Conosco Natalino ormai da una dozzina d`anni. Eravamo al Pini. Un
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Conosco Natalino ormai da una dozzina d`anni. Eravamo al Pini. Un
STORIA DI COPERTINA "Fog Theatre" - Foto di Nicola Boschetti "La tosa e lo storione" - Foto di Alessandro Naia C non è che faceva qualcos’altro, eppure tutto quel pubblico rimaneva agganciato ai suoi gesti, alle sue inflessioni, ai suoi racconti. Con Paolini lo guardavamo da dietro le quinte, e Marco mi fa: hai visto che forza? Accidenti, dico io. Poi avrei imparato a conoscerlo. Molti pensano che il regista sia un despota che costringe gli attori a fare qualcosa contro la loro volontà. Non è difficile far fare alla gente cose che non vorrebbero fare. Conosco un sacco di imbroglioni capaci di convincerti a fare le cose più turpi. Difficile è far fare a qualcuno quel che lui vuole fare veramente! Ogni attore vuol fare spettacoli belli, no? Chi è che vuol fare un fiasco? Ecco: è questo che può fare il regista: dare una mano, sorreggere. Consolare quando serve. Mi ha sempre appassionato seguirli, gli attori, spiarli, cercare di capire come fanno. Ci vuole un sacco di pazienza, perché ogni attore fa in modo diverso. Per esempio, con Marco Paolini, preparare “Libera nos”, uno spettacolo che abbiamo fatto una ventina d’anni fa, è stato seguire un attore, mettersi sulle sue tracce. Tirargli la volata standogli alle spalle. Qualche volta bisogna farlo di nascosto, perché se ti beccano s’incazzano: è incredibile quanto s’incazza la gente se cerchi di dargli una mano onosco Natalino ormai da una dozzina d’anni. Eravamo al Pini. Un ex manicomio vicino a Milano. Il Pini è famoso anche perché Alda Merini ci ha passato, da internata, metà della sua vita. Eravamo al Pini perché Marco Paolini voleva celebrare il 25 aprile. Una dozzina d’anni fa temevamo che i governanti di allora volessero cancellare la memoria della Liberazione. Allora Paolini chiese ad un po’ di amici di fare un grande spettacolo, a Milano, per opporsi alla cancellazione della memoria. Si chiamava “Appunti partigiani”. Così mi ritrovai in questo enorme prato dentro all’ex manicomio a fare il regista “in diretta”. Era tutto improvvisato. Speravamo arrivassero cinquemila persone. Ne arrivarono almeno ventimila. Ad un certo punto ci fu una bella confusione perché gli ospiti, attori, cantanti, musicisti, non riuscivano ad arrivare: tutte le vie d’accesso erano bloccate dal pubblico… Stava per arrivare un ospite importante, che però ritardava… Paolini mi disse: butta dentro Balasso. Io non lo conoscevo. Ma quello che vidi quando entrò, all’improvviso, fu una sorta di ciclotrone che concentrava energia. Una straordinaria forza d’attenzione. Ed era tutto semplice. Voglio dire: prima di entrare Natalino era così, poi, sul palcoscenico, 20