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dizionario etimol/503-527

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dizionario etimol/503-527
DI Z IONAR IO
DI E TI MOLO G IA
A
abbaiare: voce di origine onomatopeica da ba... o bai...
verso del cane. Generalmente i verbi che indicano i versi
degli animali sono di origine onomatopeica: belare da
be..., muggire da mu..., tubare da tu…, cinguettare da
cin... A volte, per effetto della mediazione della corrispondente voce latina, il rapporto con l’origine onomatopeica è più sfumato; è il caso p. es. di nitrire, dal lat.
hinnire, e di barrire, dal lat. tardo barrire da barrus, “elefante” (v. onomatopea).
abbozzo: v. bozzetto
abolire: deriva dal lat. abolere, “annullare”; nel passato
la voce è stata erroneamente interpretata come composto
di ab, “allontanamento”, e olire, “odorare”, cioè a dire
“togliere (di qualcosa fin) l’odore”.
abuso: il termine deriva dal lat. abusus, a sua volta da
usus; quest’ultima voce ha dato luogo a numerosi derivati: usuale, usurpare, usufruire, usura, usitato, ecc. Ma
anche l’infinito del verbo, dal quale questi termini derivano, cioè uti, ha avuto in italiano una sua linea di sviluppo: utile, utilitario, utilizzare, utente, utensile, ecc. ne
sono esempi.
accademia: non lontano dall’antica Atene vi era un
bosco, sacro all’eroe Academo, chiamato Akadémeia. Il
filosofo Platone vi insegnava passeggiando fra gli alberi e
tale circostanza fece sì che, con il passare del tempo, il
nome proprio Akademia si trasformasse in nome comune
con il significato di “scuola platonica”. In epoca romana
Marco Tullio Cicerone volle chiamare “academia” il
parco presso Tuscolo dove avevano luogo le dotte conversazioni tra lui e i suoi amici e discepoli. Il termine, di
così alta tradizione, fu ripreso dagli Umanisti, sempre tuttavia con il significato di “luogo suburbano” di riunioni
di dotti. Nel Seicento infine assistiamo a una vera e propria esplosione della moda delle accademie; ormai il termine sta a significare “sodalizio di dotti”, cioè “insieme
di persone” più che “luogo”, e da questo significato a
quello attuale il passo è stato molto breve.
accento: la voce latina dalla quale deriva è accentus,
composta da ad, “vicino”, e cantus, “canto”; sono gli
stessi elementi che costituiscono il termine greco prosodia: pros, “vicino”, e oidé, “canto”. Tale modo di procedere nella formazione di una parola (e la parola stessa)
tecnicamente si chiama “calco”. Esempio recente di
calco è la locuzione fine settimana, dall’inglese weekend
(da week, “settimana”, e end, “fine”).
acciaio: il termine ci viene dal lat. tardo aciarium, da acies,
ei, “punta”, “filo tagliente” e (fig.) “acutezza”. La voce latina è, a sua volta, una derivazione dalla radice ac, alla quale
risalgono una serie di parole che in senso letterale o figurato hanno a che fare con l’idea di “cosa pungente”, “punta”:
acido, aceto, acre, acerbo, agrume, acuto, ago, aculeo,
aguzzo, acume, acuire, aguzzare, guglia, ecc.
accordo: è un derivato di accordare e questo viene dal
lat. cor, cordis, “cuore”, dunque un “avvicinare i cuori”.
Il cuore, si sa, è simbolo potente degli affetti, delle virtù,
della vita “superiore” dell’uomo: è per questa ragione
che la lingua se ne è servita per foggiare termini come
concordia, concordare, cordiale, coraggio, cordoglio,
corroborante, misericordia. Poiché gli affetti e le sensazioni rimangono, per così dire, scolpiti nel cuore, ecco
anche: ricordo, ricordare e scordare (v. anche cuore).
aculeo: v. acciaio
acuto: v. acciaio
adolescente: dal lat. adolescens, p. pres. di adoléscere,
“crescere”. Il verbo latino adolescere è un derivato di
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álere, “nutrire”, “allevare” a cui risale una grande quantità di parole: alimentare, alto, alunno, allevare, prole e
molte altre. Adolescere, quindi, significa “crescere fino a
diventare adulti”.
affatto: comp. di a e fatto; bisogna fare attenzione quando uno degli elementi che compongono una parola è
rappresentato da una a iniziale. Questo elemento può
avere due origini e due significati che differiscono. Può,
come nel nostro caso, derivare dal lat. ad ed essere unito
a verbi, sostantivi e aggettivi, con esiti quali: ornare-adornare; costa-accostare, bello-abbellire (nota il raddoppiamento della consonante), con valore di avvicinamento o
intensivo.
Può, in altri casi, derivare dal greco, dal cosiddetto alfa
privativo, e indicare “negazione”, “mancanza”, “privazione”: p. es. morale-amorale, ecc. È bene ricordare infine che davanti a vocale l’alfa priv. assume la forma eufonica an (produce suono gradevole e facilita la pronuncia): p. es. alcolico-analcolico.
agonia: deriva dal latino dei primi Cristiani, i quali presero dal greco la parola. La voce greca agonia significava “lotta”, “sforzo”; tale significato, per noi, è andato perduto. Ma, come spesso accade, qualche traccia di esso è
possibile ritrovare nelle voci agonismo, agonista, agonistico, protagonista, antagonista, che si sono formate sul
latino agon, agonis, “luogo di contesa”, ancora vivo nel
linguaggio colto (agone) (v. antagonista).
agricoltura: parola latina, comp. di ager, agri, “campo”, e
cultura, ae, “coltura”, “coltivazione”. Agro, “campagna”, è
presente anche in italiano, sebbene limitatamente alle
espressioni agro romano e simili. Alcuni suoi derivati, invece, sono molto comuni: agreste, “contadinesco“,
“campagnolo”; agricolo, “della campagna”; agronomo e
agronomia, lo scienziato delle coltivazioni e la sua scienza.
aguzzino: il termine deriva dall’arabo al-wazir, “ministro”, “luogotenente”; un luogotenente che ha percorso
due carriere non poco differenti. L’al-wazir incaricato di
comandare una nave, una galea, diventa, dovendo vigilare sui galeotti, un aguzzino vero e proprio; l’al-wazir al
quale invece viene affidata l’amministrazione di un
distretto o di una provincia, diventa vizir o visir.
aia: v. area
altare: dal lat. altare, altaris, usato prevalentemente al pl.
altaria, ium. Per gli antichi era soltanto la parte superiore
della pietra sacrificale, cioè proprio la lastra sulla quale
la vittima veniva immolata. E a proposito di immolare
(“sacrificare”, “dare in olocausto”), va ricordato che il
termine significava inizialmente “spargere di salsa mola”,
cioè cospargere la vittima di un misto di farro e sale
prima di sacrificarla.
alto: v. adolescente
alunno: dal verbo àlere, “nutrire”, in latino alumnus,
“che è stato nutrito”, naturalmente del cibo del sapere.
alzare: v. adolescente
amnesia: viene dal fr. amnésie, comp. dagli elementi
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greci alfa priv. (v. affatto) e mnesis, “ricordo”. Le voci greche “ricordare”, “ricordo” sono presenti nella nostra lingua nel prefissoide – mnemo – che da esse deriva e che
ritroviamo in mnemonico, “della memoria”, mnemotecnica”, tecnica per usare al meglio la memoria”, e, per finire, anámnesi, cioè la “raccolta delle informazioni riguardanti i precedenti patologici di un paziente” che viene
compilata dai sanitari. Nella mitologia greca Mnemósine,
“dea della memoria”, aveva significativi rapporti parentali: figlia di Gea (la Terra) e sorella di Crono (il Tempo), fu
amata da Zeus e da questi resa madre delle Muse.
anacronismo: dal gr. ana, “contro”, e chronos, “tempo”
(v. cronaca). Questo prefisso greco ana-, presente in moltissime parole, oltre che “contro”, significa anche “all’in
su”, “indietro”, “sopra”, ed è comune in italiano (p. es.
anagrafe, anagramma, ecc.).
analfabeta: dal gr. an (alfa priv. euf.) e alphabetos, “alfabeto”. Alfabeto viene appunto dal greco e precisamente
dai nomi delle prime due lettere dell’alfabeto greco,
alpha e beta.
anfibio: è parola composta greca amphibios; amphi, “da
una parte e dall’altra” (ma anche “all’intorno”, “in giro”,
si pensi p. es. ad anfiteatro), e bios, “vita” (v. biologia,
biografia, ecc.).
antagonista: dal gr. antagonistés, comp. di anti, “contro”,
e agonistés, “lottatore” (v. agonia). Nel teatro antagonista
è colui che si contrappone direttamente al protagonista
(gr. protos, “primo”), il quale, non di rado, è alleato con
il deuteragonista (gr. deuter, “secondo”).
È bene precisare che disponiamo, in italiano di un antí,
di origine greca, che significa “contro”; se ne fa un grande uso anche nella formazione di parole nuove (neologismi): antifurto, antisportivo, antigelo, antifascista, per
citarne solo alcune.
Ma abbiamo un anti (o ante), di origine latina, che può
tradursi con “prima”, “davanti”, ed indica “anteriorità”,
“precedenza nel tempo o nello spazio”: p. es. anticamera, antipasto, anticipare, antefatto, ecc.
apogèo: dal gr. apogeion, comp. di apo, “lontano, da,
via”, e ge, “Terra”; il termine è usato insieme a perigèo,
comp. di peri, “vicino”, e ge, “Terra”. Sulla base di questi due termini, Keplero coniò afèlio e perièlio in riferimento questa volta a helios, “il Sole”.
ara: lat. ara, arae (v. anche altare); l’etimologia permette
di non confondere questa voce con ara, “unità di misura
di superficie”, che deriva dal fr. are (v. aria).
arabesco: dal lat. Arabes, bum (pl.), “gli Arabi”, e questo
dall’ar. Arab, ”beduini nomadi”. Il beduino è, in buona
sostanza, l’abitante del deserto che vive da nomade, cioè
esercitando la pastorizia e spostandosi di continuo (dal
gr. nomas, “colui che erra per mutare pascoli”) nelle
regioni del Medio Oriente e dell’Africa Settentrionale.
arcaico: dal gr. archaikós e questo da archáios ,“antico”.
La voce greca nella forma del prefissoide italiano archeoè presente in parole composte che si riferiscono allo studio delle antichità: archeologia, archeologo, ecc. A ogni
modo questo archeo- va tenuto distinto dal somigliante
archi- (in qualche caso arche-) che significa “primo”,
“principio”, “capo”, ed è facilmente individuabile in
composti che si riferiscono a persone: arciduca, arcivescovo, archimandrita, “pastore” (v. aristocrazia).
arcipelago: dal gr. Aigaios pélagos, “mare Egeo”, a causa
della presenza in questo mare di numerosissime isole
vicine. Siamo in presenza di una arbitraria trasformazione della prima parola Aigaios in arci (v. arcaico).
Quanto al secondo termine, esso è usato in poesia come
sinonimo di mare nella forma pelago e sopravvive nel
linguaggio comune nel verbo impelagarsi, “cacciarsi in
situazioni difficili”.
area: v. aria
aria: dal lat. aër, aeris. La voce latina ha avuto in italiano
un esito aere, caro ai poeti, che, attraverso l’accusativo
alla greca aera, e un intermedio area, si è trasformato
successivamente in aria. Tutte queste modificazioni
hanno avuto luogo senza che il termine venisse a confondersi con area, ae, alla base non solo dell’italiano area,
ma anche di aia e, attraverso il francese are, di ara,
“misura di superficie” (v. ara). Area, ae deriva da arere,
“essere secco”, e quindi aia, “luogo dove si essiccano i
cereali”, suo primo significato. Dal verbo arere, infine,
derivano sia arido, sia ardere.
aristocrazia: gr. aristocrazia, comp. di áristos, “ottimo”, e
kratía, “dominio”, “potere”. La voce offre lo spunto per
chiarire l’origine e il significato di analoghi composti:
democrazia, dal gr. demos, “popolo”; teocrazia, dal gr.
theós, “dio”, cioè “sistema di governo basato sull’osservanza di precetti religiosi”; autocrazia, dal gr. autós, “di
se stesso”, cioè “governo assoluto e dispotico”; plutocrazia, dal gr. ploutos, “ricchezza”, cioè “dominio dei più
ricchi” (v. burocrazia).
In qualche caso nel composto entra l’oggetto del dominio, come nell’antico talassocrazia, dal gr. thálassa,
“mare”, “potenza basata sul dominio del mare”.
A questo proposito si può ricordare che dal già citato
archi-, “capo” (v. arcaico), deriva un suffissoide -archía,
che vuol dire anch’esso “governo”, “dominio” e che
spiega l’origine di termini quali: monarchia, dal gr.
monos, “uno”, cioè “governo di uno solo”; oligarchia,
dal gr. olígoi, “pochi”; anarchia, con alfa priv., cioè
“assenza totale di governo”, “vuoto assoluto di potere”.
arma: dal lat. arma, neutro plurale pervenutoci come
femminile singolare; il plurale arme, soppiantato
completamente da armi, sopravvive nella parola allarme.
Nel XV secolo dal fr. gens d’arme derivò il nostro gendarme, che in alcuni dialetti si pronuncia “giandarme”,
proprio alla francese.
Armistizio è pure il francese armistice, formato sul
modello di solstizio.
Il luogo dove si tengono le armi si chiama arsenale.
Inizialmente questa parola aveva il significato di “luogo
dove si costruiscono e si riparano le navi”, dal veneziano
arzanà.
Arzanà è un adattamento dell’ar. dãr as-sina’a, “casa di
lavoro”, “fabbrica”, ed è curioso che questo stesso termine si sia poi diffuso a partire da Genova (o Pisa) e nella
forma darsena, con il significato di “parte interna del
porto circondata da officine”.
articolo: dal lat. articulus, i, dim. di artus, “arto”, quindi
“piccolo arto”, poi “articolazione”, “giuntura”, e, infine,
“elemento grammaticale”.
Questo stesso articolo ci è giunto in seguito dal provenzale, con tutt’altro significato, nella forma artiglio.
assassino: dall’ar. hashı̄shiyya, “fumatore di haschish”.
Assassino era l’appartenente a una setta musulmana diffusa in Siria nell’XI secolo e obbediva agli ordini di un
capo chiamato Veglio della Montagna. Sicario, invece,
viene da sica, un pugnale che a Roma veniva usato prevalentemente dai briganti.
astronomia: ai giorni nostri si sta bene attenti a tenere
distinte l’astronomia, “scienza che studia gli astri”, e
l’astrologia, “tentativo di individuare le influenze degli
astri sulla vita umana”; ma un tempo le cose non stavano così. Per gli antichi vi era solo l’astrologia, dal gr. aster
astron, “astro”, “stella”, ed essi dedicavano molte energie
allo studio delle stelle. In anni a noi più vicini è diventato comune sentir parlare di astrodinamica o di astrofisica
e si è inaugurata l’avventura dell’astronautica. Ma già gli
antichi avevano l’astrolabio, “strumento portatile per
determinare l’altezza di un astro”, e da parte nostra si
continua a chiamare disastro (cioè “cattiva stella”) ogni
sciagura.
Dall’inglese asteroid, tratto sempre dal greco, abbiamo
“asteroide” (v. geoide) e da un diminutivo di aster deriva
la stelletta grafica o tipografica, detta asterisco.
Il verbo astrologare ha il significato di “congetturare”,
“fantasticare”, “parlare a vanvera” e, forse per influenza
di questo verbo, si è dato il nome di strolaga ad un palmipede dalle abitudini bizzarre.
atomo: i Greci avevano un verbo, temnein, che significava “tagliare”, “sezionare”, “dividere”. Dall’idea della
divisibilità della materia essi trassero la nozione di atomo
(comp. di alfa priv. e un deriv. di temnein), cioè di una
“particella di materia che non è ulteriormente frazionabile”, “divisibile”. I Latini, per esprimere lo stesso concetto, operarono un calco dal greco (per la nozione di
calco v. accento) e coniarono la voce individuo, comp.
di in, “che non”, e dividuum, “(è) divisibile”. Sempre per
i Greci un atomo significava “in una parentesi di tempo
tanto breve da non poter essere frazionata” e nel latino
tardo tale locuzione venne espressa con in atomo, divenuto il nostro attimo.
Da temnein, per concludere, deriva il termine anatomia;
con quel -tomìa che, come secondo elemento di parola
composta del linguaggio medico, indica il “taglio”,
l’”asportazione” operata con intervento chirurgico (p. es.
tonsillectomìa, tracheotomìa, laparotomìa, ecc.).
attivo: il verbo latino ágere significava “fare” e aveva, al
pari della corrispondente voce italiana, un impiego vastissimo. Dal verbo ágere derivano, oltre ad attivo, agente, agire, agitare, anche atto, attuale, attualità, attuazione, attività, attivare, attore, azione, ecc.
atto: v. attivo
attualità: v. attivo
automatico: fino al secolo scorso auto- significava soltanto “di se stesso”, “da se stesso”, e nelle parole comDIZIONARIO DI ETIMOLOGIA 505
poste, derivanti dal greco o foggiate con elementi greci o
anche misti, serviva a riferire l’azione o la cosa al soggetto stesso: autocombustione, autoritratto, autonomia,
ecc. Con l’avvento dell’automobile (termine formato nel
modo che sopra si è visto) un secondo auto- si è affacciato alla ribalta; la forma abbreviata di automobile infatti è
divenuta elemento utilizzabile per la formazione di parole
composte che hanno a che fare con l’automobile: autocolonna, autoambulanza, autostrada, autotrasporti, ecc.
autonomia: nomos in greco è, fra gli altri significati, la
“legge” ed il termine autonomia è un derivato dall’agg.
gr. autonomos, “che si governa da solo” (v. automatico).
avvocato: dal latino advocatus, “colui che è stato chiamato”, p. pass. di avocare, comp. da vocare, “chiamare”
e ad, “presso”. L’advocatus, dunque, era chiamato per
difendere l’imputato. Per il femminile, perciò, sarebbe
più preciso dire avvocata (advocata).
B
baccano: i baccanali erano le feste celebrate dai Romani
in onore di Bacco. Bacco (per i greci, Dioniso) era il dio
del vino e durante le feste che avvenivano di notte, le
sacerdotesse del dio, le baccanti, urlavano a squarciagola, mentre l’insieme dei partecipanti si abbandonava
all’ubriachezza e alla sregolatezza.
bacillo: da un diminutivo del lat. baculus, i, “bastone”,
bacillum fu introdotto nel linguaggio scientifico nel XIX
secolo parallelamente a batterio, che è l’equivalente
greco di “bastoncino”.
Secondo alcuni imbecille deriverebbe appunto da bacillum e trarrebbe il suo significato da un iniziale “senza
bastone” quindi “debole”, “senza difese”, “remissivo”.
Sicuramente derivano da baculus, invece, bacchio, la
lunga pertica usata per far cadere dall’albero le castagne
e le noci, con i suoi derivati; baccello per la forma.
badare: per i Latini questo verbo significava esattamente
“stare a bocca aperta”, “guardare ammirati”. In epoca
più tarda se ne trasse bataculare che è diventato, ai giorni nostri, sbadigliare.
baffi: voce di origine forse popolare romanesca. L’espressione “leccarsi i baffi” si riferisce alle tracce che
restano intorno alla bocca dopo aver mangiato o bevuto
qualcosa con avidità.
bagnare: dal lat. balneare. Il termine ha una doppia tradizione: da un lato bagno e bagnare testimoniano una
derivazione popolare; dall’altro balneo e balneare denotano la contemporanea tradizione colta. La recente voce
balneazione, presente soprattutto nei frequenti divieti
lungo rive e coste, non gode della simpatia dei linguisti.
banale: nel francese antico ban era “il proclama del signore feudale” e banal, che inizialmente significava “ap-
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DIZIONARIO DI ETIMOLOGIA
partenente al signore”, in seguito passò a significare
“comune agli abitanti del villaggio”, “di tutti”. Da questa
voce si fece la locuzione être a bandon, “essere esposto”
(e simili), dalla quale derivano abbandono e abbandonare.
Il termine bando deriva sia da questo ban, sia dal gotico
bandwo, “segno”, a cui sono da ricondurre pure bandito, banda e bandiera.
barbaro: per gli antichi un barbaro era un individuo che
“balbettava”, ma non nel senso letterale della parola;
pareva ai Greci e ai Latini che lo straniero, parlando, balbettasse. Il termine, forse solo scherzoso, ha subito nella
tarda latinità il sostanziale spostamento di senso che ha
portato alla connotazione negativa con la quale è tuttora
in circolazione. Le parole risentono del contesto
socio-culturale nel quale sono forgiate e/o circolano. Gli
storici di casa nostra, considerando gli eventi dal punto
di vista dell’Impero Romano, hanno denominato invasioni barbariche l’arrivo in massa in Italia di alcuni bellicosi popoli del Nord. È bene ricordare che lo stesso insieme di eventi nella cultura tedesca viene indicato con una
parola che significa “migrazione dei popoli”. Le stesse
osservazioni potrebbero sostanzialmente ripetersi per il
termine vandalo, che è dal tedesco wandeln”, “vagare”,
“peregrinare”.
Una curiosità. Nei film western di solito i Messicani chiamano i Nordamericani gringos; ebbene, gringo deriva da
griego, “greco”, “lingua incomprensibile”; quindi gringo
è “colui che non parla bene il castigliano”.
basilica: per i Greci stoà, “portico”, basiliké, “dei re”, era
un pubblico edificio con funzione di tribunale, di luogo
d’incontro dei mercanti, ecc.; in seguito il termine passò
a significare semplicemente “sala con colonne”.
In quest’ultima accezione la parola fu utilizzata dai
Cristiani per indicare il luogo dove usavano riunirsi e,
ancora oggi, in questo senso, sia pure specializzato, la
voce vive accanto al più generico e diffuso chiesa (v.
ecclesiastico). Oltre al “portico” è sopravvissuta fino ai
nostri giorni anche l’erba del re: si tratta dell’okimon
basilikós, il basilico, insomma.
battesimo: dal verbo greco baptízein, “immergere”; infatti il rito battesimale prevedeva l’immersione totale o parziale del battezzando nell’acqua.
bello: i Latini usavano altri aggettivi, come pulcher, formosus; nel linguaggio familiare usavano inoltre il diminutivo di bonus, “buono” e bellus, “carino”.
La fortuna di questa parola è stata tale che essa non solo
ha definitivamente scalzato pulcher e formosus, ma ha
probabilmente determinato l’adozione del germanico
werra (“mischia”), divenuto il nostro guerra, in luogo del
latino bellum, i, che poteva confondersi con bello e dal
quale comunque l’italiano ha tratto: bellico, bellicoso,
belligerante, ecc.
bibbia: dal gr. tà biblía, “i libri” (v. biblioteca).
biblioteca: dal gr. bìblion, “papiro”, poi “libro”, e theke,
“custodia”, “deposito”; molte sono le parole composte
sia con l’una sia con l’altra di queste voci.
Bibliofilia (con il gr. filia, “amore”) è l’amore per il libro,
inteso come oggetto fisico; bibliofilo è colui che ama i
libri; bibliografia (con il gr. graphia, “scrittura”, “descri-
zione”) è la scienza della catalogazione dei libri, e,
nell’accezione maggiormente corrente, sia l’elenco degli
scritti apparsi su un argomento o su un autore, sia l’elenco delle opere consultate per realizzare un saggio, una
ricerca, un trattato.
La forma -teca, il secondo termine che ci interessa, ha
avuto di recente un’enorme fortuna. Già in anni a noi
non vicinissimi c’erano, oltre che biblioteche, anche
pinacoteche (dal gr. pinax, pinakos, “quadro”), emeroteche (dal gr. emera, “giorno”, cioè locale nel quale vengono conservati giornali, riviste e periodici in genere) e
altre raccolte di prodotti dell’arte e dell’ingegno; ma il
successo di composti arditi quali: discoteca, enoteca,
paninoteca lascia supporre che sia stato arbitrariamente
attribuito all’elemento -teca un significato di “negozio”,
“bottega”, temibile per gli sviluppi che può avere (è già
stata avvistata qualche scarpoteca).
bidello: fr. bidil, “messo di giustizia”, presso i Franchi era
il messo che portava le notizie ufficiali; da qui il francese bedel. Molto probabilmente il termine fu importato in
Italia dagli studenti universitari francesi venuti qui a studiare, specialmente all’Università di Bologna; bedellus,
infatti, voleva dire “servo dell’Università”.
“due”) e sectrice(m), equivalente f. di sector, oris, “tagliatore”, “divisore” (da secare, “segare”, “tagliare”); come si
vede, anche secante deriva dallo stesso verbo latino, al
quale si fa risalire (oltre alla scure) pure il termine settore, inteso sia come “spazio”, “àmbito”, “campo di attività” sia, più alla lettera, come “perito settore”, cioè
“medico addetto all’autopsia”.
bivio: lat. bivium, ii da bis, “due”, “due volte” e via, ae,
“strada”. Ancora una volta (v. bisettrice, bisestile) bi- (lat.
bis) con significato di due; questo prefisso, tuttavia, può
in italiano significare tutt’altro. È evidente, infatti, che se
la bisaccia è una “doppia sacca” e il biscotto “qualcosa
di cotto due volte”, questo significato di “duplicità” è
assente, per esempio, in un termine come bistrattare.
Allora, per ricapitolare, bi- dà l’idea della duplicità
(bidente); bis dà l’idea della duplicazione, della cosa
ripetuta (biscotto); bis, ancora, può avere valore negativo,
peggiorativo (bistorto, bistrattate, ecc.).
bocciare: da boccia; molto probabilmente deriva dall’usanza di giudicare chi si presentava a un esame introducendo in un’urna una boccia nera, se si voleva bocciare,
o una bianca, se si voleva promuovere.
biografia: dal gr. bíos, “vita”, e graphía, “scrittura”. Molte
delle informazioni intorno alla vita degli uomini illustri e
dei personaggi storici sono note grazie all’opera di scrittori che in ogni epoca si sono dedicati alle biografie,
anche se talvolta esse risultano infarcite di eventi e situazioni frutto di fantasia o conseguenza di scarsa informazione. Spesso, poi, il personaggio famoso provvede da sè
a consegnare alla carta le sue memorie, componendo
un’autobiografia, cioè una narrazione della propria vita
(per l’elemento auto- v. automatico).
Lo spazio non consente di fare un elenco delle parole
composte con ciascuno dei due elementi in discussione.
Basti accennare all’elemento bio- come prima parte di
composti del linguaggio scientifico, nei quali, più che
alludere alla “vita” individuale, bio significa l’insieme
delle condizioni che rendono possibile l’esistenza organica: p. es. biologia, biosfera, microbiologia, ecc.
Quanto al secondo elemento, grafia, è sufficiente ricordare che esso concorre alla formazione di composti che
si diramano in due direzioni: a. quelli che si riferiscono
alle tecniche della creazione artistica (dalla riproduzione
a stampa) e alle varie forme nelle quali può avvenire
l’impressione di immagini (p. es. fotografia, litografia,
serigrafia, cinematografia, ecc.); b. quelli che si riferiscono a una descrizione, a una teoria, a un’elaborazione (p.
es. geografia, cosmografia, demografia, ecc.).
bora: lat. boreas, ae e gr. boreas, “tramontana”. Il termine ha una doppia tradizione: bora, del dialetto triestino,
“vento impetuoso dell’alto Adriatico” e borea, “vento di
settentrione”, con il suo derivato boreale (p. es. aurora
boreale), cioè dell’emisfero settentrionale. Hanno origine
da queste voci sia burrasca che buriana (lett. “temporale”
e fig. “trambusto”, “chiasso”) e, infine boria “superbia,
vana ostentazione di grandezza”.
bisestile: dal lat. bisextus, i (o bisextum, i), comp. di bis,
“due volte”, doppio”, “a due a due”, e sextum, “sesto”.
Nel 46 a.C. Giulio Cesare riformò il calendario romano.
Adottando l’anno solare degli Egizi ed aggiungendo 10
giorni al calendario precedente, portò l’anno a 365 giorni. Tuttavia, secondo i calcoli che gli erano stati forniti,
mancava ancora un quarto di giorno per completare l’anno solare; fu così che Cesare stabilì che, ogni quattro
anni, il sesto giorno precedente le Calende di marzo (l’attuale 24 febbraio) si dovesse ripetere; bisextus fu chiamato quel giorno e bisextiles l’anno (v. calendario, mese).
C
bisettrice: termine formato con il prefisso bi- (lat. bis,
bozzetto: diminutivo di bozza, “prima stesura di un lavoro letterario”. Bozzetto è anche equivalente di abbozzo,
“breve scritto”; tutte e tre queste parole derivano da una
voce del latino parlato bottia, “la pietra rotondeggiante
lavorata approssimativamente e in rilievo su un muro”.
Dalla stessa bottia, infine, hanno origine tanto boccia,
“palla per il gioco”, quanto bòccio, bocciolo, cioè il fiore
non ancora sbocciato.
burocrazia: termine coniato in Francia nel XVIII secolo
ed esportato in tutta Europa con la Rivoluzione. Si tratta
di un ibrido (cioè “qualcosa di formato dall’unione di
elementi eterogenei”) costituito dall’elemento di origine
greca -crazia (v. aristocrazia) e da una parola francese,
bureau, che significa “ufficio”.
calcio: dal lat. calx, calcis. In latino calx è il tallone o calcagno, termine, quest’ultimo, che l’italiano ha tratto da
un derivato del latino tardo calcaneus. Da calx derivano,
oltre a calcio e derivati, calza, calzino, calzatura, calzare e calzoni, oggi messi in ombra dai più comuni pantaloni (dal fr. pantalon, ma di origine italiana, avendo i
Francesi chiamato così questo indumento perché indos-
DIZIONARIO DI ETIMOLOGIA 507
sato dalla maschera popolare veneziana Pantalon).
Alla voce latina calx va riferito il verbo incalzare, che
significa “stare alle calcagna” di qualcuno; la nota in
calce cioè una “nota a pie’ di pagina”, attraverso l’ulteriore significato di calx che indicava pure la “base”, il
“piede dell’albero”, e che in qualche misura ritroviamo
nel “calcio del fucile”.
Dal gr. chalix i Latini trassero un secondo calx, calcis: la
calce, con i suoi molti derivati che a volte hanno esiti
uguali a calcio; p. es. calcare v. tr. (da calcagno), “pigiare”, “premere”, e calcare s. m., “roccia di calcite”; calcio
s. m. “piede delle armi da fuoco”, “colpo che si dà col
piede” (dal quale deriva il nome del gioco), e calcio s.
m., “elemento chimico delle rocce”.
Un importante diminutivo di calx è calculus, i, “sassolino”, che è divenuto il nostro calcolo, perché gli antichi usavano dei sassolini per far di conto; non solo,
nient’altro che un sassolino è infine quel compatto
“deposito dell’organismo umano” che nei casi più gravi
va asportato chirurgicamente (p. es. calcolo renale).
calendario: le calende erano per i Romani il primo giorno del mese. Ma calendario inizialmente significò soltanto “annotazione di scadenze di crediti”.
I Latini chiamavano nonae il quinto giorno del mese e
idus il tredicesimo; in marzo, maggio, luglio e ottobre
però le none cadevano il settimo giorno e le idi il quindicesimo.
Il giorno, dies, era sia di genere femminile che maschile e
durante la settimana c’era il giorno dedicato alla Luna,
quello dedicato a Marte, quello dedicato a Mercurio, quello dedicato a Venere; seguivano, poi, un giorno dedicato a
Saturno, allora l’ultimo della settimana, e uno al Sole.
I primi Cristiani presero dagli Ebrei shabbáth, “sabato”, e
con esso sostituirono il giorno dedicato a Saturno; quindi chiamarono dies dominica, “giorno del Signore”,
“domenica”, il primo giorno della settimana. Tutti gli altri
giorni furono chiamati feria seconda, feria terza e così
via. Queste ultime denominazioni sono, in seguito,
venute meno e si è tornati ai vecchi nomi pagani (v. bisestile; mese).
L’espressione alle calende greche, infine, è scherzosa,
(significa “mai”) poiché nel calendario greco non c’erano le calende.
calligrafia: voce composta dagli elementi greci kallos,
“bellezza”, e graphia, “scrittura” (v. biografia), quindi,
“bella scrittura”. Sembrerebbe dunque che in frasi come
hai una bella calligrafia si ripeta due volte lo stesso concetto. Ciò è perdonabile. Calligrafia, infatti, ormai significa “scrittura a mano”, semplicemente; e se in tribunale
viene disposta una perizia calligrafica, si tratterà di un’indagine volta ad accertare la paternità di un manoscritto,
non certo a verificarne la bellezza formale.
campione: “chi combatte in campo”, nel Medioevo, chi
scendeva in campo nei tornei cavallereschi e combatteva in duello per sostenere le ragioni di un altro. Da
campo deriva anche campionato.
candidato: colui che nella Roma antica avesse posto la
propria candidatura a una magistratura, indossava una
toga bianca. Bianco in latino è candidus, “candido”, e
candidatus, “vestito di bianco”, si chiamava il nostro speranzoso personaggio. Si rammenti che la toga (i diversi
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DIZIONARIO DI ETIMOLOGIA
tipi di toga) scandiva la vita e i successi del romano libero in tempo di pace. Egli, infatti, indossava la toga virilis
al compimento del diciassettesimo anno di vita; la toga
candida se, come abbiamo visto, aspirava a qualche
magistratura; la toga praetexta se diventava magistrato; la
toga picta, cioè ricamata, quando veniva portato in
trionfo.
Dal verbo latino tégere, “coprire”, derivano sia la toga
che la tunica, oltre che il tetto, la tegola e, a causa della
somiglianza con quest’ultima, la teglia, cioè il tegame
basso e largo per cuocere cibo nel forno.
caos: dal gr. kháos. Quasi tutte le tradizioni mitologiche
prendono le mosse dal caos, che non di rado viene divinizzato e ritenuto il remoto progenitore di tutte le cose.
Nel XVII secolo un medico e chimico fiammingo, Van
Helmont, scoprì uno “spirito sottile” che volle chiamare,
deformando leggermente il termine caos, gas.
Si tratta di uno dei tanti casi di onomaturgia, cioè di
“accertata creazione di una parola da parte di una persona determinata”.
cariatide: le statue femminili che nelle facciate degli edifici sostengono sporti e mensole; sono dette cariatidi,
perché raffigurano le donne di Caria fatte prigioniere
dagli Ateniesi. Le statue maschili che hanno la stessa funzione, invece, sono dette atlanti. Atlante, dal gr. Atlas, era
uno dei Titani (giganti della mitologia greca) che, per aver
mosso guerra contro Zeus, fu condannato a reggere sulle
spalle la volta del cielo. In seguito il mito subì una modificazione e sulle spalle del titano venne posto il globo
terrestre.
La funzione di tenere sollevato il mondo spiega facilmente l’attribuzione del nome di atlante a questo genere
di statue maschili. Inoltre, nel 1585 Gerardo Mercatore
cominciò a pubblicare una raccolta di carte geografiche,
intitolata Atlas: da allora anche questo genere di libro
porta il nome di atlante.
La funzione di reggere un’enorme sfera, infine, ha spinto
gli anatomisti a denominare atlante la “prima vertebra
cervicale”, cioè quella che regge il cranio.
carica: sia “carica” che “carico” derivano dal verbo caricare, il quale a sua volta ha origine dalla voce caricare
del latino parlato. Quest’ultima deriva da carrus e letteralmente significa “mettere qualcosa sopra un carro”. Da
un ampliamento di senso in direzione del significato
“esagerare”, deriva il termine caricatura, “disegno che
mette esageratamente in risalto i tratti tipici di un personaggio”.
carta: con tale termine nel corso dei secoli si sono indicati oggetti tra loro diversissimi. La carta, come noi la
conosciamo, giunge in Europa negli anni dell’espansione
araba, cioè durante il Medioevo; in Italia, a Fabriano, si
afferma nel IX secolo il primo e il più importante centro
di produzione cartaria. I primi in assoluto a fabbricare la
carta sembra che siano stati comunque i Cinesi nel lontano I secolo d.C. Se, invece, con il termine carta si
intende il “supporto sul quale scrivere”, in questo senso
più ampio la parola risale a tempi molto antichi.
Furono gli Egizi a unire insieme delle listerelle di papiro
(albero molto diffuso lungo le rive nel Nilo) in modo da
formare un comodo foglio sul quale scrivere, che poi
veniva arrotolato. Dal verbo volvere (“arrotolare”) nasce-
va il volumen (“rotolo”). In concorrenza con il papiro si
affermò poi, a partire dalla città di Pergamo, la pergamena: una pelle di pecora conciata in modo particolare e
levigata con una pietra. I vari fogli di pergamena non
venivano più arrotolati, ma legati insieme lungo un
dorso: è il codex (v. codice), il diretto progenitore del
nostro libro. Anche libro è parola latina; liber significava
“la materia fibrosa del papiro”, quella stessa che i Greci
chiamavano biblion (v. biblioteca). Sia i Greci che i Latini chiamavano carta il foglio di tale materia pronto per
scrivere.
cervello: dal nome latino cerebellum, diminutivo di cerebrum (“cervello”), deriva cervello. Nel linguaggio scientifico i termini che si riferiscono al cervello derivano tutti
da cerebrum: cerebrale, cerebralismo, cerebrospinale,
ecc. Le poche voci tratte dal dim. cerebellum si riferiscono, invece, al cervelletto: cerebellare, cerebellite, ecc.
Fuori dell’ambito strettamente medico le facoltà
intellettuali vengono indicate con il termine mente, lat.
mens, mentis, da cui derivano: dimenticare, rammentare,
commentare, mentire, menzione, ecc.
chimica: nel significato che ci è più familiare, chimica
deriva dal francese. Ma la voce francese chimie non è
altro che l’antica chimia o alchimia, dall’ar. (san’a)
al-kîmiã, “(arte della) pietra filosofale”.
L’alchimia non è semplicemente la progenitrice lessicale
della chimica, ma ne rappresenta l’antecedente tecnico e
scientifico. La pietra filosofale, trovare la quale era lo
scopo ultimo e mai raggiunto di ogni alchimista, era una
pietra che avrebbe permesso di trasformare qualunque
metallo in oro e di creare l’elisir di lunga vita. Le due
cose erano in realtà una sola, perché la pietra filosofale
sotto forma di “sostanza secca”, al iksir, rappresentava
anche il miglior medicamento. L’alchimista si affacendava intorno ai suoi alambicchi (dall’ar. al-ambiq, “apparecchio per distillare”), lambiccandosi il cervello nella
sua utopistica ricerca.
chiudere: il verbo ha moltissimi derivati: includere,
accludere, escludere, precludere, recludere, ecc. che
rimandano al corrispondente latino clàudere (tardo cludere); altri derivati, come rinchiudere, racchiudere,
schiudere, dischiudere, chiusura, chiuso, chiusa, ecc.,
sono più direttamente collegabili alla forma italiana.
Inoltre alcuni termini, pur derivando da questa voce, non
appaiono immediatamente riconducibili a essa; p. es.
clausura “severa regola osservata in alcuni conventi”,
chiostro, “convento”, “monastero”, clàustrale, claustrofobia, “timore morboso dei luoghi chiusi”; infine, chiostra,
“chiusura”, “recinto”, che è termine usato soprattutto per
la struttura della dentatura, la chiostra dei denti.
cielo: dal latino caelum, i; il più importante derivato di
caelum è senza dubbio l’agg. “celeste”, del quale si fa un
uso letterale (“di colore uguale a quello del cielo”) e un
uso fig. (“del paradiso”, “della sede della divinità”).
I colori che di solito vengono associati al cielo sono:
azzurro, dal persiano lazward, con caduta della l iniziale percepita come articolo (conservata, invece, nel composto lapislazzuli, v. lapis); turchino, dal colore della turchese, “pietra di colore azzurro pallido” della Turchia
(può anche usarsi come agg.).
circuito: da un drappello di parole latine ed italiane si è
tratta l’armata delle voci imparentate con quella in
esame. Da circulus, s. m. (“cerchio”), circus s. m. (che
significa sia “circolo” sia “luogo dove si disputano corse
di cocchi”), circum avv. (“intorno”) e dal nostro cerchio
derivano fra gli altri: circolare, circolazione, circondare,
circonferenza, circostanza, circoscrivere, circolo; inoltre,
circa, circuire, circuito, circumnavigazione, circense,
circo, accerchiare, cerchia, ecc. Dalla prep. circa, “intorno a”, deriva cercare ,“andare intorno”, con tutti i suoi
derivati.
Anche il greco ky’klos, “cerchio”, “circolo”, è presente in
italiano; si pensi a ciclo e a tutti i termini, antichi e
moderni, che ne derivano. Basti qui accennare alla “lettera che il pontefice indirizza a tutta la Chiesa”, detta dal
latino (epistula) encyclica, “enciclica”, “lettera che va in
giro” (nel linguaggio burocratico circolare da “lettera circolare”) (v. enciclopedia).
classe: per i Romani classe era sia la “flotta”, l’”esercito”, sia ciascun gruppo, ciascuna categoria delle cinque
nelle quali era divisa la popolazione romana.
Espressioni come “classico” o “di classe”, in senso positivo, si riferiscono appunto alla classe per antonomasia,
cioè alla prima. Dall’idea di partizione, invece, “di gruppo di persone inquadrate con ordine” trae origine la classe scolastica, la classe di alunni.
Con l’evolversi dell’indagine scientifica in epoca moderna, nasce la classe quale vera e propria partizione teorica e descrittiva; compaiono i derivati classificare e
classificazione. Nel corso dell’Ottocento, la nozione di
classe, come categoria di cittadini, viene ripresa dagli
economisti e dai pensatori politici e assume il significato
di “aggregato sociale con una determinata funzione in
rapporto ai fattori produttivi”: classe operaia, classe
media, classe borghese o capitalista. Negli ultimi tempi
si è giunti a un uso fin troppo generalizzato del termine:
la classe politica, la classe medica, ecc.
clero: dal greco kléros, “eredità”, diventato poi “parte
scelta dei fedeli”. Anche rispetto a questa voce è facile
individuare una doppia tradizione; i derivati che sono di
tradizione popolare, infatti, perdono la -l-: chierico, chierichetto, ecc.
codice: dal lat. codex, codicis (v. carta). Prima di indicare l’antenato del nostro libro, significava “tavoletta di
legno”, vale a dire il supporto di legno sul quale si spalmava della cera e si incideva, per scrivere, con uno stilo.
Solo all’inizio del XIX secolo la parola ha assunto il significato di “raccolta di norme” con il quale ci è familiare.
corona: dal lat. corona, ae. Nell’antichità la corona, che
poteva essere anche solo di foglie, non rappresentava
solo il massimo riconoscimento per condottieri, poeti e
artisti di ogni genere, ma anche il consueto ornamento
dei commensali e delle statue degli dei. La “coroncina”
di foglie, di fiori o d’altro, era invece un omaggio consueto che si faceva soprattutto agli attori e si chiamava in
latino corolla; a volte, per rendere l’omaggio più gradito,
si donava insieme alla coroncina una somma di denaro,
l’aes corollarium, cioè “denaro dato in aggiunta alla
corolla”.
Di questo vocabolo si impadronirono i matematici, i
quali partendo dalla sua accezione più ampia di “cosa
DIZIONARIO DI ETIMOLOGIA 509
aggiunta”, ne fecero l’attuale corollario, cioè un “teorema che consegue immediatamente da un altro teorema”.
E corolla, infine, fu il termine adottato da Linneo nel
1736 per indicare “l’insieme dei petali del fiore”.
corpo: dal lat. corpus, corporis, “la parte materiale
dell’uomo”. Il termine ha moltissime accezioni e derivati. Per quanto riguarda il suo significato primo, basti
ricordare fra i derivati corporale, corpetto, corpulento;
(fig.) di qualcosa che risulta consistente si dice che ha
corpo, che è corposa. Dalla nozione di corpo come
“insieme organico di persone”, abbiamo i derivati corporazione, corporativo e l’espressione spirito di corpo.
Dall’accezione di corpo come “parte di materia” derivano corpuscolo e le locuzioni corpo estraneo, corpo contundente, corpo celeste, ecc.
corte: inizialmente la corte, dal lat. cohors, cohortis, era
una “schiera” composta da sei centurie, e rappresentava
la decima parte di una legione. Ma già dall’antichità il
termine significava anche “guardia del corpo”, “corteggio”, “corteo”, e per giunta “cortile”, “recinto”. Successivamente la parola fu soprattutto impiegata per indicare il
seguito dei sovrani, nell’epoca in cui l’agg. cortese (“di
corte”) passò a qualificare uno stile, un modello di vita.
Da questo orizzonte concettuale derivano l’attuale significato di cortese (“gentile”, “garbato”) ed il suo derivato
cortesia. Chi usa eccessive cortesie con i potenti cade
nella cortigianeria, cioè “nell’adulazione”. Cortigiano
(“uomo di corte”), infatti, nel significato comune, è passato a identificare un “uomo servile”.
cosmo: dal gr. kosmos, che significava inizialmente
“ordine”, poi “universo”. Dall’iniziale idea di ordine, tuttavia, il termine ha avuto uno sviluppo in una direzione
inaspettata. I Greci ne fecero un verbo, kosmeo, con il
significato di “io ordino” e da quest’ultimo trassero la
parola kosmésis “cosmesi”, “l’ordinare”, “l’abbellire” e
da qui la kosmetiké (téchne) “la cosmetica”.
cristallo: punto di partenza è il gelo. I Greci formarono
da kryos, “gelo”, la parola kristallos, “ghiaccio”, “acqua
gelata”, individuando la forma cristallina che l‘acqua
assume a una temperatura inferiore a zero gradi.
critica: critico, per i Greci, era “colui che giudicava” e
critica “il giudicare”, il “distinguere”; i Greci chiamarono
crisi il giudizio, la scelta così formata; questa parola oggi
significa “fase difficile”, “situazione incerta o pericolosa”.
cronaca: Chronos era in greco “il tempo” e “il dio del
tempo”; chronika erano gli “annali”, l’ordinata narrazione della storia.
Da questi termini sono state tratte numerose parole:
cronista, inizialmente “scrittore di storie” poi “redattore
di giornale”; cronico, “di stato patologico (malattia) prolungato nel tempo”; cronologia e cronologico; cronometro. Meno direttamente: sincrònico (o sìncrono), “contemporaneo”, “che avviene nello stesso tempo” e anacronismo. (v.)
cronologia: v. cronaca
cuore: dal lat. cor, cordis (v. accordo). Se il latino cor,
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DIZIONARIO DI ETIMOLOGIA
cordis ha avuto una grande influenza nel linguaggio
comune, il suo corrispettivo greco kardia si è affermato
nel linguaggio scientifico. Molto acutamente è stato
osservato che fra cordoglio (lat. cordolium comp. di cor
e un deriv. di dolere, “provare dolore”) e cardialgia (gr.
kardia e un deriv. di algos, “dolore”) non ci sarebbe alcuna differenza; se non quella appunto della specializzazione dei due derivati; per cui si parlerà di cardialgia per
la sofferenza fisica e di cordoglio per il dolore provocato
da un lutto. Ricordiamo, per concludere, che sono composti di kardia: cardiologia, “branca della medicina che
studia il funzionamento e la patologia del cuore”, e cardiologo; cardiopatia, “malattia del cuore”, ed elettrocardiogramma, “grafico che registra i fenomeni elettrici che
accompagnano l’attività del cuore”; oltre, naturalmente,
all’agg. cardiaco.
D
danno: lat. damnum, i. Importantissimi i derivati: damnare significava “dichiarare colpevole”, quindi gli attuali
condannare, dannato, dannazione. Da danno in senso
stretto, invece, abbiamo esiti come dannoso e dannosità;
più recenti sono danneggiare e danneggiamento.
decimazione: ha un collegamento sia con il verbo decimare, che significa “privare della cima”, sia con il numerale ordinale dècimo. Nella Roma antica la decimazione
consisteva nella punizione inflitta a un reparto militare,
condannando (anche a morte) un soldato estratto a sorte
ogni dieci, cioè il decimo soldato per ogni gruppo. Il termine ha assunto anche il significato di “forte diminuzione”: l’influenza ha decimato la classe.
defezione: deficere, verbo dal quale il termine deriva,
significava in latino “mancare”, “venir meno”; da tale
verbo derivano sia deficit, che è voce prettamente latina,
sia difetto, difettivo e deficiente: tutti termini, come facilmente si vede, che inducono a pensare a una “mancanza”.
deficit: v. defezione
democrazia: dal gr. demokratía (v. aristocrazia). La voce
greca demos, “popolo”, è anche alla base di demografia,
“studio delle variazioni quantitative della popolazione”;
demoscopia, “tecnica di indagine sugli orientamenti
della pubblica opinione”; epidemia, “malattia che colpisce moltissime persone (o animali) contemporaneamente”; demagogia, “arte di accattivarsi, specialmente in
politica, il favore del popolo”; endemico, “di una regione (popolo) circoscritta” (termine ormai adottato quasi
esclusivamente dalla scienza medica).
denaro: dal latino denarius, quindi denario, infine denaro. Il denarius, da deni (“a dieci a dieci”), era una moneta d’argento che valeva dieci monete più piccole, gli assi.
Quando, dopo alterne fortune, da moneta d’argento
divenne d’oro e infine di rame, si tramutò in spicciolame,
cosicché denaro assunse il significato di moneta generica senza una specifica valutazione.
dente: lat. dens, dentis; i Romani conoscevano già il dentifricium, ii. Il dentista in italiano può anche chiamarsi
odontoiatra (e odontoiatría la sua specializzazione medica), dal gr. odús, odóntos, “dente”.
deragliare: dal fr. dérailler. L’elemento rail, dal quale la
voce deriva, è di importazione anche per i Francesi; il termine, infatti, è inglese e significa “rotaia”. Come inglese
è guard-rail (la ringhiera laterale delle autostrade e dei
tratti di strada che si affacciano su scarpate) che inizialmente era proprio un pezzo di rotaia.
diavolo: voce del latino dei primi Cristiani, dal greco diabolos, che significava “calunniatore”. Nel greco della
Bibbia c’è invece Satanas, “Satana” (o “Satanasso” come
pure per qualche tempo si è detto), dall’ebraico satan,
“avversario”, “nemico”. Maligno, poi, è come dire “la
stessa essenza del male”.
Anche dal tardo latino deriva demonio, dal gr. dáimon; in
greco la parola non aveva la connotazione negativa che
è propria del pensiero cristiano; in qualche misura questa differenza si è conservata nella quasi impercettibile
diversità delle due voci demònio e dèmone.
Ha a che fare con il “principe delle tenebre” anche il termine comunissimo cattivo. Esso inizialmente significava
“prigioniero” (dal lat. capere, “catturare”, “prendere”);
infatti, cattività è ancora oggi la “mancanza di libertà” e
accattivarsi vuol dire “carpire”, “catturare”. I primi Cristiani usavano dire di chi fosse particolarmente malvagio
che era captivus diaboli, “prigioniero del diavolo”, e così
da “prigioniero”, con un notevole spostamento, la parola ha finito col significare “malvagio”,”perfido”.
didascalia: in greco didaskein significava “insegnare” e
didáskalos era il “maestro”. L’agg. didattico, che inizialmente significava “relativo al genere letterario volto a
impartire insegnamento”, venne in seguito a significare
“riguardante l’attività di insegnamento”, riguardante,
cioè, quello che noi chiamiamo, con un altro derivato, la
didattica.
Si ricordi, a questo proposito, che si chiama autodidatta
“colui che si impegna a imparare da solo senza l’aiuto di
una guida o di un insegnante”.
mismo, “vivacità”, “energia”. Come è facile avvertire già
a orecchio, dynamis è anche alla base delle voci dinamite e dinamo.
diritto: da dirictum per il classico directum con il significato di “diritto” opposto a “storto”. I Latini chiamavano
jus ciò che noi chiamiamo diritto; ed è infatti alla voce
jus che rimandano non solo termini tecnici come giurisprudenza, giurisdizione, giudice, giudicare, giudiziario,
giurare, giuria, ecc., ma anche parole più comuni come
giusto, giustizia, ingiuria e tutti i loro derivati.
disastro: composto da dis e astro (v. astronomia). Poiché
il prefisso dis esprime “negazione” e astro “buona stella”,
disastro acquista il significato di “qualcosa che non
avviene sotto una buona stella”. Da disastro derivano:
disastrato, “molto danneggiato”, e disastroso, “che costituisce un disastro, pieno di disastri”: un quartiere disastrato; un terremoto disastroso.
disciplina: dal verbo latino discere, “imparare” (lo stesso
dal quale deriva discente, “colui che impara”, “alunno”)
ha origine disciplina e i derivati disciplinare, disciplinato, indisciplinato e discepolo. Tuttavia per molti anni si
chiamò disciplina un mazzo di funicelle con nodi ai
capi, usato in alcuni ordini religiosi per battere e per battersi in segno di penitenza; disciplinam dare significava
“punire con la flagellazione” (v. dottore).
discordia: v. accordo e disgrazia
disgrazia: da dis e grazia. Il prefisso dis può esprimere
“negazione” (p. es. onore - disonore) o separazione (p.
es. giungere - disgiungere).
dogana: la voce araba diwan significava “libro dove si
segnano le merci in transito”; con un modesto assestamento di significato la parola ha potuto essere utilizzata
per indicare la dogana.
Ma diwan era anche il “libro sul quale si segnavano le
direzioni del Consiglio di Stato” e il “Consiglio di Stato”
stesso. Da queste accezioni il termine passò a significare
il “seggio sul quale sedevano i ministri” e così la parola
ci è pervenuta nella forma divano. L’Oriente è stato per
secoli un modello in fatto di comodità. Il sofà è di origine turca e l’ottomana dà immediatamente l’idea della
sua origine.
didattica: v. didascalia
difetto: v. defezione
dilettante: dal lat. delectare, “attrarre”, “sedurre”. Dilettare, quindi, è “procurare piacere” e dilettante significava semplicemente “che procura piacere”; in seguito il
termine, probabilmente per influenza del rifl. dilettarsi,
passò a indicare “la persona che coltiva un’arte o si dedica a un’attività sportiva con il solo fine del proprio diletto”. Attenzione: la parola diletto derivata da dilettare è
identica al p. pass. di diligere, “prediligere”, “avere
caro”(p. es. figlio diletto).
dinamica: in gr. dynamis è “la forza” (v. energia). Da quest’idea di forza derivano appunto sia l’agg. dinamico,
“che è dotato di movimento”, sia i sostantivi dinamica,
“parte della meccanica che studia il movimento”, e dina-
doge: dal verbo latino ducere, “condurre”, “guidare” (si
pensi a condottiero) e dal suo derivato dux, ducis
“comandante”, “duce”, si è prodotta un’evoluzione
“politica”: dal comando in battaglia si è passati, cioè, al
governo in tempo di pace, alla guida dello Stato. In italiano tale evoluzione è avvertibile nei termini duca, arciduca: i Veneziani coniarono doge. Dall’equivalente del
verbo ducere in tedesco e in inglese derivano führer e
leader.
domestico: domus in latino era la casa e domesticus
(agg.) significava “relativo alla casa”. Domestico (s. m.)
voleva dire “persona di casa”.
Le parole che derivano da domus sono molte e varie.
Domicilio è la più vicina concettualmente, poi dominus
e domina, “il padrone e la padrona di casa”. Da domina,
a sua volta, deriva il nostro donna e da dominus domi-
DIZIONARIO DI ETIMOLOGIA 511
nare, dominazione, dominio e persino domineddio (v.
domenica alla voce calendario). Per finire il duomo, cioè
la chiesa principale, la cattedrale, non è altro che la
domus episcopi, la “casa del vescovo”; il maggiordomo,
dal latino tardo maior domus, è “il maggiore (servo) della
casa”, “il capo della servitù” nelle case signorili.
dottore: da docère, “insegnare”, in latino correlativo di
díscere, “imparare” (v. disciplina); da docere derivano
docente (“insegnante”), dotto, dottrina. Dottore è dunque
“chi conosce in modo approfondito una materia” al punto
da essere in grado di insegnarla; dottori della Chiesa si
chiamarono nel passato i maggiori scrittori ecclesiastici.
Oggi è dottore “chiunque abbia concepito un diploma di
laurea”, anche se sopravvive l’abitudine di usare questo
titolo soltanto con il dottore in medicina, che meglio
sarebbe chiamare medico, dal lat. mederi, “curare”.
Con qualche enfasi, o nel caso di medico rinomato, si
potrebbe anche chiamarlo clinico, “colui che cura i
pazienti costretti a letto”, come insegna l’etimologia che
fa derivare il termine dal greco klíne (“letto”), da cui clinica (v. politica).
dramma: drammatico, drammaturgo (“colui che scrive
drammi”) e drammaturgia sono tutte parole già greche
che si riferiscono alla rappresentazione teatrale. In tempi
recenti i termini dramma e drammatico si sono caricati di
sfumature che sarebbero pertinenti alla tragedia; la drammaturgia e il drammaturgo ne sono immuni. A riprova di
quanto si è detto, si pensi a espressioni come: farne un
dramma, drammatizzare, sdrammatizzare, ecc.
duomo: v. domestico
E
ecatombe: dal gr. hekatombe, comp. di hekatòn
(“cento”) e bóus (“bue”) (v. ara). Ricordiamo, a proposito
di bous, il celebre cavallo di Alessandro Magno, Bucefalo, “dalla testa (kephalé) di bue”. In un ambito più quotidiano, invece, notiamo che il burro, per secoli chiamato
butirro, deriva anch’esso dal nostro bous e da tyros, il
greco “formaggio”.
ecclesiastico: “della chiesa”, cioè della lat. e gr. ekklesía,
“assemblea”, parola che i primi Cristiani scelsero per
designare il luogo dove si riunivano per pregare (v. basilica). Per molti di noi la chiesa più familiare è la parrocchia, termine che deriva dal greco, precisamente da una
forma verbale che significava “abitare in un luogo senza
esserne cittadini”; i Cristiani, infatti, si ritenevano “stranieri” sulla terra, poiché la loro vera dimora era il cielo.
Si deve invece alla loro umiltà aver scelto anche il termine plebe per indicare la “comunità cristiana”; il latino
plebs divenne poi in bocca al popolo pieve. Infine ricordiamo che da preporre deriva prevosto e che da una parola greca con il significato di “ispettore” deriva il latino episcopus, “vescovo” (v. clero; cfr. domestico, ecologia).
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DIZIONARIO DI ETIMOLOGIA
ecologia: parola moderna (XIX sec.) coniata, come spesso accade, con elementi antichi. La seconda parte è nota:
-logía è “scienza”, “studio”, ecc. Oikos, la voce che è
alla base della prima parte (eco-) significava in greco
“casa”, “abitazione”, ed è passata a indicare “l’ambiente” in generale. Lo stesso genere di modificazione dell’antico significato possiamo notare nella parola economia, che era la “tecnica di amministrare la casa”, ed è
passata poi a significare la “scienza e la tecnica dell’amministrazione delle ricchezze pubbliche e private”. Ritroviamo oikos nelle parole: diocesi, dal gr. dioikesis, prima
“amministrazione (della casa)”, poi “distretto”, “provincia”; e nell’agg. ecumenico, “generale”, “universale”, “di
tutti”; da ecumène, gr. oikomene (ge), “parte della terra
abitata dall’uomo”.
economia: lat. oeconomia, gr. oikonomia, comp. di
oikos, “casa” (v. ecologia) e nomos che, oltre a significare “distribuito”, “ripartito”, ha il significato di “legge”,
“regola”, “diritto”, come si vede nelle parole italiane
autonomia (v.), ecc.
edificare: dal lat. aedificare, comp. di aedes, “dimora”,
“casa” (nel senso di “fabbricato”). Aedes è anche il tempio e attraverso questa accezione si spiega l’origine di
edicola, che prima significò (e significa tuttora in architettura) “tempietto” e dopo essere passata a indicare la
“baracchetta del giornalaio”, ha finito col significare
“rivendita di giornali in genere”. Sono molte le parole
che devono la loro origine al lat. aedes: edilizia, edificio,
edìle (oggi solo associato all’idea del costruire, ma per i
Latini edilità era l’importantissima dignità di magistrato
cittadino).
Si ricordi anche quel “piccolo cortile che dà aria e luce
a locali secondari della casa” che si chiama cavèdio,
appunto da cavum aedium, “il vuoto della casa”, “il cortile interno”. Infine, si segnala una parola che risale al
XIX secolo ed è stata foggiata sul modello di cavedio, per
indicare quell’edificio o quella parte di cimitero dove
sono sepolti gli uomini illustri: il famedio, da fama e
aedes, “casa della fama”.
elettricità: il termine elektor era usato dai Greci nel
senso di “brillante”. Un derivato di questo elektor, cioè
elektron, indicava l’ambra, una resina fossile che, se sfregata, attrae altri pezzetti di materia. Per alludere a tale
fenomeno, nel XVII secolo, si usò l’agg. electricus. Con
Alessandro Volta (dal cognome del quale derivano sia
volt che voltaggio) il termine elettricità e l’elemento elettrocominciano a essere utilizzati con il significato attuale.
Con il passare degli anni si sono prodotte nuove parole e
oggetti: elettromeccanica, elettrotecnica, elettronica,
elettrodomestico, elettrotreno, per citarne solo alcune.
Una curiosità: il nome proprio Elettra significa “bionda
come l’ambra”.
elettronico: v. elettricità
elica: dal gr. helix, “spirale”. La voce è stata utilizzata per
formare elicottero da helix e pteron, “ala”. L’elemento
pteron entra in moltissimi composti scientifici e soprattutto nella denominazione degli ordini degli insetti: dìtteri, “a doppia ala”, imenòtteri, “che hanno le ali a membrana”, ecc.
enciclopedia: nel senso in cui noi la usiamo, la parola
risale al 1751, anno in cui fu pubblicata l’Encyclopédie
a cura di D’Alembert e Diderot. I due grandi illuministi
trassero questo termine ancora una volta dal greco. Già
dai tempi più antichi in greco vi era una locuzione per
indicare la “formazione completa, complessiva di un
giovanetto”, “un’educazione ciclica, circolare”: enkyklios (“circolare”) paideia (“educazione”). Saldando queste due parole è nata l’enciclopedia e da essa i derivati
enciclopedico, enciclopedismo.
Per quanto attiene al primo termine, cioè enkyklios, v.
circuito; a proposito di paideia, “educazione”, invece, la
parola greca è un derivato di pais, paidós, “fanciullo”; da
cui paidagogos, che era per i Greci “colui che istruisce
(lett. conduce) i fanciulli”. Ai nostri giorni pedagògo,
pedagogia e pedagògico indicano rispettivamente “l’educatore”, “la teoria dell’educazione” e “ciò che è educativo o riguarda l’educazione” (v. didattica).
aggiuntiva” era una scena della tragedia compresa fra
due parti cantate. Da questo iniziale significato il termine è passato a indicare un qualunque “avvenimento
secondario” all’interno di una narrazione, per diventare,
infine, quasi un sinonimo di “fatto”. Vi sono in italiano
altri importanti composti di hodos, nei quali fra l’altro è
più o meno ravvisabile il significato di “via”, sia in senso
letterale come in esodo (da ex, “fuori”, e hodos, cioè
“uscita”), sia in senso fig. come in metodo (da metá
hodos, “via che porta oltre”) o in periodo (da peri hodos,
“strada intorno”, “giro”).
endecasillabo: dal gr. hendeca, “undici”, e syllabe, “sillaba”; come decasillabo da deca, “dieci”; si osservi che
procedendo a ritroso nella classificazione dei versi in
base al numero delle sillabe, dall’origine greca si passa a
quella latina: novenario, ottonario, settenario, senario,
quinario, quaternario, ecc. Dal gr. hex, “sei”, e metros,
“metro”, deriva la parola esametro, il verso greco-latino
formato da sei piedi. Piede è la più piccola unità ritmica
di un verso, formato di due o più sillabe.
Per quanto riguarda, invece, la classificazione delle parole in base al numero delle sillabe, avremo: monosillabe,
bisillabe, trisillabe, ecc.
esigere: v. peso
energia: dal gr. enérgeia, “forza”. Quando si trattò di formare l’aggettivo che indicasse “ciò che è dotato di energia” si rimase per un po’ incerti fra energico ed energetico; poi prevalse la prima ipotesi con l’allargamento di
significato ancora oggi corrente: energico “forte”, “sicuro”, “risoluto”. Col passare del tempo il termine energia
andò conquistando terreno nel senso proprio della scienza fisica: energia elettrica, energia nucleare, ecc. La
necessità di un aggettivo che si riferisse a questo tipo di
energia fece recuperare energetico; quindi crisi energetica, fabbisogno energetico, alimento energetico, cioè
“che produce energia”.
Va ricordato inoltre che la parola greca energeia è un
comp. di en (“in”) ed ergon (“opera”); si trattava insomma per i Greci di una “forza dispiegata”, “attuale”, distinta dalla forza potenziale che essi chiamavano dynamis (v.
dinamica).
Per concludere, un cenno a ergon, “opera”, “lavoro”, elemento, che entra nella formazione di termini come chirurgo e chirurgia (da cheir, “mano”, ed ergon), metallurgia (“il lavorare i metalli”), ecc.
esercito: inizialmente in latino exercitus significava
“esercizio”, poi “esercitazione militare”, infine, “insieme
di soldati”.
Il soldato si chiamava miles, militis, “milite”, che è la
voce dalla quale derivano milizia, militare, ecc.
Soldato, invece, deriva da soldo, “paga del soldato”.
estetica: la voce deriva dal greco, ma in greco significava semplicemente la “facoltà di percepire”. In epoca
molto più vicina (XIX secolo) con il termine estetica si
cominciò a indicare la “teoria del bello nell’arte”; ma il
rapporto fra questa parola e la bellezza è andato oltre.
Abbiamo la chirurgia estetica, cioè “la rimozione chirurgica di gravi difetti che deturpano l’aspetto di una persona” e l’estetista, che è un esperto dei mezzi cosmetici
(v. cosmo) per migliorare l’aspetto.
età: dal lat. aetas, aetatis che a sua volta deriva da aevitas, aevitatis e questa da aevum, i: “tempo”, “evo” (in italiano ormai solo nelle denominazioni evo antico, medio
evo, evo moderno). Era, invece, deriva dal pl. di aes,
aeris (“quantità”) e significava “data dalla quale s’iniziano a contare gli anni”. Dal greco epoche (asteron), “posizione degli astri” e, quindi, “periodo di tempo”, “era”,
“età”, infine, deriva epoca.
Per concludere, da evo derivano eterno (aeviternus, poi
aeternus), primevo e longevo.
eterno: v. età
evo: v. età
F
entusiasmo: gr. enthousiasmos, deriv. di enthousiazein
(da en, “in”, e theos ,“dio”): “essere ispirato in dio”, cioè
“essere nello stato di esaltazione dell’indovino, del
sacerdote, del poeta” quando sono ispirati. Una condizione in qualche modo simile all’estasi (“stare fuori” sott.
“della mente”) o al delirio (dal lat. delirare, “uscire fuori”
dal solco, la “lira”, cioè zolla di terra; la locuzione “uscire fuori dal seminato” deriva proprio da delirare).
fama: dal lat. fama, ae derivato di fari, “parlare” (v. fiaba).
Il termine in sé è neutro, cioè andrebbe specificato parlando di fama se questa è buona o cattiva. Certo, si dice
godere di ottima fama o di cattiva fama, ma la parola,
usata senza altre specificazioni, sembra possedere una
sfumatura positiva. Sicuramente negativo, invece, il significato di famigerato.
episodio: gr. epeisodion, comp. di epí, “di nuovo”, éis
“verso”, e hódos, “via”; per i Greci questa “entrata
famiglia: in latino famulus, i è il servo. Il termine ha per
molto tempo conservato il significato di “servitù”. Non è
DIZIONARIO DI ETIMOLOGIA 513
raro imbattersi nel termine famiglio per “servo” ed è famosissimo il verso leopardiano Apre terrazze e logge la famiglia (La quiete dopo la tempesta). Da famulus nasce la
parola famiglia, l’istituzione sociale di base della società.
fascismo: la parola fascio dal lat. fascis, is ha conservato
il suo significato anche nei derivati fascina e fastello;
fasciculus, invece, che per i Latini era un “piccolo
fascio”, dal XIX secolo significa “dispensa”, “singolo
numero di una pubblicazione periodica” e, infine, “insieme di fogli e di carte”. Ma fascio tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo assunse il significato di “associazione”, “unione di lavoratori”; da una di queste organizzazioni prese l’avvio l’uso del termine fascista e in seguito
di fascismo, che Mussolini rinsaldò nel 1919 fondando i
fasci di combattimento e adottando, di lì a non molto, il
fascio littorio (già romano; littorio è un deriv. di ligare)
come simbolo del Partito Nazionale Fascista.
fase: v. fenomeno
fato: dal lat. fatum, i; da fari “parlare” (v. fiaba). Dal pl.
di questo termine deriva fata; i derivati fatale, fatalità,
erano già latini.
fauci: dal lat. faux, faucis (usato prevalentemente al plurale fauces, faucium) derivano sia fauci che foce, con
uno spostamento di significato abbastanza intuibile.
Dalla stessa voce derivano anche affogare e soffocare.
fauna: nella mitologia classica Fauna era figlia o moglie
del dio Fauno; tali voci sono da avvicinare al lat. favère,
“favorire (la crescita degli animali)”. Flora, invece, era la
dea dei fiori, appunto dal lat. flos, floris, “fiore”. Sia flora
che fauna vennero introdotti nella terminologia scientifica, rispettivamente, nei sec. XVII e XVIII.
federazione: dal lat. foederatio, onis e questo da foedus,
foederis, “patto”, “alleanza”. Federati per i Romani erano
quei popoli con i quali avevano un rapporto di amicizia;
infatti, fedifrago (da foedus e frangere, “rompere”) significa “chi rompe i patti”.
fenomeno: il verbo greco phaínein (“apparire”) è all’origine di molte parole, fra le quali fenomeno (“cosa che
appare”) e fase (“apparizione di un astro”, “ciascuno
degli aspetti mutevoli e osservabili di un astro”).
L’apparizione dall’alto di una divinità era per i Greci una
epifania; tale termine fu adottato dai Cristiani per indicare i momenti della vita di Gesù accompagnati da
“manifestazioni della sua divinità”: la stella cometa e la
nascita, il battesimo, le nozze di Cana. A livello popolare il termine è diventato prima befanìa, poi befàna.
fiaba: come favola e confabulare, deriva dal lat. fari,
“parlare”. Oltre ai già citati fama e fato (v.), derivano da
fari: favella, favellare e facondia. Di un bambino molto
piccolo, che non fosse ancora in grado di parlare, si diceva che era infans, cioé “infante”, “non parlante”, con una
nutrita schiera di derivati: infanzia, fanciullo, fantesca,
fante, fanteria, fantino, fantolino, fantoccio.
fiamma: da un aggettivo latino flammiferus, “che porta
fiamma” si ricavò il sostantivo fiammifero. I composti
con il verbo latino ferre (“portare”) di cui si è utilizzato il
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DIZIONARIO DI ETIMOLOGIA
derivato -fero, sono in italiano una moltitudine; si va
dalle voci più antiche, p. es. mortifero, vessillifero, crocifero, Lucifero, ecc., ai neologismi, p. es. frigorifero, calorifero. Dal corrispondente verbo greco phorein si è tratto, come secondo elemento di parole composte, il derivato -foro: Cristoforo, semaforo (da sema, “segno”), fosforo (che è pari pari lucifero da fos, “luce”).
fiato: dal lat. flatus, i e dal v. flare una doppia tradizione:
accanto a fiato, fiatone, affiatamento, la tradizione colta
con afflato, insufflare, flabello. Dal verbo flare, ma più
propriamente dai suoi composti, derivano inoltre: soffiare, soffio, soffione, gonfiare, inflazione.
filo: deriva dal lat. filum, i, che, essendo una parola di
genere neutro, aveva il pl. in -a: fila. Ebbene tale neutro
plurale, come in altri casi (v. arma), è diventato in italiano una voce femminile singolare, ma con il plurale regolarissimo: file. Esistono quindi due termini (che hanno fra
l’altro significati diversissimi): il filo e la fila che al plurale fanno, rispettivamente, i fili e le file; filo conserva in
particolarissimi casi il plurale le fila.
filosofia: da philosóphia, parola greca comp. di filo
(“amore”, “simpatia”, “disposizione”) e sófia (“saggezza”). Il primo termine della voce si incontra in molti altri
composti: filantropo (benefattore, da filo, “amore”, e
anthropos, “uomo”), filodrammatico (che si dedica al
teatro per passione), filatelia (collezionismo di francobolli), ecc.
Per quanto riguarda il secondo elemento non vi sono, in
verità, derivati che abbiano attecchito nel linguaggio
comune se non quelli che discendono da sofista.
Il sofista nel mondo greco era un maestro di saggezza.
Socrate stesso sembra sia stato un sofista. Spesso i sofisti
ricorrevano, nelle loro argomentazioni, a complicati artifici retorici: da questa consuetudine traggono origine i
termini sofisma (“ragionamento cavilloso”) e sofisticare
che, da “ragionare per sofismi” (v. intr.), ha finito col
significare “alterare fraudolentemente la genuinità dei
prodotti alimentari” (v. tr.); infine, sofisticato conserva il
significato di “raffinato”, “ricercato”, pur continuando a
svolgere le sue funzioni di p. pass. di sofisticare (v. tr.).
fisica: per i Greci physis era la “natura” e quindi la fisica
rappresentava per loro un terreno di indagine vastissimo
e sterminato rispetto a come oggi consideriamo questa
particolare materia, anche grazie alla specializzazione
della ricerca scientifica. A ogni modo un derivato di fisica, cioè fisio-, è rintracciabile in alcuni composti con il
significato di “natura” o “che si riferisce al corpo
umano”: p. es. fisiologia, fisioterapia, fisionomia (un
tempo “disciplina che si proponeva di individuare le
caratteristiche spirituali dell’uomo dal suo aspetto fisico”
e oggi solo “aspetto esteriore della persona”).
fiuto: v. olfatto
foce: per l’etimologia del termine v. fauci. Foce a delta, o
anche solo delta, cosiddetta dalla forma della quarta lettera dell’alfabeto greco “∆“ corrispondente alla nostra
“D”. Foce a estuario, o anche solo estuario, da un derivato del lat. aestus, “calore” (dalla stessa radice di estate).
forma: dal lat. forma, ae e questa dal gr. morphé (per
metàtesi che è “la trasposizione di suoni all’interno di
una parola”, p. es. palude-padule; interpretare-interpetrare, ecc.). Dalla voce latina derivano formare, informare, deformare, conformare, riformare, trasformare e
deriv.; formale, formalità, formalismo; informe, deforme,
uniforme, multiforme; e, attraverso il francese fromage
(in Italia si diceva “cacio” dal lat. caseus, i, sopravvissuto in prodotto caseario, caseificio, ecc.), formaggio.
Dalla voce greca: morfologia (studio della forma, insieme delle caratteristiche formali), antropomorfismo,
amorfo (con alfa priv., “senza caratteristiche definite”).
Formula, per concludere, è diminutivo di forma.
formula: v. forma
frutto: dal lat. fructus, us (nell’evoluzione di questa parola è probabile che sia comparsa una forma di genere neutro, la quale sola può spiegare l’esistenza di le frutta e del
generico la frutta, v. filo) con i numerosi derivati: fruttifero, fruttuoso, infruttuoso, fruttificare, ma soprattutto dalla
stessa radice del v. fruire, “usare qualcosa traendone vantaggio”, e di fruges, um, “i frutti della terra”. Discendono
inoltre da tale radice: frumento, frugale, “persona che si
nutre sobriamente” anche fig.
La parola frugivoro (“che si ciba solo di frutti della terra”)
è stata costruita con gli elementi fruges e voro sul modello di carnivoro, erbivoro, onnivoro (“che consuma alimenti sia animali sia vegetali”, come l’uomo). Il verbo
latino vorare, “divorare”, “mangiare avidamente” (dal
quale derivano vorare, voracità, ecc.), condivide con l’elemento di origine greca fago e fagia la funzione di formare parole che si riferiscono all’atto del mangiare. Si
ricordino antropofago, antropofagia (“cannibale”, “cannibalismo”), ecc.
fucile: dal latino focus, “fuoco”, è derivato (petram) focile, “acciarino”, da cui archibugio a focile, quindi fucile,
la parte per il tutto.
fuoco: lat. focus, i; per gli antichi focus era il focolare
domestico; il fuoco in senso stretto si chiamava ignis. Vi
è traccia di questa distinzione nell’uso, protrattosi fino al
secolo XIX, di indicare nei censimenti e nelle statistiche
il numero delle famiglie come numero di fuochi. Comunque in italiano fuoco ha avuto il sopravvento su ignis, il
quale pure sopravvive in termini di uso colto e scientifico quali igneo, ignifugo, in concorrenza con il greco pyr,
dal quale derivano la polvere pirica, lo spettacolo pirotecnico e il piromane.
fuso: lat. fusum, i (o fusus, i); il termine ha avuto una certa
fortuna in alcune espressioni metaforiche che ne giustificano la diffusione al di là dell’ormai scomparso oggetto
che serviva per filare. Non sempre però è evidente il
nesso che lega le espressioni ancora in circolazione al
fuso vero e proprio. Se dritto come fuso non ha bisogno
di alcuna spiegazione, il fuso orario si spiega con la somiglianza fra la superficie terrestre delimitata da esso (stretta alle estremità e più larga al centro) e il fuso propriamente detto. Quanto alle fusa del gatto, va precisato che
fusa (f. solo pl.) è il residuo del neutro plurale latino (v.
filo, arma) e vuol dire “i fusi”; l’espressione trova quindi
una giustificazione nel fatto che il gatto, quando assume
questo suo specialissimo “atteggiamento”, produce un
rumore molto simile a quello di più fusi in azione.
G
galassia: dal gr. galáxia ky’klos, “il cerchio della via lattea”. La fortuna del termine, più che alla somiglianza dell’insieme delle stelle al “latte di Giunone”, che è l’immagine dalla quale deriva (Giunone, Era per i Greci, la regina degli dei in quanto moglie di Giove), sembra sia da
attribuire all’inglese galaxy, che significa “riunione di
cose molto belle”.
Il nostro termine latte deriva dal latino lac, lactis; le parole lattante, lattaio, latticino, lattiginoso, lattescente, lattuga (perché emette un succo bianco) testimoniano che
nell’uso comune non si è avuto bisogno di ricorrere al
greco gala, galaktos, come è invece avvenuto nel linguaggio scientifico, dove le derivazioni dal greco sono
molto più diffuse: galattosio (componente dello zucchero del latte), galattoforo, ecc.
galateo: caso di nome proprio diventato nome comune.
Negli anni fra il 1551 e il 1554 monsignor Giovanni della
Casa compose un “manuale di buone maniere” che ebbe
in seguito una immensa fortuna. Il manuale si intitolava
Il Galateo perché il della Casa lo aveva dedicato a
Galeazzo Florimonte (Galeazzo alla latina, Galatheus)
che l’aveva incitato a comporlo.
galea: termine che deriva dal greco dei Bizantini (X secolo) trasformato poi in galera e rimasto in tale forma a indicare spreg. il carcere. I galeotti erano i “condannati ai
remi sulle galee” e, seguendo la degenerazione di galera, in seguito sono diventati “i carcerati”.
gas: v. caos
gastronomia: parola moderna formata con elementi antichi
greci: gaster, gastros (“ventre”, “stomaco”) e nomia (“regola”). Gastro (o gastero) è lo stomaco in tutti i composti della
medicina; è genericamente il “ventre” nelle altre voci
scientifiche. Nel linguaggio comune prevalgono “pancia”,
“ventre”, “stomaco” sia in senso letterale che figurato.
Intestino, lat. intestina (n. pl.), è un aggettivo sostantivato
derivato da intus (“dentro”) ed esistente anche in italiano
(p. es. lotte intestine, cioè all’interno di un gruppo, di un
partito, ecc.)
Curiosa l’etimologia di fegato; i Greci lo chiamavano
hepar (e ancora oggi l’agg. “relativo al fegato” è epatico),
ma in seguito cominciarono a chiamarlo (specie quello
animale) sykoton, a causa della consuetudine di rimpinzare di fichi, sykon, oche e maiali destinati alla tavola, provvisti di un grosso fegato. I Latini fecero propria questa consuetudine e da ficus, fico, chiamarono ficatum il fegato.
generale: dal latino general, generalis a sua volta da
genus, generis, “genere” (v.).
genere: lat. genus, generis (v. generale) deriva dal verbo
latino gignere, “generare”. Vi è una moltitudine di parole che, avendo a che fare con l’idea di “generazione” e
di “creazione”, discendono da gignere. Genio e ingegnere; ingegno e congegno; genesi, genetica, genìa e
genealogia; generalità e generatore; generoso, genitore,
genero, congenito, primogenito, ecc.; genitivo, ingenuo
DIZIONARIO DI ETIMOLOGIA 515
e genitale; gente, indigeno, progenie e genocidio; ancora omogeneo, eterogeneo, fotogenico, ecc.; ossigeno
fumogeno, spinterogeno, ecc.
Alla stessa radice può farsi risalire anche germe, con germogliare, germinare, e germano, “fratello che è figlio
dello stesso padre e della stessa madre”.
gentile: gente (v. genere), in latino gens, gentis, aveva inizialmente il significato di “gruppo di coloro che hanno
un capostipite comune” e gentile, in latino gentilis, e
significava “della stessa stirpe”; si trattava, insomma,
della nobiltà e di coloro che potevano vantarla e dimostrarla. Da questa nozione originaria fu tratto in epoca
medievale l’aggettivo gentile (v. corte e cortesia).
Il sostantivo, invece, subì già in epoca classica delle
sostanziali modificazioni. Gens cominciò a significare
“razza”, “popolo”, continuando a mutare significato fino
al totale capovolgimento: gentiles allora furono dette le
popolazioni non romane dell’impero. E i primi Cristiani,
dal canto loro, designarono con il termine gentiles i non
cristiani, i pagani.
geografia: parola comp. di geo e grafía. Geo- è il gr. ge,
“la Terra”, ed entra nella formazione dei più vari composti: geofisica, geopolitica, geologia, geometria (v.), geotermico, ecc.; non è solo prefisso (v. apogèo, geoide).
geoide: termine coniato alla fine del secolo XIX utilizzando il gr. ge, “la Terra”, e il suff. oide che significa
“simile a”, “a forma di” (p. es. asteroide, metalloide, ecc.)
e che ha avuto una certa fortuna anche fuori dall’ambito
scientifico: intellettualoide, pazzoide, ecc. (sempre,
come si vede, con una certa irrisione).
geometria: etimologicamente geometria è “misurazione
della Terra” (v. geografia) e, in questo senso, appare più
coerente con l’attività del geometra che con quella dello
studioso di geometria; si badi, poi, che nel passato col
termine geometra si designava anche il matematico, e a
misurare e a fare rilevamenti andava l’agrimensore,
comp. di mensor (“misuratore”) e agri (”della terra”, v.
agricoltura), calco latino sul termine greco.
gerarchia: il termine deriva dal greco, precisamente da
un composto dell’elemento archia, del quale si è detto (v.
aristocrazia), che significa “comando”, e di hieros, che
vuol dire “sacro”; quindi, nel mondo greco il gerarca era
“il capo delle funzioni sacre”.
germe: v. genere
ghetto: la parola deriva dal nome di un’isola di Venezia
sulla quale in antico funzionava una fonderia (in veneziano gheto); quando su questa stessa isola vennero poi
confinati gli Ebrei, la voce da nome proprio divenne
nome comune e dal veneziano passò all’italiano.
ghibellino: la contrapposizione fra Guelfi e Ghibellini
risale ai primi anni del XIII secolo. In Italia essa fu importata dalla Germania dove era nata, avendo preso i seguaci degli Hohenstaufen e fautori dell’impero il nome di
Ghibellini (dal castello di Wibeling in Franconia) e i
nemici dell’imperatore e favorevoli a un accordo col
papato il nome di Guelfi (dai Welf, duchi di Baviera).
ghigliottina: dal francese guillottine, dal nome del medico Guillotin che nel 1789 ne propose l’adozione all’As-
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DIZIONARIO DI ETIMOLOGIA
semblea Nazionale. Fu l’uso a sancire la definitiva affermazione del termine; il terribile strumento di morte,
infatti, doveva chiamarsi louison o più gentilmente louisette dal nome del suo inventore Antoine Louis, chirurgo.
giacobino: dal nome dei frati del convento di S. Giacomo
a Parigi, dove nel 1789 si riunirono un gruppo di rivoluzionari che decisero, fra l’altro, di assumere tale nome.
giubileo: l’espressione “capro espiatorio” viene usata ai
nostri giorni per indicare “colui al quale si addossano i
torti o le colpe altrui” (p. es. “Non ci sto a fare da capro
espiatorio!”, detto da una persona ingiustamente accusata). Per il popolo ebraico, invece, si trattava di una grande
solennità religiosa. Ogni 50 anni, nel giorno dell’“espiazione” (kippur), si celebrava una festa durante la quale si
caricava simbolicamente un capro dei peccati del popolo
e lo si allontanava. Ebbene, il capro si chiamava in ebraico iobel e la festa iobelaios. La solennità è entrata poi
nella tradizione cristiana, col nome di giubileo, a indicare quel particolare anno (ogni 50 o 25), durante il quale il
Pontefice rimette integralmente i peccati a quei fedeli che
compiono opere meritorie. Un’altra importantissima
solennità religiosa che il Cristianesimo ha mutuato dalla
tradizione ebraica è la Pasqua. Pasqua è dall’ebr. pesah,
“passaggio”, poiché con essa si commemorava l’uscita
degli Ebrei dall’Egitto; per i Cristiani la festa rappresenta,
invece, (la passione, la morte e) la resurrezione di Gesù
Cristo, intesa come “passaggio” alla vita eterna.
goccia: dal latino gutta, ae, attraverso il latino parlato
guttia. Deriva dal latino gutta anche la gotta, “malattia
che consiste in un deposito di acido urico nelle articolazioni”, che colpisce specialmente i piedi (podagra) o le
mani (chiràgra).
gotico: bisogna fare attenzione a non confondere
l’accezione propria del termine: gotico = dei Goti, della
popolazione dei Goti, con l’arbitraria attribuzione a essi
di uno stile architettonico, il gotico appunto, fiorito più di
seicento anni dopo la fine della dominazione di questo
popolo germanico.
grafia: v. biografia
grafico: v. biografia
greto: il punto di partenza per la ricostruzione dell’origine della parola è ghiaia (in latino glarea, ae), dalla quale
si è avuto un esito ghiara e una modificazione in ghiareto, trasformatosi poi in greto.
guelfo: v. ghibellino
I
iconoclasta: icona è l’immagine sacra dipinta su tavola
tipica dell’arte religiosa bizantina e russa. La parola deriva dal greco eikon. Da un verbo greco che significava
“rompere” deriva la seconda parte di iconoclasta.
In greco, però, icona significava genericamente “immagi-
ne” e in questo senso ci spieghiamo composti tipo iconografia, “elencazione delle immagini e raffigurazioni relative a un soggetto”. La ricerca iconografica è quella che
ci permette, attraverso lo spoglio del maggior numero di
immagini in nostro possesso, di ricostruire, ad esempio,
l’interno di una casa del ‘600, l’abbigliamento di un’epoca ormai remota, e così via.
idolo: dal lat. idolum, che deriva dal greco eidolon,
“immagine”. Il termine è andato via via specializzandosi
fino a designare esclusivamente “una statua di un falso
dio”. La stessa parola composta idolatria ha una sfumatura negativa rispetto a religione.
idrografia: del secondo elemento di cui è composto questo termine si è detto (v. biografia). Quanto al primo, idro,
esso deriva dal greco hydor, “acqua”. Possiamo affermare che tutte le parole composte o derivate che hanno a
che fare con acqua sono tratte da hydor: idrico, idraulico, idrofilo, idrofobo, idrosolubile, idrovolante, ecc.
Una curiosità: ha a che fare con -idro pure la clessidra
che, per quanto venga rappresentata quasi sempre a sabbia, era anche ad acqua e il suo nome è composto di
kleptein, “rubare” (quello stesso di cleptomane, “ladro
involontario”), e hydor.
illudere: dal latino illudere, comp. di in con funzione
rafforzativa e ludere, “scherzare”, “giocare”. Ludere e il
sostantivo ludus sono termini attualmente di gran moda;
si parla di attività ludiche, cioè giocose, ed esistono
“locali dove tenere occupati a giocare per qualche ora i
bambini”, che si chiamano ludoteche (v. biblioteca).
I Latini, invece, tenevano distinti i due termini ludus e
iocus; al primo attribuivano il significato che noi diamo
a “gioco”, al secondo il significato di “scherzo”, “gioco
di parole”, “facezia”. Per tornare al nostro illudere, diremo che con gli stessi adattamenti concettuali che sono
alla base di in-ludere, si comprendono ad-ludere “alludere” e de-ludere “deludere”.
imbrogliare: deriva dal francese antico brou, “brodo”, e
brouiller, “sbrodolare”; stando all’etimologia sembrerebbe che il primo significato del termine sia stato quello di
confondere le idee a qualcuno più che con l’intenzione
con il “fare confusione”; tale significato attualmente è
espresso ancora con incisività dall’intr. pron. imbrogliarsi, “fare confusione”. In questo senso è molto curiosa la
somiglianza con la metafora che è alla base della voce
italiana impappinare e impappinarsi, dove pappina,
diminutivo di pappa, sta al posto dell’antico “brodo”
francese.
incentivo: dall’aggettivo latino incentivus (deriv. del v.
incinere e questo da in e canere, “cantare”) “che dà tono
al canto”, “animatore”, divenuto in seguito sostantivo
maschile con il significato di “stimolo”.
indigeno: dal lat. indigena, comp. di indu e gena, “che è
nato in” (v. genere). Da notare che in italiano abbiamo
anche la voce, strutturalmente analoga, endogeno: “cosa
che avviene e si produce all’interno”. Il prefisso endo
vale sempre “in”, “all’interno” e al suo opposto troviamo
eso, “esterno”, “all’esterno” (p. es. esotico, esosfera,
“l’involucro più esterno dell’atmosfera”).
inerzia: deriva da inerte (lat. iners, inertis) che risulta
composto dal prefisso in con valore negativo e arte (lat.
ars, artis) nel senso di attività, abilità.
inferiore: dal comparativo latino di inferus “che sta sotto”.
Gli inferi erano nella mitologia gli abitanti del mondo sotterraneo, “i morti” (o come anche si diceva dal gr. Haides,
l’Ade). Da un doppione latino di inferus, e cioè infernus,
a, um, i Cristiani hanno tratto il sostantivo inferno.
inflazione: v. fiato
insetto: la voce deriva da un calco (v. accento) latino sul
greco entomoion (zoion), “(animale) segmentato”; il
greco entomoion deriva da en, “in”, e temnein, “tagliare”
(v. atomo) e i Latini con gli stessi elementi in, “in”, e secare, “tagliare”, fecero insecta, “(gli animali) segmentati”.
Da notare che lo “studio degli insetti” si chiama, dal
greco, entomologia ed entomologo lo studioso di questa
disciplina.
insieme: dal latino simul che nel parlato aveva assunto la
forma insimul e successivamente insemul. Come sostantivo maschile il termine, però, deriva dal francese ensemble.
inventare: da invenire, verbo latino composto di in e
venire, “venire dentro”; quindi, quasi un “imbattersi”,
“trovare”; nel senso stretto il termine non ha più corso:
ne è rimasta una piccola traccia in quell’operazione che
si fa per ritrovare facilmente le cose, l’inventario.
ipotenusa: dal greco hypoteinousa, “(linea) tesa sotto”; il
prefisso greco italianizzato ipo indica sempre “inferiore”,
“in basso”, “basso”, “sotto”: p. es. ipogeo, “sotto terra”;
ipotesi, “la tesi sulla quale poggia il ragionamento”; ipodermoclisi, “introduzione di sostanze (lett. klysis, “lavanda”) sotto (ipo) la cute (dermo); ipoacusia, “abbassamento dell’udito”.
ipotesi: v. ipotenusa
ispirazione: dal verbo ispirare, latino inspirare, “soffiare”;
anche in italiano abbiamo un inspirare, con il significato, però, di “introdurre aria nei polmoni”. L’espulsione di
quest’aria dai polmoni costituisce l’atto dell’espirare;
mentre l’insieme delle due azioni si chiama respirare.
L
labirinto: labirinto si chiamava la reggia di Minosse, re di
Creta; ma, secondo il mito, Minosse avrebbe fatto
costruire a Cnosso un luogo così complicato e intricato
dal quale non si potesse uscire, per rinchiudervi il Minotauro (mostro, mezzo uomo e mezzo toro) e avrebbe
commissionato l’opera a Dedalo, famoso architetto ateniese. Concluso il lavoro, Minosse, però, avrebbe fatto
imprigionare nel labirinto lo stesso Dedalo con il figlio
Icaro, ma i due sarebbero riusciti a fuggire costruendosi
DIZIONARIO DI ETIMOLOGIA 517
delle ali con piume di uccello e cera. Durante il volo
Icaro, per essersi avvicinato troppo al sole, sarebbe precipitato in mare; Dedalo, invece, avrebbe raggiunto sano
e salvo la Sicilia.
Tutto questo spiega perché il termine dedalo (un dedalo
di viuzze) è una sorta di sinonimo di labirinto.
lapide: dal latino lapis, lapidis. Oggi è solo “la pietra
sepolcrale”; la voce pietra (v.) infatti ha prevalso in ogni
accezione. Ancora sussiste, tuttavia, uno stile lapidario
che, per essere quello delle “iscrizioni su pietra”, deve di
necessità avere carattere “conciso”, “stringato”. Si ricordi inoltre che il verbo lapidare è quel “buttare qua e là
come pietre”: cioè più familiare dilapidare. Lapis, poi, se
qualcuno ancora usa questa parola, è la “matita”: lapis
haematitos, “pietra di ematite” si chiamava inizialmente
(ematite: “(minerale) del colore del sangue”, dal gr.
haima dal quale i prefissi italiani emo ed emato, “sangue”: cfr. emostatico, emorragia, ematologia, ecc.).
Per concludere citiamo lapislazzuli, “pietra azzurra” (v.
cielo).
macchina: la parola, nonostante i suoi odierni significati,
è antichissima. I Greci prima e i Romani poi, oltre a
disporre di macchine da guerra, avevano quella che nel
mondo antico era la macchina per eccellenza, la “macina” dal lat. machina; un grande sasso, di quelli che potevano essere usati per macinare, era un machineum, un
“macigno”. Quando quel macigno veniva messo a girare
e a macinare si chiamava mola, un derivato di quel verbo
mólere (“macinare”) dal quale pure derivano il mulino e
i molari, cioè quei denti che triturano i cibi. Da macinare si fece un macinulare dal quale ha origine maciullare.
Da macchina derivano: meccanica, meccanico, meccanismo, ecc.; macchinario, macchinista, macchinazione,
ecc.
lato: dal latino latus, lateris che sopravvive nella schietta
forma latina nell’espressione giudice a latere, “ciascuno
dei giudici che insieme al presidente formano una corte”.
Deriva da lato l’agg. laterale. Non hanno niente a che
vedere con latus, lateris invece né la latifoglia, né il
latifondo, né la latitudine, i quali derivano dall’aggettivo
latino latus, a, um (“largo”, “spazioso”, “esteso”), come
nell’espressione in senso lato (o alla latina lato sensu),
contr. di in senso stretto (o alla latina stricto sensu).
maestro: dal latino magister, i e questo da magis (“più”)
con un iniziale significato (politico) di “capo”; qualcosa
che ha a che fare con questo significato sopravvive in
magistrato, magistratura, nel muro maestro, nel libro
mastro, nel vento maestrale, nella vela e nell’albero di
maestra. La filiazione più diretta della parola ci conduce
a maestro e a magistero. All’opposto di magis troviamo
minus e minister (“servitore”), che tuttavia, attraverso il
verbo ministrare (“amministrare”), sale di grado fino ad
arrivare a ministro e ministero. Sopravvive però qualche
traccia delle umili origini: da ministerium provengono
mestiere e menestrello e da ministrare, amministrare,
somministrare e la fumante minestra.
lecito: dal latino licère, “essere permesso”, dal quale
derivano pure licenza, licenzioso, liceità. Importante
tenere distinti lecito (“consentito dalla norma o dalla
morale”), legale (“di legge”, “riconducibile alla legge”) e
legittimo (“rispondente a quanto la legge prescrive”).
Non sembra per niente facile rispettare nel linguaggio
corrente tale distinzione, ma un aiuto può venire dai
contrari: illecito è “non consentito”, illegale è “contrario
alla legge”, illegittimo è “privo di validità giuridica”.
licenza: v. lecito
liturgia: dal greco leitourgía, comp. di leiton, “luogo
degli affari pubblici”, e ergon, “lavoro”, quindi “servizio
di pubblica utilità reso dai cittadini allo Stato”. La parola
è stata scelta nel tradurre in greco la Bibbia per rendere
un termine ebraico che significava “servizio del tempio”.
locuzione: dal lat. locutio, locutionis da loqui, “parlare”;
da questo termine derivano molte parole: eloquio, eloquenza, loquace, loquacità, interloquire, loquela, colloquio, soliloquio, turpiloquio, vaniloquio, ventriloquo.
logica: da logos, “ragionamento”, “discorso”; già i Greci
avevano tratto logikós e logiké (téchne) ed i Latini logicus, a, um e (ars) logica.
lordo: dal lat. luridus, a, um, “lurido”, attraverso il latino
parlato lurdus; ugualmente nitidus, a, um, “nitido” poi
“netto”. Tara, invece, deriva dall’arabo, Tarh, “detrazione”.
In Italia il peso lordo era chiamato anche peso brutto e
tale espressione, della quale in Italia si è persa la memoria, venne adottata da numerose altre lingue europee.
518
M
DIZIONARIO DI ETIMOLOGIA
magnetismo: derivato di magnete e questo dal greco
lithos (v. pietra) magnes, “pietra di Magnesia”, che aveva
la proprietà della calamita.
Con il XIX secolo e la scoperta del magnesio arrivano i
lampi di magnesio e l’ossido di magnesio, detto
confidenzialmente magnesia; dal greco bizantino
magnesion deriva manganese; un recente neologismo è
il termine magnetofono.
La città di Magnesia si chiama oggi Manisa.
malinconia: secondo l’antica medicina vi era una stretta
relazione fra lo stato di salute dell’uomo e il suo carattere. Si credeva, cioè, che gli umori, le “sostanze liquide in
circolazione nell’organismo” (dal lat. umére, “essere
umido”) interagissero e di essi, che erano quattro: flemma, sangue, bile gialla e bile nera, prevalesse ora l’uno
ora l’altro, determinando il temperamento del soggetto. Il
temperamento, dunque, poteva essere: flemmatico, sanguigno, bilioso, atrabiliare. L’atrabile (dal lat. ater, atra,
atrum, “nero”) poteva anche chiamarsi, dal greco melas,
melanos (“nero”) e chole (“bile”): melancolìa. Il termine
stabilizzatosi in malinconìa, con gli anni passò a significare quello “stato di tristezza, di pessimismo, di sfiducia”
che ancora designa ai giorni nostri.
Nel linguaggio comune sopravvivono in qualche misura
pure flemmatico, “posato, ma anche svogliato”, sanguigno, “passionale”, bilioso, “iracondo”.
Dal greco chole (“bile”) derivano sia la collera che il
colèra e tanti altri composti e termini scientifici, soprat-
tutto della medicina. Da bile infine deriva la bilirubina
(bile rossa), il “residuo della distruzione dei globuli rossi”
che viene eliminato dal fegato con la bile.
meccanica: v. macchina
melodia: il termine deriva dal greco ed è composto da
melos, “musica”, e oidé, “canto”; dal primo elemento
deriva p. es. melomania, “mania della musica”, dal
secondo ode. Nel mondo antico la distinzione fra musica e poesia era inesistente, perché i poeti cantavano i
loro versi accompagnandosi con uno strumento.
merenda: dal latino “che si deve meritare”, dal verbo
merère, “meritare”; infatti è offerta come ristoro a chi
lavora: lo spuntino pomeridiano. A proposito del rapporto con il pomeriggio si pensa che merenda possa essere
accostata anche a meridie(m), “pomeriggio”.
mese: lat. mensis, mensis. Un tempo l’anno cominciava
con il mese di marzo, il cui nome deriva dal dio Marte al
quale era dedicato. Di aprile nulla si sa. Maggio prende
nome da Maia, madre di Mercurio. A Giunone (lat. Juno)
la potente moglie di Giove, deve il nome giugno (Junius).
Seguivano quintilis, sextilis, september, november,
december. Poi Januarius, gennaio, sacro a Giano (Ianus)
e februarius, ultimo mese del calendario, dedicato alle
purificazioni (februus, “purificante”). In seguito il quinto
mese fu dedicato a Giulio Cesare (Julius), passato a lulius
e infine a luglio; il sesto a Ottaviano Augusto (augustus),
agosto, durante il quale si festeggiavano le feriae augusti,
“ferragosto”.
microbio: dal gr. comp. di mikrós (“piccolo”) e bíos
(“vita”); micro entra nella composizione di moltissime
parole: microcosmo, microscopio, microfotografia, microeconomia, ecc. Basti qui ricordare che a esso si contrappone macro, dal gr. makros (“grande”, ma il cui significato originario era “lungo, esteso”): macroeconomia, macroscopico, macrocosmo, ecc. Queste voci vengono utilizzate per la formazione di numerosi neologismi (p. es.
microcriminalità).
microscopio: dal gr. mikros- (v. sopra) e -scopion deriv.
dal verbo skopein, “guardare”. Questo secondo elemento
della parola entra nella formazione di numerosissimi
composti: periscopio, telescopio (“strumento che permette l’osservazione da lontano”), cinemascope e oroscopo
(propriamente “osservazione dell’ora della nascita”).
ministro: v. maestro
monaco: dal greco monachos, “solitario”, da monos (v.
monoteismo): all’inizio dell’esperienza monastica storicamente c’è l’eremo, “luogo solitario”, o, come anche si
dice, il romitorio; solo in seguito si giungerà al cenobio,
dal greco koinos (“comune”) e bios (“vita”), cioè la
comunità (di religiosi).
tono, monografia (“scritto che si occupa di un solo argomento”), monomio, monopolio (“mercato in cui è presente un solo venditore”). Mono- del resto viene continuamente utilizzato nella formazione di neologismi:
monoposto, detto delle automobili da corsa; monocolore,
“governo costituito da rappresentanti di un solo partito”;
monolocale, “abitazione composta di una sola camera”.
morale: lat. moralis, e, cioè relativo ai mores; per i Latini
mos, moris era il “costume”, “la tradizione”, e i mores
“l’insieme dei precetti dei padri”. Per i Greci éthos era il
“costume” ed ethíkos l’equivalente di moralis.
In italiano si usano sia morale, sia etica con i rispettivi
derivati: morale, moralità, moralizzare, etico, eticità. Tuttavia in alcuni derivati di morale si può avvertire una
vaga connotazione negativa: moralismo è quasi “un
eccesso di sentimento morale” e moraleggiante è come
dire “sentenzioso”, “pedante”.
mosaico: dal latino (opus) musaicum, “(opera) mosaico”;
l’espressione designava una “nicchia dedicata alle Muse”
che veniva decorata incollando alle pareti sassi e conchiglie. Etimologicamente il mosaico è vicino alla musica, arte delle Muse, e allo stesso museo, il “tempio delle
Muse”, poiché raccoglie prodotti artistici e oggetti di particolare interesse storico.
N
nadir: v. zenit
navigare: dal latino navigare, da navis, navis con i derivati navigante, navigatore, navigazione, naviglio e anche
navata, “spazio interno di una chiesa fra due file di
colonne”. Nave in greco è naus, termine dal quale derivano nautica, naufragio (da naus e un deriv. di frangere,
“rompere”, “spezzare”), nausea (prima “mal di mare”,
poi generico “senso di ripugnanza al cibo” e fig. non
solo al cibo), nolo e quel nauta che ritroviamo in composti recenti come astronauta, cosmonauta, ecc.
nero: dal latino niger, nigra, nigrum. L’italiano negro,
“uomo di colore”, ha assunto una generica connotazione spregiativa. Da notare che denigrare, cioé “screditare
qualcuno o qualcosa”, alla lettera significa “tingere di
nero”, non diversamente da offuscare (da fuscus, a, um:
“nero”, “oscuro”).
nettare: dal latino nectar, nectaris e questo dal greco
nektar che per i Greci era la bevanda degli dei; il cibo,
invece, che assicurava loro l’immortalità era l’ambrosia,
da ambrotos, “immortale”.
monarchia: v. aristocrazia
netto: v. lordo
monoteismo: dal greco monos, “solo”, “unico”, “singolare”, e theós, “dio” (v. politeismo). Il greco monos (in italiano mono-) rappresenta il primo elemento di un grandissimo numero di parole: monosillabo, monarca, mono-
nobile: si tratta di un derivato del verbo latino nóscere,
“conoscere alla lettera”, quindi, “noto”, “conosciuto”. In
seguito, con un’evoluzione avvenuta associando all’idea
di notorietà quella di successo nella politica, gli antichi
DIZIONARIO DI ETIMOLOGIA 519
cominciarono a usare come sostantivo il termine per dire
“discendente da una famiglia che ha avuto membri insigniti di pubbliche magistrature”. Il contrario di nobile,
cioè ignobile, ha più o meno seguito la stessa evoluzione; anche riguardo a esso, infatti, il legame con il verbo
conoscere appare remoto. Per qualche tempo si è creduto che il termine inglese snob, “colui che imita le abitudini dei ceti elevati”, derivasse da una contrazione di
s(ine) nob(ilitate), “senza nobiltà”; ma è stato chiarito che
la parola deriva invece da un appellativo che nel gergo
studentesco si dava a un individuo particolarmente rozzo
(snob = ciabattino).
nostalgia: la parola nasce come termine medico. Nel
1888 a Basilea un laureando in medicina si accingeva a
discutere la sua tesi di laurea che aveva come argomento il malessere dal quale erano colpiti non pochi soldati
austriaci in servizio in eserciti stranieri. Il disturbo consisteva in una grave svogliatezza e in un morboso desiderio di rimanere soli, che il giovane studioso riteneva causato dalla lontananza della patria, della casa. Dovendo
dare un nome a questa malattia, egli utilizzò il greco e
coniò nostalgia, comp. di nostos, “ritorno”, e -algia da
algos, “sofferenza”. Alla fine del XIX secolo la parola uscì
dall’ambito medico e col passare del tempo è diventata
di uso comune.
nucleo: in latino nux, nucis è la noce e nucleus rappresenta il diminutivo di questo termine; in italiano a partire non dal sostantivo ma dall’agg. nuceus (“della noce”)
si è tratto nuceola (“nocciola”) e da questa “nocciòlo” e
“nòcciolo”.
O
occasione: da un composto latino di cádere, occídere,
che è all’origine anche della parola occidente (inizialmente agg. “sole occidente”, “sole che cade”). Con lo
stesso modo di derivazione di caso da cadere, si ottiene
occaso, “tramonto” (in poesia, soprattutto), e occasione,
in un primo tempo con il significato di “momento favorevole”, poi “momento adatto”, infine genericamente
“circostanza”, “situazione”.
occidente: v. occasione
oceano: nella mitologia greca, il “dio delle acque”, identificato anche con il caos (v.) primigenio, da non confondere con Poseidon (il latino Nettuno), “dio del mare, dei
fiumi e delle fonti”.
olfatto: odorare in latino si diceva olere; da tale voce
derivano aulente e olezzo, termini poetici per “odoroso”
e “odore”, nonché il più comune lezzo. È da un derivato
di olere, precisamente olfacere, che ha avuto origine
olfatto, “odorato” (v. abolire).
oligarchia: v. aristocrazia
520
DIZIONARIO DI ETIMOLOGIA
omogeneo: dal greco, composto da homós (“uguale”,
“simile”) e génos (v. genere). Per quanto riguarda il primo
elemento del composto, in italiano omo evidenzia sempre una “somiglianza” e spesso si contrappone a ètero:
p. es. eterogeneo, “di diverso genere”, “d’altro genere”.
omonimo: dal greco, composto da homos, “uguale” (v.
omogeneo), e onoma, onomatos, “nome”; richiama omografo, “che si scrive con gli stessi segni grafici” e omofono, “che ha lo stesso suono” (detto sempre di parole).
Il sostantivo greco onoma, onomatos fa subito venire in
mente onomastico (“del nome”) e, come sostantivo
maschile, la forma abbreviata di giorno onomastico, che
richiama genetliaco (forma abbreviata di giorno genetliaco): “compleanno”.
onomatopea: “coniazione di un nome (per imitazione di
un suono)“, comp. del greco onoma, onomatos (“nome”)
e poiein (“fare”), lo stesso verbo greco che è all’origine di
poesia. Molto vicino all’onomatopea è il fonosimbolismo, cioè la formazione o l’interpretazione di un vocabolo capace di rappresentare non un suono ma un fatto
visivo o una qualità astratta (p. es. zig zag).
opportuno: letteralmente era per i Latini l’aggettivo del
vento favorevole durante la navigazione, composto di ob
(“verso”) e portum (“porto”); in seguito ha ampliato il suo
significato.
oracolo: dal lat. orare, “pregare”, ma i derivati orazione,
oratore, oratoria avvertono che in questa radice è anche
insito il significato di “pronunciare un discorso solenne,
un sermone o un’arringa”; anche perorare è “difendere
con una certa solennità”.
orale: i latini chiamavano la bocca os, oris ma il termine
è sopravvissuto solo nei derivati, essendo stato completamente soppiantato da bucca, che significava “guancia”,
termine ripreso da una lingua germanica. Os comunque
ha dato origine uscio, orifizio, orlo, ecc.
Curioso che il termine oscillare derivi da oscillum, diminutivo di os, “mascherina”, e dal fatto che queste
“mascherine” si appendevano agli alberi a protezione dei
campi.
ortodossìa: dal greco orthodoxia, “retta opinione”,
comp. di orthos (“diritto”, “retto”, “dritto”, “corretto”,
“vero”) e doxía (“opinione”). Il primo di questi due elementi entra in due parole che hanno una grande importanza grammaticale: ortografìa, “il modo corretto di scrivere”, e ortoepìa, “il modo corretto di pronunciare” le
parole.
Un altro importante composto di orto è ortopedia; la presenza di un derivato di pais, paidós, “bambino” (v. enciclopedia), ci fa comprendere che questa disciplina è nata
come “cura dei bambini” (una specie di pediatria, anche
questa con pais, paidós). Ortopedia è un termine coniato in Francia nel XVIII secolo da un medico.
ostile: in latino c’erano due parole per dire “straniero”,
hostis e hospes; ma mentre la seconda cominciava a
significare “che dà ospitalità”, fino a dare origine ad ospizio e ospedale, la prima mutava significato in senso peggiorativo, fino a raggiungere quello di “nemico”; da questa accezione discendono ostile, ostilità e osteggiare.
Da hospes, hospitis, invece, derivano sia oste, osteria, sia
la parola ospite, che designa sia “chi ospita” sia “chi
viene ospitato”.
ottuso: dal verbo latino obtundere, comp. di ob (“contro”) e tundere (“percuotere”), quindi obtusus: “meno
appuntito perché battuto”, “spuntato”, “allargato” e (fig.)
“stordito”.
P
paese: in latino “il villaggio”, “il borgo” si chiamava
pagus, i: il termine derivava dal verbo pangere (“conficcare”), che aveva anche il significato di “stabilire (i confini)”. L’aggettivo, tratto dalla voce pagus, era paganus, a,
um, al quale venne ad affiancarsi, nel latino parlato,
pagense; ed è da pagense che deriva paese. Per quanto
riguarda, invece, pagano, la parola assunse il significato
con il quale noi l’adoperiamo nel latino dei Cristiani del
IV-V secolo; probabilmente come conseguenza delle difficoltà di penetrazione del Cristianesimo nei villaggi,
nelle campagne.
pagano: v. paese
paladino: sul colle Palatino di Roma sorgeva “la residenza dei Cesari”, il palatium, appunto. Con il riaffermarsi
dell’impero a opera di Carlo Magno, si rimise in circolazione l’aggettivo “del palazzo imperiale”, cioè palatinus,
a, um, “della corte”. Da un uso sostantivato di questo
aggettivo, che inizialmente designava un “funzionario di
corte”, si foggiò paladino, nome attribuito a ciascuno dei
dodici nobili scelti come guardia del corpo dell’imperatore.
panorama: parola moderna foggiata con materiale antico. Intorno alla fine del XVIII secolo un pittore inglese
denominò panorama una raffigurazione della città di
Edimburgo rappresentata su una superficie circolare; tale
termine passò in seguito a significare “veduta generale di
un paesaggio”. Si tratta di un composto di due elementi
greci: pan (“tutto”, “interamente”) e horama (“vista”). Pan
greco, utilizzato anche nella forma panto, costituisce la
prima parte di un gran numero di parole antiche e
moderne: panacea, “pianta che guarisce tutti i mali”;
pantheon, “tempio di tutti gli dei”; e una serie di termini
che significano unione di tutti i popoli con la stessa origine: panarabismo, pangermanesimo, panellenismo; infine, una parola d’autore del poeta inglese J. Milton che
nel suo Paradiso perduto chiamò pandemonium il “parlamento dei demoni”.
paragone: è un derivato di paragonare, che a sua volta
trae origine da un verbo greco che aveva il significato di
“affilare”, “aguzzare”. La voce è composta di un primo
elemento para- che, quando è di provenienza greca, vuol
dire “presso”, “accanto” e quindi “simile”, “affine” (ma
può anche indicare “deviazione”, “alterazione”, “con-
trapposizione”); è presente in molti termini antichi e
moderni: parabola (sia la “curva” sia il “racconto”), paralisi, parallelo, paradigma, ecc. Tuttavia un secondo paradi provenienza latina, viene largamente utilizzato con il
significato di “riparare”, “proteggere”: paracadute, parafango, parafulmine, paralume, ecc.
Per quanto riguarda il secondo elemento del verbo greco
dal quale paragone deriva, si tratta del verbo akoan,
“aguzzare”, da akone (“cote, pomice”), parola che
discende da un’antica radice ak per la quale si rinvia alla
voce acciaio [v. pietra (di paragone)].
parassita: dal greco parásitos, “commensale”, da para (v.
paragone) e sitos, “cibo”. Anticamente il termine indicava un assistente ai templi che in occasione delle solennità organizzava il banchetto dei sacerdoti con i quali,
poi, andava a tavola.
perimetro: termine che si rifà al greco perímetros, comp.
di peri e metron, “misura intorno”. L’elemento peri, che
in astrologia significa “punto di maggiore vicinanza a un
astro” (v. apogeo), di solito sta a indicare “intorno”,
“giro”: periplo (“circumnavigazione”), periferia, peripezia (“evento imprevisto”, “che cade in mezzo a qualcosa”), ecc.
periodo: v. episodio
persona: la parola deriva dal latino persona, ae:
“maschera”; dall’etrusco phersu. La maggior parte dei
derivati di persona ci vengono dal francese, a cominciare da personaggio, che nell’accezione di “persona rappresentata in un’opera artistica” coincide perfettamente
con l’uso che i Latini facevano del termine persona, nei
casi in cui naturalmente non si riferissero all’oggetto
materiale (maschera).
peso: i due verbi “pesare” e “pensare” derivano dallo stesso pensare latino che significava “pesare accuratamente”
e che aveva origine da pendere, “pesare”. La “pesatura”
in latino si chiamava pensio, pensionis e già presso gli
antichi aveva assunto anche il significato di “pagamento”.
Il “pesare”, il “misurare” era pure reso con il verbo exígere, dal quale derivano esiguo (pesato esattamente), “piccolo, irrilevante”; esatto (pesato esattamente), “privo di
errori”; saggio (peso, bilancia), “prova”. Exigere significava poi “chiedere con autorità”, “riscuotere” e da questa
accezione derivano esigere, esatto, nel senso di “riscosso”, esattore, esattoria, e infine esigente ed esigenza.
Per tornare a peso, ricorderemo che la parola deriva dal
latino pensum, i, “la quantità di lana che la schiava
doveva filare in un giorno”, e che (fig.) significava “compito”, “dovere”; v. anche salario).
piazza: parola con doppia tradizione. Piazza e platea
sono due esiti dal latino platea, ae, “piazza”, che a sua
volta è dal greco platy’s, “largo”, “ampio”; termine dal
quale derivano sia l’aggettivo che il sostantivo piatto.
pietra: deriva dal latino petra, ae che a sua volta deriva
dal greco. In latino il termine indicava “la roccia”, mentre per indicare “un sasso”, “un frantume di roccia” si
usava lapis (v. lapide). I Greci, invece, per indicare “una
pietra” usavano o petra o lithos, termine, questo, dal
quale derivano parole quali monolito, “unico blocco”;
DIZIONARIO DI ETIMOLOGIA 521
litografia, “stampa realizzata sulla base di un’incisione su
pietra”, ecc.
Dal termine greco che significava “inciampo”, “insidia”
deriva “scandalo”: pietra dello scandalo, quindi, è propriamente “la pietra di inciampo”; e un “sasso aguzzo”
per i latini era scrupus, i con il dim. scrupolo, “sassolino
aguzzo” (“preoccupazione”).
Dal latino medievale provengono: il petrolio (“olio di
pietra”); la pietra di paragone, cioè “il diaspro nero
usato per riconoscere l’oro”, e la petra focilis, “l’acciarino”, divenuta semplicemente focile ed entrata come elemento meccanico nell’archibugio a fucile denominato
poi, ellitticamente, fucile. (Per la pietra filosofale v. chimica).
pinacoteca: termine che deriva dal greco ed è composto
dall’elemento -teca per il quale si rinvia a biblioteca e da
pínax, pínakos, “quadro”. Pinax aveva in greco un
significato molto ampio: da “tavola”, “asse” a “tavoletta”
(per scrivere), a “quadro” ad “albo” a “catalogo”.
platea: v. piazza
poligono: parola composta da poli, “molti”, e gonio o
gono, “angolo” (v. trigonometria). Questo secondo elemento è alla base di goniometro, “strumento per misurare gli angoli”, tetragono “a quattro angoli”, e (fig.)
“solido”, “forte”, “resistente”. Per l’elemento poli v. politeismo.
politeismo: letteralmente (adorazione di) “molti” (poli)
“dei” (theoi). L’elemento greco poli che indica molteplicità numerica è in questo caso in contrapposizione con
l’elemento mono-, “uno”, “solo”, per il quale si rinvia
proprio a monoteismo. L’elemento poli- di origine greca
entra nella formazione di molte parole di uso scientifico
e anche del linguaggio comune; p. es. polinomio
(“somma di monomi”), poligrafo (“colui che scrive su più
argomenti e si occupa di svariate materie”), polivalente,
ecc. Anche dal latino tuttavia l’italiano ha tratto dei prefissoidi che si riferiscono alla quantità numerica: uni(correlativo di mono-) entra in uniforme, univoco, unigenito, ecc.; multi- entra in multiforme, multicolore, multimilionario; pluri- svolge la stessa funzione, in pluriennale, plurisillabo, plurivalente. Da notare inoltre che ciascuna di queste voci latine ha un aggettivo, mentre gli
elementi greci non l’hanno: unico, multiplo, plurimo
risultano quindi molto utili.
politica: la famosa città-Stato greca si chiamava polis e
polítes “il cittadino”. Da tali voci gli stessi Greci trassero
il termine politica, cioè la “tecnica di governare la città”.
Degna di nota la circostanza che lo stesso termine greco
che è alla base di politica è anche all’origine della voce
polizia la quale, in senso lato, era “il sistema con il quale
si governa la città”. La parola è andata via via specializzando il suo significato e più tale sistema si rivelava contiguo a controllo, vigilanza, più polizia si avvicinava a
nozioni quali ordine pubblico, sicurezza pubblica e
simili. A proposito di polis, è curioso il destino della clinica (v. dottore) cittadina, cioè del policlinico, “importante ospedale di altrettanto importanti città”. Probabilmente sotto l’influenza della stessa organizzazione dei
policlinici, strutturati in varie cliniche, clinica medica,
clinica oculistica, clinica pediatrica, si è giunti a interpretare la parola policlinico come “molteplicità di clini-
522
DIZIONARIO DI ETIMOLOGIA
che” (v. politeismo), non riconoscendogli più alcun legame con la città.
polizia: v. politica
polline: questa minutissima polvere gialla è stata chiamata polline utilizzando una voce latina pollen, pollinis
(anche pollis, pollinis), che inizialmente significava soltanto “fior di farina” e passò in seguito a significare anche
“polvere”.
pontefice: pontifex, icis era per i Romani “colui che faceva costruire i ponti sul fiume” (è composto infatti da
pons, pontis, “ponte”, e facere): pontifex maximus era il
“capo del collegio sacerdotale”. Quando anche la
memoria di questi sacerdoti precristiani si dileguò, il termine entrò nel repertorio degli scrittori cristiani che con
esso designarono prima ogni “vescovo”, poi solo il
“vescovo di Roma”. Risale all’epoca della civiltà delle
palafitte la relazione tra attività costruttive e funzioni
sacre: questa sembra l’unica giustificazione del significato letterale di pontifex.
potabile: l’aggettivo deriva dal latino. Il verbo potare in
latino significava “bere” con un legame con il greco,
forse con pinein, “bere”, certamente con posis, “bevanda”. Dal latino potare, comunque, deriva la nostra pozione, “bevanda medicamentosa”; dal greco deriva invece il
simposio, “banchetto”, divenuto, da non molto, “convegno di studiosi”.
preside: significa “colui che siede avanti”. Dal lat. praeses, praesidis derivato dal verbo praesidère (da cui anche
presidente), comp. di prae (“avanti”) e sidere (“sedere”).
privato: con il significato originario di “esentato”, il termine risale al latino ed è un derivato del verbo privare;
come sostantivo, al pari di privus, ha significato di “suddito”, “persona senza magistratura”, ciò che i Greci, con
una parola passata a significare tutt’altro, chiamavano
idiotes, “idiota”. Dal citato privus deriva “proprio” (pro
privo) e “proprietà”; da un composto di privus e lex, legis
viene “privilegio”, “legge eccezionale”.
professione: dal latino profiteri, comp. di pro, “davanti”,
e fateri (che deriva da fari v. fato): “confessare”, quindi
“dichiarare apertamente”, “professare”, “insegnare”,
“esercitare” (con variazioni di significato già latine). A
professione si collega professore, legato anch’esso al
verbo profiteor (“dichiaro pubblicamente”) da cui si
passa a professor, “colui che spiega in pubblico”.
professore: v. professione
prole: dal lat. pro alere, v. adolescente
proprio: v. privato
protestantesimo: questo termine ha un’origine ben precisa. Allorché con la dieta di Spira nel 1526 venne confermato il decreto della dieta di Worms contro Lutero, gli
Stati che erano già passati al Luteranesimo presentarono
una solenne protesta; intorno ai principi che avevano firmato tale protesta si creò una lega segreta i cui componenti furono appunto detti protestanti. Col passare del
tempo il termine passò a indicare tutte le Chiese formate
in seguito alla ribellione di Lutero, e cioè: la luterana, la
calvinista, la zwingliana, l’anglicana.
Q
quaderno: dal latino quaterni (pl. di quaternuus) che
significa “a quattro a quattro”. Oggi il significato comune del termine è “insieme di fogli sui quali scrivere”.
R
radar: si tratta di un termine inglese che risale al 1941 ed
è costituito dalle iniziali delle parole RA(dio) D(etection)
A(nd) R(anging), vale a dire, “radiorilevamento e misurazione di distanza”.
ragionare: v. ragione
ragione: il latino ratio, rationis inizialmente significava
“calcolo” (v. ratificare), accezione dalla quale derivano
ragioniere e ragioneria (oltre che l’espressione redde
rationem, minaccioso monito che ricorda il “rendiconto
finale”). Ratio ha sviluppato, in latino prima e in italiano
poi, una serie di significati che vanno da ragione intesa
come “causa”, “motivo”, “fondamento” e quindi, in ultima analisi, “fondamento di tutte le cose”, a ragione intesa come la stessa “facoltà umana” in grado di cogliere
quel fondamento; quindi anche “giudizio”, “ragionamento” (fondamento razionale) nel senso lato e in senso
molto stretto (attività razionale): p. es. avere ragione, rendere ragione, ecc.
ratificare: il termine deriva dall’aggettivo latino ratus, a,
um che è a sua volta un derivato del verbo reri, “misurare”, “calcolare” (quello stesso dal quale deriva ratio,
rationis, v. ragione). Ratus (“calcolato”, “determinato”) è
passato già in latino al significato di “stabilito”, “valido”,
“deciso” e da questa accezione, associata al verbo
“fare”, è scaturito il composto italiano.
razionale: v. ragione
regione: dal verbo latino règere, “reggere”, che ha pressoché tutti i significati dell’italiano, derivano una serie di
termini. Alcuni relativi allo svolgimento delle funzioni di
“governo”: reggente, reggenza, regime e lo stesso re con
la regina, la reggia e il suo regale portamento. Altri
discendenti da re sono: regalo, regalìa. Ancora da regere,
in senso stretto, i Latini avevano tratto regula, “un’assicella per rigare dritto sulla pagina”, dalla quale derivano regola, regalo e regolamento. Ed è riconducibile a
questo “rigare diritto” l’origine di regio, regionis. Inizialmente il termine significava “direzione”; in seguito “linea
di confine” e, quindi, “zona delimitata”. Ma questa
“zona delimitata” corrisponde in realtà al nostro rione; la
voce regione è stata successivamente ripresa, in forma
inalterata, per designare delle zone delimitate di più
vaste dimensioni.
Derivano, infine, da regere anche regia e regista.
relativo: il termine deriva dal verbo latino refero (refero-refers-retuli-relatum-referre) che letteralmente significa
“riportare” ma che ha pure il significato di “riferire”. D’altronde questa caratteristica di rendere immediato lo spostamento di significato da “portare” a “comunicare”, “dichiarare” è comune a molti composti di fero: conferre (“conferire”), proferre (“proferire”), inferre (“inferire”). Da referre
sono stati tratti prima il sostantivo relatore, “colui che ha
l’incarico di riferire”; successivamente, il sostantivo relazione che significa sia “quanto viene riferito” sia “il rapporto
logico che intercorre fra due o più cose trattate insieme”;
vicinissimo a questa accezione, infine, relativo, “che è in
relazione con qualcosa”. Da referre (“riferire”) derivano
anche referendum e referto, “rapporto”, “relazione”.
residenza: in latino resídere significava sia “essere seduto” sia “stare”, “fermarsi”, “risiedere”, ed era formato da
re e sedeo.
L’elemento re- prefisso latino, in italiano re- e ri-, indica
nella maggior parte dei casi “ripetizione di un’azione”,
rinnovo di un’azione”; ma anche “restituzione” e movimento in senso inverso”. Per quanto riguarda sedeo,
ricorderemo che la voce ha numerosi derivati: assedio,
assediare, insediare, presiedere, soprassedere, ma anche
assise, sedia, sede, sedentario, sedare, consesso, assessore, assettare, assiduo, ossesso, ecc., alcuni già latini e
altri formati successivamente.
rima: la voce ha la stessa origine di ritmo; Latini e Greci
usavano il termine nel senso di “successione regolare di
suoni e accenti”; abbiamo già osservato (v. melodia) che
per loro la linea di demarcazione tra poesia e musica era
molto sfumata.
rimpianto: composto di ri (v. residenza) nel senso di
“movimento inverso” e piangere. A questo proposito
notiamo che il latino per dire piangere aveva il verbo flere
(dal quale pure derivano i nostri aggettivi flebile e fievole), ma nella lingua dell’uso a esso era preferito plorare,
“piangere forte”, “gridare”, dal quale deriva implorare.
Ma né l’uno né l’altro hanno avuto seguito in italiano.
Anche il verbo lugère che, in latino, da “portare il lutto”
era passato a significare “piangere”, oltre al derivato lutto
e all’aggettivo lugubre (che noi percepiamo come “tetro”,
ma che significava semplicemente “in lutto”, “funebre”)
non ha avuto sviluppo alcuno nel nostro lessico.
C’era infine il verbo plangere, “picchiarsi il petto per il
dolore”, poi “piangere ad alta voce”; ed è questa la voce
dalla tradizione prescelta e tramandata.
risorgimento: deriva da ri e surgere (v. residenza), “sorgere di nuovo”; l’origine del significato politico è da far
risalire agli anni 1848 e seguenti. La voce resurrezione
pure è da risorgere: dal senso letterale di “alzarsi su” è
passata a designare il “miracoloso ritorno in vita di un
morto”, soprattutto grazie alla tradizione cristiana.
rombo: il termine deriva dal latino rhombos (o rhombus)
che designava “la trottola usata negli incantesimi” e, in conseguenza del suono che la trottola stessa emetteva, un
“rumore grave e fondo”. Ma già per i Greci rombo era anche
la “figura geometrica” somigliante alla forma della trottola.
rovina: dal latino ruina, ae e questo da rúere, “cadere”,
“rovinare”; sia gli usi in senso figurato, sia il plurale con
il significato di “resti di edifici caduti” sono attestati già
in epoca classica.
DIZIONARIO DI ETIMOLOGIA 523
rudere: da rudus, ruderis, “rottami”, sembra debba mettersi in relazione con l’aggettivo rude, ma i passaggi di significato e la derivazione non sono stati ancora accertati.
S
sabotaggio: parola derivante dal francese sabotage che a
sua volta ha origine da sabot, “zoccolo”. Come traslato,
con questa parola s’intende “cosa mal fatta”, o “che funziona male”. Tuttavia il termine e i suoi derivati saboter e
sabotage assunsero una connotazione precisa all’epoca
delle lotte operaie che imperversarono in Europa (e specialmente in Francia) quando cominciò a porsi in termini drammatici la questione sociale. Per effetto dell’intervento di operai “guastatori”, prodotti industriali e macchinari diventavano sabot, “cose malfatte”; da qui la
“specializzazione” della voce.
sacerdote: sacerdote, sacramento, sacrificio, sacrilegio,
sacro sono tutte parole che derivano dal lat. sacer, sacri:
“sacro”. Per i Romani la parola sacro aveva tuttavia una
sua specialissima ambivalenza. Significava, come per
noi, “sacro”, “consacrato”, ma voleva anche dire, oltre
che “magico”, “esecrabile”, “infame”, “maledetto”.
Per tenere sempre presente tale ambivalenza, si ricorda il
famoso auri sacra fames (“l’esecranda fame di oro”),
celebre modo di dire tratto dall’Eneide di Virgilio.
sacramento: v. sacerdote
sacrificio: v. sacerdote
sacrilegio: v. sacerdote
sacro: v. sacerdote
salario: letteralmente in latino, trattandosi di un derivato
di sal, salis (“sale”), salario era “la razione di sale”.
A ogni soldato veniva infatti corrisposta una certa quantità di sale come compenso. Col passare del tempo al
sale si sostituì il denaro, ma il termine rimase. Il soldo
dato ai soldati (il loro stesso nome deriva da soldo, così
come il verbo assoldare) fu chiamato anche stipendio, da
stips, stipis (“piccola moneta”), derivato dal verbo pendere (v. peso): “pesare”, “pagare” (v. zecca).
Da sal, salis deriva anche il nome via Salaria, la via che da
Roma raggiunge l’Adriatico, un tempo percorsa dalle carovane che si recavano al mare per tornare cariche di sale.
santo: propriamente è il participio passato del verbo sancire (collegato in qualche modo a sacer, v. sacerdote), nel
senso di “dichiarato inviolabile, sacro”. Ai giorni nostri è
ovvio che sfugga la stretta parentela fra “santo” e
“sanzione” eppure il comune etimo la testimonia.
sanzione: v. santo
satira: dal latino satira, ae (o satura, ae) che nei tempi
arcaici altro non era che una sorta di “macedonia”: un
piatto la cui caratteristica principale consisteva nell’essere un “misto”, “un miscuglio di vari sapori”.
524
DIZIONARIO DI ETIMOLOGIA
Da tale iniziale significato la parola passò a designare un
componimento letterario “misto di prosa e versi” e infine, con un ulteriore slittamento di significato, un
“componimento in versi che avesse l’esplicito intento di
castigare ridendo”.
scisma: il termine, che è del latino tardo, deriva dal greco
e vuol proprio dire “separazione”. Si tratta di un derivato
del verbo schizein (“dividere”), dal quale pure deriva il
termine medico schizofrenia (con phren, “mente”):
“mente divisa, dissociata”.
scorreria: da excúrrere, “correre fuori”; per quanto il
significato e la stessa struttura avvicini le voci scorreria e
scorribanda, pare che etimologicamente i due termini
abbiano origini diverse.
Scorribanda, infatti, deriverebbe dallo spagnolo
escurribanda, “sferzata”, “rissa”.
scuola: l’etimo di scuola può sembrare alquanto strano,
specialmente agli studenti: skolé, infatti, in greco significa “ozio”, “tempo libero”, “riposo”. Presso gli antichi
Greci le occupazioni intellettuali erano considerate tipiche di chi non aveva nient’altro da fare. Tale convincimento era anche presente nella cultura latina, che distingueva l’otium (le attività intellettuali) dal negotium (le
attività pratiche).
segretario: da segreto; anticamente “persona di fiducia
del principe”, quindi a conoscenza dei segreti di Stato;
poi è passato a indicare “chi è addetto a una persona o a
un ufficio con l’incarico di svolgere mansioni di fiducia
(quindi a volte anche segrete) e di curare il buon andamento di un lavoro”.
semaforo: dal fr. sémaphore, comp. di due parole greche:
sema (“segno”) e phoros (“portatore”), con il significato
complessivo, quindi, di “portatore di segnali”.
senato: in latino “vecchio” si diceva senex e da questa
parola deriva senatus, perché il senato romano era composto di individui di una certa età e quindi pieni di esperienza. Il comparativo latino di senex è senior (lo stesso
che in America si contrappone a junior, per distinguere
gli omonimi della stessa famiglia) e significava “più
anziano”, “più vecchio”. Da senior, attraverso seniore,
deriva signore. Signore, dapprima, fu colui che si era
conquistata la Signoria su un determinato territorio, in
seguito divenne, come è, una persona qualunque.
sestante: dal latino sextans, sextantis, “la sesta parte o il
sesto di un tutto diviso in 12 parti” (di un’asse, di un’eredità), passato a significare “che contiene la sesta parte
della circonferenza del cerchio” e quindi lo “strumento
munito di un settore circolare ampio sessanta gradi”.
setta: dal verbo latino sequi (“seguire”) e in particolare
dall’accezione “aspirare”, “tendere”, “mirare”; attraverso
il participio passato secutus, diventa sostantivo nel
linguaggio parlato nella forma sectus e si trasforma in
secta, prima con il significato di “indirizzo”, “condotta”,
poi con quello di “fazione”.
settentrione: septemtrio (o septentrio) -onis generalmente
al pl. septentriones significa in latino (alla lettera) “sette
buoi”, con allusione alle sette stelle dell’Orsa maggiore.
Meridione è voce creata molto più tardi; i Latini dicevano meridies, ei, “mezzogiorno”.
siderurgia: dal greco siderourgia, comp. di síderos,
“ferro”, e ourgía, “lavoro” (v. energia).
signoria: v. senato
simbiosi: simbiosis è termine scientifico coniato con
materiale linguistico greco: syn, “insieme”, e bios, “vita”
(v. anfibio, biologia).
simonìa: il termine deriva dal latino medievale simonia,
ae e ha origine dall’episodio, narrato negli Atti degli
Apostoli, che vede Simon Mago tentare di convincere gli
Apostoli a vendergli il potere di conferire lo Spirito Santo
imponendo le mani.
sinodo: dal greco synodos, composto di syn, “insieme”,
e hodos, “via” (v. episodio).
sinonimo: dal greco synónymos, comp. di syn, “insieme”, e onoma, “nome” (v. omonimo).
sintassi: dal greco syntaxis (“sistema”), da syn (“insieme”)
e un derivato di tassein (“ordinare”). Questo secondo elemento della parola entra in alcuni composti moderni con
il significato di “ordine”, “disposizione”: tassonomia,
“classificazione”; fillotassi (da phyllon, “foglia”), “disposizione delle foglie sui rami”, ecc. (v. tasso, tattica).
sintesi: dal greco sy’nthesis, “combinazione”, “composizione”; è un derivato del verbo syntithenai, comp. di syn,
“insieme”, e tithenai, “porre”.
solidarietà: esiste nel linguaggio dei giuristi un’espressione
molto antica, con la quale essi designano il vincolo esistente fra più debitori in base al quale il creditore (o ciascuno dei creditori) può chiedere a un solo obbligato tutto
il dovuto. Tale espressione è in solidum, “l’intera somma”,
e da essa è scaturito il termine solidarietà, per designare il
vincolo descritto. La parola, poi, ha anche assunto il significato di “vicendevole aiuto”, “fratellanza” e simili.
solstizio: dal latino solstitium, ii, composto di sol, solis
(“sole”) e un elemento avvicinabile a stare (con questa
stessa struttura si è formata la parola armistizio, v. arma).
I solstizi sono due, quello d’estate e quello d’inverno.
Estate deriva dal latino aestas, aestatis da avvicinare ad
aestus, “calore bruciante”; inverno, invece, deriva da
hibernum tempus, “tempo invernale”, nel latino parlato
in luogo del classico hiems, “inverno”. Autunno deriva
direttamente da autumnus; invece primavera deriva da
primum ver, nel latino parlato in luogo del classico ver.
sorte: dal latino sors, sortis: “tavoletta per tirare a sorte”.
Voce usata per lo più al pl. per indicare quelle tavolette
su cui erano incise delle lettere che, collocate in un’urna
e depositate nei templi, si consultavano con solennità per
trarre auspici. Derivano da questa voce: sorta, “specie,
qualità”; sortire, “uscire a sorte”; sorteggio, “estrazione a
sorte”, e sortilegio, “incantesimo”.
sostanza: dal latino substantia, ae derivato da substare,
“stare sotto”, ma anche con il significato di “parte essenziale, fondamentale”: andare alla sostanza del problema.
Il prefisso che esprime “posizione inferiore” viene
espresso in italiano sia nella stessa forma latina sub, sia
nella forma so- , sia, infine, nella forma sotto-: p. es.
subacqueo, soggiogare, sottopassaggio (per il greco v.
ipotenusa).
spada: dal latino spata, ae e questa dal greco spathé,
“spatola”, passata poi a designare l’arma. Spatola deriva
dal latino spathula diminutivo di spatha, ed è all’origine
del termine “spalla”. A proposito del modo di dire spada
di Damocle: un certo Damocle importunava continuamente Dionigi il Vecchio, tiranno di Siracusa, manifestandogli la sua invidia per la potenza e la ricchezza
che a quello derivava dal detenere il potere. Un bel giorno Dionigi fece sedere Damocle sul proprio trono, alla
sommità del quale aveva fatto sospendere, trattenuta al
soffitto da un esile filo, una pesante spada. Con ciò Dionigi intese far comprendere a Damocle quanto fosse (ed
è) irta di pericoli la vita dei potenti.
spalla: v. spada
speculazione: dal latino speculum, i, “specchio”, attraverso
speculari, “osservare”, “esplorare”; il significato di “sfruttare a proprio vantaggio una situazione” deriva dal francese
spéculation, che a sua volta deriva dal verbo spéculer.
stagno: lo stagno (specchio d’acqua) deriva dal latino stagnum, i; lo stagno come metallo deriva da una voce
entrata nel latino sotto forma di stagnum (o stanuum). È
da quest’ultima che deriva l’aggettivo “stagno”.
stile: i Romani chiamavano stilus, i inizialmente solo “lo
stelo”, poi lo “stilo per scrivere”, e, con un ulteriore
ampiamento di significato, “lo scrivere” stesso. In base a
questi passaggi e perdutosi l’uso dello stilo come strumento per scrivere, è rimasto stile come “modo di scrivere” con i successivi ampliamenti. Da stilo deriva pure,
attraverso l’inglese, la penna stilografica, che gli Inglesi,
suoi inventori, chiamano fountain pen.
stipulare: al momento di contrarre solennemente un’obbligazione si usava, presso i Romani, spezzare una
“pagliuzza”, stipula. Stipulari quindi era “assumere un
impegno con la formalità richiesta”, e in questo stesso
senso, mutatis mutandis (cambiata la situazione), il termine circola anche ai giorni nostri.
suffragio: in latino suffragare significava “votare”; in questa accezione la voce sopravvive in espressioni come suffragio universale. Ma già in latino il termine aveva assunto il significato di “favorire” (attraverso “votare a favore”)
e in questo senso coincide con il nostro suffragare.
Suffragare è composto di sub e una delle voci della stessa radice di frangere (“rompere”), perché si votava per
mezzo di “tessere”, “tavolette”, “cocci”.
superlativo: superlativus deriva da superlatus e questo a
sua volta viene da superferre (v. relativo).
Il primo elemento del composto, cioè super- (“sopra”) è
ampiamente usato in italiano e indica che qualcosa “sta
sopra”, “supera”, “è in eccesso”, o è “di qualità, dimensioni, ecc. superiori alla media”.
Da avvicinare a questo prefisso, perché ne condivide
molte funzioni, è supra- (“sopra”), reso in italiano nella
forma sopra-. L’uno e l’altro prefisso traducono anche il
greco yper-, che nella forma iper- è anch’esso presente in
italiano: ipermercato.
sviluppo: dal latino tardo faloppa, ae (“scarto di paglia e
ramoscelli”) è derivato il nostro viluppo, “intreccio”, e
(fig.) “intrico”, “imbroglio”, al quale poi ha fatto seguito
sviluppo e sviluppare.
DIZIONARIO DI ETIMOLOGIA 525
T
talento: in antico il greco talanton significava “bilancia”.
Da questo primo significato passò a indicare la “massima
misura di peso” e ancora la “moneta di maggior valore”
allora in circolazione. L’ulteriore evoluzione del termine è
dovuta al diffondersi della parabola evangelica, detta appunto “dei talenti”, nella quale il talento assume il valore
simbolico di “dono di Dio” e in un significato traslato
vicino a questa accezione, il termine ci è pervenuto. Da
questo stesso talento deriva l’inglese talent scout, lo “scopritore di talenti” per lo più destinati allo spettacolo.
tara: v. lordo
tasso: per quanto riguarda l’albero, bisogna rifarsi al latino taxus, i; per quanto riguarda l’animale, invece, sembra accertata l’origine germanica e la diffusione nel V
secolo; tasso infine come “indice dell’andamento di un
fenomeno” deriva da tassare (che in ultima analisi trae
origine dal greco tassein, v. sintassi, tattica).
tattica: deriva dal greco taktiké (téchne): il primo elemento di questa espressione ha origine dal verbo greco
tassein, “ordinare” (v. sintassi); il secondo, “arte”, “tecnica” dovrebbe essere familiare, poiché è sottinteso a tutti
i termini italiani di derivazione greca terminanti in -ica:
p. es. estetica, matematica, didattica, ecc. Tattica, quindi, è “(l’arte) di disporre sul campo (le milizie)” e si comprende facilmente come da tale iniziale significato la
parola sia stata adottata a designare non solo “il modo di
organizzare il gioco di una squadra”, ma anche “le scelte, gli obiettivi e la linea di condotta delle forze politiche”. Si noti la differenza fra tattica e strategia. La tattica
riguarda propriamente le manovre sul campo e, se
azzeccata, assicura la vittoria in battaglia.
La strategia riguarda la condotta generale delle operazioni e porta a vincere la guerra. La distinzione rende ragione, fra l’altro, del diverso significato di espressioni (anche
fig.) quali: obiettivo strategico, mossa tattica e simili.
tavola: dal latino tabula, ae: “asse di legno”. Fino a non
molto tempo fa si riteneva il termine “tavolo” un inutile
doppione di tavola. Con il passare degli anni, l’uso (supremo arbitro nelle cose della lingua) ha creato le condizioni
per un pacifico compromesso. La tavola rimane ancorata al
suo significato di mensa (anche fig., i piaceri della tavola) e
a quello di “opera pittorica su legno”, “illustrazione”,
“schema o grafico”, ecc. Il tavolo invece resta associato
all’idea dell’oggetto costituito di un piano munito di gambe
che non abbia niente a che vedere con il mettersi a tavola;
p. es. tavolo di lavoro, tavolo verde, lo spigolo del tavolo,
ecc. Nulla vieta, tuttavia che anche tavolo abbia i suoi usi
fig.: tavolo delle trattative, giocare su due tavoli, ecc.
testa: in latino la testa si chiamava caput, capitis: termine
al quale si fanno risalire non solo capo, ma anche capitare, capitano, capitolo, ecc. insieme a tutti quei composti
di recente formazione che hanno come primo elemento il
prefissoide capo- (p. es. capotreno, caporeparto, ecc.).
526
DIZIONARIO DI ETIMOLOGIA
Per i Latini testa, ae era “qualunque vaso di coccio”, “qualunque grosso recipiente di terracotta”. Lungo il corso
degli anni tuttavia testa ha soppiantato caput nel designare proprio il capo, e le ragioni di questa preferenza possono essere state due: da un lato, caput sarebbe stato sfavorito dallo stesso grande ventaglio delle sue accezioni;
dall’altro, testa si sarebbe rivelata una fortunata metafora
che, partendo da “vaso di coccio” e passando per “conchiglia”, “guscio osseo di certi animali”, doveva in qualche modo giungere a indicare quel particolarissimo contenitore naturale che è la “scatola cranica”.
tortura: derivata dal verbo latino torquere, “torcere”;
prende così il significato di “torcitura, attorcigliamento
delle membra”.
tradire: termine alla base di tradimento e tradizione. Per
i Romani tradere (composto di tra, “oltre”, e dare, “dare”)
significava “consegnare”, “trasmettere” e dal consegnare
e trasmettere usi, costumi ed esperienze deriva il termine
tradizione.
L’attribuzione a tradere del significato con il quale noi
oggi, esclusivamente, adoperiamo tale verbo (tradire),
deriva dallo svilupparsi e prevalere di uno fra i tanti usi
della voce latina. Già in latino, infatti, tradere poteva
significare “consegnare qualcosa, qualcuno o se stessi”
al nemico, ma non aveva questo senso in assoluto.
È stato in seguito, in ambiente cristiano, che tradere ha
assunto il senso assoluto ed esclusivo con il quale ci è
familiare, poiché il verbo nei Vangeli compare per indicare la consegna di Gesù fatta da Giuda, cioè il tradimento per antonomasia.
Un composto di “tradizione”, nel senso di “consegna”, fu
coniato nel Settecento: estradizione. Bene, la circostanza
che da questo sostantivo si sia tratto il verbo estradare, anziché il più corretto estràdere o estradìre, induce ad associare il termine a strada, facendone una specie di instradare.
tradizione: v. tradire
trigonometria: parola formata da un matematico tedesco
alla fine del XVI secolo usando gli elementi metria,
“misura” (della figura che ha), tri, “tre”, goniai, “angoli”
(v. poligono).
U
ugonotto: dal francese huguenot e questo dal tedesco
Eidgenosse, “confederato” (con l’h presa dal nome proprio Hugues, “Ugo”); inizialmente il termine designava i
partigiani dell’annessione della città di Ginevra alla
Confederazione elvetica. In seguito, quando essi aderirono alla Riforma (v. protestantesimo), fu loro affibbiato
questo nomignolo. Il termine passò dalla Svizzera alla
Francia con riferimento generico ai Calvinisti.
uniforme: “di una sola forma”; il primo elemento uni- è
il corrispondente latino e italiano del greco mono-: unisono, univoco, ecc. (v. monoteismo e politeismo).
urbano: voce che deriva dal latino urbs, urbis, “città”,
contrapposta a “campagna”, come urbanitas, “le maniere gentili tipiche del cittadino”, era contrapposta alla
rusticitas, “la selvatichezza altrettanto tipica del contadino”. Risulta, quindi, molto antico, ma non meno gratuito, questo pregiudizio, oggi per fortuna meno in voga.
Già per i Romani, come per noi, l’Urbe per antonomasia
era ed è Roma. La famosa benedizione papale urbi et
orbi è somministrata “alla città-Roma e al mondo”.
utopia: il termine deriva dal titolo di un famoso libro di
Tomaso Moro umanista e filosofo inglese del XVI secolo
,nel quale viene descritto uno “Stato ideale” chiamato
appunto Utopia, dal greco ou (“non”) e tópos (“luogo”),
cioè di “nessun luogo” o “luogo che non esiste”.
Da allora si suole chiamare utopisti quegli autori che
inventano o sognano sistemi politici perfetti, e utopie tale
genere di sogni.
V
vaccino: dal lat. vaccinus, a, um (“della vacca”) con un
passaggio da aggettivo a sostantivo attraverso la forma
abbreviata “vaccino” per virus vaccinus, cioè quel prodotto virale che introdotto nell’organismo genera un processo morboso, attenuato e sotto controllo; prodotto virale che fu tratto inizialmente dai bovini.
valico: in italiano divaricare significa “allargare”; tale
azione, che in latino riguardava le gambe, era espressa
sia da divaricare che da varicare; ma nella forma, priva di
suffisso, la voce latina è diventata in italiano varcare,
“oltrepassare”. Orbene, con il passare del tempo, dallo
stesso varicare s’è tratto un valcare, divenuto ben presto
valicare: “passare da una parte all’altra”; da esso deriva
valico.
vangelo: dal greco euangelion, eu “buono” e angelos
“messaggero”, quindi “che porta una buona novella”.
ventriloquo: dal lat. ventriloquus, comp. di venter, ventris, “ventre” (v. gastronomia), e loqui, “parlare” (v. locuzione).
vignetta: deriva da vigna e quindi “piccola vigna”. La
cosa non deve meravigliare perché l’etimologia di vignetta è legata al fatto che i primi motivi ornamentali sulle
pagina a stampa, in particolare all’inizio dei capitoli o
sulle pagine rimaste per metà bianche, raffiguravano proprio grappoli, tralci e pampini di uva.
volume: volumen, inis (v. carta) in latino era “il papiro”,
il “rotolo di papiro”; da volvere, “(far) rotolare”; molto
più tardo è invece il significato di “estensione di un
corpo nello spazio”.
vulcano: la voce come oggi la intendiamo deriva da
un’estensione di senso prodottasi nella lingua spagnola e
risale ai tempi delle grandi scoperte geografiche, allorché
gli Spagnoli, in esplorazione nell’America centrale,
chiamarono volcan i vulcani di quella regione. Il termine
divenne comune, ma fino a quel momento era stato sempre adoperato come nome proprio dell’isola di Stromboli e di Vulcano.
Da ricordare, poi, che per i Romani Vulcano (l’Efesto
greco) era il dio del fuoco e il patrono della metallurgia.
Z
zecca: parola che deriva dall’arabo (dâr as) -sikka, “(casa
della) moneta”. Zecchino è l’aggettivo tratto da “zecca”.
I Latini utilizzavano il termine moneta, che aveva anche
il significato che ha in italiano. Monère vuol dire “ammonire” e i Romani avevano dato l’appellativo di Moneta
(“che ammonisce”) a Giunone e a Giunone moneta avevano dedicato un tempio sul Campidoglio, vicino all’edificio della zecca. È così che si cominciò a chiamare
Moneta la zecca. I Latini chiamavano anche pecunia “il
denaro”, e la parola deriva da pecus, pecoris “bestiame”;
ciò ricorda che la Roma delle origini era una società
agropastorale, nella quale il bestiame era alla base del
baratto.
zelo: dal verbo greco zeo, che significava “bollire”, s’era
tratto zelos con una grande varietà di significati.
Da zelus latino e dal suo derivato zelosus hanno avuto
origine il nostro zelo e il nostro geloso con il derivato
gelosia. Dal termine greco zelotes, nell’accezione di
“fanatico”, deriva zeloti, nome che designava i componenti di un’organizzazione politica e religiosa antiromana impegnata in aspre lotte in Giudea ai tempi di Gesù.
zenit: dalla stessa voce araba che è alla base di azimut
(v.). Nadir, dalla voce araba nazir, è l’ “opposto”, sottinteso “allo zenit”.
zero: dall’ar. sifr, “vuoto”. Curiosamente da questa stessa
voce araba deriva il termine cifra. In inglese, infatti,
cipher significa tanto “zero”, quanto “cifra”.
zona: in greco zone significava letteralmente “cintura”.
Da questo significato iniziale si passò a usare la parola
con il senso di “cintura di terra e di cielo”. Il termine fu
inoltre alla base della partizione che gli antichi fecero
del clima terrestre, che delimitarono in cinque zone:
due fredde, due temperate, una torrida. Da questa partizione geoclimatica è facile rendersi conto del percorso attraverso il quale “zona” è giunta all’attuale significato.
zucca: dal latino tardo cucutia, da cui cocuzza; quindi,
a causa di un fenomeno che i grammatici chiamano
metàtesi (scambio di lettere all’interno di un vocabolo),
si è passato a cozucca, per arrivare, a causa della caduta
della prima sillaba, a zucca. Quasi certamente per la sua
forma simile a una zucca, la cima di un monte ha preso
il nome di cucuzzolo.
DIZIONARIO DI ETIMOLOGIA 527
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