volte per scalfire questo muro c'è bisogno di identificarsi con il problema, di emozionarsi rispetto a esso. Ed è proprio qui che noi del Gruppo di Lettura San Vitale cerchiamo di inserirci. Il teatro, l'arte in genere, tocca corde personali che difficilmente la conoscenza riesce a far vibrare, perché allo spettatore viene offerta un’esperienza autentica in cui riconoscersi, e da cui inaugurare un profondo percorso di riflessione e scoperta. Questa leva dà allo spettatore la possibilità di lasciarsi colpire da quello che viene fatto o detto, senza sentirsi razionalmente messo in discussione. Da tale input è possibile un reale riconoscimento del problema, che smette di essere distante o inafferrabile. Anche se molto diverse tra loro, le diverse esperienze accumulate in questi anni ci sono sembrate tutte indispensabili. Abbiamo deciso di dare in primo luogo risalto alle iniziative che hanno come mezzo comunicativo il teatro e le attività laboratoriali, perché hanno un impatto emotivo che spesso permette di scardinare i meccanismi subdoli della difesa del partner violento o della negazione del problema, aprendo così uno spiraglio di risoluzione, e stimolando una riflessione profonda sul rispetto che dà il via ad un percorso di prevenzione reale. Tra le varie esperienze accumulate negli anni abbiamo ritenuto proprio il nostro spettacolo d’esordio, “Le Parole per Dirlo”, quello più adatto ad affrontare il tema della violenza. Durante un incontro abbiamo riesaminato il testo, attraverso una lettura a più voci contro la violenza alle donne composta da diversi tipi di materiale: dalle testimonianze rilasciate al Pronto Soccorso e alle stazioni di Polizia dalle donne maltrattate e da alcuni uomini arrestati per violenza (raccolte attraverso alcune ricerche del Centro di Documentazione e alla Casa delle Donne per non subire violenza di Bologna) a testi tratti da riviste, libri e giornali. A partire da queste fonti, le lettrici hanno creato propri testi originali, secondo i criteri della scrittura teatrale. Ci è sembrato utile condividere con i partner del progetto, più che lo spettacolo in sé, la modalità con cui il testo dello spettacolo è stato costruito, per poter lasciare ai partner della rete uno strumento in più per affrontare la problematica della violenza di genere. Utilizzando la rete creata dal Progetto Insieme, abbiamo appunto deciso di collaborare, sia per la fase di stesura che di lettura dei passi, con giovani studentesse universitarie (campo umanistico e delle comunicazioni) attraverso un laboratorio di drammaturgia. Il nostro percorso formativo è stato rivolto a gruppo di giovani studentesse universitarie, iniziando nel giugno del 2009 e terminando a ottobre con la messa in scena di uno spettacolo presentato in occasione della Festa della Storia, in apertura di anno accademico. Attraverso il dialogo durante il laboratorio abbiamo affrontato: riflessioni sul tema della violenza alle giovani donne, con testimonianze relative ognuna alla propria esperienza personale e al proprio patrimonio culturale; una raccolta di dati, denunce, documenti e testimonianze sulla violenza di genere, nonché una ricerca letteraria di romanzi e racconti basati su vissuti personali o su vissuti di persone vicine alle partecipanti. I materiali sono stati raccolti attraverso interviste, favole e ricerca musicale di canzoni che trattano il tema della violenza alle donne. Abbiamo analizzato e condiviso il materiale raccolto attraverso le ricerche effettuate dalle partecipanti, e discusso su come affrontare un tema così ampio come la violenza di genere con testi personali e al contempo di portata generale. Tutto questo è stato molto emozionante, poiché nella vita quotidiana capita davvero raramente di confrontarsi tra giovani rispetto a temi così intimi e delicati, scoprendosi invece tutte così toccate dal problema. Il primo obiettivo del nostro contributo è stato proprio questo: riuscire a stimolare le persone a una condivisione intima e sincera, alla fiducia verso l'altro, primissimo tassello che va a scalfire il rapporto difesa/offesa. La seconda parte del laboratorio si è concentrata sull'aspetto più pratico: come rendere tutte le informazioni e riflessioni acquisite in spettacolo teatrale, emozione, arte. Abbiamo scelto e suddiviso i temi da trattare: violenza psicologica, violenza domestica, violenza ai minori, prostituzione minorile, stupro, femminicidio. Si è richiesto alle partecipanti di scrivere durante la pausa estiva un racconto sul tema assegnato, prendendo come spunto un fatto realmente accaduto. Dopo una prima lettura dei materiali prodotti dalle ragazze ci siamo concentrate sugli aspetti base della drammaturgia: dal racconto al testo teatrale, e siamo andate avanti con la stesura dei dialoghi e la drammatizzazione. Le partecipanti hanno apportato le giuste modifiche ai propri testi anche grazie all’intervento della formatrice per poi procedere con la lettura degli elaborati. Una volta scelti i testi prodotti da inserire nella lettura ci siamo dedicate alla costruzione dello spettacolo: scelta della modalità di presentazione degli elaborati e dell’atmosfera musicale durante la lettura dei brani. Le partecipanti sono state invitate a creare attivamente lo spettacolo con la lettura del proprio elaborato (con lezione di lettura espressiva e nozioni minime di dizione e articolazione). E’ stato di grande valore riuscire a condividere con le giovani studentesse il piccolo grande segreto del teatro: che dietro uno spettacolo, dietro a una comunicazione che riesce a toccare le corde più profonde, c’è un lavoro accuratissimo di tempi e ritmi drammaturgici, con regole e tecniche molto precise e “scientifiche”. Questo percorso ha arricchito molto noi del Gruppo di Lettura San Vitale da un punto di vista umano e soprattutto professionale, confermando ancora una volta che il teatro, l’arte che emoziona e fa capire, può tenere per mano la prevenzione, spingendoci a fare sempre di più e sempre meglio. Da questa esperienza è nata l'idea di proporre lo stesso laboratorio di formazione per gli operatori e le operatrici che lavorano a stretto contatto con le donne vittime di violenza, per dare loro uno strumento in più . Emozionante e importante è stato inoltre il confronto con tutta la rete: non abbiamo proposto solo un seminario, ma uno spettacolo d’apertura, creato proprio per il Progetto Insieme contro la violenza di genere. L'evento spettacolare “Donne e violenza: dalle favole alla cronaca”, frutto del laboratorio presentato il 19 ottobre durante la Festa della Storia, è stato certamente la sintesi più efficace del nostro lavoro. E’ stato molto interessante racchiudere in uno stesso evento uno spettacolo e un dibattito, rendendo entrambi gli interventi parte di una unica giornata omogenea e funzionale. Si è riusciti a integrare entrambe le attività: lo spettacolo ha predisposto gli spettatori a una maggiore attenzione al dibattito, e quest’ultimo ha approfondito in maniera “ scientifica” i vari aspetti emersi durante la lettura. Visto il successo del 19 ottobre, siamo state invitate a riproporre le letture il 25 febbraio in occasione della giornata di chiusura del Progetto Insieme, ottenendo anche in questo caso un buon riscontro da parte dei partecipanti. In conclusione. Far parte del “Progetto Insieme”, lo ribadiamo, è stata per il Gruppo di Lettura San Vitale un’esperienza molto intensa. Lo scambio di informazioni, punti di vista e approcci differenti con partner così eterogenei, è stata un’occasione fondamentale di arricchimento, soprattutto per noi, che essendo un’Associazione culturale, ci occupiamo principalmente dell’aspetto umano del problema della violenza di genere. Partecipare ai seminari ha allargato i nostri orizzonti di interesse e affinato la nostra sensibilità rispetto ai sintomi della violenza subita, rendendoci ancora più attente e offrendoci gli strumenti per comprendere e riconoscere più facilmente i segni del disagio. In questo modo il percorso del Gruppo di Lettura rispetto alla lotta contro la violenza di genere si è rafforzato ulteriormente, e ha acquisito interessanti spunti di approfondimento da proporre durante i futuri laboratori di sensibilizzazione e prevenzione. D’altro canto ci siamo impegnate con entusiasmo per trasmettere le nostre conoscenze alle studentesse che hanno seguito il percorso di formazione. Riteniamo che lo spettacolo sia non solo un prodotto artistico valido, capace di toccare le coscienze e stimolare una riflessione profonda, ma anche che presso gli stessi partner si sia stimolato un coinvolgimento complementare ed essenziale alla missione di partenza. L’impegno del Gruppo Di Lettura contro la violenza di genere, dopo l’esperienza del Progetto Insieme, si è ulteriormente rafforzato, e il Gruppo stesso è determinato a sensibilizzare i giovani e a prevenire il più possibile avvenimenti simili, soprattutto partendo dalle fasce più giovani della popolazione, in modo che per gli adulti di domani le parole rispetto, tolleranza e non-violenza siano normali, o meglio ancora, superflue, perché insite profondamente nella loro cultura e nell’approccio al mondo e agli altri. La rete locale di Fernanda Minuz Nell'ambito del progetto “Insieme”, presso il Centro di Documentazione, Ricerca e Iniziativa delle Donne della Città di Bologna, si è tenuto un seminario specificamente rivolto alla costruzione di una rete cittadina di contrasto alla violenza di genere (11.2.2010). Ne presenterò alcuni risultati insieme ad alcune riflessioni. Come già emerso anche nel report conclusivo sull'attività di ricerca svolta nell'ambito del Progetto Insieme, curato da Greco, Salvatore e Zappaterra, anche nel seminario si è sottolineata la specificità della situazione bolognese per quanto riguarda le reti di soggetti che agiscono per contrastare la violenza di genere: rispetto ad altre realtà regionali si caratterizza per una forte iniziativa dell'associazionismo e di varie forme di autorganizzazione delle donne nate a partire dai movimenti femminista e femminile. Ciò ha attivato, in forme diverse e in ambiti diversi, servizi e azioni di contrasto, dalla Casa delle donne per non subire violenza, che agisce nella prevenzione, presa in carico e riparazione degli episodi di violenza, a varie associazioni che operano prevalentemente per contrastare la cultura in cui si radica e che genera la violenza maschile contro le donne. A fronte di tale vivacità dell’associazionismo, l'azione pubblica e istituzionale appare discontinua nel tempo, con momenti di grande presenza, come quando il Comune promosse il Tavolo delle donne contro la violenza, e momenti di minor investimento, sia finanziario sia in termini di tempo e di risorse dedicate. La difficoltà a creare e mantenere attiva una Rete cittadina, pertanto, non deriva in primo luogo dalle relazioni politiche tra i gruppi di donne, quanto piuttosto dall’insufficiente azione di governance istituzionale. Da tempo infatti alcuni soggetti hanno messo in luce la necessità di un protocollo cittadino che consenta un'azione coordinata tra istituzioni, associazioni, forze dell'ordine, unità sanitarie e, di recente, l’università. Occorre pertanto ripensare la relazione tra privato e pubblico. Personalmente la ritengo una sfida importante perché comporta da un lato il riconoscimento, da parte delle istituzioni, dell'autonomia ideativa, organizzativa, di approccio di quelle associazioni e gruppi che da tempo si fanno carico della violenza contro le donne, dall'altro la necessità di un sostegno istituzionale in termini di coordinamento, finanziamento, governo del territorio. In questi termini possiamo individuare, anche sul tema della violenza, la necessità di pensare il rapporto tra istituzioni e forme dell'autorganizzazione della società civile, società femminile in questo caso. In termini generali, il riconoscimento dell’iniziativa della società civile è rivendicato a partire dal principio di sussidiarietà, così come descritto nell'articolo 118 del Titolo V della costituzione, modificato nel 2001. Dall'altro rimanda a un tema diverso, di grande importanza nella tradizione del movimento delle donne bolognese: il rapporto tra donne nelle istituzioni rappresentative e nell'amministrazione e donne che agiscono in una sfera pubblica più ampia e nei movimenti, rapporto difficile per il nodo della rappresentanza e rappresentatività delle donne nelle istituzioni, ma praticato e richiesto in vista di una comune politica di donne per le donne. Il seminario ha trattato temi importanti che richiamerò brevemente. In primo luogo il tema della frammentazione, molecolarizzazione è stata chiamata nell'indagine conoscitiva. La tendenza alla frammentazione ha diversi aspetti riguarda: l'azione dei diversi soggetti che tendono talvolta a non riconoscersi l'un l'altro, riguarda il citato coordinamento dell'azione pubblica e associativa, ma riguarda anche una tendenza all'interno dei servizi sociali. A fronte di bisogni sempre più complessi e di storie personali che più che mai richiedono approcci unitari e olistci, i servizi sociali operano sempre più isolati, parcellizzati. Per quanto riguarda la realtà bolognese questa tendenza si è accentuata con il decentramento nei quartieri dei servizi sociali. Si è parlato quindi di necessità di un nuovo slancio di progettazione del Welfare, della “stanchezza” di un sistema di servizi, che potrebbe derivare, a detta di alcune, dalla burocratizzazione dopo la spinta innovativa degli anni 70, ma che ha origine, anche e soprattutto, nella mancanza di turn over a fronte della riduzione del personale, nello stato di precarietà delle lavoratrici e dei lavoratori delle cooperative sociali. Un tema ricorrente, che il progetto “Insieme” ha giustamente affrontato, è quello della formazione: per ripensare il sistema del Welfare in generale e nello specifico per affrontare i molti aspetti della violenza maschile contro le donne sono necessarie ricerca, conoscenza, formazione adeguata degli operatori e delle operatrici. Il seminario e questo convegno hanno luogo in un momento di crisi istituzionale, per le dimissioni del Sindaco e della Giunta e l’assunzione delle loro funzioni da parte di un Commissario. Le partecipanti al seminario, rappresentanti di associazioni, operatrici e dirigenti di servizi sociosanitari, esponenti dell’amministrazione comunale, hanno stabilito tuttavia che non è opportuno fermarsi, ma occorre procedere nella costruzione di una rete cittadina che porti alla definizione di un protocollo operativo condiviso. Si è costituito pertanto un gruppo che intende lavorare al protocollo, da sottoporre, quando vi saranno le condizioni, alle istituzioni preposte; contribuirà così alla formulazione di un pezzo del programma amministrativo della città. ALLEGATI ALLEGATO 1 Formulario di presentazione del Progetto (INSERIAMO 20 PAGINE DI SCHEDA PROGETTO INIZIALE). ALLEGATO 2 RAPPORTO CONCLUSIVO Titolo del progetto: INSIEME CONTRO LA VIOLENZA DI GENERE Soggetto proponente: Comune di Bologna. Nome del partner Comune di Bologna - Capofila Descrizione PROGETTAZIONE DI DETTAGLIO E METODOLOGIA. dell’attività A seguito dell’approvazione del progetto, della sottoscrizione della (cosa, come) convenzione con il Dipartimento Nazionale Diritti e Pari Opportunità e dell’autorizzazione all’avvio, ricevuta il 31 luglio 2008, il progetto è stato sviluppato nelle due principali direttrici: La ricerca-monitoraggio da condursi sui tre territori interessati le attività formative. La progettazione è stata condotta da un gruppo di lavoro formato dalle esperte interne e sottoposta al Gruppo di Coordinamento previsto dal progetto in un incontro svoltosi il 27 settembre 2008. La progettazione è stata approfondita in un apposito seminario con tutti i partner. Il seminario, preparato da un gruppo di lavoro ristretto riunitosi il 20 maggio 2008, si è svolto il 29 ottobre 2008, con il compito di produrre proposte di merito per le fasi successive in relazione a indicatori per la ricerca- monitoraggio, formazione e strumenti di rete (partecipanti: 40) L'impostazione metodologica che ha informato il progetto si è incentrata sulla massima circolarità di informazione e condivisione democratica. Nella seconda fase del progetto (periodo aprile-marzo) si è determinato, coerentemente a detta impostazione, un intensificarsi degli incontri: • Gruppi di coordinamento (Composizione formalizzata nella scheda progetto) calendario incontri: • • • 19 maggio 2009 16 settembre 2009 15 gennaio 2010 • Incontri di coordinamento allargato a tutti i partner calendario incontri: • • 27 aprile 2009 e 3 febbraio 2010 Comitato di Pilotaggio: Il Comitato di pilotaggio ha dato vita a tre incontri in momenti temporali significativi per la realizzazione del progetto e precisamente all'avvio del progetto, ad azioni avviate e a conclusione delle attività principali. In tali incontri il comitato ha valutato l’importanza degli obiettivi generali prefissati nel progetto, rilevando la pregnante valenza politica del lavoro di interazione tra associazionismo e istituzioni in merito al tema della violenza di genere. Si sottolinea l’ intento di affermare e sostenere la promozione di un'uscita dall’autoreferenzialità a vantaggio di una pratica di messa in comune delle esperienze e delle risorse di cui gli attori pubblici e privati dispongono. Calendario incontri: • • • Descrizione dell’attività (cosa, come) 04 dicembre 08: indirizzo generale del progetto e azioni programmate con riferimento alla valenza politico-istituzionale e alla ricaduta sul territorio; 17 giugno 09: sviluppo in rete del progetto con particolare riferimento al piano di comunicazione e al coinvolgimento di tutti gli attori locali; 19 ottobre 09: validazione del lavoro di ricerca "Insieme contro la violenza di genere" e confronto sui contenuti e sugli orientamenti operativi in essa riscontrabili. RICERCA-MONITORAGGIO L’attività di ricerca, commissionata ad un gruppo di tre ricercatrici, selezionate tra 94 candidature, è stata condotta tra gennaio e maggio 2009. Un questionario di tipo “quantitativo”, è stato somministrato a tutti i referenti indicati dai partner per il ruolo e le attività svolte sui temi dell’accoglienza, della prevenzione, della sensibilizzazione, nonché sul funzionamento delle reti intersettoriali e interistituzionali. Successivamente sono state effettuate 30 interviste a testimoni significativi sulla base una griglia di tipo “qualitativo” . Tale attività ha prodotto una pubblicazione : Relazioni: pratiche e possibilità del contrasto alla violenza contro le donne a Bologna, Forlì-Cesena e Rimini a cura di Valentina Greco, Angela Salvatore, Paola Zappaterra La pubblicazione è stata distribuita, tra il materiale didattico, all'interno di due seminari formativi e diffusa nella conferenza finale. E' stata punto di partenza del Seminario “La costruzione della rete a Bologna” e sarà oggetto di disseminazione. Descrizione SEMINARIO DI METÀ PROGETTO. 17 giugno 2009 dell’attività (cosa, come) Nel corso del seminario di allineamento sono stati presentati i primi risultati emersi dalla ricerca. In particolare si sono ridefinite le attività rispetto ai fabbisogni formativi e informativi, raccogliendo tra l'altro le sollecitazioni del laboratorio di Scienze della Comunicazione per la creazione di una campagna comunicativa contro la violenza di genere. Dalla ricerca emerge: lo stato delle reti Una rete è un luogo metaforico in cui tutti i soggetti che si occupano di violenza contro le donne possono interagire valorizzando la propria competenza nell'ottica del reciproco riconoscimento. Praticamente tutti gli intervistati affermano la necessità di muoversi dentro una rete che renda agevole l'azione, la comunicazione, lo scambio. Il buon funzionamento di una rete richiede capacità di lavorare insieme mettendosi in relazione con gli altri, senza il timore di perdere la propria specificità. Frammentazione e difficoltà di comunicazione vengono denunciate come principali nodi critici nella pratica di rete. Bologna si discosta dagli altri territori partner per la mancanza di una rete formalizzata: in questo caso, tra le cause dell'attuale indebolimento delle maglie della rete è stato individuato il mancato riconoscimento valorizzazione di una storia comune e dei soggetti che vi hanno partecipato. Ciò ha fatto sì che si perdesse il patrimonio di solidarietà e la capacità di tessere relazioni che aveva caratterizzato gli anni passati. Un'efficace rete antiviolenza si caratterizza anche per la capacità di contrastare l'episodicità della formazione, investendo in momenti di sensibilizzazione alla tematica e di approfondimento trasversali ai diversi ambiti professionali e lavorativi. Dalla ricerca emerge: la formazione. La formazione è un momento chiave non solo del percorso professionale degli operatori, ma anche della costruzione, del consolidamento e del funzionamento di una buona rete. E' inoltre essenziale al sostegno di un buon lavoro sociale di prevenzione. La formazione, quindi, deve sempre toccare due piani: − le esigenze formative e informative degli operatori − il cambiamento culturale nella sua cornice generale. Gli operatori che fronteggiano l'emergenza ed effettuano la presa in carico delle vittime hanno bisogno di competenze specifiche, di poter attingere a professionalità multidisciplinari, di essere a loro volta sostenuti nell'affrontare i fenomeni di burn out e traumatizzazione secondaria. Una buona formazione deve quindi coinvolgere una pluralità di soggetti, per un confronto periodico tra loro e con gli operatori dei servizi dedicati. Occorre inoltre incoraggiare e rendere stabile lo scambio di pratiche, esperienze e saperi fra soggetti diversi. Sollecitazioni dal laboratorio di Scienze della Comunicazione Pianificare la comunicazione di una rete di soggetti e istituzioni non può prescindere da percorsi condivisi che garantiscano il coinvolgimento dei diversi partner, nel rispetto delle differenti esigenze ed esperienze. La comunicazione è al contempo espressione di un comune universo simbolico e valoriale, nonché strumento utile per i singoli partner. E' in quest'ottica che nasce il piano di comunicazione preparato per la rete dal laboratorio della Laurea Magistrale in Scienze della Comunicazione Pubblica e Sociale. Il piano di comunicazione ha proposto due immagini per la scelta di un logo identificativo della campagna. Tali immagini sono state accolte con molto interesse dai partner tanto che ha preso corpo l'idea di adottare il logo prescelto come forma grafica identificativa della rete del progetto: il logo del progetto. Data l’importanza strategica degli aspetti informativi nelle attività di comunicazione della rete si è programmato un seminario specifico incentrato sugli aspetti informativi e comunicativi. Descrizione dell’attività ATTIVITÀ REALIZZATE DAI PARTNER (cosa, come) Nome del partner Comune di Bologna Descrizione dell’attività Budget e attività di supporto alla gestione e alla rendicontazione (cosa, come) Il Comune di Bologna, capofila, ha formulato il dettaglio del budget per la ripartizione delle risorse tra i partner. Sono stati individuati i criteri e le norme per la gestione delle spese e la loro rendicontazione e predisposti una guida per la rendicontazione, formulari e modelli per consentire a tutti i partner di rispondere ai criteri adottati. Il comune di Bologna ha coordinato gli incontri di gestione e rendicontazione secondo il calendario esposto nonché la raccolta dei documenti dei partner sulle attività e spese realizzate a metà e a fine progetto. Calendario incontri: • • • 27 ottobre 2008 gruppo di coordinamento/financial manager 6 aprile 2009 15 gennaio 2010 Descrizione dell’attività Attività di pubblicizzazione del progetto (cosa, come) Comunicazione via web: pur non essendo prevista dal progetto l’apertura di un sito, il Comune di Bologna ha messo a disposizione dei partner e dell’informazione trasparente su tutti gli aspetti del progetto una pagina del proprio sito: http://www.comune.bologna.it/politichedelledifferenze in esso sono pubblicate tutte le informazioni, dal testo del progetto ai programmi e resoconti delle iniziative via via intraprese dai singoli partner, oltre che le istruzioni pratiche per i partner stessi. Produzione e diffusione materiali cartacei. Realizzazione di una scheda sintetica informativa sul progetto (1600 copie): distribuita a tutti/e i/le partecipanti ai seminari alla Commissione delle Elette del Comune di Bologna, al Seminario di Pesaro e di Modena su tematiche affini dove è stato presentato il progetto e in tutti i contesti di visibilità delle attività del Comune. Realizzazione di un pieghevole informativo sulla progettazione della campagna di comunicazione elaborata dall'Università di Bologna (1000 copie). Partecipazione, con il materiale informativo (scheda sintetica e pieghevole sulla campagna comunicativa) alla Campagna Itinerante della Commissione Europea di comunicazione e informazionesull'Europa Sociale (Bologna, Piazza del Nettuno 29, 30, 31 ottobre 2009). Comunicazione radio: Dal maggio 2009 al marzo 2010 ciclo di trasmissioni a cadenza settimanale a cura di Tavola delle donne e UDI.(vedi sotto descrizione attività del partner). Comunicati stampa: il comunicato stampa delle giornate di fine progetto è stato ripreso su vari siti web, giornali, agenzie. Descrizione Realizzazione di materiali informativi. dell’attività (cosa, come) Oltre alla realizzazione della citata scheda informativa sul progetto, successivamente al seminario sugli aspetti informativi e comunicativi e in coerenza con le indicazioni egli stimoli da esso forniti, si è lavorato alla produzione di : un logo di rete una locandina pensata per comunicare la presenza di una sensibilità sui temi relativi alla violenza contro le donne alle utenti di luoghi di informazione/accoglienza dedicati e non. un opuscolo informativo per il territorio di Bologna che, raccogliendo un elenco di centri, servizi e programmi di aiuto, sviluppati ed implementati da soggetti diversi, possa costituire una strumento “facilitatore” per la messa in rete di operatori dei vari servizi pubblici e del privato sociale. L'ufficio politiche delle differenze ha coordinato e realizzato la produzione di questi materiali come esito di un processo di condivisione, avvalendosi della collaborazione di un'associazione partner Orlando-Molte Donne un Pianeta e affidando il progetto grafico ad una società di servizi – Comunicattive. LOGO L'immagine visiva del logo è stata rielaborata tenendo conto delle risorse disponibili, ma con la massima attenzione alla scelta e ai suggerimenti dei partner al fine di garantire che tutti possano riconoscersi in esso e farlo proprio. LOCANDINA PER MEDICI DI BASE, SPORTELLI SERVIZI E ASSOCIAZIONI La locandina, tradotta in varie lingue, ha lo scopo di segnalare una disponibilità di ascolto a chi frequenta gli ambulatori, le sedi dei quartieri, gli sportelli informativi dei servizi socio-sanitari, le associazioni di donne... Il messaggio é rivolto in particolare alle donne e contemporaneamente mira a sensibilizzare un pubblico più ampio al tema della violenza di genere. BROCHURE INFORMATIVA PER GLI OPERATORI Breve guida contenente le informazioni utili a medici di base, sportellisti, personale dell’URP, vigili urbani, forze dell’ordine, pensata come primo strumento di lavoro per la potenziale rete bolognese, che dovrà impegnarsi a un suo costante aggiornamento. Descrizione dell’attività Seminari (cosa, come) Il Comune di Bologna, nell’ambito dei suoi impegni di partenariato, ha effettuato i seguenti seminari: Violenza sessuale: il pronto soccorso unico. L'esperienza dell'Ospedale Maggiore di Bologna, Bologna 11 marzo 2009 Il percorso di costituzione del pronto soccorso unico viene presentato come esempio di buona prassi di collaborazione ineristituzionale, se pur passibile di miglioramento con l’estensione alla più ampia e sfaccettata casistica del maltrattamento (partecipanti 37) Minori: violenza assistita e subita. Come riconoscerla e affrontarla, Bologna 7 aprile 2009 L’iniziativa, incentrata sull'esperienza del Faro (Centro specialistico provinciale contro gli abusi all’infanzia) e di Casa delle donne per non subire violenza ONLUS, è rivolta a operatori impegnati professionalmente nelle tematiche proposte, e si propone uno scambio di conoscenze e buone pratiche. Hanno partecipato in qualità di relatori: pediatri, operatori dei servizi, operatori del pronto soccorso, insegnanti, pool tematici di questura e procura (partecipanti 88) Autori di violenza. Il progetto MUVI: esperienze a confronto, Bologna 20 aprile 2009 Il tema è inquadrato a partire dagli esiti del progetto europeo MUVI (Men Using Violence in Intimate Relationship) realizzato dal Comune di Bologna in partenariato locale con Casa delle Donne per non subire violenza, Oslo, Barcellona e Atene. Il seminario ha proposto un confronto con le esperienze di Milano e Firenze (partecipanti 44). La formazione, rivolta a operatori che incrociano le tematiche proposte da diverse collocazioni, istituzionali o meno, è stata finalizzata a uno scambio di esperienze e buone pratiche tra i vari territori (Bologna, Forlì-Cesena, Rimini), con un taglio operativo. Gli/le operatori/ici di fronte alla violenza di genere 4 e 10 dicembre 2009 (2 moduli: rispettivamente 33 e 40 partecipanti). La formazione, rivolta a assistenti sociali, operatori degli Sportelli Sociali dei Quartieri, Polizia Municipale, referenti di quartiere per la Sicurezza, è mirata a fornire strumenti per riconoscere la violenza di genere, indirizzare e individuare insieme alle vittime percorsi efficaci di sostegno e uscita dalla violenza, contribuendo alla messa in rete di enti e servizi operanti sul territorio. Aspetti informativi e comunicativi nelle strategie di contrasto alla violenza di genere 14 dicembre 2009. Dall'analisi di alcuni materiali esistenti e dai fabbisogni informativi dei partner e degli operatori, si progetta la realizzazione di materiali informativi (partecipanti 22) Nome del partner AUSL Bologna Descrizione dell’attività (cosa, come) Mappatura attività di formazione attraverso la raccolta dei dati relativi alle varie iniziative realizzate in Azienda negli anni 2000-2008 con indicazione del soggetto proponente, della durata, numero edizioni, periodo di svolgimento, crediti attribuiti e docenti. Definizione di un modello di intervento in risposta alle famiglie multiproblematiche con rapporti violenti attraverso lavori di gruppo interprofessionali e la predisposizione di un piano di formazione rivolto agli operatori sociali e sanitari dei diversi servizi dell’Azienda USL e del Comune di Bologna. Coordinamento, attraverso gruppi di lavoro, delle attività e delle iniziative rivolte alle donne e ai minori che subiscono violenza. Con il coinvolgimento di: - Centro Specialistico “Il Faro” - Pronto Soccorso degli Ospedali - Medicina Legale - Programma Salute Donna - Servizi Sociali Ospedalieri e del Comune di Bologna Seminari Le famiglie multiproblematiche. Verso la definizione di un modello di intervento 10 dicembre 2009 e 4 febbraio 2010 Lavoro interprofessionale nella presa in carico delle famiglie multiproblematiche con rapporti violenti: aspetti relazionali e organizzativi. Nome del partner Comune di Forlì Descrizione Incontri di rete: dell’attività 1° incontro 18/09/08 presentazione alla Rete Irene del Progetto Insieme per (cosa, come) rendere concreto il progetto finanziato dal Ministero. Condivisione degli obiettivi e delle tematiche da affrontare in rete. 2° incontro: 11/12/08 discussione delle tre azioni previste dal progetto: formazione analisi dell'esistente creazione di un osservatorio 3° incontro 26/02/09 Incontro di rete relativo alla programmazione e discussione dei casi inerenti alla tematica del seminario di Forlì incentrato su violenza e donne immigrate. Discussione delle prassi utilizzate e degli aspetti critici che la rete deve affrontare in queste situazioni. Seminari 23-24/03/09 : Violenza di genere e donne immigrate - Esperienze italiane ed europee a confronto. Il seminario basato sul confronto fra esperienze reali, con l’apporto di esperte internazionali, ha favorito una riflessione fra operatori ed uno scambio di conoscenze e strumenti concreti di lavoro tra reti e territori. La scheda di rilevazione del maltrattamento: analisi dei diversi approcci per la definizione di una scheda comune 3 luglio 2009 Il seminario partendo da un' analisi critica delle schede di rilevazione in uso nelle diverse città partner del progetto, ha prodotto una scheda di rete condivisa, diversa dalla scheda utente perché finalizzata a monitorare il funzionamento e l'efficacia della rete territoriale. Ha proposto inoltre la presentazione di un software informativo gestionale, in uso a Forlì, per lo sviluppo della cartella integrata sociosanitaria che consenta la compilazione informatica dei dati, via web, da parte dei servizi in rete. L’Osservatorio sull’evoluzione del fenomeno della violenza di genere: una proposta di raccolta dati 18 febbraio 2010 Analisi, discussione e validazione della proposta di raccolta dati. Pur non essendo stato sperimentato, il sistema di raccolta dati potrebbe rappresentare il punto di partenza per un progetto ulteriore che si sviluppi in un osservatorio sul fenomeno della violenza e sul funzionamento delle pratiche e delle politiche di contrasto. Nome del partner Comune di Cesena Descrizione Seminari dell’attività Urgenza ed emergenza : percorsi di ascolto, accoglienza e valutazione del (cosa, come) danno” 16 giugno 2009 Il supporto legale e sanitario: misure giuridico-processuali, cliniche e medico-legali di contrasto alla violenza intrafamiliare” 20 ottobre 2009 Gli strumenti dell'osservatorio:dal modello sistemico-pluralista con le vittime della tratta alle implicazioni pratiche dell'ecologia della violenza 25 novembre 2009 Una nuova sfida negli interventi sulla violenza domestica: la valutazione e i percorsi di cambiamento rivolti agli uomini maltrattanti – Aspetti clinici e motivazionali della presa in carico degli autori della violenza. 15 dicembre 2009 Nome del partner Descrizione AUSL Rimini dell’attività Raccolta dati attraverso una scheda di rilevazione diffusa alle Assistenti (cosa, come) Sociali del Servizio Tutela Minori dell’Azienda USL di Rimini, all’Assistente Sociale del Progetto Dafne, alle operatrici degli Sportelli Sociali del Comune di Rimini, alle operatrici della Casa delle Donne del Comune di Rimini. Rilevazione presso i Pronti Soccorsi ed i Pronti Interventi dell’Azienda USL di Rimini attraverso l’estrapolazione dei dati riguardanti le donne che hanno subito violenza inseriti dai medici nel programma computerizzato in uso, MED-TRAK. Presentazione e diffusione dei risultati ottenuti curata dalla dr.ssa Maria Maffìa Russo, Responsabile del “Progetto Dafne”. Pubblicazione dei dati e inserimento degli stessi all’interno del sito internet dell’Azienda USL di Rimini. - www.auslrn.net. Pubblicazione del Quaderno Asri n°123 la rete Dafne: fattore di protezione contro la violenza alle donne. - www.auslrn.net. Realizzazione e diffusione di un questionario per la rilevazione della soddisfazione degli operatori della rete Dafne con l’obiettivo di valutare la qualità del lavoro di rete e degli strumenti utilizzati e della formazione, nonché la percezione della rete di contrasto alla violenza come risorsa. Seminari • Violenza nelle relazioni familiari: le Forze dell’Ordine e il primo intervento. 30 Ottobre 2008, rivolto agli operatori della rete: operatori sociali e operatori sanitari dell’Azienda USL di Rimini, operatori di strutture residenziali e semi-residenziali, operatori delle Forze dell’Ordine, Operatori del Comune e della Provincia di Rimini, associazioni presenti nel territorio • Il lavoro di rete e la qualità dell'integrazione: fattori di protezione contro la violenza alle donne 7 ottobre 2009 • Stalking: dalla legge alla tutela della donna 26 gennaio 2010 Seminario di formazione rete Dafne Azienda Usl Rimini Nome del partner Università di Bologna, Sezione Dipartimentale di medicina Legale, Associazione delle Docenti Universitarie (AdDU) Descrizione Organizzazione e coordinamento di un laboratorio universitario per la dell’attività progettazione di una campagna di comunicazione contro la violenza alle (cosa, come) donne; Partecipazione attiva ai seminari organizzati dal Comune di Bologna per incrementare il reciproco scambio di conoscenze nella rete Il progetto del Laboratorio ha coinvolto 7 studentesse del corso di laurea specialistica in Scienze della Comunicazione Pubblica Sociale e Politica dell’Università degli Studi di Bologna. LABORATORIO: proposta concettuale di un logo della campagna di comunicazione. Riscontro positivo da parte di tutti i partner sulle attività proposte nel piano di comunicazione. In particolare i partner si sono trovati in accordo sulla necessità di realizzare prodotti comunicativi per i medici di medicina generale inclusi tra ,i pubblici destinatari della campagna Il piano di comunicazione si è aggiudicato il primo premio nella sezione studenti della V Edizione del Concorso “Marketing sociale e comunicazione per la salute” indetto dall’ Associazione Italiana della Comunicazione Pubblica ed Istituzionale, dal Servizio Sanitario Regionale dell’Emila Romagna- Ausl di Modena e dal Coordinamento Nazionale Marketing Sociale; L’attività del laboratorio ha inoltre ispirato la realizzazione di diverse tesi di laurea focalizzate sul tema delle relazioni fra i generi. Tutte le lezioni del Laboratorio si sono tenute fra dicembre 2008 e marzo 2009. Collaborazione alla stesura e alla realizzazione di un testo teatrale con il Gruppo di Lettura San Vitale. Il testo realizzato è stato messo in scena il 19 ottobre 2009 in occasione della presentazione del progetto “Insieme contro la violenza di genere” , all’interno dell'evento annualmente organizzato dall'università, Festival della Storia, e riproposto nella giornata di chiusura lavori del progetto alla presenza di tutti i partner (25 febbraio 2010). Partecipazione attiva con relazioni e coordinamenti, ad attività seminariali comuni del Progetto (si vedano, in particolare, il Seminario del 14 dicembre 2009 e il seminario del 30 gennaio 2010). Nome del partner Ordine dei medici Bologna Descrizione l Medico di Famiglia di fronte alla violenza sulle donne . Corso MMG dell’attività formazione obbligatoria (cosa, come) 30 gennaio 2009 La formazione e informazione di base rivolta Medici di Medicina Generale e medici di Continuità Assistenziale di AUSL Bologna Città, è finalizzata alla messa in rete di una figura professionale essenziale nella prevenzione e nel contrasto alla violenza di genere, attraverso la proposta di strumenti per individuare e gestire i casi intercettati, indirizzando ai servizi dedicati. La presenza di circa 200 medici e l'elevata soddisfazione registrata sulla base del test di valutazione finale evidenziano l'interesse crescente di una categoria mai prima coinvolta, e attivata rispetto al fenomeno, sul territorio bolognese. Nome del partner I.P.S.S.C.T.P “Aldrovandi-Rubbiani” (Scuola secondaria di secondo grado che realizza le attività per conto dell'Ufficio Scolastico Provinciale) Descrizione L'Istituto ha realizzato un laboratorio teatrale, svoltosi settimanalmente, in dell’attività due ore pomeridiane. (cosa, come) Nel primo periodo sono state sollecitate riflessioni sul tema della violenza e, in particolare, della violenza contro le donne. Sono state fornite informazioni sull’argomento e si sono letti articoli. Dalle riflessioni e dalle emozioni dei ragazzi durante gli incontri, è nato il testo dal titolo Senza volto Senza nome, rappresentato nel mese di maggio all’ITC Teatro di San Lazzaro di Savena nell'ambito del Festival delle Scuole e all’Arena del Sole, importante teatro bolognese, durante la rassegna Teatro delle Scuole. Nome del partner Unione Donne in Italia - UDI Descrizione -Settembre 2008. Presentazione nella sede dell’UDI di Bologna del dell’attività Progetto Staffetta di donne contro la violenza sulle donne, connessioni con (cosa, come) il progetto Insieme. -incontro con il comune di Granarolo ed i servizi sociali sulle modalita’ di intervento nei casi di violenza con particolare riferimento alle donne straniere residenti nel comune; -conferenza con l'Associazione Trama di Terre a Imola su violenza sessuata e femminicidio; -incontro e confronto con le donne del territorio su violenza sessuata e femminicidio; -rassegna cinematografica dedicata alle donne e alla violenza di genere seguita da gruppo di discussione; -partecipazione alla realizzazione di un progetto scolastico sul fenomeno della violenza contro le donne rivolto agli studenti delle terze classi di scuole di secondo grado di Bologna: istituto Professionale Rubbiani, istituto tecnico R. Luxemburg, Liceo scientifico A. Righi, ; - incontro nelle scuole di primo grado sul tema : “Il ruolo di una associazione rispetto alla violenza sessuata”. In collaborazione con il comune di S.Giovanni in Persiceto; -seminario su “ Stalking e violenza, donne migranti quali diritti?” in collaborazione con l’Associazione Italo Calvino. Le esperte dell'associazione hanno partecipato a numerosi seminari, sia come relatrici, in quelli formativi rivolti agli operatori che, con interventi articolati e puntuali, in quelli di scambio di pratiche tra i vari territori. Nome del partner Orlando – Molte donne un pianeta Descrizione Da progetto l’associazione “Orlando – Molte donne un pianeta” partecipa dell’attività all’attività “Rete: costruzione di strumenti stabili e condivisi di intervento (cosa, come) anche attraverso l’adozione di formali protocolli di intesa tra pubblico e privato”. L’attività è stata realizzata attraverso: -partecipazione alle riunioni di coordinamento volte a condividere scelte e strategie progettuali; -partecipazione al monitoraggio del progetto ; -partecipazione ai seminari di formazione tenuti a Bologna; due incontri presso il Centro Interculturale Zonarelli per avviare una rete con le associazioni delle donne migranti; -diffusione delle informazioni sul progetto attraverso una mailinglist di associazioni di donne migranti presenti sul territorio bolognese. -Predisposizione documento condiviso dalle associazioni di donne della rete bolognese come risultato del seminario di rete. -Partecipazione alla redazione della brochure informativa rivolta alle/agli operatori/operatrici che operano nei servizi del territorio bolognese, fornendo i dati del database server-donne. -Sostegno logistico nell’organizzazione del convegno finale. -Organizzazione del seminario della rete bolognese: La costruzione della rete a Bologna 11 febbraio 2010 Dalle esperienze e dalle pratiche espresse sul territorio bolognese il seminario, rivolto ai partner bolognesi e agli altri soggetti significativi della realtà locale, ha elabora to un documento condiviso su indicazioni e proposte per il futuro, presentato nella conferenza conclusiva. (25 febbraio 2010). Nome del partner Tavola delle donne sulla violenza e sulla sicurezza della città Descrizione - Ottobre 2008. Ricerca nel quartiere Porto sulla percezione della violenza dell’attività sulle donne e sulla sicurezza della città tramite organizzazione di focus (cosa, come) group e di incontri di restituzione. Elaborazione dei dati e pubblicazione del report. - Elaborazione di un modulo pedagogico per una governance di genere. E' un modulo formativo rivolto a operatori dell’educazione, operatori sociali e amministratori, alla Rete formale e informale di donne o di donne e uomini con l'obiettivo della condivisione di un punto di vista di genere sulle questioni della convivenza sociale. Utilizzando i risultati della ricerca somministrata all’interno dei quartieri sul tema della percezione della sicurezza/insicurezza, in particolare rispetto alla violenza alle donne, e i materiali emersi nell'ambito di vari corsi di formazione, si mira a sviluppare una sensibilità relativa ai luoghi della vita sociale. Nella convinzione che il tema della violenza di genere si inscriva in quello più ampio della gestione dei conflitti all’interno delle relazioni -e in particolare delle relazioni con la diversità- e che la violenza e l’aggressività, come esito della paura dell’altro, siano la cifra delle relazioni sociali del nostro tempo, si ritiene fondamentale l’aspetto della prevenzione e dell'educazione alle relazioni e all'incontro con l'altro da sé. Destinatari finali dell’iniziativa sono infatti giovani adolescenti delle scuole superiori, gruppi formali e informali di donne, di adulti e giovani nel territorio. Dal maggio 2009 al marzo 2010 si è realizzato un ciclo di trasmissioni a cadenza settimanale, sulla frequenza di Radiocittà Fujiko, a cura di Tavola delle donne e 'UDI. In esse si è trattato il tema dlla violenza di genere da vari punti di vista dando risonanza ai contenuti del Progetto Insieme e contribuendo alla circolarità dell'informazione e al coordinamento fra le diverse realtà femminili e femministe preseni nel contesto bolognese e Romagnolo. Convivenza di genere e convivenza fra i generi , 22 gennaio 2010 Il seminario, organizzato dall'Associazione, si è svolto a Rimini, in ambito universitario, come momento di diffusione delle ricerche, le esperienze e le riflessioni svolte a Bologna e di scambio di buone prassi tra i territori. Nome del partner Gruppo di Lettura San Vitale. Descrizione - Incontri finalizzati ad una ricognizione dei diversi lavori svolti negli anni dell’attività incentrati sulle tematiche del femminile e sui giovani, volti alla (cosa, come) sensibilizzazione e alla lotta alla violenza, allo scopo di progettare le attività da realizzare all'interno del Progetto. Attività scelte: spettacoli e laboratori sul tema della violenza di genere direttamente fruibili e emotivamente coinvolgenti; - incontri del Gioco Del Rispetto condotti dal Gruppo di Lettura tra novembre e dicembre 2008, presso quattro classi elementari confrontandoli anche con dati raccolti in anni precedenti nelle scuole medie. Il Gioco del Rispetto è un progetto proposto più volte nelle scuole medie e elementari in cui due attori leggono, accompagnati da musica dal vivo, alcuni brani inerenti a personaggi storici, mitologici o di fantasia: dopo aver ascoltato i brani i ragazzi sono guidati da una mediatrice a discutere del tema delle differenze di genere, leit-motiv delle letture. -Il Laboratorio di Drammaturgia “ Le parole per dirlo” ha proposto uno strumento non usuale, legato a metodologie comunicative artistiche, per analizzare emozioni, per trattare temi forti, legati a problematiche di disagio e di dolore in chiave innovativa, inconsueta e con la possibilità di produrre, come esito del lavoro svolto, un testo teatrale. Una parte del Laboratorio è mirata anche ad alcune semplici tecniche attoriali volte a migliorare la comunicazione verbale. Al progetto hanno partecipato cinque ragazze provenienti dalla facoltà di Scienze della Comunicazione e dal Dams di Bologna. Si è prodotto un testo teatrale ricco ed emozionante, portato in scena al termine di un percorso che ha permesso a tutte le partecipanti di vincere qualche iniziale timidezza. Lo spettacolo Raccontare la storia: insieme contro la violenza di genere, è andato in scena all’interno della Festa della storia il 19/10/2009 organizzato dall'Università di Bologna. Lo spettacolo ha affrontato diversi aspetti della violenza: psicologica, domestica contro donne e minori, lo stupro, lo sfruttamento di minori, il femminicidio. I testi, alcuni dei quali scritti dalle partecipanti al laboratorio, sono stati letti con accompagnamento musicale deal vivo, dalle ragazze stesse e da alcuni attori dell'Associazione. Una versione ridotta dello spettacolo è stata presentata nella giornata conclusiva del Progetto, il 25 febbraio 2010. Soggetti coinvolti, gruppo target I partner del progetto, il Comitato di Pilotaggio, il Gruppo di Coordinamento, il gruppo di ricerca; esperti di diverse discipline, formatori. Tutti i responsabili e/o operatrici/operatori dei soggetti che per ruolo, normativa, opzione politica, nel sistema pubblico e nel privato sociale incontrano situazioni di violenza su donne e minori, o svolgono attività di sensibilizzazione e prevenzione. Sintesi attività e output Attività 5 Seminari di Sistema e 19 seminari formativi; 6 Gruppi di Coordinamento di cui 2 allargati a tutti i partner e ricercatrici; 3 incontri con il Gruppo di Ricerca 3 incontri Comitato di Pilotaggio Laboratorio per la progettazione di una campagna comunicativa Ricerca monitoraggio Laboratorio teatrale di stesura testi e lettura espressiva Interventi educativi e di ricerca Trasmissione radiofonica Giornata tematica nella manifestazione “Festa della Storia” Output Scheda di rete Proposta di Osservatorio Materiale informativo: scheda informativa progetto; locandina; opuscolo di rete; logo di rete Aggiornamento in itinere dei materiali nella sezione dedicata al progetto sul sito Politiche delle Differenze [www.comune.bologna.it/politiche delle differenze] Report e tabelle di sintesi Pubblicazione del Quaderno Asri n°123 sulla rete Dafne di Rimini Piano di comunicazione per una campagna contro la violenza sulle donne e pieghevole informativo Pubblicazione Report di ricerca 2 letture pubbliche Pubblicazione “Insieme contro la violenza di genere” con i contributi di tutti i partner Documento per la costruzione della rete bolognese Risultati I seminari hanno contribuito alla condivisione di esperienze e metodologie, all'incremento di conoscenza sul fenomeno e sui suoi diversi aspetti teorici e pratici e alla diffusione di un linguaggio comune. Hanno proposto analisi e prospettive di intervento innovative e aperto piste di lavoro. Hanno inoltre prodotto una riflessione sull'esistente a partire da una analisi storica sui percorsi di costruzione delle reti, e su quanto è necessario fare per milgiorare il lavoro di rete, a livello operativo, di formazione e di governance. La ricerca monitoraggio, come evidenziato nella sezione dedicata, si è dimostrata particolarmente ricca di contenuti utili sia ad orientare alcune attività del progetto, che come strumento formativo e di confronto a diversi livelli. I partecipanti ai seminari formativi hanno complessivamente giudicato rilevanti gli argomenti trattati, buona la qualità degli interventi e efficace la formazione proposta. Degno di nota l' aver raggiunto, a Bologna - tramite la formazione e la distribuzione di materiale informativo - un ampio numero di medici di famiglia, aprendo la strada alla messa in rete di una componente fondamentale, tra gli operatori della sanità, nel contrasto alla violenza di genere. Si è peraltro raccolto l'interesse alla replicabilità di talieazione nel territorio Forlì -Cesena. Altro risultato di particolare rilievo è ravvisabile nell'avvio di un percorso per la costruzione della rete bolognese con la calendarizzazione del primo incontro tra i vari soggetti aderenti, dopo il seminario d dedicato nell'ambito del progetto. Fattori di successo Il confronto tra i partner ha avuto sempre un carattere fortemente pragmatico e operativo, consentendo perciò di formulare piste di lavoro utili agli obiettivi di governance del progetto e agli operatori impegnati sui territori a vario titolo nel contrasto alla violenza di genere. Ricerca: la competenza delle ricercatrici, la scelta di non “appaltare” la ricerca ma di costruirla con il coordinamento del progetto e dei partner, la disponibilità degli/delle intervistati/e. le attività formative realizzate si sono basate sui fabbisogni formativi sia espressi dai soggetti coinvolti che rilevati dalla ricerca. La riflessione innovativa stimolata dal laboratorio di comunicazione dell'Università di Bologna, ha fatto da comune denominatore alla molteplicità di contesti storici e organizzativi del progetto. Criticità e soluzioni Il numero e la varietà dei soggetti coinvolti e attivi nel progetto ha richiesto una costante ripuntualizzazione degli obiettivi, dei ruoli e dei compiti di ognuno, ottenuta tramite numerosi incontri e contatti formali e informali. L'avvicendamento in corso d'opera nel coordinamento del progetto ha comportato la necessità di ritessere le relazioni con i partner e risollecitarne il coinvolgimento. Si è intensificata la produzione di materiali di sintesi finalizzati a una ridefinizione dei contenuti, della tempistica e degli impegni dei diversi soggetti. Rispetto alla ricerca monitoraggio una criticità è stata originata dalla difficoltà di entrare in relazione con alcuni soggetti istituzionali che necessitano di particolari procedure autorizzative per rilasciare informazioni e interviste. Più significativa la resistenza rilevata presso alcuni referenti delle reti a fornire il materiale richiesto dalle ricercatrici. Il coordinamento del progetto si è impegnato nella legittimazione del gruppo di ricerca. Lo svolgimento del Progetto a cavallo di due mandati amministrativi (a Bologna, Forlì e Cesena) ha inciso sulla tempistica in una fase cruciale dell'attività. Tale criticità è stata particolarmente significativa a Bologna, dove il momento di transizione politica ha evidenziato con maggior chiarezza la necessità di creare una rete formalizzata, in grado di sostenere la governance delle azioni di contrasto alla violenza. Questa criticità ha sollecitato in sede locale una assunzione di responsabilità da parte delle associazioni partner, che hanno realizzato un seminario di riflessione sulle potenzialità della rete, allargato anche a soggetti del privato sociale non inclusi tra I partner del progetto. Rispetto dei La tempistica del progetto è stata in linea di massima rispettata. tempi Le criticità sopra espresse hanno determinato una notevole concentrazione delle giornate formative negli ultimi mesi del progetto. ALLEGATO 3 Progetto Insieme Scheda unica di rilevazione VIOLENZE – MALTRATTAMENTI Data e ora accesso: SERVIZIO ACCETTANTE…………………………... OPERATORE………………………………………….. (Parte anagrafica da compilare al primo accesso) • Dati personali utente: Nome e cognome...…………………………………………….. Data di nascita ……………………………………………….. Residenza.…..……..……..….…………….. ………………….. Nazionalità ................................................................................ Analisi contesto di violenza o maltrattante: • intrafamiliare…………………... • extrafamiliare………………….. Si è trattato di: • episodio isolato ……………………… • episodio non isolato………………….. a) b) c) d) e) Tipo di maltrattamento : fisico ………………………………………….. sessuale …………………………………………. psicologico-emozionale …………………………… maltrattamento economico ……………………… stalking …………………………………………….. Da quanto tempo subisce violenza …………………………… ……………………………………………………………… N° figli…………………………..(di cui minori ……………..) Nucleo mono-genitoriale ? SI …… NO …….. Gravidanza in atto: SI…… NO…….. I figli assistono a violenze ……………………. I figli subiscono violenza ……………………… (parte di scheda da compilare dai successivi servizi) Richiesta esplicitata al momento dell’accesso: …………………………........................................................... ..... …………………………………………………………………….. E’ in carico ad altri servizi, altro soggetto, associazione? SI ….. No…… Quali: ○ Centro Donna e/o Centro Antiviolenza Servizio sociale adulti Servizio sociale minori Ufficio stranieri ○ Altro………………………………………………………….. ○ ○ ○ Da quanto tempo …………………………………………… Operatore/operatrice di riferimento nel servizio,ente o associazione ………………………………………………… ………………………………………………………….. Servizio o altro soggetto inviante: ………………………… ………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………… Invii Invio ad eventuale altro servizio, ente, associazione . ………………………………………………………………. ………………………………………………………………. Data dell’invio ………………………………………………. Modalità di invio…………………………………………….. • NOTE ………………………………………………………………… ………………………………………………………………… ………………………………………………………………… ………………………………………………………. (Nuovi accessi) ……………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………… ALLEGATO 4 Report Seminario “ La costruzione della rete a Bologna” Progetto Insieme 11 febbraio 2010 INDICAZIONI Apporto progetto Insieme alla rete cittadina contro la violenza • Socializzare e collettivizzare l'esito del progetto insieme, l'apporto dei singoli partner, plusvalore del confronto regionale come arricchimento delle singole pratiche. • Nuove esperienze di comunicazione: microfono aperto e trasmissione radio. Punti di attenzione Esistono prassi pregresse e positive di rete che hanno portato ad individuare come punti critici a) la formazione b) i servizi sociali Rete e soggetti di riferimento La politica e le istituzioni La difficoltà non è solo e non tanto nelle relazioni politiche tra gruppi di donne ma è una difficoltà di governance istituzionale. Una difficoltà delle reti era già emersa all'epoca della rete Arianna: definire cosa vuoi arrivare a fare con la rete. I soggetti di riferimento per un servizio come la Casa delle Donne, sono soprattutto Istituzionali, ci serve un protocollo cittadino. Poca volontà politica: scarsi investimenti cittadini, inferiori a quelli di altre città; per es. avremmo bisogno di una casa in più. È dall'epoca di “Zero Tollerance” che non abbiamo risorse consistenti attorno al contrasto alla violenza. Gli scarsi investimenti, che vengono dalla mancanza di volontà politica non riguardano solo la violenza ma anche tutti i servizi per madre-bambina/o: ora saranno presi in carico solo i minori segnalati dai tribunali. Darsi il tempo necessario e condividere le modalità per costruire una rete; a Reggio ci sono voluti 3 anni di incontri mensili sorretti dalle Istituzioni. Avere una politica sociale vincente, chi la fa? Non si può accettare che il settore delle Politiche sociali parli con voce diversa da quello delle Differenze. Prepariamoci a fare i conti con un anno di non decisione. Un tavolo istituzionale che deve fare rete con le risorse presenti nel territorio. Come si utilizzano queste risorse, quali i criteri comprensibili? Conoscere quello che si fa sul territorio In regione, in altre città esistono reti istituzionalizzate, continuative, con incontri periodici e formazione. Nel progetto insieme era previsto di porre le basi per un osservatorio sovraprovinciale contro la violenza. Criticità mancanza di una classe politica capace di avere visione dei problemi Strumenti da utilizzare, bilancio di genere e piani di zona, ma dov'è la programmazione? Occorre imporre un modo di gestire la politica, un progetto non può sostituire la politica. I soggetti della rete Molecolarizzazione dei soggetti, scarso riconoscimento reciproco, mancato riconoscimento della storia. Molecolarizzazione: a fronte di storie personali e bisogni sempre più complessi ci sono servizi isolati. Mancato riconoscimento, ciascuno non inserisce l'altro nelle proprie pratiche. Mancato riconoscimento della storia: La politica non raccoglie le esperienze, ogni politico comincia da capo, es. progetto Daphne aveva coinvolto molte ma non ha avuto seguito. Non rivendicare la singolarità ma ritrovarsi ogni soggetto (pubblico o privato) nell'obiettivo comune. Abbiamo bisogno di interventi significativi che colgano i risultati delle numerose ricerche per es. la ricerca in occasione della passata edizione di Naufragi. Un nuovo progetto di welfare Occorrono riflessione sui nuovi bisogni in ordine al welfare cittadino, nuova modalità delle operatrici e degli operatori che stanno nei servizi, c'è molta stanchezza, mancanza di motivazione dopo la spinta degli anni '70. più che molecolarizzazione c'è burocratizzazione. C'è bisogno di una spinta motivazionale che viene da una ridefinizione del modello cittadino Fallimento del progetto politico, ma anche , all'interno, di un gruppo dirigente che è lì da 20- 30 anni e che non ha più niente da dire. Il trasferimento dei servizi Sociali ai quartieri è stata un'azione politica, non siamo state molto esplicite nei confronti delle donne elette, diciamo le nostre difficoltà facciamole arrivare alla stampa, alle donne dei partiti, in regione. Non è questione della motivazione degli operatori ma di un modella che si è imposto da quando si è cominciato a ritirare delle deleghe (Golfarelli Tomba): es. separazione assistenti sociali e formatori. La forza è negli operatori: valorizzarli attraverso formazione continua; c'è un dislivello tra i dirigenti costretti a portare avanti le idee dei politici e gli operatori. Il problema con rapporti con i servizi sociali esiste, ma dove prima erano in 10 ora sono in 5 e non c'è turn over. Precarietà degli operatori delle cooperative sociali; come si fa con una convenzione che viene rinnovata ogni 6 mesi. CESTO DELLE IDEE Formazione continua dei vari soggetti che affrontano le tematiche della violenza. Rete malleabile, i nodi non sono un ostacolo . Comunicazione. Incontri mensili- livello massimo attori di rete (come rete Forlì). Strategie univoche. Interventi significativi (conoscere il territorio) quali politiche sociali a Bologna? Ridefinizione welfare, vecchio modello. Bilancio di genere (confronto sulla programmazione in città). Far uscire un documento le difficoltà dette oggi e chiedere adesioni. PROPOSTE Costituzione di un gruppo multidisciplinare (calendario indipendente da quello politico), questo tavolo che si dovrà allagare continua i suoi lavori anche se in questo momento non sono rappresentate le istituzioni. La condivisione dell'obiettivo politico e costruzione di un pezzo del programma politico delle città per quanto riguarda il welfare. La rete si fonda sulla condivisione di ambiti di azione diversi in cui i diversi soggetti operano: comunicazione; cultura (promozione, dibattiti), servizi (intervento, consulenza), prevenzione. Gli ambiti sono di pari importanza, non chiudiamo e limitiamo il tema della violenza all'emergenza. Mettere insieme e ricomporre Valorizzare il passato e il presente, fare una ricognizione delle esperienze in atto e passate inclusi i gruppi informali come Consultoria Protocollo operativo (servizi) con le istituzioni Indice Introduzione: il Progetto Insieme contro la violenza di genere, Milli Virgilio - Università di Bologna Lo sviluppo del Progetto di Rossella Marchesini, Coordinatrice del Progetto, Comune di Bologna La ricerca monitoraggio di Valentina Greco, Angela Salvatore, Paola Zappaterra Brevi riflessioni dal Comitato di Pilotaggio di Maria Teresa Semeraro, Comitato di Pilotaggio del Progetto Il contributo dei territori partner Le azioni sul territorio forlivese: il contributo al progetto di Claudia Castellucci, Comune di Forlì La rete Domino di Cesena di Maria Carolina Porcellini, Comune di Cesena La violenza alle donne nella Provincia di Rimini: strategie comuni di conoscenza e gestione di Maria Maffia Russo e Elisabetta Pillai, AUSL di Rimini La costruzione della rete di Bologna: i partner Il ruolo dell'Università di Sandra Tugnoli Pàttaro, Università di Bologna, AdDU Laboratorio Compass DSC: progettazione di un Piano di Comunicazione contro la Violenza di Genere di Chiara Gius e Aura Tiralongo Perchè l’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri della Provincia di Bologna partner del progetto insieme contro la violenza di genere. di Stefano Rubini, Medico di famiglia, consigliere OMCEO Bologna Convivenza di genere e convivenza fra i generi. Pratiche, riflessioni e costruzione di reti sui conflitti di genere e sociali di Simonetta Botti e Maria Grazia Negrini, Tavola delle donne sulla violenza e sulla sicurezza nella citta’ Udi: un percorso femminile contro la violenza di genere che viene da lontano di Katia Graziosi, Legale Rappresentante, Marta Tricarico-Gruppo Donne e Giustizia, Annamaria D’Ambra, Comitato Scientifico Anche noi Insieme di Maria Rosa Damiani, Gruppo di Lettura San Vitale La rete locale di Fernanda Minuz, Associazione Orlando – Molte donne un pianeta Allegati C’era una volta una topolina che scopava le scale di casa e cantava: "tralará larito pulisco la mia casetta, tutti giorni le stesse faccende, tralará larito pulisco la mia casetta". All'improvviso mentre scopava trovò una moneta per terra. “ Che fortuna ho avuto!” dice la topina- “ Cosa mi compreró? Ci sono: comprerò caramelle. No, no perché mi sporcheranno i denti”. Continuò a pensarci su, “Che mi comprerò? Ci sono: mi comprerò un nastro rosa”. La topolina andò al negozio, comprò il nastro rosa, se lo mise sulla coda e si sedette sulla porta di casa. Dopo poco passò di lì un cane che, vedendo la topolina così elegante le disse: “Topolina, topolina ma che carina che sei. Vuoi sposarti con me?” ”E la notte che farai” Chiese la topolina.”Bau, bau, bau!” disse il cane. ”No, no, così mi spaventerai”. E il cane se ne andò abbaiando di rabbia. Poco dopo arrivarono altri mille pretendenti e a ciascuno lei ripeteva sempre le stesse domande “ La notte che farai? “ Ma l'asino ragliava, il gallo faceva chicchirichì, il grillo friniva....Alla fine arrivò un gatto, bellissimo seduttore , lui faceva Miao. La topolina cadde in estasi “ sei tu, sei tu il mio amore. Ti sposo” . Gli amici della topolina cercarono di dissuaderla “ Sei pazza ti mangerà” ma la topolina era convinta del suo amore “ No, lui mi ama, con me sarà diverso, non mi mangerà, ne farò un gatto che mangia verdure”. Si sposarono. Un minuto dopo le nozze, il gatto le si avvicinò .......e se la mangiò. La rateta que escombrava l'escaleta (La topolina che scopava la scala) è un antichissimo racconto popolare catalano in rima. Il riadattamento del racconto è stato svolto durante il laboratorio di drammaturgia tenuto da Anastasia Costantini del Gruppo di lettura San Vitale. Introduzione: il Progetto Insieme contro la violenza di genere Maria (Milli ) Virgilio Il progetto “Insieme contro la violenza di genere” si colloca nel Piano Nazionale d’azione per il contrasto della violenza sessuale e di genere, che costituisce il primo piano promosso con tale obiettivo nel nostro paese, in dicembre 2007 (avviso in G.U. 6/12/2007 n. 284; è attualmente in corso la progettazione di un secondo piano, annunciata nella giornata internazionale del 25 novembre 2009). Il Piano individuava vari “assi strategici”, tra i quali quello appunto della “prevenzione e contrasto della violenza sessuale e di genere a danno di adulti, minori, persone di diverso orientamento sessuale, disabili e migranti”. Subito il Comune di Bologna coglieva l’aspetto innovativo della priorità riconosciuta nel Piano “all’integrazione tra le azioni dei vari soggetti pubblici e privati a livello locale in materia di prevenzione e contrasto della violenza”, per favorirne la “maggiore collaborazione”. Questo ben si attagliava alle particolari caratteristiche della realtà locale, connotata da una ormai lunga tradizione di contrasto della violenza di genere, tuttavia bisognosa di potenziare l’avviato lavoro di rete interno/esterno, rendendolo maggiormente sinergico ed integrato. A Bologna c’è da tempo una casa rifugio per donne maltrattate (in convenzione con Comune, Provincia, nonchè con tutti i comuni della provincia - tranne uno). Ci sono già vari centri e punti di ascolto, accoglienza e consulenza contro la violenza. In forza al progetto europeo Daphne I, fu convenuto un primo protocollo di collaborazione tra ASL, alcune istituzioni e associazioni. Dal 2007 è stato organizzato (con il contributo della Fondazione Del Monte 1473) un Pronto Soccorso Unico provinciale contro la violenza sessuale, con sede presso il Pronto Soccorso ginecologico dell’Ospedale Maggiore (ASL Bologna), che vede già la collaborazione tra operatori sanitari e sociali, medico-legali, Polizia e Procura della Repubblica e il collegamento con il numero telefonico nazionale 1522 gestito dal Dipartimento per le Pari Opportunità, nonché con le associazioni del territorio. La sinergia sul piano delle istituzioni è sfociata nel Patto per Bologna Sicura, sottoscritto il 19 giugno 2007 dal Prefetto e dal Sindaco alla presenza del Viceministro dell’Interno. L’art. 6 (Azione di contrasto della violenza sessuale) ha formalizzato la costituzione di un “Tavolo di lavoro di coordinamento per la prevenzione e il contrasto delle violenze sessuali sulle donne” composto da delegate/i di Prefettura, Questura, Arma dei carabinieri, Guardia di Finanza, Procura della Repubblica, AUSL, Provincia, Ufficio scolastico provinciale, Comune. Già in questi ambiti erano state promosse attività di formazione sia specifiche sia multiprofessionali integrate fra le diverse competenze. Si aggiunga che l’esperienza bolognese si colloca in un fecondo contesto regionale. Esperienze analoghe di case e centri antiviolenza e di impegno delle istituzioni vivono in tutte le province, pur con caratteristiche assai differenziate. Tutte fruiscono dell’intervento regionale, che si estrinseca in investimenti di risorse e iniziativa politica. Per tutti questi motivi, il Comune di Bologna aveva inteso recepire in dimensione regionale la sollecitazione del Piano Nazionale a “progettare e/o sviluppare reti territoriali fra vari attori pubblici e privati per la definizione di strategie, azioni ed interventi integrati, pluridisciplinari e inter-settoriali” coinvolgendo “soggetti pubblici e del privato sociale, quali ad es. servizi sanitari, servizi sociali; forze dell'ordine; servizi educativi, consulenti legali e psicologici, associazioni del privato sociale, ecc., al fine di consentire la creazione e/o sviluppo-qualificazione di reti sostenibili di prevenzione e contrasto a tutte le forme di violenze di genere”. L’idea originaria era quella di una estensione regionale del progetto, con un diretto coinvolgimento anche dell’ente regionale. In tal modo si sarebbe valorizzata appieno la storia regionale dell’attività profusa da associazioni e istituzioni contro la violenza maschile sulle donne. Falliva purtroppo il tentativo – promosso dal Comune di Bologna - di costruire una rete regionale che coinvolgesse tutte le realtà pubbliche e private operanti sul territorio regionale, che poteva realizzarsi tramite la presentazione sia di un progetto unitario, sia di più progetti coordinati tra loro (una tale ipotesi di lavoro dovrebbe essere comunque perseguita - ci auguriamo con maggiore fortuna – nell’ambito del futuro Piano nazionale. In tal caso è da programmare fin d’ora). Fortunatamente lo sforzo non era del tutto vano, perchè il progetto Insieme riusciva comunque a muoversi, se non nella totale dimensione regionale, in una valida dimensione sovraprovinciale. Coinvolgeva infatti più province: Bologna, Forlì-Cesena e Rimini. Tali territori interessati dal progetto sono caratterizzati da una lunga tradizione di contrasto della violenza di genere: vi operano 4 centri antiviolenza che gestiscono 6 case rifugio. Una indubbia particolarità è consistita nella differenziazione delle modalità di impegno dei quattro territori, determinata dalle oggettive differenze tra le varie esperienze. Prima fra tutte ha inciso la diversità fra la natura pubblico/privata dei Centri antiviolenza operanti: a Forlì e Cesena i centri sono gestiti dal Comune, mentre a Bologna case e centri sono gestiti da associazioni private. Ma la disomogeneità territoriale dei partner coinvolti ha costituito un dato di stimolo, che si è espresso su diversi piani. Dapprima infatti, in fase di programmazione del progetto, si è inteso conferire riconoscimento formale alla partecipazione di ogni entità contattata e interessata. Così la Prefettura di Forlì è stata inserita nel Comitato di pilotaggio, mentre da parte della Procura della Repubblica di Bologna si è raccolta una lettera di adesione, come impegno alla collaborazione con i partner direttamente coinvolti a Bologna, Forlì-Cesena e Rimini: 1 Comune di Bologna 2 Comune di Forlì 3 Comune di Cesena 4 Alma Mater Studiorum - Università di Bologna 5 Sezione di Medicina Legale del Dipartimento di Medicina e Sanità Pubblica dell’Università di Bologna 6 Ufficio Scolastico Provinciale 7 AUSL Bologna 8 AUSL Rimini 9 Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri della Provincia di Bologna 10 Associazione Docenti Universitarie (AdDU) 11 Associazione Unione Donne Italiane (UDI) Bologna 12 Associazione Orlando – Tante donne un pianeta ONLUS- Bologna 13 Associazione Tavola delle donne sulla violenza e sulla sicurezza nella città - Bologna 14 Associazione Gruppo Lettura S.Vitale Bologna Successivamente, in fase di gestione effettiva di tutte le attività programmate, si è praticata la scelta, conforme alla filosofia progettuale nazionale, di un coinvolgimento a più vasto raggio, delle realtà presenti e operanti nei 4 territori. Infatti, sulla base di tale criterio di effettivo impegno, veniva sollecitata la partecipazione alle singole attività anche di soggetti – sia istituzionali sia privati – che non figuravano tra i partner: associazioni varie, esponenti delle forze dell’ordine, esponenti della magistratura, componenti degli organi professionali di psicologi, assistenti sociali (l’Ordine dei Medici di Bologna era partner formale), istituzioni scolastiche. A tema delle attività di rete e formazione venivano sollecitati tutti i “lavori in corso”. Così si includeva nel patrimonio di esperienze considerate anche quella riferita ai minori (Il Faro e il costituendo Pronto Soccorso specialistico presso l’ospedale S. Orsola-Malpighi), quella delle donne anziane e quella delle donne migranti. Il collegamento veniva sviluppato anche con altri filoni aperti, quello innovativo sul versante delle strategie di intervento con uomini che usano violenza nelle relazioni di intimità (Progetto Europeo Daphne II MUVI, Developing strategies to work with Men who Use Violence in Intimate Relationships - Sviluppare strategie di intervento con uomini che usano violenza contro le donne nelle relazioni di intimità), promosso dal Comune di Bologna, assieme, tra gli altri, alla associazione Casa delle donne per non subire violenza e al Centro di Oslo ATV, Alternative To Violence. I vari partner – nel distribuirsi i ruoli - concordavano di praticare le attività loro più consone, nel rispetto delle caratteristiche e della storia di ognuno. La comunicazione e disseminazione dei risultati veniva curata sia dalle associazioni bolognesi Gruppo Lettura S.Vitale e Tavola delle donne sulla violenza e sulla sicurezza nella città sia dai partner afferenti all'Università di Bologna - AdDU, Docenti Universitarie, Medicina Legale e Area Studenti, il cui apporto (anche assieme alla facoltà di Scienza della Comunicazione) ha contribuito alla creazione del logo poi adottato per il progetto. L’Ordine dei Medici promuoveva un seminario formativo cui partecipavano ben 250 medici di base. Il Comune di Forlì, forte della sua esperienza di rete, curava la elaborazione di una specifica scheda idonea alla rilevazione delle reti operative esistenti e finalizzata alla costituzione di un osservatorio dedicato. Sono queste, ovviamente, solo alcune delle attività e delle iniziative, tutte riportate nel Report Conclusivo. La capacità di intervento dei vari attori, pubblici e privati, contro la violenza maschile sulle donne è sicuramente migliorata, sia attraverso le iniziative formative sia attraverso la permanente attenzione a vivere il progetto Insieme come luogo di incontro, conoscenza e luogo di scambio di buone pratiche. E’ certamente cresciuta la consapevolezza che la rete operativa rappresenta una modalità innovativa in quanto realizza il superamento della settorialità degli interventi rendendo di conseguenza più efficaci, immediate ed appropriate le risposte. Pertanto la rete va vista come uno strumento di secondo livello, non come una ulteriore struttura burocratica, ma come una nuova prassi, che va oltre la semplice unione tra Servizi, ed è basata sul reciproco riconoscimento.. E’ significativo di tale consapevolezza il verbale del seminario del …….. in cui le/i partecipanti hanno concordato sulla esigenza di un momento di raccordo cittadino, promosso e assicurato dalle istituzioni locali. Ma - in mancanza di una iniziativa istituzionale unitaria o di più iniziative istituzionali comunque voluto e praticato dagli operatori pubblici e privati. Questo è il risultato più evidente di aver condotto il progetto tutto secondo l’assunto che la violenza maschile contro le donne è un fatto complesso e non privato, che deve essere affrontato dall’intera comunità e che nessun soggetto, individuale o collettivo, pubblico o privato, è sufficiente da solo a prevenire o contrastare. Lo sviluppo del Progetto di Rossella Marchesini, Coordinatrice del Progetto, Comune di Bologna Ho assunto il coordinamento del progetto Insieme contro la violenza di genere nel maggio 2009, a metà percorso 1, con la consapevolezza della sfida da affrontare in sia per la qualità e complessità del progetto, sia per la prossima scadenza del mandato amministrativo in corso. Non mi sfuggiva, infatti, di quale rilevanza sia, per la riuscita di un progetto, avere il sostegno politico oltre che quello dell’intera struttura amministrativa di riferimento. La complessità, di cui il presente lavoro vorrebbe rendere conto e offrire una panoramica genereale, è riconducibile a più fattori. Fra essi, non ultimo, l’ampiezza ed eterogeneità dei partner: quattordici soggetti, istituzionali e del privato sociale, attivi in ambito territoriale regionale - Bologna, Forlì, Cesena e Rimini - diversi per dimensione, storia, finalità, culture, organizzazione, rilevanza istituzionale e natura giuridica. Per l'economia di questo lavoro è utile evidenziare che a Bologna l'iniziativa in tema di prevenzione e contrasto alla violenza di genere ha tratto impulso dal basso, da parte delle associazioni femministe, mentre nei territori romagnoli, i centri e i presidi antiviolenza sono stati promossi dagli enti locali e da questi sono oggi gestiti attraverso l’istituzione di reti formalizzate: Rete DOMINO di Cesena Rete IRENE di Forlì, e Rete DAFNE di Rimini. Diversamente, nel contesto bolognese, le molte realtà attive oggi sul tema della violenza di genere, benché in relazione tra loro e con le istituzioni, non costituiscono una rete strutturata . A metà progetto erano diverse le azioni già messe in campo; un discreto numero di seminari era stato realizzato2 e una ricerca -monitoraggio era in corso per mappare la situazione esistente sui tre territori interessati. Parallelamente si stava svolgendo un Laboratorio universitario per la progettazione di una campagna di comunicazione. Ognuna di queste azioni sarà descritta nei capitoli dedicati. Dall'andamento delle attività è stato possibile trarre una prima conferma delle premesse che stanno alla base del progetto. Tali premesse si rifanno all'assunto che la violenza di genere sia un fenomeno socialmente e storicamente determinato in relazione ai ruoli sessuali e ai rapporti di potere ad essi sottesi. Essa è trasversale a tutte le aree geografiche, a tutte le culture e a tutti gli strati sociali; in qualsiasi forma tale fenomeno si manifesti - sessuale, fisica, psicologica, economica – e anche quando esercitato nelle relazioni di intimità, non puo' essere circoscritto alla sfera privata, ma chiama in causa le istituzioni e più in generale la società civile. La violenza di genere è un fenomeno multidimensionale che, lungi dal richiedere politiche meramente securitarie, va affrontato con un approccio integrato in grado di operare un profondo cambiamento culturale e sociale. Occorreva, a questo punto, una ricognizione delle attività realizzate dai partner per offrire un quadro chiaro anche in vista della programmazione a venire. Era inoltre necessario puntualizzare ruolo e composizione dei gruppi di lavoro previsti e/o coinvolti dal progetto. Occorreva soprattutto un attento esame di realtà, che tenesse conto delle effettive risorse in campo in un contesto di transizione sul piano organizzativo3 e politico. Si sono pertanto ritarati gli obiettivi nel rispetto della filosofia del progetto e coerentemente con le finalità principali da esso individuate - rafforzamento della governance territoriale delle azioni volte alla prevenzione del fenomeno della violenza di genere e all’assistenza integrata di chi subisce tale violenza, potenziamento della collaborazione e della sinergia tra soggetti pubblici e del privato sociale attraverso lo sviluppo del lavoro di rete, diffusione e consolidamento delle buone pratiche di collaborazione - e si è conseguentemente indirizzata la programmazione delle attività future. 1 Il progetto, della durata di diciotto mesi, si svolge dall’agosto 2008 al febbraio 2010. 2 Cfr. ALLEGATO 2 3 Nel Comune di Bologna è in atto, dal 2008, un processo di riorganizzazione inerente il decentramento amministrativo che modifica l’assetto dei servizi alla persona In particolare ci si è concentrati sulle due direttrici della formazione e e dell'azione di reti sinergiche tra istituzioni pubbliche e organizzazioni territoriali, come tra decisori politici. Altro elemento su cui lavorare, in coerenza con gli obiettivi prefissati è stato la “promozione di una scheda utente condivisa in relazione al maltrattamento” ( che chiamiamo per brevità scheda di rete) per giungere alla “sperimentazione di un osservatorio unico in grado di analizzare l’efficacia e l’efficienza dei servizi pubblici e privati del territorio, di dare maggiori elementi di conoscenza dell’evoluzione qualitativa del fenomeno, di fornire ulteriori elementi per il miglioramento degli interventi anche a fini di salute pubblica e giudiziaria”4 Riguardo alla formazione si è ritenuto realistico l’obiettivo, indicato alla stesura del progetto, dell’organizzazione complessiva di almeno venti seminari, suddivisi in seminari di sistema e seminari formativi. Laddove le risorse locali sono organizzate in reti formali, i seminari formativi si sono concentrati sul rafforzamento delle reti esistenti, sull'approfondimento di tematiche specifiche (es: la nuova normativa sullo stalking), sullo scambio di buone prassi con particolare attenzione agli aspetti innovativi delle politiche di intervento (es: la violenza di genere in ambito migratorio, o l'intervento nei confronti dei maltrattanti), sul perfezionamento delle procedure. Per Bologna dopo la realizzazione di seminari incentrati su esperienze di eccellenza, 5 si è valutato opportuno il coinvolgimento attivo di “Casa delle donne per non subire violenza”, affidandole un ruolo consistente nella formazione con il preciso intento di includere tale realtà, esterna alla partnership, ma imprescindibile, per le competenze e il ruolo svolto, in una ottica di sinergia territoriale. Si è inoltre deciso di allargare lo spettro dei destinatari della formazione alla Polizia Municipale, al personale degli Sportelli Sociali e agli Assistenti Sociali operanti nei quartieri che, in ragione dell'organizzazione cittadina dei servizi 6 , non hanno mai fruito di occasioni formative sul tema, rivolte finora principalmente ai consultori, gestiti dall'AUSL e ai servizi minori. Per il target così individuato si è organizzata una formazione di base volta a fornire conoscenze di ordine generale sul fenomeno e informazioni utili alla gestione dei casi sia in termini di comportamenti da assumere/evitare che in riferimento alle risorse territoriali esistenti. Per quanto attiene alle reti, si è già accennato alla specificità della situazione bolognese, tanto ricca di storia, pensiero, iniziative, luoghi e organizzazioni che trattano il tema della violenza di genere, quanto frammentata e priva, oggi, di una rete strutturata, basata sulla condivisione di culture professionali, filosofie d'intervento, strumenti e modalità operative e in grado di attivare tutti i principali soggetti interessati evitando sovrapposizioni e dispersione di risorse. Tale caratteristica, riscontrabile presso tutti e tre i partner romagnoli (che, come abbiamo detto, si sono dotati di reti formali) si configura come precondizione per la sperimentazione di una scheda di rete. La messa a punto di tale strumento è elemento qualificante per il progetto e utile a porre le basi di un osservatorio sovraprovinciale in grado di monitorare andamento del fenomeno, attività, procedure, e punti di forza o di criticità della rete valutando quindi l'efficacia degli interventi . Per questo ci si è orientati alla realizzazione di una scheda di rete condivisa da sperimentare sulla “Rete Irene” di Forlì. La realtà forlivese si prestava meglio di ogni altra ad una sperimentazione dello strumento 7compatibile con i tempi del progetto per l'implementazione, in questo territorio, di un sistema informativo, in uso ai servizi sociali che, con le necessarie integrazioni, poteva costituire una proposta di raccolta dati per il monitoraggio del fenomeno della violenza di genere. Una terza direttrice di sviluppo si è venuta delineando con sempre maggior chiarezza in relazione 4 5 Cfr . ALLEGATO 1 Cfr. ALLEGATO 2 6 il riferimento è agli A.S. impiegati nei servizi anziani alla cui gestione, fino al recente riassetto citato alla nota (3), erano delegati i Quartieri, afferendo i servizi per adulti e minori al settore competente centrale. 7 L'obiettivo della sperimentazione si rivelerà nei fatti inattuabile e ci si attesterà, come descritto nel contributo del Comune di Forlì, sulla proposta di un modello di raccolta dati (cfr. ALLEGATO 3) e ad un' ipotesi di osservatorio. agli aspetti informativi/comunicativi. La necessità di produrre strumenti informativi per la pubblicizzazione del progetto si è intrecciata con gli stimoli forniti dal laboratorio didattico creato presso il Dipartimento di Comunicazione dell'Università di Bologna. La proposta di logo per la campagna comunicativa progettata e il processo di elaborazione di tale proposta, hanno suscitato particolare interesse tra i partner, tanto che si è stabilito di assumere come logo del progetto una delle due immagini visive presentate dal laboratorio, cogliendo appieno il significato strategico, per la rete, di una immagine identificativa entro la quale possano riconoscersi tutti i partner . Un seminario di approfondimento dei temi legati all’informazione/comunicazione incentrato sulle competenze evidenziate dal partner universitario offriva inoltre il vantaggio della trasversalità di applicazione al di là delle specificità locali. Raccogliendo dunque i suggerimenti e le proposte dei partner, nel rispetto delle linee guida rifacentesi alla filosofia del progetto, si è arrivati a definire l’immagine del logo che ha assumto la forma grafica attuale. Il logo così prodotto è stato apposto alla locandina, strumento informativo pensato sulla base delle indicazioni dei bisogni informativi raccolti attraverso la ricerca e i seminari. La locandina, tradotta in varie lingue, mira a comunicare la presenza di una sensibilità sui temi relativi alla violenza contro le donne alle fruitrici di luoghi di informazione/accoglienza dedicati e non e a segnalare, contestualmente, un' attenzione diffusa intorno al tema. Ideata su specifica sollecitazione dell'Ordine deia Medici e fornita ai corsisti nell'ambito del Corso di formazione rivolto ai medici di famiglia e di guardia medica, la locandina è stata successivamente inviata alle reti Irene, Domino e Dafne e, per quanto concerne Bologna, a tutti quei soggetti individuati come possibili nodi della rete in costruzione: sedi di Quartiere, sportelli informativi dei servizi socio-sanitari e di associazioni, associazioni di donne, sindacato, ambulatori medici, commissariati di polizia . Proprio nella prospettiva di “facilitare”la (ri)costituzione della rete bolognese e dunque con un'attenzione specifica a tale territorio, si è lavorato inoltre alla realizzazione di un un opuscolo informativo che raccoglie un elenco il più completo possibile di risorse, centri, servizi e programmi di aiuto, sviluppati ed implementati da soggetti diversi, operanti da tempo o di recente istituzione in ambito pubblico o privato, destinatari essi stessi dello strumento. La metodologia adottata nello sviluppo del progetto si è basata sul lavoro di gruppo e su esperienze laboratoriali; sulla condivisione democratica e sulla circolarità d'informazione tra i partner; sull' inclusine di quanti più soggetti possibile, anche in funzione integrativa rispetto alle “lacune” evidenziate nella composizione del partenariato bolognese.8 Rinviando alla sintesi esposta nel rapporto conclusivo9 rispetto a quanto prodotto dal progetto in termini di output e risultati, nonché alle considerazioni raccolte nell'introduzione e negli articoli curati dai partner nell'ambito della presente pubblicazione, a conclusione del mio contributo mi limito a considerare come il progetto Insieme, sia stato condotto con impegno e passione, abbia messo in circolo una quantità di energie e abbia indicato chiaramente la direzione da seguire sulla strada del contrasto alla violenza di genere. L'auspicio è che questa ricchezza venga raccolta e potenziata. 8 9 Nelle esperienze formative si sono coinvolti ad esempio, rappresentanri della Polizia di Stato e della Procura della Repubblica. La conferenza finale ha offerto un 'occasione di visibilità a soggetti comparsi ultimamente sulla scena bolognese, o in grado di proporre esperienze e linguaggi innovativi. ALLEGATO 2 La ricerca monitoraggio. Valentina Greco, Angela Salvatore, Paola Zappaterra Senza il femminismo, senza la sua analisi dell'oppressione delle donne, la sua determinazione a porvi fine e senza le pratiche concrete che lo hanno caratterizzato non saremmo qui a ragionare di violenza maschile. Patrizia Romito Parlare di violenza di genere comporta un lavoro complesso, multidisciplinare e multisettoriale che implica uno sforzo di chiarezza concettuale, per battersi contro di essa. Troppo spesso “genere” e “donne”, intese come “genere femminile”, si sovrappongono, creando una confusione di categorie e un occultamento della costruzione sociale del ruolo di genere. Si favorisce in questo modo, inavvertitamente, uno scivolamento verso concezioni a carattere naturalistico, che vedono le donne, o meglio, “la donna”, riportata a un’ identità più o meno immutabile. La violenza di genere può assumere dunque molteplici dimensioni, proprio in conseguenza di un'accezione che rifiuta il determinismo e mette invece l'accento sulla dimensione sociale e storica dei ruoli sessuali e dei rapporti di potere a loro sottesi. Una di queste dimensioni è ancora oggi, in tutto il mondo, assolutamente prevalente, con una connotazione brutalmente e duramente “biologica”. E’ la violenza, appunto, che si configura, sia nel caso della violenza sessuale che in quella cosiddetta “domestica”, come diretta contro il corpo femminile e perpetrata da uomini. Tutte le pubblicazioni e le ricerche in materia che abbiamo potuto consultare, oltre a fortificarci per il crescente aumento di interesse rispetto al problema (dato registrato e raccolto nella ricerca da noi compiuta), si sono rivelate concordi: esiste una tipologia di violenza specifica, che viene agita pressoché esclusivamente dagli uomini contro le donne, e che si consuma all'interno delle relazioni di intimità. Anche parlando della violenza sessuale, che più facilmente arriva ai mezzi di comunicazione di massa, il dato è confermato: gli autori sono quasi sempre mariti, compagni, amici, conoscenti, e solo in casi estremamente rari perfetti sconosciuti. Si ribalta così, di fatto, lo stereotipo del bruto che assale a caso e con furia cieca e improvvisa le sue vittime nella strada buia. Molto importante ci sembra ribadire una volta di più che si tratta di un fenomeno sociale, che riporta a una struttura consolidata di rapporti di potere e di forza attorno cui le società, più o meno avanzate che siano, e a ogni angolo del pianeta, sono ancora organizzate. Così si legge nell'introduzione dell' Handbook for legislation on violence against women licenziato dal Dipartimento Affari Sociali delle Nazioni Unite nel 2009: “Across the world - in rich and poor countries alike - women are being beaten, trafficked, raped and killed. These human right abuses non only great harm and suffering on individuals - they tear at the fabric of entire societies”. Una dimensione sociale, questa, resa evidente e concretamente palpabile dalle cifre. La drammatica estensione del fenomeno e il gran numero di vittime, non permette di ritenerlo un fatto episodico: se ciascuna storia è unica e irripetibile, così come ciascuna donna, non v'è dubbio, d’altra parte, che l'esperienza della violenza ci riguardi tutte, qualunque siano le nostre scelte sessuali, di vita e di collocazione rispetto all'identità di genere. Così come riguarda tutti gli uomini, qualunque siano, ancora una volta, le loro scelte sessuali, di vita e di collocazione rispetto all'identità di genere. Ci sembra quindi doppiamente necessario utilizzare il massimo della chiarezza terminologica, premettendo che, nel lavoro di mappatura svolto per il progetto, ci siamo occupate di violenza contro le donne, nelle accezioni della violenza sessuale e del maltrattamento; l'indagine non ha riguardato il fenomeno in sé, ma piuttosto le caratteristiche e l'articolazione delle pratiche e delle azioni di contrasto. Esse chiamano in causa tutti gli enti, pubblici o privati, le associazioni, i servizi socio-sanitari dedicati, così come le strutture che, nel corso della loro attività prevalente, incrociano la violenza contro le donne e le problematiche a essa legate. L’area considerata in modo significativo riguarda le città e le province di Bologna, Forlì-Cesena e Rimini, ovvero le aree coinvolte nel progetto “Insieme contro la violenza di genere”. Le pagine che seguono rappresentano una sintesi dei nodi problematici emersi durante la ricerca/mappatura. Per avere un'idea compiuta del lavoro svolto attraverso i questionari e le testimonianze raccolte, rimandiamo al report narrativo da noi prodotto a conclusione dell'indagine. Per realizzare il nostro lavoro abbiamo messo a punto una metodologia in due fasi. In un primo tempo abbiamo realizzato un questionario conoscitivo, il cui testo troverete in appendice, che abbiamo somministrato a tutti i soggetti che intendevamo coinvolgere. Grazie all'analisi del questionario abbiamo potuto fare una scrematura, selezionando i soggetti che ritenevamo necessario contattare per una più approfondita intervista diretta. Tutte le interviste sono state registrate in formato mp3 e, insieme ai questionari, entreranno a far parte dell'archivio del progetto “Insieme contro la violenza di genere”. Accanto ai nostri materiali di lavoro, così organizzati, sono stati raccolti e conservati anche tutti i materiali espressamente richiesti in occasione delle interviste, che riguardano l'attività svolta dagli enti e dalle associazioni contattate. La principale finalità del nostro lavoro era restituire una mappatura di tutto ciò che si muove sui territori presi in esame nel lavoro di contrasto alla violenza. Un primo capitolo, in parte propedeutico e introduttivo ai successivi, restituisce una fotografia dell'esistente, in una sorta di schedatura costruita attraverso le parole dei protagonisti. Ci sembrava importante condividere questa prima mappatura, per contribuire alla conoscenza di ciò che esiste: conoscere implica anche il riconoscere quanto è stato fatto, riscoprire saperi ed esperienze accumulati, e impegnarsi in quella valorizzazione dei patrimoni sedimentati che da più parti è stata indicata come passaggio ineludibile di buone politiche pubbliche. Una fotografia, questa, che abbiamo pensato in tre dimensioni, e che riguardasse anche la storia dei servizi e delle persone che spesso ad essi hanno dedicato una parte importante della propria biografia professionale e non solo. I temi forti emersi dai colloqui che abbiamo sostenuto sono il funzionamento delle reti, la formazione, le attività di prevenzione. Uno dei punti focali della nostra ricerca riguardava il funzionamento delle reti cittadine dei soggetti coinvolti. “Cosa fa di una rete una buona rete?”; “Come funziona la sua rete di riferimento?”; “Quali sono i nodi critici e le esperienze positive?”; queste le domande che abbiamo rivolto ai nostri intervistati, senza orientare i giudizi, ma cercando di scavare a fondo non solo sulla realtà della situazione, ma anche sulle percezioni e le proiezioni. Come in tutta la ricerca, quello che ci ha guidato è stato non solo il bisogno di avere un quadro il più possibile corrispondente alla realtà, ma anche la necessità di sollecitare proposte concrete di cambiamento. Gli attori che abbiamo intervistato tendono a inserire nella propria progettualità la relazione con gli altri soggetti. Questa, lo ribadiamo, è insieme un'esigenza programmatica e un'istanza politica. Si afferma la necessità di relazioni di lunga durata, che scoraggino la dispersione delle destinatarie dei singoli servizi entro le maglie della rete. E che contemporaneamente sollecitino il riconoscimento dei risultati pratici e culturali ottenuti negli anni con i progetti, le campagne, il lavoro pratico e quello teorico. La maggior parte degli intervistati ha sottolineato che il lavoro di rete a Bologna si è degradato nel corso degli anni, denunciando un’attuale difficoltà che non può più essere ignorata. Vengono lucidamente espresse le cause che hanno portato alla situazione odierna, a volte con scoramento, altre volte con la speranza che le cose possano migliorare. Di certo, la frammentazione e la difficoltà di comunicazione, non solo per le difficoltà pratiche legate all'onerosità del lavoro quotidiano, ma anche a causa di alcune scelte politiche che hanno complicato enormemente la burocrazia, vengono denunciate come uno dei nodi critici nella difficoltà di fare rete. La molecolarizzazione porta alla dispersione delle potenzialità . Tra le cause originarie dell'attuale indebolimento delle maglie della rete è stato individuato anche il mancato riconoscimento dell'esistenza di una storia, che ha portato a sua volta al mancato riconoscimento dei singoli soggetti che questa storia l'hanno fatta. Ciò ha fatto sì che una città come Bologna perdesse in qualche modo il patrimonio di solidarietà e di capacità di tessere relazioni, tratto distintivo dell’attività degli anni passati. pitoabbiamo tenuto separate la realtà bolognese da La formazione degli operatori è quindi un momento chiave non solo del loro percorso professionale, ma anche della costruzione, del consolidamento e del funzionamento di una buona rete. Essa è essenziale al sostegno di un buon lavoro sociale di prevenzione. Questo risulta tanto più vero nel campo delle politiche di contrasto alla violenza contro le donne, proprio perché un approfondimento della tematica è ancora inusuale, quando non del tutto assente, all’interno dei percorsi curriculari “istituzionali”che gli operatori e i professionisti dei vari servizi hanno generalmente alle spalle. Questo elemento, per certi versi abbastanza intuitivo, è confermato dai dati raccolti durante la mappatura, da cui emerge che, all'ingresso, il personale non dispone pressoché mai di una formazione specifica, nonostante le competenze curriculari siano in media molto elevate. E' ancora abbastanza raro, inoltre, che i servizi pubblici provvedano a una formazione specifica sulla violenza al momento dell'inserimento in servizio del personale, anche nei servizi dedicati. Alcune eccezioni significative mostrano invece le ricadute positive di questo tipo di approccio sul lavoro di rete: sul territorio di Rimini, per esempio, dove da alcuni anni si è lavorato nell'ambito di un progetto Daphne, è ormai prassi una formazione preliminare all'ingresso del personale per sensibilizzarlo al fenomeno. La tipologia di formazione in itinere ancora più diffusa è il corso di aggiornamento, a cui spesso si partecipa su base volontaria. In questi anni, tuttavia, come emerge esplicitamente dai questionari e dalle interviste raccolte, le esperienze formative svolte all'interno dei servizi pubblici, nonché il lavoro di approfondimento e sistematizzazione delle competenze e dei training svolto ad esempio dai Centri antiviolenza, è stato notevole. Anche in questo caso ci muoviamo dunque su un terreno ricco di competenze ed esperienze, dove il problema più serio non riguarda tanto la mancanza tout court di saperi e pratiche sperimentate atte a trasmetterli, quanto la debolezza delle forme di coordinamento e di messa a sistema, la mancanza di risorse e di volontà politicoorganizzative che ne consentano la sedimentazione e la diffusione a livelli più ampi. Considerazioni analoghe possono riguardare anche le attività di prevenzione, a conferma del fatto che gli ambiti sono strettamente legati fra loro. Anche se, per ragioni di chiarezza e comprensibilità, li trattiamo in capitoli separati, è per noi sempre utile ribadire che una strategia efficace di contrasto alla violenza si può esplicare solo a partire da un’ efficace prevenzione e pensando politiche con approcci il più possibile olistici e integrati. E' inoltre prassi comune nella maggioranza dei servizi prevedere un lavoro di supervisione di staff, che contiene al suo interno elementi significativi di formazione. Tali elementi potrebbero essere arricchiti, ampliati o diversificati per venire incontro alle esigenze emerse. Le indicazioni generali che emergono dal lavoro di mappatura e di rilevazione insistono quindi sulla necessità di muoversi anche nell'ambito della formazione tenendo insieme piani diversi. Anche in questo caso è solo la loro sinergia a poter garantire una reale efficacia degli interventi messi in campo. Lavorare per un reale cambiamento culturale, di consapevolezza e di attitudini anche tra gli addetti ai lavori, è un fattore di sostegno fondamentale per una prevenzione efficace e capillare. C'è ormai una consapevolezza diffusa dell'importanza essenziale del lavoro di prevenzione, come unica strada possibile per affrontare alla radice il fenomeno, nonostante le complessità e le difficoltà che esso comporta. La formazione, quindi, deve includere sempre più dimensioni: in primo luogo quella delle tematiche tecniche, e in particolare il sostegno agli operatori che fronteggiano l'emergenza ed effettuano la presa in carico. Essi hanno bisogno di accedere a competenze specifiche, di poter attingere a professionalità multidisciplinari, di essere a loro volta sostenuti nell'affrontare i fenomeni di burn out e di traumatizzazione secondaria. Una buona formazione deve quindi coinvolgere una pluralità di soggetti che operano nel sociale, le forze dell'ordine, i medici di base e i pediatri, gli operatori degli sportelli sociali, gli insegnanti, che devono potersi confrontare periodicamente e con regolarità tra loro e con gli operatori dei servizi dedicati. Questi soggetti, infatti, sono “nodi” ineludibili della rete sociale di contrasto alla violenza, ma non ricevono altrimenti una formazione dedicata. Una buona rete di contrasto alla violenza potrebbe autorevolmente agire pressioni “politiche” perché nei rispettivi ambiti professionali e lavorativi siano resi obbligatori per questi soggetti momenti di sensibilizzazione alla tematica e di approfondimento dei suoi aspetti. Dovrebbe essere superata l'episodicità della partecipazione ai momenti formativi, che, lasciata alla buona volontà dei singoli, rischia di produrre una singolare disparità nella capacità di risposta al fenomeno stesso. Chi si rivolge a questi servizi può infatti trovarsi di fronte ad atteggiamenti e reazioni molto diversi fra loro. Emerge la necessità di una formazione a tappeto, che contemporaneamente stimoli il più possibile la conoscenza reciproca e l'instaurarsi di relazioni personali e di fiducia. In esse riconosciamo non solo uno strumento efficace e utile, ma soprattutto una delle condizioni fondamentali di corretto funzionamento delle reti fra servizi. La formazione dovrebbe essere anche uno degli strumenti con cui una buona rete sostiene la trasferibilità e la continuità del lavoro di prevenzione svolto da molte associazioni; in questo senso esse rappresentano anche un patrimonio di pratiche e conoscenze da cui attingere nel momento in cui si pensano appuntamenti ed eventi formativi. Una formazione efficace, inoltre, dovrebbe essere il più possibile continuativa e regolare. Dalle interviste emerge infatti una difficoltà di fondo a dare ai diversi interventi già predisposti una veste regolare, che dovrebbe anche contemplare momenti laboratoriali, in cui si possano sperimentare strumenti pratici per l'accoglienza, la presa in carico, la gestione dei traumi. Occorre incoraggiare e rendere usuale lo scambio di pratiche, esperienze e saperi fra soggetti diversi, altrimenti impossibilitati a dialogare fra loro; occorre inoltre mettere in discussione, se necessario, abiti mentali e “rendite di posizione professionali”, per affrontare in modo più efficace il fenomeno. Spesso infatti le resistenze riscontrate fra gli operatori dei servizi, non sono solo quelle di ordine più generalmente culturale, ma scontano anche un desiderio, forse comprensibile ma che può avere aspetti deleteri, di salvaguardare il proprio specifico ambito professionale. In questi casi l’apertura ad una formazione diversa da quella tradizionale, può essere vista come un'intrusione, anziché una risorsa. E' quindi necessario favorire il lavoro di équipes con competenze multidisciplinari, sia all'interno di singoli servizi sia tra servizi diversi. Una buona formazione, infine, deve prevedere sempre la produzione di materiali che possano essere diffusi e distribuiti anche a chi non ha potuto essere presente, e che rimangano come strumento utile e traccia sedimentata delle esperienze formative e degli approfondimenti che si compiono. Questo permette la conservazione delle esperienze compiute nel passato, della storia dei servizi e delle associazioni, nonché della loro “vocazione” e collocazione all'interno della rete. La prevenzione è l'aspetto fondamentale, centrale di tutte le attività tese a combattere il fenomeno della violenza contro le donne. Non solo per una generica tensione a prevenire un male, laddove possibile, piuttosto che a curarlo, effettuando laddove necessario interventi riparativi; ma anche per la dimensione culturale, simbolica e sociale che rappresenta il terreno di coltura della violenza maschile contro le donne, e che la rende possibile e praticabile. La violenza contro le donne, non ci stanchiamo di ripeterlo, non è fortuita, gratuita e casuale. Essa nasce da rapporti di potere fortemente squilibrati fra i generi, storicamente determinati, e socialmente sanciti, ed è un fenomeno che non può essere sradicato se non intervenendo anche sulla strutturazione di tali rapporti. Sul tema delle attività di prevenzione e di sensibilizzazione ci è sembrato utile approfondire la situazione della città di Bologna, dove, a partire dalla seconda metà degli anni '90, e in seguito a una serie di episodi di violenza sessuale di particolare impatto sociale, sono nate alcune esperienze vive ancora oggi, che si propongono di lavorare sul territorio riflettendo sui temi della violenza di genere e della cosiddetta “sicurezza”. Note dal Comitato di Pilotaggio di Maria Teresa Semeraro, Comitato di Pilotaggio del Progetto Il Comitato di Pilotaggio intende rimarcare come la peculiarità intrinseca del progetto INSIEME CONTRO la VIOLENZA di GENERE sia stata proprio quella di un’operazione diretta a mettere in rete le esperienze degli attori pubblici e privati che intervengono, o sono chiamati ad intervenire, sul territorio per prevenire la violenza di genere e per tutelare, assistere, difendere le donne vittime di tale violenza. A conclusione del lavoro vale ancora la considerazione, fatta propria dal Comitato di Pilotaggio, di quanto sia utile, anzi necessario, che le Istituzioni Pubbliche e le Associazioni private siano in grado di fare rete. Tra le immagini a cui rimanda il sostantivo “rete” c’è anche quella che gli anelli per farsi rete devono prima aprirsi e poi richiudersi e che nell’operazione di costruzione della rete ogni anello si trasforma da entità circolare chiusa in un'entità altra comunicante, anzi saldamente comunicante. Per “stare e fare insieme” contro la violenza di genere, i soggetti pubblici e privati devono apprendere la tecnica dell’aprirsi l’uno all’altro per poi congiuntamente predisporsi alla collaborazione. Una tale operazione può essere e risulta più facile dove a fare rete siano le diverse istituzioni che si occupano di violenza di genere. Pare, invece, che mettersi in rete tra istituzioni pubbliche e associazioni private dia adito a maggiori fatiche, perché differenti possono risultare le priorità nell’affrontare e nell’agire contro la violenza. L’impasse non è da sottovalutare né da una parte, né tantomeno dall’altra. Per fare dei passi in avanti su questa strada può proprio essere utile che le donne e gli uomini che operano in tale ambito dentro le istituzioni pubbliche e le associazioni private credano veramente all’importanza di affrontare insieme il gravissimo fenomeno della violenza di genere e mettano in circolo, non solo le proprie competenze istituzionali e professionali, ma la capacità di ascoltarsi. Come donna so che vi è una sapienza femminile nel tenere le fila, nella vita di tutti i giorni, del rapporto tra i sessi e le generazioni. Questa sapienza deve potersi fare sapere nelle relazioni politiche. Dobbiamo essere su questo esigenti verso noi stesse e verso gli altri. Il fenomeno della violenza di genere non può essere affrontato se non partendo e valorizzando quello che le donne dicono e pensano sul loro vissuto di donne vittime di violenza. Questo obiettivo si può dire all’oggi raggiunto. Una tale attenzione non deve, però, mai essere e sottovalutata né nelle istituzioni, né nelle associazioni e deve coniugarsi, inevitabilmente, col riuscire a fare rete depotenziando lo schema patriarcale del divide et impera per potenziare una politica delle relazioni che sta dentro l'ordine della madre. La rivendicazione della primogenitura è un valore maschile, che serviva nel passato a tramandare il patrimonio familiare. La primogenitura non è un valore della madre, che ci ha invece consegnato il patrimonio della capacità di costruire/ tessere reti. Il contributo dei territori partner Le azioni sul territorio forlivese: il contributo al progetto. Claudia Castellucci, Comune di Forlì Abbiamo scelto di partecipare al progetto “Insieme” perché riteniamo che il contrasto alla violenza di genere si debba misurare col tema della governance territoriale degli attori che in quel territorio lavorano, con interventi concreti (inter)agenti a livello locale. Dopo aver messo a punto metodologie di intervento, principi per la presa in carico e l'aiuto, dopo avere lavorato sulla formazione delle operatrici dei centri, pur mantenendo la consapevolezza che le pratiche collaudate e funzionanti rappresentano un importante patrimonio dell'esperienza femminile (anche se nulla può dirsi definito una volta per tutte), crediamo sia giunto il momento di porsi anche nuovi obiettivi. Tra di essi, a mio avviso, considero utile l'approccio che ho definito, appunto, della governace. E' evidente, del resto, che agire il contrasto della violenza partendo dal punto di vista di un Comune rende particolarmente pressante questo bisogno. D'altro canto occorre riconoscere che un Comune è oggettivamente in una condizione facilitata per svolgere la funzione di coordinamento di tutti gli altri attori che svolgono funzioni ed erogano servizi sul territorio. Questo ragionamento apparirà più chiaro se calato all'interno della esperienza del Centro Antiviolenza di Forlì, illustrando dove e come si colloca, qual è il suo percorso. A Forlì il centro antiviolenza è inserito all'interno del Centro Donna, un luogo di promozione ed elaborazione delle politiche di genere, uno spazio pubblico di incontro tra l'Amministrazione e le associazioni delle donne. Collocato in questo contesto, il centro antiviolenza non etichetta la donna che vi si rivolge, perché il contenitore Centro Donna è un posto della “normalità”, dove ogni donna viene a cercare quello che le serve. Ritengo che la collocazione del Centro antiviolenza in uno spazio neutro rispetto al tema violenza, ma non neutro rispetto al genere, rappresenti una facilitazione di accesso e un valore aggiunto in sé. E considero anche un ulteriore valore aggiunto che il connotato di genere del luogo (chiaramente visibile nei poster, nella biblioteca, negli spazi per l'aggregazione), unito alle attività che vi si organizzano finalizzate all’empowement femminile (seminari, conferenze, eventi...), si caratterizzi come un servizio pubblico gestito direttamente dal Comune. In questo modo, infatti, il connotato di genere entra immediatamente all'interno dell'istituzione, perché emerge esplicita la volontà delle donne delle istituzioni di lavorare per l’empowerment delle donne all'interno del governo locale e contemporaneamente quella di portare l’approccio di genere all'interno del Comune. La rete territoriale di contrasto della violenza La Rete territoriale antiviolenza “Irene” è stata costituita a Forlì nel 2001 e ha coinvolto numerosi servizi e operatori territoriali. Il vantaggio e l'efficacia della messa in rete di diversi servizi è intrinseca alla leggibilità del fenomeno stesso della violenza sulle donne: la violenza, infatti, si vede solo indossando occhiali adatti. E i nostri occhiali sono stati la formazione e il coinvolgimento degli operatori, che ha consentito loro di leggere i segni della violenza, superando mimetismi e miopie proprie dei servizi che la mancanza di approcci progettuali e organizzativi agevola. La conferma dell'efficacia del lavoro di rete è testimoniata dall’incremento dell’utenza che si rivolge al Centro antiviolenza, frutto principalmente dell'aumento dell'invio al centro da parte dei servizi in rete. Le utenti del Centro Antiviolenza sono costantemente cresciute nel corso degli anni, sia per numero che per complessità delle richieste e degli interventi effettuati. Oggi l'aumento è di circa 100 nuovi utenti ogni anno. Attualmente partecipano alla Rete, oltre al Comune di Forlì nelle sue varie articolazioni (dal Centro Donna, al Centro Famiglie, dai Servizi Sociali per Adulti e per Minori, al Servizio Anziani, al Centro per Cittadini Stranieri, compresi le Assistenti Sociali e la Polizia Municipale), le Forze dell’ordine (Questura e Carabinieri), l'Azienda USL con il Consultorio Familiare e il Consultorio Giovani, il Pronto Soccorso, i reparti di Ginecologia e Ostetricia, il SERT, il Servizio Psichiatrico. Accanto ai presidi istituzionali partecipano alle attività di rete anche associazioni, quale Sesamo, una Cooperativa Sociale di mediazione interculturale, il tavolo delle associazioni contro la violenza, Techné, ente di formazione professionale del territorio. Come nasce una rete La prima fase per la costituzione della rete “Irene”, nell'arco del 2002, è stata la formazione di tipo generale, per acquisire un linguaggio comune e condividere alcuni strumenti su identità, genere, violenza; la sofferenza e l’ascolto; la legge e il ruolo degli operatori. Successivamente, fra il 2002 ed il 2003, l'attività formativa ha raffinato l'approccio, finalizzando le attività formative alla costruzione della rete, condividendo linguaggio, pratiche, modalità di intervento. Questa fase si conclude con la nascita della rete, con l’individuazione del soggetto coordinatore della Rete stessa e con la comunicazione esterna. Il percorso successivo (2003-2007) vede la rete formata, che comincia a funzionare come soggetto autonomo e non come sommatoria di singoli servizi. La manutenzione del lavoro di rete è affidata ad una supervisione esterna che osserva le dinamiche e ne orienta la collaborazione. Comincia concretamente a questo punto la collaborazione stretta fra servizi e la Rete si dota di un luogo di incontro periodico e fisso. Dopo una discussione sulla necessità/opportunità di protocolli di intervento, nel 2008 è stato siglato il “Protocollo d’intesa per il contrasto della violenza e del maltrattamento nei confronti delle donne” e il “Protocollo d’intesa tra le associazioni”. Le attività svolte direttamente da Forlì nel progetto “Insieme” Le attività svolte da Comune di Forlì all'interno del progetto INSIEME sono state principalmente tre: la realizzazione di un seminario transnazionale su un tema nuovo quale “violenza e migrazione”; la messa a punto condivisa con i partner di INSIEME di una scheda unica di rilevazione, diversa dalla scheda utente perchè finalizzata a monitorare il funzionamento della rete territoriale e della governance; l'individuazione di una metodologia di raccolta dati fra servizi territoriali in rete finalizzata ad aggiornare il più celermente possibile la scheda di rilevazione e quindi rendere puntuale e verificabile in tempo reale il funzionamento della rete stessa. La formazione Il momento più significativo nell’ambito dell'attività di formazione è stato il seminario “Violenza di genere e donne immigrate: buone prassi di contrasto al fenomeno”. Il confronto locale e transnazionale avvenuto nel corso dei lavori ha prodotto un’auto-riflessione tra le mediatrici e la realizzazione conseguente di un apposito corso di formazione rivolto alle mediatrici interculturali e alle operatrici/ori che nell’erogazione di prestazioni sociali possono trovarsi a contatto con la violenza. Il tema, molto complesso e approfondito, è stato la violenza sulle donne letta all'interno di culture diverse. Anche in questo caso si è riaffermato il principio della prevalenza di un linguaggio comune per descrivere ed individuare la violenza, privilegiando l’ottica di genere rispetto agli specifici culturali. In sostanza si è operata una scelta che, rifiutando il relativismo culturale, ha ribadito il trincio che la violenza è un reato contro la persona. La scheda di rilevazione del funzionamento della rete Abbiamo condiviso con i partner di progetto che, individuare uno strumento agile di rilevazione comune ai diversi nodi della rete, consente di avere uno strumento utile nell'immediato per mirare meglio gli interventi, ma indispensabile anche nella prospettiva del monitoraggio. La scheda unica di rilevazione ipotizzata dal progetto non sostituisce la scheda tecnica dei servizi anti-violenza, ma rappresenta il tentativo di uniformare e facilitare i criteri di raccolta dati tra i diversi servizi e territori. Nel corso del tempo, infatti, la scheda permette di misurare i risultati e l'efficacia del lavoro svolto dagli attori in rete, individuando eventuali strozzature o inefficacia dell'intervento e/o nella presa in carico. E' possibile infatti rilevare i servizi maggiormente coinvolti nel primo accesso, i servizi dove l'utenza “si perde”, quelli che non rilevano l'utenza, i tempi di attivazione/di permanenza degli interventi. Un continuo monitoraggio attraverso la scheda di rilevazione individuata può quindi fornire informazioni importanti e utili per impostare politiche capaci di superare settorialità, potenziando il più possibile la trasversalità del lavoro. Definizione di un modello di raccolta dati e confronto per un'ipotesi di osservatorio La proposta di un modello di raccolta dati informatico emerge dall’esperienza maturata all’interno dei servizi sociali e sanitari di Forlì, dove si utilizza un software (“Icaro”) che consente l’implementazione in via informatica dei dati. Si tratta di un modello semplice, che sfrutta i vantaggi del web e, assicurando la riservatezza dei dati, permette la lettura degli items. Il vantaggio dell’uso di questa o di analoga strumentazione informatica è quello di poter accedere e compilare la scheda di rilevazione da parte di tutti i servizi in rete in tempo reale, consentendo in questo modo sia l’implementazione che la lettura immediata dei dati inseriti. Analogamente la scheda di rilevazione risulta di facile e veloce compilazione da parte di tutti i servizi che avendo, ovviamente, mission completamente diverse tra loro, consente loro di enucleare facilmente il tema “violenza”. Per predisporre una scheda di rilevazione siamo partiti dal confronto delle schede di rilevazione utilizzate nei diversi territori. L’utilizzo della strumentazione informatica via web ha anche il vantaggio di poter creare un'unica scheda, accessibile anche fra realtà territoriali diverse. Si potrebbe porre in questo modo la base per un osservatorio di valenza più ampia sul fenomeno e la trattazione della violenza da parte dei diversi territori. La rete Do.mino di Cesena Maria Carolina Porcellini. Il Centro Donna del Comune di Cesena accoglie, ascolta e fornisce consulenza legale a utenti che esprimono disagio personale e sociale e chiedono aiuto. E’ proprio attraverso questo contatto che il Centro Donna ha toccato con mano una realtà sommersa di relazioni coniugali e familiari fortemente conflittuali, situazioni di maltrattamento fisico, psicologico, economico e sessuale. Nel 2006 su 220 casi di richiesta di consulenza giuridica, 180 utenti hanno richiesto delucidazioni relative al tema della separazione e ben 140 casi su 180 manifestavano segni di disagio determinati da gravi conflittualità relazionali; inoltre, tra questi 140 casi, 6 casi riguardavano il fenomeno dello stalking (il termine fa riferimento all’insieme dei comportamenti persecutori messi in atto da partner che ostacolano l’equilibrio del processo di separazione ). I dati specifici raccolti nel 2006, e così quelli degli anni successivi, hanno confermato la trasversalità del maltrattamento e della violenza rispetto al ceto sociale, al titolo di studio, alla condizione occupazionale e alla più generale condizione socio culturale, sia degli autori che delle vittime, e riflettono le caratteristiche del fenomeno a livello nazionale così come è emerso dall’ultima indagine ISTAT sulla violenza e i maltrattamenti contro le donne. Di fronte a questa esperienza sempre più urgente il Centro Donna ha sentito la necessità di promuovere un percorso di costruzione di una rete antiviolenza nel territorio di Cesena che coinvolgesse sia servizi del pubblico e privato sociale impegnati direttamente sul maltrattamento e la violenza nei confronti di donne e minori, sia servizi che, pur deputati ad altro, entrino in contatto con questa problematica. Questo al fine non solo di potenziare la funzione di orientamento mirato ed esaustivo dell’utenza del Centro Donna ai servizi del territorio adeguati a rispondere ai bisogni, ma anche di ricreare un humus di comprensione e condivisione sul tema specifico dell’ antiviolenza. Un “terreno fertile” che sostenga e espliciti una cultura di concetti, valori, linguaggi, relazioni e prassi comuni a tutti gli operatori coinvolti nella rete. Una cultura che si traduca in strumento di osservazione congiunta del fenomeno e di riflessione sulle priorità sociali e culturali del nostro specifico territorio da condividere e restituire alle istituzioni competenti e responsabili di interventi mirati. Seppure consapevoli della complessità del percorso di creazione della rete e della necessità di forti energie per realizzarli, ci ha sostenuto il desiderio e la voglia di impegnarci per vedere realizzati interventi utili sia ad arginare il problema nel territorio, sia a prevenire la sua insorgenza. Ci ha confortato anche la consapevolezza dell’esistenza nel nostro territorio di tante esperienze e sensibilità, di tante risorse fatte di servizi, strumenti, studi e tradizioni di rete che sono da lungo tempo dediti al sostegno sociale e attenti alla prevenzione e al contrasto dell’abuso, dello sfruttamento, della violenza. Il cammino della rete antiviolenza, promosso e coordinato dall’Assessorato Pari Opportunità del Comune di Cesena e dal Centro Donna del Comune di Cesena, servizio di primo ascolto, informazione e consulenza giuridica gestito dalla Coop. Libra, è cominciato quindi con un percorso formativo teorico-pratico all’interno del progetto DOMINO di TECHNE (fondi della Provincia di Forlì – Cesena e FSE). Il percorso è stato realizzato con la conduzione e la supervisione della dr.ssa Nadia Pavanello, consulente esperta di implementazione di reti operative con ottica sistemica, e la partecipazione, nell’arco di due anni, di 24 servizi e 42 operatori/trici,appartenenti sia al pubblico e privato sociale che alla sfera sanitaria e alle forze dell’ordine. La rete Domino dei servizi antiviolenza della città di Cesena vuole essere oggi uno strumento di intervento e un luogo di confronto aperto a tutti i servizi, enti, ed associazioni, pubblici e privati, già attivi nel territorio cesenate e che, a vario titolo, si occupano di violenza e maltrattamento su donne e minori. Le finalità primarie della rete spaziano dal piano della prevenzione al contrasto alla violenza sulle donne, in un’ottica di genere, e si incentrano sul favorire e incrementare la trasferibilità di buone prassi, la collaborazione tra servizi, il collegamento tra le risorse del territorio, per realizzare interventi complementari, organizzati e condivisi contro il fenomeno della violenza e del maltrattamento sulle donne, soprattutto in ambito domestico, problema complesso e in parte ancora sommerso ma esistente anche nel nostro territorio. Nell’ambito dei lavori la rete ha messo in atto una fase di autoformazione tra i partecipanti. Nella prima fase, anno 2006, il confronto, suddiviso in 11 incontri, si è incentrato soprattutto sull’approfondimento di alcuni concetti chiave: persona, violenza, violenza di genere, rete di prevenzione e contrasto, possibilità e prassi di intervento dei servizi…. allo scopo di conoscere e condividere culture, linguaggi e pratiche. Nella seconda fase, anno 2007, tra il primo incontro in plenaria di riapertura dei lavori e l’incontro conclusivo di dicembre, sono stati realizzati 18 incontri, e i partecipanti, sulla base del loro specifici ambiti di interesse e di intervento, si sono suddivisi in 4 sottogruppi operativi, approfondendo sul piano teorico e clinico i seguenti temi: - la violenza assistita da bambini/e; - la violenza sulle donne di culture altre - la violenza sulle donne subita dai figli - gli autori di violenza L’ottica di fondo è stata quella di far emergere, attraverso stimoli teorici e momenti di discussione e confronto su casi significativi emersi nei servizi, i nodi critici, le esigenze, le priorità di intervento e le possibilità di azioni integrate. Durante il percorso sono state realizzate anche le seguenti azioni: - opuscolo divulgativo, in cui sono riportate griglie di presentazione dei vari servizi, per facilitare l’accesso ai servizi in caso di problematiche di violenza e maltrattamento e che, a breve, verrà distribuito, in versione definitiva, ad operatori socio sanitari - allestimento, a cura dell’Ufficio U.R.P. del Comune di Cesena, di un sito internet, che verrà inserito all’interno del sito del Comune di Cesena, con sezioni aperte al pubblico (news, elenco servizi, normativa, glossario…) e spazi di confronto tra operatori con accesso riservato - attività di coordinamento del Centro Donna, con stesura dei verbali di ciascun incontro - incontri di supervisione tra le operatrici del Centro Donna e la consulente di rete Nel 2007 sono stati realizzati anche tre incontri seminariali: - 27 Settembre 2007: presentazione di rete DO.MINO – RETE Antiviolenza /Antiabuso della città di Cesena all’interno delle manifestazione di Cesena, città che cammina, con interventi di Nadia Pavanello, Perché una rete antiviolenza per la città; Lea Melandri, Il legame insospettabile tra amore e violenza; Stefano Ciccone (associazione “Maschile Plurale” di Roma) La violenza contro le donne ci riguarda: prendiamo la parola come uomini. - 29 Novembre e 6 Dicembre 2007: Il legame della violenza. Le basi psicologiche del comportamento violento nelle relazioni interpersonali, con introduzione e conduzione della dr.ssa Nadia Pavanello e con l’intervento del relatore Dr. Michele Sanza – Direttore U.O. SER.T. – AUSL di Cesena, con la partecipazione in plenaria di tutti gli operatori/trici del percorso. Nel 2008 il Centro Donna , in collaborazioni con l’Associazione femminile “Per le donne” e con il sostegno della rete antiviolenza Domino ha realizzato diversi incontri nelle scuole superiori di Cesena, coinvolgendo gli studenti in momenti informativi sugli aspetti sociali, psicologici e giuridici del fenomeno e in momenti laboratoriali di lavoro sui concetti di relazione, affettività/aggressività, stereotipi di genere, rapporti tra i due generi.Si sta progettando anche una serie di interventi sul tema nelle scuole elementari. Da fine 2008 il Comune di Cesena e la rete DO.MINO sono diventati partner del Progetto INSIEME contro la violenza di genere, presentato dal Comune di Bologna, capofila, e approvato dal Dipartimento per le Pari Opportunità, finalizzato a attivare azioni interprovinciali coordinate di formazione/sensibilizzazione e contrasto alla violenza di genere. Il Progetto Insieme ha posto l’accento su tre obiettivi che la Rete DO.MINO di Cesena ha sentito prioritari: rafforzare la “governance” delle azioni di prevenzione e contrasto della violenza, potenziare il processo di organizzazione tra soggetti istituzionali e privato sociale, migliorare la capacità di intervento attraverso: la formazione, la costruzione di strumenti di rete condivisi, il porre le basi di un osservatorio. I seminari formativi organizzati nei quattro territori sono stati sicuramente un veicolo importantissimo per favorire l’aggiornamento professionale degli operatori, il confronto tra strumenti, modalità , prassi, servizi, esperienze di intervento e prevenzione sul tema violenza di genere. Nel territorio di Cesena sono stati realizzati quattro seminari: Urgenza ed Emergenza: percorsi di ascolto,accoglienza e valutazione del danno (16 giugno 2009). Il supporto legale e sanitario: le misure giuridico–processuali , cliniche e medico-legali di contrasto alla violenza intrafamiliare (20 Ottobre 2009). Gli strumenti dell’osservatorio sulla violenza: dal modello di lavoro sistemico- pluralista con le vittime della tratta alle implicazioni pratiche nell’ecologia della violenza (25 Novembre 2009). Una nuova sfida negli interventi sulla violenza domestica: valutazione, percorsi di cambiamento rivolti agli uomini maltrattanti, aspetti clinici e motivazionali della presa in carico degli autori d violenza (15 Dicembre 2009). La realizzazione dei quattro seminari previsti nel Progetto Insieme ha consentito di spaziare dal tema della presa in carico dei casi in situazioni di emergenza e urgenza, agli strumenti giuridici e medico–legali, ai vincoli /risorse deontologiche con cui contrastare la violenza stessa alla luce delle nuove disposizioni di legge, fino agli strumenti di elaborazione del problema della violenza da parte dei vari soggetti del contesto violento (vittime dirette, indirette, autori di violenza). Il confronto con eccellenti esperienze italiane di contrasto alla violenza realizzato attraverso azioni, servizi di supporto alle vittime e di intervento su autori di violenza, e con le reti dei territori limitrofi copartner del Progetto, hanno favorito la riflessione rispetto alle prossime azioni della Rete DO.MINO, alla trasferibilità di buone prassi consolidate ed efficaci, al lavoro della Rete DO.MINO in un’ottica di Rete delle Reti. La violenza alle donne nella Provincia di Rimini: strategie comuni di conoscenza e gestione. Dr.ssa Maria Maffia Russo, Direttore Progetto Dafne Azienda Usl Rimini e A.S. dr.ssa Elisabetta Pillai, Progetto Dafne Azienda Usl Rimini Conoscere e descrivere il fenomeno è fondamentale per costruire la rete e le sue risposte La specificità metodologica del progetto di contrasto alla violenza contro le donne sviluppato nella Provincia di Rimini, denominato Progetto Dafne, attiene l’aver scelto il paradigma “Individuazione del bisogno – costruzione della risposta”. Questa scelta ha permesso la costruzione di risposte appropriate ai bisogni che venivano rappresentati dalle donne prese in carico nei diversi punti della rete di operatori dei servizi sociosanitari. Il progetto è caratterizzato da multidisciplinarietà e multiprofessionalità:le figure professionali presenti in prevalenza sono assistenti sociali, operatori del privato sociale, avvocati, ostetriche, infermiere, medici di pronto soccorso, ginecologi, psicologi. Gli obiettivi che si sono sviluppati nel corso degli anni sono stati quelli di promuovere innanzitutto la conoscenza del fenomeno sul territorio, definire, attuare e valutare un percorso sanitario ed un percorso sociale per l’attivazione di un iter condiviso e per la pianificazione di un progetto individuale di intervento, progettare e realizzare percorsi formativi ed infine quello di costruire una rete di contrasto alla violenza attraverso il coordinamento di tutti gli autori istituzionali e non presenti sul territorio. Per rilevare il fenomeno dapprima si è partiti con una indagine conoscitiva attraverso interviste rivolte agli operatori dei pronti soccorso, pronti intervento e consultori familiari dell'Azienda Usl di Rimini, successivamente si sono utilizzati, modificati o creati ex novo, strumenti specifici per la rilevazione dati, quali ad esempio il programma informatico dell’Azienda USL, e una scheda condivisa di rilevazione dati ad uso degli operatori della rete antiviolenza. Fulcro nella rilevazione del fenomeno violenza e nella possibilità di predisporre di percorsi di uscita dalla stessa è stata la rete di operatori coinvolti come parti attive nel progetto di contrasto alla violenza. La rete antiviolenza della Provincia di Rimini, negli anni, si è composta dai servizi dell’Azienda Usl, quali pronti soccorso e pronti intervento, U.O. di ostetricia e ginecologia, del consultorio familiare, tutela minori, inoltre dagli sportelli sociali comunali del territorio provinciale, dalle case di accoglienza, dalla Casa delle Donne del Comune di Rimini, dalle Forze dell’Ordine, gli operatori dell’ente Provincia. L’accesso alla rete antiviolenza della provincia di Rimini è stato facilitato da una molteplicità di fattori: dalla diffusione della conoscenza sul fenomeno, dalla garanzia dell’anonimato, dalla diversità degli spazi dedicati, dalla distribuzione e differenziazione sul territorio dei nodi della Rete. Nel corso del 2008 la rete si è ulteriormente arricchita attraverso la partnership con il “Progetto Insieme”, offrendo questo un contesto allargato in cui confrontare e puntualizzare le conoscenze e le metodologie di risposte rispetto al fenomeno della violenza. La costruzione della rete antiviolenza e la sua successiva specializzazione e qualificazione hanno permesso a partire dal 2006, relativamente alla presa in carico e all’attivazione di strategie di uscita dalla violenza, la nascita nello specifico dei percorsi denominati “percorso sanitario” e “percorso sociale” . Il percorso sanitario, in ospedale, garantisce alla donna che è vittima di violenza: continuità assistenziale, tempestività di attivazione delle prestazioni , evitamento di passaggi ridondanti, omogeneizzazione delle procedure, setting idoneo per l’accoglienza e la visita. Il percorso sociale garantisce alla donna che è vittima di violenza la continuità assistenziale ospedale-territorio e interservizi, la presa in carico differenziata per emergenza e non emergenza, la definizione di un progetto individualizzato e la pianificazione del percorso di uscita dalla violenza. Strumenti per lo sviluppo della Rete Lo sviluppo della rete antiviolenza della provincia di Rimini ha riguardato prevalentemente la ricerca di strategie e di traiettorie che permettessero di fare una riflessione su quali siano state le variabili e gli indicatori che hanno implementato e facilitato il lavoro tra i nodi della rete e quali ancora da sviluppare. La conclusione congiunta tra tutti gli operatori della rete ha evidenziato le seguenti variabili: Reciprocità del riconoscimento dei nodi della rete La rete negli anni si è ampliata, il lavoro più importante è stato quello di definire le competenze specifiche e promuovere la consapevolezza che lavorare in rete implica sviluppare un intervento che è un valore aggiunto rispetto al contributo di un singolo nodo, sia nei riguardi della donna che degli stessi operatori. L’interconnessione è direttamente proporzionale alla possibilità di predisporre interventi mirati alla specificità dei bisogni specifici evitando inoltre parcellizzazioni e falle nella continuità assistenziale. Integrazione e differenziazione delle competenze Attraverso gli incontri regolari di discussione sui casi delle donne prese in carico, con i diversi nodi della rete, è risultato interessante sperimentare che l'efficacia della rete dipende dall'integrazione e dalla differenziazione dei suoi nodi che possono essere autonomi e integrarsi nello stesso tempo. Gli incontri sistematici di discussione casi con gli Sportelli Sociali hanno ad esempio dimostrato come la tipologia delle utenti che si rivolge agli stessi è diversa da quella che si rivolge al Consultorio Familiare dell’azienda Usl, per questo una differenziazione dei nodi è stata fondamentale per poter fornire risposte competenti e diversificate. In riferimento a ciò gli Sportelli Sociali hanno individuato la loro missione nell’informazione, nella prima accoglienza e nell'invio accompagnato agli altri punti della rete; il consultorio familiare si è occupato e si occupa regolarmente della presa in carico della donna per accompagnarla nel percorso di affrancamento dalla situazione di violenza; la Tutela Minori esercita la funzione di protezione, di vigilanza e di monitoraggio sulle situazioni in cui sono coinvolti i minori; l’ente Provincia risponde in tema di consulenza legale; le Forze dell’Ordine permettono l’attuazione di misure di protezione; il reparto di Ostetricia-Ginecologia, i Pronti Soccorsi, i Consultori offrono assistenza medica; la Casa di accoglienza è fondamentale nelle situazioni di emergenza, la Casa delle Donne del Comune di Rimini informa e accoglie. La suddetta sintetica descrizione delle funzioni di ciascun nodo della rete è stata conseguente ad un analitico lavoro di formazione e discussione tra tutti gli operatori della rete. Gli strumenti comunicativi • L'economia informazionale della rete antiviolenza nella provincia di Rimini prevede lo scambio informativo attraverso il telefono o gli incontri; per questo la rete Dafne può dirsi una “rete calda”. Con problematiche coinvolgenti e ad alta integrazione come la violenza alle donne, le reti fredde non funzionano, è necessario infatti che gli operatori possano condividere anche le emozioni e le storie particolari delle donne che incontrano. • Comunicazione a feedback circolare: la scheda comune di “rilevazione della violenza” , creata al fine di condividere un medesimo linguaggio ed una prassi omogenea di rilevazione dei dati • Condivisione del programma-progetto sanitario/sociale: i protocolli di integrazione tra diversi servizi/operatori al fine di rendere possibili il percorso sanitario e quello sociale. I contributi della partecipazione al “Progetto Insieme” La partnership con il Progetto Insieme, iniziata a partire dal settembre 2008 e terminata nel febbraio 2010, ha permesso il confronto e la condivisione sulle buone pratiche rispetto alla conoscenza, rilevazione e gestione del fenomeno violenza nel territorio regionale e più vasto, Questo ha incrementato il bagaglio culturale ed operativo dei soggetti coinvolti, focalizzato il lavoro sui fattori protettivi della rete ed ha favorito la possibilità di creazione di strategie comuni per il contrasto alla violenza alle donne. In particolare, nel corso del 2009 l’implementazione della rete è avvenuta attraverso una partecipazione sempre più attiva al Progetto Insieme grazie alla formazione congiunta dei partner territoriali di Bologna, Cesena e Forlì, ai gruppi di coordinamento, alla condivisione di una scheda comune di rilevazione del fenomeno. Dai dati rilevati all'interno della rete Dafne della Provincia di Rimini, durante i 18 mesi della partnership con il Progetto Insieme, si rileva che si sono rivolte alla rete 489 donne , di cui 281 sono state prese in carico. I profili delle donne e della condizione di violenza rilevati sono i linea con le tendenze nazionali: i luoghi in teoria più tutelati, come la famiglia, sono quelli in cui avvengono la gran parte delle violenze, che sono in prevalenza esercitate dal partner o ex partner; il fenomeno ha caratteristiche di trasversalità per ciò che riguarda la classe sociale, la scolarità e la nazionalità. Condivisione di una cultura di rete: la formazione La necessaria “ manutenzione” della rete antiviolenza si è realizzata, oltre che con la sistematizzazione degli incontri con i nodi della stessa, attraverso la formazione congiunta degli operatori e la formazione dedicata a specifici profili professionali. La formazione è uno strumento molto importante per conoscere il fenomeno della violenza contro le donne, le tecniche per fronteggiarlo e per confrontarsi con i pregiudizi. Attraverso la formazione congiunta si è sedimentata negli anni una cultura comune tra i professionisti e gli operatori coinvolti nella rete antiviolenza della provincia di Rimini: medici del Pronto Soccorso, ginecologi, assistenti sociali, psicologi, infermieri, ostetriche, educatori, operatori degli sportelli sociali e dei centri per le famiglie, avvocati, Forze dell’Ordine. A questi attori locali si sono aggiunti nel 2008-2009 i partner del “Progetto Insieme”, presenti alle formazioni: -“Violenza nelle relazioni familiari: le Forze dell’Ordine e il primo intervento” 30 Ottobre 2008. -"Il lavoro di rete e la qualità dell'integrazione:fattori di protezione contro la violenza alle donne”7 ottobre 2009 -“Stalking: dalla legge alla tutela della donna”26 gennaio 2010 I punti di forza di queste formazioni sono risultati essere l’ampia partecipazione di operatori e dei partner del progetto, la rilevanza delle tematiche proposte ed operatività dei contenuti, il gradimento espresso dai partecipanti attraverso le schede di valutazione. Nel corso del 2009 è stato inoltre introdotto l’impiego di una “Scheda di rilevazione della soddisfazione degli operatori della rete Dafne” che ha permesso di avere riscontri positivi degli operatori soprattutto circa il lavoro di rete e circa l'importanza della formazione costante . A sostegno della cultura di rete e della condivisione della informazione/formazione è stato redatto e pubblicato dall'Azienda Usl di Rimini il Quaderno Asri 123: “La rete Dafne :fattore di protezione contro la violenza alle donne” (reperibile sul sito www.auslrn.net). Lo scenario complesso della violenza in gravidanza Se il problema della violenza alle donne negli ultimi 10 anni è stato riconosciuto universalmente come un problema di salute pubblica, ed ha ricevuto sempre maggiore attenzione da parte di prestigiosi organismi internazionali, che hanno contribuito a riconoscerne le drammatiche conseguenze sulla salute delle donne, il fenomeno della violenza in relazione alla gravidanza rappresenta ancora un forte tabù e merita dunque una attenzione particolare e dedicata. La gravidanza nella nostra società rappresenta un terreno privato e sacrale all'interno del quale introdurre un argomento sgradevole come la violenza appare un atto stonato e dissacratorio. E' difficile credere che la dimensione di questo fenomeno in gravidanza raggiunga una consistenza tale da far sì che si debba considerare fra i fattori di rischio piu' diffusi. Dati del WHO (World Health Organization) stimano che nel mondo 1 donna su 3 sia stata picchiata o abusata sessualmente nel corso della propria vita e 1 su 4 sia stata vittima di una violenza in gravidanza. È la seconda causa di morte materna, di tutte le morti materne il 20% si stima che sia conseguenza di episodi violenti. Contrariamente a quanto potremmo aspettarci i dati che riceviamo dai paesi industrializzati non differiscono molto da quelli dei paesi non industrializzati, per il fatto riconosciuto che la violenza sulle donne è presente in forma endemica in tutti i paesi del mondo e coinvolge trasversalmente tutti gli stati sociali. Uno dei miti piu' diffusi ancora tra noi operatori è che la gravidanza risulti protettiva nei confronti del maltrattamento e della violenza, esiste invece una corposa letteratura in grado di dimostrare con evidenza che la violenza non risparmia le donne neppure durante la gravidanza anzi può incominciare o inasprirsi proprio in quel periodo. In realtà la gravidanza rende la donna piu' vulnerabile, riduce tra l'altro la sua autonomia sia emotiva che finanziaria. I cambiamenti legati alla gravidanza possono essere vissuti dal partner come una opportunità per stabilire potere e controllo sulla donna, non è un caso che il 30% dei maltrattamenti hanno inizio proprio in gravidanza, specie nel 2° e 3° trimestre che il 70% delle donne maltrattate prima della gravidanza continuano a subire maltrattamenti. Anche il puerperio rappresenta un momento di particolare rischio, in cui è possibile che ricomincino comportamenti violenti cessati in precedenza. Organi più colpiti sono addome, seno e genitali avvolte assieme a violenze sessuali. Fattori di rischio: una storia di violenza precedente, una gravidanza non desiderata. I motivi principalmente addotti dal partner sono: la gelosia nei riguardi del nascituro, la rabbia verso una gravidanza non voluta o l'ostilità verso la gravidanza in sè che non permette alla donna di occuparsi dell'uomo come prima. La violenza in gravidanza assume un particolare rilievo in quanto le persone offese sono 2 gestante e feto. Tra l'altro esiste una relazione fra violenza in gravidanza e rischio di abuso sui figli, il partner che abusa della madre ha probabilità di avere un comportamento violento con i figli in una percentuale che oscilla tra il 40% e il 60%. La violenza esercita i suoi effetti negativi sulla gravidanza in maniera diretta e indiretta, sulla madre il rischio maggiore è ovviamente rappresentato dalla morte, per quanto riguarda gli effetti sul feto, ricordiamo innanzitutto che in questa popolazione sono più frequenti gravidanze indesiderate o misconosciute e ritardo delle cure prenatali: si calcola che una buona percentuale di donne abusate arrivi alla prima visita nel 2°-3° trimestre, ed è comunque riscontro comune che alcuni controlli non vengano effettuati o che alcuni appuntamenti vengano "dimenticati". Gli aborti volontari hanno maggiore incidenza in donne sottoposte a violenza. Comportamenti a rischio come fumo abituale, uso di alcoolici e assunzione di farmaci psicotropi o droga si associano con maggior frequenza alla gravidanza violenta. Molti studi riportano un'aumentata incidenza di minaccia di aborto e di aborto in particolare poliabortività, con numero di eventi negativi proporzionale all'abuso. Abbiamo visto che la violenza contro la donna rappresenta un problema reale, frequente e drammatico. Anche se le casistiche non indicano sempre un danno certo, sistematico e quantificabile della violenza sulla gestante e sul feto, non c'è dubbio alcuno che una "gravidanza violenta" debba essere considerata una "gravidanza a rischio". La violenza in gravidanza è più frequente di molte patologie, non si può dunque pensare che anche in questo caso, i sanitari non debbano farsi carico del problema, attivando tutti gli strumenti possibili per l'individuazione del rischio. L'indagine sui maltrattamenti intrafamiliari rappresenta un terreno estremamente scivoloso, sia perché spesso i segni dell'abuso non sono evidenti, sia perché la donna stessa tende a coprire la realtà per paura, vergogna, timore dell'intervento dell'autorità giudiziaria. D'altra parte spesso gli operatori non sono abituati a considerare l'esistenza del problema o poco preparati a farlo, per cui si tende a minimizzare o ignorare anche quei segnali che potrebbero far comparire il sospetto: l'idea che la violenza domestica sia una faccenda privata nella quale non è opportuno intromettersi, la mancanza di competenze tecniche e di risorse, il timore di offendere la persona che abbiamo davanti, la paura di scoperchiare un vero e proprio "vaso di Pandora" senza poi avere la capacità di trovare risposte, la mancanza di tempo, sono le motivazioni addotte con maggior frequenza. Non è inoltre infrequente il timore di essere coinvolti come testimoni con l'autorità giudiziaria. Eppure paradossalmente, la gravidanza costituisce una grandissima opportunità per svelare una situazione di maltrattamento: la maggior parte delle donne seguono un programma di controlli prenatali ed hanno quindi ripetute occasioni di entrare in contatto con il Servizio Sanitario e con operatori con i quali si crea un rapporto di confidenza e di fiducia; inoltre il timore delle possibili conseguenze per il suo bambino spinge la donna ad aprirsi con maggiore facilità. Si capisce quindi quanto sia importante essere consapevoli di questa responsabilità che abbiamo, e quanto possa essere liberatorio offrire l'opportunità di aprire quella finestra che la donna da molto tempo maltrattata avrebbe voluto aprire. Esistono certamente dei segnali che possono essere colti, una volta acquisita l'abitudine di pensare a questo problema e assunta la consapevolezza dell'importanza che la questione riveste: per se. Iniziare tardivamente le cure antenatali, mancare senza motivo alcuni appuntamenti, manifestare eccessiva ansietà nei confronti del decorso e dell'esito della gravidanza, apparire insicura o infelice e depressa; anche nel partner possono essere osservati dei comportamenti abbastanza caratteristici ed indicativi come eccessiva sollecitudine, tendenza a non lasciare mai da sola la donna e a rispondere al suo posto, magari correggendo le risposte. Non aspettiamoci invece un personaggio con caratteristiche necessariamente legate all'emarginazione: i dati mostrano come il 60% dei partner violenti sono "insospettabili", e solo una minoranza presenti problemi di alcool, droga o precedenti penali. E' importante offrire alla donna, qualora si ravveda una situazione difficile, la possibilità di essere sola nel corso del controllo, offrire un'interprete che non sia il partner, quando si parla di donne immigrate, importante la formazione degli operatori, dare indicazione sui progetti di uscita dalla violenza, utile mettere materiale pubblicitario con numeri telefonici negli ospedali, ambulatori nelle toilette, dove la donna può con calma scriversi i numeri telefonici senza essere scoperta. Le cose che non devono essere fatte: mettere in pericolo la donna parlando della violenza davanti al partner, mostrare incredulità o meraviglia, minimizzare, dire come noi ci comporteremo al suo posto, forzarla a parlare, forzarla a sporgere denuncia, avere un atteggiamento giudicante. Conoscere i problemi, decodificare la richiesta, superare i pregiudizi personali, saper ascoltare e rassicurare, costituiscono la base per una prima accoglienza di queste donne. Inoltre non può mancare uno stretto rapporto di collaborazione con gli altri servizi, e con l'autorità giudiziaria. Nel corso del 2008 sono state 30 e 25 nel 2009, le donne in gravidanza che si sono rivolte alla rete Dafne della provincia di Rimini. La costruzione della rete di Bologna: i partner Il ruolo dell’università. Sandra Tugnoli Pàttaro, Professore ordinario di Storia della Scienza, Università degli Studi di Bologna, Presidente dell’Associazione delle Docenti Universitarie (AdDU) L’Università di Bologna ha partecipato al Progetto “Insieme contro la violenza di Genere” formalmente con tre partner: Sezione Dipartimentale di Medicina Legale, Area Studenti e Associazione delle Docenti Universitarie (AdDU). Questi tre partner hanno deciso fin dall’inizio del Progetto di unire le proprie forze al fine di produrre un contributo non meramente teorico, ma anche passibile di ricadute applicative nell’università e fuori di essa. Nell’Università, hanno lavorato al Progetto, oltre alla scrivente, la prof. Susi Pelotti, la prof. Pina Lalli, la prof. Carla Faralli, la prof. Paola Monari, nonché la dott. Milena Romagnoli (Area ASeS, Servizi agli Studenti) e la dott. Michela dalla Vite (area DiCCI, Cultura e Comunicazione). I contributi più significativi dell’Università di Bologna al Progetto possono sintetizzarsi nei tre punti seguenti. 1)Progettazione di una campagna di comunicazione contro la violenza sulle donne. Tale progettazione è stata realizzata grazie a un Laboratorio di studentesse dell’Università di Bologna, del quale è stata responsabile la prof. Pina Lalli (Presidente del corso di laurea magistrale in Comunicazione pubblica), e che è stato coordinato da due dottorande di ricerca, la dott. Chiara Gius e la dott. Aura Tiralongo. Il Laboratorio ha predisposto un piano di comunicazione che include non solo uno studio teorico (un’analisi di scenario), premessa indispensabile per trarre conclusioni sullo stato dell’arte sul fenomeno oggetto d’indagine, ma anche linee di sviluppo in relazione ai fruitori (educazione e comunicazione a ragazze/i, studentesse/i, informazione per medici, servizi sociali, ecc.). Il piano, infatti, scandisce in modo articolato le possibili tappe e modalità di una campagna di comunicazione atta a favorire un effettivo cambiamento sociale, sia informando sull’esistenza sul territorio di centri, servizi e programmi di lavoro, implementati da soggetti diversi (costituzione di una rete), sia sensibilizzando e promovendo la comunicazione sul tema in oggetto, mediante individuazione di strategie mirate fruibili da operatori diversi della società civile. Dopo essere stato ampiamente discusso tra i partecipanti al Progetto facenti capo all’Università di Bologna, il piano è stato presentato agli altri partners del Progetto e da tutti condiviso (seminario del 19 giugno 2009) per la sua capacità di soddisfare le esigenze di ciascuno. Esso infatti consente di approntare strategie diverse in relazione alle esigenze specifiche di ogni mediatore e fruitore, alle quali per altro conferisce un quadro di riferimento comune. Il Laboratorio ha affrontato altresì altre tematiche, quali il logo del Progetto, logo che è stato realizzato in accordo con la proposta concettuale avanzata dal piano di comunicazione; e le forme di pubblicità sulla violenza (quest’ultimo problema è stato posto verso la fine del Progetto, ragion per cui non vi è stato tempo per sviscerarlo adeguatamente e formulare un’ipotesi di lavoro costruttiva). Val la pena, da ultimo, ricordare, a testimonianza della bontà del lavoro svolto dal Laboratorio, che il piano di comunicazione si è aggiudicato il I premio nel concorso “Marketing sociale e comunicazione per la salute” per il 2009 (indetto da Associazione Italiana della Comunicazione Pubblica ed Istituzionale, Servizio Sanitario Regionale dell’Emilia-Romagn-Ausl di Modena, Coordinamento Nazionale Marketing Sociale”), sezione studenti. 2)Presentazione del Progetto a studenti e docenti dell’università di Bologna all’interno della IV edizione del Festival della Storia (evento pluripremiato e di forte impatto su studenti e città). Tale presentazione, organizzata dall’AdDU, ha avuto luogo nell’Aula Absidale di Santa Lucia il 17 ottobre 2009, ospiti il prof. Marco Cavina, la dott. Daniela Magagnoli, la prof. Maria Giuseppina Muzzarelli, la dott. Paola Palazzo, la prof. Susi Pelotti, la prof. Fiorenza Tarozzi. Nell’occasione è risultata preziosa la collaborazione del Gruppo di Lettura S. Vitale (diretto da Maria Rosa Damiani con la collaborazione di Anastasia Costantini), del pari partner nel Progetto. L’esito è stato più alto delle aspettative. Il Gruppo di Lettura S. Vitale non solo ha accettato l’invito dell’AdDU a partecipare alla presentazione, ma ha altresì predisposto per l’evento una serie di testi originali, alla cui stesura hanno contribuito anche le dottorande coordinatrici del Laboratorio. Il Gruppo ha, così, presentato nell’occasione in anteprima i testi poi letti nella conferenza conclusiva del Progetto (Santa Cristina, 25 febbraio 2010). Merita specifica segnalazione il fatto che alla Presentazione è intervenuta la dott. Paola Palazzo, che ha illustrato il proprio ruolo di Garante di Ateneo all’interno dell’Università con riferimento specifico alle molestie, agli abusi e alle violenze di genere. 3)Infine, avendo tra i partners universitari un medico legale (Susi Pelotti), è stato possibile collaborare in modo incisivo a iniziative rivolte ai medici di famiglia, tra le quali mi limito qui a segnalare la stesura dell’opuscolo informativo (contenente informazioni, indirizzi su aziende, centri, luoghi di riferimento e orientamento) per medici di famiglia e operatori. Il Progetto si è formalmente concluso alla fine di febbraio 2010. Ma per i partner dell’università di Bologna tale chiusura formale è punto di partenza e non di arrivo: ciò che è stato fatto, in ragione degli esiti tangibili e soddisfacenti conseguiti, merita di essere proseguito. Abbiamo infatti già cominciato a pensare alle prospettive future. Ne ricordo qui alcune realizzabili in tempi brevi. 1)Anzitutto, abbiamo intenzione di attivare un punto di ascolto dedicato a tutti coloro che operano, per motivi di studio o di lavoro (dipendenti e studenti), nell’università. Grazie a nuove disponibilità e sensibilità presenti in Ateneo, in particolare da parte del Garante di Ateneo, del neoinsediato Comitato per le Pari Opportunità (presidente Susi Pelotti) e dell’AdDU, nonché grazie a una convenzione attiva dal 2006 tra Università di Bologna e Associazione Orlando, pensiamo oggi di avere le forze per realizzare, in tempi brevissimi, presso il complesso di S. Cristina (che ospita sia l’Università sia l’Associazione Orlando), uno punto di ascolto, quale luogo di informazione e di formazione, nel quale sia vengano accolte le richieste di aiuto o consiglio onde guidarle a soluzione appropriata avvalendosi di una rete di collaborazione con istituzioni presenti nell’Università o con altre associazioni esterne ad essa, sia venga monitorato il fenomeno per farne oggetto di studio e di ricerca per ulteriori strategie di prevenzione ed intervento. 2)In secondo luogo, pensiamo ad un’azione specifica sugli studenti, con specifico riferimento al problema dell’internazionalizzazione. Molti studenti/studentesse sono fuori sede. Essi pertanto possono trovarsi sprovveduti nell’inserimento in un nuovo contesto urbano. In una sede di alta formazione ed educazione, qual è l’università, riteniamo indispensabile sensibilizzare gli studenti, soprattutto -appunto- quelli che vengono da altre città o altri paesi, sul problema della violenza di genere in relazione alla vita in Città. Pensiamo pertanto di predisporre del materiale informativo sul tema della violenza (una card, una scheda informativa contenente riferimenti al codice etico di Ateneo, informazione sui luoghi o le persone cui rivolgersi in caso di necessità, ecc.), materiale che dovrebbe essere consegnato a tutti gli studenti, in primis alle matricole, in occasione del loro primo contatto fisico con le Segreterie dell’Ateneo (nella cartellina che viene loro consegnata al momento dell’immatricolazione), nonché durante le giornate dell’orientamento, nei collegi universitari, ecc. 3)In terzo luogo, pensiamo di agire a livello didattico. Anche in questo caso, abbiamo già una possibilità concreta di utilizzo immediato. Da alcuni anni, l’Università di Bologna (nella fattispecie, facoltà di Giurisprudenza) in convenzione con l’Associazione Orlando, offre un insegnamento da 3 crediti (responsabile prof. Carla Faralli) dal titolo Etica e politica, che gli studenti possono scegliere tra i crediti liberi ed aperto anche alla società civile. Ogni anno accademico il corso affronta un tema specifico, che figura come sottotitolo. Pensiamo di invitare il corso di Etica e Politica a dedicare l’a.a. p.v. 2010-11 al tema “Violenza di genere”. 4)Infine, pensiamo di chiedere agli organi accademici che sul Portare di Ateneo vengano date ampia pubblicità e informazione su tutte le suddette iniziative. Vorrei concludere con una riflessione che esprime sinteticamente una sorta di bilancio della esperienza dei partner dell’Università nella partecipazione al Progetto. Certamente si poteva fare di più, ma è difficile iniziare un’impresa e portarla subito a compimento e a uno stato di perfezione. In ogni caso, penso di interpretare il pensiero di tutti i partner dell’università di Bologna, nell’asserire che siamo soddisfatti sotto un duplice profilo: per il nostro contributo come università, perché abbiamo lavorato molto e bene, siamo riusciti a tradurre le nostre capacità di elaborazione teorica in progetti operativi; per la sinergia che si è proficuamente creata tra tutti i partner (mi riferisco non solo a quelli dell’Università di Bologna ma anche a quelli non appartenenti all’Alma Mater Studiorum); partner, che, pur appartenendo a “mondi” molto diversi tra loro, hanno saputo mettere a frutto la ricchezza delle loro esperienze facendole convergere su modalità di azione condivise. A tutti i partner del Progetto noi dell’Università di Bologna e dell’Associazione delle Docenti Universitarie desideriamo esprimere il nostro più sincero ringraziamento. Laboratorio Compass DSC: progettazione di un Piano di Comunicazione contro la Violenza di Genere Chiara Gius e Aura Tiralongo Al giorno d’oggi non è più possibile mettere in discussione il ruolo strategico che la comunicazione riveste come agente facilitatore nel sostenere e promuovere cambiamenti sociali. Le pubbliche amministrazioni e gli attori del terzo settore stanno da tempo misurandosi con la necessità di sviluppare e diffondere sui territori campagne di comunicazione sociale tese a stimolare il diffondersi di determinati comportamenti (ad es. la diffusione delle pratiche di raccolta differenziata dei rifiuti), o a scoraggiarne altri (ad es. l’abuso di alcool, il tabagismo, etc.). La comunicazione dunque si pone come portatrice di un messaggio positivo di cambiamento che suggerisce a coloro che ne sono esposti comportamenti appropriati o desiderabili, con l’obiettivo di stimolare il ricorso a pratiche alternative o, in alcuni casi, addirittura innovative. E’ alla luce di queste potenzialità che è stato creato il Laboratorio Didattico per l’ “ideazione di una campagna di comunicazione contro la violenza sulle donne”, nato presso il corso di laurea magistrale Compass del Dipartimento di Discipline della Comunicazione di Bologna. Partner attivo del progetto “Insieme contro la Violenza di Genere”, l’Università Alma Mater Studiorum ha voluto accogliere il contributo di alcune studentesse, interessate a inserire nel proprio percorso formativo un’esperienza teorica e pratica su uno dei temi di più difficile approccio dei tempi correnti. Scopo del Laboratorio, la creazione di un Piano di Comunicazione che descrivesse premesse, obiettivi, e modalità per un’efficace campagna di comunicazione sul tema delle Violenze di Genere. Mettendo a disposizione le proprie risorse, in termini di preparazione e di personale sensibilità al tema trattato, e sotto la nostra supervisione, le partecipanti hanno optato per una metodologia multidisciplinare, tentando innanzi tutto di fronteggiare in un’ottica produttiva la complessità del problema. E’ stato per questo adottato un approccio “integrato”, che fosse in grado di creare una sinergia fra gli obiettivi formativi del progetto didattico e il buon esito comunicativo della strategia di contrasto auspicata, a partire da uno studio del fenomeno nelle sue diverse forme. La particolare cura richiesta dalle strategie da implementare e dagli strumenti da adottare nel contrasto alle Violenze di Genere, ha motivato una preliminare fase di studio e di mappatura del fenomeno. Tale “Analisi di Scenario” si è rivelata di centrale importanza per lo sviluppo del piano e delle sue strategie. Essa ha permesso di pensare lo strumento comunicativo in modo più che mai motivato e costruttivo, e soprattutto rispettoso dei contorni non sempre distinti delle tante forme di violenza sulle donne. In una prima fase, le ragazze si sono dedicate a: un’attenta consultazione di indagini, rilevazioni e inchieste nazionali realizzate in fatto di maltrattamento sulle donne; l’andamento diacronico del fenomeno nel periodo 1996/2009, con attenzione particolare alle percentuali di denunce presentate; l’analisi delle diverse tipologie di abuso prese in considerazione o al contrario trascurate dalle stime ufficiali; una puntuale disamina dei fenomeni di resistenza culturale alle Violenze di Genere, relativamente al periodo storico considerato e alle consistenti percentuali di violenze sommerse che a tutt’oggi persistono sul territorio italiano; una riflessione su autori e vittime delle Violenze di Genere, relativamente a fascia d’età, provenienza geografica, status socio-economico. Ne è emersa una sostanziale trasversalità del fenomeno, e un forte ruolo dell’elemento stereotipico relativo ai ruoli maschile e femminile comunemente accettati, e spesso veicolati dagli stessi mezzi di comunicazione. Per questo la strategia inaugurata ha voluto predisporre un’azione di influenza effettiva sul tessuto sociale, considerato nelle peculiarità dei suoi diversi segmenti. Il doppio asse “Informazione” e “Sensibilizzazione” è stato eletto a principale obiettivo strategico, sulla base delle criticità emerse durante l’Analisi di Scenario. Due, quindi, le direttrici fondamentali: Informare sull'esistenza nel territorio di centri, servizi e programmi di aiuto, sviluppati e implementati da soggetti diversi. Sensibilizzare la comunicazione sui temi relativi alla violenza contro le donne, individuando strategie mirate ai diversi settori della cittadinanza e stimolando una cultura di contrasto agli stereotipi di ruolo. A partire da queste necessità, si è meglio delineata la scelta comunicativa, soprattutto in riferimento ai pubblici a cui rivolgere il messaggio. E’stata questa la fase della “segmentazione”, che ha previsto la selezione di cinque principali categorie di pubblico: Gli uomini, spesso trascurati dalle campagne di comunicazione sul tema. Requisito imprescindibile della strategia di contrasto, il superamento dell’idea tradizionale di mascolinità, per un cambiamento duraturo e condiviso dei rapporti fra i generi. Le donne, in quanto soggetti direttamente coinvolti, per stimolare il riconoscimento dei molteplici aspetti che portano al verificarsi di situazioni di violenza (psicologica, simbolica, fisica), nonché le strutture a cui far riferimento in caso di difficoltà. I giovani (suddivisi in studenti delle scuole elementari, medie e superiori e studenti e studentesse universitarie), per impostare un’azione di formazione culturale negli atteggiamenti e nelle relazioni fra i generi, declinata in forme e modi specifici per ciascun gruppo d’età. I medici di base, per sottolineare il loro ruolo fondamentale nel processo di prevenzione, informazione e assistenza alle donne. Gli educatori, per coinvolgere direttamente i luoghi della cultura e della formazione alla cittadinanza. Alla base, la necessità di intervenire capillarmente, con una comunicazione che si adattasse alle peculiarità del pubblico. Oltre a questo, l’urgenza di affrancare le iniziative informative da alcuni luoghi comuni. Fondamentale ribadire, ad esempio, che lungi dall’essere soltanto una questione di pubblica sicurezza, la violenza contro le donne è un fenomeno complesso e non risolvibile con iniziative frammentarie e poco coordinate. Che la violenza contro le donne ha la sua origine negli stereotipi di genere e negli assunti implicitamente condivisi sulla virilità e la femminilità, a tutt’oggi persistenti e considerati parte integrante del naturale ordine delle cose. Che la violenza sulle donne è un problema comune a tutte le fasce di popolazione, e non necessariamente vincolato alla marginalità, né alle minoranze culturali presenti sul territorio italiano. Ecco il perché si è voluto intervenire non solo su alcuni, puntuali aspetti della violenza. Ma anche e soprattutto sulla sua base, prevedendo il coinvolgimento di tutti gli attori sociali, nell’ottica sia della prevenzione, sia dell’intervento capillare laddove l’episodio acuto si è già verificato. A questa seconda fase, ulteriormente declinata in obiettivi di breve, medio, e lungo periodo per ciascun pubblico, è seguita quella della predisposizione dei canali e dei mezzi comunicativi. Il piano di comunicazione ha infatti previsto una serie di prodotti auspicabili, proporzionalmente alle risorse messe a disposizione nell’ambito del progetto. L’ideazione di tali prodotti, declinati a seconda dei pubblici da coinvolgere e degli obiettivi da raggiungere, ha occupato le studentesse in un processo che ha permesso loro di misurasi con la necessità di mettere in campo risorse creative in grado di sintetizzare e coniugare le premesse teoriche e i temi centrali identificati. In particolare, essendo quella della partnership una strategia “di rete”, vale a dire rivolta all’integrazione delle diverse aree di competenza in vista di un comune obiettivo, si è riscontrata l’esigenza di ideare un prodotto che rispettasse la mission di partenza. E che al contempo creasse uno spazio simbolico riconoscibile, sia per il pubblico, sia per gli addetti ai lavori. Il prodotto ideato e in seguito realizzato è quello del logo del progetto, elemento di importanza strategica. Il logo costituisce un prodotto comunicativo fondamentale per promuovere l’immediato riconoscimento di un soggetto (sia esso commerciale, istituzionale o associativo) presso i suoi pubblici di riferimento. In questo caso la possibilità di riconoscersi in un’immagine condivisa presentava anche l’indubbio vantaggio di incentivare e promuovere negli stessi partner una maggiore consapevolezza del proprio ruolo all’interno della rete. Poter corredare i propri prodotti comunicativi con un logo comune a tutti i partner ha favorito la creazione di uno spazio importante entro cui i diversi soggetti possono riconoscersi e valorizzarsi reciprocamente. Lo sforzo fatto dal Laboratorio è stato, dunque, quello di procedere all’identificazione di quegli elementi che riuscissero a sintetizzare in una sola immagine i valori, i punti di vista, le istanze e le proposte proprie della rete. La dimensione centrale su cui si è concentrata la riflessione è stata quella della comunanza, del lavorare insieme, termine quest’ultimo considerato chiave per la definizione del progetto. Riflettendo su questo aspetto, il primo elemento da mettere in evidenza è sembrato quello della circolarità. La possibilità di fare riferimento a un’immagine che si possa comporre in maniera circolare permette di trasmettere una serie di significati centrali per la natura della rete. Il circolo rimanda infatti all’idea della comunione di intenti e dell’ adesione a un progetto condiviso. Accanto al concetto di circolarità si è lavorato sulle nozioni di individualità e diversità. E’ stato considerato importante rimarcare l’idea che i soggetti che compongono il circolo debbano essere riconoscibili nella loro singolarità, caratterizzati dai propri percorsi e dalle proprie specificità. L’intuizione di rimarcare l’unicità dei singoli soggetti raccolti nel circolo risponde all’esigenza di lavorare contemporaneamente su due dimensioni di significato. In primis, il rimando alla singolarità può essere intesa come rappresentativa delle diverse realtà istituzionali e associative che costituiscono la rete. In secondo luogo, il rimarcare l’adesione di singoli individui alle istanze proposte rimanda direttamente all’idea che ciascuno è chiamato in causa quando si parla di violenza di genere. Ad impegnarsi per contrastare la violenza di genere, questo il secondo messaggio sotteso, non debbono essere solo le donne, o coloro che sono chiamati a rappresentarne le istanze, ma tutta la società civile, qui intesa nel senso più ampio del termine. Accanto all’immagine è stato proposto di mantenere come head il titolo del progetto “Insieme contro la violenza di genere”. Chiaro nuovamente il rimando all’ azione collettiva richiesta per contrastare il fenomeno della violenza alle donne. Data l’importanza strategica del logo nelle attività di comunicazione della rete, una volta definiti gli elementi principali caratterizzanti e predisposta una bozza grafica, è stato dato avvio a un processo di consultazione interna fra i vari partner della rete. Tale consultazione ha permesso di raccogliere suggerimenti, idee ed eventuali nuove proposte, costituendo mano a mano le linee guida comuni entro cui è stata finalizzata l’immagine visiva del logo. Abbiamo così ribadito, ancora una volta, che operare Insieme contro la violenza è ben più di un proposito. E’ un obiettivo programmatico da rinnovare costantemente e con sforzo. Per noi tutti è una riprova. Ma per le donne, prime protagoniste, una necessità. Perchè l’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri della Provincia di Bologna partner del progetto insieme contro la violenza di genere. Dott. Stefano Rubini, Medico di famiglia, consigliere OMCEO Bologna Quando mi è stato proposto dal Presidente dell’Ordine dei Medici di seguire il progetto del Comune di Bologna “Insieme contro la violenza di Genere”, non mi resi conto completamente di cosa si trattasse e dopo la prima riunione in cui ero l’unico rappresentante di sesso maschile, ero molto perplesso riguardo a cosa avrei potuto fare e quale fosse il ruolo reale dell’Ordine dei Medici di Bologna in quel contesto. Frequentando le riunioni e vivendo la “passione” con cui le rappresentanti delle varie istituzioni e l’Assessora Milli Virgilio portavano avanti un progetto difficile e ambizioso, ho incominciato a rendermi conto dell’opportunità che veniva data all’ Ordine dei Medici di collaborare, portando un contributo non solo di idee, ma pratico. Perché l’Ordine dei Medici? Dalla legge istitutiva del l’Ordine viene definito come “Organo Ausiliario dello Stato per la tutela della salute del cittadino” e la salute del cittadino, sia del fisico che dello spirito è un bene preziosissimo e la sua tutela è un incarico oneroso, ma fondamentale, a maggior ragione se questo compito si deve rivolgere verso soggetti fragili come le donne. Cosa poteva fare l’Ordine per adempiere a questo compito? Uno tra i suoi compiti istituzionali è la formazione e l’aggiornamento dei medici, compito attribuitogli proprio per tutelare la salute dei cittadini. Siamo partiti da un’analisi della situazione attuale. Il nostro esame ci ha portato a constatare che la violenza sulla donna è un problema sottostimato, emerge solo in un numero limitato di episodi ed emergono solo i casi più eclatanti. Peraltro numerosissimi sono i casi di violenza fisica e psicologica a cui viene sottoposta la donna nella quale i ricatti, le minacce, creano danni profondi azzerandone la volontà e la dignità. La vittima per vergogna, paura, non conoscenza delle eventuali possibili soluzioni tiene dentro se stessa il dramma che sta vivendo, continuando a soffrire nel silenzio. Alla luce di tutto ciò abbiamo considerato che, per il rapporto di fiducia e di famigliarità che lo lega ad ogni paziente, per la conoscenza delle condizioni ambientali e sociali dei propri assistiti, il Medico di Famiglia è, tra gli operatori sanitari, nelle condizioni più idonee per poter individuare i casi di violenza non espressi. D’altra parte il Medico di Medicina generale non possiede o possiede solo in minima parte le competenze e gli strumenti per poter gestire il problema, per essere in grado di operare in modo attivo e positivo nei confronti delle proprie assistite. Per fare ciò, deve poter disporre di validi strumenti, una volta individuato il problema, per poter almeno tentare di consigliare e indirizzare le pazienti, non avendo, peraltro, la pretesa di risolverlo. Si è quindi pensato di organizzare un corso di aggiornamento rivolto ai Medici di Medicina Generale e dei Medici di continuità assistenziale dei distretti Est e Ovest dell’Azienda USL di Bologna Città, nell’ambito dei corsi di aggiornamento obbligatorio dell’Azienda. Il corso si è svolto sabato 30 gennaio 2010 presso l’Aula Magna dell’Istituto Ortopedico Rizzoli dalle ore 9.00 alle ore 13.00. Al corso hanno partecipato 156 medici ai quali, oltre ad un questionario di apprendimento finale, per valutare quanto il corso abbia inciso sull’apprendimento dei medici, sono state somministrate tre schede tramite le quali i medici potevano valutare la qualità del corso. Ai questionari di valutazione, l’88% dei medici partecipanti ha ritenuto da abbastanza a molto rilevante l’argomento trattato, il 78% ha ritenuto da soddisfacente a eccellente la qualità educativa e l’87% ha ritenuto il corso da abbastanza efficace a molto efficace. Tenuto conto del periodo di alta morbilità, ritengo il risultato molto positivo, grazie anche alla professionalità e alle capacità comunicative dei relatori. Considero questo però un punto di inizio e non la conclusione di una collaborazione tra istituzioni che, creando una rete di operatori, ognuno con le proprie prerogative, le proprie competenze e le proprie potenzialità, mettendo al centro la donna che subisce o ha subito violenza, sessuale, fisica, psicologica, possa essere un punto di riferimento, se non per sconfiggere, almeno per limitare fortemente quella che, come uomo, considero una vergogna. Convivenza di genere e convivenza fra i generi. Pratiche, riflessioni e costruzione di reti sui conflitti di genere e sociali. Simonetta Botti e Maria Grazia Negrini, Tavola delle donne sulla violenza e sulla sicurezza nella citta’. Partecipare al Progetto Insieme contro la violenza di genere ha significato, per la Tavola delle donne sulla violenza e sulla sicurezza della città, continuare un processo di approfondimento sulla formazione, la competenza di genere, la governance, animato dall’affermazione dell’importanza di dare voce agli aspetti emozionali dell’identità e della percezione del mondo femminile. E’ stato importante avviare forme di saper essere e di saper fare che hanno tenuto conto della persona nei suoi aspetti olistici, senza procedere ad una sottolineatura della razionalità a discapito della sfera emotiva, considerata molto spesso per le donne come fallace e inferiore. Per svolgere il nostro lavoro siamo partite da ricerche svolte in alcuni quartieri della città, che hanno avuto differenti obiettivi. In primo luogo, comprendere la percezione di sicurezza da parte delle cittadine e dei cittadini rispetto alla violenza di genere, il vissuto e l’immaginario delle e degli abitanti di un quartiere nei confronti della “vita pubblica” vissuta nel quartiere stesso. Lo scopo delle ricerche è stato in questo caso il desiderio di creare modelli per momenti di pratica alternativa e di prevenzione nelle scuole e nei quartieri, al fine di elaborare proposte partecipative in grado di produrre strumenti più articolati sui problemi che ne sono scaturiti. Più in generale, comprendere che l’aggregato urbano odierno si è trasformato: non esistono forti differenze fra quella che è considerata la periferia dal centro della città. I suggerimenti importanti che abbiamo colto hanno valenza cittadina. Questa è già una prima osservazione che abbiamo dedotto dal nostro lavoro. Le problematiche scaturite nelle ricerche le abbiamo sviluppate nel lavoro svolto con le donne, attraverso la pratica di Focus Group, di incontri formali ed informali, su cui abbiamo operato e che successivamente abbiamo sviluppato nel seminario a Rimini del 22 gennaio 2010, “CONVIVENZA DI GENERE E CONVIVENZA FRA I GENERI” che ha rappresentato la restituzione del nostro operare. Abbiamo elaborato alcune indicazioni che ci provenivano dalle ricerche stesse. Da dove proviene il senso di insicurezza che attraversa oggi donne e uomini? Abbiamo elaborato ciò che può provenire da elementi oggettivi e materiali raccolti dalle testimonianze, come ad esempio la mancanza di luci nelle strade cittadine, la carenza di strumenti preventivi di salvaguardia personale, il battage dei mass-media, ecc. Abbiamo cercato di approfondire da dove nasce “l’immaginario” della PAURA che caratterizza sempre di più la presenza e la convivenza tra generi. “Il sentimento della paura dell’ignoto e il sentimento della minaccia dell’ignoto non erano sensazioni nel tempo condivise. E’ in questo momento storico relazionale che ci troviamo invece in una situazione in cui il confine passa molto spesso dentro il nostro stesso quotidiano. Abbiamo la necessità di confrontarci con un altro da sé che non conosciamo di cui non sappiamo la storia, la provenienza, i riferimenti. I confini dunque oggi passano attraverso le famiglie, i quartieri, i condomini stessi. Che cosa succede? Che ognuno di noi ha introiettato un sentimento di minaccia costante e di paura diffusa di fronte ad un ignoto che è praticamente dappertutto. Il nemico, si dice in termini sociali, è alle porte. Quindi l’ignoto, l’altro da sé, la persona che non si conosce è completamente diffusa ovunque c’è la possibilità dell’incontro con un’alterità totale che porta con sé anche determinatezza della percezione di sé in una relazione che non ha la certezza né riferimenti e regole. Abbiamo la percezione di un’insicurezza diffusa e quindi il tema della paura, è un sentimento che ognuno di noi vive in modo molto forte. In questo naturalmente i messaggi sociali che ci provengono dalla televisione, dai mass media hanno buon gioco. Questo è un aspetto. C’è una frammentazione tale per cui non sentiamo più le reti familiari, le reti sociali, come delle reti protettive perché l’ignoto ci può sempre essere. Abbiamo paura dell’extracomunitario che ci è venuto ad abitare di fianco, abbiamo paura, a volte, delle persone stesse che abbiamo in casa, perché le vite non sono più vite condivise in termini di tempo e di spazio ma sono vite che molto spesso si incontrano solo in alcuni momenti .”10 Il senso della paura della paura dell’altro da sé diventa la misura delle relazioni post-moderne. Nasce da qui la necessità di educare-rsi alla consapevolezza e al conflitto. Riteniamo che il tema della violenza di genere si inscrive ampiamente nel tema della gestione dei conflitti all’interno delle relazioni . Nella postmodernità si è parlato di disintegrazione dell’io di una disintegrazione delle relazioni. Da qui l’importanza di un’altra parola “chiave” che abbiamo utilizzato nel nostro lavoro all’interno del Progetto Insieme: l’educazione a nuove e diverse relazioni poiché il tema della relazione di genere è inscritto in quello più ampio assolutamente attuale delle relazioni con la diversità. Quindi saper gestire il conflitto, è diventata una delle sfide sociali, relazionali, familiari, educative più importanti di cui cominciare a tenere conto. In tale senso esistono interessanti e diffuse esperienze all’interno delle scuole, ma non bastano. Noi proponiamo il modello più attuale della gestione dei conflitti win win: sei vinco, se io cambio e negozio, anche tu vinci, tu cambi, tu negozi ed entrambi otteniamo un risultato e una soddisfazione. E’ importante dunque pensare all’insegnamento anche nei termini di educazione all’incontro e alla relazione con l’altro da sé perché questa sfida diventerà sempre più pressante per un mondo i cui confini sono allargati fino a non essere più del tutto visibili. Costruire la rete Il tema di lavoro importante è quello pedagogico dell’educare se stessa e gli altri, a cominciare dai bambini e dalle bambine, a riflettere sulle relazioni che oggi si presentano come profondamente sfaccettate e multiformi. In questa riflessione occorre diventare consapevole degli schemi maladattivi che talvolta rendono prigioniera di relazioni violente non solo dal punto di vista fisiche, ma anche psicologico con forme di minaccia profonde all’identità e all’autostima tali che la persona diventai realmente impotente e prigioniera di un carnefice in grado di distruggere la capacità di pensarsi in modo autonomo e libero. La consapevolezza l’abbiamo vista affiorare attraverso il parlare, il verbalizzare, il confrontarsi, a partire dai racconti e dalle interviste raccolte nella trasmissione a Radio Città Fujiko da Piera Stefanini. Parlare di sé significa sovente scoprire che si condivide lo stesso tipo di vita costretta all’interno della paura di un altro, della minorità acquisita a causa di un familiare o di una persona con cui si condivide una relazione. Tutto ciò rappresenta la sapienza di partire da Sé attraverso il riconoscimento e l’esplicitazione delle proprie emozioni e la comunicazione della paura e del disagio. Per tutte le donne, infatti, investire tempo in un percorso di qualificazione e riqualificazione coincide nella maggior parte dei casi in un progetto di revisione della percezione di Sé, del proprio ruolo sociale, della propria autostima. Un’ultima considerazione riguarda, infatti, la capacità e la possibilità reale delle donne di creare dei modelli sociali e relazionali che siano finalmente fondati sullo specifico femminile: ascoltare, condividere, parlare di sé. Poter autenticamente condividere questo punto di vista femminile sul mondo e sulle relazioni può e deve diventare elemento di crescita globale da cui si auspica che anche gli uomini possano e debbano imparare a guardare e riflettere sulle proprie sconfitte e sulle proprie debolezze che diventano violenze sociali. Riteniamo infine, di grande importanza, discutere e confrontarci con le altre associazioni di donne della città, con singole, con le donne delle istituzioni della città e della Regione. Auspichiamo un incontro al fine di iniziare un percorso che porti a una costruzione reale di una RETE. Questa è la sfida che la Tavola vuole lanciare attraverso il Progetto Insieme. 10 Dalla relazione della prof. Simonetta Botti al seminario Convivenza di genere e convivenza fra i generi”, Rimini, 22 gennaio 2010. Udi: un percorso femminile contro la violenza di genere che viene da lontano. Di Katia Graziosi, Legale Rappresentante, Marta Tricarico, Gruppo Donne e Giustizia, Annamaria D’Ambra, Comitato Scientifico – Unione Donne in Italia, Bologna. Da dove veniamo Quando, nella primavera del 2008, l’UDI fu interpellata per far parte dei partner del progetto “Insieme contro la violenza di genere”, restammo favorevolmente stupite poiché era parecchio tempo che sentivamo la carenza di uno stretto rapporto formale di collaborazione fra associazionismo attivo e Istituzione Comune, rispetto ad azioni concrete in quest’ambito. Con ciò non intendiamo affermare che si partiva da zero, perché in tanti anni di cose positive ne abbiamo realizzate grazie al contributo delle donne delle Istituzioni e del privato sociale. Semplicemente affermiamo che, per troppo tempo, le priorità della politica sono state altre. Perciò prima di soffermarci sul nostro impegno specifico nel Progetto Insieme, pensiamo sia necessario fare una panoramica delle esperienze maturate sul territorio dalla nostra associazione in oltre trent’anni . Attraverso il punto di ascolto UDI e con gli sportelli donna e famiglia presenti in trenta comuni della provincia di Bologna siamo vicine alle donne e mettiamo a loro disposizione un ascolto qualificato e la professionalità di avvocate specializzate nell’ambito del diritto di famiglia. Il Gruppo Giustizia UDI, composto da avvocate specializzate, operava in sintonia dell’allora Progetto Donna della Provincia di Bologna, impostando un servizio di consulenza legale e impostando una rete, oramai allargata e consolidata, con altre associazioni di donne, operatori dei servizi sociali, polizia, carabinieri, Tribunale per i minorenni e magistrati. L'attività di consulenza si curava del rendere intellegibili i diritti, prestando eventuale soccorso immediato alle donne in difficoltà all'interno della famiglia. L'attività dell'UDI è stata anticipatrice delle future reti. Era infatti la prima volta che sul nostro territorio si dava una risposta articolata ai maltrattamenti in famiglia. A quel tempo fu rilevante per le donne avere riconoscimento e risposte, sia dal contesto pubblico e sia dal privato sociale. Ci preme sottolineare che oltre trent’anni fa, quando l’UDI analizzava gli scarsi dati in circolazione sul fenomeno della violenza, li qualificava già apertamente come “violenza di genere”, come negazione della libertà individuale e sotto la fattispecie dei “maltrattamenti in famiglia”. Già allora sottolineiamo come la famiglia di oggi risente di tutte le tensioni che esplodono nella società: il peggioramento dello stato sociale, l’abbassamento generale delle condizioni economiche, l’incertezza del domani fanno scontare alla donna gli effetti negativi delle tensioni del luogofamiglia, che invece sarebbe istituzionalmente preposto all’armoniosa socializzazione della coppia e all’educazione dei figli”. E il rapporto di coppia spesso si brucia in una società ove la caduta di tensioni ideali ha lasciato troppo spazio ad un modello immagine di donna considerato più una cosa da possedere o da consumare, piuttosto che persona da apprezzare e rispettare e con diritti alla pari. Se a ciò aggiungiamo che uomini e donne investono grandi energie, grande aspettativa nella famiglia intesa come meta da raggiungere e modo di vivere e che poi le grandi responsabilità ad esse connesse caricano spesso il rapporto di conflittualità di un grado tanto elevato da portare a una vera e propria violenza tra adulti, dobbiamo arrenderci al fatto che la famiglia non rappresenta quel – posto sicuro – della quale parlavano le nostre madri, ma una gabbia dove esplode una violenza di cui la donna ne paga le conseguenze. Ad una prima lettura, queste considerazioni parrebbero scritte oggi, ciò a significare che siamo ancora lontane dai cambiamenti che avevamo auspicato e sognato. Noi dell’Udi incontriamo di frequente questa violenza sommersa che esplode tra le mura domestiche, e che non sempre viene denunciata perché e’ sentita come “condizione” di un “modo di vivere la normalità”. Una violenza gratuita e immotivata da cui deriva dapprima solo malessere, ma che poi, spesso, produce veri e propri problemi psicologici di solitudine e di depressione. Le donne che si rivolgono a noi hanno in gran parte maturato la propria crisi di coppia e sopportato la violenza, in completa solitudine e senza riuscire a discuterne né con i parenti né con le amiche. Nostro compito in tutti questi anni è stato in primo luogo di non far sentir sole le donne, di dare loro forza, accompagnandole lungo quell’accidentato percorso (avere giustizia - uscire dalla violenza) che segnerà il loro cambiamento di vita. Consapevoli che alla volontà di cambiamento delle donne deve corrispondere anche un'accoglienza pubblica di supporto economico, dato che spesso la donna in fuga dalla violenza ha bisogni immediati. Un territorio ricco di risorse ed esperienze La nostra esperienza ci insegna che “le buone pratiche” necessitano del contributo fattivo di tutti i soggetti che ruotano attorno al problema trattato. Perciò il ricercare chi ha competenze specifiche è da sempre il nostro modello di operare, sia nella città di Bologna sia nelle cittadine di provincia. Le Istituzioni e i loro servizi sono in primo luogo i soggetti con cui noi interagiamo (siamo in rete con il numero nazionale antiviolenza 1522) poiché hanno responsabilità specifiche, avvalendoci contestualmente del supporto di altre associazioni che come noi si rendono disponibili a fornire servizi (come l’accoglienza in case rifugio). In questo panorama si è inserito felicemente il Progetto Insieme, che ha avuto il pregio di mettere al centro della rete tutte le componenti, le risorse e le esperienza del nostro territorio, coinvolgendo anche nuovi soggetti per qualificare l’azione e gli obiettivi che tutti insieme vogliamo raggiungere. Per UDI è risultata assai significativa la conoscenza, attraverso la partecipazione dei seminari di approfondimento, di come intervengono sui loro territori i partner delle altre città. Per quanto riguarda la città di Bologna, abbiamo potuto interagire con nuovi soggetti – quali i medici di base, la medicina legale, l’università – con cui la nostra associazione non aveva rapporti rispetto al tema della violenza di genere. Certamente l’aspetto rilevante e qualificante è l’obiettivo di una visione comune del fenomeno della violenza, il perseguimento di azioni coordinate per contrastarla, fino ad arrivare a una vera e propria rete cittadina che divenga punto di riferimento per le donne e prassi d’azione per gli addetti. Altro fattore positivo è stato poter far conoscere ad un territorio più allargato e vasto la portata del Progetto Insieme, veicolandone finalità e obiettivi non solo su Bologna, ma anche in provincia. UDI ha infatti incontrato donne nei luoghi di lavoro, nelle scuole, nei paesi e nei comuni, in concomitanza dell’avvio del progetto nazionale “Staffetta di donne contro la violenza sulle donne”. Nei numerosi (oltre 20) incontri pubblici con cittadine/i abbiamo illustrato le nuove modalità di intervento qualificato contro la violenza sulle donne, mettendo in rete soggetti che operano in diversi settori e rilanciando il valore dello scambio di informazioni per ottimizzarne i risultati. Ci preme sottolineare che le modalità con cui il progetto è stato trasferito sul territorio ha puntato a un linguaggio comprensibile e condiviso, riscuotendo l’ apprezzamento e il coinvolgimento dei cittadini. Il rapporto diretto con le donne, che caratterizza storicamente il modo di operare dell’ Udi, è stato riconfermato nel Progetto Insieme. E’ infatti di primaria importanza, per tutte, conoscere la possibilità di rivolgersi al proprio medico di famiglia, di sapere che nella scuola sono avviati interventi specifici ed educativi per gli studenti, sapere che i servizi delle Ausl sono preparati ad affrontare tali problemi e che il pronto soccorso separato per i casi di violenza sessuale garantisce alla donna l’assistenza dovuta sotto tutti i profili. Inoltre, altro fattore positivo, la partecipazione a tali momenti di donne che hanno responsabilità istituzionali, così come di associazioni di donne e cittadine/i di tutte le fasce di età. Poiché la conoscenza, che le reti ci sono e si possono consolidare, aiuta una comunità. Il rapporto diretto con chi vive un territorio e non ne percepisce compiutamente tutte le potenzialità contribuisce, oltre che ad una maggiore informazione, anche ad una crescita della consapevolezza, della ricchezza degli interventi, e di ciò che è Insieme. La mostra fotografica lasciatele lavorare esposta a Palazzo D'Accursio nella primavera del 2009 (con il patrocinio del Ministero delle Pari Opportunità e del Progetto Insieme) ci ha consentito di trasmettere, attraverso le immagini e i dibattiti culturali organizzati, un ulteriore aspetto della violenza alle donne nell'ambito della rappresentanza e del lavoro. Le pratiche di contrasto alla violenza e la formazione In sintesi la famiglia costituisce ancora un punto di riferimento ove si attinge sostegno affettivo e morale. Quando tuttavia gli abusi (violenza - lesioni - maltrattamento - stalking) si verificano nella famiglia si assiste al tentativo della donna di negare la responsabilità del partner e la protezione per se stessa. La difficoltà nell'ascolto qualificato è proprio questa, far emergere agli occhi della donna l'illegittimità della condotta subita, i danni che potrebbero derivarne dal protrarsi di queste condotte, nonché i disagi e le devianze che potrebbero colpire i minori, spettatori incolpevoli di una di una “violenza casalinga”. Sono lontani gli anni in cui Arturo Carlo Jemolo raffigurava la famiglia quale "isola che il mare del diritto può lambire, ma lambire soltanto"11. La condotta astensionistica dello Stato nella regolamentazione di molteplici aspetti della vita familiare era motivata dal diverso modo di intendere, dal punto di vista sociale e normativo, la struttura familiare. La violenza familiare veniva tollerata (rectius giustificata), se perpetrata nell'esercizio del c.d. jus corrigendi che il marito aveva nei confronti della moglie e dei figli. Secondo la Corte di Cassazione, l'esercizio di tale potere poteva estrinsecarsi legittimamente anche mediante l'uso della vis modica12. La protezione della famiglia e dei suoi componenti, nel frattempo, ha trovato sempre maggiori spazi anche nella dimensione internazionale. A tale proposito, l'intervento dello Stato a tutela dei soggetti vittime delle violenze familiari si pone in linea con l'art. 8 della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo. La legislazione italiana ha poi cambiato ottica non ritenendo più legittimo il delitto d'onore e, dal 2009, ritenendo più gravi gli episodi di violenza perpetrati da componenti familiari. A fronte della normativa vi sono tuttavia disagi pratici nell'applicazione di un tessuto legislativo ancora scoordinato nei vari aspetti. Dal 2001, ad esempio, è possibile usufruire degli ordini di protezione che consentono di allontanare dalla casa familiare il convivente violento. Tale illuminata norma non prevede tuttavia percorsi preferenziali nell'ambito delle notifiche e nei tempi di esecuzione, esponendo la donna a pericoli ulteriori tra i tempi in cui si ricorre per chiedere la misura, i tempi in cui il magistrato la decide, i tempi in cui l'ordine viene eseguito. La nostra esperienza ci consiglia quindi di trovare una casa rifugio che accolga la donna in attesa che svolga tutto questo iter. La nostra esperienza ci dice anche che mancano alla donna in questa fase supporti pratici (indumenti, spazzolino, dentifricio, denaro, ovvero un kit di prima necessità), inducendoci al collegamento con associazioni che forniscono alla donna tali servizi. Un'altra necessità in caso di violenza sessuale è quella di far eseguire da personale sanitario qualificato le prime indagini con adeguata repertazione forense degli indumenti indossati per non rendere vana la denuncia in assenza di prova, nonché tempestiva e contestuale consulenza psicologica . Nei casi invece di lesioni è opportuno che tanto il pronto soccorso, tanto il medico di famiglia se coinvolto, non riconducano le ecchimosi, le escoriazioni, alla formula “conflittualità familiare”. La violenza è violenza, deve essere riconosciuta e affrontata come tale. Il Progetto Insieme ha lavorato molto su questo punto. Come esperta una nostra avvocata ha partecipato, nel corso del Progetto, a degli incontri seminariali di approfondimento, in cui sono emersi da parte degli operatori coinvolti dubbi e interesse sulla situazione giuridico-soggettiva di interpretazione e applicabilità delle norme e delle 11 A.C. JEMOLO, La famiglia e il diritto, in Annali del Seminario giuridico dell'Università di Catania, Napoli, 1949, II, 57. 12 Cass. pen. 19 giugno 1936, in Annali, 1937, 138 modalità pratiche, nonchè sugli strumenti utilizzati per il contrasto alla violenza. Questa materia così specifica non sempre viene affrontata in maniera approfondita e il valore della formazione si è reso evidente . Gli interventi educativi Il Progetto Insieme ha posto le basi per un percorso inedito e significativo nell’ambito Scolastico, ove l’incontro fra sensibilità ed esperienze differenti(studenti,insegnanti e dirigenti scolastici di Istituti Professionali e d’Arte, Ist. Tecnici e Licei) ha favorito la costruzione di una fattiva collaborazione, complice anche la Staffetta Udi contro la violenza sulle donne. Nel settore scolastico ove manca una risposta strutturata e trasversale, abbiamo iniziato un percorso per promuovere la cultura della non violenza, che ha bisogno di mettere radici nelle generazioni future. Abbiamo messo a disposizione il nostro personale specializzato nel settore famiglia e minori,dando spazio ad un approfondimento in un’ottica di prevenzione per una nuova cultura di rispetto fra generi. Il coinvolgimento di questi nuovi soggetti può incidere positivamente in una prospettiva di prevenzione, non solo della violenza sulle donne, ma anche di quella tra i giovani (bullismo). Abbiamo usato strumenti che consentono agli studenti di interagire attraverso: immagini, film, racconti,ed il disegno, condividendo all'interno del loro gruppo, riflessioni ed emozioni in un atteggiamento di ascolto e di comunicazione privo di pregiudizi. E' un impegno che prosegue e al quale noi crediamo profondamente dato che come adulti desideriamo "passare il testimone" alle future donne e uomini di domani. Sentiamo il bisogno, soprattutto in questo momento storico, di far comprendere come siano fondamentali i valori quali il rispetto, l'eguaglianza, la dignità umana, la stima di se stessi e dell'altro per poter costruire delle relazioni sane nel nostro mondo personale e sociale, dove le discriminazioni non abbiano più luogo. Considerazioni conclusive Auspichiamo che da parte delle istituzioni locali e nazionali venga data continuità strutturale a progetti che contrastano la violenza di genere, assicurandone le risorse necessarie per garantire risposte qualificate e specializzate da parte di tutti i soggetti pubblici e privati. Non si può investire limitatamente alla fase del dopo violenza (per l’aiuto alle donne e per limitarne il danno), sostenendo solo le case rifugio. La prevenzione deve essere il nostro obiettivo primario e comune. Non si devono lasciare soli i partner. Polizia, medici di base, associazioni, operatori sociali, ecc, devono essere in grado di veicolare le informazioni,facendo in modo che la formazione permanente sia un obiettivo primario, anche a garanzia della continuità della rete. A fronte della esperienza maturata crediamo di poter suggerire che vanno ricercate anche nuove alleanze, ovvero il coinvolgimento di altri settori della società civile che dovrebbero sensibilizzarsi e mettere a disposizione le loro reti, ad esempio: l’imprenditoria, la camera di commercio e tutti gli altri soggetti che rappresentano strati essenziali dell’economia cittadina, poiché il raggiungimento di una più elevata convivenza civile fra i generi è interesse collettivo. Inoltre è apparso chiaro che per i servizi sociali, che sono la prima sentinella pubblica della violenza familiare, è sempre più complicato dare risposte compiute e adeguate ai cittadini. L’utenza è infatti più complessa e richiede una visione più sistemica delle nuove realtà familiari. E’ questo un punto delicato che richiede la massima attenzione da parte delle istituzioni, e probabilmente anche interventi riorganizzativi che tengano conto dei cambiamenti sociali e culturali in atto. L’ Udi, come sempre, continuerà con le sue forze a sollecitare il pubblico e il privato ad affrontare la violenza sulle donne in una visione non solo assistenzialistica, nella convinzione che il rispetto della dignità della donna maltrattata e la tempestività degli interventi qualificati sia condizione innanzi tutto di civiltà. Anche noi Insieme. Maria Rosa Damiani, Gruppo di Lettura San Vitale Tra la fine del 2007 e l’inizio del 2008, nell’ambito di riunioni periodiche con molte associazioni bolognesi di donne, siamo state coinvolte nel progetto “Insieme contro la Violenza di Genere”, partecipando a un’iniziativa di rete costituito da Enti, Istituzioni e Associazioni del territorio emiliano-romagnolo e capitanato dal Comune di Bologna. E’ stata fin da subito privilegiata un’ottica di integrazione e sinergia fra le diverse forze in campo, viste le significative diversità di spazi, di risorse economiche, di persone e anche di competenze. Il Gruppo di Lettura San Vitale ha colto l’occasione per riconfermare il proprio interesse per il tema trattato, inserendosi nella pluralità di partner coinvolti: oltre le Istituzioni e l’Università è stato interessante vedere una collaborazione tra le Amministrazioni della giustizia, comuni e Province, le Istituzioni Sanitarie e numerose Associazioni di donne che si occupano di temi Sociali. In questo quadro complesso e collaborativo, abbiamo ritenuto di porre l’accento sulla formazione, proseguendo sul binario che ci vede da lungo tempo impegnate in iniziative di prevenzione e di contrasto alla disparità fra i ruoli di genere. Chi siamo Il Gruppo di Lettura San Vitale è un’Associazione di promozione sociale che ha iniziato nel 1997 il suo percorso, e proprio con uno spettacolo di denuncia contro la violenza alle donne. “Le parole per dirlo”, questo il nome della performance, è tuttora parte integrante del nostro cartellone, suscitando sempre molta attenzione e dibattiti interessanti. Negli anni ci siamo dedicate soprattutto alla prevenzione e alla sensibilizzazione dei più giovani sul tema della violenza di genere, creando spettacoli ed esperienze laboratoriali per i ragazzi che aiutassero ad affrontare il tema in maniera semplice ed efficace, quando possibile divertente, con lo scopo di prevenire, attraverso una comunicazione moderna e forte come il teatro, discriminazioni e violenze negli adulti di domani. L’abitudine a lavorare insieme ha portato le componenti del Gruppo di Lettura a sviluppare una sensibilità comune e a indirizzare la più consueta attività culturale non solo verso l’intrattenimento, ma anche e soprattutto verso l’impegno sociale; il ruolo delle donne e il coinvolgimento del pubblico più giovane nella discussione sul rispetto delle compagne di scuola, delle sorelle, delle madri, delle insegnanti, insomma del genere femminile, hanno ben presto costituito gli elementi cardine del nostro lavoro. Far parte del Progetto Insieme è stato quindi un ulteriore passo fatto da tutte le componenti del Gruppo di Lettura San Vitale, per continuare a contrastare ogni sopruso, e soprattutto quelli legati alle differenze di genere. La possibilità di mettere a disposizione le nostre competenze all'interno di una rete multidisciplinare, ci permetteva di dimostrare che la prevenzione attraverso la cultura ha il potere e il dovere di smuovere e trasformare le coscienze della collettività, poiché in tanti anni di lavoro ci siamo convinte che il problema delle violenze di genere deve essere affrontato anche e soprattutto nei suoi più radicati aspetti culturali. Le iniziative Alla base di un lavoro di prevenzione attento ed efficace che riesca davvero a stimolare l'intelligenza emotiva e non delle persone, c'è bisogno di una conoscenza specifica del problema che comprenda le varie sfaccettature. Questo aspetto formativo, come da obiettivi del progetto, ha riguardato gli stessi partner, chiamati a un costante confronto multidisciplinare. Il percorso in questi due anni è stato infatti costellato da diversi e interessanti seminari proposti dai differenti partner, che ci hanno permesso di confermare e approfondire le nostre precedenti osservazioni sul fenomeno della violenza. Il bagaglio di conoscenza e confronto che abbiamo acquisito ci ha permesso di migliorare i nostri consueti interventi laboratoriali volti alla prevenzione del problema. Abbiamo quindi recuperato i dati dei diversi lavori svolti negli anni e aventi come tema le problematiche sul femminile e sui giovani, finalizzati alla sensibilizzazione e alla lotta alla violenza. Lo scopo è stato quello di monitorare le nostre attività creando una visione d’insieme, e rielaborando i dati emersi nelle diverse interviste e iniziative, come “Il gioco del Rispetto” o “Le parole per dirlo”. Ancora una volta, l’obiettivo è stato quello di offrire agli operatori del Progetto Insieme una visione completa del nostro percorso, creando un raccordo motivato fra le diverse competenze in campo, e riflettendo, insieme per l’appunto, su strategie integrate e capillari di intervento. Da questo punto di vista, va riconosciuto come particolarmente rilevante il percorso svolto dall' Università di Bologna grazie all'impegno delle Professoresse Pina Lalli e Sandra Tugnoli, che hanno portato giovani studentesse a costituire un Laboratorio di progettazione di una campagna di comunicazione contro la violenza sulle donne, un piano di comunicazione perfettamente in linea con la missione del progetto. La violenza di genere è prima di tutto un fenomeno di matrice culturale e quindi è necessario agire sulle matrici di una millenaria cultura di subalternità della donna, talmente radicata da risultare naturale, e per questo scontata. Il Gruppo di Lettura si è quindi inserito in una cornice di impegno congiunto di professionisti, donne e uomini, finalmente coesi in vista di un comune obiettivo di parità effettiva. Il nostro Contributo Un percorso ricco e profondo dunque quello che si è sviluppato all'interno del Progetto Insieme, possibile proprio grazie allo scambio interdisciplinare che aiuta la comprensione del problema non solo dal punto di vista psicologico o emotivo, ma anche legale e sociale. A volte la conoscenza e la comunicazione efficace non bastano per sensibilizzare l'animo umano, che sempre più ha imparato a vivere in un rapporto di difesa/offesa rispetto all'altro. A volte per scalfire questo muro c'è bisogno di identificarsi con il problema, di emozionarsi rispetto a esso. Ed è proprio qui che noi del Gruppo di Lettura San Vitale cerchiamo di inserirci. Il teatro, l'arte in genere, tocca corde personali che difficilmente la conoscenza riesce a far vibrare, perché allo spettatore viene offerta un’esperienza autentica in cui riconoscersi, e da cui inaugurare un profondo percorso di riflessione e scoperta. Questa leva dà allo spettatore la possibilità di lasciarsi colpire da quello che viene fatto o detto, senza sentirsi razionalmente messo in discussione. Da tale input è possibile un reale riconoscimento del problema, che smette di essere distante o inafferrabile. Anche se molto diverse tra loro, le diverse esperienze accumulate in questi anni ci sono sembrate tutte indispensabili. Abbiamo deciso di dare in primo luogo risalto alle iniziative che hanno come mezzo comunicativo il teatro e le attività laboratoriali, perché hanno un impatto emotivo che spesso permette di scardinare i meccanismi subdoli della difesa del partner violento o della negazione del problema, aprendo così uno spiraglio di risoluzione, e stimolando una riflessione profonda sul rispetto che dà il via ad un percorso di prevenzione reale. Tra le varie esperienze accumulate negli anni abbiamo ritenuto proprio il nostro spettacolo d’esordio, “Le Parole per Dirlo”, quello più adatto ad affrontare il tema della violenza. Durante un incontro abbiamo riesaminato il testo, attraverso una lettura a più voci contro la violenza alle donne composta da diversi tipi di materiale: dalle testimonianze rilasciate al Pronto Soccorso e alle stazioni di Polizia dalle donne maltrattate e da alcuni uomini arrestati per violenza (raccolte attraverso alcune ricerche del Centro di Documentazione e alla Casa delle Donne per non subire violenza di Bologna) a testi tratti da riviste, libri e giornali. A partire da queste fonti, le lettrici hanno creato propri testi originali, secondo i criteri della scrittura teatrale. Ci è sembrato utile condividere con i partner del progetto, più che lo spettacolo in sé, la modalità con cui il testo dello spettacolo è stato costruito, per poter lasciare ai partner della rete uno strumento in più per affrontare la problematica della violenza di genere. Utilizzando la rete creata dal Progetto Insieme, abbiamo appunto deciso di collaborare, sia per la fase di stesura che di lettura dei passi, con giovani studentesse universitarie (campo umanistico e delle comunicazioni) attraverso un laboratorio di drammaturgia. Il nostro percorso formativo è stato rivolto a gruppo di giovani studentesse universitarie, iniziando nel giugno del 2009 e terminando a ottobre con la messa in scena di uno spettacolo presentato in occasione della Festa della Storia, in apertura di anno accademico. Attraverso il dialogo durante il laboratorio abbiamo affrontato: riflessioni sul tema della violenza alle giovani donne, con testimonianze relative ognuna alla propria esperienza personale e al proprio patrimonio culturale; una raccolta di dati, denunce, documenti e testimonianze sulla violenza di genere, nonché una ricerca letteraria di romanzi e racconti basati su vissuti personali o su vissuti di persone vicine alle partecipanti. I materiali sono stati raccolti attraverso interviste, favole e ricerca musicale di canzoni che trattano il tema della violenza alle donne. Abbiamo analizzato e condiviso il materiale raccolto attraverso le ricerche effettuate dalle partecipanti, e discusso su come affrontare un tema così ampio come la violenza di genere con testi personali e al contempo di portata generale. Tutto questo è stato molto emozionante, poiché nella vita quotidiana capita davvero raramente di confrontarsi tra giovani rispetto a temi così intimi e delicati, scoprendosi invece tutte così toccate dal problema. Il primo obiettivo del nostro contributo è stato proprio questo: riuscire a stimolare le persone a una condivisione intima e sincera, alla fiducia verso l'altro, primissimo tassello che va a scalfire il rapporto difesa/offesa. La seconda parte del laboratorio si è concentrata sull'aspetto più pratico: come rendere tutte le informazioni e riflessioni acquisite in spettacolo teatrale, emozione, arte. Abbiamo scelto e suddiviso i temi da trattare: violenza psicologica, violenza domestica, violenza ai minori, prostituzione minorile, stupro, femminicidio. Si è richiesto alle partecipanti di scrivere durante la pausa estiva un racconto sul tema assegnato, prendendo come spunto un fatto realmente accaduto. Dopo una prima lettura dei materiali prodotti dalle ragazze ci siamo concentrate sugli aspetti base della drammaturgia: dal racconto al testo teatrale, e siamo andate avanti con la stesura dei dialoghi e la drammatizzazione. Le partecipanti hanno apportato le giuste modifiche ai propri testi anche grazie all’intervento della formatrice per poi procedere con la lettura degli elaborati. Una volta scelti i testi prodotti da inserire nella lettura ci siamo dedicate alla costruzione dello spettacolo: scelta della modalità di presentazione degli elaborati e dell’atmosfera musicale durante la lettura dei brani. Le partecipanti sono state invitate a creare attivamente lo spettacolo con la lettura del proprio elaborato (con lezione di lettura espressiva e nozioni minime di dizione e articolazione). E’ stato di grande valore riuscire a condividere con le giovani studentesse il piccolo grande segreto del teatro: che dietro uno spettacolo, dietro a una comunicazione che riesce a toccare le corde più profonde, c’è un lavoro accuratissimo di tempi e ritmi drammaturgici, con regole e tecniche molto precise e “scientifiche”. Questo percorso ha arricchito molto noi del Gruppo di Lettura San Vitale da un punto di vista umano e soprattutto professionale, confermando ancora una volta che il teatro, l’arte che emoziona e fa capire, può tenere per mano la prevenzione, spingendoci a fare sempre di più e sempre meglio. Da questa esperienza è nata l'idea di proporre lo stesso laboratorio di formazione per gli operatori e le operatrici che lavorano a stretto contatto con le donne vittime di violenza, per dare loro uno strumento in più . Emozionante e importante è stato inoltre il confronto con tutta la rete: non abbiamo proposto solo un seminario, ma uno spettacolo d’apertura, creato proprio per il Progetto Insieme contro la violenza di genere. L'evento spettacolare “Donne e violenza: dalle favole alla cronaca”, frutto del laboratorio presentato il 19 ottobre durante la Festa della Storia, è stato certamente la sintesi più efficace del nostro lavoro. E’ stato molto interessante racchiudere in uno stesso evento uno spettacolo e un dibattito, rendendo entrambi gli interventi parte di una unica giornata omogenea e funzionale. Si è riusciti a integrare entrambe le attività: lo spettacolo ha predisposto gli spettatori a una maggiore attenzione al dibattito, e quest’ultimo ha approfondito in maniera “ scientifica” i vari aspetti emersi durante la lettura. Visto il successo del 19 ottobre, siamo state invitate a riproporre le letture il 25 febbraio in occasione della giornata di chiusura del Progetto Insieme, ottenendo anche in questo caso un buon riscontro da parte dei partecipanti. In conclusione. Far parte del “Progetto Insieme”, lo ribadiamo, è stata per il Gruppo di Lettura San Vitale un’esperienza molto intensa. Lo scambio di informazioni, punti di vista e approcci differenti con partner così eterogenei, è stata un’occasione fondamentale di arricchimento, soprattutto per noi, che essendo un’Associazione culturale, ci occupiamo principalmente dell’aspetto umano del problema della violenza di genere. Partecipare ai seminari ha allargato i nostri orizzonti di interesse e affinato la nostra sensibilità rispetto ai sintomi della violenza subita, rendendoci ancora più attente e offrendoci gli strumenti per comprendere e riconoscere più facilmente i segni del disagio. In questo modo il percorso del Gruppo di Lettura rispetto alla lotta contro la violenza di genere si è rafforzato ulteriormente, e ha acquisito interessanti spunti di approfondimento da proporre durante i futuri laboratori di sensibilizzazione e prevenzione. D’altro canto ci siamo impegnate con entusiasmo per trasmettere le nostre conoscenze alle studentesse che hanno seguito il percorso di formazione. Riteniamo che lo spettacolo sia non solo un prodotto artistico valido, capace di toccare le coscienze e stimolare una riflessione profonda, ma anche che presso gli stessi partner si sia stimolato un coinvolgimento complementare ed essenziale alla missione di partenza. L’impegno del Gruppo Di Lettura contro la violenza di genere, dopo l’esperienza del Progetto Insieme, si è ulteriormente rafforzato, e il Gruppo stesso è determinato a sensibilizzare i giovani e a prevenire il più possibile avvenimenti simili, soprattutto partendo dalle fasce più giovani della popolazione, in modo che per gli adulti di domani le parole rispetto, tolleranza e non-violenza siano normali, o meglio ancora, superflue, perché insite profondamente nella loro cultura e nell’approccio al mondo e agli altri. La rete locale di Fernanda Minuz Nell'ambito del progetto “Insieme”, presso il Centro di Documentazione, Ricerca e Iniziativa delle Donne della Città di Bologna, si è tenuto un seminario specificamente rivolto alla costruzione di una rete cittadina di contrasto alla violenza di genere (11.2.2010). Ne presenterò alcuni risultati insieme ad alcune riflessioni. Come già emerso anche nel report conclusivo sull'attività di ricerca svolta nell'ambito del Progetto Insieme, curato da Greco, Salvatore e Zappaterra, anche nel seminario si è sottolineata la specificità della situazione bolognese per quanto riguarda le reti di soggetti che agiscono per contrastare la violenza di genere: rispetto ad altre realtà regionali si caratterizza per una forte iniziativa dell'associazionismo e di varie forme di autorganizzazione delle donne nate a partire dai movimenti femminista e femminile. Ciò ha attivato, in forme diverse e in ambiti diversi, servizi e azioni di contrasto, dalla Casa delle donne per non subire violenza, che agisce nella prevenzione, presa in carico e riparazione degli episodi di violenza, a varie associazioni che operano prevalentemente per contrastare la cultura in cui si radica e che genera la violenza maschile contro le donne. A fronte di tale vivacità dell’associazionismo, l'azione pubblica e istituzionale appare discontinua nel tempo, con momenti di grande presenza, come quando il Comune promosse il Tavolo delle donne contro la violenza, e momenti di minor investimento, sia finanziario sia in termini di tempo e di risorse dedicate. La difficoltà a creare e mantenere attiva una Rete cittadina, pertanto, non deriva in primo luogo dalle relazioni politiche tra i gruppi di donne, quanto piuttosto dall’insufficiente azione di governance istituzionale. Da tempo infatti alcuni soggetti hanno messo in luce la necessità di un protocollo cittadino che consenta un'azione coordinata tra istituzioni, associazioni, forze dell'ordine, unità sanitarie e, di recente, l’università. Occorre pertanto ripensare la relazione tra privato e pubblico. Personalmente la ritengo una sfida importante perché comporta da un lato il riconoscimento, da parte delle istituzioni, dell'autonomia ideativa, organizzativa, di approccio di quelle associazioni e gruppi che da tempo si fanno carico della violenza contro le donne, dall'altro la necessità di un sostegno istituzionale in termini di coordinamento, finanziamento, governo del territorio. In questi termini possiamo individuare, anche sul tema della violenza, la necessità di pensare il rapporto tra istituzioni e forme dell'autorganizzazione della società civile, società femminile in questo caso. In termini generali, il riconoscimento dell’iniziativa della società civile è rivendicato a partire dal principio di sussidiarietà, così come descritto nell'articolo 118 del Titolo V della costituzione, modificato nel 2001. Dall'altro rimanda a un tema diverso, di grande importanza nella tradizione del movimento delle donne bolognese: il rapporto tra donne nelle istituzioni rappresentative e nell'amministrazione e donne che agiscono in una sfera pubblica più ampia e nei movimenti, rapporto difficile per il nodo della rappresentanza e rappresentatività delle donne nelle istituzioni, ma praticato e richiesto in vista di una comune politica di donne per le donne. Il seminario ha trattato temi importanti che richiamerò brevemente. In primo luogo il tema della frammentazione, molecolarizzazione è stata chiamata nell'indagine conoscitiva. La tendenza alla frammentazione ha diversi aspetti riguarda: l'azione dei diversi soggetti che tendono talvolta a non riconoscersi l'un l'altro, riguarda il citato coordinamento dell'azione pubblica e associativa, ma riguarda anche una tendenza all'interno dei servizi sociali. A fronte di bisogni sempre più complessi e di storie personali che più che mai richiedono approcci unitari e olistci, i servizi sociali operano sempre più isolati, parcellizzati. Per quanto riguarda la realtà bolognese questa tendenza si è accentuata con il decentramento nei quartieri dei servizi sociali. Si è parlato quindi di necessità di un nuovo slancio di progettazione del Welfare, della “stanchezza” di un sistema di servizi, che potrebbe derivare, a detta di alcune, dalla burocratizzazione dopo la spinta innovativa degli anni 70, ma che ha origine, anche e soprattutto, nella mancanza di turn over a fronte della riduzione del personale, nello stato di precarietà delle lavoratrici e dei lavoratori delle cooperative sociali. Un tema ricorrente, che il progetto “Insieme” ha giustamente affrontato, è quello della formazione: per ripensare il sistema del Welfare in generale e nello specifico per affrontare i molti aspetti della violenza maschile contro le donne sono necessarie ricerca, conoscenza, formazione adeguata degli operatori e delle operatrici. Il seminario e questo convegno hanno luogo in un momento di crisi istituzionale, per le dimissioni del Sindaco e della Giunta e l’assunzione delle loro funzioni da parte di un Commissario. Le partecipanti al seminario, rappresentanti di associazioni, operatrici e dirigenti di servizi sociosanitari, esponenti dell’amministrazione comunale, hanno stabilito tuttavia che non è opportuno fermarsi, ma occorre procedere nella costruzione di una rete cittadina che porti alla definizione di un protocollo operativo condiviso. Si è costituito pertanto un gruppo che intende lavorare al protocollo, da sottoporre, quando vi saranno le condizioni, alle istituzioni preposte; contribuirà così alla formulazione di un pezzo del programma amministrativo della città. ALLEGATI ALLEGATO 1 Formulario di presentazione del Progetto (INSERIAMO 20 PAGINE DI SCHEDA PROGETTO INIZIALE). ALLEGATO 2 RAPPORTO CONCLUSIVO Titolo del progetto: INSIEME CONTRO LA VIOLENZA DI GENERE Soggetto proponente: Comune di Bologna. Nome del partner Comune di Bologna - Capofila Descrizione PROGETTAZIONE DI DETTAGLIO E METODOLOGIA. dell’attività A seguito dell’approvazione del progetto, della sottoscrizione della (cosa, come) convenzione con il Dipartimento Nazionale Diritti e Pari Opportunità e dell’autorizzazione all’avvio, ricevuta il 31 luglio 2008, il progetto è stato sviluppato nelle due principali direttrici: La ricerca-monitoraggio da condursi sui tre territori interessati le attività formative. La progettazione è stata condotta da un gruppo di lavoro formato dalle esperte interne e sottoposta al Gruppo di Coordinamento previsto dal progetto in un incontro svoltosi il 27 settembre 2008. La progettazione è stata approfondita in un apposito seminario con tutti i partner. Il seminario, preparato da un gruppo di lavoro ristretto riunitosi il 20 maggio 2008, si è svolto il 29 ottobre 2008, con il compito di produrre proposte di merito per le fasi successive in relazione a indicatori per la ricerca- monitoraggio, formazione e strumenti di rete (partecipanti: 40) L'impostazione metodologica che ha informato il progetto si è incentrata sulla massima circolarità di informazione e condivisione democratica. Nella seconda fase del progetto (periodo aprile-marzo) si è determinato, coerentemente a detta impostazione, un intensificarsi degli incontri: • Gruppi di coordinamento (Composizione formalizzata nella scheda progetto) calendario incontri: • • • 19 maggio 2009 16 settembre 2009 15 gennaio 2010 • Incontri di coordinamento allargato a tutti i partner calendario incontri: • • 27 aprile 2009 e 3 febbraio 2010 Comitato di Pilotaggio: Il Comitato di pilotaggio ha dato vita a tre incontri in momenti temporali significativi per la realizzazione del progetto e precisamente all'avvio del progetto, ad azioni avviate e a conclusione delle attività principali. In tali incontri il comitato ha valutato l’importanza degli obiettivi generali prefissati nel progetto, rilevando la pregnante valenza politica del lavoro di interazione tra associazionismo e istituzioni in merito al tema della violenza di genere. Si sottolinea l’ intento di affermare e sostenere la promozione di un'uscita dall’autoreferenzialità a vantaggio di una pratica di messa in comune delle esperienze e delle risorse di cui gli attori pubblici e privati dispongono. Calendario incontri: • • • Descrizione dell’attività (cosa, come) 04 dicembre 08: indirizzo generale del progetto e azioni programmate con riferimento alla valenza politico-istituzionale e alla ricaduta sul territorio; 17 giugno 09: sviluppo in rete del progetto con particolare riferimento al piano di comunicazione e al coinvolgimento di tutti gli attori locali; 19 ottobre 09: validazione del lavoro di ricerca "Insieme contro la violenza di genere" e confronto sui contenuti e sugli orientamenti operativi in essa riscontrabili. RICERCA-MONITORAGGIO L’attività di ricerca, commissionata ad un gruppo di tre ricercatrici, selezionate tra 94 candidature, è stata condotta tra gennaio e maggio 2009. Un questionario di tipo “quantitativo”, è stato somministrato a tutti i referenti indicati dai partner per il ruolo e le attività svolte sui temi dell’accoglienza, della prevenzione, della sensibilizzazione, nonché sul funzionamento delle reti intersettoriali e interistituzionali. Successivamente sono state effettuate 30 interviste a testimoni significativi sulla base una griglia di tipo “qualitativo” . Tale attività ha prodotto una pubblicazione : Relazioni: pratiche e possibilità del contrasto alla violenza contro le donne a Bologna, Forlì-Cesena e Rimini a cura di Valentina Greco, Angela Salvatore, Paola Zappaterra La pubblicazione è stata distribuita, tra il materiale didattico, all'interno di due seminari formativi e diffusa nella conferenza finale. E' stata punto di partenza del Seminario “La costruzione della rete a Bologna” e sarà oggetto di disseminazione. Descrizione SEMINARIO DI METÀ PROGETTO. 17 giugno 2009 dell’attività (cosa, come) Nel corso del seminario di allineamento sono stati presentati i primi risultati emersi dalla ricerca. In particolare si sono ridefinite le attività rispetto ai fabbisogni formativi e informativi, raccogliendo tra l'altro le sollecitazioni del laboratorio di Scienze della Comunicazione per la creazione di una campagna comunicativa contro la violenza di genere. Dalla ricerca emerge: lo stato delle reti Una rete è un luogo metaforico in cui tutti i soggetti che si occupano di violenza contro le donne possono interagire valorizzando la propria competenza nell'ottica del reciproco riconoscimento. Praticamente tutti gli intervistati affermano la necessità di muoversi dentro una rete che renda agevole l'azione, la comunicazione, lo scambio. Il buon funzionamento di una rete richiede capacità di lavorare insieme mettendosi in relazione con gli altri, senza il timore di perdere la propria specificità. Frammentazione e difficoltà di comunicazione vengono denunciate come principali nodi critici nella pratica di rete. Bologna si discosta dagli altri territori partner per la mancanza di una rete formalizzata: in questo caso, tra le cause dell'attuale indebolimento delle maglie della rete è stato individuato il mancato riconoscimento valorizzazione di una storia comune e dei soggetti che vi hanno partecipato. Ciò ha fatto sì che si perdesse il patrimonio di solidarietà e la capacità di tessere relazioni che aveva caratterizzato gli anni passati. Un'efficace rete antiviolenza si caratterizza anche per la capacità di contrastare l'episodicità della formazione, investendo in momenti di sensibilizzazione alla tematica e di approfondimento trasversali ai diversi ambiti professionali e lavorativi. Dalla ricerca emerge: la formazione. La formazione è un momento chiave non solo del percorso professionale degli operatori, ma anche della costruzione, del consolidamento e del funzionamento di una buona rete. E' inoltre essenziale al sostegno di un buon lavoro sociale di prevenzione. La formazione, quindi, deve sempre toccare due piani: − le esigenze formative e informative degli operatori − il cambiamento culturale nella sua cornice generale. Gli operatori che fronteggiano l'emergenza ed effettuano la presa in carico delle vittime hanno bisogno di competenze specifiche, di poter attingere a professionalità multidisciplinari, di essere a loro volta sostenuti nell'affrontare i fenomeni di burn out e traumatizzazione secondaria. Una buona formazione deve quindi coinvolgere una pluralità di soggetti, per un confronto periodico tra loro e con gli operatori dei servizi dedicati. Occorre inoltre incoraggiare e rendere stabile lo scambio di pratiche, esperienze e saperi fra soggetti diversi. Sollecitazioni dal laboratorio di Scienze della Comunicazione Pianificare la comunicazione di una rete di soggetti e istituzioni non può prescindere da percorsi condivisi che garantiscano il coinvolgimento dei diversi partner, nel rispetto delle differenti esigenze ed esperienze. La comunicazione è al contempo espressione di un comune universo simbolico e valoriale, nonché strumento utile per i singoli partner. E' in quest'ottica che nasce il piano di comunicazione preparato per la rete dal laboratorio della Laurea Magistrale in Scienze della Comunicazione Pubblica e Sociale. Il piano di comunicazione ha proposto due immagini per la scelta di un logo identificativo della campagna. Tali immagini sono state accolte con molto interesse dai partner tanto che ha preso corpo l'idea di adottare il logo prescelto come forma grafica identificativa della rete del progetto: il logo del progetto. Data l’importanza strategica degli aspetti informativi nelle attività di comunicazione della rete si è programmato un seminario specifico incentrato sugli aspetti informativi e comunicativi. Descrizione dell’attività ATTIVITÀ REALIZZATE DAI PARTNER (cosa, come) Nome del partner Comune di Bologna Descrizione dell’attività Budget e attività di supporto alla gestione e alla rendicontazione (cosa, come) Il Comune di Bologna, capofila, ha formulato il dettaglio del budget per la ripartizione delle risorse tra i partner. Sono stati individuati i criteri e le norme per la gestione delle spese e la loro rendicontazione e predisposti una guida per la rendicontazione, formulari e modelli per consentire a tutti i partner di rispondere ai criteri adottati. Il comune di Bologna ha coordinato gli incontri di gestione e rendicontazione secondo il calendario esposto nonché la raccolta dei documenti dei partner sulle attività e spese realizzate a metà e a fine progetto. Calendario incontri: • • • 27 ottobre 2008 gruppo di coordinamento/financial manager 6 aprile 2009 15 gennaio 2010 Descrizione dell’attività Attività di pubblicizzazione del progetto (cosa, come) Comunicazione via web: pur non essendo prevista dal progetto l’apertura di un sito, il Comune di Bologna ha messo a disposizione dei partner e dell’informazione trasparente su tutti gli aspetti del progetto una pagina del proprio sito: http://www.comune.bologna.it/politichedelledifferenze in esso sono pubblicate tutte le informazioni, dal testo del progetto ai programmi e resoconti delle iniziative via via intraprese dai singoli partner, oltre che le istruzioni pratiche per i partner stessi. Produzione e diffusione materiali cartacei. Realizzazione di una scheda sintetica informativa sul progetto (1600 copie): distribuita a tutti/e i/le partecipanti ai seminari alla Commissione delle Elette del Comune di Bologna, al Seminario di Pesaro e di Modena su tematiche affini dove è stato presentato il progetto e in tutti i contesti di visibilità delle attività del Comune. Realizzazione di un pieghevole informativo sulla progettazione della campagna di comunicazione elaborata dall'Università di Bologna (1000 copie). Partecipazione, con il materiale informativo (scheda sintetica e pieghevole sulla campagna comunicativa) alla Campagna Itinerante della Commissione Europea di comunicazione e informazionesull'Europa Sociale (Bologna, Piazza del Nettuno 29, 30, 31 ottobre 2009). Comunicazione radio: Dal maggio 2009 al marzo 2010 ciclo di trasmissioni a cadenza settimanale a cura di Tavola delle donne e UDI.(vedi sotto descrizione attività del partner). Comunicati stampa: il comunicato stampa delle giornate di fine progetto è stato ripreso su vari siti web, giornali, agenzie. Descrizione Realizzazione di materiali informativi. dell’attività (cosa, come) Oltre alla realizzazione della citata scheda informativa sul progetto, successivamente al seminario sugli aspetti informativi e comunicativi e in coerenza con le indicazioni egli stimoli da esso forniti, si è lavorato alla produzione di : un logo di rete una locandina pensata per comunicare la presenza di una sensibilità sui temi relativi alla violenza contro le donne alle utenti di luoghi di informazione/accoglienza dedicati e non. un opuscolo informativo per il territorio di Bologna che, raccogliendo un elenco di centri, servizi e programmi di aiuto, sviluppati ed implementati da soggetti diversi, possa costituire una strumento “facilitatore” per la messa in rete di operatori dei vari servizi pubblici e del privato sociale. L'ufficio politiche delle differenze ha coordinato e realizzato la produzione di questi materiali come esito di un processo di condivisione, avvalendosi della collaborazione di un'associazione partner Orlando-Molte Donne un Pianeta e affidando il progetto grafico ad una società di servizi – Comunicattive. LOGO L'immagine visiva del logo è stata rielaborata tenendo conto delle risorse disponibili, ma con la massima attenzione alla scelta e ai suggerimenti dei partner al fine di garantire che tutti possano riconoscersi in esso e farlo proprio. LOCANDINA PER MEDICI DI BASE, SPORTELLI SERVIZI E ASSOCIAZIONI La locandina, tradotta in varie lingue, ha lo scopo di segnalare una disponibilità di ascolto a chi frequenta gli ambulatori, le sedi dei quartieri, gli sportelli informativi dei servizi socio-sanitari, le associazioni di donne... Il messaggio é rivolto in particolare alle donne e contemporaneamente mira a sensibilizzare un pubblico più ampio al tema della violenza di genere. BROCHURE INFORMATIVA PER GLI OPERATORI Breve guida contenente le informazioni utili a medici di base, sportellisti, personale dell’URP, vigili urbani, forze dell’ordine, pensata come primo strumento di lavoro per la potenziale rete bolognese, che dovrà impegnarsi a un suo costante aggiornamento. Descrizione dell’attività Seminari (cosa, come) Il Comune di Bologna, nell’ambito dei suoi impegni di partenariato, ha effettuato i seguenti seminari: Violenza sessuale: il pronto soccorso unico. L'esperienza dell'Ospedale Maggiore di Bologna, Bologna 11 marzo 2009 Il percorso di costituzione del pronto soccorso unico viene presentato come esempio di buona prassi di collaborazione ineristituzionale, se pur passibile di miglioramento con l’estensione alla più ampia e sfaccettata casistica del maltrattamento (partecipanti 37) Minori: violenza assistita e subita. Come riconoscerla e affrontarla, Bologna 7 aprile 2009 L’iniziativa, incentrata sull'esperienza del Faro (Centro specialistico provinciale contro gli abusi all’infanzia) e di Casa delle donne per non subire violenza ONLUS, è rivolta a operatori impegnati professionalmente nelle tematiche proposte, e si propone uno scambio di conoscenze e buone pratiche. Hanno partecipato in qualità di relatori: pediatri, operatori dei servizi, operatori del pronto soccorso, insegnanti, pool tematici di questura e procura (partecipanti 88) Autori di violenza. Il progetto MUVI: esperienze a confronto, Bologna 20 aprile 2009 Il tema è inquadrato a partire dagli esiti del progetto europeo MUVI (Men Using Violence in Intimate Relationship) realizzato dal Comune di Bologna in partenariato locale con Casa delle Donne per non subire violenza, Oslo, Barcellona e Atene. Il seminario ha proposto un confronto con le esperienze di Milano e Firenze (partecipanti 44). La formazione, rivolta a operatori che incrociano le tematiche proposte da diverse collocazioni, istituzionali o meno, è stata finalizzata a uno scambio di esperienze e buone pratiche tra i vari territori (Bologna, Forlì-Cesena, Rimini), con un taglio operativo. Gli/le operatori/ici di fronte alla violenza di genere 4 e 10 dicembre 2009 (2 moduli: rispettivamente 33 e 40 partecipanti). La formazione, rivolta a assistenti sociali, operatori degli Sportelli Sociali dei Quartieri, Polizia Municipale, referenti di quartiere per la Sicurezza, è mirata a fornire strumenti per riconoscere la violenza di genere, indirizzare e individuare insieme alle vittime percorsi efficaci di sostegno e uscita dalla violenza, contribuendo alla messa in rete di enti e servizi operanti sul territorio. Aspetti informativi e comunicativi nelle strategie di contrasto alla violenza di genere 14 dicembre 2009. Dall'analisi di alcuni materiali esistenti e dai fabbisogni informativi dei partner e degli operatori, si progetta la realizzazione di materiali informativi (partecipanti 22) Nome del partner AUSL Bologna Descrizione dell’attività (cosa, come) Mappatura attività di formazione attraverso la raccolta dei dati relativi alle varie iniziative realizzate in Azienda negli anni 2000-2008 con indicazione del soggetto proponente, della durata, numero edizioni, periodo di svolgimento, crediti attribuiti e docenti. Definizione di un modello di intervento in risposta alle famiglie multiproblematiche con rapporti violenti attraverso lavori di gruppo interprofessionali e la predisposizione di un piano di formazione rivolto agli operatori sociali e sanitari dei diversi servizi dell’Azienda USL e del Comune di Bologna. Coordinamento, attraverso gruppi di lavoro, delle attività e delle iniziative rivolte alle donne e ai minori che subiscono violenza. Con il coinvolgimento di: - Centro Specialistico “Il Faro” - Pronto Soccorso degli Ospedali - Medicina Legale - Programma Salute Donna - Servizi Sociali Ospedalieri e del Comune di Bologna Seminari Le famiglie multiproblematiche. Verso la definizione di un modello di intervento 10 dicembre 2009 e 4 febbraio 2010 Lavoro interprofessionale nella presa in carico delle famiglie multiproblematiche con rapporti violenti: aspetti relazionali e organizzativi. Nome del partner Comune di Forlì Descrizione Incontri di rete: dell’attività 1° incontro 18/09/08 presentazione alla Rete Irene del Progetto Insieme per (cosa, come) rendere concreto il progetto finanziato dal Ministero. Condivisione degli obiettivi e delle tematiche da affrontare in rete. 2° incontro: 11/12/08 discussione delle tre azioni previste dal progetto: formazione analisi dell'esistente creazione di un osservatorio 3° incontro 26/02/09 Incontro di rete relativo alla programmazione e discussione dei casi inerenti alla tematica del seminario di Forlì incentrato su violenza e donne immigrate. Discussione delle prassi utilizzate e degli aspetti critici che la rete deve affrontare in queste situazioni. Seminari 23-24/03/09 : Violenza di genere e donne immigrate - Esperienze italiane ed europee a confronto. Il seminario basato sul confronto fra esperienze reali, con l’apporto di esperte internazionali, ha favorito una riflessione fra operatori ed uno scambio di conoscenze e strumenti concreti di lavoro tra reti e territori. La scheda di rilevazione del maltrattamento: analisi dei diversi approcci per la definizione di una scheda comune 3 luglio 2009 Il seminario partendo da un' analisi critica delle schede di rilevazione in uso nelle diverse città partner del progetto, ha prodotto una scheda di rete condivisa, diversa dalla scheda utente perché finalizzata a monitorare il funzionamento e l'efficacia della rete territoriale. Ha proposto inoltre la presentazione di un software informativo gestionale, in uso a Forlì, per lo sviluppo della cartella integrata sociosanitaria che consenta la compilazione informatica dei dati, via web, da parte dei servizi in rete. L’Osservatorio sull’evoluzione del fenomeno della violenza di genere: una proposta di raccolta dati 18 febbraio 2010 Analisi, discussione e validazione della proposta di raccolta dati. Pur non essendo stato sperimentato, il sistema di raccolta dati potrebbe rappresentare il punto di partenza per un progetto ulteriore che si sviluppi in un osservatorio sul fenomeno della violenza e sul funzionamento delle pratiche e delle politiche di contrasto. Nome del partner Comune di Cesena Descrizione Seminari dell’attività Urgenza ed emergenza : percorsi di ascolto, accoglienza e valutazione del (cosa, come) danno” 16 giugno 2009 Il supporto legale e sanitario: misure giuridico-processuali, cliniche e medico-legali di contrasto alla violenza intrafamiliare” 20 ottobre 2009 Gli strumenti dell'osservatorio:dal modello sistemico-pluralista con le vittime della tratta alle implicazioni pratiche dell'ecologia della violenza 25 novembre 2009 Una nuova sfida negli interventi sulla violenza domestica: la valutazione e i percorsi di cambiamento rivolti agli uomini maltrattanti – Aspetti clinici e motivazionali della presa in carico degli autori della violenza. 15 dicembre 2009 Nome del partner Descrizione AUSL Rimini dell’attività Raccolta dati attraverso una scheda di rilevazione diffusa alle Assistenti (cosa, come) Sociali del Servizio Tutela Minori dell’Azienda USL di Rimini, all’Assistente Sociale del Progetto Dafne, alle operatrici degli Sportelli Sociali del Comune di Rimini, alle operatrici della Casa delle Donne del Comune di Rimini. Rilevazione presso i Pronti Soccorsi ed i Pronti Interventi dell’Azienda USL di Rimini attraverso l’estrapolazione dei dati riguardanti le donne che hanno subito violenza inseriti dai medici nel programma computerizzato in uso, MED-TRAK. Presentazione e diffusione dei risultati ottenuti curata dalla dr.ssa Maria Maffìa Russo, Responsabile del “Progetto Dafne”. Pubblicazione dei dati e inserimento degli stessi all’interno del sito internet dell’Azienda USL di Rimini. - www.auslrn.net. Pubblicazione del Quaderno Asri n°123 la rete Dafne: fattore di protezione contro la violenza alle donne. - www.auslrn.net. Realizzazione e diffusione di un questionario per la rilevazione della soddisfazione degli operatori della rete Dafne con l’obiettivo di valutare la qualità del lavoro di rete e degli strumenti utilizzati e della formazione, nonché la percezione della rete di contrasto alla violenza come risorsa. Seminari • Violenza nelle relazioni familiari: le Forze dell’Ordine e il primo intervento. 30 Ottobre 2008, rivolto agli operatori della rete: operatori sociali e operatori sanitari dell’Azienda USL di Rimini, operatori di strutture residenziali e semi-residenziali, operatori delle Forze dell’Ordine, Operatori del Comune e della Provincia di Rimini, associazioni presenti nel territorio • Il lavoro di rete e la qualità dell'integrazione: fattori di protezione contro la violenza alle donne 7 ottobre 2009 • Stalking: dalla legge alla tutela della donna 26 gennaio 2010 Seminario di formazione rete Dafne Azienda Usl Rimini Nome del partner Università di Bologna, Sezione Dipartimentale di medicina Legale, Associazione delle Docenti Universitarie (AdDU) Descrizione Organizzazione e coordinamento di un laboratorio universitario per la dell’attività progettazione di una campagna di comunicazione contro la violenza alle (cosa, come) donne; Partecipazione attiva ai seminari organizzati dal Comune di Bologna per incrementare il reciproco scambio di conoscenze nella rete Il progetto del Laboratorio ha coinvolto 7 studentesse del corso di laurea specialistica in Scienze della Comunicazione Pubblica Sociale e Politica dell’Università degli Studi di Bologna. LABORATORIO: proposta concettuale di un logo della campagna di comunicazione. Riscontro positivo da parte di tutti i partner sulle attività proposte nel piano di comunicazione. In particolare i partner si sono trovati in accordo sulla necessità di realizzare prodotti comunicativi per i medici di medicina generale inclusi tra ,i pubblici destinatari della campagna Il piano di comunicazione si è aggiudicato il primo premio nella sezione studenti della V Edizione del Concorso “Marketing sociale e comunicazione per la salute” indetto dall’ Associazione Italiana della Comunicazione Pubblica ed Istituzionale, dal Servizio Sanitario Regionale dell’Emila Romagna- Ausl di Modena e dal Coordinamento Nazionale Marketing Sociale; L’attività del laboratorio ha inoltre ispirato la realizzazione di diverse tesi di laurea focalizzate sul tema delle relazioni fra i generi. Tutte le lezioni del Laboratorio si sono tenute fra dicembre 2008 e marzo 2009. Collaborazione alla stesura e alla realizzazione di un testo teatrale con il Gruppo di Lettura San Vitale. Il testo realizzato è stato messo in scena il 19 ottobre 2009 in occasione della presentazione del progetto “Insieme contro la violenza di genere” , all’interno dell'evento annualmente organizzato dall'università, Festival della Storia, e riproposto nella giornata di chiusura lavori del progetto alla presenza di tutti i partner (25 febbraio 2010). Partecipazione attiva con relazioni e coordinamenti, ad attività seminariali comuni del Progetto (si vedano, in particolare, il Seminario del 14 dicembre 2009 e il seminario del 30 gennaio 2010). Nome del partner Ordine dei medici Bologna Descrizione l Medico di Famiglia di fronte alla violenza sulle donne . Corso MMG dell’attività formazione obbligatoria (cosa, come) 30 gennaio 2009 La formazione e informazione di base rivolta Medici di Medicina Generale e medici di Continuità Assistenziale di AUSL Bologna Città, è finalizzata alla messa in rete di una figura professionale essenziale nella prevenzione e nel contrasto alla violenza di genere, attraverso la proposta di strumenti per individuare e gestire i casi intercettati, indirizzando ai servizi dedicati. La presenza di circa 200 medici e l'elevata soddisfazione registrata sulla base del test di valutazione finale evidenziano l'interesse crescente di una categoria mai prima coinvolta, e attivata rispetto al fenomeno, sul territorio bolognese. Nome del partner I.P.S.S.C.T.P “Aldrovandi-Rubbiani” (Scuola secondaria di secondo grado che realizza le attività per conto dell'Ufficio Scolastico Provinciale) Descrizione L'Istituto ha realizzato un laboratorio teatrale, svoltosi settimanalmente, in dell’attività due ore pomeridiane. (cosa, come) Nel primo periodo sono state sollecitate riflessioni sul tema della violenza e, in particolare, della violenza contro le donne. Sono state fornite informazioni sull’argomento e si sono letti articoli. Dalle riflessioni e dalle emozioni dei ragazzi durante gli incontri, è nato il testo dal titolo Senza volto Senza nome, rappresentato nel mese di maggio all’ITC Teatro di San Lazzaro di Savena nell'ambito del Festival delle Scuole e all’Arena del Sole, importante teatro bolognese, durante la rassegna Teatro delle Scuole. Nome del partner Unione Donne in Italia - UDI Descrizione -Settembre 2008. Presentazione nella sede dell’UDI di Bologna del dell’attività Progetto Staffetta di donne contro la violenza sulle donne, connessioni con (cosa, come) il progetto Insieme. -incontro con il comune di Granarolo ed i servizi sociali sulle modalita’ di intervento nei casi di violenza con particolare riferimento alle donne straniere residenti nel comune; -conferenza con l'Associazione Trama di Terre a Imola su violenza sessuata e femminicidio; -incontro e confronto con le donne del territorio su violenza sessuata e femminicidio; -rassegna cinematografica dedicata alle donne e alla violenza di genere seguita da gruppo di discussione; -partecipazione alla realizzazione di un progetto scolastico sul fenomeno della violenza contro le donne rivolto agli studenti delle terze classi di scuole di secondo grado di Bologna: istituto Professionale Rubbiani, istituto tecnico R. Luxemburg, Liceo scientifico A. Righi, ; - incontro nelle scuole di primo grado sul tema : “Il ruolo di una associazione rispetto alla violenza sessuata”. In collaborazione con il comune di S.Giovanni in Persiceto; -seminario su “ Stalking e violenza, donne migranti quali diritti?” in collaborazione con l’Associazione Italo Calvino. Le esperte dell'associazione hanno partecipato a numerosi seminari, sia come relatrici, in quelli formativi rivolti agli operatori che, con interventi articolati e puntuali, in quelli di scambio di pratiche tra i vari territori. Nome del partner Orlando – Molte donne un pianeta Descrizione Da progetto l’associazione “Orlando – Molte donne un pianeta” partecipa dell’attività all’attività “Rete: costruzione di strumenti stabili e condivisi di intervento (cosa, come) anche attraverso l’adozione di formali protocolli di intesa tra pubblico e privato”. L’attività è stata realizzata attraverso: -partecipazione alle riunioni di coordinamento volte a condividere scelte e strategie progettuali; -partecipazione al monitoraggio del progetto ; -partecipazione ai seminari di formazione tenuti a Bologna; due incontri presso il Centro Interculturale Zonarelli per avviare una rete con le associazioni delle donne migranti; -diffusione delle informazioni sul progetto attraverso una mailinglist di associazioni di donne migranti presenti sul territorio bolognese. -Predisposizione documento condiviso dalle associazioni di donne della rete bolognese come risultato del seminario di rete. -Partecipazione alla redazione della brochure informativa rivolta alle/agli operatori/operatrici che operano nei servizi del territorio bolognese, fornendo i dati del database server-donne. -Sostegno logistico nell’organizzazione del convegno finale. -Organizzazione del seminario della rete bolognese: La costruzione della rete a Bologna 11 febbraio 2010 Dalle esperienze e dalle pratiche espresse sul territorio bolognese il seminario, rivolto ai partner bolognesi e agli altri soggetti significativi della realtà locale, ha elabora to un documento condiviso su indicazioni e proposte per il futuro, presentato nella conferenza conclusiva. (25 febbraio 2010). Nome del partner Tavola delle donne sulla violenza e sulla sicurezza della città Descrizione - Ottobre 2008. Ricerca nel quartiere Porto sulla percezione della violenza dell’attività sulle donne e sulla sicurezza della città tramite organizzazione di focus (cosa, come) group e di incontri di restituzione. Elaborazione dei dati e pubblicazione del report. - Elaborazione di un modulo pedagogico per una governance di genere. E' un modulo formativo rivolto a operatori dell’educazione, operatori sociali e amministratori, alla Rete formale e informale di donne o di donne e uomini con l'obiettivo della condivisione di un punto di vista di genere sulle questioni della convivenza sociale. Utilizzando i risultati della ricerca somministrata all’interno dei quartieri sul tema della percezione della sicurezza/insicurezza, in particolare rispetto alla violenza alle donne, e i materiali emersi nell'ambito di vari corsi di formazione, si mira a sviluppare una sensibilità relativa ai luoghi della vita sociale. Nella convinzione che il tema della violenza di genere si inscriva in quello più ampio della gestione dei conflitti all’interno delle relazioni -e in particolare delle relazioni con la diversità- e che la violenza e l’aggressività, come esito della paura dell’altro, siano la cifra delle relazioni sociali del nostro tempo, si ritiene fondamentale l’aspetto della prevenzione e dell'educazione alle relazioni e all'incontro con l'altro da sé. Destinatari finali dell’iniziativa sono infatti giovani adolescenti delle scuole superiori, gruppi formali e informali di donne, di adulti e giovani nel territorio. Dal maggio 2009 al marzo 2010 si è realizzato un ciclo di trasmissioni a cadenza settimanale, sulla frequenza di Radiocittà Fujiko, a cura di Tavola delle donne e 'UDI. In esse si è trattato il tema dlla violenza di genere da vari punti di vista dando risonanza ai contenuti del Progetto Insieme e contribuendo alla circolarità dell'informazione e al coordinamento fra le diverse realtà femminili e femministe preseni nel contesto bolognese e Romagnolo. Convivenza di genere e convivenza fra i generi , 22 gennaio 2010 Il seminario, organizzato dall'Associazione, si è svolto a Rimini, in ambito universitario, come momento di diffusione delle ricerche, le esperienze e le riflessioni svolte a Bologna e di scambio di buone prassi tra i territori. Nome del partner Gruppo di Lettura San Vitale. Descrizione - Incontri finalizzati ad una ricognizione dei diversi lavori svolti negli anni dell’attività incentrati sulle tematiche del femminile e sui giovani, volti alla (cosa, come) sensibilizzazione e alla lotta alla violenza, allo scopo di progettare le attività da realizzare all'interno del Progetto. Attività scelte: spettacoli e laboratori sul tema della violenza di genere direttamente fruibili e emotivamente coinvolgenti; - incontri del Gioco Del Rispetto condotti dal Gruppo di Lettura tra novembre e dicembre 2008, presso quattro classi elementari confrontandoli anche con dati raccolti in anni precedenti nelle scuole medie. Il Gioco del Rispetto è un progetto proposto più volte nelle scuole medie e elementari in cui due attori leggono, accompagnati da musica dal vivo, alcuni brani inerenti a personaggi storici, mitologici o di fantasia: dopo aver ascoltato i brani i ragazzi sono guidati da una mediatrice a discutere del tema delle differenze di genere, leit-motiv delle letture. -Il Laboratorio di Drammaturgia “ Le parole per dirlo” ha proposto uno strumento non usuale, legato a metodologie comunicative artistiche, per analizzare emozioni, per trattare temi forti, legati a problematiche di disagio e di dolore in chiave innovativa, inconsueta e con la possibilità di produrre, come esito del lavoro svolto, un testo teatrale. Una parte del Laboratorio è mirata anche ad alcune semplici tecniche attoriali volte a migliorare la comunicazione verbale. Al progetto hanno partecipato cinque ragazze provenienti dalla facoltà di Scienze della Comunicazione e dal Dams di Bologna. Si è prodotto un testo teatrale ricco ed emozionante, portato in scena al termine di un percorso che ha permesso a tutte le partecipanti di vincere qualche iniziale timidezza. Lo spettacolo Raccontare la storia: insieme contro la violenza di genere, è andato in scena all’interno della Festa della storia il 19/10/2009 organizzato dall'Università di Bologna. Lo spettacolo ha affrontato diversi aspetti della violenza: psicologica, domestica contro donne e minori, lo stupro, lo sfruttamento di minori, il femminicidio. I testi, alcuni dei quali scritti dalle partecipanti al laboratorio, sono stati letti con accompagnamento musicale deal vivo, dalle ragazze stesse e da alcuni attori dell'Associazione. Una versione ridotta dello spettacolo è stata presentata nella giornata conclusiva del Progetto, il 25 febbraio 2010. Soggetti coinvolti, gruppo target I partner del progetto, il Comitato di Pilotaggio, il Gruppo di Coordinamento, il gruppo di ricerca; esperti di diverse discipline, formatori. Tutti i responsabili e/o operatrici/operatori dei soggetti che per ruolo, normativa, opzione politica, nel sistema pubblico e nel privato sociale incontrano situazioni di violenza su donne e minori, o svolgono attività di sensibilizzazione e prevenzione. Sintesi attività e output Attività 5 Seminari di Sistema e 19 seminari formativi; 6 Gruppi di Coordinamento di cui 2 allargati a tutti i partner e ricercatrici; 3 incontri con il Gruppo di Ricerca 3 incontri Comitato di Pilotaggio Laboratorio per la progettazione di una campagna comunicativa Ricerca monitoraggio Laboratorio teatrale di stesura testi e lettura espressiva Interventi educativi e di ricerca Trasmissione radiofonica Giornata tematica nella manifestazione “Festa della Storia” Output Scheda di rete Proposta di Osservatorio Materiale informativo: scheda informativa progetto; locandina; opuscolo di rete; logo di rete Aggiornamento in itinere dei materiali nella sezione dedicata al progetto sul sito Politiche delle Differenze [www.comune.bologna.it/politiche delle differenze] Report e tabelle di sintesi Pubblicazione del Quaderno Asri n°123 sulla rete Dafne di Rimini Piano di comunicazione per una campagna contro la violenza sulle donne e pieghevole informativo Pubblicazione Report di ricerca 2 letture pubbliche Pubblicazione “Insieme contro la violenza di genere” con i contributi di tutti i partner Documento per la costruzione della rete bolognese Risultati I seminari hanno contribuito alla condivisione di esperienze e metodologie, all'incremento di conoscenza sul fenomeno e sui suoi diversi aspetti teorici e pratici e alla diffusione di un linguaggio comune. Hanno proposto analisi e prospettive di intervento innovative e aperto piste di lavoro. Hanno inoltre prodotto una riflessione sull'esistente a partire da una analisi storica sui percorsi di costruzione delle reti, e su quanto è necessario fare per milgiorare il lavoro di rete, a livello operativo, di formazione e di governance. La ricerca monitoraggio, come evidenziato nella sezione dedicata, si è dimostrata particolarmente ricca di contenuti utili sia ad orientare alcune attività del progetto, che come strumento formativo e di confronto a diversi livelli. I partecipanti ai seminari formativi hanno complessivamente giudicato rilevanti gli argomenti trattati, buona la qualità degli interventi e efficace la formazione proposta. Degno di nota l' aver raggiunto, a Bologna - tramite la formazione e la distribuzione di materiale informativo - un ampio numero di medici di famiglia, aprendo la strada alla messa in rete di una componente fondamentale, tra gli operatori della sanità, nel contrasto alla violenza di genere. Si è peraltro raccolto l'interesse alla replicabilità di talieazione nel territorio Forlì -Cesena. Altro risultato di particolare rilievo è ravvisabile nell'avvio di un percorso per la costruzione della rete bolognese con la calendarizzazione del primo incontro tra i vari soggetti aderenti, dopo il seminario d dedicato nell'ambito del progetto. Fattori di successo Il confronto tra i partner ha avuto sempre un carattere fortemente pragmatico e operativo, consentendo perciò di formulare piste di lavoro utili agli obiettivi di governance del progetto e agli operatori impegnati sui territori a vario titolo nel contrasto alla violenza di genere. Ricerca: la competenza delle ricercatrici, la scelta di non “appaltare” la ricerca ma di costruirla con il coordinamento del progetto e dei partner, la disponibilità degli/delle intervistati/e. le attività formative realizzate si sono basate sui fabbisogni formativi sia espressi dai soggetti coinvolti che rilevati dalla ricerca. La riflessione innovativa stimolata dal laboratorio di comunicazione dell'Università di Bologna, ha fatto da comune denominatore alla molteplicità di contesti storici e organizzativi del progetto. Criticità e soluzioni Il numero e la varietà dei soggetti coinvolti e attivi nel progetto ha richiesto una costante ripuntualizzazione degli obiettivi, dei ruoli e dei compiti di ognuno, ottenuta tramite numerosi incontri e contatti formali e informali. L'avvicendamento in corso d'opera nel coordinamento del progetto ha comportato la necessità di ritessere le relazioni con i partner e risollecitarne il coinvolgimento. Si è intensificata la produzione di materiali di sintesi finalizzati a una ridefinizione dei contenuti, della tempistica e degli impegni dei diversi soggetti. Rispetto alla ricerca monitoraggio una criticità è stata originata dalla difficoltà di entrare in relazione con alcuni soggetti istituzionali che necessitano di particolari procedure autorizzative per rilasciare informazioni e interviste. Più significativa la resistenza rilevata presso alcuni referenti delle reti a fornire il materiale richiesto dalle ricercatrici. Il coordinamento del progetto si è impegnato nella legittimazione del gruppo di ricerca. Lo svolgimento del Progetto a cavallo di due mandati amministrativi (a Bologna, Forlì e Cesena) ha inciso sulla tempistica in una fase cruciale dell'attività. Tale criticità è stata particolarmente significativa a Bologna, dove il momento di transizione politica ha evidenziato con maggior chiarezza la necessità di creare una rete formalizzata, in grado di sostenere la governance delle azioni di contrasto alla violenza. Questa criticità ha sollecitato in sede locale una assunzione di responsabilità da parte delle associazioni partner, che hanno realizzato un seminario di riflessione sulle potenzialità della rete, allargato anche a soggetti del privato sociale non inclusi tra I partner del progetto. Rispetto dei La tempistica del progetto è stata in linea di massima rispettata. tempi Le criticità sopra espresse hanno determinato una notevole concentrazione delle giornate formative negli ultimi mesi del progetto. ALLEGATO 3 Progetto Insieme Scheda unica di rilevazione VIOLENZE – MALTRATTAMENTI Data e ora accesso: SERVIZIO ACCETTANTE…………………………... OPERATORE………………………………………….. (Parte anagrafica da compilare al primo accesso) • Dati personali utente: Nome e cognome...…………………………………………….. Data di nascita ……………………………………………….. Residenza.…..……..……..….…………….. ………………….. Nazionalità ................................................................................ Analisi contesto di violenza o maltrattante: • intrafamiliare…………………... • extrafamiliare………………….. Si è trattato di: • episodio isolato ……………………… • episodio non isolato………………….. a) b) c) d) e) Tipo di maltrattamento : fisico ………………………………………….. sessuale …………………………………………. psicologico-emozionale …………………………… maltrattamento economico ……………………… stalking …………………………………………….. Da quanto tempo subisce violenza …………………………… ……………………………………………………………… N° figli…………………………..(di cui minori ……………..) Nucleo mono-genitoriale ? SI …… NO …….. Gravidanza in atto: SI…… NO…….. I figli assistono a violenze ……………………. I figli subiscono violenza ……………………… (parte di scheda da compilare dai successivi servizi) Richiesta esplicitata al momento dell’accesso: …………………………........................................................... ..... …………………………………………………………………….. E’ in carico ad altri servizi, altro soggetto, associazione? SI ….. No…… Quali: ○ Centro Donna e/o Centro Antiviolenza Servizio sociale adulti Servizio sociale minori Ufficio stranieri ○ Altro………………………………………………………….. ○ ○ ○ Da quanto tempo …………………………………………… Operatore/operatrice di riferimento nel servizio,ente o associazione ………………………………………………… ………………………………………………………….. Servizio o altro soggetto inviante: ………………………… ………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………… Invii Invio ad eventuale altro servizio, ente, associazione . ………………………………………………………………. ………………………………………………………………. Data dell’invio ………………………………………………. Modalità di invio…………………………………………….. • NOTE ………………………………………………………………… ………………………………………………………………… ………………………………………………………………… ………………………………………………………. (Nuovi accessi) ……………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………… ALLEGATO 4 Report Seminario “ La costruzione della rete a Bologna” Progetto Insieme 11 febbraio 2010 INDICAZIONI Apporto progetto Insieme alla rete cittadina contro la violenza • Socializzare e collettivizzare l'esito del progetto insieme, l'apporto dei singoli partner, plusvalore del confronto regionale come arricchimento delle singole pratiche. • Nuove esperienze di comunicazione: microfono aperto e trasmissione radio. Punti di attenzione Esistono prassi pregresse e positive di rete che hanno portato ad individuare come punti critici a) la formazione b) i servizi sociali Rete e soggetti di riferimento La politica e le istituzioni La difficoltà non è solo e non tanto nelle relazioni politiche tra gruppi di donne ma è una difficoltà di governance istituzionale. Una difficoltà delle reti era già emersa all'epoca della rete Arianna: definire cosa vuoi arrivare a fare con la rete. I soggetti di riferimento per un servizio come la Casa delle Donne, sono soprattutto Istituzionali, ci serve un protocollo cittadino. Poca volontà politica: scarsi investimenti cittadini, inferiori a quelli di altre città; per es. avremmo bisogno di una casa in più. È dall'epoca di “Zero Tollerance” che non abbiamo risorse consistenti attorno al contrasto alla violenza. Gli scarsi investimenti, che vengono dalla mancanza di volontà politica non riguardano solo la violenza ma anche tutti i servizi per madre-bambina/o: ora saranno presi in carico solo i minori segnalati dai tribunali. Darsi il tempo necessario e condividere le modalità per costruire una rete; a Reggio ci sono voluti 3 anni di incontri mensili sorretti dalle Istituzioni. Avere una politica sociale vincente, chi la fa? Non si può accettare che il settore delle Politiche sociali parli con voce diversa da quello delle Differenze. Prepariamoci a fare i conti con un anno di non decisione. Un tavolo istituzionale che deve fare rete con le risorse presenti nel territorio. Come si utilizzano queste risorse, quali i criteri comprensibili? Conoscere quello che si fa sul territorio In regione, in altre città esistono reti istituzionalizzate, continuative, con incontri periodici e formazione. Nel progetto insieme era previsto di porre le basi per un osservatorio sovraprovinciale contro la violenza. Criticità mancanza di una classe politica capace di avere visione dei problemi Strumenti da utilizzare, bilancio di genere e piani di zona, ma dov'è la programmazione? Occorre imporre un modo di gestire la politica, un progetto non può sostituire la politica. I soggetti della rete Molecolarizzazione dei soggetti, scarso riconoscimento reciproco, mancato riconoscimento della storia. Molecolarizzazione: a fronte di storie personali e bisogni sempre più complessi ci sono servizi isolati. Mancato riconoscimento, ciascuno non inserisce l'altro nelle proprie pratiche. Mancato riconoscimento della storia: La politica non raccoglie le esperienze, ogni politico comincia da capo, es. progetto Daphne aveva coinvolto molte ma non ha avuto seguito. Non rivendicare la singolarità ma ritrovarsi ogni soggetto (pubblico o privato) nell'obiettivo comune. Abbiamo bisogno di interventi significativi che colgano i risultati delle numerose ricerche per es. la ricerca in occasione della passata edizione di Naufragi. Un nuovo progetto di welfare Occorrono riflessione sui nuovi bisogni in ordine al welfare cittadino, nuova modalità delle operatrici e degli operatori che stanno nei servizi, c'è molta stanchezza, mancanza di motivazione dopo la spinta degli anni '70. più che molecolarizzazione c'è burocratizzazione. C'è bisogno di una spinta motivazionale che viene da una ridefinizione del modello cittadino Fallimento del progetto politico, ma anche , all'interno, di un gruppo dirigente che è lì da 20- 30 anni e che non ha più niente da dire. Il trasferimento dei servizi Sociali ai quartieri è stata un'azione politica, non siamo state molto esplicite nei confronti delle donne elette, diciamo le nostre difficoltà facciamole arrivare alla stampa, alle donne dei partiti, in regione. Non è questione della motivazione degli operatori ma di un modella che si è imposto da quando si è cominciato a ritirare delle deleghe (Golfarelli Tomba): es. separazione assistenti sociali e formatori. La forza è negli operatori: valorizzarli attraverso formazione continua; c'è un dislivello tra i dirigenti costretti a portare avanti le idee dei politici e gli operatori. Il problema con rapporti con i servizi sociali esiste, ma dove prima erano in 10 ora sono in 5 e non c'è turn over. Precarietà degli operatori delle cooperative sociali; come si fa con una convenzione che viene rinnovata ogni 6 mesi. CESTO DELLE IDEE Formazione continua dei vari soggetti che affrontano le tematiche della violenza. Rete malleabile, i nodi non sono un ostacolo . Comunicazione. Incontri mensili- livello massimo attori di rete (come rete Forlì). Strategie univoche. Interventi significativi (conoscere il territorio) quali politiche sociali a Bologna? Ridefinizione welfare, vecchio modello. Bilancio di genere (confronto sulla programmazione in città). Far uscire un documento le difficoltà dette oggi e chiedere adesioni. PROPOSTE Costituzione di un gruppo multidisciplinare (calendario indipendente da quello politico), questo tavolo che si dovrà allagare continua i suoi lavori anche se in questo momento non sono rappresentate le istituzioni. La condivisione dell'obiettivo politico e costruzione di un pezzo del programma politico delle città per quanto riguarda il welfare. La rete si fonda sulla condivisione di ambiti di azione diversi in cui i diversi soggetti operano: comunicazione; cultura (promozione, dibattiti), servizi (intervento, consulenza), prevenzione. Gli ambiti sono di pari importanza, non chiudiamo e limitiamo il tema della violenza all'emergenza. Mettere insieme e ricomporre Valorizzare il passato e il presente, fare una ricognizione delle esperienze in atto e passate inclusi i gruppi informali come Consultoria Protocollo operativo (servizi) con le istituzioni