...

Uso legittimo delle armi e di altri strumenti di coazione fisica

by user

on
Category: Documents
15

views

Report

Comments

Transcript

Uso legittimo delle armi e di altri strumenti di coazione fisica
USO LEGITTIMO DELLE ARMI E DI ALTRI STRUMENTI DI COAZIONE FISICA IN
RELAZIONE ALLA NORMATIVA VIGENTE
SOMMARIO:
1. Premessa
2. L'uso legittimo delle armi nell'ordinamento italiano
3. Evoluzione storica della scriminante
4. Uso legittimo delle armi da parte del personale appartenente alle forze di polizia
5. La reazione legittima agli atti arbitrari dei pubblici ufficiali
6. Altri casi di uso legittimo delle armi
PREMESSA
L'uso legittimo delle armi è una scriminante, prevista dall'art. 53 del c.p., e rappresenta
uno dei principi fondamentali di sovranità dello Stato, ossia il ricorso alla forza quale
strumento di garanzia dell'ordine legale e sociale.
Usare legittimamente le armi significa poter utilizzare i mezzi di coazione fisica per
realizzare i fini dello Stato come sono stabiliti dalle sue leggi, laddove non è possibile
utilizzare altri strumenti, a tutela della sua sovranità, ovvero della sua stessa esistenza.
L’evoluzione di questo principio giuridico è la storia del difficile contemperamento fra le
necessità statuali (e i correlati doveri dei cittadini) e gli interessi e i diritti dei cittadini, il cui
diritto alla vita ed all'incolumità personale è universalmente riconosciuto come diritto
inviolabile.
L’uso della forza, la coercitio, è uno dei primi istituti studiati dal diritto romano che ha
evidenziato la sua duplice natura di giurisdizione e di amministrazione, e quindi di polizia.
In passato si è affermato afferma che la coercitio si rivolge contro i "disubbidienti", e non
necessariamente contro i criminali, e comprende, fra le altre autorizzazioni, il diritto di
“arrestare e bastonare”. In tale ottica il concetto di coercitio si estende a tutti quei mezzi
coattivi che sono propri della polizia di sicurezza nell'esercizio delle sue funzioni, ivi
compresi strumenti di ritenzione (manette) o armi in genere (sfollagente, tazer, idranti).
Il secondo elemento che si ricava dallo studio del diritto romano, è il principio secondo il
quale non può essere considerato delitto un'azione "debitamente comandata" o
"legalmente permessa". L'esercizio della pubblica autorità toglie quindi alla coazione fisica
il carattere di antigiuridicità, a condizione che l'azione stessa sia esercitata nei limiti legali.
Questi principi che si possono enucleare dal diritto romano sono stati richiamati, in parte,
anche dai diritti germanici e da quello canonico e sono sempre stati sostenuti, in linea di
dott. Daniel Segre - Uso legittimo delle armi e di altri strumenti di coazione fisica
massima, dalla dottrina, anche se spesso in maniera politicamente orientata, dato difficile
bilanciamento fra libertà e sicurezza, fra il necessario rispetto della legge e la tutela
dell’incolumità personale del cittadino.
E la storia moderna ha ulteriormente accentuato le difficoltà nel bilanciamento di questi
obiettivi, avendo mostrato aberranti abusi commessi da pubblici ufficiali e particolari e
delicate situazioni di gestione dell’ordine pubblico in occasione di grandi movimenti di
masse, conseguenti alla sempre maggior partecipazione democratica dei cittadini e
all’inarrestabile processo di globalizzazione.
Per esemplificare queste situazioni basti pensare ai fenomeni autoritari e criminali che si
sono sviluppati nel contesto della seconda guerra mondiale, ma anche a situazioni
gravemente compromesse nella tutela dell’ordine pubblico, quali quelle che si continuano
a creare in occasione dei vertici delle massime potenze economiche mondiali, il G8 di
Genova come esempio fortemente negativo.
Questi scenari in continuo sviluppo, portano a dover porre la massima attenzione ai limiti
oggettivi e soggettivi nell'applicazione della scriminante di cui all'art. 53 c.p.
2.
L'USO
LEGITTIMO
DELLE
ARMI
NELL'ORDINAMENTO
ITALIANO
L'uso legittimo delle armi è una causa di giustificazione propria del reato introdotta
nell'ordinamento penale italiano con il codice del 1930, cd. codice Rocco, allo scopo di
rimuovere la situazione di incertezza giuridica esistente durante la vigenza del previgente
codice Zanardelli a causa del silenzio serbato da quest'ultimo sull'uso delle armi o della
coazione
in
genere
da
parte
degli
agenti
ed
ufficiali
della
forza
pubblica.
Nel codice penale previgente, infatti, per giustificare la liceità dell'impiego della coazione
fisica da parte dei pubblici ufficiali, in assenza di specifiche disposizioni, si faceva ricorso
allo stato di necessità o all'adempimento di un dovere legale o, infine, all'istituto della
legittima difesa, su cui spesso si basavano le sentenze di assoluzione.
La sua natura di scriminante è pacificamente riconosciuta da tutta la dottrina che
concorda, in massima parte, sul suo carattere di assoluta politicità, la cui introduzione nel
codice rivela “un fenomeno di tutto rilievo e costituisce uno dei molteplici riflessi, sul piano
normativo, dell'instaurazione del regime fascista e del consolidamento di un assetto
istituzionale che si presenta eversore dell'ordinamento previdente”. Non dimentichiamo
infatti che il codice Rocco del 1930 è stato varato in pieno periodo fascista e riflette
pienamente in carattere autoritario del regime che l’ha generato, pur essendo
sopravvissuto per quasi un secolo, sostanzialmente invariato nella sua architettura
dott. Daniel Segre - Uso legittimo delle armi e di altri strumenti di coazione fisica
nonostante le grandi modifiche intervenute nel tempo,
a riprova della bontà
dell’elaborazione giuridica.
L’origine autoritaria della scriminante dell’uso legittimo delle armi appare evidente sin dalla
prima lettura, laddove sol si consideri la totale mancanza in questa norma dei riferimenti
alla proporzione ed al bilanciamento fra gli strumenti utilizzati ed i diritti tutelati, come
invece è previsto nelle altre scriminanti.
3. EVOLUZIONE STORICA DELLA SCRIMINANTE
Nei codici pre-unitari non esisteva una disposizione che prevedesse un istituto affine alla
causa di giustificazione dell'uso legittimo delle armi, di converso esisteva una generale
tendenza a parificare l'operato degli ufficiali ed agenti di P.G. a quello dei comuni cittadini
secondo il pensiero giuridico liberale dell'epoca.
Solo nel codice sardo del 1839 esisteva la previsione dell’eccesso nella legittima difesa da
parte della forza pubblica e questo principio di massima lo si ritrova nel codice piemontese
del 1859; non esisteva ancora, tuttavia, la previsione dell’uso dei mezzi di coazione e
l’unica fattispecie considerata era solo quella di un possibile abuso da parte dei pubblici
ufficiali.
Questa prima enunciazione normativa in termini di autonomia non mancò tuttavia di
lasciare tracce, tanto è vero che in sede di lavori preparatori al codice penale unitario
furono diverse le discussioni in tema di esercizio della forza pubblica. Sul punto, si può
ricordare il progetto presentato nel 1868 dove fra le figure di attenuante per il delitto di
omicidio figurano "l'eccesso nell'esercizio della legittima difesa" e "l'eccesso della forza
pubblica".
Proprio quest’ultima disposizione è stata al centro di un aspro dibattito volto alla sua
eliminazione in quanto si riteneva che tale norma potesse configurare un “privilegio che
serve da palliativo a reati di sangue di indole affatto comune”. Questo indirizzo veniva
addirittura superato dalla Magistratura che proponeva l'inasprimento della pena per i delitti
commessi in eccesso di forza pubblica, ritenendo ben diversi e pertanto non assoggettabili
alla medesima disciplina i casi di esercizio della legittima difesa e di esercizio della forza
pubblica.
dott. Daniel Segre - Uso legittimo delle armi e di altri strumenti di coazione fisica
Alla fine si addivenne all'eliminazione dell'attenuante dell'eccesso nell'uso della forza
pubblica, adducendo la sufficienza delle regole tradizionali in tema di legittima difesa e di
eccesso di legittima difesa.
L'uso legittimo delle armi viene così introdotto per la prima , quale causa di giustificazione,
nel diritto penale italiano dal codice penale del 1930 all'art. 53: "Ferme le disposizioni
contenute nei due articoli precedenti, non è punibile il pubblico ufficiale che, al fine di
adempiere un dovere del proprio ufficio, fa uso ovvero ordina di far uso delle armi o di un
altro mezzo di coazione fisica, quando vi è costretto dalla necessità di respingere una
violenza o di vincere una resistenza all'Autorità e comunque di impedire la consumazione
dei delitti di strage, di naufragio, sommersione, disastro aviatorio, disastro ferroviario,
omicidio volontario, rapina a mano armata e sequestro di persona.”
La previsione di tale causa di giustificazione, ulteriore e sussidiaria rispetto alla legittima
difesa, all'adempimento di un dovere ed allo stato di necessità, è stata spiegata con la
necessità, particolarmente sentita in epoca fascista, di difendere il prestigio della pubblica
autorità, ma anche con il superiore interesse dell'ordinamento ad interrompere con
qualsiasi mezzo il momento di consumazione dei reati più gravi e più violenti non appena
possibile, per impedire che siano portati a conseguenze ancora più gravi.
E’ nella realizzazione di questo superiore interesse che la Forza Pubblica interviene in
attuazione dei compiti dello Stato con la sua azione fisica repressiva o preventiva rispetto
alla consumazioni di particolari e gravi figure di reato. La forza può essere esercitata da
qualsiasi persona presti assistenza al pubblico ufficiale e sia da lui legittimamente
richiesta.
Il soggetto che può invocare tale esimente è dunque il pubblico ufficiale, ma solo quello
che per la natura del suo ufficio può portare le armi senza licenza, quindi solo gli
appartenenti alla forza pubblica oltre che, naturalmente, le persone da loro legittimamente
richieste.
La giurisprudenza ha sempre inteso di non applicare tale disposizione alle guardie giurate
e alle c.d. guardie del corpo, regolamentate dall’art. 133 del T.U.L.P.S., sulla base del fatto
che tali soggetti non sono considerati pubblici ufficiale (cass. n. 3224/92) e per il fatto che
queste figure non possono portare l’arma senza licenza, ma debbono sempre munirsi di
licenza concessa da parte del Prefetto. Per loro, al più e ricorrendone i presupposti, potrà
essere invocata solo l’esimente della legittima difesa.
dott. Daniel Segre - Uso legittimo delle armi e di altri strumenti di coazione fisica
Discussa è anche la possibilità che le armi possano essere utilizzate durante la fase
preparatoria della consumazione di uno dei reati espressamente elencati nell’art. 53 C:P.
In effetti, ad esempio, taluni disastri potrebbero essere realizzati con azioni delittuose a
consumazione istantanea (per impedire le quali sarebbe perciò ammesso l'uso delle armi
nella fase preparatoria, se essa debba inevitabilmente produrre la consumazione del reato
ove non interrotta).
Altro momento molto discusso in dottrina ed in giurisprudenza è quello della
determinazione del momento conclusivo della consumazione, con l'esempio tipico della
fuga e della sua qualificabilità in ordine alla flagranza. Proprio in ordine alla fuga, il diritto
comunitario (Convenzione europea dei diritti dell'uomo del 4 novembre 1950, articolo 2, n.
2), a detta di parte della dottrina, avrebbe introdotto una previsione (da considerarsi
cogente) che ammette l'uso legittimo delle armi "per eseguire un arresto regolare",
considerando quindi illecito l'atto del sottrarsi alla cattura e superiormente urgente
completare l'arresto, e pertanto sollevando da responsabilità penale anche nel caso in cui
si ricorra alle armi nella fase di fuga.
In realtà da ultimo la Cassazione penale, con la sentenza n. 11879 del 22 maggio 2007, è
tornata a pronunciarsi sulla questione relativa alla legittimità o meno dell’uso delle armi da
parte delle forze di polizia, disattendendo quell’orientamento che aveva ampliato l’ambito
applicabilità dell’art. 53 c.p. ritenendo giustificato, ancorché a ben precise condizioni, l’uso
delle armi da parte degli esponenti delle forze di polizia, anche in situazioni di
inseguimento di fuggitivi.
Qualunque soluzione sia stata accolta nel corso del tempo, ha sempre lasciato larga parte
della dottrina insoddisfatta, per l’evidente contrapposizione di orientamenti giuridicoideologici che si sono sempre contrapposti e che sono, a tutti gli effetti, ben difficilmente
bilanciabili.
Da un lato vi è chi sostiene che l’uso delle armi debba essere considerato legittimo – ex
art. 53 c.p. – anche a fronte di un atteggiamento passivo, quale la fuga. I sostenitori di tale
tesi arrivano, come si è detto, ad individuare un combinato disposto di tale norme con l’art.
2 n. 2 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo del 1950 (recepita con la l. 4 agosto
1955, n. 848 secondo il modello della ratifica ed esecuzione dei trattati internazionali), e
ciò al fine di escludere ogni sorta di responsabilità.
All’esatto opposto si trova quella parte della dottrina e della giurisprudenza, per il vero
maggioritaria, che ritiene che il ricorso alle armi sarebbe da individuarsi nella esclusiva
dott. Daniel Segre - Uso legittimo delle armi e di altri strumenti di coazione fisica
necessità di “...respingere una violenza o superare una resistenza attiva” il che rende l’uso
della forza assolutamente incompatibile con la fuga, tipica manifestazione di resistenza
passiva.
Nella predetta sentenza la Suprema Corte condivide la posizione dei giudici di merito, i
quali hanno distinto l’intervento del carabiniere (imputato) in due differenti fasi temporali,
ponendo l’accento sul fatto che il ricorso all’uso delle armi sia avvenuto dopo la
cessazione di uno stato di opposizione e resistenza attiva del soggetto all’atto in
compimento da parte dell’agente.
A sostegno delle posizioni assunte, quindi, la Corte chiarisce che la ratio della
disposizione dell'art. 53 c.p. starebbe nella necessità di consentire al pubblico ufficiale
l'uso delle armi al fine di adempiere un dovere del proprio ufficio, e “…considera legittimo
l'uso dell'arma solo in presenza della necessità di respingere una violenza o superare una
resistenza attiva.”
Ove l'uso delle armi sia da considerarsi non legittimo, deduzione solitamente desunta ex
post, ove si rilevi l'assenza di dolo si deve valutare l'eventuale eccesso colposo. Sebbene
con diversi gradi di consenso, si ammette in genere la figura dell'uso legittimo "putativo",
mentre pur non essendo esplicitamente previsto dall’art. 53 C.P. il requisito di
proporzionalità fra l'offesa criminosa e l'azione repressiva, la giurisprudenza si è quasi
sempre mossa nella considerazione di una sua previsione implicita.
Come già abbiamo visto trattando la legittima difesa, si può invocare l'esimente anche nei
casi di errore, come nei noti casi di scuola e di cronaca in cui il delinquente usa una pistola
giocattolo, che può sembrare vera: in questi casi l'uso delle armi resta legittimo.
Dubbi ancora maggiori sulla norma sono stati sollevati in quella parte della norma che
consente l’uso delle armi per “respingere una violenza o vincere una resistenza
all'Autorità”. Un’interpretazione estensiva della norma potrebbe indurre a considerazioni
circa la potenziale eccessiva discrezionalità di tale previsione.
dott. Daniel Segre - Uso legittimo delle armi e di altri strumenti di coazione fisica
4. USO LEGITTIMO DELLE ARMI DA PARTE DEL PERSONALE APPARTENENTE ALLE
FORZE DI POLIZIA
Come è si è detto, il sistema penale prevede un'apposita scriminante denominata uso
legittimo delle armi (articolo 53 codice penale) che esclude l'antigiuridicità della condotta
(sia pur tipica e dolosa) nel caso in cui l'agente sia un pubblico ufficiale che, al fine di
adempiere un dovere del suo ufficio, faccia uso delle armi (o di altri mezzi di coazione
fisica) per respingere una violenza o vincere una resistenza all'autorità. II terzo comma del
medesimo articolo espressamente prevede che la legge possa stabilire talune eccezioni
alla regola generale e trattandosi di scriminante di carattere generale, la riserva sta ad
indicare che per alcuni espressi casi la legge può consentire l’uso legittimo delle armi in
presenza di presupposti meno rigorosi di quelli indicati dall'articolo 53 del codice penale.
Peraltro, è facile osservare come le eccezioni rintracciabili nella legislazione penale
speciale appartengano a epoche ormai lontane e soprattutto ad una concezione dell'uso
della forza e della violenza da parte dello Stato completamente superata dal sistema di
valori instaurato dalla Carta Costituzionale. E' noto, infatti, come, a partire dagli anni
Settanta, la riflessione della dottrina penalistica ha progressivamente sostituito al concetto
classico della proporzionalità, quello del rilievo costituzionale dei beni in conflitto. Orbene,
è evidente che i beni della vita e della integrità fisica si pongono al vertice di una siffatta
gerarchia, essendo collocati nelle norme di apertura (articolo 2 Cost.) ove si afferma il
riconoscimento e la garanzia da parte della Repubblica dei diritti inviolabili dell'uomo tra i
quali,
evidentemente,
quelli
sopracitati
rappresentano
il
vertice
universalmente
riconosciuto.
Il rispetto, quindi, dei parametri imposti dall'articolo 53 codice penale deve essere
improntato ad estremo rigore per evitare eccessi che importerebbero gravi conseguenze
penali per il personale coinvolto. L'uso delle armi - recita l'articolo 53 codice penale - è
legittimo quando vi è la necessità (non la mera opportunità o la sola utilità) di respingere
una violenza o di vincere una resistenza.
La violenza è un'azione, è l'uso della forza contro il pubblico ufficiale, mentre la resistenza
dott. Daniel Segre - Uso legittimo delle armi e di altri strumenti di coazione fisica
attiva è una concreta, attuale minaccia di far uso della forza: in questi casi, la norma
consente l'uso delle armi (o di altri mezzi di coazione fisica), sempre che si tratti di mezzi e
modalità proporzionali alla violenza o alla minaccia. Fuori da questi ambiti, l'uso delle armi
è illegittimo e l'operatore sarebbe responsabile, al minimo, di eccesso colposo nell'uso
delle armi.
Viene ora da porsi la questione circa l’individuazione degli strumenti coercitivi a
disposizione delle forze di Polizia. L’elenco non potrebbe essere sicuramente esaustivo,
venendo continuamente sottoposta ad aggiornamenti la dotazione di strumenti in uso alle
forze di Polizia, ma indubbiamente è possibile soffermarsi ad approfondire i limiti giuridici
di impiego di alcuni strumenti normalmente utilizzati. Ovviamente la normativa, laddove
parla di uso delle armi e di “altri strumenti di coazione fisica” intende riferirsi a qualunque
strumento che, legittimamente utilizzato da un pubblico ufficiale, incide in maniera diretta e
significativa sulle persone fisiche che ad esso si contrappongono. Un ampliamento siffatto
degli strumenti utilizzabili, può ragionevolmente portare a considerare, oltre alle armi in
senso stretto (che ricordiamo sono tutte quelle la cui vocazione naturale è l’offesa alla
persona, fra le quali, possiamo certamente considerare le armi da fuoco in dotazione, ma
anche i lacrimogeni e lo sfollagente) anche altri strumenti più o meno propriamente
utilizzati; in situazioni di gestione dell’ordine pubblico sono stati utilizzati i veicoli, ad
esempio, come strumento di coazione. A Genova, durante il G8 del 2001 sono state fatte
cariche con i blindati lanciati a tutta velocità contro i manifestanti eccedendo nell’utilizzo di
strumenti che avrebbero potuto rivestire comunque la loro utilità come strumenti di
coazione. Lo stesso discorso può essere fatto circa l’utilizzo degli idranti, degli strumenti di
contenimento, comunque denominati e conformati, ma anche della bandoliera utilizzata
dal personale dell’Arma dei Carabinieri durante le cariche di alleggerimento o di strumenti
improvvisati ed utilizzati in situazioni di doveroso utilizzo della forza.
Per tutti questi strumenti valgono, in estrema sintesi, tutti i criteri sopra ampiamente
descritti e che, in definitiva, possono essere così sintetizzati:
-
soggetto attivo è solo il pubblico ufficiale, o la persona da lui richiesta;
-
la forza deve essere utilizzata per adempiere ad un dovere del proprio ufficio;
-
vi deve essere la necessità di respingere una violenza o di vincere una resistenza o
di impedire la consumazione di delitti espressamente elencati nell’art. 53 C.P. e in
alcune leggi che ad esso fanno richiamo
dott. Daniel Segre - Uso legittimo delle armi e di altri strumenti di coazione fisica
-
deve sussistere sempre il rapporto di proporzionalità fra l’uso della forza
nell’adempimento del dovere e la limitazione dei diritti delle persone verso le quali è
utilizzata la forza
-
l’uso della forza deve essere necessitato e non altrimenti evitabile
5. LA REAZIONE LEGITTIMA AGLI ATTI ARBITRARI DEI PUBBLICI UFFICIALI
L’art. 4 d.l.vo luogotenenziale 14.09.1944 n. 288 prevede che “non si applicano le
disposizioni di cui agli art. 336, 337, 338, 339, 340, 341, 342 e 343 C:P. quando il pubblico
ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio ovvero il pubblico impiegato abbia dato causa al
fatto prevedeuto negli stessi articoli, eccedendo con atti arbitrari i limiti delle sue
attribuzioni.”
La norma mira a garantire la libertà dei cittadini contro gli eccessi dei funzionari pubblici,
accettando la normale reazione psicologica di fronte a gravi abusi o scorrettezze
commesse da chi, per primo, dovrebbe essere tenuto al rispetto della legge. Pur non
essendo questa la sede in cui discettare sulla natura della norma, vale la pena ricordare
come la dottrina ritenga che si tratti di una vera e propria causa di giustificazione che
esclude l’antigiuridicità del fatto, mentre la giurisprudenza è concorde nel ritenere che si
tratti di un’esimente, che esime esclusivamente dall’applicazione della pena.
Quello che rileva in questa sede è l’osservazione che qualunque comportamento che
integri
gli
estremi
della
scorrettezza,
dell’abuso,
della
prepotenza,
unito
alla
consapevolezza da parte dell’agente di perseguire fini non compatibili col nostro
ordinamento giuridico, espone il funzionario pubblico ad una reazione legittimata.
Ovviamente non qualunque comportamento inurbano o maleducato che, per ciò stesso,
può al più prefigurare una sorta di provocazione, ma non certo una reazione giustificata
dall’ordinamento.
6. ALTRI CASI DI USO LEGITTIMO DELLE ARMI
Espressamente richiamati dall’art. 53 C.P. sono:
-
uso delle armi e di altri strumenti di coazione fisica da parte della forza pubblica per
l’esecuzione di provvedimenti di pubblica sicurezza quando gli interessati non vi
ottemperino (art. 5 TULPS)
dott. Daniel Segre - Uso legittimo delle armi e di altri strumenti di coazione fisica
-
uso delle armi da parte degli agenti di polizia per impedire i passaggi abusivi di
frontiere dello Stato o per arrestare persone in atto di compiere contrabbando;
-
uso delle armi per impedire le evasione dei detenuti o violenza tra i medesimi (art.
41 l. 26.7.1975 n.354)
Ovviamente anche in tali casi l’uso delle armi è consentito alla ricorrenza dei medesimi
presupposti previsti dall’art. 53 e sopra commentati.
GIURISPRUDENZA
La Cassazione Penale, Sez. IV, con sentenza del 07.06.2000 n. 9961 ha stabilito un
principio importante secondo il quale: “In tema di scriminante dell’uso legittimo delle armi,
il giudizio di proporzionalità tra gli interessi in conflitto deve riguardare non solo la
legittimità dell’uso legittimo delle armi, ma anche la graduazione nell’uso, poiché non
sempre destinatario degli effetti dell’uso delle armi può – o deve - essere il soggetto che
oppone violenza o resistenza, rientrando nel concetto di proporzione anche l’uso
persuasivo o intimidatorio dell’arma o la direzione dei colpi verso cose o mezzi di cui tale
soggetto si avvale per realizzare la condotta da reprimere”.
La giurisprudenza ha ravvisato nell’uso delle armi avverso il fuggitivo una deroga
eccezionale individuando ipotesi tassative come: il passaggio abusivo delle frontiere, il
contrabbando e la custodia dei detenuti. La resistenza posta in essere con la fuga, infatti,
determina la mancanza del rapporto di proporzione tra l’uso dell’arma ed il carattere non
violento della resistenza opposta al Pubblico Ufficiale.
Cassazione Penale, Sez III, con la pronuncia del 22 maggio 2007 n. 11879, la quale ha
affermato che la scriminante di cui all’art. 53 del Codice Penale è applicabile solo in
presenza della necessità di respingere una violenza, o superare una resistenza attiva,
mentre non è configurabile in caso di fuga, poiché tale ipotesi rappresenta mera resistenza
passiva.
Tribunale di Perugia sentenza del 22 marzo 2006: “La situazione di pericolo per l’ordine
pubblico, venutasi a creare al termine di una partita di calcio per colpa di alcuni gruppi di
teppisti, giustifica da parte delle forze dell’ordine l’uso di proiettili – lacrimogeni,
sussistendo l’esimente dell’uso legittimo delle armi; tuttavia il ferimento di una persona
avvenuto in violazione delle norme regolamentari perché il proiettile è stato sparato a
dott. Daniel Segre - Uso legittimo delle armi e di altri strumenti di coazione fisica
breve distanza e ad altezza d’uomo anziché in area; comporta l’insorgere di una
responsabilità extracontrattuale della p.a. per la condotta lesiva dell’agente di polizia”.
Tribunale di Bari sentenza del 22 gennaio 2004: “Non può ritenersi sussistente l’eccesso
colposo nell’uso legittimo di armi quando questo è stato posto in essere, in luogo sicuro
per incolumità dei terzi, al fine di arrestare la pericolosa condotta del conducente di
un’autovettura che si sia dato ad una folle corsa mettendo a repentaglio pedoni ed altre
autovetture in circolazione, senza arrestarsi alle intimazioni dell’alt di militari intervenuti”.
La S.C., ai fini di configurare correttamente l’applicabilità dell’esimente ed onde evitare
sovrapposizioni di sorta con le altre cause di non punibilità citate, ha attribuito rilievo (pur
in assenza di espressa previsione), al criterio della necessaria proporzione fra i
contrapposti interessi, con estensione del relativo giudizio, oltre che alla legittimità dell'uso
dell'arma in sè, anche alla graduazione di detto uso, fra quelli possibili, tenendo comunque
presente che al pubblico ufficiale, il quale si trovi in situazione che imponga l'adempimento
del dovere, non è riconosciuta - come invece nel caso della legittima difesa o dello stato di
necessità - un'opzione di rinuncia o di "commodus discessus".
Verificandosi, quindi, un’ipotesi del tipo di quella in premessa, ed accertata quindi la
legittimità dell'uso dell'arma, nella specifica forma prescelta dal pubblico ufficiale, non può
farsi poi carico a quest'ultimo dell'evento diverso e più grave da lui prodotto, rispetto a
quello preventivato, quando tale evento non sia riconducibile a negligenza o imperizia, ma
all'ineludibile componente di rischio che l'uso dell'arma in sè comporta (Cfr. Cass. pen.
Sez. IV, 7 Giugno 2000, n. 9961, Brancatelli).
Siccome il fondamento e la giustificazione della disposizione dell'art. 53 c.p. consistono
nella necessità di consentire al pubblico ufficiale l'uso delle armi al fine di adempiere un
dovere del proprio ufficio, è da considerarsi legittimo l'uso dell'arma solo in presenza della
necessità di respingere una violenza o superare una resistenza attiva, le quali richiedono
l'impiego della forza fisica o morale e non sono perciò configurabili nel caso di fuga, che
realizza solo una resistenza passiva, se non effettuata con modalità che mettano a
repentaglio l'incolumità del terzo (Cfr. Cass. civ. Sez. III, 22-05-2007, n. 11879).
Il giudice civile nell'accertare, in un giudizio di risarcimento danni, l'esistenza della
scriminante dell'uso legittimo delle armi con esclusione dell'ingiustizia del danno, non può
escludere in assoluto l'esistenza della scriminante in presenza della fuga del soggetto nei
dott. Daniel Segre - Uso legittimo delle armi e di altri strumenti di coazione fisica
cui confronti il pubblico ufficiale è tenuto ad adempiere al dovere d'ufficio, essendo
necessario procedere alla valutazione delle modalità con cui la fuga è stata realizzata da
valutare con il criteri della proporzione tra i contrapposti interessi.(Cfr. Cassazione Civile
Sez. III, 13 Ottobre 2003, n. 15271)
In sede più strettamente penale, i giudici di legittimità hanno negato l’applicabilità
dell’esimente portata dall’art. 53 c.p., ponendo particolare accento sulla circostanza che
ove l’aggressione perpetrata ai danni del pubblico ufficiale abbia esaurito la sua carica
offensiva e sia in atto un mero stato di fuga la quale, di per sè, essa non esprime, dunque,
alcun contenuto di resistenza (Cass. pen. Sez. III, 19 aprile 2007, n. 11879).
dott. Daniel Segre - Uso legittimo delle armi e di altri strumenti di coazione fisica
Fly UP