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le macchie della pelle: i prodotti per corregere
LE MACCHIE DELLA PELLE: I PRODOTTI PER CORREGERE TALI INESTETISMI Le “macchie”, tra tutti gli inestetismi, sono generalmente quelle meno accettate psicologicamente dalle persone, infatti sin dall’antichità l’ideale estetico era quello di presentare una pelle quanto più levigata e più possibilmente chiara. Cleopatra era solita fare il bagno nel latte di capra, mentre Poppea preferiva il latte di asina; entrambe, sfruttando l’azione dell’acido lattico (alfa-idrossiacido) presente nel latte d’asina e capra, schiarivano e levigavano la pelle per essere più belle e seducenti. I problemi di pigmentazione, sono spesso associati o ad una aberrante proliferazione di melanociti e quindi ad un eccessivo accumulo di pigmento, oppure ad una degenerazione dei melanociti e quindi una perdita di colore. Simili inestetismi possono essere parzialmente e/o totalmente corretti con l’uso di appropriate sostanze. In queste pagine ci soffermeremo a valutare quali sono i meccanismi biologici che causano questi problemi per poi, attraverso l’abbondante letteratura scientifica disponibile, passare alla rassegna delle sostanze più utilizzate per la correzione di tali inestetismi. LA MELANOGENESI Il principale pigmento cutaneo è la melanina che è prodotta nei melanociti (Fig.1), cellule specializzate situate nell’epidermide (a livello dello strato basale e dello strato spinoso). Il melanocita è una cellula a nucleo piccolo provvista di prolungamenti dendritici che si insinuano tra le cellule e si anastomizzano tra loro costituendo una specie di rete. Fig.1 (Struttura di un melanocita): queste cellule vengono anche dette cellule dendritiche. Co si può osservare sono evidenziati i melanosomi. Nell’uomo il numero di melanociti presenti nelle differenti aree del corpo varia in modo spiccato, con una media totale compresa intorno a 1.000÷1.500 mm². La biosintesi della melanina, e non tutti gli Autori sono ancora totalmente d’accordo, sembra avvenire in organelli del melanocita detti melanosomi. Il precursore della melanina è l’aminoacido tirosina che ad opera dell’enzima tirosinasi (enzima dei melanociti in forma silente che sotto l’azione di particolari stimoli viene attivato) viene inizialmente idrossilato in 3,4-diidrossifenilalanina (DOPA) e in seguito viene ulteriormente ossidato in dopachinone. Questa molecola è altamente reattiva e subisce una serie di trasformazioni che portano alla formazione di due differenti gruppi di melanine: - le eumelanine - le feomelanine e i ticocromi Da quanto detto è chiaro che nella sintesi della melanina incide non soltanto l’attività della tirosinasi ma anche la biodisponibilità dell’aminoacido precursore , la tirosina. La funzione della melanina è sicuramente fotoprotettiva, ma la presenza anche in altri organi interni (orecchio interno, cervello), ha riaperto il ruolo fisiologico di questo pigmento. Il processo di melanogenesi viene incrementato dall’esposizione al sole, rendendoci anche il tipico colorito noto come tintarella. L’abbronzatura ci elargisce quel colorito dorato e ci dà un'aria più sana e attraente, inoltre contribuisce a farci avvertire una sensazione di giovinezza e fiducia in noi stessi (infatti recenti studi hanno evidenziato che con l’esposizione al sole si ha una maggiore produzione di endorfine, neurotrasmettitori che regolano l’umore). I raggi del sole sono distinti in: 1. U.V.C (lunghezza d’onda: 100 – 280 nm) trattenuti dall’atmosfera ad opera dell’ozono e quindi senza particolari effetti sulla pelle 2. U.V.B (lunghezza d’onda: 280 – 320 nm) Penetrano nello strato più profondo dell’epidermide e causano scottature e danni alle cellule 3. U.V.A (lunghezza d’oda: 320 – 400 nm) responsabili dell’abbronzatura ed in minor misura di eritemi I raggi ultravioletti hanno varie azioni sulla pelle: stimolano la funzione pigmentogena (cioè la neoformazione di melanina nell'epidermide come ampiamente illustrato precedentemente), hanno un'azione disinfettante a livello della cute ed infine stimolano la sintesi della vitamina D (importantissima per l’assimilazione di calcio nelle ossa). Accanto a questi effetti positivi, i raggi U.V. sono responsabili di vari effetti negativi: l'eritema (la scottatura), che coinvolge le cellule e i vasi dell'epidermide e si manifesta con iperemia, rottura di piccoli vasi, bolle, edemi, fuoriuscita di liquido. Gli U.V. poi , accelerano la proliferazione di peluria e possono determinare l’aggravarsi di varie dermatiti, spesso inducono anche la comparsa di macchie e infine possono causare alcuni tumori cutanei. La cute si difende dai danni dei raggi ultravioletti con 2 meccanismi: aumentando la quantità di melanina prodotta dai melanociti dello strato basale dell'epidermide ispessendo lo strato corneo che riveste l'epidermide (in seguito ad un fenomeno di ipercheratosi) LE MACCHIE Le alterazioni della pigmentazione melanica possono essere divise in: 1) IPERCROMIE: caratterizzate da incremento di melanina nella cute. Le ipercromie sono ereditarie (lentiggini, efelidi, macule caffè-latte) o acquisite ( causate dall’esposizione al sole in modo irregolare ), possono venir fuori da una scarsa protezione della cute, dall’uso di anticoncezionali, da squilibri ormonali e dall’eccessivo stress oltreché da processi infiammatori e da sostanze fotosensibili. Clinicamente si evidenziano con efelidi (macchioline giallo-brunastre presenti soprattutto in giovane età che diventano più scure con l'esposizione solare), lentiggini (piccole macchie brune, uniformemente pigmentate, presenti anche nelle zone coperte), melasma (iperpigmentazioni simmetriche, ben demarcate e di colorito marrone, localizzate di solito sul viso), iperpigmentazioni post-infiammatorie (macchie ipercromiche mal demarcate insorte su aree di pregressa infiammazione). 2) IPOCROMIE: caratterizzate dall’assenza di pigmento nella cute, che appare bianca o più chiara rispetto al colore normale. - CHERATOSI SENILI Le Cheratosi senili rappresentano un segno dell’invecchiamento cutaneo e possono comparire anche verso i 30 anni in soggetti con una certa predisposizione familiare. Si presentano di aspetto e di colorito molto variabile: possono essere rilevate e ruvide o piatte e lisce, di colore marrone chiaro o marrone scuro. Le localizzazioni più antiestetiche sono il viso, il dorso delle mani e degli avambracci. - MELASMA Il melasma, detto anche cloasma, è un imbrunimento a chiazze della cute, di solito del volto, causato da un accumulo eccessivo di melanina. Colpisce per lo più le giovani donne (donne trai 15 e i 50 anni) ed anche se la vera causa è sconosciuta, si pensa che sia dovuto a fattori ormonali (estrogeni, progesterone, pillola anticoncezionale) che causano un eccessiva produzione di melanina nella pelle. Altri autori credono invece che alla base di tutto sia lo stress il vero promotore (teoria psicosomatica): in questo caso l’aberrante produzione di melanina è scatenata dalla mediazione di sostanze ad azione ormonali (endorfine ed encefaline) prodotte dal cervello. Il cloasma si manifesta con macchie di colorito bruno, di forma spesso irregolare a volte con un disegno a carta geografica , localizzare alla fronte, alle guance, al labbro superiore, al mento o alle porzioni laterali ed inferiori del volto, più raramente le chiazze sono evidenti al collo e agli avambracci. Durante i mesi invernali è poco visibile ma già in primavera, alle prime esposizioni solari si acutizza creando spesso un notevole disagio. Il melasma insorto in gravidanza spesso regredisce spontaneamente alcuni mesi dopo il parto o durante l’allattamento. - VITILIGINE La vitiligine è un disordine della pigmentazione acquisita e spesso è progressiva. Si tratta di una malattia caratterizzata dalla formazione di chiazze bianche in particolar modo al volto, ai genitali e alle mani anche se può coinvolgere tutto l'ambito cutaneo. In questa patologia i melanociti vengono inattivati e/o uccisi, la loro assenza è svelata dalla mancanza di colore nella zona affetta. Diverse sono le teorie alla base di questo inestetismo: Ipotesi neurogena: secondo cui alla base della depigmentazione c’é uno scompenso dei meccanismi nervosi, cioè una iperattività colinergica e un insufficiente tono adrenergico. Teoria autoimmune: si basa sulla frequente associazione della vitiligine ad altre malattie autoimmuni. Nella vitiligine sono stati reperiti vari autoanticorpi, fra cui autoanticorpi antimelanociti fissanti il complemento, e alterazioni linfocitarie. Teoria autocitotossica: vuole che i melanociti si autodistruggano per un difetto di un meccanismo di protezione naturale. LE CURE COME DEPIGMETARE LA PELLE Prima di eseguire qualsiasi trattamento finalizzato all’eliminazione delle iperpigmentazioni (anche un comune peeling) è fondamentale fare una precisa diagnosi. Spesso è necessario utilizzare tecniche strumentali come l’esame dermatoscopico e la luce di Wood per valutare la profondità delle macchie e per determinare la localizzazione del pigmento (epidermico o dermico), inoltre, è importante valutare il fototipo cutaneo ( grado di pigmentazione e capacità di pigmentazione). I target più comuni per osteggiare le macchie si possono racchiudere in quattro punti: prevenzione (prodotti ad azione schermante) stimolazione della desquamazione cutanea (per le iperpigmentazioni superficiali) sostanze ad azione anti-radicalica (è ben noto che in tutti i fenomeni di iperpigmentazione è importante ridurre tutti i fenomeni di ossidazione). inibizione della melanogenesi (agendo in modo particolare sulla tirosinasi, l’enzima che presiede alla sintesi della melanina a partire dall’aminoacido tirosina). PEELING Il primo trattamento cosmetico prevede l’utilizzo di sostanze in grado di favorire il processo di desquamazione “peeling”. I risultati ottenibili sulla cute sono modulabili in relazione alle sostanze e agli accorgimenti adoperati. A livello dell'epidermide il peeling, diminuendo la coesione dei cheratinociti, aumenta il turnover cellulare con relativa esfoliazione. In questo modo le cellule epidermiche iperpigmentate vengono sostituite da cellule contenenti una minore quantità di melanina e pertanto più chiare. Nei casi più estremi la sostanza chimica adoperata può coagulare la struttura proteica delle cellule (frosting). A livello del derma il peeling esercita un effetto irritante con conseguente eritema ed edema, stimola i fibroblasti a produrre glicoproteine e nuovo collagene con ristrutturazione della componente fibrosa del derma. I risultati chimici del peeling sono proporzionali alla profondità raggiunta, ma lo sono ovviamente anche gli effetti collaterali. Gli alfa-idrossiacidi (l’acido lattico, l’acido glicolico etc.) sono le sostanze più utilizzate a tale scopo. L'acido piruvico è un alfa-chetoacido, presente in natura (mele, frutta fermentata, aceto), in soluzione si converte nel suo alfa-idrossiacido corrispondente, questa proprietà gli conferisce una notevole attività antimicrobica, sebostatica. Questo agente induce una diminuzione della coesione delle cellule dello strato corneo e quindi applicato a basse dose conduce ad un distacco delle cellule cornee con conseguente assottigliamento dello strato corneo, ad alte concentrazioni, invece, è capace di una maggiore penetrazione sino al derma che induce la sintesi di nuovo collagene. L'efficacia dell'Acido Piruvico dipende quindi da diversi fattori, tra cui la concentrazione, il solvente, il rapporto fra diluente e solvente, il tipo di pelle, il grado di idratazione cutanea ed il tempo di applicazione. Per le proprietà appena citate questo composto è utilizzato nelle iperpigmentazioni post-infiammatorie e post-attiniche: il cloasma. L'ac. Piruvico viene generalmente ben tollerato a livello locale, l'applicazione è associata al una immediata ma fugace sensazione di bruciore, facilmente sopportabile. Una seduta con Ac. Piruvico può essere ripetuta ogni 20 – 25 giorni, per un periodo variabile secondo i casi e le indicazioni, fino al raggiungimento del risultato desiderato. L’acido glicolico è presente nel nostro organismo ed in natura nella canna da zucchero, nell’uva acerba e nella barbabietola. Può essere altresì prodotto per sintesi chimica come gli altri alfa-Idrossiacidi. Il suo basso peso molecolare gli permette di essere assorbito molto dalla cute. Esplica la sua azione andando a rimuovere le cellule in eccesso ed irregolarmente distribuite: a tal ragione ridona alla pelle la giovanile luminosità. Un nuovo trattamento di peeling contro le macchie è quello con TCA (acidotricloroacetico), la differenza sostanziale di questo peeling nel confronto di quello ottenuto con l’acido glicolico, stà nella capacità da parte dello specialista di controllare l'azione del peeling e la profondità a cui deve giungere. Il trattamento viene così adeguato alla natura del problema da correggere. In ogni caso nella settimana successiva a qualsiasi tipo di peeling viene consigliata l'applicazione di creme idratanti e lenitive, uno schermo solare, eventualmente una terapia antibiotica locale e l'assunzione di antistaminici per via orale solo nei trattamenti più aggressivi. Sostanze che intervengono nella melanogenesi L’idrochinone – le sue proprietà schiarenti furono scoperte durante la seconda guerra mondiale, quando dei lavoratori notarono che indossando dei guanti di gomma si aveva imbianchimento delle mani. Dopo varie ipotesi si dimostrò che proprio l’idrochinone, intermedio utilizzato nella lavorazione della gomma, causava questo effetto. Studi in vitro hanno dimostrato che l’idrochinone ed altri suoi derivati fenolici sono attivi sul substrato della tirosinasi entrando in competizione con la tirosina ed esplicando quindi una forte azione depigmentante. Sfortunatamente l’idrochinone presenta anche degli effetti tossici dovuti alla sua dissociazione in radicali liberi “semi-chinoni” che danno reazioni di perossidazione lipidica con risultati dannosi sulle membrane dei melanociti implicando danni cutanei. Tuttora l’idrochinone è utilizzato generalmente miscelato con altre sostanze per attenuare effetti avversi anche se dal 2001 l’utilizzo in Italia dell’idrochinone è stato drasticamente ridotto se non proibito. L’acido Kojico – fu isolato nel 1907 come metabolita del fungo che si trova nella crusca del riso “Aspergillus oryzae”. La sua azione (si impiega generalmente a bassa concentrazione 1-2%) è da attribuire alla capacità di chelare il rame presente nella tirosinasi e quindi sopprimere l’enzima. Sembra esplicare una azione diretta anche sulla melanina degradandola oltre che una funzione antiaging in quanto blocca la formazione di radicali liberi. L’unica problematica nell’utilizzo di questo composto stà nell’instabilità e quindi nella difficoltà di incorporarlo nelle formulazioni cosmetiche (chela il ferro formando derivati color rosso scuro). Comunemente si preferisce utilizzare pertanto suoi esteri più stabili. L’arbutina – è un eterosida che esplica la sua azione per mezzo della presenza nella sua struttura (nell’aglicone) dell’idrochinone. L’arbutina si è rivelato un’agente delicato e sicuro nel trattamento dell’iperpigmentazione cutanea, attivo anche su casi di melasma e di efelidi indotte da radiazioni U.V. Sperimentalmente è stato appurato che esplica il suo effetto tramite l’inibizione delle tirosinasi melanosomiale competendo con DOPA (diidrossifenilalanina). Viene utilizzata a concentrazioni tra 1-10%, preferibilmente sopra il 5% L’acido azelaico – prodotto in natura dal lievito Pityrosporum ovalis ben noto in quanto correlato alla formazione della forfora. Sembra che l’azione dell’acido azelaico sia dovuta alla sua capacità di intervenire nel processo di ossidazione della tirosina che porta poi alla formazione della melanina. Viene utilizzata a dosaggi piuttosto elevati sfruttando la sua buona stabilità e tollerabilità cutanea. L’acido ascorbico (vitamina C) può trasformare la melanina già formata (scura) nella forma incoloree non induce sensibilizzazione Ecco uno schema riassuntivo delle sostanze ad azione depigmentante: TRATTAMENTO DELLE IPOPIGMENTAZIONI ( VITILIGINE ) È ormai comune l’utilizzo locale di steroidi nella vitiligine. Le preparazioni più comuni contengono idrocortisone (allo 1-2,5%) in zone delicate quali il volto o le ascelle, clobetasolo dipropionato (allo 0,05%) o bemetasone valerato (allo 0,1%) in altre localizzazioni. L’utilizzo di tali sostanze non ha portato a benefici tali da apprezzarle, anche perché la terapia steroidea topica presenta effetti collaterali abbastanza evidenti ( teleangectasie, atrofia cutanea, striae) e può dar luogo a recidive. Non viene pertanto considerata una terapia valida sia per il suo negativo rapporto efficacia-effetti secondari, sia perché solo una modesta percentuale di pazienti risponde al trattamento, ed infine per la difficoltà di trattare zone estese. Queste stesse considerazioni valgono anche per quanto si riferisce all’uso orale degli steroidi ( per esempio triamcinolone, ACTH, prednisolone ) che portano a risultati scarsamente convincenti, comparsa di fenomeni collaterali (atrofia cutanea, teleangectasie). Una ricerca condotta nel 1992, che prevedeva la somministrazione di acido folico per via orale e vitamina B12 per via parenterale ha dato risultati considerati buoni dagli sperimentatori che, inoltre, non hanno rilevato l'insorgenza di effetti collaterali. Si tratta tuttavia di studi che vanno ancora confermati. Per concludere è bene sottolineare che qualsiasi cura và studiata caso per caso sul soggetto affetto dall’inestetismo o dalla patologia; in ogni caso la risposta individuale può essere varia e molteplice, comunque un grosso aiuto viene fuori oggi anche dalla cosmesi per via orale, cioè dall’utilizzo di alcuni integratori contenenti sostanze capaci di intervenire stimolando, inibendo o modulando alcune reazioni fondamentali per la corretta gestione della pigmentazione cutanea. Dott. Luigi Buonoconto