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LA SPECIALITÀ DELLA SANZIONE E LA CRISI DEL DOPPIO
LA SPECIALITÀ DELLA SANZIONE E LA CRISI DEL DOPPIO BINARIO PROFILI TRIBUTARI di Livia Salvini 1. Il tema. In un sistema penale tributario, come quello in vigore dal 2000, che sanziona fattispecie di evasione fiscale si pone inevitabilmente il problema del concorso tra sanzioni penali e sanzioni amministrative: esse infatti colpiscono il medesimo fatto-evasione e sono dirette, sostanzialmente, a tutelare il medesimo bene giuridico, cioè il fedele assolvimento delle imposte. Problema che non si poneva nel previgente sistema della l. n. 516/1982 che sanzionava le c.d. “fattispecie prodromiche” di evasione e che prevedeva espressamente, infatti, il concorso di sanzioni penali ed amministrative. La “soluzione” che dà l’ordinamento è il principio di specialità, recato dall’art. 19 d. lgs. n. 74/2000, il quale, analogamente a quanto disposto dalla legge generale sulle sanzioni amministrative, prevede che quando uno stesso fatto è punito da una sanzione penale tributaria e da una sanzione amministrativa si applica la disposizione speciale. Il prevalere della legge speciale si risolve di norma1 nell’applicabilità della sanzione penale, ovviamente ove ne ricorrano i presupposti oggettivi e soggettivi. Ciò in quanto si ritiene, in termini generali, che la necessità del dolo specifico di evasione e l’esistenza delle soglie di punibilità (nei reati dichiarativi) siano comunque elementi specializzanti della fattispecie penale rispetto a quella amministrativa. L’art. 21 d. lgs. cit. riflette sotto il profilo processuale questa impostazione sostanziale, salvaguardando il principio del doppio binario 1 O perlomeno si risolveva prima dei recenti indirizzi giurisprudenziali penali sulla “progressione” che, in alcuni casi, ha negato la ricorrenza dello “stesso fatto” tra fattispecie amministrativa e fattispecie penale: v. ad es. Cass. n. 37425/2013 in tema di omessa effettuazione di ritenute (reato per il quale peraltro non viene ritenuto necessario il dolo specifico). previsto dall’art. 20; principio che, come è noto, prevede che il processo tributario non può essere sospeso per la pendenza del procedimento penale avente ad oggetto i medesimi fatti o fatti dal cui accertamento comunque dipende la relativa definizione. Secondo quanto prevede l’art. 21, dunque, la sanzione amministrativa viene comunque irrogata, ma l’esecuzione è sospesa finché non interviene archiviazione, assoluzione o proscioglimento in sede penale. Come è stato giustamente osservato2, poiché il contribuente che voglia contestare la debenza della sanzione amministrativa è comunque tenuto ad impugnare l’atto di irrogazione dinanzi al giudice tributario e tale giudizio non può comunque essere sospeso in attesa dell’esito del giudizio penale, sarà solo il giudice penale a poter decidere – nel caso (invero non frequente, in linea di principio) in cui ritenga che la violazione amministrativa sia speciale – di non applicare la sanzione ex art. 19 cit.3. Il sistema sembrerebbe dunque mostrare sotto questo profilo una “preferenza” per l’applicazione della sanzione penale. 2. Specialità e ne bis in idem. Il principio di specialità è diretto a tutelare il c.d. ne bis in idem sostanziale, in un’ottica di complessiva mitigazione e proporzionalità della risposta punitiva alla commissione di un unico fatto rilevante ai fini dell’applicabilità di sanzioni diverse. Si prevede dunque, in base ad esso, che una sola sanzione debba essere applicata. Il medesimo principio può essere però declinato anche in chiave processuale. Qui l’interesse tutelato è quello a non essere giudicato più volte per lo stesso fatto: non si ragiona più in termini di CARINCI, Il principio di specialità nelle sanzioni tributarie: tra crisi del principio e crisi del sistema, in Rass. Trib. 2/2015). 3 Il che costituisce una deroga al ne bis in idem processuale: BONTEMPELLI, Il doppio binario sanzionatorio in materia tributaria e le garanzie europee, fra ne bis in idem processuale e ne bis in idem sostanziale, in Arch. Pen. 1/2015. 2 2 rapporto tra fattispecie per escludere la plurima risposta sanzionatoria dell’ordinamento, ma in termini di rapporti tra processi. In questa diversa ottica, semplicemente, “prevale” la sanzione che è irrogata con il provvedimento che per primo diviene definitivo, del tutto indipendentemente dal fatto se la prima sanzione comminata sia o meno quella che colpisce la fattispecie “speciale”. Ed è questa l’ottica della CEDU, su cui si soffermerà il prof. Alessandri. 3. Principio di specialità e pluralità di soggetti. Uno dei profili qualificanti del ne bis in idem sostanziale – così come, si vedrà, di quello processuale – è l’identità del soggetto cui le due sanzioni possono essere potenzialmente comminate. Non si verifica infatti in alcun modo un eccesso di risposta sanzionatoria qualora il soggetto cui è irrogabile la sanzione amministrativa sia diverso da quello cui è irrogabile la sanzione penale. Per questo motivo il principio di specialità non è mai applicabile laddove il contribuente sia una persona giuridica: la società sarà assoggettabile alla sanzione amministrativa e la persona fisica che ha agito sarà responsabile della violazione penale, in dipendenza di un medesimo fatto. La circostanza che il principio qui in esame sia inapplicabile ai soggetti passivi IRES è frutto di una precisa scelta legislativa. Prevede infatti l’art. 19, comma 2, d. lgs. n. 74/2000 che “permane, in ogni caso, la responsabilità per la sanzione amministrativa dei soggetti indicati nell’articolo 11, comma 1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, che non siano persone fisiche concorrenti nel reato”. Questa disposizione va spiegata e contestualizzata. Il d. lgs. n. 472/1997 ha dettato le disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative tributarie, riformando l’ordinamento previgente secondo criteri penalistici, in particolare per quanto concerne l’autore delle violazioni amministrative fiscali, che per le 3 società va (andava) individuato nella persona fisica che ha commesso l’illecito nell’esercizio delle sue funzioni (art. 5 d. lgs. n. 472/1997). Alla figura dell’autore persona fisica si aggiunge (aggiungeva) quella del responsabile solidale al pagamento della sanzione amministrativa, da identificarsi nella società nel cui interesse l’autore ha agito (art. 11 d. lgs. 472/1997). Era questo il sistema vigente quando il principio di specialità fu introdotto dall’art. 19 d. lgs. n. 74/2000. Quindi il significato del suo comma 2, sopra riportato, è senza dubbio quello di affermare che mentre per l’autore persona fisica del reato e dell’illecito amministrativo, anche se rappresentante di società, opera il principio di specialità, lo stesso principio non opera per la società nel cui interesse il rappresentante ha agito, la quale risponde comunque, in qualità di responsabile, della sanzione amministrativa. Come è noto, dopo alcune vicissitudini il mai “digerito” sistema della imputabilità della sanzione amministrativa alla persona fisica agente per la società fu abrogato nel 2003; fu così ripristinato il sistema vigente ante 1997, sistema in cui della violazione amministrativa risponde esclusivamente la società contribuente. A maggior ragione, dunque, nel sistema attuale non si rende applicabile, in base all’art. 19, il principio di specialità ove il contribuente sia una società, stante la assoluta divaricazione tra il soggetto che risponde della sanzione penale (solo la persona fisica agente) e quello che risponde della sanzione amministrativa (solo il soggetto passivo IRES). 4. Il principio di specialità oggi. Lo stesso d. lgs. n. 74/2000, nell’introdurre il principio di specialità, vi ha tuttavia fin da subito derogato, prevedendo quale circostanza attenuante in sede penale il pagamento delle imposte e delle sanzioni amministrative (sia pure eventualmente in misura ridotta per effetto di procedure di adesione all’accertamento o conciliazione) e quindi 4 sacrificando il ne bis in idem sostanziale all’interesse al ristoro del danno causato all’erario dal contribuente. Le deroghe si sono fatte ora anche più accentuate. L’art. 13 d. lgs. n. 74/2000, nella versione introdotta dal d. lgs. n. 158/2015 (come è stato illustrato dalle relazioni del prof. Mucciarelli e dell’avv. de’ Capitani) prevede in alcuni casi che il reato sia estinto ove intervenga il pagamento dei debiti tributari, comprese le sanzioni amministrative: il principio di specialità (per l’applicazione del quale, come si è ricordato, di norma le fattispecie penali sono da ritenersi speciali rispetto a quelle amministrative) viene dunque in questo caso “rovesciato” - sempre beninteso sulla base di una scelta del contribuente - con l’applicazione delle sole sanzioni amministrative. L’efficacia totalmente scriminante e non solo attenuante che viene attribuita in questi casi al pagamento del debito fiscale è evidentemente finalizzata ad incentivare ancora di più l’adempimento tributario, con conseguente diminuzione (da taluni ritenuta eccessiva) dell’efficacia deterrente della sanzione penale. Anche le interpretazioni date dalla Cassazione all’istituto della confisca, ora divenuta obbligatoria, derogano in modo assolutamente vistoso al principio di specialità. Ed infatti (come è emerso dalle relazioni degli avv.ti Mereu e Todini) la giurisprudenza ritiene che il profitto del reato fiscale confiscabile comprenda anche le sanzioni amministrative, cumulandone perciò – nella sostanza – l’applicazione con la condanna penale. In questo sistema, per effetto di interventi successivi e non ben coordinati, si pone quindi certamente il tema dello squilibrio della risposta sanzionatoria dell’ordinamento, che attraverso il cumulo delle sanzioni amministrative e di quelle penali in alcuni casi punta ad un forte effetto deterrente, mentre dall’altro potenzia il ravvedimento, costruendo un 5 sistema che, probabilmente in modo eccessivo, spinge verso il pagamento dell’imposta avvalendosi dello “spauracchio” penale. Una solo parziale soluzione a questo squilibrio è venuta dalla riforma in commento, in cui la mitigazione delle sanzioni amministrative, la più rigorosa delimitazione delle fattispecie penali e l’innalzamento delle soglie (che di per sé tutelano la specialità evitando il concorso nelle ipotesi “sotto soglia”) è espressamente ricondotta, nelle intenzioni del legislatore, al potenziamento del principio del ne bis in idem sostanziale. 6