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La nuova legittima difesa nel primo quinquennio

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La nuova legittima difesa nel primo quinquennio
STUDIUM NISATI
La nuova legittima difesa nel primo quinquennio della sua operatività
di
Luca Leonardi Paris
L’istituto della legittima difesa, contemplato dall’art. 52 c.p., è stato oggetto di
riforma da parte della Legge 13 febbraio 2006, n. 591. In linea generale, la modifica
non sembra aver innovato la disciplina preesistente per quel che attiene alle modalità
di giudizio relativo alla sussistenza dei presupposti dell’attualità e della inevitabilità
del pericolo. Il Legislatore é intervenuto sul requisito della proporzione tra reazione
ed aggressione, presupponendolo nei casi ed alle condizioni individuate nei commi di
nuova scrittura.
In dottrina si è molto dibattuto sulla natura, speciale o autonoma, della scriminante,
come modificata dalla Legge citata, rispetto a quanto originariamente previsto al
primo comma2. La non menzione dei requisiti dell’attualità del pericolo e del
carattere di necessità della difesa ha alimentato differenti ipotesi interpretative.
1
Legge 13 febbraio 2006, n. 59, recante “Modifica all’art. 52 del codice penale in materia di diritto all’autotutela in un
privato domicilio”, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, Serie Generale, 2 marzo 2006, n. 51.
L’art. 1, rubricato “Diritto all’autotutela in un privato domicilio”, dispone:
“All’art. 52 del codice penale sono aggiunti i seguenti commi:
“Nei casi previsti dell’articolo 614, primo e secondo comma, sussiste il rapporto di proporzione di cui al primo comma
del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un’arma legittimamente
detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere:
a)
la propria o la altrui incolumità;
b)
i beni propria o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo d’aggressione.
La disposizione di cui al secondo comma si applica anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all’interno di ogni altro
luogo ove venga esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale”.
2
Art. 52, rubricato “Difesa legittima”, primo comma, c.p.:
1
STUDIUM NISATI
Per una parte della dottrina, l’art. 52, secondo e terzo comma, c.p., introduce una
ipotesi di legittima difesa caratterizzata dalla speciale riconsiderazione del requisito
della proporzione nel contesto in cui avviene l’aggressione, senza, però, perdere la
dipendenza strutturale e funzionale dall’ipotesi generale3.
Per altro orientamento, la fattispecie de quo rappresenta una scriminante propria che,
rispetto all’ipotesi ex primo comma, se ne differenzia per effetto della irrilevanza del
requisito della proporzione. Rectius, doppiamente propria: in primo luogo, perché è
riferita a un ristretto gruppo di soggetti; in secondo luogo, gli stessi sono qualificati in
quanto legittimamente presenti in uno dei luoghi indicati e detentori legittimi di
arma4. Si tratta di due requisiti restrittivi che trovano spiegazione nella ratio alla base
della riforma: attribuire meritevolezza alla vittima che reagisce. Secondo tale
interpretazione si tratterebbe di un riconoscimento a priori di una facoltà legittima in
capo al soggetto presente in determinati luoghi e detentore di arma, sempre che si
verifichino le condizioni date.
Il presupposto oggettivo per l’applicabilità della scriminante in esame è dato dalla
sussistenza di una violazione di domicilio, individuata, per relationem, nell’art. 614
c.p. Il rinvio va riferito alla violazione di domicilio consumata, che costituisce,
“Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio o
altrui contro il pericolo attuale di un’offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa”.
3
CADOPPI, La legittima difesa domiciliare, in Dir. pen. proc., 2006, 436. La legittima difesa “allargata” postula la
sussistenza di tutti i requisiti della legittima difesa tradizionale tranne uno: il requisito della proporzione. Per chiarire
ancor meglio, la legittima difesa “allargata” necessita del pericolo attuale di un’offesa ingiusta ad un diritto proprio o
altrui e la necessità di difendere tale diritto. Vedi, inoltre, VIGANÒ, Sulla nuova legittima difesa, in Riv. it. dir. proc.
pen., 2006, 190.
4
GAROFOLI, Tracce penale, Roma, 2011, 366.
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nell’economia dell’art. 52, secondo comma, c.p., presupposto della condotta
difensiva. Sul punto, infatti, si ritiene che “la presunzione in parola possa operare
soltanto nell’ipotesi in cui la violazione di domicilio sia stata già consumata al
momento della condotta difensiva, mentre la difesa contro un tentativo di violazione
di domicilio continuerà ad essere regolato dal primo comma dell’art. 52 c.p.,
soggiacendo così alle ordinarie regole di valutazione della proporzione da parte del
giudice. Parimenti, non si procederà all’applicazione del secondo comma, bensì alle
regole generali di cui al primo comma, allorché taluno, legittimamente entrato nel
domicilio altrui e non espressamente invitato ad allontanarsi da parte del titolare
dello ius excludendi, né ivi trattenutosi clandestinamente o con inganno, compia in
quello stesso luogo atti aggressivi dell’incolumità o dei beni delle persone presenti:
non realizzandosi, in tale ipotesi, il presupposto di una violazione di domicilio ai
sensi dell’art. 614 primo e secondo comma”5.
Dal punto di vista del soggetto agente, la norma richiede che la condotta difensiva sia
compiuta da persona legittimamente presente nei luoghi oggetto dell’illecita
intrusione o dell’illecito trattenimento ai sensi dell’art. 614 c.p. “La precisazione
mira ad escludere che della disposizione in esame possa usufruire lo stesso autore
della violazione di domicilio, al quale restano applicabili le disposizioni generali di
cui al primo comma in merito alla legittima difesa del provocatore. Non si richiede,
invece, all’autore della condotta difensiva che sia lo stesso titolare dello ius
5
VIGANÒ, Sulla nuova legittima difesa cit., 205.
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excludendi, bastando che si tratti di persona comunque presente legittimamente nel
domicilio violato dall’aggressore” 6.
Ulteriore aspetto degno di approfondimento riguarda lo strumento utilizzato per la
condotta difensiva: esso deve consistere in un’arma legittimamente detenuta ovvero
in altro strumento idoneo a fini diversi. Al fine di evitare interpretazioni paradossali,
ad esempio, negare la legittima difesa a chi usi un fucile da caccia ereditato dal padre,
del quale si era, però, dimenticato di denunciarne il possesso, non è necessario che
l’arma sia legittimamente detenuta dal soggetto che la utilizza: è sufficiente che la
presenza nel luogo di essa sia autorizzata ex art. 2 Legge 2 ottobre 1967, n. 8957. Si
tenga presente che la non operatività della presunzione di cui all’art. 52, secondo
comma, c.p., lascia, comunque, aperta la possibilità che la condotta risulti scriminata
ai sensi del primo comma, laddove il giudice riconosca in concreto proporzionata la
condotta dell’aggredito, ferma restando, ovviamente, la possibilità di una condanna
per i diversi reati integrati dal possesso illegittimo dell’arma. Nessun dubbio
interpretativo pone il riferimento normativo ad “altro mezzo idoneo al fine di
difendere”, ben potendo essere utilizzate, come strumenti di difesa, anche le mani
nude.
6
CADOPPI, La legittima difesa domiciliare cit., 2006, 440.
Legge 2 ottobre 1967, n. 895, “Disposizioni per il controllo delle armi”, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, Serie
Generale, 12 ottobre 1967, n. 255.
Recita l’art. 2:
“Chiunque illegalmente detiene a qualsiasi titolo le armi o parti di esse, le munizioni, gli esplosivi, gli aggressivi
chimici e i congegni indicati nell’articolo precedente è punito con la reclusione da uno a otto anni e con la multa da
lire 400.000 a lire 3.000.000”.
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Il Legislatore, affinché la condotta difensiva possa essere considerata legittima, ha
introdotto un doppio regime, prevedendo diverse condizioni di applicabilità della
scriminante, a seconda della natura del bene da difendere: “la propria o l’altrui
incolumità”; “beni propri o altrui sempre che, in quest’ultima ipotesi non vi sia
desistenza e vi sia pericolo di aggressione”.
Con riferimento alla prima ipotesi, il Legislatore ha inteso riferirsi tanto al bene vita
quanto all’integrità fisica dell’aggredito: ricorrendo un pericolo attuale per tali beni, il
giudice sarà dispensato da ogni valutazione comparativa tra la gravità del danno
minacciato e quello patito dall’aggressore, proprio in ciò manifestandosi una delle
innovazioni più significative introdotte dalla riforma del 2006 rispetto alla disciplina
previgente.
Sicuramente più problematica è l’ipotesi in cui l’aggredito agisca al fine di difendere
i beni propri o altrui: non sembrano esserci dubbi che con il termine “beni” il
Legislatore abbia inteso riferirsi ai beni patrimoniali, contrapposti a quelli personali
previsti dall’incolumità fisica.
In tale contesto, la presunzione di proporzione opera in presenza di un duplice
requisito: non ci deve essere desistenza e ci deve essere pericolo di aggressione.
In relazione al primo requisito, si è inteso ribadire la necessità della persistente
attualità dell’aggressione al patrimonio; l’attualità viene meno allorché l’intruso si dia
alla fuga abbandonando le cose delle quali aveva tentato di impossessarsi, ovvero non
opponga alcuna resistenza all’arresto in flagranza da parte di una persona
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legittimamente presente nel domicilio. Non si ha, invece, desistenza allorché l’intruso
si sia dato alla fuga portando con sé il bottino, o una parte di esso, in tale ipotesi
sussistendo un’aggressione ancora in corso, quanto meno al patrimonio. Ma, in tal
caso, difetta, di regola, quell’ulteriore pericolo di aggressione alla vita e
all’incolumità del proprietario delle cose sottratte, che solo potrebbe legittimarlo
all’uso di strumenti di difesa pericolosi per la vita o l’incolumità fisica del
malvivente.
In riferimento al secondo requisito, non chiarendo esplicitamente, il Legislatore,
rispetto a quali beni debba sussistere il pericolo di aggressione, sono emersi due
differenti orientamenti interpretativi.
Una parte della dottrina propende per l’aggressione rivolta anche soltanto ai beni
patrimoniali, alla cui tutela è rivolta la condotta difensiva posta in essere al fine di
difendere i beni propri o altrui8.
Secondo altra, altrettanto autorevole, interpretazione, il pericolo di aggressione deve
intendersi alla vita e all’incolumità fisica delle persone presenti nel domicilio9.
A favore di tale ultima tesi vi sono ragioni di carattere sistematico. Tale soluzione è,
infatti, l’unica in grado di attribuire un significato autonomo all’inciso de quo, dal
momento che la sussistenza di un effettivo pericolo di aggressione ai beni
patrimoniali difesi è già autonomamente deducibile dai requisiti di cui al primo
8
DOLCINI, La riforma della legittima difesa, in Dir. pen. proc., 2006, 142.
FIANDACA – MUSCO, Manuale di diritto penale. Addenda, Bologna, 2006, 889. In tal senso, anche, VIGANÒ, Sulla
nuova legittima difesa cit., 212.
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comma, in base ai quali il fine di difendere i beni patrimoniali minacciati deve
necessariamente corrispondere ad una situazione di pericolo attuale di offesa ingiusta
dei beni patrimoniali medesimi. Inoltre, durante gli stessi lavori parlamentari, si è
palesato che laddove lo stesso inciso fosse stato, invece, riferito ai beni patrimoniali,
sarebbe venuto meno anche il suo significato autonomo rispetto all’altro requisito
della mancanza di desistenza, da intendersi, questa, con riferimento all’aggressione ai
beni patrimoniali10. Non si dimentichi che esso è stato introdotto, in Commissione
Giustizia al Senato della Repubblica, proprio con l’intenzione di individuare, in
maniera precisa, i casi in cui la legittima difesa nel proprio domicilio deve essere
ritenuta proporzionata. È lo stesso primo firmatario dell’originale proposta di legge, il
sen. GUBETTI, a illustrarne il significato in Aula affermando “che il rapporto di
proporzione previsto dall’art. 52 c.p. sussiste in tutti i casi in cui la violazione di
domicilio sia seguita da una minaccia all’incolumità delle persone o da una
minaccia ai beni. In quest’ultimo caso, soltanto quando non vi è desistenza e vi è
pericolo di aggressione. E il pericolo di aggressione, ovviamente, si riferisce alle
persone e non alle cose, come qualcuno ha detto oggi, alle quali si applica invece la
previsione: non vi è desistenza”11.
10
Intervento del sen. GUBETTI nella seduta del 19 ottobre 2004.
Intervento del sen. GUBETTI nella seduta del 19 ottobre 2004. Il relatore di maggioranza, sen. ZICCONE, esprime lo
stesso concetto nel suo intervento nella seduta del 2 novembre 2004: il comportamento di chi spara alle spalle del ladro
che scappa “era e rimarrà punibile anche dopo l’approvazione di questo disegno di legge, perché deve non solo, ripeto,
non esserci la desistenza, ma esserci altresì un pericolo oggettivo di aggressione ovviamente alla persona (…) lo
chiarisco in questa sede, per evitare equivoci”.
11
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Su tale linea di pensiero si è posto anche chi ha paventato profonde censure di
incostituzionalità qualora non si dovesse riferire il pericolo di aggressione alla vita e
all’incolumità fisica delle persone presenti nel domicilio: “se l’inciso “e vi è pericolo
di aggressione” venisse riferito meramente ai beni patrimoniali, l’art. 52, secondo
comma, c.p., si porrebbe in frontale contrasto con l’art. 2, secondo comma, della
Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, nella misura in cui consentirebbe di
considerare lecita l’uccisione intenzionale di un uomo in ragione della salvaguardia
soltanto di beni di natura patrimoniale, così sovvertendo il bilanciamento
cristallizzato dalla citata norma convenzionale, che ammette la liceità dell’uccisione
dell’aggressore da parte del privato aggredito soltanto nella misura in cui una tale
condotta risulti “assolutamente necessaria” per respingere una violenza illegittima
in atto, e non già una mera aggressione al patrimonio”12.
Ci si chiede, in dottrina, se il pericolo di aggressione alla vita o all’integrità fisica
debba essere anch’esso connotato in termini di attualità: richiedere la sussistenza di
un pericolo attuale anche per la vita e l’integrità fisica significherebbe consentire
all’aggredito di sparare soltanto allorché l’intruso compia atti direttamente aggressivi
12
CADOPPI, La legittima difesa domiciliare cit., 440: afferma l’Autore che il “rango della Convenzione Europea nel
sistema delle fonti è ancora molto discusso nel nostro ordinamento. Ma non sembra revocabile in dubbio che alla
Convenzione possa essere riconosciuta, quanto meno, un’efficacia interpretativa dei diritti e delle libertà fondamentali
riconosciuti dalla nostra Costituzione, contribuendo la stessa Convenzione a meglio definirne i contorni, soprattutto
laddove essi non vengano definiti con nettezza dalla nostra Costituzione, come ad esempio accade nel caso del diritto
alla vita, che non è neppure esplicitamente menzionato dalla Costituzione, e suole essere meramente dedotto dalla
clausola generale dei diritti inviolabili di cui all’art. 2”.
8
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della vita o integrità fisica di taluno13. Illuminante, a proposito, si presenta l’analisi
dei lavori parlamentari: “il pericolo di aggressione non corrisponde all’aggressione
attuale, perché altrimenti la norma sarebbe quasi inutile. Si indica una situazione
nella quale non è esclusa la possibilità dell’aggressione ed è quindi giustificata la
reazione. Nell’ipotesi in cui c’è questo pericolo di aggressione, è giustificata la
reazione del soggetto impaurito e che teme per la propria incolumità anche
nell’ipotesi in cui, ripeto, l’aggressione è soltanto un pericolo, una possibilità, ma
non è ancora in fase di attuazione”14. Si può, conseguentemente, ritenere che la
persona, in caso di violazione del proprio domicilio, possa legittimamente reagire già
a fronte di una situazione di aggressione attuale al patrimonio, lasciando, questa,
presagire una futura aggressione alla persona propria o di altro soggetto presente nel
domicilio: a fronte, cioè, di una situazione di pericolo ancora non attuale per la vita o
per l’incolumità fisica di taluno, e in mancanza, dunque, di atti direttamente
aggressivi dell’incolumità fisica di chiunque da parte dell’intruso.
Quali riflessioni, allora, si possono trarre circa la portata effettiva della nuova norma?
L’intento del legislatore di consentire alla vittima di una illecita intrusione nel proprio
domicilio di sparare per prima contro l’intruso che sta già attentando al suo
patrimonio, senza attendere che questi ponga immediatamente in essere atti
13
In questo senso, CADOPPI, La legittima difesa domiciliare cit., 440, nonché, FIANDACA – MUSCO, Manuale cit., 899.
Si noti che il pericolo di aggressione alla vita o all’integrità fisica deve necessariamente aggiungersi al pericolo di
aggressione ai beni patrimoniali per far scattare la presunzione di proporzionalità nel difendere i beni propri o altrui.
14
Intervento del sen. ZICCONE nella seduta del 6 ottobre 2004.
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aggressivi alla vita o all’incolumità di taluno, non sembra essere di facile
realizzazione.
In primo luogo, la necessità della condotta resta requisito imprescindibile di liceità
della condotta difensiva. Conseguentemente, l’esplosione di colpi d’arma da fuoco in
direzione delle parti vitali del corpo dell’intruso non può che essere l’estrema ratio,
utilizzabile quando tutte le alternative meno lesive non appaiano garantire un’efficace
difesa contro l’eventuale aggressione fisica.
In secondo luogo, un pericolo di aggressione fisica, sia pur non necessariamente
attuale, deve, comunque, sussistere per fondare la presunzione di cui all’art. 52,
secondo comma, c.p. Ciò comporta che la situazione oggettiva deve essere tale da
giustificare, secondo il metro di giudizio di un osservatore ragionevole, una prognosi
circa la possibile insorgenza di un pericolo per la vita o l’incolumità fisica di taluna
delle persone presenti: ad esempio, il soggetto che dovesse vedere due energumeni,
anche se non palesemente armati, aggirarsi nel salotto della propria abitazione alla
ricerca di gioielli e oggetti di valore, può ragionevolmente inferire il rischio, cui egli
stesso e i suoi familiari potrebbero essere esposti, di un’aggressione fisica da parte di
costoro; non altrettanto nel caso di un rom minorenne intento a frugare nei cassetti
del salotto, essendo altamente probabile che costui, vistosi scoperto, cerchi
esclusivamente di fuggire.
In terzo luogo, un pericolo di aggressione alla vita o all’integrità fisica non esiste
certamente, o non sussiste più, allorché l’intruso si dia alla fuga, o si accinga a darsi
10
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alla fuga. Colui che, in tali condizioni, dovesse esplodere colpi d’arma da fuoco
contro l’intruso ormai in fuga, agirebbe senza la sussistenza di alcun pericolo di
aggressione alla vita o integrità fisica delle persone.
Per completezza espositiva, è rilevante notare che, nonostante nell’intenzione del
legislatore la scriminante operi automaticamente, è stata prospettata, in dottrina, una
lettura costituzionalmente orientata della norma basata su una presunzione di
esistenza della proporzione: sarà compito della pubblica accusa provarne l’inesistenza
sia obiettiva che putativa15. Rispetto all’ipotesi generale ante riforma, si avrebbe un
rafforzamento della posizione processuale dell’aggredito, nella misura in cui non
incombe più su quest’ultimo l’onere di provare l’esistenza della proporzione. Questa
tesi permette di relativizzare il requisito della proporzione, permettendo, nei casi di
raggiunta prova di sproporzione obiettiva o dell’inesistenza di una proporzione
putativa, di poter avanzare una richiesta di condanna dell’aggredito, espungendo
dall’ordinamento quella che potrebbe essere considerata una licenza di uccidere.
Si osservi, poi, che il terzo comma della disposizione in esame estende la presunzione
di proporzione della condotta difensiva, in presenza di tutte le condizioni descritte dal
secondo comma, anche alle ipotesi in cui il fatto sia avvenuto all’interno di ogni altro
luogo ove venga esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale,
ulteriore rispetto ai luoghi indicati dall’art. 614 c.p., abitazione o altro luogo di
15
In tal senso, CADOPPI, La legittima difesa domiciliare cit., 440. La scriminante opera automaticamente attraverso una
presunzione juris et de jure di proporzionalità tra offesa e difesa, con conseguente privazione di ogni potere
discrezionale di valutazione in capo al giudice.
11
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privata dimora. Tale disposizione, originariamente non prevista nel testo licenziato
dalla Commissione Giustizia del Senato della Repubblica, è stata introdotta in sede di
discussione in Aula, in accoglimento di un emendamento del sen. BOBBIO, posto in
chiave di autotutela del Parlamento contro interpretazioni distorsive ad opera della
giurisprudenza: “fino ad oggi la giurisprudenza per costante lettura della norma, ha
incluso nel concetto di domicilio, di cui all’art. 614 c.p., anche i luoghi dove si
esercitano attività commerciali, professionali ed imprenditoriali. Ebbene, mettendo
insieme le due cose, è facile e dolorosa previsione che, nel momento in cui il
Parlamento avrà approvato il testo normativo che prevede la possibilità che vi sia
legittima difesa, ed in proporzione, anche quando ci si trovi a doversi difendere
all’interno del luogo di cui all’art. 614, ebbene, dicevo, è facile prevedere che la
giurisprudenza si affretterà ad espungere dal concetto di domicilio proprio quei
luoghi che non sono direttamente ed espressamente sussumibili in questa nozione”16.
In chiave critica è facile rilevare, però, che in luoghi densamente frequentati qualsiasi
utilizzo di armi da fuoco, anche a scopi meramente difensivi, crea, comunque,
gravissimi pericoli per l’incolumità della generalità delle persone presenti.
A chiudere questo breve scritto, alcuni spunti emersi dalla giurisprudenza della
Suprema Corte.
Nel 2008, la V sezione ha osservato come la riforma del 2006 abbia interessato
esclusivamente il concetto di proporzione, fermi restando i presupposti dell’attualità
16
Intervento del sen. BOBBIO nella seduta del 6 luglio 2005.
12
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dell’offesa e della inevitabilità dell’uso delle armi come mezzo di difesa della propria
o dell’altrui incolumità17. Valorizzando il dato letterale dell’art. 52, secondo comma,
c.p., la Corte di Cassazione ha sostenuto che la reazione a difesa dei beni è legittima
solo quando non vi sia desistenza ed, anzi, sussista un pericolo attuale anche per
l’incolumità fisica. Poste le predette condizioni, non è più ammesso, da parte del
giudice, la comparazione dei beni giuridici oggetto della offesa e della difesa e dei
mezzi usati da aggressore e aggredito. Ciò, comunque, non comporta il venir meno
del sindacato del giudice sugli ulteriori requisiti dell’attualità della offesa ingiusta e
della inevitabilità della difesa. In particolare, la reazione è necessaria quando è
inevitabile, non sostituibile con altra meno dannosa, ugualmente idonea ad assicurare
la tutela del soggetto aggredito: il suo allontanamento, se non fa correre alcun
pericolo anche a terzi, deve essere la soluzione doverosa, costituendo la reazione un
atto al quale si ricorre come extrema ratio, per salvare un proprio bene e non per
tutelare l’onore. In tal senso, la giurisprudenza maturata intorno al commodus
discessus, precisa la Corte di Legittimità, non ha necessariamente perso la propria
rilevanza dopo la modifica del 2006.
Nella stessa direzione si è espressa, recentemente, la I sezione: la modifica del
concetto di proporzionalità ha lasciato immutati i presupposti dell’attualità dell’offesa
e dell’inevitabilità dell’uso dell’arma come mezzo di difesa della incolumità o dei
17
Cass. 14 maggio 2008, n. 25653, in Mass. 2008.
13
STUDIUM NISATI
beni dall’aggressore, i quali devono essere esaminati precedentemente ed in tale
ordine, cosicché, se non sussistenti, non si potrà passare a valutare la
proporzionalità18. Secondo i Giudici di Piazza Cavour, il Legislatore, con la
presunzione di proporzionalità, non ha inteso operare una completa equiparazione fra
qualsiasi tipo di interesse: la riforma non permette sempre una reazione implicante
l’uso indiscriminato e senza limiti delle armi, ma impone ugualmente una
comparazione degli interessi, essendo consentito l’utilizzo dell’arma in difesa solo a
determinati condizioni, in particolare, il rischio concreto di un pregiudizio attuale per
la incolumità fisica dell’aggredito o di altri.
18
Cass. 16 giugno 2010, n. 23221, in Mass. 2010.
14
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