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La vita spirituale e le sue dinamiche
acoltà Teologica del Triveneto Corso di teologia spirituale 2013 La vita spirituale e le sue dinamiche Docente: don Sandro Dalle Fratte In copertina: Davanti alla fonte Cristo e le croci Crocifisso di W. Congdom Senza lo Spirito Santo Dio è lontano, Cristo rimane nel passato, il Vangelo è lettera morta, la Chiesa è una semplice organizzazione, l’autorità è una denominazione, la missione una propaganda, il culto una evocazione, e l’agire dell’essere umano una morale da schiavi. Ma nello Spirito Santo: il cosmo è sollevato e geme nella gestazione del Regno, Cristo risorto è presente, il Vangelo è potenza di vita, la Chiesa significa comunione trinitaria, l’autorità è un servizio liberatore, la missione è una Pentecoste, la liturgia è memoriale e anticipazione, l’agire umano è divinizzato. (Atenagora Patriarca di Costantinopoli) SOMMARIO INTRODUZIONE: VITA SPIRITUALE E SPIRITUALITÀ OGGI, COLLOCAZIONE E CLIMA LA VITA SPIRITUALE I. PANORAMICA STORICA 1. Nella Scrittura 2. Nella tradizione cristiana a. Nei primi secoli: vita spirituale e dono dello Spirito Santo b. I Padri del deserto. l’uomo spirituale c. La teologia classica: vita spirituale e carità d. I tempi moderni: la vita interiore e. La vita spirituale nel senso comune f. Conclusione: la spiritualità 3. Precisazioni sul senso delle parole «ascetica» e «mistica» II. LA COSCIENZA SPIRITUALE CRISTIANA 1. L’attività cosciente dell’uomo spirituale 2. La relazione con Dio a. La vocazione cristiana b. La presenza dello Spirito Santo III. LA GRAZIA SANTIFICANTE 1. La grazia ci trasforma interiormente 2. L’aspetto dinamico della grazia IV. LA VITA TEOLOGALE 1. Contenuto oggettivo e realtà soggettiva 2. La fede a. La fede quale dono di Dio b. Il senso della fede (Eb 11) c. Fede e storia 3. La speranza a. Il desiderio della vita eterna b. L’aiuto di Dio c. L’estendersi della speranza 4. La carità a. Il primato della carità sulle altre capacità operative b. La carità unifica la vita spirituale 5. L’unità della vita teologale a. Partendo dal dinamismo spirituale b. La struttura dell’anima c. La mutua inclusione delle virtù teologali 6. Natura teologale della vita spirituale a. Vivere in Dio b. I1 culto interiore NOTA PASTORALE V. I FONDAMENTI 1. Lo Spirito Santo 2. L’uomo 3. La vita nello Spirito 4. Vita spirituale come vita Trinitaria Î teologale VI. LA CRESCITA: l’impegno, l’itinerario, il tempo dello spirito, la sequela 1. L’impegno 2. L’itinerario 1. Riflessioni antropologiche 2. Il dinamismo della vita spirituale nella Bibbia 3. Lo sviluppo spirituale Il tempo dell’anima 4. I momenti principali della vita spirituale 1. L’inizio della vita spirituale 2. La nozione di «conversione» 3. Incipienti, proficienti, perfetti 5. Modelli di cammino spirituale: VII. GLI ELEMENTI COSTITUTIVI: 1.Grazia 2. Gratitudine 3. Generosità 4. Gradualità 5. Gioia VIII. PASSAGGI IMPRESCINDIBILI; IX. STRUMENTI LA VITA SPIRITUALE E LE SUE DINAMICHE “Non esiste nella vita spirituale disastro più grande dell’essere immersi nell’irrealtà, perché la vita viene in noi alimentata e mantenuta dallo scambio vitale che intercorre tra noi e le realtà che ci circondano e ci sovrastano. Quando la nostra vita si nutre di irrealtà, le viene per forza a mancare l’alimento e quindi è costretta a morire. Non vi è miseria più grande del confondere questa sterile morte con la vera ‘morte’, feconda e sacrificale, per la quale si entra nella vita” (T. Merton Pensieri nella solitudine, Garzanti, Mi, 1959, 13). BIBLIOGRAFIA AA.VV., Abitare i deserti dell’anima. Il dubbio, la notte, il grido di chi cerca Dio, Gabrielli, Vr, 2009. AA.VV., Il cammino spirituale del cristiano, Teresianum – OCD, Roma Morena, 2004. AA.VV., Internet e religioni. Alfabeti spirituali, in Humanitas, Morcelliana, Brescia, 5-6 (2010). AA.VV., L’esistenza cristiana. Introduzione alla vita spirituale, Borla, Roma, 1990. 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Tutti i manuali e i Dizionari di Teologia spirituale hanno un capitolo o una voce sulla Vita spirituale Un racconto “Maestro, cosa devo fare per vivere?”. “Respira”, rispose il Maestro al ragazzo appena arrivato. “E per non morire, che devo fare?”. “Respira”, rispose il Maestro. “Ma cosa devo fare per respirare?”. “Vivere e non morire”, rispose il Maestro. La notte di quel primo giorno, disteso e insonne, il ragazzo ascoltò a lungo per la prima volta, nel silenzio della notte, il ritmo del suo destino, e, senza trovare un nesso logico nel discorso del Maestro, pensò alla vita e alla morte. A un certo punto fu preso dalla curiosità e, soltanto quando decise che avrebbe decifrato il senso nascosto delle parole del Maestro, ritrovò la calma. Così per il resto della sua vita si esercitò a respirare. Dicono che il ragazzo, diventato anch’egli Maestro, il giorno prima di morire, carico di esperienza di vecchiaia, avesse raccontato ai suoi discepoli il primo incontro con il suo Maestro e i pensieri della prima notte, confessando: “A un certo punto mi fu chiaro che nel respirare c’era qualcosa di nascosto che mi aspettava e non avrei più potuto vivere sereno senza andargli incontro. Oggi posso dire che ci siamo incontrati e, così, mi congedo da voi sereno”. E disse a chi lo ascoltava: “Adesso mi si è rivelato il senso nascosto delle parole del mio Maestro: non è il respirare che dà la vita, ma è la Vita che dà il respirare, anche dopo la morte”. La Vita cristiana è l’iniziazione a un respiro eterno che inizia da una particolare consapevolezza del respiro. Quando ci si chiede qual è il fondamento della Vita cristiana la risposta corre subito al battesimo e alla Vita in Cristo (Vite e tralci: Gv 15,1-8). Quando si pensa al fondamento della vita andiamo subito a quel respiro che ci permette di riempirci di vita e di vivere. Il cristiano sa che quel respiro ha altri confini… INTRODUZIONE Vita spirituale e spiritualità oggi, collocazione e clima Ci soffermiamo ad ascoltare noi e il nostro ambiente perché non si dà una vita spirituale asettica, staccata dall’esperienza con tutte le sue connotazioni, dal momento che lo Spirito Santo opera nell’uomo e nel suo vissuto... (Noi + l’ambiente culturale) Capire da dove partiamo: A cosa serve studiare la vita spirituale? Proviamo a esprimere con altri termini: Vita spirituale? Santità? Con un aggettivo descrivo la mia vita spirituale (differenze = diversa azione dello Spirito Santo rispettoso della mia persona) a) Chiarificazione dei termini: spirituale e vita spirituale1 Spiritualità - spirituale...2 é un termine che può essere equivoco3. Per alcuni può dire solo ‘non materiale’, incorporeo, intellettuale, mistico, morale, religioso, intimo, separato, distaccato, non corporeo4; oppure può essere visto in contrapposizione a ‘storico’, intendendo l’aldilà, il fuori dal tempo, il lontano dalla quotidianità che proietta verso un futuro che oggi é solo atteso e sperato; o, ancora, può essere inteso come ‘non pubblico’, personale, privato, quello che appartiene singolarmente a ciascuno; oppure, infine, viene inteso solo come energia, potenzialità puramente umana o in collegamento, molto etereo, a qualche forma di divino (che sa più di animismo)5. E’ chiaro che questi significati stridono con quello della autentica spiritualità cristiana che non é contrapposizione alla vita né pura forza indeterminata, ma, possiamo definirla semplicemente, “vita secondo lo Spirito”. “Quelli che sono guidati dallo Spirito sono figli di Dio” (Rom 8, 14); “Sono venuto perché abbiano la vita e la abbiano in abbondanza” (Gv 10, 10): siamo fatti per la vita e la vita di figli, figli di Dio, chiamati alla comunione con Lui, siamo chiamati a vivere nel suo Spirito, questa é la vita! E lo Spirito? Quale Spirito? Lo Spirito di Cristo: “Chi non ha lo Spirito di Cristo non gli appartiene” (Rom 8,9); “Da questo sappiamo che Egli, Dio, dimora in noi: dallo Spirito che Egli ci ha dato” (1 Gv 3,24); “Da questo conosciamo che noi siamo in Lui ed Egli in noi, perché Egli ci ha dato il suo Spirito” (1 Gv 4,13). Allora viviamo una vita spirituale se viviamo secondo lo Spirito di Cristo. Sono cristiano quando vivo dello Spirito di Gesù che mi trasforma in uomo nuovo; quindi non c’é spazio per fughe, intimismi o separazioni. La vita dello Spirito - dice Mons. Chiarinelli -, la vita spirituale comprende tutta intera l’esistenza; tutta: dal mattino alla sera; il mangiare, il bere, il dormire, l’amare, lo studiare, il pregare, la relazione con gli altri; é tutta questa vita animata dallo Spirito di Gesù. Solo chi vive in questa dimensione é l’uomo spirituale, é l’uomo che ha la spiritualità, così come essa emerge dalla rivelazione di Dio. Per Secondin a spiritualità si danno molteplici sensi che causano molti equivoci. Lui in senso classico dice che essa comprende il mondo delle esistenze in cui lo Spirito Santo lavora per plasmare 1 2 Pagani S., Educare i giovani alla fede, in La Rivista del clero italiano, 5 (1988), 327-342. Lo Spirito Santo é uno ma si esprime con varietà e ricchezza di forme: “Lo Spirito Santo é come l’acqua: nella rosa é rosa, nella viola é viola, nel giglio é bianca. La stessa acqua prende colori diversi”. (San Cirillo di Gerusalemme, in Cat. XVI, PG 33, 932-933). 3 Chiarinelli L., Vita nello Spirito. Vocazione e impegno dei laici di AC, in Chiarinelli L., Tagliaferri F., Vita nello Spirito, vocazione cristiana e Azione cattolica (Proposte/9), AVE, Roma, 1983, 5-22.8ss. 4 “Ecco perché lo spirituale non può essere identificato solo con il mondo psichico, etereo, immateriale. Tutto l’uomo intero, tutto il mondo cosmico fisico e storico è chiamato a diventare spirituale; il cosmico, corporeo, materiale, fisico al pari del resto, altrimenti il dualismo sarà inevitabile e la salvezza mai raggiunta. Dopo il peccato originale, è proprio il corpo con le sue inclinazioni che più si ribella a diventare spirituale e che cerca di sfuggire al vero significato di questa parola. Ma non va dimenticato il fatto che il corpo talvolta può mettersi a servizio dell’amore, ma può restare la mentalità dell’uomo, che è testarda e molto astuta nelle proprie dimostrazioni, solo per non farsi permeare dall'amore”. Cfr. Rupnik M.I., Nel fuoco del roveto ardente, Lipa, Roma, 1996, 34. 5 Penso qui alla New Age come anche alla bioenergetica e alle idee, in proposito, di Lowen A., La spiritualità del corpo, Astrolabio, Roma, 1991. Da questa prospettiva prendono i passi anche molte sette del ‘potenziale umano’. fedeltà creativa a Cristo e per sollecitare cammini di libertà e di nuova fraternità nel contesto specifico di culture e antropologie6. b) La vita spirituale alla prova della storia... un oggi confuso, in casa ma non di casa Viviamo a 2000 anni dall’evento Tempo confuso: clima di fede rarefatta (nebbia), di indifferenza. Viviamo un’esperienza di minoranza (Leclerq) in mezzo ad un’offerta abbondante e indiscriminata di spiritualità (quale? New Age, Sette, Religioni orientali, Yoga...), in un oggi confuso. Lo ‘spirituale’ va di moda e si presenta in 1000 salse e con 1000 volti: religioni, musiche, luoghi... e necessita di un profondo ascolto, discernimento e orientamento. Ma questo è anche un nuovo momento: lo stimolo positivo di nuovi fatti dopo il Concilio (Parola, Liturgia, Spirituale. Orientale, icone, Scienze umane...). Ai giovani che vivono questo momento, a questi giovani si parla di Vangelo e si propone una vita spirituale (il rischio e quello di proporre qualcosa che sono già convinti di vivere, anche se hanno venduto la loro libertà). Urge trovare e presentare la vera vita spirituale, l’autentico rapporto con lo Spirito Santo e ciò richiede un lavoro di discernimento e chiarezza (non tutto è spiritualità cristiana) Una fede frantumata e frammentata: dov’è l’uomo? Senso di continua novità, un ambiente in continua trasformazione... che fa perdere i riferimenti già bagaglio della nostra storia; c’è un disorientamento spirituale dato dalla perdita delle radici della fede (radici bibliche) e della tradizione spirituale (la nostra fede è trasmessa, non autoscoperta); l’eccesso del sentire/soggettivismo (io al posto di Dio.. perdita del centro > frammentazione. Martini parla di un “gonfiarsi canceroso della soggettività”), pone dei sospetti sul concetto di esperienza (non tanto conoscere, ma solo sperimentare, provare, senza affidarmi né compromettermi (vale anche per Dio), con la conseguenza di cercare continuamente prove e sicurezze esterne poco durevoli e di allargare una forte inconsistenza interiore. Lo spazio del diabolico e dello spiritismo (creature intermedie). Manca l’esperienza vertice o lo stesso ingresso (la porta della fede) Tra sospetto e grande interesse per la spiritualità: , il mercato religioso (musica, cinema, inquietudini, richiesta di luoghi e tempi di “spiritualità”). Sospetto verso gli autori e le opere spirituali segno della continuità con la tradizione (>< Scolastica: la Teologia riflessa e ragionata) che vengono considerate come opere pie, di devozione, utili alla ‘preghiera’, per le donnette del rosario nostalgiche... Mentre si tratta spesso di autentiche opere teologiche sotto il profilo dell’esperienza, gustosamente teologiche, che superano lo stesso dato utile alla ragione per arrivare alla fede vissuta, ad un pensiero e ad una fede che diventa vita: ma cos’è la spiritualità e la spiritualità cristiana in particolare? E’ chiaro che la spiritualità viene vissuta oggi in questo ambiente segnato in modo massiccio dall’Individualismo (il Papa spesso lo associa al relativismo) che poco ha a spartire con la fede, ed è connotato da emotivismo (il mio bisogno, non c’è spazio per la narrazione e la memoria), ambiguità (la crisi dell’identità. Le relazioni diventano fluide quanto l’identità) e narcisismo (perde seo la genitorialità e la responsabilità). Appelli e sfide che richiedono un attento ascolto dell’azione dello Spirito Santo per una risposta fedele oggi nel il terzo millennio7. Bisogno di un’altra dimensione. L’uomo d’oggi reclama un’altra dimensione, diceva già Pascal: “L’uomo supera l’uomo”, sente il bisogno di andare oltre8. E’ un rimando allo Spirito da discernere tenendo conto della attuale forma percettiva. 6 Secondin B., Inquieti desideri di spiritualità . Esperienze, linguaggi, stile, EDB, Bo, 201219ss. Tertio millennio adveniente (TMA), Lettera apostolica del Sommo Pontefice Giovanni Paolo II.., Lib. Ed. Vaticana, 1994. Anche Novo millennio ineunte, Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia; Rigenerati per una speranza viva (VR 2007); Il volto missionario della parrocchia in un mondo che cambia; Educare alla vita buona del Vangelo (2010). Su questo aspetto si vedano anche le note di Bianchi E., Come evangelizzare oggi, Qiqajon, Monastero di Bose - Magnano (Bi), 1997. 8 Chiarinelli L., Vita nello Spirito..., 6ss. 7 Alla fine emerge una grande difficoltà a riconoscere la vita come un dono, la sua importanza, il suo valore e il suo senso9. Si resta alla superficie della vita, incapaci di ascoltare le mozioni dello Spirito in noi, ancora persi nei meandri di una ricerca di se stessi spesso falsa perché si accontenta della magra messe della superficie (vivi al 2 % e cristiani all’8 x ‰) Difficoltà interne: E’ cambiato il volto del cristiano? Parliamo di giovani battezzati nella quasi totalità, ma a cui manca una personalizzazione e appropriazione viva della fede. La fuga dalla comunità per un nido protettivo (sette) - fuga dall’impegno. Poca conoscenza delle fede cristiana e del suo centro fondamentale. In nome del rispetto religioso si lasciano gli aspetti caratterizzanti la nostra fede (..verso una composizione delle religioni: New Age, sincretismo, visione olistica.) Poca conoscenza dello Spirito santo in noi e della vita che forma in noi... Continua la delega ecclesiale e spirituale data al prete (esperto di spiritualità, basti vedere qui oggi!), ora, però, viene attaccata dai vari -ismi. ...in casa ma non di casa, non solo nella Chiesa ma anche in noi stessi ¾ Tutto ciò rende difficile affrontare il nostro tema in modo armonioso, perché viene minata l’identità cristiana e ne facciamo le spese tutti i giorni. Ma questo é il miglior tempo che ci é dato, perché innanzi tutto abbiamo una storia ricchissima a cui attingere e, poi, perché é l’unico tempo che ci viene accordato. E’ quanto diceva, un vecchio monaco, eccellente storico e grande credente, pochi mesi prima di morire. “Qual é l’epoca migliore? La nostra, perché abbiamo veramente tanto e poi perché é l’unico tempo che Dio ci dà” (Leclerq). 9 Bellissime e sempre moderne le parole di s. Agostino: “Tardi ti ho amato, o bellezza così antica e così nuova, tardi ti ho amato! Ed ecco che tu eri dentro e io fuori, e lì ti cercavo ... Tu eri con me ma io non ero con te” (Confessioni, X, 26). LA VITA SPIRITUALE I CAPITOLO PANORAMICA STORICA Come definire la vita cristiana10? Potremmo certo muovere dal trattato della Grazia, il quale stabilisce la natura della vita cristiana ricorrendo alla nozione di partecipazione alla vita divina. Noi però preferiamo partire dall’esperienza vissuta e ciò, per quanto riguarda la nozione di vita cristiana, significa rifarsi all’insegnamento contenuto nella tradizione storica. Così, dopo aver presentato la nozione di vita spirituale quale emerge dalla Sacra Scrittura, proseguiremo la nostra indagine attraverso la tradizione ecclesiale. 1. Nella Scrittura Due sono i termini principali che ricorrono per indicare la vita: zoé, che significa il principio interno di moto e di azione insito in ogni vivente, e bìos, che esprime il decorso della vita temporale. Il concetto che maggiormente ci interessa è quello della zoé, principio dinamico caratteristico del vivente come tale. Secondo la prospettiva della Sacra Scrittura, ogni vita possiede un rapporto a Dio il quale ne è la sorgente, e pertanto appartiene alla sfera del sacro (Dt 30,15-20; 28,1-14; Pr 3,1-10). Ciò è tanto più valido quando si tratta dell’uomo fatto a immagine e somiglianza di Dio! Dio stesso vigila sulla vita dell’uomo, riservando a sé la vendetta su chi uccide il proprio fratello (Gn 4,3-16). Questo concetto di vita si allarga a mano a mano che l’uomo vive in unione con Dio, così che nei libri sapienziali della Bibbia appare la nozione di immortalità: colui che è vissuto unito a Dio per mezzo della fede e dell’amore non sarà mai separato da lui e godrà della sua stessa vita: «Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio... La loro speranza è piena di immortalità» (Sap 3,1-4). Tale concetto di vita eterna giunge alla perfezione nel Nuovo Testamento: il cristiano è chiamato ad una vita eterna nel regno dei cieli, a partecipare alla pienezza della vita del Cristo glorioso. Dal punto di vista della vita spirituale, però, è fondamentale capire come questa vita eterna sia già comunicata. Secondo la prospettiva tipicamente giovannea, la vita eterna è posseduta dal credente, già fin da ora. Anzi questa vita cui Gesù si riferisce quando dice: «Io sono il pane di vita» (Gv 6,35), «ti darò dell’acqua viva» (Gv 4,10), è in noi «una sorgente che zampilla per la vita eterna» (Gv 4,14). Quando parliamo di vita spirituale vogliamo appunto significare questa partecipazione attuale alla vita divina e le sue esigenze dal punto di vista etico. Quando però si considera la vita spirituale sotto il suo aspetto di figliolanza, appare una nuova serie di aspetti: in che cosa consiste la vita di figli di Dio? Come si presenta alla coscienza il rapporto interpersonale fra noi e Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo? Come viviamo la realtà indicata dall’espressione giovannea: «Adesso siamo figli di Dio» (1Gv 3,2)? Essa è poi una vita cristica: con questa espressione vogliamo significare qualcosa di più di un rapporto storico al Cristo: il fatto che questa vita si riferisce immediatamente al mistero del Verbo incarnato; cioè: risiede in Cristo, prima di giungere a noi tramite i sacramenti e la parola di Dio. Nel Cristo infatti è la vita (Gv 1,4); è lui a disporne a suo piacimento (Gv 5,26) ed è lui a comunicarla (Gv 10,10). Dopo la risurrezione tale comunicazione si fa più abbondante poiché Gesù è divenuto «spirito datore di vita» (1 Cor 15,45) e «autore della vita» (At 3,15). Questa vita è qualcosa di dinamico, possiede una energia propria la quale si manifesta in due direzioni. Da una parte, la vita spirituale suppone necessariamente il moto e il progresso verso una certa 10 Cfr. Bernard C.A., La crescita spirituale, ad uso degli studenti, Pont. Univ. Gregoriana, Roma 1992. Se vita spirituale vuol dire presenza e attività dello Spirito Santo nel nostro cuore, possiamo anche dire che possediamo la vita di Dio, la vita divina. I padri greci parlano della divinizzazione (theopoiesis) dell’uomo. Fanno appello al testo del Vangelo: “Non è forse scritto nella vostra legge: Io ho detto: voi siete dei?” (Gv 10,34). Gli autori occidentali, temendo che potesse essere malcompresa l’espressione, parlano maggiormente della “grazia” di Dio. La vita spirituale viene definita come “vita nella grazia”, “vita soprannaturale”. Entrambi hanno i loro vantaggi. Cfr. Spidlik T., Manuale fondamentale di spiritualità, Piemme, 1993, 17ss. pienezza (il cui segno è la pace): tale dinamismo derivante dal dono della grazia santificante viene costantemente sollecitato e sostenuto dalle stimolazioni particolari dell’azione di Dio che ci spinge alla santificazione. D’altra parte, la vita cristiana tende a manifestarsi nelle opere e nello stile di vita: «Spogliatevi, quanto alla vostra precedente condotta, dell’uomo vecchio» (Ef 4,22), «Siate santi anche voi in tutta la vostra condotta, com’è santo colui che vi chiamò, perché sta scritto: Siate santi, perché io sono santo» (l Pt 1,15). La manifestazione esteriore deriva dalla vita interiore e questa implica la trasformazione del modo di sentire, di giudicare, di pensare, in accordo con il senso di Cristo conosciuto nella Chiesa. Alla formazione della vita interiore giova molto lo studio e la meditazione della Sacra Scrittura, nonché la vita sacramentale. In altre parole: la vita interiore è connessa alla vita di pietà. 2. Nella tradizione cristiana Per descrivere meglio i diversi aspetti della vita spirituale, vediamo come essi si sono manifestati a seconda delle diverse preoccupazioni che nel corso della storia hanno toccato la Chiesa. a. Nei primi secoli: vita spirituale e dono dello Spirito Santo Un testo decisivo per la storia della spiritualità è senza dubbio quello in cui san Paolo nomina «lo spirito, l’anima e il corpo» del cristiano (l Ts 5,23). Gli gnostici del II e III sec. lo interpretarono nel senso che lo spirito, o lo Spirito, è una componente dell’essere umano: si è o spirituali o psichici o materiali (ilici), evidenziando così il problema del rapporto dell’uomo con lo spirito secondo l’elemento che predomina in ogni persona: da ciò deriva per ciascuno la salvezza oppure l’alienazione dalla vita divina. In questa prospettiva, lo spirito non era veramente integrato all’anima, e la vita spirituale esigeva un distacco, o meglio una separazione da qualsiasi vita psichica o naturale; era la manifestazione di una realtà soprannaturale la quale veniva a sovrapporsi ad un’esistenza umana, che rimaneva estranea a quella. Contro tale dottrina la reazione di sant’Ireneo fu profonda ed equilibrata. Senza negare in alcun modo la gratuità del dono dello Spirito Santo concesso al cristiano, Ireneo insistette sulla trasformazione dell’esistenza, implicata dalla presenza dello Spirito: «Tutti coloro che temono Dio, che credono nella venuta del suo Figlio e che, per mezzo della fede, ospitano nei loro cuori lo Spirito di Dio, meritano di essere chiamati puri, spirituali e viventi per Dio, giacché hanno lo Spirito del Padre che purifica l’uomo e lo eleva alla vita di Dio» (Adversus Haereses, V, 9,2). Come si vede, il possesso dello Spirito Santo immette tutto l’uomo, corpo e anima, in una nuova vita; tutta la sua esistenza è informata dalla fede operante per mezzo della carità. L’influsso dello Spirito appare dapprima nella conoscenza e nella comprensione della Scrittura. L’uomo spirituale è colui che sa scoprire, sotto il senso storico immediato della Scrittura, un altro senso nascosto, mistico, mediante il quale gli si svelano correlazioni profonde sia tra l’Antico e il Nuovo Testamento, sia tra il tempo della Chiesa e quello della gloria, o ancora fra l’insegnamento scritturistico e la vita che chiamiamo spirituale. Questo ulteriore senso della Scrittura è propriamente il «senso spirituale». Esso manifesta agli occhi della fede l’intenzione dello Spirito che ha ispirato gli autori sacri. Successivamente i Padri insisteranno sulle disposizioni soggettive necessarie a chi vuole penetrare il senso spirituale della Scrittura, e dunque divenire l’uomo dello Spirito: «Purificarsi dalla sozzura contratta nei vizi, ritornare alla bellezza della propria natura, restituire per così dire all’immagine regale la sua forma primitiva, con la purezza; solamente a questa condizione ci si avvicina al Paraclito» (Basilio di Cesarea, De Spiritu Sancto, SCh 17 [1947], 147). b. I Padri del deserto. l’uomo spirituale Chi potrebbe conservare per sé, chiuso, il tesoro della vita spirituale? Colui che ha ricevuto il dono della conoscenza di Dio e, grazie al carisma della profezia, è diventato capace di sondare i segreti dei cuori, viene facilmente riconosciuto come padre spirituale. Questo personaggio così importante nelle comunità primitive esercita la sua funzione in virtù del proprio carisma e non di un’autorità ufficiale. Per il fatto stesso che un cristiano viene a porsi sotto la sua guida, la sua competenza viene riconosciuta nel campo dell’esistenza cristiana. Ecco allora che l’idea di vita spirituale si chiarisce e si precisa: essa implica la ricerca delle vie di Dio, l’ascesi controllata e un progresso nella conoscenza della Scrittura e delle realtà spirituali. c. La teologia classica: vita spirituale e carità Come già aveva notato sant’Ireneo, l’uomo «spirituale» non è prima di tutto uno che, «speculando», si sforza di liberare in sé l’elemento «pneumatico», bensì un uomo che, sotto la guida dello Spirito Santo, sviluppa una vita evangelica e specialmente il dono della carità profuso in noi dallo stesso Spirito, quel dono «più prezioso della gnosi, più glorioso della profezia, superiore a tutti gli altri carismi» (Ireneo, Adversus Haereses, IV, 33, 8). In seguito la riflessione teologica, soprattutto quella che mira ad una sistematizzazione della «sacra doctrina», si concentrerà più sull’idea della carità che non sull’idea dell’uomo mosso dallo Spirito, e la formazione spirituale tenderà verso la perfezione della carità. Così san Tommaso prospetta tutta la vita spirituale come sviluppo della carità fino alla sua pienezza. Se l’inconveniente di questa posizione è di lasciare un po’ nell’ombra il rapporto interpersonale che unisce il cristiano allo Spirito Santo, il suo vantaggio è di indirizzare lo sguardo verso la sostanza della vita cristiana che è la vita teologale: i carismi più o meno spettacolari che tuttora, per molti, caratterizzano la santità, non acquistano il loro vero valore se non sono inseriti nella vita teologale. Ora questa vita è la stessa per tutti; per partecipare ad essa non c’è bisogno di sprofondarsi nei deserti o di sottomettersi ad una disciplina esteriore. d. I tempi moderni: la vita interiore Una simile preoccupazione di universalità caratterizza la dottrina di san Francesco di Sales. Scrivendo la sua Introduzione alla vita devota, il santo si rivolgeva a tutte le categorie di persone: invece di «vita devota» oggi diremmo «vita spirituale». E’ da notare che l’espressione impiegata dal vescovo di Ginevra insiste su un nuovo aspetto della vita spirituale: per formarsi e svilupparsi, essa ha bisogno di nutrirsi di una vita di pietà imperniata sul culto e sui sacramenti. E’ questa un’esigenza sulla quale la Chiesa, dal concilio di Trento in poi, ha costantemente insistito: la vita spirituale deve alimentarsi alle sorgenti della preghiera e dei sacramenti. Le numerose «guide spirituali» del Seicento ne precisano la pratica. Per favorire la vita di preghiera, considerata il centro della vita spirituale pratica, ci si sforza di proporre dei metodi di orazione o di esercizi spirituali più o meno sistematici. Tutti questi sforzi, uniti alla sollecitudine di portare anche i laici al fervore spirituale, mettono in valore la vita interiore il cui fine è di condurre i cristiani ad una personale assimilazione della fede affinché ispiri la loro esistenza. e. La vita spirituale nel senso comune Se seguiamo questa linea della vita interiore, la vita spirituale si presenta come un’attività della coscienza la quale cerca di discernere il senso della vita attraverso una percezione dei valori evangelici. Ma è chiaro che questo sforzo di presa di coscienza delle motivazioni dell’esistenza si può applicare anche ad un altro contesto religioso o addirittura ad un contesto filosofico. Si giunge così, in modo più generale, a fare un’opposizione tra una vita umana rivolta alla realizzazione di valori biologici ed utilitari e quella che si volge ai valori elevati e più disinteressati. Poiché i primi hanno tutti un certo rapporto al corpo e alla materia, la vita spirituale intesa in senso lato appare come quella che si orienta verso i valori dello spirito. Certo, il cristiano può ritrovare, sotto questa espressione, il senso della vita spirituale della Chiesa primitiva, tutta tesa, nei martiri, al possesso del regno eterno: «Le realtà invisibili, dice san Paolo, sono eterne» (2Cor 4,18). Ma tale tensione verso i valori superiori non va intesa come privilegio della vita cristiana. In tutte le religioni si trovano persone per le quali la realtà più sostanziale non è la vita sostenuta dallo slancio vitale e fisico, bensì una vita mistica tesa al raggiungimento di valori di libertà interiore, di purezza e di santità. Anzi si parlerà di «vita spirituale» fin dal momento in cui una persona si orienta verso la realizzazione di valori elevati, anche se questi non rientrano nel campo religioso: ad esempio, se uno consacra la propria vita alla ricerca della verità, della bontà, della bellezza. f. Conclusione: la spiritualità Da tutto ciò che è stato detto fin qui, si intuisce la ricchezza della vita spirituale. Muovendo dalla nozione di presenza dello Spirito Santo, siamo passati agli aspetti più dinamici: l’uomo che possiede lo Spirito Santo diventa capace di capire il senso profondo della Sacra Scrittura e poi di guidare gli altri sul cammino della santità, ossia alla pienezza di vita. Quando poi, con i grandi teologi scolastici, la considerazione teologica ha preso l’uomo come punto di riferimento della vita etica e spirituale, la pienezza di vita è stata concepita come carità perfetta. Il problema spirituale diventa allora più pratico: come condurre le anime alla perfezione della carità? Nel Cinquecento, ad esempio, tra i mezzi di perfezione spiccano l’orazione, i sacramenti, gli esercizi spirituali. Dalla nozione di vita spirituale si passa a quella di vita interiore. Con questa espressione si mette in risalto al tempo stesso la vita in senso soggettivo, cioè come principio interno di azione, e la vita in senso oggettivo (bios), cioè l’esistenza umana nella sua dimensione esterna. In senso lato, vita spirituale viene a designare ogni tipo di vita, anche non cristiana, che si ispiri alla ricerca dei valori elevati (scientifici, estetici, morali) e specialmente del valore del sacro; si parla così di spiritualità cristiana, induista, platonica, ecc. Nell’affrontare dunque lo studio della teologia spirituale, bisogna tener conto dello sviluppo storico della vita cristiana. Per significare l’oggetto della teologia spirituale usiamo comunemente la parola «spiritualità». Divulgata in Francia nel Seicento, essa indicava allora «tutto ciò che è in rapporto con gli esercizi interiori di un’anima distaccata dai sensi, la quale non cerca altro che di perfezionarsi agli occhi di Dio» (Littré). Ai giorni nostri questo termine significa anche un certo stile di vita cristiana che si ricollega a correnti spirituali storiche (benedettina, ignaziana...) oppure a condizioni specifiche di esistenza (si parlerà allora di spiritualità sacerdotale, laicale...). Dal francese il termine «spiritualità» è passato nelle altre lingue: esso contiene tutti gli elementi che abbiamo messo in luce e serve a indicare le diverse esperienze religiose dell’umanità. 3. Precisazioni sul senso delle parole «ascetica» e «mistica» a) Ascesi. b) Mistica. «Tu, o caro Timoteo, con un esercizio attentissimo nei riguardi delle contemplazioni mistiche, abbandona i sensi e le operazioni intellettuali, tutte le cose sensibili e intelligibili, tutte le cose che non sono e quelle che sono; e in piena ignoranza protenditi, per quanto è possibile, verso l’unione con colui che supera ogni essere e conoscenza. Infatti, mediante questa tensione irrefrenabile, e assolutamente sciolto da te stesso e da tutte le cose, togliendo di mezzo tutto e liberato da tutto, potrai essere elevato verso il raggio soprasostanziale della divina tenebra» (Teologia mistica, 1,1, PG 3, 997B-1000A; trad. Scazzoso in Dionigi Areopagita, Tutte le opere, Rusconi, Milano, 1981, pp. 406-407). «Questa teologia più sublime, ossia mistica, tratta di Dio in quanto, per mezzo della negazione di tutti gli esseri e di un amore di carità sovramentale, infiammato, sperimentale e ardentissimo, Egli è conosciuto in una tenebra più che luminosa, grazie all’elevazione della mente al di sopra di tutto il creato e all’unione estatica, immediata e certissima con Dio altissimo» (Dionigi il Certosino, De contemplatione I, 26 in Opera omnia, t. 42, p. 166 C.a). Il problema della mistica in teologia spirituale NOTA SULL’INTERIORITA’ II. CAPITO OLO LA COSCIE ENZA SPIRITU S UALE CRIST C IANA Purr sforzandoosi di definirre i rapportti fra teologgia dogmaticca, spiritualle e morale, la problem matica teolo ogica non si sofferm ma mai sul problema di descriverre l’atteggiamento in nteriore deell’uomo chhe si ded dica alla vita v spiritualee. Eppure come, c con la scuola fenomenologgica, si parlaa di cosciennza che imm magina, perrcepisce (o o memorizzza), ecc., m mettendo così c in valore l’impegnno totale dell’uomo nelll’atto di im mmaginare o di percep pire, altrettanto si può paarlare di coscienza spirrituale proppria di coluii che si eserrcita nella vita v spiritualee. Con l’espressione coscienza c sppirituale crristiana inteendiamo quiindi indicarre ciò che nel soggetto sta allla radice deel progetto di vita spirrituale, cioèè di quel certo modo di assumerre personalm mente il doono divvino della vita v cristianaa, che è in grado g di conndurre il sog ggetto stesso ad una m maggiore chiarezza e ad un im mpegno più vigoroso. Di D questa cooscienza spirituale, i saanti, e in paarticolare i dottori spirrituali, offroono unn modello saancito dalla Chiesa. 1. L’attività L c cosciente dell’uom mo spiritua ale a) La L vita spirrituale, in quanto è soprannatur s rale, di perr sé non ddipende im mmediatameente daall’uomo, ma piuttosto è causata da d Dio. «M Memori... del d vostro im mpegno neella fede, deella vostra operosità nnella carità à e della voostra costannte speranzaa nel Signorre nostro Geesù Cristo»» (1Ts 13). «SSiate vigilanti, fissate ogni speranza in quellla grazia che c vi sarà data quand do Gesù Cr Cristo si rivvelerà. Com me figli obbbedienti, no on conformatevi ai deesideri d’un n tempo, quuando eravaate nell’ignoranza, ma ad immagiine del Santto che vi ha chiamati, diventate d saanti anche voi nella condotta; pooiché sta sccritto: “Voi sarete sannti, perché io sono saanto”» (1 Pt P 1,13-1 6). b) Se l’affettiviità, è la rissonanza neella coscien nza di una situazione esistenzialee, e il monndo spiirituale è costituito dalla vita divina paartecipata, sarà s inevitabile che la risonan nza della vita v sopprannaturalle nella cosccienza suscciti un’affetttività spiritu uale: la com municazionee di vita geenera gaudio e dillatazione deell’anima; l’’allontanam mento da essa genera triistezza. Bisoggna però nootare che neell’uomo vii sono vari livelli di viita: la sensibbilità, le rellazioni sociali, la vita razionnale, la vita spirituale. Per questo motivo la coscienza spirituale s noon di rado appare diviisa: così, quando l’uomo rinuuncia a granndi beni tem mporali, pro ova tristezzaa e insieme gaudio spirrituale, percché in tal modo ripone la suaa ricchezza in i Dio solo. c la vita spirituale s si sviluppi neecessariameente c) Laa condizionne incarnata della coscienza fa sì che nel tempo, e in i due modii diversi: in quanto il teempo é dura ata e condizzione dello sviluppo; In n quanto pooi il tem mpo é il luoogo della deecisione. 2. La L relazion ne con Diio Dio ha stretto con c l’uomo un rapportto di alleanzza. Consideerata seconddo il suoo aspetto peersonale, quuesta alleanzza si manifeesta come vocazione: v D chiama ogni Dio uoomo a realizzzare un proogetto di saantità che sffocia nella vita v eterna, e proprio nnella miisura in cuii l’uomo prrende coscieenza del prrogetto diviino e cerca di adeguarre ad essso la propria esistenza,, egli realizzza la sua vocazione. La chhiamata divvina, però, non n si maniifesta una volta v per tuttte, ma riaff ffiora in modo contiinuo, in quaanto lo Spirrito Santo agisce incesssantemente nella coscienza spiirituale delll’uomo per condurlo alla a pienezzza spiritualee. La vita cristiana impplica quuindi un asspetto del tutto originnale: la prresenza delllo Spirito divino sem mpre opperante. a. Laa vocazionne cristianna Le forme della vocazione «Tutti i fedeli sono invitati e tenuti a perseguire la santità e la perfezione del proprio stato. Perciò tutti si sforzino di dirigere rettamente i propri affetti, affinché dall’uso delle cose di questo mondo e dall’attaccamento alle ricchezze, contrariamente allo spirito della povertà evangelica, non siano impediti di tendere alla carità perfetta; ammonisce infatti l’Apostolo: quelli che si servono di questo mondo, se ne servano come se non ne godessero, poiché passa la figura di questo mondo (cfr. 1 Cor 7,31)» (LG 42). La presa di coscienza della vocazione «Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati alla libertà. Purché questa libertà non divenga un pretesto per vivere secondo la carne, ma mediante la carità, siate a servizio gli uni degli altri. Tutta la legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto: amerai il tuo prossimo come te stesso» (Gal 5,13-14). b. La presenza dello Spirito Santo «Negli ultimi giorni, dice il Signore, io effonderò il mio Spirito sopra ogni persona; i vostri figli e le vostre figlie profeteranno; i vostri giovani avranno visioni e i vostri anziani faranno dei sogni. E anche sui miei servi e sulle mie serve in quei giorni effonderò il mio Spirito ed essi profeteranno». «Chi conosce i segreti dell’uomo se non lo spirito dell’uomo che è in lui? Così anche i segreti di Dio nessuno li ha mai potuti conoscere se non lo Spirito di Dio» (1 Cor 2,11). «Così dunque, voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio, edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, e avendo come pietra angolare lo stesso Cristo Gesù. In lui ogni costruzione cresce ben ordinata per essere tempio santo nel Signore; in lui anche voi insieme con gli altri venite edificati per diventare dimora di Dio per mezzo dello Spirito» (Ef 2,19-22). In ciò consiste il concetto più profondo di vocazione personale: configurazione nel tempo, attuata per mezzo dello Spirito, della nostra esistenza ideale quale è concepita eternamente da Dio. Lo Spirito infatti, conoscendo i segreti del Padre, agisce come Spirito santificatore e plasma la nostra vocazione secondo la realtà eterna nascosta nel cuore del Padre. III. CAPITOLO LA GRAZIA SANTIFICANTE Noi prendiamo coscienza dell’esigenza interiore di crescita attraverso l’accettazione della nostra chiamata e la docilità alle ispirazioni dello Spirito Santo. Come sappiamo, però, la nostra esistenza spirituale si radica in un principio di vita nuova che la tradizione chiama grazia santificante: il dono cioè della partecipazione alla vita divina, che riceviamo come un nuovo e potente germe di vita. Tale grazia deve essere considerata un dono interiore permanente che di per sé tende alla piena realizzazione. «A ciascuno di noi è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo» (Ef 4,7); in quanto è grazia santificante, essa ci fa «partecipi della natura divina» (2 Pt 1,4). A noi interessa soprattutto il fatto che tale grazia santificante ci trasforma interiormente, conferendoci la capacità di agire soprannaturalmente mediante le virtù teologali di fede, di speranza, di carità. 1. La grazia ci trasforma interiormente Concilio Tridentino: «La giustificazione non è soltanto la remissione dei peccati ma anche la santificazione ed il rinnovamento dell’uomo interiore per mezzo dell’accoglimento libero della grazia e dei doni per cui l’uomo da ingiusto che era diventa giusto e da nemico di Dio diventa amico... Riceviamo da Dio la giustizia come dono che ci rinnova nell’intimo della nostra mente; non solo siamo considerati giusti, ma veramente tali siamo chiamati e tali siamo quando riceviamo in noi la giustizia, ciascuno secondo la misura che lo Spirito Santo elargisce come vuole e secondo la disposizione e cooperazione del singolo» (DS 1528-1529). Come si vede, la grazia produce un duplice effetto: da un lato siamo trasformati interiormente e dall’altro entriamo in un rapporto interpersonale con Dio il quale ci accetta nella sua amicizia. Essendo dunque la grazia un principio posseduto dall’uomo, costui diventa capace di una esperienza spirituale. L’infusione della grazia porta con sé un mutamento dello stato dell’uomo e l’esigenza di un nuovo modo di vivere. Come addita san Paolo: «... possiate comportarvi in maniera degna del Signore, per piacergli in tutto, portando frutto in ogni opera buona e crescendo nella conoscenza di Dio; rafforzandovi con ogni energia secondo la sua gloriosa potenza per poter essere forti e pazienti in tutto; ringraziando con gioia il Padre che ci ha messi in grado di partecipare alla sorte dei santi nella luce. E’ lui infatti che ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del suo Figlio diletto, per opera del quale abbiamo la redenzione, la remissione dei peccati» (Col 1,10-14). 2. L’aspetto dinamico della grazia «Sebbene nessuno possa essere giusto se non colui al quale vengono comunicati i meriti della Passione del nostro Signore Gesù Cristo, questo avviene nella giustificazione dell’empio, quando per merito della santissima Passione la carità di Dio è diffusa dallo Spirito Santo nei cuori (cfr. Rom 5,5) di coloro che sono giustificati e in loro rimane. Perciò, nella giustificazione stessa, insieme con la remissione dei peccati l’uomo riceve da Gesù Cristo in cui è inserito questi tre doni insieme infusi: la fede, la speranza e la carità» (DS 1530). «Così giustificati e fatti amici e membri della famiglia di Dio (Gv 15,15; Ef 2,19), camminando sempre più forti (Sal 83,8), i battezzati, come dice l’Apostolo, si rinnovano di giorno in giorno (2Cor 4,16), vale a dire, facendo morire le perverse inclinazioni (Col 3,5) e mettendo le loro membra a servizio della giustizia (Rom 6,13.19) per santificarsi grazie all’osservanza dei comandamenti di Dio e della Chiesa; poiché la santificazione è ricevuta nella stessa giustizia per mezzo della grazia di Cristo, nella cooperazione fra la fede e le buone opere (Gc 2,22) essi crescono e si giustificano sempre più, come sta scritto: «Continui il santo a santificarsi ancora» (Ap 22,11) e di nuovo: «Non aspettate fino alla morte per vivere in giustizia» (Sir 1 8,22) e ancora: «L’uomo è giustificato dalle opere e non soltanto dalla fede» (Gc 2,24)» (DS 1535). Evitiamo quindi di pensare alla vita della grazia in modo esclusivamente giuridico, ma vediamo piuttosto come cresca la santità. Questa legge di crescita non poggia su un precetto esteriore, ma sulla realtà stessa della grazia la quale va considerata seme di vita eterna. E’ questa una legge ontologica, non nel senso che l’uomo progredisca indipendentemente dal tipo del suo comportamento, ma nel senso che, di per sé, la vita di grazia tende alla crescita continua.