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Analisi dei testi di verifica_B
Analisi del testo In questo file vengono messe a disposizione dell’Insegnante le “Analisi del testo” dei brani delle Verifiche, siano essi in carta o online. Modulo 1 Verifica su “La canzone” Giorgio Caproni, La gente se l’additava G. Leopardi, A Silvia 24 25 Unità 1 Verifica su “La ballata” Federico García Lorca, Ballata di Cordova G. Pascoli, Patria 27 28 Verifica su “La metrica libera” Umberto Saba, Sera di febbraio F. Fortini, Traducendo Brecht 29 30 Le caratteristiche del testo poetico Verifica su “Il testo poetico” Nazim Hikmet, La bambina di Hiroshima P. Jahier, Dichiarazione G. Pascoli, Il gelsomino notturno 2 3 5 Unità 2 Verifica su “Il verso e il ritmo” Sandro Penna, La vita… è ricordarsi di un risveglio 8 D. Campana, Tre giovani fiorentine camminano 9 G. Carducci, Nevicata 10 A. Merini, La morte mi è nemica 12 Unità 5 Unità 3 Unità 6 Verifica su “La rima” Eugenio Montale, Le rime G. Carducci, Maggiolata G. Carducci, Traversando la Maremma toscana C. Govoni, Ne la corte – Tre stracci ad asciugare 13 14 15 17 Unità 4 Verifica su “Il sonetto” U. Saba, Ed amai nuovamente G. Carducci, Visione U. Foscolo, Alla sera 19 20 21 Verifica su “Il madrigale” Torquato Tasso, Qual rugiada G. D’Annunzio, Nella belletta 22 23 Verifica su “Le parole della poesia” Eugenio Montale, Spesso il male di vivere ho incontrato 31 Verifica su “Le figure retoriche di significato” Giovan Battista Marino, Donna che si pettina G. Ungaretti, San Martino del Carso 32 33 Verifica su “Le figure retoriche di suono” Aldo Palazzeschi, E lasciatemi divertire! G. D’Annunzio, L’onda 34 36 Verifica su “Le figure retoriche di sintassi” Giorgio Caproni, Stornello M. Luzi, Terrazza 37 38 Unità 7 Verifica su “Le varianti” Giuseppe Ungaretti, Dormire 39 1 Verifica su “Il Modulo 1 • Unità 1 testo poetico” La bambina di Hiroshima Nazim Hikmet Analisi del testo La bambina e lo zucchero … Non è facile accettare che ancora oggi accadano guerre, prevaricazioni e genocidi: il poeta, di fronte a tutto ciò, ritiene che sia meglio far sentire la sua voce senza urlare, anzi, al contrario, cercando di sussurrare parole di condanna della violenza e di speranza di un mondo migliore. È questo il motivo per cui il turco Nazim Hikmet, per appoggiare una campagna di raccolta di firme per il disarmo nucleare, sceglie di affidare queste parole non a uno dei potenti della terra, ma a una bambina morta per le conseguenze del bombardamento della sua casa, a Hiroshima: la sua esile voce e le sue semplici parole (fatte di concetti elementari, che rispecchiano i suoi sette anni) condannano implacabilmente coloro che le hanno strappato la vita incenerendola come una foglia secca. Il suo messaggio è pertanto universale e guarda al futuro: mai più altri bambini dovranno essere bruciati come lei, perché essi hanno il diritto di vivere in un mondo finalmente privo di odio, in cui potranno mangiare in pace il loro zucchero (cioè, con una lettura connotativa, godere a pieno di tutte le cose belle che offre la vita)... 2 Verifica su “Il Modulo 1 • Unità 1 testo poetico” Dichiarazione Pietro Jahier Analisi del testo La lettura denotativa… La lettura denotativa del testo fa comprendere al lettore il suo significato generale. Un ufficiale sta parlando ai suoi uomini prima di un’importante battaglia, per esortarli a seguire il suo esempio: egli è pronto a sacrificare la propria vita non per ideali astratti, per medaglie e ovazioni o per dare un senso alla propria esistenza, ma per amore loro, perché essi sono uomini che hanno un animo puro, sincero, educato dalle sofferenze e dalle esperienze della vita. Egli combatterà coraggiosamente al loro fianco fino alla morte: forse, però, il destino li aiuterà a salvarsi, regalando loro un periodo di riposo, conquistato con le ferite riportate in battaglia. … e quella connotativa Una lettura più attenta può però aggiungere molto a queste semplici e intense parole. ■ Un aspetto interessante del testo è costituito, per esempio, dal modo in cui sono presentate le considerazioni del poeta: egli, infatti, non spiega le ragioni per cui ha scelto di combattere in modo diretto, ma le contrappone alle motivazioni degli altri uomini, secondo lo schema Altri morirà… ma io… . Questo schema gli consente di far emergere con chiarezza la reale motivazione della sua partecipazione alla guerra, come si può chiaramente notare da questo prospetto: MOTIVAZIONI ADDOTTE DAGLI ALTRI MOTIVAZIONI ADDOTTE DAL POETA … per la Storia d’Italia (cioè per ideali patriottici in grado di rendere immortali) … per far compagnia al popolo digiuno che muore perché gli vuol bene … per risolvere la vita … per un popolo illetterato … per le medaglie e le ovazioni … per un popolo che ha come unica ricchezza l’amore, che vive nella miseria e che impara alla scuola dell’osteria perché non ha guide … per difendere la propria vita = per puro interesse personale, seppur variamente motivato e giustificato = per amore del popolo, depositario di valori e virtù 3 ■ L’autore dice dunque di più di quanto ha rivelato la prima lettura del testo: il componimento, infatti, non è solo una dichiarazione sulle motivazioni della propria partecipazione alla guerra, ma anche un’esaltazione del popolo, inteso come il depositario dei valori più veri, spontanei e sinceri. L’autore, pertanto, parte da un fatto contingente, la necessità di L’aspetto grafico-visivo Il messaggio che emerge da questa lettura viene sottolineato anche dall’aspetto grafico-visivo: il testo, infatti, risulta diviso in quattro parti, a cui se ne aggiunge una quinta, scritta con caratteri diversi. Questa differenziazione è stata pensata per illustrare meglio le voci del componimento: i primi quattro raggruppamenti di versi, infatti, sono pronunciati dalla voce del poeta, che spiega ai suoi uomini le motivazioni del suo agire; l’ultimo, invece, quello scritto in corsivo, suggerisce l’intervento di un interlocutore corale, i soldati, che si uniscono alle parole del loro comandante, accettando preparare i suoi uomini alla battaglia, per esaltare il popolo soldato, di cui condivide stenti e fatiche, le uniche cose che esso possa donare alla patria. Per questo egli si offre di guidarlo, perché il suo esempio di dedizione e di lealtà possa servire alle generazioni future, perché imparino da questi umili soldati valori universali ed eterni. il rischio della morte ma aprendosi anche alla speranza di sopravvivere. Non solo. La disposizione di questi raggruppamenti nella pagina richiama la figura grafica con cui di solito sono presentate le iscrizioni sulle lapidi celebrative e sui monumenti: in questo modo il poeta ci fa comprendere di voler polemicamente contrapporre alla celebrazione della guerra quella dell’umile obbedienza degli uomini del popolo, gli unici veri eroi di questa bruttura, perché trasformati prima in soldati che in cittadini. 4 Verifica su “Il Modulo 1 • Unità 1 testo poetico” Il gelsomino notturno Giovanni Pascoli Analisi del testo La lettura denotativa… Risulta piuttosto facile, per il lettore, farsi un’idea del significato generale di questo testo poetico. È sera: il poeta pensa ai propri cari mentre in giardino si schiudono i fiori del gelsomino e appaiono le farfalle notturne. Tutto tace da un pezzo: solo da una casa lontana si sente ancora qualche bisbiglio. Gli uccellini dormono nei nidi, come gli occhi sotto le ciglia; dalle corolle dei fiori si diffonde un profumo di fragole mature. Intanto nella casa splende una luce e nel cimitero l’erba cresce lentamente sopra le fosse. Un’ape ronza: è arrivata tardi e ha trovato le cellette occupate. Nel cielo le Pleiadi illuminano altre piccole stelle. Il vento continua a diffondere il profumo del gelsomino; nella casa il lume passa per le scale e si spegne. È l’alba: le corolle del gelsomino si chiudono, un po’ sciupate: nell’ovario si custodisce il germe di una nuova vita. … e quella connotativa Ma noi sappiamo che il testo poetico non comunica informazioni solo in questo modo e che anzi il livello di lettura letterale è solo il primo passo per la sua corretta interpretazione. Analizziamolo, dunque, con più attenzione. ■ ■ La descrizione della pianta è molto curata: Pascoli si sofferma, infatti, sia sull’aspetto del fiore (la corolla, i petali, l’ovario) sia sul suo profumo che si spande per l’aria notturna e che assomiglia a quello delle fragole mature. Il lettore ha dunque a ragione l’impressione che la pianta del gelsomino sia la vera protagonista del testo. Anche l’ambiente in cui si trova il gelsomino viene descritto con grande precisione: l’autore posa il suo sguardo su una casa lontana, sulle fosse del cimitero su cui cresce silenziosamente l’erba, sulle celle di un alveare… In alcuni momenti la descrizione si fa più ardita: è il caso della costellazione delle Pleiadi, detta anche Chioccetta, assimilata, proprio per questo motivo, a una chioccia che conduce per l’aia azzurra del cielo i suoi pulcini pigolanti (le altre stelle minori della costellazione). ■ C’è un particolare che accomuna la descrizione della pianta e quella dell’ambiente in cui essa si trova: in entrambe, infatti, l’attenzione del poeta è rivolta ai suoni e alle sensazioni, che sono messi in risalto con ogni sorta di espediente linguistico per creare il clima di attesa che preannuncia, in genere, qualcosa di importante. Così, nel silenzio generale (da un pezzo si tacquero i gridi, cioè le voci degli uccelli e degli uomini), si avvertono i sussurri di una casa che bisbiglia (ed è interessante notare sia l’uso dei verbi bisbigliare e sussurrare, che richiamano il suono che descrivono, sia la scelta di sostituire coloro che bisbigliano con il nome del luogo in cui essi si trovano, per creare un alone di mistero) e 5 di un’ape tardiva che trova già prese le celle; nell’aria si diffonde l’odore delle fragole mature (espressione in cui si fondono una percezione olfattiva, visiva e cromatica). ■ Questi suoni e sensazioni spostano l’attenzione del lettore dalla pianta che dà il titolo al componimento L’aspetto grafico-visivo Anche l’aspetto grafico-visivo conferma questa ipotesi di lettura del testo: all’interno di ogni raggruppamento maggiore, infatti, i versi sono uniti a due a due per distinguere due momenti diversi, il primo legato alla VERSI al luogo in cui essa si trova, in particolare alla casa che si staglia sullo sfondo: essa viene presentata come un luogo protetto e sicuro, come il nido in cui dormono gli uccellini o il cielo azzurro in cui la Chioccetta guida i suoi pulcini. descrizione della natura, il secondo volto a comunicare sensazioni, ideali e valori che il poeta propone senza un ordine logico secondo questo schema: CONTENUTO 1-4 1-2:descrizione dell’apertura dei fiori al tramonto 3-4:rimando alla morte (le farfalle crepuscolari hanno vita breve) 5-8 5-6:descrizione del silenzio della notte 7-8:rimando alla tranquillità della famiglia, rappresentata dal nido in cui gli uccellini dormono tranquilli 9-12 9-10: descrizione del profumo dei fiori del gelsomino, assimilato a quello delle fragole mature 1-12: rimando alla vita della casa (il lume) e al silenzio della morte 1 13-16 13-14: descrizione dell’ape che trova le cellette occupate 15-16: rimando alla serenità della chioccia con i suoi pulcini 17-20 7-18: descrizione del profumo del gelsomino 1 19-20: rimando alla casa, dove accade qualcosa di misterioso (come lasciano intendere i puntini di sospensione) Solo l’ultimo gruppo fa eccezione, perché le due coppie di versi in esso contenute non sono separate da un punto fermo: questo accade perché qui si fondono i due temi principali del testo, per dimostrare la perfetta unità che esiste tra il tema della fecondazione notturna del gelsomino e quello del contesto in cui essa è inserita. A questo punto è chiaro che il gelsomino non è il vero protagonista, o meglio che esso rimanda ad altro. Una nota dello stesso Pascoli avverte il lettore che questa poesia fu composta in pochi giorni, nel luglio 1901, per le nozze di un amico, Gabriele Briganti: questa semplice informazione è sufficiente per comprendere che la fecondazione notturna del gelsomino è accostata, per analogia, al rapporto d’amore tra i due giovani sposi. Tutto il testo assume, così, un nuovo significato: i petali che si chiudono un poco gualciti rimandano alle lenzuola del letto matrimoniale; la corolla del fiore (l’urna molle e segreta) cova una felicità nuova proprio come il grembo della sposa, che genererà presto una nuova vita. Un ulteriore approfondimento personale… Ma c’è di più. Il poeta si riferisce alla casa come se essa fosse lontana da lui (là sola una casa bisbiglia; Splende un lume là nella sala) e si sofferma su un’ape che arriva tardi e trova già occupate tutte le celle: queste espressioni sono chiari accenni alla sua condizione esistenziale, perché Pascoli, morbosamente legato alla sua famiglia 6 d’origine (i cari ormai morti a cui pensa nell’ora del tramonto), non se ne formò mai una propria. Mentre la natura attende il ripetersi del miracolo della vita, il poeta, distratto all’improvviso dai suoi pensieri (è questo il senso della E con cui si apre il componimento), si sofferma, con insistenza, su immagini di morte, come il ricordo di coloro che non ci sono più, le farfalle crepuscolari (che hanno un brevissimo ciclo di vita, dal crepuscolo all’alba) e l’erba che cresce silenziosamente sopra le fosse nei cimiteri. Egli dunque, come sottolinea amaramente l’ultimo verso (non so che felicità nuova), sa che non conoscerà mai la gioia che dà il sentimento d’amore e che continuerà a vivere solo del ricordo dei suoi cari. … e il significato (universale) del testo Il gelsomino notturno è dunque una profonda e intensa riflessione sulla vita, sulla morte e sulla potenza dell’amore. La morte, infatti, che sconfigge la vita, è a sua volta sconfitta dalla natura e dall’uomo: come l’erba rinasce silenziosamente sopra le fosse, così l’amore tra due sposi genererà altre vite che permetteranno al genere umano di non estinguersi mai. Non è un caso, infatti, che il testo abbia una struttura circolare: l’immagine iniziale della corolla che si apre e quella finale della corolla che si chiude esprimono proprio il continuo rinnovarsi della vita attraverso il ciclico rito della fecondazione, un processo universale che proprio per questo risulta ancora più doloroso per il poeta, che se ne sente irrimediabilmente escluso. 7 Verifica su “Il Modulo 1 • Unità 2 verso e il ritmo” La vita… è ricordarsi Sandro Penna di un risveglio Analisi del testo Un risveglio che fa amare la vita Il vero protagonista di questa poesia non è il poeta, ma il senso di gioia e di benessere generato dalla contemplazione del mare. ■ Nel primo gruppo di versi, infatti, il poeta racconta un risveglio triste e malinconico in un treno: poiché il viaggio allude spesso, in poesia, alla vita dell’uomo, è facile capire che questo primo gruppo di versi, con le sue immagini negative (risveglio triste, luce incerta, corpo rotto, malinconia… aspra), descrive, in realtà, l’amarezza e la sofferenza che caratterizzano la vita dell’uomo ■ la presenza, all’inizio del verso 6, della forte congiunzione avversativa Ma fa però comprendere che la vita non è solo sofferenza: il secondo gruppo di versi Il verso e il ritmo Per esprimere questi concetti il poeta si è servito di versi endecasillabi: l’estrema varietà di posizione degli accenti ritmici di questo tipo di verso gli consente di creare un ritmo ora più rapido (nel primo gruppo di versi) ora più lento (nel secondo) per sottolineare nel primo gruppo la durezza della vita (enfatizzata anche dalla presenza di numerosi vocaboli caratterizzati da suoni duri come la r e la t) e nel secondo la sensazione di liberazione dalla malinconia (acuita dalla presenza di molte a e m). Anche le cesure hanno un compito importante: esse, infatti, che coincidono con un segno d’interpunzione forte (i due punti), mettono in evidenza dei vocaboli su cui il poeta desidera attirare l’attenzione del lettore presenta, difatti, immagini luminose e positive (l’azzurro e il bianco della divisa, la freschezza del mare…), completamente diverse da quelle precedenti. Penna, dunque, vuole dare al lettore la sua stessa speranza: l’amarezza del vivere può essere dissipata da brevi e intensi momenti di gioia, sottolineati dalla presenza del colore azzurro e bianco e da aggettivi positivi (come fresco), che trasmettono un senso di vitalità. Vale la pena di evidenziare la scelta del poeta di proporre queste riflessioni utilizzando l’infinito: esso ha il compito di rendere le sue considerazioni universali, perché le sottrae a qualsiasi dimensione spazio-temporale definita. (per esempio l’aggettivo incerta, che sottolinea la precarietà dell’esistenza umana, oppure l’aggettivo giovane, che lega la gioia della vita soprattutto alla stagione della giovinezza). Nel testo sono presenti, infine, numerosi enjambement, che, separando elementi solitamente uniti (sostantivi e aggettivi, verbi e complementi…), hanno lo scopo, nel primo gruppo di versi, di sottolineare ed enfatizzare, con la loro durezza, le difficoltà della vita dell’uomo, nel secondo di porre in una posizione di primo piano, all’inizio del verso, i vocaboli più significativi per la comprensione della poesia (per esempio il fatto che la liberazione dal dolore e dalla malinconia arrivi del tutto improvvisa e inaspettata). 8 Verifica su “Il Modulo 1 • Unità 2 verso e il ritmo” Tre giovani fiorentine camminano Dino Campana Analisi del testo Una passeggiata musicale Questi endecasillabi descrivono tre giovani donne che stanno passeggiando in una tiepida giornata di sole primaverile: la freschezza della giovane età, la loro sicurezza e la baldanza, l’eleganza del loro passo (le ragazze danno, a chi le osserva, l’impressione di camminare con lo stesso perfetto movimento, definito una grazia sola) sono musicalmente riprodotte da questi versi, che riescono a restituire l’idea del ritmo del loro incedere per mezzo di ■ una precisa disposizione degli accenti ritmici, che, sfruttando le molteplici possibilità offerte dall’endecasillabo, si trovano sulla 3a, 6 a e 10 a sillaba (versi 1 e 2), sulla 4 a, 7 a e 10 a sillaba (verso 3) sulla 4 a, 8 a e 10 a sillaba (verso 4)... per cadenzare i cambiamenti del passo delle giovani ■ la posizione delle cesure, che spezzano il verso creando una pausa ritmica (nello splendore // del tiepido sole; eran tre vergini // e una grazia sola) ■ ■ ■ l’abbondanza della vocale a e delle consonanti l e r, che suggeriscono l’idea della musicalità: non è un caso che il verbo ondulava sia stato preferito al più comune ondeggiava, proprio per la presenza della l, che ha in sé una forte musicalità la ripetizione di parole (ondulava, ondulava...) o addirittura d’interi versi (il verso 1 e il verso 5) l’assenza di enjambement e di punteggiatura per evitare di interrompere bruscamente il ritmo creato dai versi. L’armonia dei versi e del ritmo rafforza l’idea di positività che comunica l’immagine di queste tre ragazze, lasciando intendere che la stessa armonia dei loro movimenti regna nei loro cuori: il testo diventa dunque, con una lettura connotativa determinata proprio dalla sua musicalità, anche una piacevole esaltazione del valore dell’amicizia. 9 Verifica su “Il Modulo 1 • Unità 2 verso e il ritmo” Nevicata Giosue Carducci Analisi del testo Il significato del testo Appare chiaro, fin dalla prima lettura letterale, che questo componimento di Carducci può essere diviso in tre sequenze: vv. 1-4; vv. 5-6; vv. 7-10. ■ ■ ■ I primi quattro versi presentano dei dati oggettivi che formano la descrizione di una città coperta dalla neve: i consueti suoni della vita quotidiana non si sentono più e ovunque prevale la sensazione dell’ovattato e dell’immobilità i versi 5 e 6 descrivono, invece, gli unici rumori che si avvertono nel silenzio: i rintocchi della torre di Piazza Maggiore a Bologna, la città in cui abitava il poeta, che gemono nell’aria come i sospiri di un mondo lontano i versi 7-10, infine, introducono un argomento esplicitamente soggettivo e autobiografico: il poeta si sente chiamato dal mondo dei morti, di cui gli uccelli che battono sui vetri appannati sono ritenuti i messaggeri. I versi… Il poeta ha scelto per questa poesia, che dunque parla di morte, un metro usato nell’antichità proprio per componimenti tristi e malinconici, il distico elegiaco. Nella poesia latina e greca questo metro era formato dall’unione di un esametro e di un pentametro, due tipi di versi che si basavano, come tutta la metrica Proprio questa scansione in tre parti fornisce la chiave di lettura della poesia, perché consente di darne una corretta interpretazione. Il componimento prende spunto, infatti, dal silenzio e dall’immobilità di una città coperta dalla neve per una riflessione sulla morte: i versi 5 e 6, con la descrizione delle ore che gemono come sospir d’un mondo lungi dal dì, mettono in relazione il paesaggio silenzioso e privo di vita di una Bologna coperta dalla neve con lo stato d’animo del poeta (a cui, non a caso, le ore sembrano dei sospiri) e creano un’atmosfera di morte, di cui gli uccelli diventano messaggeri. Del resto tra il gennaio e il marzo 1881, i mesi in cui fu composta questa poesia, il poeta avvertiva molto intensamente il richiamo della morte, perché proprio in quell’epoca egli aveva perso la sua compagna, Carolina Cristofori Piva, che cantò in numerose poesie con il nome di Lidia. latina e greca, sull’alternanza di sillabe lunghe e sillabe brevi (anziché, come la nostra metrica, sull’alternanza di sillabe atone e sillabe accentate): egli rende l’esametro (i versi dispari) con dei settenari (solo al verso 7 troviamo un ottonario) seguiti da novenari, mentre il pentametro (i versi pari) è formato da settenari 10 tronchi (solo una volta, al verso 8, si trova un ottonario tronco) seguiti da ottonari tronchi. Vediamo un esempio di scansione: Len|ta | fiòc|ca | la | nè|ve (settenario) + pe’ l | ciè|lo | ci|nè|re|o |: grì|di (novenario) suò|ni | di | vi|ta | più (settenario tronco), + nòn | sal|gon | dà | la | cit|tà (ottonario tronco) Gli accenti ritmici hanno posizione regolare: solo negli ottonari tronchi con cui il poeta rende una parte del pentametro viene usato uno schema metrico diverso da quello consueto (accento sulla 1a, 4a, 7a sillaba anziché sulla 1a, 3a, 5a, 7a sillaba) per far rivivere il ritmo del verso classico. L’impressione che il lettore ne ricava è quella di un ritmo lento, rallentato e sospeso proprio come la neve che ricopre ogni cosa e come l’atmosfera di morte evocata nell’ultima parte del testo. … e gli altri espedienti metrici Non mancano altri interessanti espedienti volti a completare e a sottolineare il messaggio di morte legato a questa poesia: segnaliamo l’uso della dieresi (al verso 1 per l’aggettivo cinereo e al verso 5 per il sostantivo aere), espediente che, rallentando il ritmo di lettura, induce il lettore a riflettere sul termine: l’aggettivo cinereo, per esempio, viene enfatizzato perché indica al contempo un colore (il grigio tipico del cielo quando nevica) e uno stato d’animo (il grigio malinconico dell’uomo che pensa alla morte); ogni verso pari è diviso in due dalla cesura (sempre posta dopo la parola tronca), che crea una pausa di riflessione interna al verso e sottolinea i vocaboli che le sono vicini; al verso 8 è interessante la posizione del pronome me, collocato alla fine del verso (tronco, e dunque con un forte accento ritmico) e rafforzato da una preposizione inutile (a); ci sono anche due enjambement particolarmente significativi, ai versi 5 e 6 (per separare il soggetto, le ore, dal predicato verbale, gemon, che, posto all’inizio del verso, assume un rilievo particolare, visto che esso ha il compito di sottolineare il passaggio dal dato paesaggistico – oggettivo – a quello sentimentale e soggettivo del poeta) e ai versi 7 e 8 (per separare sostantivo ed attributo, per evidenziare che gli amici di cui parla sono ormai degli spiriti). 11 Verifica su “Il Modulo 1 • Unità 2 verso e il ritmo” La morte mi è nemica Alda Merini Analisi del testo Un rimedio alle sofferenze della vita La poetessa si sente fragile come una foglia, in balia di una sofferenza che non è più in grado di sopportare: per questo vorrebbe che la morte la rapisse e la liberasse, finalmente, dalla sua amara vita. Ma è tutto inutile: la morte, che lei cerca di darsi con le sue stesse mani (e I versi e il ritmo La struttura ritmica scandita ed energica aiuta la poetessa a esprimere con lucidità il suo doloroso stato d’animo: i settenari che compongono la lirica sono infatti caratterizzati dalla presenza di enjambement (colpire / il mio cuore di foglia... tradire / questa tenera voglia) e ripetizioni (morte ai versi 1 e 8, morir al verso 10; ma non vuole colpire al verso 6, non mi viene a colpire al pur con le mie dita), non la ascolta e non ne vuole sapere di esaudire il suo desiderio (questa tenera voglia) perché, vigliaccamente, si accanisce solo sulle persone più deboli (rappresentate dall’insetto) o perbene (la gente gentile). verso13) che servono a sottolineare i termini più pregnanti del componimento. Proprio le ripetizioni, però, smorzano in parte la violenza di alcune espressioni del testo, determinando, a tratti, un ritmo quasi cantilenante che ha la funzione di dare l’idea di leggere una supplica o un’accorata preghiera. 12 Verifica su “La Le Modulo 1 • Unità 3 rima” rime Eugenio Montale Analisi del testo Una lezione di poesia… La poesia moderna, dice Montale, deve liberarsi dalle vecchie costrizioni della tradizione: è arrivato il momento di chiudere la porta in faccia alle rime o di cacciarle in malo modo, come si fa con i visitatori inopportuni, di cui sono un esempio le Dame di San Vincenzo, che raccolgono soldi per aiutare i poveri. Le rime, infatti, secondo il poeta, hanno fatto il loro tempo: esse, noiose e prevedibili, risultano stucchevoli, scontate, superflue, perché, intromettendosi nel discor- so, lo rendono cantilenante, poco serio, infantile. Meglio allora affidarsi ad altre strutture del verso (per esempio l’enjambement, che lo spezza e lo frammenta, rendendolo più incisivo) e, se proprio necessario, fare ricorso alle rime meno appariscenti, come la rima al mezzo e la rima imperfetta (cioè l’assonanza e la consonanza), che possono ancora avere un senso ed essere introdotte di nascosto (di contrabbando), senza dare nell’occhio, giusto per enfatizzare i vocaboli più significativi della poesia. … e la sua realizzazione La teoria diventa realtà: in questi versi, infatti, le rime non sono bandite ma ■ rese imperfette (c’è una rima tra porta e sopporta-no, tra ardo-no e vecchiarde) ■ proposte in modo discreto (per evidenziare la circolarità del componimento, il primo verso, che si chiude con delle, rima con l’ultimo, che termina con quelle). Contribuiscono a rendere più esplicito il gioco letterario anche il linguaggio dimesso (con vocaboli come battono alla porta, vecchiarde...) e le parentesi, che creano una divertente ambiguità tra le rime e le noiose dame che battono alla porta. 13 Verifica su “La Modulo 1 • Unità 3 rima” Maggiolata Giosue Carducci Analisi del testo È primavera… ma non per tutti Questi versi dipingono un maggio con i suoi attributi più tradizionali (il sole, i fiori e l’amore) recuperati da una tradizione letteraria che passa, solo per citare alcuni nomi, dai latini Lucrezio e Orazio ai quattrocenteschi Angelo Poliziano e Lorenzo il Magnifico... Il poeta si sofferma, infatti, in questi versi, sul risveglio della natura, che coinvolge uomini, animali e piante, distribuendo suoni allegri, luce, calore e colore e invitando all’amore. Questo allegro clima è però inficiato, fin dai primi versi, da due elementi poco primaverili, le ortiche, che si me- I versi e le rime La scelta del settenario non è certamente casuale: questo verso, infatti, è particolarmente musicale e pertanto ben si presta sia alla descrizione del festoso ritorno della primavera sia alla presentazione, in modo delicato e non drammatico, del tema della sofferenza del poeta (che, accennandone in modo indiretto, fa sì che essa non guasti il positivo clima dei versi). I settenari sono stati riuniti in quattro gruppi che hanno una struttura particolare, che esalta e dona musicalità alle rime che li caratterizzano: il primo verso, infatti, è senza rima (cioè irrelato), il secondo e il terzo rimano tra loro con una rima baciata e il quarto, tronco (con accento, scolano ai più tradizionali fiori e rose, e le serpi, che stridono in modo evidente con i primaverili usignoli. Questi elementi hanno il compito di anticipare la chiusa del componimento, in cui il poeta afferma di avere in cuore un bel boschetto di spine, nel petto tre vipere e un gufo entro il cervel: Carducci, cioè, pur partecipando al clima festoso del ritorno della primavera, non riesce ad allontanare dal suo animo e dalla sua mente i pensieri di dolore e di sofferenza, perché sa che non basta un raggio di sole per fare della vita dell’uomo un’eterna primavera... cioè, sull’ultima sillaba), rima con il verso conclusivo del gruppo successivo. Le rime hanno sempre un chiaro valore semantico: i primi due gruppi di versi, che tratteggiano il ritorno della primavera, presentano degli abbinamenti decisamente prevedibili (gli scontati cuori: fiori, usignol: sol, augelli: capelli); gli altri due, invece, che personalizzano il tema, introducono abbinamenti più significativi, come per esempio trama e ama, che vena il sentimento d’amore non di una trama di fiori ma di una minacciosa insidia (la trama del dolore), e boschetto e petto, che allude al groviglio delle sensazioni e dei pensieri che albergano nel cuore del poeta. 14 Verifica su “La Modulo 1 • Unità 3 rima” Traversando la Maremma Toscana G C iosue arducci Analisi del testo Il messaggio del testo Il viaggio attraverso la Maremma toscana è soprattutto l’occasione per un confronto tra i sogni del passato e la situazione del presente: il poeta, ricordando l’intensità dei suoi sogni giovanili e paragonandola alla sua condizione attuale (poche settimane prima della stesura di questi versi Carducci aveva avuto seri disturbi al cuore), avverte l’inconsistenza della sua vita, che lo fa soffrire non tanto perché non ha realizzato i suoi sogni quanto perché ormai, come lascia incidentalmente intendere il poeta, non c’è più tempo per un riscatto. Nei versi che descrivono le sensazioni di Carducci compare, infatti, un’affermazione, e dimani cadrò, che fa capire al lettore che il poeta guarda la sua vita e il paesaggio che lo circonda con la consapevolezza dell’avvicinarsi della morte. Del resto Carducci, inviando questo componimento a un amico, Giuseppe Chiarini, aveva scritto: “Ti scrivo qui dietro un sonetto fatto passando per la Maremma: non da essere pubblicato”. Forse egli Il verso e il ritmo Anche la struttura metrico-ritmica contribuisce ad esaltare e a completare le tematiche del testo: esso, infatti, è composto da versi endecasillabi divisi in gruppi che contengono periodi ampi e conclusi, ognuno dei quali tratta un aspetto ben definito del tema in questione. Il primo e il secondo gruppo, infatti, descrivono lo stato d’animo del poeta determinato dal ritorno in Maremma sentiva questo testo come una cosa sua, intima e privata, proprio per quel verbo, cadrò, che appare sconsolato, ma anche estremamente sincero. Ma la sofferenza legata alla consapevolezza del fallimento dei sogni della giovinezza e dell’avvicinarsi della morte trova in questo testo una tenue consolazione nel paesaggio della Maremma. Nel terzo gruppo di versi c’è, infatti, una cesura particolarmente importante, posta alla fine e coincidente con il punto fermo prima del Ma: essa determina una forte opposizione tra la dolorosa certezza dell’avvicinarsi della morte e la consolazione offerta dalle colline circostanti, che ridanno al poeta un briciolo di serenità. Le nebbie sfumanti e il verde piano brillante di pioggia mattutina lanciano, infatti, un messaggio di pace che invita ad accettare il doloroso e inevitabile destino dell’uomo nell’unione con la natura e con la sua dolce, rasserenante bellezza, che diventa il simbolo dell’eternità della vita dell’universo. e sono caratterizzati da accenti ritmici che danno al testo un ritmo piano e regolare, perché pacato e velato di rimpianto; nel terzo gruppo i versi 9 e 10, quasi interamente composti da monosillabi e bisillabi, provocano invece una vistosa frantumazione e velocizzazione del ritmo, che distingue i versi dedicati alla descrizione della Maremma e dei sogni giovanili da lei ispirati da quelli 15 che presentano la realtà che circonda il poeta, che è fatta di delusione e di attesa della morte (osserva, per esempio, i versi 10 e 11, dove la congiunzione e, ripetuta tre volte, crea un’accelerazione del ritmo che cerca L’importanza delle rime Il messaggio del testo è sottolineato anche dagli schemi di rime scelti dall’autore: i primi due gruppi di versi sono caratterizzati dalla rima alternata (ABAB), gli altri due dalla rima invertita (CDC + DCD). Proviamo a osservare le parole messe in rima nei primi due gruppi di versi: rima A conforme, s’addorme, forme, orme; rima B canto, in tanto, pianto, incanto. I vocaboli che costituiscono la rima A sottolineano che le forme della Maremma hanno lasciato orme visibili della loro natura nel poeta, che si sente ad esse conforme perché non s’addorme, perché prova, cioè, sentimenti forti, come forte e selvaggio è il paesaggio della Maremma, caratterizzato da colline e rilievi; i sostantivi della rima B, invece, legano la condizione attuale (in tanto) del poeta (uomo Gli enjambement Per ottenere lo stesso scopo il poeta fa uso anche di alcuni enjambement: meritano attenzione, in particolare, quello ai versi 7 e 8 tra l’orme erranti e quello ai versi 13 e 14 tra il verde piano ridente, che evidenziano il primo di rappresentare l’inutile affannarsi dell’uomo nella vita). Nell’ultimo gruppo di versi il ritmo torna pacato e regolare, per evocare il senso di tranquillità e di serenità che infondono i luoghi natii. del canto) al pianto che nasce dal fallimento dell’incanto della giovinezza. Lo stesso si può dire per le rime degli altri due gruppi di versi: rima C in vano, lontano, piano e rima D fine, colline, mattutine. Nel primo gruppo di rime, infatti, la visione del piano si propone come una parziale consolazione (perché esso resta lontano) del fallimento del poeta, che sente di aver vissuto in vano; nel secondo, anche le colline nella luce del mattino (mattutine) consolano l’animo del poeta, triste perché sa di non aver raggiunto il suo fine. Le rime (insieme agli accenti ritmici) mettono dunque in risalto proprio le parole più significative del testo, quelle, cioè, che il poeta ritiene determinanti per una sua corretta comprensione. l’errore-errare determinato dal desiderio di seguire i sogni giovanili e il secondo l’effetto positivo del paesaggio (ridente) sull’animo malinconico del poeta. 16 Verifica su “La Modulo 1 • Unità 3 rima” Ne la corte - Tre stracci C G ad asciugare orrado ovoni Analisi del testo La lettura denotativa È molto semplice comprendere il contenuto di questa poesia di Govoni: essa, infatti, descrive una serie di oggetti e di cose di uso quotidiano che si trovano in tre luoghi diversi (ne la corte, su le finestre e per l’aria). Il testo può dunque essere definito un lungo elenco di immagini di vita quotidiana, colta nella sua immediatez- za e semplicità: proprio queste due caratteristiche finiscono col rendere “speciali” gli oggetti che compongono l’elenco, che si propone di esaltare ciò che normalmente non viene degnato di alcuna attenzione e giace quindi abbandonato dall’uomo. La lettura connotativa e i suoi strumenti Per fare in modo che la descrizione dica “di più” (come accade sempre in poesia) di un semplice elenco, il poeta ha diviso i versi del suo componimento (tutti endecasillabi) in sei gruppi di quattro versi, caratterizzati dalla presenza di rime alternate. Proprio la rima ha una funzione assai rilevante in questa prospettiva di lettura del testo, perché essa ha il compito di mostrare i molteplici aspetti del reale: siamo di fronte, infatti, a una poesia fatta quasi esclusivamente di oggetti (in tutto il componimento i verbi sono ridotti al minimo e spesso si presentano sotto forma di participio con valore aggettivale) che, grazie allo sguardo del poeta, acquistano quasi una nuova vita. Egli, infatti, non solo riferisce spesso a oggetti inanimati participi e aggettivi che di solito sono usati per gli esseri viventi (la scala è seduta, l’alveare vedovo, il fiale ha vomitato, il pettine è sdentato…) ma istituisce, tramite un attento uso delle rime, un’importante trama di relazioni tra le cose. Così, per esempio, gli aggettivi sdentato e sventrato accomunano in un unico destino di usura il pettine e il guancialino degli spilli; il garofano appassito è avvicinato alla pagina stropicciata da chissà mai quale dito per sottolineare, invece, il cattivo uso degli oggetti (il fiore non viene annaffiato e la pagina è sfogliata senza riguardo). Molti aggettivi e participi, enfatizzati dagli accenti ritmici o dalle rime, danno dunque l’idea della distruzione, dell’usura, dell’abbandono e del deterioramento per evidenziare la scarsa attenzione degli uomini nei confronti degli oggetti e delle realtà quotidiane che li circondano. Solo negli ultimi due gruppi di versi (non a caso gli unici legati tra loro mediante un forte enjambement) gli oggetti sono connotati in senso positivo: la campana è docile, il soffio di vento leggero, le nubi bianche. Anche le rime sottolineano e confermano questa positività mettendo in relazione le ventarole e il treno, che danno un’idea di libertà, con il profumo delle viole e del 17 fieno, che il poeta respira a pieni polmoni, fin quasi a inebriarsi… L’uomo, dunque, sembra trovare degli stimoli positivi solo nella natura: essa, infatti, lo mette in condizione di guardare la realtà che lo circonda con uno sguardo sereno, che gli permette di apprezzare anche i piccoli dettagli della vita quotidiana (le nuvole, una ninna nanna, il suono delle campane...). 18 Verifica su “Il Modulo 1 • Unità 4 sonetto” Ed amai nuovamente Umberto Saba Analisi del testo Un amore grande e i suoi frutti La forma metrica del sonetto si presta alla trattazione di temi molto diversi: in questo caso il poeta la usa per parlare dell’amore che prova per Lina, sua moglie. Lina è una donna semplice, sincera e onesta, qualità che hanno consentito al poeta di amare nuovamente, come egli afferma all’inizio del testo, perché è facile voler bene a una donna con cui si possono condividere le proprie emozioni e i propri sentimenti, come l’affetto per Linuccia, la loro bambina, e per Trieste, la loro città. In realtà c’è un altro motivo che rende quest’amore più profondo e più importante di tutti gli altri: Lina, infatti, possiede un dono speciale, un dolore profondo come quello del poeta, che per questo motivo ha trovato in lei una vera compagna di vita. Saba usa dunque il sonetto per celebrare Lina perché ciò che egli ha di più caro, la sua poesia, è il frutto del suo amore grande, incondizionato e sincero per tutto ciò che lo circonda, che egli ha imparato dalla moglie, e del loro comune disagio esistenziale (Lina, infatti, proprio come il poeta, tutto seppe amare e non se stessa). La scelta del sonetto e la sua struttura L’autore ha recuperato in modo fedele questa forma metrica, utilizzandola, come molti altri poeti prima di lui (Dante Alighieri, Guido Cavalcanti, Francesco Petrarca…), per celebrare una figura femminile. I versi sono pertanto, come di consueto, degli endecasillabi, rimati secondo lo schema ABAB. ABAB; CDE. CDE: va notato che il verso 7, un endecasillabo tronco (cioè di dieci sillabe), rima con il verso 5 solo unendo la parola tronca finale, fin’, alla a con cui comincia il verso 8. Il materiale è stato attentamente distribuito, come vuo- le la tradizione, tra le parti che compongono il sonetto: nelle due quartine il poeta presenta l’argomento (l’amore per Lina, il luogo in cui è ambientato e il suo esito felice, costituito dalla nascita di una bambina dagli occhi azzurri); nelle due terzine riflette su quanto affermato nelle due strofe precedenti (il motivo per cui questo amore è stato – ed è – così profondo). L’unione tra le parti del componimento, tutte separate da un punto fermo, è sottolineata dalla ripetizione, nelle prime tre strofe, del nome Lina. 19 Verifica su “Il Modulo 1 • Unità 4 sonetto” Visione Giosue Carducci Analisi del testo La tradizione… La forma metrica scelta è quella del sonetto; il contenuto, secondo la tradizione, è stato ripartito tra le strofe che lo compongono: le due quartine presentano, come di consueto, la situazione che dà vita al testo (un’alba invernale in cui un pigro e tiepido sole stimola l’anima pensosa del poeta a volare lontano), mentre le due terzine contengono la riflessione che viene determinata dal materiale presentato nelle quartine (in questo caso la visione dell’infanzia come un’isola felice, di cui in età adulta si può conservare, al massimo, un pallido ricordo). Anche lo schema delle rime è stato mantenuto uguale a quelli indicati dalla tradizione: le due quartine, infatti, hanno schema ABAB e le due terzine CDE. … e le novità Il dato originale è costituito dal tipo di verso scelto: il poeta ha utilizzato, infatti, al posto dei più consueti endecasillabi, dei quinari doppi, tutti piani tranne l’ultimo delle due terzine, che è tronco. Nel secondo e nel terzo verso di tutte le strofe, inoltre, il primo emistichio è un quinario sdrucciolo, che ha la funzione di rallentare notevolmente il ritmo. Il poeta ha scelto di non usare il verso endecasillabo, caratterizzato da un ritmo vario e mosso, proprio per creare un clima rarefatto: egli, infatti, pur contestualizzando la sua visione dell’infanzia in un luogo ben preciso, ricostruibile grazie alle informazioni fornite nella seconda strofa (che fanno pensare alla confluenza dei due fiumi, non lontano da Verona), fa in modo che essa risulti ugualmente vaga e indefinita. Di qui l’abbinamento di due versi uguali (il quinario), i cui accenti determinano un ritmo lento e sospeso (che riproduce ora la fatica con cui il sole si fa strada tra la nebbia del mattino, ora la fatica di vivere del poeta), l’aggettivazione sfumata (tardo, scialbo, tenere, mite, placida, lontana, pallida…), l’uso del tempo imperfetto (che colloca l’azione in un momento indeterminato) e il riferimento alle bianche ali del sogno e a un fenomeno della luce (la fata morgana) che permette di evocare gli anni dell’infanzia non come un ricordo, ma come un vero e proprio miraggio. 20 Verifica su “Il Alla Modulo 1 • Unità 4 sonetto” sera Ugo Foscolo Analisi del testo La struttura del testo… Il sonetto presenta i quattordici versi endecasillabi che lo compongono regolarmente divisi in due quartine e due terzine, tutte a rima alternata (ABAB. ABAB. CDC. DCD). La materia, come di consueto, è stata attentamente ripartita tra le strofe: le due quartine descrivono l’argomento e le due terzine ci riflettono sopra. Le due quartine, infatti, descrivono il modo di presentarsi della sera a seconda delle stagioni e creano il paragone con la morte, partendo dal presupposto che la sera è il tempo terminale della giornata così come la morte lo è della vita; le due terzine, invece, riflettono sulla predilezione del poeta per la sera proprio in quanto immagine della morte, che egli invoca come momento liberatorio, come pace estrema (quiete), come approdo a un nulla eterno di fronte e di contro a un tempo presente carico di sofferenze e di laceranti inquietudini. … e la presentazione del suo contenuto Le sofferenze e le inquietudini che tormentano il poeta sono dunque disciplinate dalla rigida architettura del sonetto, ma presentate in tutta la loro intensità dagli espedienti metrico-ritmici di cui è costellato il testo, espedienti che sottolineano efficacemente i momenti di calma, in cui domina l’immagine rasserenante della sera, quasi tutti affidati alle quartine, e quelli di tensione, in cui ha la meglio lo spirto guerrier del poeta, che si trovano nelle terzine. Così, per esempio, nel verso 4 gli aggettivi aggiunti ai nomi (le nubi estive e i zeffiri sereni) hanno il compito di rendere il ritmo del verso lento e pacato, come pacato è l’animo del poeta di fronte alla bellezza delle sere primaverili ed estive; anche il parallelismo tra E quando… del verso 3 ed e quando del verso 5 serve a rendere più ampio e disteso il ritmo della descrizione della sera; allo stesso modo l’enjambement tra il penultimo e l’ultimo verso del sonetto ha lo scopo di rallentare il ritmo dell’ultimo verso, per avvicinarlo a quello dei versi iniziali, in modo da sottolineare la momentanea tranquillità raggiunta dal poeta nella contemplazione della sera. Al contrario, le cesure (per esempio quelle coincidenti con i segni di interpunzione dei versi 10 e 11) frantumano il ritmo del verso per enfatizzare il tormento del poeta; la dieresi presente al verso 5 sull’aggettivo inquïete sottolinea la durezza delle lunghe notti invernali, che sono, però, ugualmente care al poeta, perché immagine della morte; la predominanza di suoni aspri (soprattutto r e t) è dovuta alla volontà del poeta di mettere in risalto il suo spirto guerrier. È interessante, infine, anche la disposizione delle parole nelle rime (quiete, liete, inquiete; fugge, strugge, rugge), che sottolinea il continuo alternarsi, nell’animo del poeta, di emozioni e sensazioni contrastanti. 21 Verifica su “Il Qual Modulo 1 • Unità 4 madrigale” rugiada Torquato Tasso Analisi del testo Uno struggente addio e le lacrime della natura La donna amata dal poeta è partita: egli si ritrova solo, in balia di domande senza risposta, in una notte che pare condividere il suo dolore. In realtà l’amore per questa donna sembra solo un semplice pretesto per scrivere dei bei versi, visto che di lei si parla ben poco: il poeta si limita a dire, al verso 11, che è partita, senza spiegare, però, né il motivo né la durata del suo viaggio. La sua attenzione è rivolta, piuttosto, alla natura, che può essere considerata la vera protagonista del testo: essa, infatti, incarnata da un cielo notturno stellato, è descritta attraverso le sensazioni tattili (la freschezza dell’erba) e visive (il chiaro della luna contrapposto al buio della notte) provate dal poeta. Queste ultime sono particolarmente significative, perché fanno capire che egli è come sospeso tra due dimensioni, il dolore per la separazione Tasso e il madrigale Questo madrigale non rispetta la struttura canonica del componimento, dal momento che può essere diviso in tre quartine di versi endecasillabi e settenari che hanno diversi schemi di rime (la prima quartina rima alternata -abAB-, la seconda rima incrociata -CDdc-, l’ultima rima baciata -EeFf-). Questa scelta è determinata dal fatto che Tasso si pone, nei confronti di questo tipo di componimento poetico, come uno sperimentatore, che rinnova la struttura a lui consegnata dalla tradizione per ottenere effetti musicali sempre più originali e piacevoli. Tutto il componimento è infatti caratterizzato da una forte dalla donna (rappresentato dallo scuro della notte) e la dolcezza legata al suo ricordo (rappresentata dal bianco della luna e dal cristallino delle stelle). Il quadretto che ne deriva presenta un’altra caratteristica tipica del genere del madrigale, la sensazione di malinconia, suggerita non solo dal contenuto del testo, ma anche da alcune immagini, come il sussurro del vento, che assomiglia a un gemito, e le gocce di rugiada, che sono paragonate a lacrime piante dalle stelle e dalla luna, che, in questo modo, quasi umanizzate, sembrano partecipare al dolore del poeta. La natura diventa, così, una misteriosa creatura femminile dal volto pallido e dal manto scuro che versa sulla terra delle lacrime, raffinate e preziose come i versi che le celebrano. musicalità ottenuta con diversi espedienti: ■ l’alternanza di versi brevi e lunghi ■ la presenza di assonanze (per esempio pianto, manto) ■ rime interne (intorno / giorno, partita / vita) ■ enjambement (tra i versi 5 e 6, 8 e 9, 9 e 10) ■ la ripetizione di suoni (per esempio qual, quai, quelle), parole (qual… qual; intorno intorno; vita della mia vita) e, soprattutto, interrogative retoriche, che creano, con il loro tono ascendente, il clima sospeso che determina in gran parte il fascino del testo. 22 Verifica su “Il Nella Modulo 1 • Unità 4 madrigale” belletta Gabriele D’Annunzio Analisi del testo Il verso e le rime Il madrigale è composto, secondo la tradizione, da due terzine e da un distico di versi endecasillabi: il componimento non rispetta, però, lo schema delle rime, visto che le due terzine sono legate tra loro solo dall’identità delle rime iniziali e finali (lo schema è, infatti, Il contenuto Il componimento propone, infatti, un quadro naturale decisamente poco incline alla musicalità: la natura appare immersa in un’atmosfera di morte, comunicata e sottolineata dalla consunzione fisica delle cose e dall’odore dolciastro e nauseante che le avvolge. Di fronte a questo spettacolo il poeta prova un misto di attrazione Gli espedienti metrico-ritmici Il fascino e il ribrezzo della morte sono enfatizzati anche da alcuni espedienti metrico-ritmici: il distico, per esempio, si apre e si chiude con vocaboli (Ammutisce… silenzio) che danno il senso della vita che finisce; gli enjambement separano con forza aggettivi particolarmente significativi (passe, lutulento) dai sostantivi a cui si riferiscono (le rose e un fiore), in modo da esaltare ABC. ADC) e il distico non è in rima (EF). Il testo rientra dunque solo in parte nella tradizione letteraria a cui fa riferimento, perché il poeta ha scelto di dare poco spazio alle rime, che mal si adattavano al contenuto. e di ripugnanza, felicemente sintetizzate nell’immagine del fiore lutulento. La forma metrica del madrigale non è dunque stata scelta né per la sua musicalità né per i suoi contenuti tipici, ma per proporre un breve quadro naturale al contempo inquietante e affascinante. il fascino inquietante di fiori ben diversi da quelli rigogliosi che di solito presenta la poesia; il ritmo lento e inesorabile dei versi, che pare spegnersi nel distico finale, contribuisce in misura determinante a comunicare il senso di morte e di dissoluzione che il poeta lega al finire dell’estate. 23 Verifica su “La Modulo 1 • Unità 4 canzone” La gente se l’additava Giorgio Caproni Analisi del testo Un ricordo carico d’affetto Anna Picchi, la madre del poeta, non fu solo una donna buona e brava, ma anche una valente ricamatrice: proprio questa sua abilità costituisce l’argomento del componimento. Il poeta elogia, infatti, le eccellenti capacità della madre, che era stimata e ricercata in tutta Livorno perché era la più brava nel bianco e nell’orlo a giorno: il suo carattere schivo le impediva, però, di inorgoglirsi troppo, La canzone moderna L’amore per la madre è stato celebrato in una canzone (al v. 19 il poeta si rivolge al suo testo chiamandolo canzonetta) che ha ben poco, però, della canzone tradizionale. Le strofe, per esempio, sono ridotte a due, di lunghezza diversa e non più divisibili in fronte e sirma; i versi non sono più endecasillabi o settenari e le rime, non sempre presenti, sono disposte con molta libertà (perlopiù sono baciate). Esse garantiscono comunque un forte senso di musicalità, caratteristica tipica di questa forma metrica; resta identica alla tradizione anche la natura del congedo, perché il poeta si rivolge, nella seconda strofa, direttamente alla sua canzone, come usavano fare gli autori cosicché la gente aveva, nei suoi confronti, ancor più ammirazione. Anna ricambiava orgogliosa i saluti e gli sguardi, il cui ricordo rende ancora oggi felice – e al contempo triste – il figlio: egli, infatti, ne piange la scomparsa con immutato affetto (la leggerezza del componimento, dice il poeta, non deve ingannare, perché egli scrive piangendo e con fuoco). trecenteschi, epoca in cui questa forma poetica ebbe la sua massima diffusione. Caproni ha dunque scelto di recuperare la forma metrica che nella tradizione ha cantato più di frequente l’amore per una donna, ma l’ha modificata in modo da renderla più adatta alle sue esigenze espressive, alleggerendola e “svecchiandola” delle caratteristiche troppo rigide (ripartizione della materia in più strofe, continua ripetizione dello schema delle rime della prima strofa, lessico alto e stile solenne…) che ne avrebbero guastato la semplicità e la spontaneità, qualità perfettamente in sintonia con il carattere della madre. 24 Verifica su “La Modulo 1 • Unità 4 canzone” A Silvia Giacomo Leopardi Analisi del testo Il messaggio del testo All’origine della poesia vi è senza dubbio il ricordo di Teresa Fattorini, la figlia del cocchiere di casa Leopardi, morta diciottenne, nel 1818, di tubercolosi: nelle carte del poeta si trovano, infatti, numerosi appunti sulla sua vicenda («cenare allegramente del cocchiere intanto che la figlia stava male, storia di Teresa, da me poco conosciuta, e interesse ch’io ne prendevo come di tutti i morti giovani in quello aspettar la morte per me»; e ancora: «canto mattutino di donna allo svegliarmi, canto delle figlie del cocchiere e in particolare di Teresa mentre ch’io leggeva il Cimitero della Maddalena»). In realtà la Silvia dietro a cui si cela l’immagine di questa sventurata ragazza diviene ben presto il simbolo della giovinezza di tutti e del poeta in particolare, così come la sua prematura morte allude alla caduta delle speranze che segna la fine della giovinezza. Che Silvia superi ben presto la dimensione della realtà per assumere il ruolo di simbolo è evidente da due elementi che anticipano l’ultima strofa del testo, dove questa identità viene esplicitata dal poeta con un tu che è rivolto, contemporaneamente, alla speranza e alla ragazza, che diventano, dunque, una cosa sola. Il primo è sicuramente costituito dal nome che il poeta ha scelto per la sfortunata fanciulla: Silvia, infatti, non solo è una reminiscenza letteraria (perché allude, forse, alla protagonista di una delle opere di Torquato Tasso più amate da Leopardi, l’Aminta), ma è anche l’anagramma del verbo salivi, in cui è racchiuso tutto il senso del testo, perché la salita rappresenta il faticoso cammino della vita di ogni uomo, sempre irta di difficoltà. Un secondo elemento che dimostra che la ragazza viene ricordata non tanto nella sua concreta figura storica quanto come simbolo dell’adolescenza delusa è la contestualizzazione del suo ricordo: il poeta, infatti, situa il canto di Silvia nel mese di maggio, che simboleggia, da sempre, il ritorno della primavera, che allude, in poesia, all’adolescenza; Silvia e le sue speranze cadono, invece, in inverno, che ben rappresenta, con l’inaridimento dell’erba, l’ingresso nella giovinezza e nell’età adulta. Questo momento costituisce, per Leopardi, l’apparir del vero, cioè la scoperta del vero aspetto della vita, che si rivela costellata soltanto di dolori e di solitudine, a cui non c’è rimedio, se non la gelida morte e una squallida tomba. Il poeta ha già fatto questa scoperta: anch’egli, infatti, come Silvia, aveva sperato, da adolescente, di poter vivere una giovinezza serena, in grado di realizzare tutte le sue aspettative. Il destino, invece, gli ha negato questo dono, dandogli, al contrario, la chiara consapevolezza dell’infelicità a cui sono destinati tutti gli uomini. Per questo motivo al poeta, divenuto ormai adulto, non importa consegnare all’eternità, con i suoi versi, il ricordo fedele di un’infelice fanciulla, ma usare la sua storia come monito per tutti gli uomini, perché non abbiano troppe speranze, che finiranno certamente con l’essere disattese. Questo crudele destino dell’uomo è voluto dalla Natura, che il poeta, nella quarta strofa, indica chiaramente come la principale responsabile dell’infelicità umana: essa, infatti, come una madre crudele, infonde nel cuore degli uomini un intenso desiderio di felicità, di amore, di appagamento dei propri ideali…, tutte speranze che poi non consentirà di realizzare, offrendo, al contrario, solo dolore e noia. 25 La canzone leopardiana Questi contenuti, di grande intensità e spessore, hanno trovato la loro sede naturale nella canzone, che viene però profondamente rinnovata da Leopardi rispetto a quella petrarchesca: le forme e le strutture consegnate dalla tradizione gli parevano, infatti, ormai decisamente inadeguate per esprimere le nuove tensioni dello spirito. Di qui le profonde trasformazioni: le sei strofe hanno diversa lunghezza; i versi che le compongono, endecasillabi e settenari, sono variamente disposti e rimati; le rime, saltuarie (baciate, alternate e distanti anche più di tre versi), sono usate, così come le assonanze, Il ritmo Il ritmo scelto dall’autore per ciascuna delle stanze presenta una caratteristica di grande interesse: in quasi tutte le stanze, infatti, esso è caratterizzato da una certa musicalità, favorita dal frequente uso delle assonanze (per esempio odoroso/giorno, affetto/acerbo), delle ripetizioni (natura/natura, come/come, questi/questi/ questa) e dell’enjambement (ad esempio intenta/se- Le scelte lessicali Anche il lessico asseconda e sottolinea la diversità tra le strofe che abbiamo evidenziato parlando del ritmo: nei versi dedicati al ritratto di Silvia o all’adolescenza del poeta prevalgono, infatti, grazie all’uso di vocaboli rari e letterari e di aggettivi non tanto qualificativi quanto evocativi, espressioni sfumate dal ricordo, come splendea e molceva il cuore (in cui l’imperfetto di due verbi di uso letterario allontana ancora di più nel tempo il ricordo della ragazza), vago avvenir (dove l’aggettivo vale “bello”, ma anche “indistinto”), maggio odoroso (che crea una forte impressione olfattiva), vie dorate (cioè “illuminate dalla luce del sole”, ma anche colorate dalle speranze e dall’entusiasmo giovanile del poeta)… La vaghezza dei termini è spesso accentuata anche dall’uso, tipico di Leopardi, degli aggettivi a coppie (ridenti e fuggitivi, v. 4; lieta e pensosa, v. 5; gli studi le consonanze e le rime interne, solo quando risultano utili per sottolineare la pregnanza di qualche termine del testo (un esempio particolarmente significativo si trova nella quarta strofa, dove il sostantivo Natura rima con sventura, per rimarcare e sottolineare con forza il giudizio di Leopardi sulla natura). L’unico elemento costante è costituito dall’ultimo verso di ogni strofa, che è sempre un settenario e rima sempre con uno dei versi che compongono la strofa che chiude (salivi : fuggitivi; giorno : dintorno; seno : sereno; tuoi : poi; amore : core; lontano: mano). devi, quiete/stanze, preme/acerbo); solo nella quarta strofa, in cui il poeta si scaglia contro la Natura, il ritmo, a causa delle numerose frasi interrogative ed esclamative, diventa spezzato ed affannoso, per sottolineare il senso di angoscia che assale il poeta di fronte agli inganni della Natura, che non pensa alla felicità del singolo ma solo alla conservazione della specie. leggiadri… e le sudate carte, vv. 15-16; acerbo e sconsolato, v. 34; innamorati e schivi, v. 46…), in modo che i due termini si precisino e si sfumino a vicenda: gli occhi di Silvia sono sí ridenti, cioè esprimono allegria, ma anche fuggitivi, come se presentissero che la loro gioia sarà temporanea; per lo stesso motivo la fanciulla è lieta, ma anche pensosa, perché i suoi sogni si mescolano alla tristezza; gli studi sono leggiadri, ma anche faticosi, come rivelano l’espressione sudate carte e i versi immediatamente successivi, che lasciano trasparire un certo rimpianto per la giovinezza trascorsa sui libri… Solo nei versi in cui il poeta si oppone alla Natura, madre cattiva e ingannatrice, il lessico diventa più duro, caratterizzato, cioè, da vocaboli con molte consonati aspre (osserva, per esempio, nei versi 56-59, l’abbondanza delle t e delle r) e per nulla evocativi. 26 Verifica su “La Modulo 1 • Unità 4 ballata” La ballata di Cordova Federico Garcia Lorca Analisi del testo Un viaggio che non finisce Questa ballata di Lorca descrive il viaggio di un cavaliere solitario verso Cordova, che appare come una città fantasma, avvolta dalla solitudine e dal silenzio. Anche il viaggio, in verità, risulta piuttosto strano: il cavaliere si muove verso la sua meta in un clima irreale e sospeso, accompagnato soltanto da una cavalla nera e da una strana luna, prima grande e poi rossa; nella bisaccia ha solo un viatico d’olive. Egli afferma di conoscere tutte le strade, ma sa già che non arriverà alla sua meta, perché la morte lo aspetta prima d’entrare a Cordova. L a scelta della ballata Per questa meditazione sulla vita e sulla morte il poeta ha utilizzato la forma metrica della ballata, adattandola alle sue esigenze espressive: egli, infatti, ha valorizzato al massimo il ruolo del ritornello (o ripresa), che non si trova all’inizio del componimento e alla fine di ogni strofa, A questo punto è chiaro che il viaggio del cavaliere allude a un altro viaggio, quello della vita: essa, infatti, è un lungo cammino verso una meta irraggiungibile (la felicità? La realizzazione dei propri desideri? Il successo?…) a causa delle difficoltà che si parano dinanzi all’uomo (rappresentate dal gran vento sulla pianura), e, soprattutto, della morte, che ci impedisce spesso di realizzare i propri sogni. Di qui il tono malinconico e sofferto del testo, enfatizzato dalla presenza di alcune proposizioni esclamative. ma all’inizio e alla fine del componimento, per sottolineare, anche dal punto di vista grafico, la solitudine e la lontananza della città, chiusa e isolata dal resto dai due ritornelli. 27 Verifica su “La Modulo 1 • Unità 4 ballata” Patria Giovanni Pascoli Analisi del testo Il contenuto… Giovanni Pascoli, nel periodo in cui scrisse Patria, viveva e insegnava a Livorno, lontano dalla sua terra natia, la Romagna, a cui era legato da un profondo affetto: egli sogna, quindi, un giorno d’estate nella sua terra, con le cicale, il rumore del vento e delle foglie, i raggi di sole, i colori del cielo, i melograni, le tamerici, il battito della trebbiatrice e l’Angelus che risuona da lontano… Ma all’improvviso il brusco risveglio: il poeta non sente più il suono argentino delle campane di Romagna, ma quello di altre campane, che lo riportano lontano dalla sua terra. Davanti ai suoi occhi solo un forestiero (lo stesso poeta) a cui sono indirizzati i latrati di un cane, che sottolineano in modo efficace e al contempo drammatico il suo senso di estraneità dal paesaggio che lo circonda. … e la forma Per esprimere questi contenuti il poeta ha fatto ricorso alla forma metrica della ballata, che però non si presenta né nella forma originaria né nelle successive e più complesse rielaborazioni, ma viene quasi completamente “reinventata”. Essa infatti, interamente composta di versi settenari, è formata da due diversi ritornelli di un solo verso (che permettono di definirla “piccola”) e da quattro strofe; queste ultime richiamano nello schema metrico (x. ababx. cdcdx. y. efefy. ghghy), in cui prevalgono le rime alternate, la struttura tradizionale della ballata, perché si chiudono sempre con una rima identica a quella del ritornello. La presenza di due soli ritornelli diversi (e non dello stesso, ripetuto al termine di ogni strofa) costituisce la novità più rilevante del testo: essa è riconducibile alla volontà pascoliana di rinnovare le forme metriche della tradizione rendendole più brevi e incisive, perché possano raccogliere e presentare le sue sensazioni ed emozioni in modo più intenso e immediato. 28 Verifica su “La Sera di Modulo 1 • Unità 4 metrica libera” Febbraio Umberto Saba Analisi del testo La triste sera della vita Il poeta riflette tra sé e sé in una sera di febbraio illuminata dalla luna: i suoi pensieri non sono sereni, perché egli si sente estraneo a tutto ciò che lo circonda. Saba, infatti, ha voluto raffigurare, in questa poesia, la solitudine dell’uomo moderno, che si sente lontano sia dalla natura (che è rappresentata con pochi tratti essenziali, sotto forma di un giorno che se ne va per lasciare il posto alla sera, quasi un emblema del dolore che in- L a metrica libera Per esprimere questo messaggio il poeta ha usato in modo originale le strutture metriche della tradizione: se si osserva con attenzione questo componimento, infatti, si potrà notare che esso è costituito da una sola strofa di versi endecasillabi sciolti da rima, dei quali il primo e il quarto sono stati tipograficamente divisi in due parti dallo stesso poeta per visualizzare meglio la pausa meditativa determinata dalla cesura. Non solo: nel secon- combe sull’animo dell’uomo, come sul giorno incombe la notte) sia dagli uomini, in questo caso dei giovani che vagano (addirittura sbandando) senza una meta e senza punti di riferimento. È chiaro che così non si può vivere: e infatti egli afferma che la vita può diventare sopportabile solo se si pensa alla morte, che metterà fine alle sofferenze e alle fatiche della quotidianità. do verso la parola giorno è separata dal resto da un’altra forte cesura e nel quinto in fine è posto tra due virgole; tra i versi 1 e 2, 4 e 5 sono presenti forti enjambement. La frantumazione dei versi e la separazione delle parole hanno un duplice scopo: enfatizzare al massimo i vocaboli che il poeta ritiene importanti per la comprensione della poesia e accentuare il senso di profonda solitudine che egli avverte dentro di sé. 29 Verifica su “La Modulo 1 • Unità 4 metrica libera” Traducendo Brecht Franco Fortini Analisi del testo Una riflessione sulla poesia Bertold Brecht, famoso drammaturgo tedesco di fede marxista, fu uno degli autori preferiti di Fortini, che ne amò non solo lo stile potente, ma anche il messaggio. Il temporale è dunque solo un pretesto per interrompere un lavoro di traduzione che lo fa sentire inadeguato, perché gli pare di non riuscire a protestare contro i potenti con la stessa forza e con la stessa efficacia del suo modello. È proprio questo il più grande cruccio del poeta, la sua incapacità di scagliarsi con forza, attraverso i suoi versi, contro chi opprime i più deboli: egli si sente addirittura, per questa sua incapacità, colpevole come gli oppressori che vorrebbe condannare (fra quelli dei nemici scrivi anche il tuo nome dice, infatti, ai versi 17-18). Fortini sa che oggi è più difficile far sentire la propria La metrica libera Il testo è composto da due strofe disuguali di versi liberi: essi, infatti, spesso molto più lunghi dei versi tradizionali, sono mescolati liberamente tra loro e non sono uniti da rime, ma solo da alcune consonanze e assonanze. La ricerca di un ritmo teso e serrato che voce, perché il nuovo benessere e l’imborghesimento della società hanno fatto sì che l’oppressione si nasconda dietro il paravento di una convivenza civile, in cui l’oppresso tollera e l’oppressore opprime dal chiuso delle sue stanze, in gran segreto; è consapevole di aver quasi perso le coordinate di riferimento (credo di non sapere più di chi è la colpa) proprio per la tranquillità in cui convivono oppressi e oppressori; sa anche che oggi la voce di chi protesta rischia di non essere capita (non per noi più). Ma tutto ciò non importa: egli è convinto del fatto che il poeta deve avere comunque il coraggio di fare il proprio dovere, cioè di denunciare con i suoi versi ciò che vede, anche se la poesia non muta nulla. Nulla è sicuro, ma scrivi è, infatti, la drammatica conclusione a cui perviene. possa assecondare la durezza del contenuto si traduce nell’attenta disposizione degli accenti ritmici dei versi, nella presenza di alcuni forti enjambement, nella scelta di vocaboli caratterizzati da suoni duri e in una sintassi poco lineare. 30 Verifica su “Le Spesso Modulo 1 • Unità 5 parole della poesia” il mal di vivere ho incontrato Eugenio Montale Analisi del testo Un’amara riflessione sulla vita Il poeta ha strutturato il suo testo in due quartine, la prima (che ha schema ABBA) di versi endecasillabi, la seconda (che ha schema CDDA) di tre endecasillabi e un doppio settenario. Ognuna delle due strofe affronta un tema: la prima il male di vivere, la seconda il possibile rimedio. ■ Nella prima strofa il poeta, per dimostrare l’universalità del dolore, che è connesso a qualsiasi forma di vita, concretizza il male di vivere in alcuni emblemi tratti da ogni regno della natura: n rivo (regno minerale) che non può scorrere peru ché è interrotto da un ostacolo una foglia (regno vegetale) che si è accartocciata a causa del calore del sole un cavallo (regno animale) caduto per il dolore o per la stanchezza ■ anche l’unico rimedio che il poeta riesce a trovare contro il male di vivere, un’indifferenza che assomiglia a quella che gli dei mostrano per le faccende umane, è concretizzato in una chiara serie di emblemi: na statua che non soffre per la calura del mezzou giorno, paga della sua immobilità (al contrario del rivo, che soffre se non scorre) una nuvola e un falco sospesi in alto nel cielo, ben lontani da ogni male del mondo e dalla terra (dove precipitano, invece, la foglia e il cavallo). Questa divina Indifferenza non è frutto di noncuranza o di superficialità, ma è un vero e proprio prodigio, che consente all’uomo saggio di allontanarsi per un attimo dalle miserie umane e di comprendere la grandezza del mistero della vita, che egli non può capire, ma solo accettare, riconoscendo la propria limitatezza e finitezza. Gli emblemi scelti dal poeta (che costituisce l’unico elemento di unione tra le due strofe) illustrano i temi affrontati con grande chiarezza e oggettività, in quanto immagini dai contorni molto netti: Montale, infatti, vuole che essi comunichino al lettore in modo semplice, diretto e immediato il messaggio di cui il suo testo si fa portavoce. 31 Verifica su “Le Donna Modulo 1 • Unità 6 figure retoriche di significato” che si pettina Giovan Battista Marino Analisi del testo Un naufragio d’amore Una banale scena di vita quotidiana (il poeta osserva la donna di cui è innamorato mentre si sta pettinando) fornisce lo spunto per la creazione di un piccolo capolavoro di poesia barocca, un sonetto che si presenta come un vero e proprio trionfo di metafore: i lunghi capelli biondi e ondulati si trasformano, così, in un mare d’oro e il pettine d’avorio in una navicella che lo solca; il poeta non può che fare naufragio, dopo essersi infranto sullo scoglio (di diamante) del duro cuore della donna che non si cura delle sue pene d’amore (e infatti il mare passa da onde dorate a flutti tremolanti, per divenire, alla fine, in una sorta di felice ossimoro, un procelloso tesoro)... Ovviamente quest’ultima immagine, pur essendo di morte, non provoca nel lettore alcun turbamento: è fin troppo palese, infatti, nel testo, l’atmosfera di gioco e di divertimento, frutto di grande perizia e abilità tecnica (la metafora dei capelli d’oro è di petrarchesca memoria, ma la sua esasperazione è totalmente dovuta alla tecnica di questo poeta!), che coinvolge persino l’aspetto fonico dei versi, in cui abbondano espressioni che rimandano alla metafora dell’oro (dorate, avorio, errori, amor, formarne, tesoro, core, morte, moro). 32 Verifica su “Le Modulo 1 • Unità 6 figure retoriche di significato” San Martino del Carso Giuseppe Ungaretti Analisi del testo La guerra distrugge tutto! I versi liberi di questa poesia ritraggono un desolato paesaggio di guerra, in cui non c’è più alcuna traccia di vita: in realtà la desolazione peggiore è quella che alberga nel cuore del poeta, perché di molti di coloro che erano a lui legati da rapporti di amicizia e di affetto non è rimasto Le scelte metriche La lirica è stata strutturata in modo da risultare molto semplice, con un andamento dimesso e quasi prosastico: essa è infatti composta da quattro strofe, due quartine e due distici, in cui c’è una perfetta coincidenza tra unità strofica e unità di significato, giacché ogni strofa corrisponde a un periodo (come evidenziano anche gli spazi bianchi, dopo i quali il verso comincia sempre con la maiuscola, come se essi fossero un punto fermo), al termine del quale vi è una breve pausa di riflessione. Le figure retoriche di significato La figura retorica più bella ed espressiva di questi versi è sicuramente costituita dalla metafora brandello di muro, che ha un fortissimo impatto emotivo, perché paragona la casa colpita dalle bombe a un corpo vivo, straziato dalla violenza della guerra, come se il muro conservasse impressa, nelle sue ferite, un po’ di quella vita domestica che aveva custodito sino allora. nemmeno un brandello. Proprio per questo il cuore del poeta è presentato come un immenso cimitero, dove ogni croce è il ricordo di una persona che l’orrore della guerra ha privato della vita. I versi, elementari nella loro brevità, rimandano ai metri tradizionali (direttamente, come accade nella prima strofa, composta da versi regolari – due quinari piani, un trisillabo piano e un senario piano – o indirettamente, come accade in ma nel cuore / nessuna croce manca, che, scritto di seguito, diviene un regolare endecasillabo); le rime sono costituite da vocaboli ripetuti (il participio rimasto e il sostantivo cuore), per mantenere il profilo basso e meditativo della lirica. Sicuramente altrettanto efficace è la metafora su cui si regge l’intero componimento, che identifica il paese con il cuore del poeta: le croci appaiono così ancor più dolorose, proprio perché hanno indelebilmente sostituito, nel cuore, la presenza viva di coloro che amavano (riamati) il poeta. 33 Verifica su “Le E Modulo 1 • Unità 6 figure retoriche di suono” lasciatemi divertire Aldo Palazzeschi Analisi del testo La lettura denotativa Il testo, composto da diciannove strofe di versi liberi, può essere suddiviso in tre parti. ■ Nella prima (versi 1-15) una voce esterna che incarna il parere dei benpensanti descrive a un pubblico decisamente poco attento il nuovo modo di fare poesia del poeta, mettendone in luce le manchevolezze e i difetti (tanto che i suoi versi sono poco elegantemente definiti piccole corbellerie) ■ nella seconda parte (versi 16-69) il poeta dialoga con un lettore legato alla tradizione e a un’idea di poesia seria e impegnata: i due si provocano a vicenda, facendo emergere le rispettive posizioni – radical- mente opposte – fino ad arrivare all’insulto (il poeta, infatti, si prende del fesso...) ■ È dunque evidente che questi versi possono essere considerati un vero e proprio manifesto poetico, perché il poeta fissa in modo chiaro e palese le caratteristiche del suo modo di intendere e di fare poesia. La sperimentazione fonica Ciò che colpisce di questo testo non è tanto il tipo di lessico (decisamente inusuale per la poesia, dal momento che vi compaiono termini quotidiani come poveretto, indecenze, fesso, somaro, grullerie, spazzatura...) quanto la costante voglia del poeta di giocare con i suoni, che si concretizza nella massiccia presenza di ■ assonanze (cucù: rurù) e consonanze (ihu uhi) ■ rime (particolarmente significativa risulta la rima imperfetta che lega corbellerie, grullerie e poesie, per dimostrare che il nuovo modo di fare poesia non può prescindere, ormai, dalla mancanza di significati profondi e dal divertimento) infine, nella terza parte (versi 70 – fine), i due illustrano, per mezzo delle loro battute, la crisi della poesia (che ormai non si capisce più, al punto che sembra giapponese) e la “poetica del divertimento”, l’unica possibile per il poeta. ■ ■ ■ ■ suoni ridotti all’essenziale (per esempio le vocali, elencate in ordine alfabetico) espressioni onomatopeiche (fru, fru, fru...) che però, a differenza di quelle usate dal più grande maestro del linguaggio fonosimbolico, Giovanni Pascoli, sono del tutto prive di significato (non riproducono cioè versi, rumori o sensazioni) e disposte nei versi in modo arbitrario e casuale giochi di lettere (ottenuti, per esempio, con un semplice cambio di consonante – fara, tara, para, lara – oppure invertendo dei suoni – uhi diventa ihu) ripetizioni (il vocabolo licenze viene ripetuto, per esempio, per ben tre volte in due versi). 34 Il senso di un’esperienza poetica Il poeta moderno non può più riflettere sui valori e sulle complesse problematiche della vita umana: gli uomini, distratti dal denaro, dal benessere, dagli agi e dalle promesse della nuova società industriale, non vogliono e non sanno più pensare a queste cose e, pertanto, non dimandano più nulla dai poeti. La poesia, dunque, può solo suscitare il riso e divertire; al poeta, che non ha più verità da trasmettere, non resta che abbandonare il suo ruolo di vate e di veggente per trasformarsi in un clown che si diverte e diverte con ciò che, con efficaci metafore, definisce gli avanzi e la spazzatura del passato. Questa sperimentazione poetica non deve essere sottovalutata, ma, esattamente al contrario, deve essere considerata in modo estremamente positivo: fu proprio grazie al vuoto creato da Palazzeschi e, poco tempo dopo, da alcuni poeti futuristi che si mossero nella sua stessa direzione, che la lirica del Novecento ebbe la possibilità di ricominciare da zero e di creare il suo nuovo linguaggio poetico. 35 Verifica su “Le Modulo 1 • Unità 6 figure retoriche di suono” L’onda Gabriele D’Annunzio Analisi del testo La musica della natura Pochi autori hanno saputo e sanno giocare con i suoni della poesia come D’Annunzio: questi versi (liberi e di varia lunghezza) che descrivono i movimenti di un’onda su una spiaggia della Versilia ne sono certamente un chiaro esempio. Essi sono caratterizzati da ■ ■ ■ ■ un’estrema brevità (spesso contengono una sola parola) una scelta lessicale accuratissima: il poeta ha fatto ricorso a termini tecnici (ulva, berilli...), letterari (s’infiora, volute...), preziosi (cuora, crisopazzi...), scelti più per il loro suono che per il loro significato una grande attenzione ai suoni, persino ai singoli fonemi (nei versi 65-66, per esempio, c’è una netta prevalenza della a) una fitta rete di rimandi interni al testo, ottenuta per mezzo di rime (perlopiù baciate sonora: odora, schianta: canta...) e assonanze (ulva, allunga) ■ una massiccia presenza di figure retoriche di suono, come allitterazioni (spruzzi, sprazzi) e onomatopee (per esempio le serie verbali – sciacqua, sciaborda, scroscia, schiocca, schianta... romba, ride... accorda, discorda... – spesso enfatizzate dalla disposizione in forma di climax ascendente e discendente). D’Annunzio, insomma, ingaggia, in questi versi, una vera e propria gara di bravura con la natura, per dimostrare di essere un inarrivabile creatore di versi: l’onda che gioca davanti ai suoi occhi (addirittura personificata, grazie all’uso di verbi come ride e canta) sembra quasi più bella di quella vera, proprio grazie alla capacità del poeta di ritrarla con parole che “paiono rendere in immediatezza di suoni i fluttuanti giochi del mare accolto in una cala tranquilla” (sono parole dello stesso D’Annunzio). 36 Verifica su “Le Modulo 1 • Unità 6 figure retoriche di sintassi” Stornello Giorgio Caproni Analisi del testo Alla ricerca di un punto d’appoggio Caproni propone un ritratto della città di Genova particolarmente denso di significato, nonostante la brevità e l’apparente semplicità. ■ Il primo aspetto che colpisce il lettore è la presenza, nel testo, di due aree semantiche opposte: da una parte c’è, infatti, l’area semantica della durezza, rappresentata dai termini ardesia, arenaria, così salde, di sasso, dall’altra, invece, quella della leggerezza e della luminosità, a cui appartengono i vocaboli e le espressioni colori a fresco, in piena aria, sospese nella brezza, iride e aria. In due punti del testo queste due aree semantiche si fondono: ciò accade nella descrizione delle case, che sono, allo stesso tempo, solide (così salde) e leggere (perché sospese nella brezza), e nell’ultimo verso del componimento, dove Genova è, contemporaneamente, di sasso e aria ■ ■ questa fusione non è certamente casuale: il contrasto tra la robustezza e la leggerezza allude, infatti, alla vita del poeta, che, sentendosi fragile e precario, ricerca, nella città, delle certezze e dei punti d’appoggio che non è facile trovare. Il suo rapporto d’affetto con Genova, sottolineato dalla ripetizione dell’aggettivo mia, è la conferma di questa ricerca: appoggiandosi a Genova (definita mia difesa) il poeta avverte una forza nuova, che potrà aiutarlo nelle difficoltà dell’esistenza, solo adombrate nell’espressione vita precaria il messaggio del testo, infatti, è lieve e non si colora mai di toni drammatici: per questo il poeta dà ai suoi versi, endecasillabi e settenari variamente combinati, una forte musicalità, ottenuta con la frequente ripetizione della rima in – aria. L’importanza delle scelte sintattiche Il messaggio del testo è sapientemente enfatizzato anche dalle scelte sintattiche: ■ ■ la complessa struttura della seconda strofa, che presenta una disposizione fortemente innaturale delle parole, sottolinea il faticoso tentativo del poeta di dare fermezza alla sua vita precaria al contrario, l’estrema semplificazione della prima e della terza strofa, caratterizzate da frasi nominali, ren- de evidente il rapporto affettivo che si è instaurato tra il poeta e la città (si pensi, per esempio, al primo verso, in cui Mia Genova difesa e proprietaria equivale a “Genova, che sei mia difesa e proprietaria”: l’abolizione del verbo e il posizionamento dell’aggettivo possessivo in primo piano, come apertura di verso e di composizione, mettono in evidenza l’intenso coinvolgimento sentimentale che il poeta prova nei confronti della città a cui il testo è dedicato). 37 Verifica su “Le Modulo 1 • Unità 6 figure retoriche di sintassi” Terrazza Mario Luzi Analisi del testo Un tramonto pieno di pensieri… In questi pochi versi liberi (alcuni dei quali regolari endecasillabi) il poeta osserva pensieroso la fine di un giorno troppo povero d’amore: l’atmosfera del tramonto non è serena, tanto che il cielo appare colmo di pace ma anche di compianto. Non solo. Tutto, intorno, sembra in bilico e precario: la rosa, infatti, pencola sotto le silenziose balaustrate e il poeta stesso si trova su una terrazza, come sospeso tra terra e cielo, a farsi domande che non hanno risposta mentre la nebbia inghiotte lentamente il paesaggio che lo circonda... È evidente che questa descrizione suggerisce ed evoca qualcosa di più di un semplice tramonto: essa, infatti, letta in senso connotativo, appare pensata per illustrare l’impossibilità, per l’uomo, di appropriarsi davvero della furtiva sostanza del suo tempo, della sua vita, delle sue speranze, che si schiantano miseramente a terra come la colomba che le simboleggia, lasciando il poeta confuso e disorientato, incapace di distinguere i contorni della sua realtà e di trovare il giusto sentiero da percorrere. Le scelte sintattiche La durezza e l’asprezza del messaggio del testo sono sapientemente esaltate dalle scelte sintattiche compiute dal poeta: ■ la consistente presenza di anastrofi (per esempio e ora pencola... la rosa; al suolo cede l’ampia colomba...), che, invertendo le parole rispetto all’ordine consueto in cui sono presentate (negli esempi citati esse allontano il soggetto dal verbo a cui si riferisce), costringono a riflettere sui singoli vocaboli, che acquistano maggior pregnanza proprio dalla loro innaturale collocazione ■ l’uso di numerosi enjambement, che hanno il compito di frantumare i versi (rendendoli poco musicali e quindi più espressivi) e di completare il lavoro delle anastrofi, ponendo in primo piano i vocaboli su cui il poeta desidera richiamare l’attenzione del lettore (è il caso, tanto per citare un esempio, di tace / nello spazio, che, permettendo di creare la rima tace: giace e spostando l’attenzione del lettore sullo spazio che circonda il poeta, mette in luce l’inesorabilità del tempo che passa e lo pone in relazione con la pace e il compianto che esso lascia inevitabilmente dietro di sé). 38 Verifica su “Le Modulo 1 • Unità 7 varianti” Dormire Giuseppe Ungaretti Analisi del testo Un lavoro di cesello L’immagine fiabesca del paese addormentato sotto una candida coperta di neve esprime un desiderio di pace e di tranquillità (evidenziato dalla metafora con cui la coltre di neve è associata all’immagine di una camicia da notte o, più probabilmente, a quella del camice dei medici che operavano in questa città per prestare soccorso ai soldati feriti): per sottolinearlo meglio il poeta ha disposto i versi (due quinari, due quadrisillabi e un trisillabo) con un ordine discendente e ha operato, negli anni, pochi ma efficaci cambiamenti. seconda stesura terza stesura Rispetto alla prima stesura notiamo la sostituzione del participio steso con adagiato: essa consente di rafforzare l’idea della serenità donata dal paesaggio non solo con il senso (il corpo del poeta, infatti, si abbandona completamente, adagiandosi mollemente) ma anche con il suono, perché la ripetizione di un suono aperto, la a comunica sempre, in poesia, un senso di tranquillità. Questa volta il poeta modifica il primo verso e, in particolare, sostituisce somigliare con imitare: il generico concetto della somiglianza viene meglio precisato da questo secondo verbo, che, avendo il senso di “essere come”, allude a una sorta di fusione di uomo e natura, che finalmente, nella pace della neve che li unisce, riconoscono la loro fratellanza. 39