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La nuova legittima difesa nel primo quinquennio
STUDIUM NISATI La nuova legittima difesa nel primo quinquennio della sua operatività di Luca Leonardi Paris L’istituto della legittima difesa, contemplato dall’art. 52 c.p., è stato oggetto di riforma da parte della Legge 13 febbraio 2006, n. 591. In linea generale, la modifica non sembra aver innovato la disciplina preesistente per quel che attiene alle modalità di giudizio relativo alla sussistenza dei presupposti dell’attualità e della inevitabilità del pericolo. Il Legislatore é intervenuto sul requisito della proporzione tra reazione ed aggressione, presupponendolo nei casi ed alle condizioni individuate nei commi di nuova scrittura. In dottrina si è molto dibattuto sulla natura, speciale o autonoma, della scriminante, come modificata dalla Legge citata, rispetto a quanto originariamente previsto al primo comma2. La non menzione dei requisiti dell’attualità del pericolo e del carattere di necessità della difesa ha alimentato differenti ipotesi interpretative. 1 Legge 13 febbraio 2006, n. 59, recante “Modifica all’art. 52 del codice penale in materia di diritto all’autotutela in un privato domicilio”, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, Serie Generale, 2 marzo 2006, n. 51. L’art. 1, rubricato “Diritto all’autotutela in un privato domicilio”, dispone: “All’art. 52 del codice penale sono aggiunti i seguenti commi: “Nei casi previsti dell’articolo 614, primo e secondo comma, sussiste il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un’arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere: a) la propria o la altrui incolumità; b) i beni propria o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo d’aggressione. La disposizione di cui al secondo comma si applica anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all’interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale”. 2 Art. 52, rubricato “Difesa legittima”, primo comma, c.p.: 1 STUDIUM NISATI Per una parte della dottrina, l’art. 52, secondo e terzo comma, c.p., introduce una ipotesi di legittima difesa caratterizzata dalla speciale riconsiderazione del requisito della proporzione nel contesto in cui avviene l’aggressione, senza, però, perdere la dipendenza strutturale e funzionale dall’ipotesi generale3. Per altro orientamento, la fattispecie de quo rappresenta una scriminante propria che, rispetto all’ipotesi ex primo comma, se ne differenzia per effetto della irrilevanza del requisito della proporzione. Rectius, doppiamente propria: in primo luogo, perché è riferita a un ristretto gruppo di soggetti; in secondo luogo, gli stessi sono qualificati in quanto legittimamente presenti in uno dei luoghi indicati e detentori legittimi di arma4. Si tratta di due requisiti restrittivi che trovano spiegazione nella ratio alla base della riforma: attribuire meritevolezza alla vittima che reagisce. Secondo tale interpretazione si tratterebbe di un riconoscimento a priori di una facoltà legittima in capo al soggetto presente in determinati luoghi e detentore di arma, sempre che si verifichino le condizioni date. Il presupposto oggettivo per l’applicabilità della scriminante in esame è dato dalla sussistenza di una violazione di domicilio, individuata, per relationem, nell’art. 614 c.p. Il rinvio va riferito alla violazione di domicilio consumata, che costituisce, “Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio o altrui contro il pericolo attuale di un’offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa”. 3 CADOPPI, La legittima difesa domiciliare, in Dir. pen. proc., 2006, 436. La legittima difesa “allargata” postula la sussistenza di tutti i requisiti della legittima difesa tradizionale tranne uno: il requisito della proporzione. Per chiarire ancor meglio, la legittima difesa “allargata” necessita del pericolo attuale di un’offesa ingiusta ad un diritto proprio o altrui e la necessità di difendere tale diritto. Vedi, inoltre, VIGANÒ, Sulla nuova legittima difesa, in Riv. it. dir. proc. pen., 2006, 190. 4 GAROFOLI, Tracce penale, Roma, 2011, 366. 2 STUDIUM NISATI nell’economia dell’art. 52, secondo comma, c.p., presupposto della condotta difensiva. Sul punto, infatti, si ritiene che “la presunzione in parola possa operare soltanto nell’ipotesi in cui la violazione di domicilio sia stata già consumata al momento della condotta difensiva, mentre la difesa contro un tentativo di violazione di domicilio continuerà ad essere regolato dal primo comma dell’art. 52 c.p., soggiacendo così alle ordinarie regole di valutazione della proporzione da parte del giudice. Parimenti, non si procederà all’applicazione del secondo comma, bensì alle regole generali di cui al primo comma, allorché taluno, legittimamente entrato nel domicilio altrui e non espressamente invitato ad allontanarsi da parte del titolare dello ius excludendi, né ivi trattenutosi clandestinamente o con inganno, compia in quello stesso luogo atti aggressivi dell’incolumità o dei beni delle persone presenti: non realizzandosi, in tale ipotesi, il presupposto di una violazione di domicilio ai sensi dell’art. 614 primo e secondo comma”5. Dal punto di vista del soggetto agente, la norma richiede che la condotta difensiva sia compiuta da persona legittimamente presente nei luoghi oggetto dell’illecita intrusione o dell’illecito trattenimento ai sensi dell’art. 614 c.p. “La precisazione mira ad escludere che della disposizione in esame possa usufruire lo stesso autore della violazione di domicilio, al quale restano applicabili le disposizioni generali di cui al primo comma in merito alla legittima difesa del provocatore. Non si richiede, invece, all’autore della condotta difensiva che sia lo stesso titolare dello ius 5 VIGANÒ, Sulla nuova legittima difesa cit., 205. 3 STUDIUM NISATI excludendi, bastando che si tratti di persona comunque presente legittimamente nel domicilio violato dall’aggressore” 6. Ulteriore aspetto degno di approfondimento riguarda lo strumento utilizzato per la condotta difensiva: esso deve consistere in un’arma legittimamente detenuta ovvero in altro strumento idoneo a fini diversi. Al fine di evitare interpretazioni paradossali, ad esempio, negare la legittima difesa a chi usi un fucile da caccia ereditato dal padre, del quale si era, però, dimenticato di denunciarne il possesso, non è necessario che l’arma sia legittimamente detenuta dal soggetto che la utilizza: è sufficiente che la presenza nel luogo di essa sia autorizzata ex art. 2 Legge 2 ottobre 1967, n. 8957. Si tenga presente che la non operatività della presunzione di cui all’art. 52, secondo comma, c.p., lascia, comunque, aperta la possibilità che la condotta risulti scriminata ai sensi del primo comma, laddove il giudice riconosca in concreto proporzionata la condotta dell’aggredito, ferma restando, ovviamente, la possibilità di una condanna per i diversi reati integrati dal possesso illegittimo dell’arma. Nessun dubbio interpretativo pone il riferimento normativo ad “altro mezzo idoneo al fine di difendere”, ben potendo essere utilizzate, come strumenti di difesa, anche le mani nude. 6 CADOPPI, La legittima difesa domiciliare cit., 2006, 440. Legge 2 ottobre 1967, n. 895, “Disposizioni per il controllo delle armi”, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, Serie Generale, 12 ottobre 1967, n. 255. Recita l’art. 2: “Chiunque illegalmente detiene a qualsiasi titolo le armi o parti di esse, le munizioni, gli esplosivi, gli aggressivi chimici e i congegni indicati nell’articolo precedente è punito con la reclusione da uno a otto anni e con la multa da lire 400.000 a lire 3.000.000”. 7 4 STUDIUM NISATI Il Legislatore, affinché la condotta difensiva possa essere considerata legittima, ha introdotto un doppio regime, prevedendo diverse condizioni di applicabilità della scriminante, a seconda della natura del bene da difendere: “la propria o l’altrui incolumità”; “beni propri o altrui sempre che, in quest’ultima ipotesi non vi sia desistenza e vi sia pericolo di aggressione”. Con riferimento alla prima ipotesi, il Legislatore ha inteso riferirsi tanto al bene vita quanto all’integrità fisica dell’aggredito: ricorrendo un pericolo attuale per tali beni, il giudice sarà dispensato da ogni valutazione comparativa tra la gravità del danno minacciato e quello patito dall’aggressore, proprio in ciò manifestandosi una delle innovazioni più significative introdotte dalla riforma del 2006 rispetto alla disciplina previgente. Sicuramente più problematica è l’ipotesi in cui l’aggredito agisca al fine di difendere i beni propri o altrui: non sembrano esserci dubbi che con il termine “beni” il Legislatore abbia inteso riferirsi ai beni patrimoniali, contrapposti a quelli personali previsti dall’incolumità fisica. In tale contesto, la presunzione di proporzione opera in presenza di un duplice requisito: non ci deve essere desistenza e ci deve essere pericolo di aggressione. In relazione al primo requisito, si è inteso ribadire la necessità della persistente attualità dell’aggressione al patrimonio; l’attualità viene meno allorché l’intruso si dia alla fuga abbandonando le cose delle quali aveva tentato di impossessarsi, ovvero non opponga alcuna resistenza all’arresto in flagranza da parte di una persona 5 STUDIUM NISATI legittimamente presente nel domicilio. Non si ha, invece, desistenza allorché l’intruso si sia dato alla fuga portando con sé il bottino, o una parte di esso, in tale ipotesi sussistendo un’aggressione ancora in corso, quanto meno al patrimonio. Ma, in tal caso, difetta, di regola, quell’ulteriore pericolo di aggressione alla vita e all’incolumità del proprietario delle cose sottratte, che solo potrebbe legittimarlo all’uso di strumenti di difesa pericolosi per la vita o l’incolumità fisica del malvivente. In riferimento al secondo requisito, non chiarendo esplicitamente, il Legislatore, rispetto a quali beni debba sussistere il pericolo di aggressione, sono emersi due differenti orientamenti interpretativi. Una parte della dottrina propende per l’aggressione rivolta anche soltanto ai beni patrimoniali, alla cui tutela è rivolta la condotta difensiva posta in essere al fine di difendere i beni propri o altrui8. Secondo altra, altrettanto autorevole, interpretazione, il pericolo di aggressione deve intendersi alla vita e all’incolumità fisica delle persone presenti nel domicilio9. A favore di tale ultima tesi vi sono ragioni di carattere sistematico. Tale soluzione è, infatti, l’unica in grado di attribuire un significato autonomo all’inciso de quo, dal momento che la sussistenza di un effettivo pericolo di aggressione ai beni patrimoniali difesi è già autonomamente deducibile dai requisiti di cui al primo 8 DOLCINI, La riforma della legittima difesa, in Dir. pen. proc., 2006, 142. FIANDACA – MUSCO, Manuale di diritto penale. Addenda, Bologna, 2006, 889. In tal senso, anche, VIGANÒ, Sulla nuova legittima difesa cit., 212. 9 6 STUDIUM NISATI comma, in base ai quali il fine di difendere i beni patrimoniali minacciati deve necessariamente corrispondere ad una situazione di pericolo attuale di offesa ingiusta dei beni patrimoniali medesimi. Inoltre, durante gli stessi lavori parlamentari, si è palesato che laddove lo stesso inciso fosse stato, invece, riferito ai beni patrimoniali, sarebbe venuto meno anche il suo significato autonomo rispetto all’altro requisito della mancanza di desistenza, da intendersi, questa, con riferimento all’aggressione ai beni patrimoniali10. Non si dimentichi che esso è stato introdotto, in Commissione Giustizia al Senato della Repubblica, proprio con l’intenzione di individuare, in maniera precisa, i casi in cui la legittima difesa nel proprio domicilio deve essere ritenuta proporzionata. È lo stesso primo firmatario dell’originale proposta di legge, il sen. GUBETTI, a illustrarne il significato in Aula affermando “che il rapporto di proporzione previsto dall’art. 52 c.p. sussiste in tutti i casi in cui la violazione di domicilio sia seguita da una minaccia all’incolumità delle persone o da una minaccia ai beni. In quest’ultimo caso, soltanto quando non vi è desistenza e vi è pericolo di aggressione. E il pericolo di aggressione, ovviamente, si riferisce alle persone e non alle cose, come qualcuno ha detto oggi, alle quali si applica invece la previsione: non vi è desistenza”11. 10 Intervento del sen. GUBETTI nella seduta del 19 ottobre 2004. Intervento del sen. GUBETTI nella seduta del 19 ottobre 2004. Il relatore di maggioranza, sen. ZICCONE, esprime lo stesso concetto nel suo intervento nella seduta del 2 novembre 2004: il comportamento di chi spara alle spalle del ladro che scappa “era e rimarrà punibile anche dopo l’approvazione di questo disegno di legge, perché deve non solo, ripeto, non esserci la desistenza, ma esserci altresì un pericolo oggettivo di aggressione ovviamente alla persona (…) lo chiarisco in questa sede, per evitare equivoci”. 11 7 STUDIUM NISATI Su tale linea di pensiero si è posto anche chi ha paventato profonde censure di incostituzionalità qualora non si dovesse riferire il pericolo di aggressione alla vita e all’incolumità fisica delle persone presenti nel domicilio: “se l’inciso “e vi è pericolo di aggressione” venisse riferito meramente ai beni patrimoniali, l’art. 52, secondo comma, c.p., si porrebbe in frontale contrasto con l’art. 2, secondo comma, della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, nella misura in cui consentirebbe di considerare lecita l’uccisione intenzionale di un uomo in ragione della salvaguardia soltanto di beni di natura patrimoniale, così sovvertendo il bilanciamento cristallizzato dalla citata norma convenzionale, che ammette la liceità dell’uccisione dell’aggressore da parte del privato aggredito soltanto nella misura in cui una tale condotta risulti “assolutamente necessaria” per respingere una violenza illegittima in atto, e non già una mera aggressione al patrimonio”12. Ci si chiede, in dottrina, se il pericolo di aggressione alla vita o all’integrità fisica debba essere anch’esso connotato in termini di attualità: richiedere la sussistenza di un pericolo attuale anche per la vita e l’integrità fisica significherebbe consentire all’aggredito di sparare soltanto allorché l’intruso compia atti direttamente aggressivi 12 CADOPPI, La legittima difesa domiciliare cit., 440: afferma l’Autore che il “rango della Convenzione Europea nel sistema delle fonti è ancora molto discusso nel nostro ordinamento. Ma non sembra revocabile in dubbio che alla Convenzione possa essere riconosciuta, quanto meno, un’efficacia interpretativa dei diritti e delle libertà fondamentali riconosciuti dalla nostra Costituzione, contribuendo la stessa Convenzione a meglio definirne i contorni, soprattutto laddove essi non vengano definiti con nettezza dalla nostra Costituzione, come ad esempio accade nel caso del diritto alla vita, che non è neppure esplicitamente menzionato dalla Costituzione, e suole essere meramente dedotto dalla clausola generale dei diritti inviolabili di cui all’art. 2”. 8 STUDIUM NISATI della vita o integrità fisica di taluno13. Illuminante, a proposito, si presenta l’analisi dei lavori parlamentari: “il pericolo di aggressione non corrisponde all’aggressione attuale, perché altrimenti la norma sarebbe quasi inutile. Si indica una situazione nella quale non è esclusa la possibilità dell’aggressione ed è quindi giustificata la reazione. Nell’ipotesi in cui c’è questo pericolo di aggressione, è giustificata la reazione del soggetto impaurito e che teme per la propria incolumità anche nell’ipotesi in cui, ripeto, l’aggressione è soltanto un pericolo, una possibilità, ma non è ancora in fase di attuazione”14. Si può, conseguentemente, ritenere che la persona, in caso di violazione del proprio domicilio, possa legittimamente reagire già a fronte di una situazione di aggressione attuale al patrimonio, lasciando, questa, presagire una futura aggressione alla persona propria o di altro soggetto presente nel domicilio: a fronte, cioè, di una situazione di pericolo ancora non attuale per la vita o per l’incolumità fisica di taluno, e in mancanza, dunque, di atti direttamente aggressivi dell’incolumità fisica di chiunque da parte dell’intruso. Quali riflessioni, allora, si possono trarre circa la portata effettiva della nuova norma? L’intento del legislatore di consentire alla vittima di una illecita intrusione nel proprio domicilio di sparare per prima contro l’intruso che sta già attentando al suo patrimonio, senza attendere che questi ponga immediatamente in essere atti 13 In questo senso, CADOPPI, La legittima difesa domiciliare cit., 440, nonché, FIANDACA – MUSCO, Manuale cit., 899. Si noti che il pericolo di aggressione alla vita o all’integrità fisica deve necessariamente aggiungersi al pericolo di aggressione ai beni patrimoniali per far scattare la presunzione di proporzionalità nel difendere i beni propri o altrui. 14 Intervento del sen. ZICCONE nella seduta del 6 ottobre 2004. 9 STUDIUM NISATI aggressivi alla vita o all’incolumità di taluno, non sembra essere di facile realizzazione. In primo luogo, la necessità della condotta resta requisito imprescindibile di liceità della condotta difensiva. Conseguentemente, l’esplosione di colpi d’arma da fuoco in direzione delle parti vitali del corpo dell’intruso non può che essere l’estrema ratio, utilizzabile quando tutte le alternative meno lesive non appaiano garantire un’efficace difesa contro l’eventuale aggressione fisica. In secondo luogo, un pericolo di aggressione fisica, sia pur non necessariamente attuale, deve, comunque, sussistere per fondare la presunzione di cui all’art. 52, secondo comma, c.p. Ciò comporta che la situazione oggettiva deve essere tale da giustificare, secondo il metro di giudizio di un osservatore ragionevole, una prognosi circa la possibile insorgenza di un pericolo per la vita o l’incolumità fisica di taluna delle persone presenti: ad esempio, il soggetto che dovesse vedere due energumeni, anche se non palesemente armati, aggirarsi nel salotto della propria abitazione alla ricerca di gioielli e oggetti di valore, può ragionevolmente inferire il rischio, cui egli stesso e i suoi familiari potrebbero essere esposti, di un’aggressione fisica da parte di costoro; non altrettanto nel caso di un rom minorenne intento a frugare nei cassetti del salotto, essendo altamente probabile che costui, vistosi scoperto, cerchi esclusivamente di fuggire. In terzo luogo, un pericolo di aggressione alla vita o all’integrità fisica non esiste certamente, o non sussiste più, allorché l’intruso si dia alla fuga, o si accinga a darsi 10 STUDIUM NISATI alla fuga. Colui che, in tali condizioni, dovesse esplodere colpi d’arma da fuoco contro l’intruso ormai in fuga, agirebbe senza la sussistenza di alcun pericolo di aggressione alla vita o integrità fisica delle persone. Per completezza espositiva, è rilevante notare che, nonostante nell’intenzione del legislatore la scriminante operi automaticamente, è stata prospettata, in dottrina, una lettura costituzionalmente orientata della norma basata su una presunzione di esistenza della proporzione: sarà compito della pubblica accusa provarne l’inesistenza sia obiettiva che putativa15. Rispetto all’ipotesi generale ante riforma, si avrebbe un rafforzamento della posizione processuale dell’aggredito, nella misura in cui non incombe più su quest’ultimo l’onere di provare l’esistenza della proporzione. Questa tesi permette di relativizzare il requisito della proporzione, permettendo, nei casi di raggiunta prova di sproporzione obiettiva o dell’inesistenza di una proporzione putativa, di poter avanzare una richiesta di condanna dell’aggredito, espungendo dall’ordinamento quella che potrebbe essere considerata una licenza di uccidere. Si osservi, poi, che il terzo comma della disposizione in esame estende la presunzione di proporzione della condotta difensiva, in presenza di tutte le condizioni descritte dal secondo comma, anche alle ipotesi in cui il fatto sia avvenuto all’interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale, ulteriore rispetto ai luoghi indicati dall’art. 614 c.p., abitazione o altro luogo di 15 In tal senso, CADOPPI, La legittima difesa domiciliare cit., 440. La scriminante opera automaticamente attraverso una presunzione juris et de jure di proporzionalità tra offesa e difesa, con conseguente privazione di ogni potere discrezionale di valutazione in capo al giudice. 11 STUDIUM NISATI privata dimora. Tale disposizione, originariamente non prevista nel testo licenziato dalla Commissione Giustizia del Senato della Repubblica, è stata introdotta in sede di discussione in Aula, in accoglimento di un emendamento del sen. BOBBIO, posto in chiave di autotutela del Parlamento contro interpretazioni distorsive ad opera della giurisprudenza: “fino ad oggi la giurisprudenza per costante lettura della norma, ha incluso nel concetto di domicilio, di cui all’art. 614 c.p., anche i luoghi dove si esercitano attività commerciali, professionali ed imprenditoriali. Ebbene, mettendo insieme le due cose, è facile e dolorosa previsione che, nel momento in cui il Parlamento avrà approvato il testo normativo che prevede la possibilità che vi sia legittima difesa, ed in proporzione, anche quando ci si trovi a doversi difendere all’interno del luogo di cui all’art. 614, ebbene, dicevo, è facile prevedere che la giurisprudenza si affretterà ad espungere dal concetto di domicilio proprio quei luoghi che non sono direttamente ed espressamente sussumibili in questa nozione”16. In chiave critica è facile rilevare, però, che in luoghi densamente frequentati qualsiasi utilizzo di armi da fuoco, anche a scopi meramente difensivi, crea, comunque, gravissimi pericoli per l’incolumità della generalità delle persone presenti. A chiudere questo breve scritto, alcuni spunti emersi dalla giurisprudenza della Suprema Corte. Nel 2008, la V sezione ha osservato come la riforma del 2006 abbia interessato esclusivamente il concetto di proporzione, fermi restando i presupposti dell’attualità 16 Intervento del sen. BOBBIO nella seduta del 6 luglio 2005. 12 STUDIUM NISATI dell’offesa e della inevitabilità dell’uso delle armi come mezzo di difesa della propria o dell’altrui incolumità17. Valorizzando il dato letterale dell’art. 52, secondo comma, c.p., la Corte di Cassazione ha sostenuto che la reazione a difesa dei beni è legittima solo quando non vi sia desistenza ed, anzi, sussista un pericolo attuale anche per l’incolumità fisica. Poste le predette condizioni, non è più ammesso, da parte del giudice, la comparazione dei beni giuridici oggetto della offesa e della difesa e dei mezzi usati da aggressore e aggredito. Ciò, comunque, non comporta il venir meno del sindacato del giudice sugli ulteriori requisiti dell’attualità della offesa ingiusta e della inevitabilità della difesa. In particolare, la reazione è necessaria quando è inevitabile, non sostituibile con altra meno dannosa, ugualmente idonea ad assicurare la tutela del soggetto aggredito: il suo allontanamento, se non fa correre alcun pericolo anche a terzi, deve essere la soluzione doverosa, costituendo la reazione un atto al quale si ricorre come extrema ratio, per salvare un proprio bene e non per tutelare l’onore. In tal senso, la giurisprudenza maturata intorno al commodus discessus, precisa la Corte di Legittimità, non ha necessariamente perso la propria rilevanza dopo la modifica del 2006. Nella stessa direzione si è espressa, recentemente, la I sezione: la modifica del concetto di proporzionalità ha lasciato immutati i presupposti dell’attualità dell’offesa e dell’inevitabilità dell’uso dell’arma come mezzo di difesa della incolumità o dei 17 Cass. 14 maggio 2008, n. 25653, in Mass. 2008. 13 STUDIUM NISATI beni dall’aggressore, i quali devono essere esaminati precedentemente ed in tale ordine, cosicché, se non sussistenti, non si potrà passare a valutare la proporzionalità18. Secondo i Giudici di Piazza Cavour, il Legislatore, con la presunzione di proporzionalità, non ha inteso operare una completa equiparazione fra qualsiasi tipo di interesse: la riforma non permette sempre una reazione implicante l’uso indiscriminato e senza limiti delle armi, ma impone ugualmente una comparazione degli interessi, essendo consentito l’utilizzo dell’arma in difesa solo a determinati condizioni, in particolare, il rischio concreto di un pregiudizio attuale per la incolumità fisica dell’aggredito o di altri. 18 Cass. 16 giugno 2010, n. 23221, in Mass. 2010. 14