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CHIRURGIA ORALE
Introduzione
La perdita di tessuto osseo di sostegno rappresenta un segno caratteristico della malattia parodontale. Molti fattori legati al paziente, al dente e al sito concorrono all’evoluzione del processo distruttivo dei tessuti parodontali: scarsa compliance del paziente (con
conseguente elevato accumulo di placca e
sanguinamento gengivale), fumo, malattie
sistemiche caratterizzate da immuno-deficit
(per es. diabete), alterazioni morfologiche
(per es. presenza di perle o proiezioni dello
smalto) o iatrogene (restauri incongrui),
malposizioni dentali ecc. I difetti ossei conseguenti a tale distruzione sono stati classificati sulla base di precisi criteri morfologici
in difetti sovraossei, difetti infraossei e difetti interradicolari (1). I difetti sovraossei sono
quelle lesioni nelle quali la base della tasca
è localizzata coronalmente alla cresta alveolare, mentre i difetti infraossei presentano la
base della tasca apicalmente alla cresta
ossea residua. Nell’ambito dei difetti
infraossei si possono distinguere i difetti
propriamente detti e i crateri. I difetti
infraossei propriamente detti sono stati
ulteriormente classificati in base al numero
di pareti ossee residue attorno al difetto in:
difetti a 1 parete, a due pareti e a 3 pareti.
Tuttavia, le lesioni ossee presentano molto
spesso una morfologia più complessa, con
la porzione più apicale del difetto a tre pareti e la parte più superficiale a una o due
pareti (difetti combinati). I crateri sono invece caratterizzati dalla perdita di osso alveolare interdentale su entrambe le superfici
radicolari dei due denti adiacenti, con la
porzione buccale e linguale della cresta
alveolare più coronale rispetto al difetto (Fig.
1). A seconda della profondità, numerose
metodiche chirurgiche sono state proposte
al fine di ridurre o risolvere completamente
il difetto. In particolare, per il trattamento
dei difetti infraossei profondi la tecnica rige-
Tecniche chirurgiche
in terapia
parodontale
La chirurgia
parodontale rigenerativa
nel trattamento dei difetti
infraossei
Parte III.
Roberto Rotundo, Debora Franceschi, Francesco Cairo,
Daniele Scaminaci Russo, Michele Nieri
Assegnisti di Ricerca, Dipartimento di Odontostomatologia
Università degli Studi di Firenze
Q IL PROBLEMA: La terapia dei difetti infraossei profondi rappresenta per il
clinico una sfida spesso ardua. Infatti, la possibilità di ottenere una risoluzione del difetto attraverso una completa rigenerazione di nuovo tessuto
osseo, nuovo cemento e nuovo legamento parodontale deve essere attentamente valutata e considerata.
Q LE EVIDENZE: Revisioni sistematiche di studi randomizzati hanno evidenziato che le metodiche rigenerative mostrano un'efficacia clinica superiore rispetto alle altre tecniche chirurgiche parodontali, in termini di risoluzione dei difetti infraossei. Tuttavia, l'analisi di numerosi fattori legati al
paziente, al sito e alla tecnica chirurgica (inclusa la variabile operatore)
risulta indispensabile al fine di raggiungere i risultati riportati in letteratura.
Q LE CONSEGUENZE: a oggi, la rigenerazione rappresenta la tecnica elettiva per la terapia dei difetti infraossei in particolare profondi perché la formazione di nuovo osso alveolare, nuovo cemento radicolare e nuovo legamento parodontale (nuovo attacco) risulta altamente predicibile.
nerativa risulta essere la più indicata. Il
potenziale della terapia rigenerativa dipende
da molti fattori, ma la morfologia del difetto
insieme alla scelta della tecnica chirurgica
rappresentano i fattori determinanti per il
risultato della terapia stessa. Il maggiore
potenziale rigenerativo in termini di guadagno di attacco clinico e osso alveolare, si
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DentalClinics
PERIODICO DI ODONTOIATRIA GENERALE
PUNTO CHIAVE
Difetti sopraossei
Il valore di 3 millimetri
oltre al quale
è indicata la tecnica
rigenerativa
è ancora oggi
utilizzato.
Difetti infraossei
Difetti infraossei
Difetti interradicolari
crateri
1 parete
2 pareti
3 pareti
combinati
Figura 1 Rappresentazione schematica della classificazione dei difetti ossei secondo Papapanou e Tonetti (1)
ottiene all’aumentare della profondità del
difetto osseo (2,3). Tuttavia, nonostante non
sia stato ancora identificato mediante studi
appropriati un chiaro e definitivo valore di
profondità del difetto che sia discriminante
per la scelta della tecnica chirurgica, oggi si
continua a usare il valore di 3 millimetri
come valore al di sopra del quale la tecnica
rigenerativa risulta essere particolarmente
indicata. Un altro aspetto importante riguarda l’ampiezza del difetto infraosseo misurata
come l’angolo tra la parete ossea del difetto
e l’asse lungo della radice. Difetti più ampi
con angoli più aperti mostrano una minore
capacità rigenerativa. Al contrario, difetti
infraossei con un angolo radiografico minore
uguale a 25° mostrano un migliore guadagno di attacco rispetto ai difetti con un
angolo maggiore uguale a 37° (4,5).
In conclusione i difetti stretti e profondi
mostrano un potenziale maggiore nella
terapia rigenerativa. L’American Academy of
Periodontology (6) ha definito la chirurgia
parodontale rigenerativa come una procedura volta a rigenerare i tessuti parodontali
perduti attraverso una risposta cellulare differenziata. Tale terapia ha quindi come
obiettivo quello di spostare l’attacco epiteliale a un livello più coronale di quello prechirurgico, consentendo alle cellule del
legamento e dell’osso di ripopolare la
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superficie radicolare e formare un nuovo
attacco (nuovo cemento radicolare, nuovo
osso alveolare e nuovo legamento parodontale). La tecnica operativa prevede l’uso di
barriere fisiche che consentono di escludere
l’epitelio e il connettivo, lasciando spazio e
tempo alle cellule multipotenti del legamento parodontale di colonizzare e rigenerare un nuovo attacco (Rigenerazione Guidata
dei Tessuti-GTR). La membrana, quindi,
garantisce il mantenimento dello spazio e la
formazione e stabilizzazione di un coagulo,
all’interno del quale cellule multipotenti
determinano la formazione di un nuovo
attacco.
In alternativa alle barriere fisiche è stato proposto l’uso di sostanze biomodificatrici
meglio note come amelogenine ovvero derivati eterologhi (di origine suina) della matrice dello smalto, in grado di indurre la formazione di nuovo attacco (Rigenerazione
Parodontale Indotta). L’uso di sostanze biomodificatrici sembra maggiormente indicato
nel caso di difetti a 2-3 pareti, con un angolo
radiografico stretto (<25°) e quindi con un
alto potenziale rigenerativo.
Lo scopo di questo lavoro è quello di riportare e descrivere le tecniche rigenerative
sopra citate e i meccanismi biologici caratteristici della fase di guarigione.
CHIRURGIA ORALE
Tecniche di incisione
La tecnica di incisione del lembo ha come
scopo primario quello di riposizionare i
lembi nella loro collocazione iniziale e di
fare in modo che i tessuti possano perfettamente proteggere il coagulo sottostante che
darà luogo alla rigenerazione dei tessuti.
Varie tecniche sono state proposte da diversi
autori. La prima tecnica di preservazione della
papilla fu proposta da Takei e coll. (7) e prevedeva incisioni intrasulculari sul versante
vestibolare del lembo, evitando accuratamente di intaccare la papilla interdentale.
Sul versante palatino/linguale si eseguono
due incisioni intrasulculari in corrispondenza dei due denti adiacenti al difetto da trattare; le due incisioni vengono raccordate da
un’incisione orizzontale o semilunare in corrispondenza della papilla interdentale.
Successivamente, con un bisturi interprossimale, si esegue un’incisione orizzontale al
fine di interrompere le connessioni della
piramide papillare alla sua base e consentire
il ribaltamento del tessuto interdentale sul
versante vestibolare. I lembi vengono così
scollati a tutto spessore, esponendo il difetto osseo che dovrà essere trattato. (Fig. 2)
Un seconda tecnica, variante della precedente, fu proposta da Cortellini e coll. (8) e chiamata tecnica della preservazione della papilla modificata. Tale tecnica consiste nell’eseguire esattamente le stesse incisioni intrasulculari
viste precedentemente a eccezione dell’incisione orizzontale in corrispondenza della
papilla interdentale che invece viene eseguita sul versante vestibolare piuttosto che su
quello palatale. Se necessarie, vengono eseguite incisioni verticali di rilascio. I lembi
vengono poi scollati a tutto spessore esponendo il difetto osseo (Fig. 3). Una terza tecnica, nota come tecnica di preservazione della
papilla semplificata, fu proposta sempre da
Cortellini e coll. (9) ed è indicata per quei
casi in cui lo spazio interdentale che acco-
Figura 2 Tecnica di incisione: Preservazione della papilla secondo Takei.
Figura 3 Tecnica di incisione: Preservazione della papilla modificata secondo Cortellini
e coll.
glie la papilla interprossimale risulta più
stretto (<2mm). La prima incisione viene
eseguita a livello interdentale papillare ad
andamento obliquo, dal dente affetto dal
difetto infraosseo verso il dente adiacente, al
di sotto del punto di contatto. A tale incisioAnno I - n°4 - novembre 2007
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PERIODICO DI ODONTOIATRIA GENERALE
osseo. Una volta adattata la membrana,
questa viene bloccata in situ mediante
suture. (Fig. 5). Applicazione di amelogenine:
dopo la detossificazione meccanica della
superficie radicolare, le tecnica di rigenerazione parodontale indotta prevede un’ulteriore fase di condizionamento chimico
della superficie radicolare mediante l’applicazione per 2 minuti di EDTA al 24%.
Dopo aver lavato accuratamente il difetto,
si procede con l’applicazione di amelogenine (in gel) preconfezionate in apposite
siringhe (Fig. 6).
Figura 4 Tecnica di incisione: Preservazione della papilla semplificata secondo Cortellini e coll.
PUNTO CHIAVE
I metodi rigenerativi
prevedono
il posizionamento
di membrane
e l’applicazione
di amelogenine.
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ne fanno seguito le incisioni intrasulculari
intorno ai due denti adiacenti al difetto, sia
sul versante vestibolare che palatale (Fig. 4).
Metodiche rigenerative
Dopo aver esposto il difetto osseo, si procede con la detossificazione della superficie radicolare (root planing) mediante strumenti manuali (curette), vibranti (ultrasuoni) e/o rotanti (frese a grana fine).
Successivamente si procede come segue:
Posizionamento di membrane: sulla base del
numero di pareti, dell’anatomia, della
profondità, dell’angolo del difetto è possibile scegliere di applicare una barriera
(membrana) di tipo riassorbibile o non
riassorbibile rinforzata da uno scheletro
metallico in titanio. In particolare, la scelta
dipenderà sostanzialmente dalla capacità
del difetto di essere più o meno contenitivo, e quindi, dalla possibilità di ottenere
una stabilità del coagulo ottimale. Dopo
aver eseguito la scelta della membrana,
questa viene ritagliata e opportunamente
adattata in modo da eccedere di almeno 23 mm circonferenzialmente al difetto
Tecniche di sutura
Le tecnica di sutura proposta per questo
tipo di approccio chirurgico (8,9) prevede
una prima sutura a materassaio orizzontale
interno incrociato eseguita alla base dei
lembi vestibolare e palatale al fine di ridurre la tensione del lembo e di adattare i tessuti alla base del difetto. Una successiva
sutura a materassaio interno verticale, più
coronale, va a chiudere per prima intenzione la ferita chirurgica e a proteggere la
membrana o il gel di amelogenine applicate. In alternativa a tale tecnica, si esegue
una sutura a materassaio interno modificata secondo Laurell e coll. (10). L’ago entra,
alla base dei lembi, dal versante vestibolare e, attraversando lo spazio interprossimale, raggiunge il lembo palatino/linguale;la
sutura, una volta fuoriuscita, rientra nuovamente nel lembo palatino/linguale a circa 3
mm lateralmente al punto di fuoriuscita,
ripassando attraverso l’area interprossimale e infiggendosi nel lembo vestibolare a
circa 3 mm lateralmente alla prima infissione. A questo punto la sutura ritorna
verso il versante palatino scorrendo al
disopra della papilla e passando nell’ansa
creatasi sul versante linguale, per poi tornare nuovamente sul versante vestibolare
dove andrà a chiudersi. (Fig. 7)
CHIRURGIA ORALE
5a
5c
5b
5d
Figura 5 Caso clinico trattato mediante rigenerazione guidata dei
tessuti con membrana non riassorbibile rinforzata al titanio.
5a Condizione al baseline.
5b Incisione e sollevamento del lembo, esposizione del difetto,
posizionamento della membrana dopo accurato scaling e root
planing e sutura secondo la tecnica di Laurell.
5c Riapertura del sito chirurgico dopo 6 settimane e rimozione
della membrana.
5d Immagini radiografiche pre- e post-operatorie (1 anno dopo).
5e Finalizzazione del caso mediante trattamento ortodontico per
la chiusura degli spazi e riallineamento dentale dell'arcata superiore.
5e
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PERIODICO DI ODONTOIATRIA GENERALE
6a
6b
Figura 6 Casi clinici trattati mediante rigenerazione parodontale
indotta con amelogenine.
6a Primo caso clinico: dopo l'esposizione e la detersione del
difetto e della superficie radicolare (scaling e root planing con
successiva detossificazione con EDTA al 24%), è stato applicato
il gel di amelogenine. I lembi sono stati suturati mediante suture
in gore-tex.
6b Secondo caso clinico: le immagini cliniche e radiografiche evidenziano il profondo difetto infraosseo presente con parziale
interessamento della forcazione radicolare. La radiografia a 2
anni mostra la risoluzione del difetto ottenuta mediante tecnica
rigenerativa con amelogenine.
6c Terzo caso clinico: un ulteriore caso clinico di un difetto
infraosseo a carico della superficie distale del dente 2.3 risolto
mediante rigenerazione parodontale indotta.
6c
PUNTO CHIAVE
I primi lavori
sulle tecniche
rigenerative
risalgono agli inizi
degli anni Ottanta.
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Modelli di guarigione:
descrizione nuovo attacco
I primi lavori sperimentali che investigarono sui modelli di guarigione delle tecniche
rigenerative risalgono ai primi anni ’80. Tali
studi (11,12) dimostrarono come la formazione di nuovo attacco, derivasse da cellule
progenitrici provenienti dal legamento
parodontale. Infatti nella tecnica rigenerativa, a differenza delle tecniche chirurgiche
a lembo (di accesso o resettiva), la crescita
selezionata di cellule (multipotenti) del
legamento porta alla formazione di un
nuovo attacco. Tale ipotesi fu confermata
da uno studio istologico condotto su animali (13), che dimostrava come era possibile la ripopolazione del difetto da parte
delle cellule del legamento parodontale,
determinando la formazione di un nuovo
cemento, nuovo osso e nuovo legamento
parodontale. Successivamente numerosi
studi clinici su umani hanno confermato
tali osservazioni ma soprattutto hanno
mostrato l’elevata efficacia clinica della
CHIRURGIA ORALE
rigenerazione guidata dei tessuti parodontali (14,15).
Similmente, alla fine degli anni ’90 furono
pubblicati i primi lavori istologici che
mostravano capacità rigenerative da parte
di derivati della matrice dello smalto (amelogenine); tale comportamento era giustificato dal potenziale manifestato dalle
molecole nel promuovere reazioni cellulari
molto simili a quelle che si verificano
durante l’odontogenesi e la formazione dei
tessuti parodontali. Infatti, le amelogenine
sono in grado di formare aggregati proteici
che stimolano selettivamente la crescita
delle cellule del legamento parodontale
mentre inibiscono la crescita delle cellule
epiteliali (16,17). Ai primi studi istologici
su animali hanno fatto seguito numerosi
studi clinici che hanno dimostrato l’efficacia di tale tecnica rigenerativa (18,19,20).
Conclusioni: indicazioni
e risultati clinici attesi
Sulla base di recenti revisioni sistematiche
della letteratura possiamo affermare che è
indicato trattare profondi difetti ossei verticali = 3 mm mediante GTR o uso di amelogenine. GTR e amelogenine possono
garantire risultati migliori rispetto al
lembo chirurgico di accesso in termini di
guadagno di attacco clinico, riduzione di
tasca parodontale e incremento di osso
(21). Per quanto riguarda la scelta di una
tecnica piuttosto che di un’altra, si dovrebbe tuttavia tener conto di svariati fattori,
tra i quali le caratteristiche anatomiche del
sito da trattare (numero di pareti, profondità e angolo del difetto osseo, ecc.), il rapporto costo-beneficio (biologico ed economico), la necessità di trattare uno o più
siti, il confort postoperatorio per il paziente, la facilità di esecuzione di una tecnica
rispetto all’altra e, non da ultimo, l’esperienza dell’operatore.
Per quanto invece concerne le complicanze
a cui l’operatore può andare incontro effettuando una terapia rigenerativa (GTR o amelogenine), sulla base della letteratura attuale si può notare che, a differenza dell’uso
delle amelogenine che non presentano particolari complicazioni post-operatorie, la
GTR ha mostrato casi di deiscenza del
lembo e infezioni della membrana con conseguenti reazioni ascessuali. Tali complicanze, tuttavia, possono essere legate all’esperienza e all’abilità dell’operatore (effetto centro), così come riportato da uno studio multicentrico condotto da Sanz e coll. (22).
E’ bene comunque evidenziare che per la
valutazione dei suddetti aspetti, i dati a
disposizione sono minimi o inesistenti e
che ulteriori studi risultano necessari per
chiarire e rispondere ai quesiti clinici di
sopra esposti.
PUNTO CHIAVE
GTR e amelogenine
sono indicate
per trattare
difetti ossei verticali
profondi.
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PERIODICO DI ODONTOIATRIA GENERALE
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