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qui - fisica/mente
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FISICA/
MENTE
FRAMMENTI DI STORIA DEL
PENSIERO SCIENTIFICO
Roberto Renzetti
UNA PREMESSA INDISPENSABILE
Non sarebbe corretto, da un punto di vista storico, considerare tutto ciò che prima di
Galileo è stato fatto nelle ricerche sul mondo naturale o no come semplicemente prescientifico.
Ogni indagine che viene fatta sul mondo che ci circonda fondata su osservazioni e
dimostrazioni che sono in grado di essere comprese ed ascoltate da 'tutti' perché si rifanno alla
ragione, elemento a 'tutti' comune, deve, in linea di principio considerarsi scientifica. D'altra
parte le stesse caratteristiche essenziali del metodo galileiano non sono riducibili al risultato di
un atteggiamento 'distaccato ed oggettivo' di una singola mente illuminata nei confronti dei
fenomeni naturali, ma sono il frutto di un diverso ed ugualmente particolare atteggiamento
verso la realtà, la cui affermazione è stata possibile solo all'interno di mutate condizioni
politico-economico-sociali e non è quindi riducibile ad uno sviluppo lineare e cumulativo di
conoscenza.
ALTRA PREMESSA
Nel dare dei giudizi non ho inteso in alcun modo togliere dei meriti (del resto
concordemente riconosciuti) a nessuno.
CARATTERI DELLA MATEMATICA GRECA
- Generalizzazione dei fenomeni forniti dall'esperienza
- Si iniziano a prendere in considerazione intere categorie di numeri e di figure
- Si cercano i caratteri comuni tra gli elementi di una categoria
- Si ricavano conoscenze ulteriori a partire dall'uguaglianza di certi caratteri
- Si prendono in esame intere classi di problemi e si cercano metodi atti alla soluzione, non di
ciascuno di essi separatamente, ma dell'intera classe.
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Questi aspetti, nel loro insieme, costituiscono la base per l'enorme sviluppo della
matematica in Grecia. I greci scoprono l'enorme fecondità di questo tipo di trattazione (in tutti
i campi del conoscere) e ne fanno un modello di conoscenza superiore da contrapporsi alle
attività tecnico-pratiche dell'uomo. La prima operazione che viene fatta è il chiarimento dei
due termini "episteme" (scienza) e "tecne" (tecnica), si passa quindi alla loro distinzione.
Un'altra parola presa in considerazione è "matema" (matematica) che, alle origini, significava
'tutto ciò che viene appreso dall'esperienza' e che man mano diventò un ulteriore elemento da
inserire a fondamento dell' "episteme" (matematica = scienza pura e modello di tutte le
conoscenze che aspirano a chiamarsi scientifiche).
- Osservazione di rilievo è che l'antitesi episteme - tecne rese grandi servigi allo sviluppo
autonomo di una matematica che non doveva più confrontarsi con problemi pratici. In una
società di schiavi ciò fu possibile.
In definitiva:
MATEMATICA = studio delle proprietà generali dei numeri e delle figure.
- Sorge a questo punto il problema della "dimostrazione" come procedimento razionale capace
di stabilire proprietà generali di numeri e figure al di sopra ed al di fuori dell'esperienza.
- Ma, all'inizio della matematica greca, in mancanza di una logica, che solo successivamente
sarà sviluppata, il termine dimostrazione era un termine assai confuso. solo con Euclide (3º
secolo a.C.) inizia a consolidarsi il significato di dimostrazione.
- Questa storia potrebbe cominciare ovunque. Ed un giorno inizierà da un'altra parte, in altro
luogo, in altro tempo.
TALETE (VI secolo a. C.)
- Nasce a Mileto (città della Ionia sulle coste dell'Asia Minore).
- Ebbe contatti con egizi e caldei.
- Dagli egizi apprese ed importò in Grecia alcune nozioni fondamentali di geometria. Altre ne
ricavò.
Teoremi: "Il cerchio è dimezzato da un suo diametro qualsiasi". "Primo criterio di
uguaglianza tra triangoli" "Gli angoli alla base di un triangolo isoscele sono uguali" "Gli
angoli opposti al vertice sono uguali" "Secondo criterio di uguaglianza dei triangoli"
Problemi: "Determinazione della distanza di una nave dalla costa" "Determinazione
dell'altezza di un obelisco od una piramide dalla misura delle loro ombre (proporzionalità tra
ombra di obelisco/piramide con ombra uomo rapportata ad altezza incognita di obelisco/
piramide ed altezza nota uomo).
- Il Teorema di Talete non sembra esser suo. Sembra che egli avesse risultati di matematici
babilonesi: "la parallela al lato di un triangolo divide gli altri due in parti proporzionali".
PITAGORA (571 - 497 a.C.)
- Nasce a Samo, isola greca del Mar Egeo.
- Viaggia in Oriente.
- All'età di circa 40 anni abbandona la Grecia per sottrarsi alla Tirannia di Policrate.
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- Si trasferisce in Magna Grecia, a Crotone in Calabria.
- Fonda una comunità che operava come una specie di setta alla quale venivano ammesse
anche le donne. La setta era dedita alla contemplazione, alla ginnastica e ad un insieme di
attività non disgiungibili: musica, aritmetica, geometria, astronomia. Era legata al partito
aristocratico ed aveva un gran peso nelle vicende della città. Il simbolo di riconoscimento di
appartenenza alla setta era il 'pentagramma' una stella a cinque punte inscritta in un cerchio.
- Verso la fine del secolo, una sommossa democratica cacciò i pitagorici dalla città.
- Pitagora trovò rifugio a Metaponto, una città nel Golfo di Taranto, dove insegnò per qualche
anno fino alla sua morte.
- Per i pitagorici i numeri sono il principio di tutte le cose. Per 'numeri' si intendono solo i
'numeri interi' intesi come collezioni di unità tutte uguali tra loro. Probabilmente queste unità
erano pensate come punti forniti di realtà, di dimensioni e circondati da uno spazio vuoto (sono
delle "monadi"). Mettendo insieme più punti-unità si raggiungeva, per i pitagorici, la sintesi
tra numero e figura. Da qui il carattere simultaneamente aritmetico e geometrico della scienza
pitagorica.
- Partendo dal principio che tutti gli esseri sono composti di punti-unità segue che le leggi di
formazione dei numeri costituiscono, in ultima analisi, le leggi di formazione del mondo che ci
circonda. Nelle proprietà dei numeri vanno poi ricercate le ragioni del mondo fisico e
spirituale.
- Questa visione, germe della teoria atomica di Leucippo e Democrito, prevedeva che le linee
fossero catene di punti [··········], in numero enorme ma finito, mentre le superfici fossero un
insieme di linee [:::::::::].
- Conseguenza di ciò è che tutte le grandezze risultano tra loro commensurabili. Se si dispone,
ad esempio di due segmenti si può sempre trovare un loro sottomultiplo comune che poi è il
punto di cui entrambi sono costituiti. Se il primo segmento contiene m punti ed il secondo n, il
rapporto m/n è un numero razionale, una coppia ordinata cioè di numeri naturali esprimenti
rispettivamente quante volte quel sottomultiplo comune è contenuto nel primo e nel secondo
segmento.
- Ma fu proprio la scoperta del Teorema di Pitagora che mostrò qualcosa di 'scandaloso':
l'esistenza di grandezze incommensurabili (ad esempio il lato e la diagonale di un quadrato
stanno tra loro secondo un numero che non è razionale nel senso prima detto: non si può
trovare nessun sottomultiplo comune alle due grandezze).
- I fondamenti dell'intera scuola crollano e sarà Ippaso, secondo la leggenda, a far conoscere
l'eresia che doveva essere mantenuta segreta.
- Inizierà una revisione dei fondamenti della geometria a partire dai paradossi di Zenone per
arrivare alla definizione euclidea di punto, "ciò che non ha parti".
- È necessario sottolineare, a questo punto, che i pitagorici non possedevano ancora il concetto
di numero irrazionale. Chiarimenti in tal senso verranno con Teodoro di Cirene (circa 400 a.
C.) e quindi con Eudosso (circa 350 a.C.). Dovrebbero essere di quest'ultimo i risultati che
Euclide inserisce nel Libro V degli "Elementi", sistemandoli e sviluppandoli a partire dalla
definizione di numero irrazionale proprio come rapporto di due grandezze incommensurabili.
Per il formalismo occorrerà attendere Descartes. Il postulato di continuità andrà affermandosi
a partire dai lavori di Weierstrass, Bolzano, Dedekind, Cantor fino a Russel.
- Varie scuole si ispirarono a Pitagora. Tra le più celebri: - quella di Filolao (seconda metà del
V secolo, prima in Magna Grecia e poi a Tebe; - quella di Archita (inizio del IV secolo) a
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Taranto che esercitò grande influenza su Platone.
- Pitagora non lasciò scritti. I frammenti a lui attribuiti sono in realtà o di epoca di Filolao o
posteriore. Alcuni storici sostengono che Pitagora fu il vero iniziatore del movimento
scientifico greco. Altri lo considerano solo il fondatore di una setta religiosa che solo dopo la
sua morte iniziò ad occuparsi di scienza e filosofia.
GLI INCOMMENSURABILI
Che tipo di ragionamento dovevano aver fatto, all'epoca, i pitagorici per rendersi conto
che esistevano grandezze incommensurabili in relazione al teorema di Pitagora ? Si tratta di
una dimostrazione riportata da Aristotele ("Analytica Priora, I, 29) e da Euclide ("Elementi",
libro X). Sia l il lato del quadrato e d la sua diagonale. Facciamo in modo di considerare d ed l
come primi tra loro (si noti che questa è un'operazione che viene fatta a priori!). Applicando il
teorema di Pitagora si ha: (1) che il quadrato costruito su d è 2 volte il quadrato costruito su l .
Ora d deve essere un numero pari poiché è divisibile per 2. Il numero l, primo con d, deve
conseguentemente risultare dispari. Osserviamo ora che se d è pari si dovrà avere d = 2 c e
cioè: (2) che il quadrato costruito su d è 4 volte il quadrato costruito su c. Confrontando la (1) e
la (2) si deduce che il quadrato costruito su l è 2 volte il quadrato costruito su c; da dove si
conclude che l deve essere pari. Quindi l deve essere contemporaneamente pari e dispari. Segue
allora il teorema: "Fissato il numero intero d spettante alla diagonale, non esiste alcun intero
che esprima il lato del quadrato e cioè i due segmenti sono incommensurabili".
SCOPERTE FONDAMENTALI DI PITAGORA (secondo Proclo - V secolo a.C.)
Quanto qui assegnato a Pitagora è probabilmente una sorta di conoscenze che, furono
sistematizzate a partire da Pitagora. La loro derivazione è in gran parte da Talete, dai caldei e
dagli egiziani.
- Nuova dimostrazione della somma degli angoli interni di un triangolo mediante la parallela
tracciata da un vertice al lato opposto.
- Terzo criterio di similitudine tra triangoli.
- Ad angoli uguali sono opposti lati in proporzione.
- Dimostrazione del teorema omonimo.
- Studio dei quattro poliedri regolari e scoperta del quinto, il dodecaedro (che viene dato con
origine celtica o indiana o etrusca).
- Scoperta della sezione aurea e della costruzione del pentagono e del decagono regolari
inscritti in una circonferenza.
- Conoscenza delle medie 'aritmetica', 'geometrica' ed 'armonica'. Molte conoscenze sulla
teoria delle proporzioni.
- Problemi di 'applicazione delle aree' che portano alla risoluzione geometrica delle equazioni
di 2º grado.
- Scoperta dell'incommensurabilità tra lato e diagonale del quadrato a cui seguirà come
conseguenza quella delle quantità irrazionali (alogon).
TEOREMA DI PITAGORA
Pitagora prese le mosse dal triangolo particolare di lati 3, 4 e 5 noto già agli egiziani :
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3 = Osiride
4 = Iside
5 = Orus,
congiuntamente a tutta una serie di altre proprietà (in India i triangoli conosciuti erano quelli
di lati 15, 36, 39 e 5, 12, 13). Nella terna pitagorica si osservano coincidenze di "interesse": il
quadrato dell'ipotenusa è pari al numero delle 'lettere' dell'alfabeto egizio ed al numero di
anni di vita del bue Api. Era, per altri versi nota l'uguaglianza: 3 (elevato alla seconda) + 4
(elevato alla seconda) = 5 (elevato alla seconda), considerata come simbolo di perfezione. Si
sottolineava che l'area di tale triangolo è 6, numero che segue il 5. Si osservava che il cubo
dell'area risulta pari alla somma dei cubi dei lati: 6 (elevato alla terza) = 3 (elevato alla terza) +
4 (elevato alla terza) + 5 (elevato alla terza). Da queste considerazioni 'esoteriche' partì
Pitagora per la sua dimostrazione più generale. Prima di Pitagora: un triangolo è rettangolo
ogni volta che i lati stanno tra loro in quella certa proporzione. Da Pitagora: in ogni triangolo
rettangolo (sono infiniti) i lati si comportano in modo che la somma dei quadrati costruiti sui
cateti è uguale al quadrato costruito sull'ipotenusa.
LA MISTICA DEI NUMERI
Già abbiamo visto che ad alcune proprietà dei numeri venivano assegnate virtù speciali.
Questo aspetto era in realtà dominante in tutte le scuole di matematica dell'antichità. Vediamo
qualche proprietà assegnata a tali numeri.
- I numeri interi possono essere o pari o dispari.
- Il numero 1 (l'unità) che genera sia i numeri pari che i dispari non è né pari né dispari ma
parimpari. L'uno rappresenta l'intelletto, semplice, immobile in se stesso.
- Il numero 2 è il primo numero pari. Rappresenta l'opinione, sempre oscillante.
- Il numero 3 è il primo numero dispari. È il primo numero perfetto: ha principio, mezzo e
fine. Non gli manca nulla.
- Il numero 4 è con il 9 simbolo della giustizia (ancora oggi si parla di persona quadrata).
- Il numero 5 rappresenta il matrimonio poiché si ottiene come somma del 2 (primo numero
pari) con il 3 (primo numero dispari).
- Il numero 7 rappresenta l'opportunità e la saggezza.
- Il numero 10 è particolarmente venerato. Esso si ottiene dalla somma di 1, 2, 3, 4, quindi
contiene l'unità, il primo numero pari, il primo numero dispari, il primo quadrato. Inoltre,
poiché è la somma dei primi quattro numeri, simboleggia l'insieme dei quattro elementi primi
(terra, acqua, aria, fuoco) che formavano la potente tetraktis, su cui si giurava. La Bibbia è
intrisa di numerologia (i 7 giorni della creazione, Dio uno in tre, sette volte sette, dieci
comandamenti, ...). Dieci è anche il numero delle antitesi che sono alla base del mondo: paridispari; limitato-illimitato; uno-molti; destra-sinistra; luce-tenebre; maschio-femmina; buonocattivo; Il numero 10 era poi rappresentabile mediante un triangolo equilatero (un punto nella
prima linea, due punti nella seconda, tre punti nella terza e quattro punti nella quarta). Infine
il 10 aveva anche importanti relazioni con il mondo dei suoni.
- I numeri hanno poi altre importanti proprietà figurative di interesse possono essere
triangolari come il 10 ora visto; possono essere quadrati come il 4 (rappresentabile come un
quadrato che ha due punti per ogni lato ed il 9 (rappresentato come un quadrato che ha tre
punti per ogni lato). - Possono essere oblunghi come il 6 (rappresentato da due file di tre punti
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ciascuna). - Possono essere cubici come il 27 (si tratta di una figura cubica che ha tre punti per
ogni spigolo a cui occorre aggiungere un punto nel centro di ogni faccia).
- Possono essere conici.
- ....
- Vi sono poi i numeri perfetti, ciascuno dei quali è somma dei propri divisori (esempi: 28 = 1+2
+4+7+14; 6 = 1+2+3).
- Vi sono i numeri amici, ciascuno dei quali è somma dei divisori dell'altro (esempio: il 220 ed il
284; il primo ha per divisori 1,2,4,5,10.11,20,22,44,55,110 e la somma di questi numeri fa 284; il
secondo ha per divisori 1,2,4,71,142 e la somma di questi numeri fa 220).
- Vi sono i numeri primi (o rettilinei), divisibili per l'unità e per se stessi (ad esempio il 7: · · · · ·
· ·).
- Vi sono i numeri composti (o rettangolari), ...
- I numeri dispari sono anche detti gnomoni, aventi cioè la forma di una squadra (come il 3, il
5, il 7, ... rappresentati da punti disposti su due linee perpendicolari tra loro e formanti un
angolo retto). - Da questa ultima proprietà si ricava anche la regola che ogni numero dispari è
la differenza tra due quadrati. Consideriamo ad esempio un quadrato formato da quattro linee
di quattro punti ciascuna. Lo gnomone esterno 7 è dato dalla differenza del quadrato di lato 4
con il quadrato di lato 3.
- I numeri triangolari permettono di ricavare la nota formula che fornisce la somma dei primi
n numeri naturali. Consideriamo ad esempio un triangolo formato da cinque linee: nella prima
un punto, nella seconda due punti, nella terza tre punti, nella quarta quattro punti e nella
quinta cinque punti. Tenendo a mente un tale triangolo si ricava subito che se l'ultima riga è n
+ 1 e la penultima n, si ha: 1+2+3+ ... + n = 1/2 [n(n+1)].
- Il numero è abbondante se la somma dei suoi divisori è più grande del numero dato (esempio:
il 12 che ha per divisori 1,2,3,4,6 che danno 1+2+3+4+6>12).
- Il numero è deficiente se la somma dei suoi divisori è più piccola del numero dato (esempio: il
14 che ha per divisori 1,2,7 che danno 1+2+7<14).
- I quadrati si ottengono sommando i numeri dispari a partire dall'unità: 1 = 1 al quadrato; 1
+3 = 2 al quadrato; 1+3+5 = 3 al quadrato; 1+3+5+7 = 4 al quadrato; ....
- I quattro elementi (terra, acqua, aria, fuoco) cui abbiamo accennato, oltreché ai numeri,
erano associati ai poliedri regolari: lo stabile cubo alla terra; il pungente tetraedro al fuoco; il
rotolante icosaedro all'acqua; l'ottaedro all'aria. Il dodecaedro rappresentava invece l'intero
universo.
LA MUSICA
I pitagorici svilupparono anche molte ricerche sperimentali in campo musicale. Con
corde tese di uguale lunghezza e con un cuneo che le fissava in un dato punto situato tra le
estremità, si conseguirono risultati che gettarono le basi della musica. Furono scoperti i tre
accordi fondamentali di ottava, di quinta e di quarta e, di seguito, tutti gli altri.I rapporti, tra
le lunghezze delle parti di corda a destra ed a sinistra del cuneo, trovati nei tre casi erano
rispettivamente: 1:2 ; 2:3 ; 3:4, cioè i numeri della tetraktis. Allorché si studiarono altri
intervalli musicali si scoprirono altre relazioni che toccavano questioni correlate con le medie,
molto care ai pitagorici. Se si fanno vibrare tre corde con lunghezze proporzionali ai numeri
1 ; 4/5 ; 2/3 non solo si ha l'accordo perfetto maggiore (do, mi, sol) ma si riconosce subito che
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quei tre numeri (riducibili agli interi15; 12; 10) formano una successione nota in aritmetica e
detta da Filolao terna armonica poiché il termine centrale è medio armonico tra gli altri due:
media armonica b = 2ac/(a+c). Sorprendentemente la stessa media armonica appare nel cubo,
dato che questo solido ha sei facce, 8 angoloidi, e 12 spigoli e "8 è medio armonico tra 6 e 12".
Analogamente le lunghezze delle corde dell'accordo perfetto minore risultano essere 4; 5; e 6;
formano cioè una progressione aritmetica con il 5 medio aritmetico tra gli altri due numeri:
media aritmetica b = (a+c)/2.
SCUOLA PITAGORICA
In definitiva, per la scuola pitagorica, che avrà suoi influssi fino agli inizi dell'era
cristiana, oggetto ultimo della scienza fisica è quello di riprodurre la natura per mezzo di un
sistema di entità matematiche e delle loro relazioni. Qualunque cosa l'uomo possa conoscere
circa la natura può venire espresso con il suddetto sistema di entità e relazioni matematiche. Il
cosmos (in greco: decoro, ornamento) è una struttura ordinata e per questo, come la musica è
"armonico" (l'armonia dell'universo è "sentita" dall'occhio della mente). Si noti che il cosmos
greco diventa il mundus (ornamenti femminili) latino. Naturalmente, quanto detto prevede una
stretta connessione tra "natura (fisica) e matematica. Tutto è affidato all'intuizione ed alla
creazione speculativa: nessuno spazio è concesso alla scienza empirica.
SCUOLA ELEATICA
Il rappresentante principale di tale scuola è Parmenide (515 - 440 a.C.). Secondo il
pensiero eleatico tutti i mutamenti che osserviamo nel mondo sono pure illusioni prive di
realtà, dovute all'inganno dei nostri sensi. Ciò che non muta, non si genera, non si corrompe
`deve essere intesa come un uno ed indivisibile. Ciò rappresenta una qualche anticipazione dei
tentativi della scienza fisica di rintracciare conservazioni là dove tutto sembra cambiare.
Anche le teorie corpuscolari dei greci ricercavano l'immutabile in un mondo che sembrava
mutare.
ZENONE DI ELEA (490 - 430 a.C.)
Le elaborazioni di Zenone nascono per sostenere le idee del maestro Parmenide. Si
inizia con una domanda: cos'è il punto? Già sappiamo che i pitagorici lo avevano inteso con
dimensioni, la monade. Zenone costruisce una serie di paradossi per smontare una tale
concezione.
1) Paradosso del segmento
Un segmento può essere pensato costituito da infiniti punti senza dimensioni, ma infiniti oggetti
senza dimensioni forniscono una entità nulla: non vi è segmento. Un segmento può essere
pensato costituito da infiniti punti con dimensioni, ma infiniti oggetti con dimensioni
forniscono una entità infinita: non vi è segmento. Il segmento è una entità che non esiste. Altro
modo di esprimere il paradosso è il seguente. Supponiamo che un oggetto debba spostarsi da
un estremo A ad uno B di un segmento.
Prima di aver percorso tutto il tragitto, l'oggetto dovrà percorrerne la metà (AC); prima di
questa, la metà della metà (AD); prima di questa la metà della metà della metà (AE); e così via
all'infinito. Ci si avvicina sempre a B senza raggiungerlo mai.
2) La freccia immobile
Una freccia scagliata da un arco occupa in ogni istante (indivisibile) uno spazio uguale alla
propria lunghezza e dunque è ferma in quel luogo; perciò la freccia è ferma in ogni istante, e
dunque è sempre immobile.
3) Achille e la tartaruga
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Il 'piè veloce' Achille compete in una gara di corsa con una tartaruga. Siccome sa quanto egli
valga più di ella, le concede un vantaggio (qualunque). Quando Achille A sarà arrivato dove si
trovava inizialmente la tartaruga T, la tartaruga sarà arrivata in T'; quando Achille sarà
arrivato in T', la tartaruga sarà arrivata in T''; .... Conclusione: Achille non raggiungerà mai
la tartaruga.
4) Lo stadio ("la metà del tempo è uguale al suo doppio")
Considerando in uno stadio un punto mobile che va ad una certa velocità, se lo si considera
rispetto ad un punto fermo andrà, ad esempio, a 10 km/h; se lo si considera invece rispetto ad
un altro punto mobile che vada alla sua stessa velocità ma in verso opposto, quello stesso punto
mobile si muoverà a 20 km/h (problema del riferimento e relatività del moto).
CONCLUSIONE : Se è assurdo negare il moto e la molteplicità, è altrettanto assurdo
affermarli.
CONSIDERAZIONI
Paradosso 1 - Di che punti si parla ? [servirà l'opera di Democrito per chiarire questo aspetto].
Paradosso 2 - Il moto non si verifica in nessun istante. Esso è una corrispondenza biunivoca fra
istanti temporali e punti dello spazio. Se a qualunque istante di tempo corrisponde sempre lo
stesso luogo si dice che un oggetto è immobile. Ma se ad ogni istante di tempo corrisponde una
diversa posizione nello spazio si dice che l'oggetto è in moto. Dire che la freccia è ferma "ad
ogni istante" non significa dire che essa è ferma "sempre". Si può parlare di velocità solo
quando si considerino almeno due istanti del tempo ed i corrispondenti luoghi dello spazio. La
velocità istantanea è un concetto limite, non finito.
Paradosso 3 - Il segmento AB contiene infiniti punti ma ciò non significa affatto che B si trovi
all'infinito. Le cose starebbero così se il punto avesse una dimensione. È questa una polemica
contro il punto esteso dei pitagorici. Aristotele a sua volta sosterrà: "se l'uno è indivisibile in
sé...sarebbe nulla". È inoltre vero che i tratti da percorrere si fanno sempre più piccoli, ma
anche i tempi! Lo spazio tende a zero (numeratore); il tempo tende a zero (denominatore) di
modo che si ha un rapporto 0/0 "privo di significato".
Paradosso 4 - La velocità è legata al tempo: basta farsi un conticino e si scopre che questo
paradosso oggi semplicemente non esiste.
ALTRE CONSIDERAZIONI
I paradossi nascono dalle difficoltà che pongono gli infinitesimi e gli infiniti (problemi
che cominceranno a risolversi dalla fine del 1600 con Newton e Leibniz). Altro elemento che fa
nascere i paradossi sul moto è, come accennato, il non considerare il tempo. Ulteriore elemento
che genera i paradossi è la definizione di punto e vedremo la soluzione che ne darà Democrito.
Il paradosso dello stadio è l'ammissione della relatività classica (su cui lavoreranno Bruno,
Galileo, Newton). Tali paradossi possono nascere solo quando la "ragione" (pregiudizio) si
vuole anteporre all'"esperienza". Si tratta dei limiti del procedimento deduttivo che fa
riferimento alla sola ragione rispetto all'induttivo che tiene conto anche dell'esperienza.
PIÙ IN GENERALE
Il problema posto da Zenone è in realtà il problema della composizione del continuo. Dicendo
le cose con un linguaggio moderno e riferendoci ad un segmento, si può osservare quanto
segue. Se pensiamo un segmento come divisibile in un numero crescente, arbitrariamente
grande ma mai infinito di parti (infinito potenziale), allora tali parti saranno piccole quanto si
vuole, ma sempre dotate di misura (infinitesimi potenziali). Se invece risolviamo il segmento in
una infinità attuale di parti, queste dovranno essere prive di dimensioni, dovranno essere cioè
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punti matematici (infinitesimi attuali) e non segmentini. Gli infinitesimi che saranno introdotti
da Newton e da Leibniz presenteranno una contraddizione: essi non sono punti senza
dimensioni, sono quantità estremamente piccole, non misurabili ed insieme non nulle. Ma che
significato ha il rapporto tra due infinitesimi ? Il problema sarà risolto da Euler che inizia con
il definire il concetto di funzione; da D'Alembert che introduce il concetto di limite ("la
differenziazione consiste nel trovare i limiti del rapporto delle differenze finite di due
variabili"); da Cauchy che trasforma l'infinitesimo da quantità fissa ma evanescente in
variabile ed in questa variabile che tende a zero.
LE TEORIE CORPUSCOLARI
EMPEDOCLE (492 - 432 a.C.)
È il fondatore della teoria dei 4 elementi: terra solida; acqua liquida; aria gassosa;
fuoco ardente e consumatore. Gli elementi non si trovano in forma pura ma sono mescolati tra
loro. Sembra che la combinazione fosse tra particelle impercettibili e che la combinazione ed il
moto di queste particelle elementari (sotto l'azione della forza amore e della forza odio) fossero
responsabili di ogni mutamento osservato. Queste particelle si mantengono reali ed immutate
attraverso tutti i processi. A tali corpuscoli non viene però ancora assegnata alcuna
caratteristica particolare.
ANASSAGORA (499 - 428 a.C.)
La teoria corpuscolare di questo autore postula una varietà infinita di elementi
qualitativamente diversi, divisi in corpuscoli i quali sono a loro volta divisibili all'infinito.
LEUCIPPO (V secolo a.C.) e DEMOCRITO (460 - 360 a.C.)
Democrito è allievo di Leucippo che a sua volta era stato allievo di Parmenide e Zenone.
Non è possibile una chiara distinzione tra i contributi dei due pensatori. Il mondo risulta
costituito da atomi in continuo movimento nel vuoto. Gli atomi sono indivisibili, estesi,
immutabili, impenetrabili. Essi differiscono tra loro solo per la forma e le dimensioni mentre
sono qualitativamente uguali.
- L'atomo non è tale per la sua piccolezza ma per la sua indivisibilità (si può pensare ad atomi
"grandi come un mondo").
- Gli atomi sono eternamente in moto.
- Gli atomi, privi di peso, sono dotati di un moto verticale con i più grandi che marciano più
velocemente; quando i grandi raggiungono i piccoli si generano vortici che a loro volta
generano mondi (eterno moto rettilineo nel vuoto come intuizione dell'inerzia). Epicuro (342 280 a.C.) e Lucrezio (99 - 55 a.C.) elaborarono successivamente le teorie di Leucippo e
Democrito. Secondo questi gli atomi, dotati di peso, si muovono su traiettorie leggermente
oblique (teoria del clinamen) e tutti con la stessa velocità: La deviazione dal clinamen di uno di
questi atomi è la causa generatrice prima di vortici e poi di mondi.
- Il moto è eterno poiché, senza di esso, non vi sarebbe né generazione né corruzione. Vi sono
infiniti mondi che nascono e muoiono (la cosa sarà ripresa da Cusano e Bruno).
- I movimenti degli atomi sono responsabili di tutti i mutamenti sostanziali o qualitativi che
osserviamo nei corpi fisici.
- Le (infinite) differenze di forma, di dimensione, di posizione, di distribuzione e di condizione
di movimento degli atomi sono responsabili di tutte le differenze qualitative tra le varie
sostanze.
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- La diversa gravità specifica tra le varie sostanze era dovuta al maggiore o minore vuoto
esistente tra gli atomi che le costituivano.
- I cambiamenti di stato avvenivano per il maggiore o minore vuoto che, in particolari
condizioni, andava a frapporsi fra gli atomi.
- Gli atomi non possono acquistare alcuna qualità sensibile (freddo, caldo, secco, umido,
sapore, colore, ...) che è dovuta non ai singoli atomi ma ad aggregati di essi e che, soprattutto,
ha carattere soggettivo.
- L'aria è composta da particelle minute (la cosa sarà ripresa da Gassendi e Bernouilli).
- Il suono crea un moto ondulatorio delle particelle d'aria.
- La pressione è dovuta alla presenza di molti corpuscoli d'aria in uno spazio ristretto.
- I venti sono originati da differenze di pressione.
- La Via Lattea è formata dalla luce di tante stelle.
- Le sostanze dolci sono quelle formate da atomi sferici che al loro passaggio solleticano la
lingua. Le sostanze amare sono costituite da atomi a molte punte.
- Il calore dipende dalla maggiore o minore velocità degli atomi (la cosa sarà ripresa da Galileo
e poi da Rumford).
- Le forze tra gli atomi si esercitano solo quando vengono a contatto.
- Chiedere il perché degli atomi e del loro moto incessante è come chiedere qual è l'inizio
dell'infinito.
- [Si deve osservare che questo atomismo si lega a prime osservazioni empiriche].
- Vengono avanzate le prime idee evoluzionistiche.
- Vengono iniziati dei lavori di medicina ai quali si ispirò Ippocrate.
- Vengono iniziati dei lavori di matematica dai quali prese le mosse Archimede.
- Il mondo non necessita di alcun principio ordinatore e di nessun fine: è una chiara
affermazione di ateismo (dice Plinio: "Parve a Democrito che gli dei fossero due in tutto: la
Pena ed il Beneficio").
- "La religione nasce dall'ignoranza".
- "Non si dà principio (cioè causa) dell'eterno e dell'infinito".
- "Patria di uno spirito eletto è tutto il mondo".
- "Chi usa contraddire e chiacchierare molto è inetto ad imparare".
- "La povertà in regime democratico è da anteporsi alla cosiddetta prosperità elargita dai
despoti".
- "Il saggio non deve prestare ossequio alle leggi, ma vivere liberamente 'poiché' ciò che
sembra giusto non è sempre tale".
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L'insieme delle cose dette qualificano bene le idee di Leucippo e Democrito e le inseriscono
in un filone che sarà quello meccanicistico-materialistico. Per tutte queste e molte altre cose
Democrito fu letteralmente odiato da Platone il quale ebbe a dire che le sue opere dovevano
essere bruciate. E ciò avvenne puntualmente nel periodo imperiale (ciò che noi oggi sappiamo
di Democrito è dovuto a faticose ricostruzioni dai suoi critici).
UNA NOTA SU EPICURO (342 - 280 a. C.)
- Epicuro ammise alla sua Scuola (il Giardino di Atene) sia schiavi che donne (tra cui
cortigiane).
- "Vana è la parola di un filosofo che non allevia qualche sofferenza umana".
- Una vera conoscenza della natura delle cose è il miglior rimedio per i mali dell'umanità.
- Atomismo per fornire spiegazioni naturali contro la superstizione (dei, pene dell'anima nell'al
di là, viscere, volo degli uccelli, stelle, sogni, ...).
- I senatori romani nel 173 d.C. espulsero gli epicurei perché avevano introdotto i "piaceri" (?)
in questa città.
- I "piaceri" di cui Epicuro era portatore, erano frutto della calunnia che accompagna sempre
i liberi pensatori.
- "Ancora oggi quando pensiamo all'educazione del popolo dobbiamo pensare di elevarlo
all'epicureismo nel campo della filosofia naturale" (Martha, 1860).
PLATONE (427 - 347 a.C.)
Le cose che noi percepiamo sono solo copie imperfette di forme ideali che in un mondo
soprasensibile, al di là dello spazio e del tempo, conducono un'esistenza indipendente che può
essere avvicinata soltanto dal pensiero puro. È quindi del tutto evidente il primato che viene
assegnato alla speculazione teorica rispetto all'indagine empirica. La scienza assume il primato
rispetto alla tecnica. Il lavoro manuale viene disprezzato Lo facevano gli schiavi, poi teorizzati
da Aristotele). La matematica illustra alla perfezione la concezione platonica. Quando il
matematico traccia delle linee e costruisce figure, quelle linee e quelle figure gli servono da
sostegno materiale ma in realtà egli si riferisce a linee ed a figure 'perfette' e non disegnabili. I
risultati della matematica sono risultati che discendono da quella figura ideale mediante
l'applicazione del puro ragionamento. La scienza trarrà un maggior utile dal ragionamento e
dalla costruzione matematica applicati direttamente alle forme, che non dall'esame empirico
per mezzo dei sensi. Anche qui, come nella matematica, l'empirismo può aiutarci come ci
aiutava quella linea 'sgraziata' che ci doveva rappresentare una retta. Per la scoperta della
verità occorre, ad un certo punto, abbandonare l'empirismo. Ed alla fine, scoperta con la
matematica una data 'verità', non dobbiamo preoccuparci di fare alcuna verifica. L'uomo deve
emanciparsi passando dalla percezione sensibile alla comprensione razionale. È utile osservare
che tale affermazione è ancora oggi del tutto condivisibile solo che, all'epoca, essa ritardò lo
sviluppo della scienza poiché si poce di più l'accento sulla 'comprensione razionale' senza dare
una qualche enfasi ad una adeguata 'conoscenza sensibile'. Si sopravvalutò il pensiero e si
sottovalutò l'elemento empirico senza una sufficiente conoscenza di quest'ultimo. Platone
accoglie in pieno il principio pitagorico del primato dei numeri naturali e dei loro rapporti
oltre a quello della geometria (secondo Farrington, per Platone l'aritmetica è democratica
mentre la geometria è oligarchica). Le sue idee in campo 'scientifico' sono raccolte nel Timeo.
In astronomia egli riteneva che gli astronomi dovessero scoprire, nella confusa irregolarità dei
moti planetari, il sistema matematico ideale dei moti circolari uniformi.Il fatto che tra gli
elementi della terra e del fuoco, dovessero essere introdotti altri due elementi, l'aria e l'acqua,
trova giustificazione nel fatto che tra due numeri cubici a3 e b3 (cubici perché il mondo è
tridimensionale) si possono trovare due medi proporzionali tali da formare con i due termini
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originali una progressione geometrica: a3, a2b, ab2, b3 . La numerologia della scala musicale
fornisce poi materiali per concepire due grandi moti circolari nell'universo: il primo, che
produce la rotazione diurna della sfera delle stelle fisse attorno al proprio asse; il secondo, che
produce il moto proprio dei pianeti diretti in verso opposto lungo l'eclittica o parallelamente
ad essa. La materia primordiale viene identificata con lo spazio geometrico. Le più piccole
particelle degli elementi sono costituite da quattro dei cinque poliedri regolari (il quinto dei
quali - il dodecaedro - era stato appena scoperto ed identificato da Platone, con i dodici segni
dello Zodiaco). Questi corpuscoli sono strutture composite divisibili, i cui elementi costitutivi
invariabili sono di due tipi:
1 - il triangolo rettangolo isoscele;
2 - il triangolo rettangolo con angoli di 30, 60 e 90 gradi (scaleno).
Quelli che seguono sono gli 'atomi' di Platone:
- una particella di terra ha forma di cubo che a sua volta si ottiene dall'unione di 24 triangoli (4
per ogni faccia del tipo 1, ottenuti dividendo le 6 facce quadrate con le due diagonali).
- una particella di fuoco ha forma di tetraedro che a sua volta si ottiene dall'unione di 24
triangoli (6 per ogni faccia del tipo 2, ottenuti dividendo le 4 facce, a forma di triangolo
equilatero, con le tre altezze).
- una particella d'aria ha forma di ottaedro che a sua volta si ottiene dall'unione di 48 triangoli
(6 per ogni faccia del tipo 2, ottenuti dividendo le 8 facce, a forma di triangolo equilatero, con
le tre altezze).
- una particella d'acqua ha forma di icosaedro che a sua volta si ottiene dall'unione di 120
triangoli (6 per ogni faccia del tipo 2, ottenuti dividendo le 20 facce, a forma di triangolo
equilatero, con le tre altezze).
I corpuscoli elementari possono spezzarsi nei vari triangoli e questi a loro volta possono
riunirsi a formare poliedri. Dati i differenti tipi di triangoli, dalla terra si può ottenere soltanto
terra, mentre una particella d'aria può trasformarsi in due di fuoco (24x2=48), una particella
d'acqua può trasformarsi in due particelle d'aria e due di fuoco e viceversa (120=2x48+24).
Mentre per gli atomisti il mondo nasce casualmente dal caos, per Platone vi è l'opera di un
saggio Demiurgo. Inoltre Platone, contrariamente agli atomisti, nega l'esistenza del vuoto. Egli
ammette il movimento nel tutto pieno a patto che sia istantaneo e ciclico (la cosa sarà ripresa
dal concetto di vortice in Descartes). Le idee più importanti e feconde per gli sviluppi futuri
sono:
- l'universo ha una struttura matematica;
- l'astronomia e la fisica sono concepite come strutture teorico - matematiche.
ARISTOTELE (384 - 322 a.C.)
La fisica di Aristotele tenta di spiegarci come è costituito il mondo e perché esso è
costituito così e non in altro modo. Il suo atteggiamento conoscitivo nei riguardi della natura è
essenzialmente contemplativo e descrittivo: si esclude ogni intervento attivo sulla realtà per
portare alla luce le sue intime leggi. Poiché la quantità è del tutto irrilevante per l'essenza, il
tenerne conto non ci porta in alcun modo alla conoscenza dei principi dell'essere e delle cose:
non c'è quindi alcuna ragione di effettuare delle misure (e di usare quindi procedimenti
matematici), si tratta invece di classificare le sostanze ed i movimenti cui esse sono soggette.
L'oggetto della filosofia in generale e della scienza in particolare è formato dalle cose che
percepiamo con i sensi. La conoscenza proviene da percezioni sensibili anche se l'intelletto ha
lo scopo di elaborare tali percezioni. L'atteggiamento di fronte ai fenomeni naturali è
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essenzialmente empirico.
ALCUNI ASPETTI DELLA FISICA E DELLA COSMOLOGIA DI ARISTOTELE
La cosa più interessante da notare è che il complesso del pensiero aristotelico si
presenta in modo unitario, risultando impossibile modificarne una parte senza danneggiare
completamente l'intero edificio. Vediamone gli aspetti salienti.
- Il mondo è organizzato secondo due idee principali:
· la teoria dei quattro elementi, · la teoria dei luoghi naturali.
- I quattro elementi sono organizzati secondo i gradi di una intrinseca nobiltà: la terra, la più
vile, sta più in basso; su di essa vi è l'acqua, quindi l'aria e, da ultimo, il fuoco, l'elemento più
nobile. A questi elementi occorre aggiungerne un altro che è perfetto, eterno ed incorruttibile,
la quintessenza, l'etere che si trova al di sopra di tutti gli altri.
- L'universo è organizzato in tante sfere concentriche che si succedono secondo i vari gradi di
nobiltà che sono propri dei quattro elementi e dell'etere: la Terra (sulla quale vi è l'acqua) sta
immobile al centro; sopra la terra vi è aria e quindi il fuoco. Sono semplici osservazioni
naturali che portano a questa fisica: un pugno di terra affonda nell'acqua, delle bolle d'aria
salgono da sotto l'acqua, il fuoco acceso nell'aria sale attraverso quest'ultima. Tutto ciò è
chiuso dentro una prima sfera di cristallo, la sfera della Luna. Gli serviva una sfera materiale
ad Aristotele per sostenere i 'pianeti' che risultavano incastonati in essa e la sfera doveva essere
cristallina poiché dalla Terra non la vediamo. Dalla prima sfera in poi i pianeti, le sfere che li
sostengono, gli astri e l'intero spazio fino all'ottava sfera (quella delle stelle fisse), sono
costituiti di etere. Sotto il cielo della Luna le cose nascono e muoiono. Sopra questo cielo tutto è
perfetto, eterno, immutabile ed incorruttibile.
- Il moto è trasmesso dall'ultima sfera a quelle più interne. Quando si arriva alla sfera eterea
che contiene incastonata la Luna, il suo moto trascina per attrito l'aria ed il fuoco sottostanti,
ciò provoca il turbinio ed il rimescolamento dei quattro elementi fenomeno che è alla base del
cambiamento e quindi della generazione e corruzione del mondo 'terreno' o sublunare. Si noti
che senza quell'attrito i quattro elementi sarebbero separati: al centro vi sarebbe una sfera di
terra, circondata prima da una buccia d'acqua, quindi da una buccia d'aria ed infine da una
buccia di fuoco. In particolari condizioni, il fuoco che sale si concentra in un dato luogo e da
quel medesimo attrito viene messo in rapida rotazione, originando il fenomeno delle comete.
Queste ultime infatti non possono essere ammesse come corpi provenienti da uno spazio
esterno che semplicemente non esiste. Inoltre corpi in moto "trasversale" nello spazio,
sfonderebbero quelle sfere cristalline (come fece osservare S. Tommaso che, proprio per questo
motivo, mise in discussione l'ascesa del corpo di Gesù al Cielo, cielo che comunque non esisteva
in Aristotele). Si può vedere uno schema semplificato del sistema aristotelico - tolomaico in fig.
1 che, come tutte le altre figure cui si farà riferimento, sono alla fine del testo.
- Un oggetto è in moto se occupa successivamente luoghi diversi.
- Il moto può essere:
· sostanziale (di generazione e corruzione);
· qualitativo (modificazione delle qualità);
· quantitativo (accrescimento e diminuzione);
· moto locale che, a sua volta, si suddivide in:
· moto violento;
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· moto naturale che, a sua volta, si suddivide in:
· verso l'alto e verso il basso;
· circolare.
- I corpi che si muovono dall'alto in basso o viceversa sono dotati di peso o leggerezza,
proprietà che non spettano ai corpi che si muovono di moto circolare .
- I gravi cadono a diverse velocità a seconda della loro "massa" e a seconda della densità del
mezzo in cui cadono (velocità di caduta proporzionale al peso).
- Ogni corpo tende ad andare al suo luogo naturale ed i moti che realizzano questo sono moti
naturali (con la teoria dei luoghi naturali viene spiegata anche la morte dei viventi): così la
terra si muoverà per andare a ricongiungersi con la terra, l'acqua scorrerà per andare verso
l'acqua, l'aria salirà in bollicine dall'acqua, …
- Sono moti violenti quelli provocati artificialmente.
- Perché un moto sia possibile è necessario che qualcosa, un motore, lo sostenga: un sasso è
mantenuto in moto dall'aria che, chiudendosi dietro di esso, lo sospinge. Il moto è uniforme se
su di esso il motore agisce in modo costante (il moto è uniforme se su di esso agisce una "forza"
costante).
- Non può esistere alcun vuoto perché non esisterebbe alcun moto. Inoltre, in caso di esistenza
di vuoto, perché un corpo dovrebbe fermarsi qui piuttosto che lì? I corpi o resterebbero in
quiete o si muoverebbero all'infinito (questa è l'enunciazione in negativo del principio d'inerzia
che sarà di Galileo).
- L'infinito non può muoversi e poiché la sfera delle stelle è in moto, si deve concludere che il
mondo è finito.
- Il limite del mondo è la superfice interna della sfera delle stelle: l'ultima sfera è in moto anche
se occupa sempre lo stesso luogo.
- Conseguenza della teoria dei luoghi naturali è l'unicità del mondo (tutta la terra con la terra,
tutta l'acqua con l'acqua, …).
- La Terra è immobile poiché un corpo scagliato in alto ricade perpendicolarmente nello stesso
punto da cui è stato lanciato.
- La sfericità della Terra viene dedotta dalle ombre circolari disegnate sulla Luna durante le
eclissi.
- Il mondo è perfetto perché ha "tre" dimensioni (3 è il numero pitagorico perfetto) e, poiché è
perfetto è anche finito, infatti non gli manca nulla.
ANCORA SUI QUATTRO ELEMENTI (di Empedocle)
I quattro elementi devono essere dotati di quelle che Aristotele chiama qualità primarie.
Devono essere:
- sensibili al tatto;
- essere suscettibili di causare cambiamenti qualitativi;
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- devono formare coppie di opposti:
caldo-freddo;
secco-umido;
pesante -leggero;
denso-raro;
ruvido-liscio;
duro-soffice;
resistente-fragile.
Gli elementi non sono immutabili. Ciascuno di essi può essere trasformato in un
qualsiasi altro attraverso il mutamento di una qualità (o ambedue) fondamentale nel suo
opposto. La TERRA è freddo-secco; il FUOCO è caldo-secco; l'ARIA è umido-caldo;
l'ACQUA è freddo-umido. Le trasformazioni più facili sono tra elementi che hanno una
qualità in comune e, viste le qualità di ciascun elemento,la trasformazione di acqua in aria (o
viceversa) è altrettanto facile che quella da aria a fuoco (eccetera). Risulta difficile la
trasformazione da aria in terra (o viceversa). Oltre alle trasformazioni dette si possono avere
anche unioni tra elementi che si scambiano le loro qualità in modo da produrne altri due. Ad
esempio: acqua (freddo - umido) + fuoco (caldo - secco) può originare terra (freddo - secco) +
aria (caldo - umido) e per capire a cosa si riferisce Aristotele, basta pensare ad un fuoco che si
spegne con dell'acqua.
I quattro elementi non esistono mai allo stato puro:
- la terra domina negli oggetti pesanti;
- l'aria domina negli oggetti leggeri;
- i metalli devono essere composti anche da acqua per poter spiegare la fusione;
- il fumo è costituito da fuoco e da terra;
- gli oggetti che galleggiano hanno una percentuale d'aria maggiore di quella di terra.
ANCORA SULLA COSMOLOGIA (sviluppo del sistema di Eudosso e Callippo)
- L'insieme completo delle sfere del sistema aristotelico è di 55 + 1. Tutte queste sfere sono state
introdotte per rendere conto dei vari moti e delle loro apparenti irregolarità.
- Ciascun pianeta è dotato di un sistema di sfere.
- L'asse della sfera che porta il pianeta è fissato all'interno di un'altra sfera rotante, il cui asse è
attaccato ad una terza sfera e così via. Postulando un numero sufficiente di sfere, disponendo
gli assi ad angoli appropriati e variando le velocità di rotazione si riesce a rappresentare con
buona approssimazione il moto dei pianeti, del Sole e delle stelle.
- Altre sfere erano introdotte tra pianeta e pianeta, affinché il moto dell'uno non si
trasmettesse all'altro (sfere compensatrici: qualcosa di analogo farà Maxwell quando
introdurrà le ruote inattive).
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- Dopo Aristotele il sistema del mondo fu sistemato, perfezionato ed arricchito prima da
Ipparco (II secolo a.C.) quindi da Tolomeo (II sec. d.C.) e da altri astronomi. Furono aggiunte
ancora sfere: il "motore primo" fu separato dalla sfera delle stelle fisse; fu poi introdotta la
sfera dell'"empireo" (intorno al 1200) dimora dei santi.
- Alcune difficoltà:
· si deve supporre costante la distanza di ogni corpo celeste dalla Terra;
· non si spiega la variazione della luminosità apparente dei pianeti;
· non si spiega la variazione del diametro apparente della Luna;
· non si spiega perché le eclissi di Sole a volte sono parziali ed a volte totali.
QUALCHE CONCLUSIONE
Nonostante quanto detto, per Aristotele, i movimenti terrestri dipendono da quelli
celesti. Le incessanti rivoluzioni del cielo provocano i moti rettilinei egualmente incessanti degli
elementi terrestri, moti questi ultimi che sono alla base di ogni generazione, mutamento e
corruzione. È vero che non tutti questi processi hanno luogo nella stessa direzione: generazionecorruzione; aumento-diminuzione; rafforzamento-indebolimento; ... E, dal momento che effetti
contrari debbono avere cause contrarie, non è possibile che la rivoluzione dell'ottava sfera
(quella delle stelle fisse) sia la sola a produrre e a mantenere i moti terrestri; si rende
necessario un secondo principio, e questo consiste nei moti del Sole, della Luna e dei pianeti
(che sono diretti in moto contrario a quello della rotazione diurna dei cieli) lungo la linea dello
Zodiaco: La rotazione diurna è la causa della perpetuità dei processi sublunari; mentre il
passaggio lungo lo Zodiaco è la causa della loro diversità. Così tutto ciò che accade sulla Terra
è controllato dalle sfere celesti. Inizia in questo modo quella cosa che va sotto il nome di
Oroscopo.
Vediamo alcune espressioni del linguaggio comune che discendono direttamente da
Aristotele: Il Sole sorge; il Sole tramonta; la furia degli elementi; ho sfidato gli elementi; sfera
d'influenza; il fuoco purifica (oggetti di terra che diventano di fuoco è il principio dei roghi
dell'Inquisizione); ...
Osservo a parte che, secondo alcuni storici, l'insieme delle filosofie sviluppate in Grecia,
tutte basate sulla concezione dell'immutabilità e dell'immobilità dell'Idea e della Forma,
fornivano l'immagine di un mondo statico e non in divenire (cioè in moto). Non a caso la
Grecia fu patria della Statica ma non vi fu alcuno sviluppo della Dinamica.
LO STOICISMO (300 a.C. - 200 d.C.)
La concezione stoica della natura è basata sull'idea materialistica che soltanto i corpi
materiali possono esercitare o subire azioni e solo a contatto diretto. L'intero universo è un
cosmo ordinato, governato da un principio di razionalità e di legge. Lo stoicismo è fertile
terreno per l'astrologia ed esso ne la sosterrà in modo convinto. Secondo gli stoici l'uomo può
conoscere il suo futuro. Nell'universo platonico fu tolto quel pezzo che lo qualificava: il
contributo della matematica.
IL NEOPLATONISMO (PLOTINO 204 - 270 d.C.)
Plotino si considera un seguace di Platone riuscendo a sostenere che non vi sono
differenze sostanziali tra Platone ed Aristotele. Egli tenta quindi di unificare i due sistemi in un
sistema unico. Ne nasce qualcosa di diverso che fornisce il punto di partenza per tutta quella
serie di filoni di pensiero che, non avendo più la minima connessione con la realtà sensibile,
tesero a ritardare lo sviluppo delle scienze della natura. Vi è una sostanziale indifferenza per i
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fatti che la natura ci offre oltre al disprezzo per il loro studio empirico. Si postula una antitesi
tra materia e spirito, con il conseguente rifiuto della prima. Viene anche teorizzato l'ascetismo.
Si è affascinati per l'occulto e si ha una tendenza crescente ad affidarsi alla magia ed alle sue
pratiche. Si studia la demonologia con la pratica di sortilegi e l'invocazione di demoni.
CLAUDIO TOLOMEO (138 - 180 d.C.)
Tolomeo sviluppa il sistema cosmologico di Apollonio ed Ipparco. Gli influssi sono
platonici ma l'impianto è aristotelico.
Da Platone: "è fine indispensabile del matematico mostrare che tutti i fenomeni celesti
sono il prodotto di moti regolari e circolari".
Da Aristotele: "la fisica".
Scrisse un'opera in 13 volumi, l'Almagesto (Mathematike Syntaxis) che vuol dire "il più
grande".
- Nella sua teoria planetaria si servì di procedimenti geometrici che subordinavano i problemi
delle orbite reali dei pianeti ed i principi accettati dalla fisica aristotelica alla precisione del
calcolo.
- Si servì di due meccanismi diversi. Il primo, quello dell'ECCENTRICO MOBILE, supponeva
che i pianeti si muovessero in cerchio intorno ad un punto, non coincidente con il centro della
Terra, ma collocato sulla linea che unisce il centro di questa al Sole. Questo punto eccentrico si
muoveva in cerchio intorno alla Terra. Il secondo, quello dell'EPICICLO e del DEFERENTE,
supponeva che un pianeta si muovesse in un cerchio diverso il cui centro era stazionario
rispetto alla Terra, senza essere necessariamente posto sulla Terra stessa. Il cerchio interno era
il deferente e quello esterno, che portava il pianeta, l'epiciclo. Non c'era limite al numero dei
cerchi che si potevano postulare. Si ammetteva poi che la 'velocità lineare' del centro
dell'epiciclo lungo il deferente può non essere uniforme (ci si discosta da Platone che
ammetteva solo moti circolari uniformi). Per salvare l'ortodossia (o "le apparenze") suppose
però che la 'velocità angolare' fosse uniforme rispetto ad un punto, l'EQUANTE, posto
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all'interno del deferente, anche se non necessariamente nel suo centro. Per spiegare poi la
precessione degli equinozi (dovuta, come oggi sappiamo, al movimento a doppio cono dell'asse
terrestre) suppose che, al di fuori della sfera stellata (che era l'ottava del suo sistema come in
quello di Aristotele) vi fosse una nona sfera che ruotava in verso opposto all'ottava. Quando il
motore primo fu separato dalla sfera delle stelle fisse, diventò la decima sfera, esterna alla
nona. Si tratta di un modello matematico che non ha nessuna pretesa di essere "vero" (si
osservi che nella fisica contemporanea si opera allo stesso modo).
- Argomenti portati da Tolomeo contro la rotazione della Terra intorno al proprio asse
(neanche si prendeva in considerazione la rotazione della Terra intorno al Sole, in totale
disaccordo con la fisica aristotelica):
1) se la Terra ruotasse sul proprio asse verso oriente, una pietra lanciata in alto verticalmente
dovrebbe ricadere ad occidente del punto di partenza;
2) dovremmo sempre vedere nuvole ed uccelli andarsene a grande velocità verso occidente;
3) la Terra dovrebbe scagliare via da sé tutti gli oggetti non legati saldamente ad essa.
C'è da osservare che mentre il De Coelo di Aristotele descriveva l'intero universo in
termini relativamente semplici, l'Almagesto di Tolomeo si occupava di calcolare le posizioni dei
pianeti in modo che risultava molto complesso. Sebbene le due opere fossero state tradotte
verso la fine del secolo XII, la logica, la filosofia e la cosmologia di Aristotele vennero
assimilate molto più rapidamente dell'elaborata astronomia tolomaica. Quando l'Occidente
cristiano dovette scegliere tra i due sistemi, esitò. Iniziarono dispute tra i filosofi che
difendevano il sistema "fisico" di Aristotele e quelli che difendevano il sistema "matematico"
di Tolomeo. L'atteggiamento assunto era di questo tipo: "...non è compito dell'astronomo
stabilire cosa sia immobile per natura e di che genere siano le cose mosse ... l'astronomo deve
considerare quali ipotesi sono in accordo con i fenomeni osservati nei cieli. Dal fisico egli deve
accettare il principio che i moti che i moti delle stelle sono semplici, uniformi e regolari, che le
rivoluzioni dei corpi celesti sono circolari ..." (Simplicio, VI secolo d.C.).
Per quanto sarà detto a proposito di Galileo, un cenno lo merita Sant'Agostino (354 430). Secondo il nostro, occorre saper interpretare le Scritture che furono redatte per adattarsi
alle opinioni diffuse sul mondo fisico. Comunque, se c'è contrasto tra scienza e fede è la fede
che ha ragione. Il creato viene lodato nella sua essenza naturale e spirituale. Sono lodate anche
le tecniche che mostrano le superiori qualità dell'anima.
TECNICA ED ARTIGIANATO NELL'EUROPA MEDIOEVALE E RINASCIMENTALE
La caduta dell'Impero romano e la generale decadenza dell'Occidente non
permettevano più l'esistenza di una società schiavista (lo schiavismo si può mantenere solo da
una certa dimensione del sistema, al di sotto di questo diventa antieconomico). Lo schiavismo
restava ma piuttosto come fenomeno limitato e non più come sistema. Il Cristianesimo, che
aveva predicato la liberazione dell'uomo, quando arrivò al potere accettò ed anche teorizzò lo
schiavismo a partire da uno dei Dottori della Chiesa, Sant'Agostino. La mancanza di "forza
motrice" relativamente economica spingeva alla riscoperta generalizzata del lavoro manuale
con il conseguente riconoscimento della sua dignità. Il primo che si fece portatore della difesa e
della pratica del lavoro manuale fu San Benedetto (480 - 547) con la sua regola "Ora et
Labora" in cui il pensiero assume la stessa dignità del lavoro.
È interessante seguire alcune fasi dell'introduzione di tecniche finalizzate allo sviluppo
prima dell'artigianato e quindi di quella che oggi conosciamo come scienza. Dalla caduta
dell'Impero Romano d'Occidente (476) i cosiddetti "barbari" (o germanici) avevano introdotto
una gran quantità di innovazioni tecniche che fornirono via via la base di un modo di vita
materialmente superiore a quello che si aveva nell'età classica: pantaloni al posto della toga,
burro al posto dell'olio di oliva, sci, barili, botti, coltivazione della segale, dell'avena e del
luppolo, staffa per cavalcare. Questo è il periodo in cui le città si vanno spopolando; la ricerca
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di cibo fa migrare la gente verso le campagne.
X secolo
La principale innovazione tecnologica che comporterà una grossa rivoluzione nella
quantità di cibo che si può produrre è l'introduzione dell'aratro pesante a ruote che sostituisce
quello romano leggero da spalla. Questo aratro con la sua lama
Nella figura a sinistra un tiro dell'aratro fatto da due uomini. Questo sistema si perfezionò con il tiro di
un solo uomo che aveva l'aratro attaccato al corpo tramite una cinghia trasversale sul busto. Nella
figura a destra il tiro è da buoi, mediante il giogo che li tiene allineati (vedi figura in basso). Si deve
notare che il tiro è efficiente solo se, in contemporanea, vi è una sufficiente pressione sull'aratro per
spingere la lama verso il basso.
scava più a fondo andando a rimuovere zolle vergini dove è più efficace il ciclo dell'azoto.
Questo aratro poneva però
problemi di 'tiro' che vennero risolti con l'introduzione del collare da spalla per la bardatura
dei cavalli (in sostituzione di quello da gola che strozzava l'animale sempre più quanto più
doveva fare sforzi). Come processi collegati vengono: la
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Con questa nuova bardatura, applicata all'aratro, è possibile tirare carri pesanti con ruote, la
pesantezza è quella che garantisce la profondità del solco. In figura si ha a anche a che fare con la
bardatura in fila.
bardatura in fila, la ferratura (che permette l'uso del cavallo in agricoltura) ed il giogo. Oltre
a ciò l'agricoltura si avvantaggia di sistemi di irrigazione. Vengono quindi costruiti canali,
ponti e mulini a marea (Venezia). Mentre si inizia ad usare la ruota ad
Una delle prime ruote alimentate dal flusso dell'acqua dal basso. Vennero poi introdotte le ruote ad
acqua alimentate dall'alto (figura in basso).
acqua per la macina del grano. La produzione agricola permette che si inizi un moderato
processo di migrazione dalle campagne verso le città.
XI secolo
Si perfezionano i mulini ad acqua mentre iniziano ad entrare in funzione i primi mulini
a vento. Lo sviluppo dei commerci accompagnò varie scoperte nel campo della navigazione: la
bussola, il timone di poppa, lo scandaglio di profondità,
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l'astrolabio. Gli archi diagonali ed a sesto acuto in architettura (fine del Romanico) iniziarono
a porre importanti problemi di
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Il romanico, intorno all'anno mille, inizia a trasformare gli archi a tutto sesto in archi ellittici e quindi
a sesto acuto.
Con successive evoluzioni si arriverà al gotico che, per sostenersi ...
statica. Si inizia a sviluppare una chimica pratica: coloranti, acido solforico, acido cloridrico,
acido nitrico (per separare l'argento dall'oro): Si realizza la produzione di alcol mediante
distillazione (l'alcol giocherà in seguito un suo piccolo ruolo
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contro alcune teorie aristoteliche : è umido e caldo anziché umido e freddo). Dal punto di vista
scientifico colpisce la completa ignoranza della matematica, anche per risolvere questioni
elementari. Il nome di Euclide è sconosciuto, non vi è traccia del teorema di Pitagora. La
geometria assume l'aspetto di un'arte per misurare che sa di empirico: tagliando e piegando
dei pezzi di carta e facendo dei circoli con dei compassi si cercano delle relazioni tra lunghezze
ed aree.
XII secolo
La scienza naturale non viene considerata come un qualcosa che si faccia giorno dopo
giorno. Essa è considerata come un qualcosa di già esistente o già esistito che si tratta, al
massimo, da riscoprire. Il livello di conoscenze matematiche era poi a talmente basso livello
che sarebbe stata impossibile la nascita e lo sviluppo di una fisica. Il problema è evidentemente
di una interazione che ancora non nasce tra scienza e tecnica e , soprattutto, dal fatto che c'è
un cattivo processo di trasmissione di conoscenze (l'acquisizione di un qualcosa da una parte
non la si può comunicare da un'altra dove occorre ripetere gli stessi processi per tornare a
trovare le stesse cose). Ma poi, in definitiva, il problema principale risiedeva nel fatto che, a
quanto sembra, nessuno sente il bisogno di una scienza della natura. Mancava un qualunque
approccio metodico, approccio che, dopo secoli di interruzione, occorreva reinventarsi
daccapo, ripassando per una gran mole di errori e strade sbagliate. Ad esempio, uno dei
portati platonici se da una parte indicava la matematica come frutto del solo pensiero (fatto
questo che è una sola e pia illusione), dall'altra quasi estendeva lo stesso metodo a tutte le
discipline, particolarmente alla fisica. Fu questa una idea, certamente sbagliata, che si fece
strada nel corso del secolo che però, almeno, iniziava ad indicare un possibile metodo. Si
cominciò così sulla base anche della logica aristotelica, a cercare una spiegazione di fatti
particolari a partire da principi generali. Questo concetto, di spiegazione razionale, ebbe
discreta fortuna soprattutto tra logici e filosofi il cui fine ultimo, comunque, non era quello di
conoscere la natura ma di capire e spiegare alcuni problemi di logica aristotelica. Sulla scia
quindi dei modelli platonici, neoplatonici e di Sant'Agostino, la matematica assurse a modello
di scienza razionale e si affermò il concetto che i sensi ci ingannano e che solo la ragione può
fornirci la verità.
XIII secolo
È questo il secolo in cui si possono iniziare ad apprezzare vari avanzamenti su tutti i
fronti. La tecnologia fornisce macchine e strumenti che sempre più permettono il passaggio
verso forme di produzione sempre più avanzata. La quantità (e la diversità) dei prodotti sui
mercati cresce. Le macchine che vengono utilizzate sono: il filatoio a ruota, la segheria a ruota
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idraulica, le fucine alimentate a mantici idraulici (con ciò si inizia a produrre ferro a buon
mercato insieme ad alcune sue leghe
come la ghisa). Vengono realizzati gli occhiali per presbiti (che allungano la vita 'produttiva'
delle persone) ed i primi orologi
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meccanici (a pesi ed a ruota). Si importano metodi di produzione della carta (che può essere
fabbricata in quantità utilizzando i grandi raccolti di lino). Si importa la polvere da sparo: Dal
punto di vista architettonico ancora la statica fa dei passi avanti attraverso lo sviluppo del
gotico (pilastri, archi rampanti, ...).
...ha bisogno di pilastri ed archi rampanti.
Le carte nautiche vanno sempre più perfezionandosi. L'agricoltura che fornisce la materia
prima per alimentarsi fa notevoli progressi attraverso la scoperta e la sistematica applicazione
della concimazione (stabbio da bestiame che comincia ad essere allevato a complemento
dell'agricoltura stessa. Altra importante innovazione fu quella della rotazione delle colture).
Dal punto di vista più eminentemente culturale questo secolo registra alcuni fatti di notevole
importanza: la fondazione e lo sviluppo delle Università, la riscoperta non episodica di
Aristotele, l'attività di insegnamento degli ordini mendicanti. Questi fatti sono in stretta
connessione con la nascita dei Comuni, con l'aumento della popolazione e con la maggiore
disponibilità di beni. Ultimo elemento di grande interesse è il netto progresso della matematica
che iniziò ad aprirsi in modo importante verso l'aritmetica e l'algebra (in questo risentendo
molto dell'influsso arabo). Due furono i matematici di rilievo di questo periodo: Leonardo
Fibonacci (che, fornendo metodi per la soluzione approssimata di equazioni fino al quarto
grado, ci mostra l'intuizione del continuo) il quale introdusse per la prima volta in Europa ed
in latino il sistema numerale posizionale arabo-indiano (con l'introduzione rivoluzionaria dello
zero); Giordano Nemorario che lavorò su svariate questioni di aritmetica, algebra e geometria,
occupandosi anche delle proprietà delle proiezioni stereografiche (di enorme utilità per il
disegno di carte geografiche). È utile qui osservare che, se da una parte dietro questi
matematici si intravede l'opera riscoperta di Euclide, Erone, gli arabi e, l'allora
completamente sconosciuto in Occidente, Diofanto, dall'altra c'è l'evidente originalità di
approcci totalmente differenti, a volte vicini a problemi che sorgevano dalla vita sociale.
È utile ora soffermarsi brevemente alle correnti filosofiche e scientifiche sul finire del
Medioevo.
CORRENTI FILOSOFICHE E SCIENTIFICHE SUL FINIRE DEL MEDIOEVO
Nonostante già si conoscessero alcune opere di Aristotele, l'intero corpo dei suoi lavori,
che rende ben conto della complessità, globalità e sistematicità del suo pensiero, viene
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conosciuto nel corso del XII secolo. È il primo sistema che abbraccia nel suo complesso tute le
branche del pensiero e della conoscenza. Il fascino che l'aristotelismo iniziò ad esercitare fu
enorme. Anche tra i cristiani (particolarmente quando gli 'scolastici' conobbero la Metafisica
di Aristotele) sorse un forte moto di ammirazione: il sistema aristotelico poteva rappresentare
il complemento filosofico, ciò che la Chiesa aveva sempre cercato, al Cristianesimo stesso, un
corpo di dottrine che avrebbe finalmente nobilitato culturalmente il Cristianesimo (che fino ad
allora oltre alla povera ed "incolta" Bibbia, si era affidato alle pie ma parziali visioni di
Platone e dei neoplatonici). Sfortunatamente in Aristotele, più che in Platone, mancava l'idea
di Dio. Questo fu il motivo per cui l'aristotelismo ebbe alterne vicende durante il 1200. Intanto
già nel 1169, il Concilio di Tours aveva vietato ai monaci di leggere i pericolosi testi di fisica.
Nel 1210, il Concilio provinciale di Parigi vieta l'insegnamento delle dottrine aristoteliche. E
non è che queste cose non avessero peso. Ormai le Università non erano più le libere Università
del loro nascere; vista la loro crescente importanza queste, con il beneplacito ed il sostegno
delle varie case regnanti, erano ormai passate tutte sotto il controllo diretto della Chiesa
(principalmente francescani e domenicani erano tra i gestori di queste istituzioni): I divieti di
insegnamento o le condanne avevano effetti immediati sulla diffusione, ai livelli culturali più
elevati, delle dottrine di Aristotele e degli aristotelici. Inoltre, proprio all'inizio del XIII secolo
cominciarono a diffondersi per l'Europa svariati movimenti religiosi giudicati eretici dalla
Chiesa. Tra questi i principali erano: i Catari (Albigesi, Manichei, Patarini, ...) ed i Valdesi.
Nel 1209 una 'crociata' contro gli Albigesi si era conclusa con orrendi massacri. Ma l'aspetto
più importante di ciò è che nel 1233 Gregorio IX fondò il Tribunale dell'Inquisizione che nel
1235 venne affidato come 'privilegio' ai domenicani e poi esteso ai francescani. Si iniziò subito
con la pratica della tortura che fu ufficialmente autorizzata e riconfermata da Innocenzo IV
(1252), Alessandro IV (1259), Clemente IV (1265). Ebbene, in questo clima, si susseguirono
altre condanne ad Aristotele: dapprima si espresse in proposito il Concilio lateranense del 1215
(con Innocenzo III), quindi la cosa fu riaffermata da Onorio III e da Gregorio IX (1231),
infine, qualche anno dopo, da Urbano IV. Ancora nel 1277 sia il vescovo di Parigi E. Tempier
che quello di Canterbury condannarono ben 219 proposizioni tratte dall'opera di Aristotele e
dagli aristotelici (essenzialmente Averroè). Il contrasto tra aristotelismo e Cristianesimo
(insignificanza del posto di Dio, eternità del mondo con conseguente negazione della Creazione,
inesistenza del libero arbitrio in un mondo dominato dal movimento delle sfere celesti, la non
immortalità dell'anima, il rigido determinismo, ...) fu appianato da S. Tommaso (che merita
una qualche attenzione per il ruolo che avrà in seguito).
SAN TOMMASO (1225 - 1274)
Discepolo di Alberto Magno (circa 1200 - 1280), completò la sua opera che consistette
principalmente nell'armonizzare Aristotele con il Cristianesimo (a quest'opera contribuì anche
Roberto di Lincoln o Grossatesta (1175-1273). È il culmine della tradizione aristotelica con
l'introduzione di qualcosa che è meno nobile della terra e sta quindi ad un livello più basso,
l'Inferno, e di qualcosa che è più nobile dell'etere e sta quindi ad un livello più alto, il Paradiso.
È Dio che comprende in sé tutto l'universo ed è Dio che trasmette il moto ad esso. In altri punti
dove vi era contrasto tra Aristotele e Chiesa, semplicemente si affermò che Aristotele aveva
sbagliato. Con questo artificio molte accuse di materialismo e
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meccanicismo che venivano mosse ad Aristotele, piano piano andarono cadendo. A partire dal
1278 la sua dottrina divenne quella ufficiale dell'ordine dei domenicani (i "cani da guardia"
dell'ortodossia). È interessante osservare una delle questioni che Tommaso pone nella sua
Summa Theologica (Parte III, Quaest. XXVII - LIX), il fatto cioè che sembra impossibile che il
corpo di Gesù sia asceso al cielo in quanto:1) non si intravedono fori nelle sfere celesti; 2)
perché i corpi che sono in stato di perfezione sono immobili e quindi non era appropriato al
corpo di Gesù il movimento; 3) perché al di là dell'ultima sfera non vi è spazio ed il corpo di
Gesù occupa spazio. L'astronomia verrà strettamente legata alla teologia (si veda l'intera
opera di Dante). Secondo Tommaso, poiché non é possibile che vi siano verità contraddittorie,
religione e fede debbono andare d'accordo. Egli incita quindi a studiare la scienza perché ciò
serve a consolidare la formazione religiosa ed a sradicare errori e superstizioni. La scienza a
cui si fa riferimento è una scienza fondamentalmente empirica perché il modo che noi abbiamo
di conoscere è fondamentalmente legato ai nostri sensi, all'esperienza che loro fanno durante la
nostra vita. Tommaso limiterà drasticamente la regola benedettina affermando che coloro che
sono sacerdoti debbono essere esonerati dal lavoro manuale. Nel 1567, in piena Controriforma,
Papa Pio V lo dichiarò Dottore della Chiesa affiancandolo ad Ambrogio, Agostino, Gerolamo e
Gregorio Magno. Da questo momento le dottrine tomistico-aristoteliche diventarono
ufficialmente leggi della Chiesa. Fu così che Aristotele iniziò ad essere considerato addirittura
un 'precursore di Cristo nelle cose naturali' e quindi ad essere considerato una indiscutibile
autorità nelle cose filosofiche, scientifiche e teologiche.
A partire dal 1879 un'ordinanza di Papa Leone XIII rese obbligatorio l'insegnamento
del suo sistema (quello "vero") in tutte le scuole cattoliche.
Nonostante le aperture di Tommaso verso la scienza, questa non decollava per svariati
motivi. In primo luogo egli e gli altri pensatori erano a livelli culturali lontanissimi da quelli
della gente; in secondo luogo l'insegnamento medioevale era centrato quasi esclusivamente
sullo studio dei classici che ispiravano timore e rispetto per la loro autorità; In terzo luogo
l'illimitata venerazione di cui godeva Aristotele non permetteva passi in avanti sostanziali;
infine, e questo è un aspetto molto importante, da una parte non si disponeva di una adeguata
conoscenza della matematica (si conquisterà solo nel Cinquecento) e dall'altro nessuno pensava
ad intersecare processi di misura con la conoscenza della natura (non è la quantità che ci
permette di conoscere l'essenza delle cose, aveva affermato Aristotele): In queste condizioni la
scienza non poteva essere altra cosa che una descrizione e classificazione qualitativa alla quale
l'unica dimostrazione necessaria era il ragionamento (che aiuta nella classificazione) e quindi il
sillogismo (si noti che per Aristotele anche una dimostrazione geometrica è una classificazione).
Inoltre la stessa organizzazione oligarchica dello stato può essere vista come giusta in quanto
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gerarchizzata e quindi costruita ad immagine della natura (ciò faceva molto piacere ad ogni
potente).
XIV secolo
Le cose vanno moltiplicandosi a valanga. Cresce la veleggiatura e conseguentemente la
stazza delle navi. Vengono sviluppati i filatoi con ruota a pedale. Si realizzano le prime chiuse
in opere idrauliche al fine di regolare l'afflusso di acqua alle varie macchine ormai funzionanti
ad energia idraulica e, soprattutto, per non dipendere dalle secche o dalle piene. Si
costruiscono delle segherie idrauliche. Si inventa la pialla e si perfeziona la polvere da sparo
(con l'aggiunta al salnitro di carbone e zolfo). Gli orologi hanno un grande sviluppo. Viene
inventato il mortaio. Ma la cosa che ha maggior interesse per l'Italia (poiché in pratica
finanzierà il Rinascimento ed il Barocco) è la fioritura di imprese finanziarie e mercantili che
comportarono la nascita delle banche e delle imprese di trasporto. Come sottoprodotti
nascevano: le cambiali, la partita doppia (Venezia), la statistica e le mediazioni. Nasce poi in
Italia, prima a Napoli poi a Modena, una fiorente industria dei liquori. La scienza per parte
sua marciava in gran parte all'interno di istituzioni dirette da ecclesiastici e si sviluppò
essenzialmente intorno a questioni filosofiche strettamente connesse a questioni teologiche (che
rapporto c'è tra la cosmologia cristiana dominata dalla rivelazione e la cosmologia della
scienza razionale dominata dalla cosmologia aristotelica?).
XV secolo
La cosa di gran lunga più importante fu la diffusione della stampa e del torchio. In
particolare l'invenzione della stampa a caratteri mobili (Gutenberg, 1450). La Bibbia, prima
opera stampata, si diffonde rapidamente ed aiuterà molto sulla strada della Riforma. È questo
il secolo dei progetti e dei congegni di Leonardo (che però non ebbero ulteriori implicazioni in
quanto fatti privati e mai pubblicizzati dallo scienziato). Si realizzarono i primi altiforni. Si
inventò il congegno biella-manovella per la trasformazione del moto rotatorio in alternativo e
viceversa. Si accoppiarono i mulini a vento alle pompe per il prosciugamento delle miniere. si
cominciò a pensare al 'brevetto' di ritrovati ritenuti di una qualche utilità (ed ecco che si
realizza la congiunzione vincente tra lavoro intellettuale, realizzazione pratica e guadagno). I
primi brevetti furono realizzati a Firenze ed a Venezia. Si costruirono le prime società per
azioni (Italia) ed ebbe un grande sviluppo la ragioneria. Per quel che più direttamente ci
riguarda occorre sottolineare che l'invenzione della stampa rese disponibili le principali opere
tradotte od originali fino ad allora prodotte. Ciò dimostra quindi che doveva esservi una
relativamente grande richiesta di tali opere. Si iniziò addirittura la pubblicazione di Opera
Omnia accompagnata da commenti e critiche.
XVI secolo
Solo qualche cenno poiché molte delle cose qui realizzate saranno riviste quando ci
occuperemo delle persone che vi lavorarono. Da un punto di vista tecnologico le più importanti
realizzazioni sono: termometro, igrometro, miscele frigorifere, orologi tascabili, matita,
macchine per tessuti a maglia, seminatrice automatica, processo moderno per la fabbricazione
degli specchi, prima distribuzione capillare dell'acqua in varie città mediante acquedotti (con i
conseguenti problemi connessi all'idraulica ed alla pressione, anche dell'aria). Nasce inoltre la
posta a corrieri (Italia), le prime industrie di merletti e di cioccolata (Italia). Si iniziano a
fabbricare calzemaglie (Spagna) e saponi profumati (Napoli, Bologna). Si riesce a mettere
mano alla Riforma del Calendario (1582) e nasce il primo istituto di ricerca (Napoli, 1560). Per
la prima volta si riesce ad intravedere una stretta dialettica tra prodotti tecnici ed elaborazione
scientifica. Per parte sua, con la Scuola di Bologna, la matematica si affranca dalla richiesta di
soluzioni pratiche affermandosi come matematica pura.
IRROMPE LA MATEMATICA
Tutti gli autori concordano nel ritenere che, a partire da un certo momento storico (tra
il Quattrocento ed il Cinquecento), i portati della tecnica nei campi della meccanica e
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dell'architettura civile e militare fecero riconoscere nella matematica uno strumento
indispensabile. Particolarmente in Italia, dove meccanica, architettura ed arte avevano uno
sviluppo clamoroso, si ponevano i problemi di misurazioni sempre più accurate di lunghezze,
angoli, aree. Occorreva calcolare i volumi, fare degli studi prospettici, di simmetria. Si passò
così dalle cose realizzate per mera intuizione alle cose progettate razionalmente con l'uso di
proporzioni, simmetrie ed armonie. Fu nel Quattrocento, in Italia, che si iniziò la
pubblicazione di svariate opere che facevano largo uso della matematica: opere di
Brunelleschi, di Leon Battista Alberti, di Piero della Francesca (che ci fornì la "divina
proporzione", la sezione aurea), di Giorgio Martini, di Luca Pacioli. Come si vede si tratta (a
parte Pacioli) di architetti ed artisti di varia natura che per la prima volta ci offrono opere che
nascono ampiamente studiate e progettate con l'ausilio della matematica. È chiaro che la
ricerca era delle migliori proporzioni, dell'armonia; è quindi evidente che sullo sfondo
campeggia l'immagine del platonismo, sia nella sua veste pitagorica che in quella eudossiana.
Elemento di grande importanza è che svariati autori iniziano a pubblicare trattati di
matematica scritti in modo divulgativo, molto chiaro, accessibile a molti. La matematica inizia
anche ad entrare come insegnamento impartito nelle Università, anche se non allo stesso rango
di logica e dialettica (si pensi che come "matematico" Galileo guadagnava dalle cinque alle
dieci volte meno dei suoi colleghi filosofi che insegnavano nella stessa Università). Gli studenti
cominciano a diventare curiosi ed esigenti. Prima ci si accontentava dell'esposizione degli
"Elementi" di Euclide, ora si volevano conoscere tutte le applicazioni pratiche della
matematica, si volevano apprendere cose che poi, appena terminati gli studi, sarebbero state di
immediata utilità. La domanda era così grande che addirittura sorse la professione di
matematico pratico (il primo manuale di matematica pratica è l'Aritmetica di Treviso del 1478
in cui compare la prima chiara spiegazione della moltiplicazione e della divisione!). E nel
frattempo venivano pubblicate, in traduzione latina, opere di classici greci fino ad allora
sconosciute. La prima edizione latina a stampa di Euclide vide la luce a Venezia nel 1482. Nella
prima metà del Cinquecento vennero pubblicate da F. Maurolico, monaco siciliano, traduzioni
latine di Archimede, Apollonio e Diofanto e da F. Commandino (intorno al 1560) traduzioni di
Euclide, Apollonio, Pappo, Erone, Archimede ed Aristarco. Pian piano i seguaci di Archimede
crebbero. Ed ecco Niccolò Tartaglia, Guidobaldo dal Monte, Giambattista Benedetti,
Giambattista Della Porta, Gerolamo Cardano. Sono tutti grandi
Niccolò Tartaglia
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Geronimo Cardano
matematici che porteranno l'algebra, la geometria e l'aritmetica a risultati del tutto
insospettabili solo qualche decennio prima ed anche nel periodo più fulgido dei matematici
greci. Si realizzò anche una svolta decisiva che vide l'algebra assumere il primato sulla
geometria, a seguito proprio dei suoi più recenti successi (Tartaglia ci terrà a sottolineare che
le sue elaborazioni non sono tratte né da Platone né da Plotino). Ed ecco ancora Bombelli,
insieme all'intera scuola dei matematici bolognesi, che riesce ad affrancare la matematica dal
suo uso pratico ed a farla marciare per sue linee di sviluppo totalmente indifferenti ad ogni
applicazione pratica.
ALCUNE CONSIDERAZIONI
Tutte queste innovazioni tecniche modificarono profondamente la vita civile in Europa
e comportarono la liberazione di molti uomini dal bruto lavoro fisico. Il cibo veniva prodotto
in eccedenza: ciò permise lo sviluppo delle città, delle arti, dei commerci, delle cattedrali, delle
Università (ma anche delle Crociate). Conseguenza più o meno diretta fu lo sviluppo della
scienza:
- la farmacologia e l'agricoltura portarono alla botanica;
- la medicina portò all'anatomia e alla fisiologia;
- la ricerca mineraria portò alla mineralogia ed alla geologia;
- la vetraria portò all'ottica;
- l'architettura permise la nascita di una nuova statica;
- l'artiglieria fornì importanti contributi alla cinematica ed alla dinamica.
Verso la fine del Medioevo la borghesia delle città acquista una potenza considerevole.
Essa ha sviluppato una notevole quantità di attività nell'ambito dei commerci, dell'artigianato
e della finanza. Ha messo in piedi una fittissima rete di attività commerciali e, soprattutto, ha
preso coscienza di sé. La lungimiranza di alcuni di questi artigiani permise il passaggio da un
modo di produzione meramente empirico ad un modo più perfezionato, in cui i processi di
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misura e di ripetitività di un dato oggetto fossero via via più perfezionati. Inizia così, in Italia,
un embrione di coscienza scientifica che nulla ha a che vedere con la tradizione classica. E lo
spirito scientifico via via diventa consapevole di sé e si emancipa dalla mera applicazione
tecnica. È ancora la borghesia nascente che aiuta questi processi. È il mondo ecclesiastico e
religioso (insieme a quello dei nobili, ugualmente parassitario) che rappresenta un
impedimento al pieno realizzarsi delle aspirazioni borghesi. Per questo agli ideali di nobiltà e
clero ed ai loro pensatori si inizia a contrapporre uno spirito laico e quindi altri pensatori.
Quali? Ma quelli che hanno rappresentato il massimo dello splendore del passato nel massimo
dello splendore delle città della Grecia classica. Come osserva Federico Enriques, l'abito
scientifico sorge nel comune italiano come era sorto nella città greca, dalla contemplazione
della natura, concepita come una grande opera d'arte. E questo è il motivo per cui è
inscindibile il momento della crescita della scienza da quello della produzione artistica
nell'Italia del Rinascimento e del Barocco. La natura: con numeri, proporzioni ed armonia. È
ciò che ritroviamo in tutti i grandi artisti dell'epoca che, insieme, furono matematici e
scienziati. Quindi progresso tecnico, nascita della borghesia, disponibilità economiche,
riconquista della natura e studio di essa. Da tutto ciò anche la città riceve grossi impulsi e
cresce non solo in bellezza ma anche come motore di progresso (si costruiscono delle tavole
comparative di pesi, di misure e di diverse monete, si tracciano piante e carte geografiche
sempre più attendibili perché sempre più affidate a strumenti perfezionati. Si ricordi che
questa è l'epoca dei grandi viaggi).
UNA AVVERTENZA
Questi frammenti sono evidentemente molto parziali e non raccolgono tutti i contributi
di vari autori e pensatori. Con la speranza di riuscire ad integrare successivamente, occorre
ricordare almeno alcuni nomi di pensatori che dettero loro contributi: il francescano di
Oxford, Guglielmo di Occam (1295 - 1349); il rettore dell'Università di Parigi, Buridano (1300
- 1378); il tedesco Alberto di Sassonia ( ? - 1390); il francese Oresme (1323 - 1382); il cardinale
italiano Nicola di Cusa (1401 - 1464) che studiò a Padova e quindi fu a Roma. Quindi i vari
filosofi italiani della natura come Bernardino Telesio (1509 - 1588); Francesco Patrizi (1529 1597); Tommaso Campanella (1568 - 1639) e, naturalmente Giordano Bruno (di cui parlo in un
articolo a parte).
PRINCIPALI CORRENTI DI PENSIERO DURANTE L'UMANESIMO ED IL
RINASCIMENTO
Abbiamo già visto due poderose correnti di pensiero che, con alterne vicende, andavano
facendosi strada durante il Quattrocento ed il Cinquecento: il platonismo e l'aristotelismo.
Abbiamo anche osservato che parlare di queste due correnti di pensiero non vuol dire
necessariamente riferirsi agli autori originali. Con i tempi totalmente cambiati anche le
strutture di pensiero cambiano radicalmente. C'è inoltre da osservare che la scoperta dei
lavori di Archimede si inseriva come un cuneo o, meglio, come un'oasi di libero pensiero nella
morsa Platone-Aristotele che, tra l'altro, implicava concezioni metafisiche che, a volte,
potevano essere a volte non condivisibili e che, sempre, andavano a sostegno del potere
costituito. Ebbene, manca qui una corrente di pensiero originale che va affermandosi in Italia
durante il Cinquecento. Si tratta della filosofia della natura i cui maggiori esponenti furono:
Giordano Bruno, Bernardino Telesio, Francesco Patrizi, Tommaso Campanella. Grande
rispetto e venerazione per tutti i classici e ripulsa, non tanto verso Aristotele quanto, verso il
dogmatismo degli aristotelici, e quanto verso il loro rappresentare la conservazione, lo status
quo, il mantenimento dei privilegi. Questi grandi maestri sono certamente dei simboli del
libero pensiero in un libero Stato. Rappresentano l'ideale traslato al Comune della Polis greca.
Rappresentano un ideale di emancipazione, di giustizia e di Stato moderno. I classici sono
sempre presenti, servono da stimolo ma, come sosterrà Marsilio Ficino (fondatore
dell'Accademia Platonica di Firenze ), quell'imitare è un creare, è un ritrovare alle fonti la
complessa natura. Ma ciò che in fondo colpiva era il fatto che lo Stato giusto è lo Stato
razionale, la possibilità di raggiungere il vivere in pace attraverso un ordine che sia in grado,
in sé, di superare tutte le divergenze. Eppure la nuova scienza e tutto ciò che le dà vero
alimento non trae la sua spinta principale dalla riscoperta di testi antichi o dalla reazione
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antiaristotelica. Per convincersi di ciò basti solo pensare che il rinnovamento della fisiologia
avviene proprio in ambienti aristotelici là dove si innesta la novità della sperimentazione.
Insomma, come ormai concordano quasi tutti gli autori, il Rinascimento è possibile più per la
miriade di artigiani, medici, architetti, costruttori, inventori che si sono succeduti negli ultimi
tre o quattro secoli che non dalla pur importante riscoperta dei classici. Certo che occorre fare
i conti con l'acido e assolutamente interessato giudizio sciovinista di Koyré che afferma:
"l'ideale di civiltà dell'epoca che giustamente si chiama Rinascimento delle lettere e delle arti,
non è in nessun modo un ideale di scienza, ma un ideale di retorica". Certo è che se ancora ci
riferiamo ai filosofi della natura c'è almeno un elemento che li separa da quella che nel secolo
successivo diventerà scienza, il fatto che anche il soggetto, l'individuo, ha una parte di rilievo
nella conoscenza del mondo esterno. In questo i filosofi della natura sono più vicini a Platone
ma non tutti sono platonici. Essi sono di più tesi verso il mondo dei presocratici, degli antichi
filosofi ionici (alla fine del secolo XV, comunque, il platonismo cominciò a crescere, ad
esempio, a Firenze dove si imponeva anche per motivi "nazionalisti", poiché in fondo
l'aristotelismo veniva importato da Oxford e da Parigi). Portano con loro delle forti
componenti ermetiche e legate al corpuscolarismo democriteo e l'influenza sempre crescente di
quest'ultimo ebbe il grande merito di separare sempre di più gli ambiti della scienza da quelli
della magia. Ma dicevamo della rinascita del platonismo sul finire del Quattrocento. Da un lato
l'aristotelismo si era arroccato in due zone specifiche di stretta conservazione e competenza: la
logica e la filosofia della natura: ciò propiziò una coesistenza col pensiero platonico che nel
frattempo si era arricchito di nuovi testi (i Dialoghi) e che rivendicava per sé quella della
metafisica e della teologia nelle mediazioni neoplatoniche. E, tanto per affermare di nuovo che
vi fu rottura rispetto al portato dell'antichità classica, è utile notare che la polemica fu portata
non da addetti alle suddette discipline ma da matematici, ottici, medici, architetti, ... In
definitiva due aspetti caratterizzavano la rivoluzione del Cinquecento e del Seicento: da una
parte il riconoscimento della necessità di 'sporcarsi le mani', di toccare la natura, magari
attraverso la tecnica, di misurare, di ripetere i procedimenti che non fanno più parte di un
gioco ma servono per sopravvivere, dall'altra parte, proprio questo approccio più metodico
richiedeva metodi quantitativi più precisi ed affidabili, insomma serviva una matematica.
Tutto questo rappresenta, visto con i nostri occhi, il bisogno di saldare le due principali
tradizioni, l'aristotelica e la platonica. La difficoltà nasceva però non già dai procedimenti
eventualmente scelti come approccio ai fatti naturali, ma nel fatto che dietro l'aristotelismo od
il platonismo non vi erano né Aristotele né Platone ma la metafisica, il dogma, le guerre di
religione, il mantenimento di privilegi e, in definitiva, il potere. Si capisce quindi che i rami
della scienza che ebbero gli sviluppi più clamorosi furono proprio quelli in cui i processi di
misura entrarono più massicciamente: Insomma i dati osservativi di Aristotele, di Platone o di
Galileo sono gli stessi. Cambia il modo di interpretare le stesse cose: Occorre ora andare oltre
la spiegazione ingenua, nasce l'uomo teorico. Da questo momento non è più il dato osservativo
in sé che gioca un ruolo importante ma è l'interpretazione non ingenua della realtà che fa
nascere e crescere il nuovo mondo. Mondo che è in marcia, che inizia ad affrancarsi dalla
statica per costruire una dinamica.
NICCOLÒ COPERNICO (1473 - 1543)
- Nasce da famiglia benestante a Torun, nella Prussia, ai confini con la Polonia.
- Nel 1483 muore suo padre. Egli fu adottato dallo zio materno, canonico nella cattedrale di
Fraunenburg nella regione di Ermland, in Prussia.
- Nel 1489, all'età di 16 anni, suo zio divenne vescovo di Ermland, una delle quattro diocesi
prussiane (incastonata nella terra dei Cavalieri Teutonici). Assumendo tale carica, lo zio di
Copernico diveniva anche governatore della regione.
- Studiò prima a Torun, quindi a Wloclawek, sulla Vistola. Alla fine del 1491 entrò
all'Università di Cracovia, una delle più importanti d'Europa sulla quale aveva grande
influenza l'umanesimo. Si iscrisse alla Facoltà delle Arti dove studiò in modo approfondito
l'astronomia aristotelico - tolomaica.
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- Lo zio, per avviarlo alla carriera ecclesiastica, nel 1496 lo invia a studiare Diritto Canonico
(Giurisprudenza) a Bologna.
- Nel 1500 si trasferisce a Roma dove resta un anno.
- Nel 1501, tornato in patria, viene nominato canonico di Frauenburg.
- Riesce immediatamente ad avere "licenza" di proseguire gli studi in Italia.
- Si iscrive a Medicina a Padova, ma si laurea a Ferrara nel 1503.
- Rimane alcuni mesi a Ferrara, quindi torna a Padova.
- All'inizio del 1506 ritorna ad Ermland dove lo zio riesce a farlo "comandare" come suo
medico personale ad Heilsberg.
- Collaborò con lo zio in affari di governo (occupandosi anche di zecca e di monetazione): si
trattava di mantenere la neutralità della regione di Ermland tra i Cavalieri Teutonici e la
Polonia.
- Proprio ad Heilsberg, nel 1912, scrisse il "Commentariolus" che è una specie di programma
delle sue idee. Questo lavoro rimase sotto forma di manoscritto distribuito a pochi amici. In
poco tempo gliene derivò grande fama.
- Nello stesso anno morì lo zio e Copernico si trasferisce a Frauenburg.
- Nel 1514, durante il papato di Leone X (quello della "Taxa Camarae", il tariffario scandaloso
della vendita delle indulgenze), viene invitato al Concilio Laterano per iniziare a discutere di
Riforma del Calendario, Riforma che poi sarà realizzata nel 1582 (utilizzando anche i calcoli
che compariranno nel "De Revolutionibus" di Copernico del 1543). Egli rifiuta però di andare
sostenendo di non disporre di osservazioni astronomiche sufficienti (e le cose stavano proprio
così: Copernico basò i suoi lavori su moltissime osservazioni astronomiche di altri; egli ne
realizzò solo 27). A questi anni, probabilmente, risale la prima stesura della sua opera
fondamentale, il "De Revolutionibus Orbium Coelestium" che sembra sia stata completata
intorno al 1530.
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- Tra il 1516 ed il 1519 si trasferisce ad Allenstein per prendersi cura dei beni della Chiesa.
Proprio nel 1519 scoppiò la guerra tra Cavalieri Teutonici e polacchi ed egli si ritirò dapprima
nella fortezza di Frauenburg e quindi, fino al 1525 quando terminò la guerra, ad Allenstein per
occuparsi della vita politico - amministrativa della diocesi di Ermland.
- Passiamo ad una data importante, il 1521, quando Lutero dette l'avvio alla sua Riforma
(fattore scatenante fu proprio la Taxa Camarae, che si può trovare nel sito, nella sezione
"Scienza e Fede").
- Arriviamo al 1538 quando fu eletto vescovo di Ermland un tal Dantyszek. Proprio in quel
periodo Copernico aveva assunto una giovane persona di servizio, Anna Schilling. Iniziarono
una serie di pettegolezzi che furono stroncati dal vescovo con il licenziamento di Anna. La cosa
amareggiò moltissimo il già anziano Copernico e questa amarezza lo accompagnerà fino alla
morte.
- Intanto le idee di Copernico che circolavano diffusamente avevano raccolto il favore di Papa
Clemente VII. Nel 1536 il cardinale Nicola von Schoenberg scrisse a Copernico invitandolo ad
esporle in modo più completo e dettagliato. Ma non tutti erano entusiasmi ed insieme alle
critiche favorevoli vi erano anche violente stroncature che già intravedevano in quanto
sostenuto da Copernico qualcosa che era in contrasto con quanto affermato dalla Bibbia. Già
nel 1539 lo stesso Lutero prese chiara posizione affermando che "questo mentecatto vuole
trasformare tutta l'arte dell'astronomia. E questo avviene oggi, chi vuole essere considerato
saggio deve inventarsi qualcosa, e ciò è il meglio che si possa fare. Ma non c'è dubbio, come
affermano le Sacre Scritture, che Giosuè comandò al Sole e non alla Terra di fermarsi" (e
giudizi analoghi furono anche di Calvino). E Copernico non osava pubblicare i suoi lavori in
una epoca delicatissima in cui era molto facile finire sul rogo.
- Furono il giovane astronomo protestante tirolese Retico (Retyk), insieme al vescovo
protestante Giese, amico di Copernico, a convincerlo a dare alle stampe la sua opera. Il lavoro
di stampa iniziò nel 1542 seguito da vicino da Retico (vi furono però delle difficoltà iniziali: un
protestante che si faceva portatore dell'opera di un cattolico!) il quale prima che l'opera
vedesse la luce, dovette abbandonare. Il seguimento della stampa passò ad un teologo
protestante molto erudito ed interessato all'opera di Copernico, Andreas Osiander. Questo
personaggio manipolò l'opera aggiungendovi una prefazione non firmata in modo che
sembrasse dello stesso Copernico (e sembra abbia anche manipolato il titolo che doveva essere
solo "De Revolutionibus" con particolare riferimento al moto della Terra, e non "De
Revolutionibus orbium coelestium" riferite al generico moto delle varie sfere celesti). In questa
prefazione praticamente si sosteneva che l'intera opera era basata su una "finzione", su una
ipotesi matematica utile per fare i conti. Naturalmente, in realtà le cose non stavano così, la
Terra era proprio ferma.
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- Nel 1543, mentre Copernico moriva, il libro vedeva la luce con l'orrenda manipolazione (il
manoscritto originale sarà ritrovato a Varsavia intorno al 1850 e la biblioteca di Copernico è
attualmente conservata nell'Università di Upsala).
- Per gli avvenimenti che riguarderanno altri autori, vale la pena ricordare che nel 1545 iniziò
il Concilio di Trento (che si concluderà nel 1563) che dette il via alla Controriforma.
IL "DE REVOLUTIONIBUS"
La tesi centrale dell'opera di Copernico, la Terra in moto circolare intorno al Sole
immobile, rappresentò una svolta radicale ma più per le conseguenze che altri ne trassero che
non per quello che lo stesso Copernico aveva detto. Egli, partendo da dati osservativi e per
rispondere al vecchio problema del moto della sfera delle stelle fisse (tale sfera era considerata
da Aristotele in moto pur occupando sempre lo stesso luogo), modificò le posizioni degli astri
nel sistema astronomico aristotelico-tolomaico, senza preoccuparsi di conciliare ciò con tutti gli
altri problemi che si aprivano con la nuova organizzazione planetaria (fig.2). I ragionamenti
portati a sostegno della tesi principale (Sole al centro dell'universo con la Terra in moto
intorno ad esso come qualsiasi altro pianeta) sono aristotelico-scolastici. Vediamone i
principali:
- "Poiché il cielo è la dimora di tutti ..., non si vede perché non si debba attribuire il moto più al
contenuto che al contenente".
- Essendo il Sole l'occhio di Dio è più logico che sia sistemato al centro dell'universo.
- Se la Terra a causa del suo moto dovesse andare distrutta, a maggior ragione si dovrebbe
distruggere la sfera delle stelle.
- La Terra non va distrutta a seguito del suo moto perché esso è naturale e non violento.
- La caduta non lungo la verticale che dovrebbero avere gli oggetti è spiegata con
l'affermazione che l'aria segue il moto della Terra "perché l'aria, impregnata di terra e di
acqua, vicina alla terra, segue le sue stesse leggi".
- "La condizione di immobilità è considerata [da Aristotele] più nobile e divina della
condizione di cambiamento ed instabilità, la quale quindi è più appropriata alla Terra che
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all'Universo".
- Ci vorrebbe un motore enorme per muovere la sfera delle stelle.
- La Terra deve ruotare di moto naturale perché è sferica.
Queste argomentazioni di Copernico creano moltissime difficoltà:
- Ha ragione Aristotele quando afferma che la Terra dovrebbe disintegrarsi a causa del suo
moto e non la sfera delle stelle. Infatti la Terra è soggetta a generazione e corruzione oltre a
possedere pesantezza, mentre la sfera delle stelle è eterea, eterna e per essa non esiste
pesantezza.
- Allo stesso modo, un motore avrebbe mosso più facilmente le parti eteree dell'universo che
non la Terra.
- Anche il Sole è sferico e perché dovrebbe essere immobile ?
- Il sistema infine, anche se nasceva dal proposito di rendere più semplici i calcoli, era
complesso almeno quanto l'aristotelico-tolomaico.
Nonostante il "conservatorismo" di Copernico, si aprivano grosse brecce nel sistema di
Aristotele che qualcuno avrebbe dovuto sistemare:
- Si mette in discussione l'esistenza di due tipi di mondi separati dal cielo della Luna (la Terra,
nel suo moto, "si infila" in mezzo ai due mondi).
- Si distrugge la teoria dei quattro elementi e quella del moto ad essa collegata tramite la teoria
dei luoghi naturali (perché ora un oggetto dovrebbe cadere sulla Terra?).
- Tutti i moti vengono considerati come naturali e la Terra che si muove di moto circolare
viene a perdere le caratteristiche di peso e leggerezza.
- Con l'ammissione di immobilità dell'ultima sfera (quella delle stelle fisse), in accordo con
Aristotele, si apre alla possibilità di un mondo "infinito". [sarà l'inglese Thomas Digges il
primo che, nel 1576, disegnerà un universo in cui le stelle non sono più sistemate su di un
cerchio che fa da corona all'intero sistema solare, ma sparse al di fuori dell'ultima sfera che è
quella dell'ultimo pianeta].
Per dirla con Kuhn: " Per Copernico la Terra in moto rappresenta un'anomalia in un
universo aristotelico".
Copernico inizialmente fu accettato grazie alla "prefazione" di A. Osiander. La cosa
era in accordo con quanto sostenuto da San Tommaso nella Summa Theologica, parte I,
Quaest. XXXII, art. 1. Secondo Tommaso vi è differenza tra un'ipotesi necessariamente vera
(la fisica) ed un'ipotesi che invece si adatta ai fatti (la matematica). Si possono costruire tutte le
ipotesi matematiche che si vogliono per spiegare i fatti astronomici purché non si cambi la
fisica.
TYCHO BRAHE (1546 - 1601)
Tycho nacque a Knudstrop, in Danimarca, nel 1546. È il giovane discendente di una
famiglia nobile e ricca, piuttosto disinteressata alla scienza ed alla cultura in genere. Il giovane
Tycho invece iniziò subito ad appassionarsi all'astronomia (fu l'eclisse di Sole del 1560 che lo
colpì profondamente) affascinato dall'idea che questa scienza permettesse di studiare e
prevedere i moti dei pianeti. A soli 13 anni, nonostante l'opposizione della famiglia (non era
ritenuto degno di un nobile lo
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studiare) e con l'unico appoggio di uno zio, entrò all'Università di Copenaghen per studiare
lettere. Ma l'eclisse gli fece cambiare idea ed egli passò subito allo studio dell'Astronomia e di
quanto gli poteva servire a sostegno della sua grande passione. Proseguì i suoi studi a Lipsia,
Wittenberg, Rostoch ed a Basilea. Nel 1563 fece la sua prima osservazione celeste importante:
la congiunzione Giove - Saturno. Fu allora che iniziò a rendersi conto della non esattezza delle
tavole astronomiche di cui si disponeva: rispetto alle "Tavole Prussiane" (elaborate da
Reinhold) del 1551 questa congiunzione doveva aver luogo con una differenza di svariati
giorni, differenza che diventava di un mese rispetto alle "Tavole Alfonsine" del XII secolo. Ed
in quegli anni altri studiosi si erano sempre più convinti che occorresse una seria revisione
delle tavole astronomiche. Molti procedettero con correzioni alle tavole esistenti. Tycho invece
si rese conto della necessità di reiniziare a costruire tavole con osservazioni completamente
nuove con tecniche e metodi di osservazione diversi e più accurati. Mentre per Copernico un
errore di 10 minuti era accettabile, per Tycho si inizia a ragionare in termini di frazioni di
minuto e per far ciò non bastano le buone intenzioni ma strumenti molto più avanzati. Nel
1572 egli osservò una nuova stella nella costellazione di Cassiopea. Ciò gli valse l'ammirazione
ed il successivo sostegno economico del re Federico II. Questi gli regalò una piccola isola,
Hween, sulla quale finanziò la costruzione di un edificio, Uraniborg, progettato da Thyco, per
l'osservazione del cielo. Con le rendita
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L'osservatorio di Uraniborg. Si noti che l'osservatore è seduto su una sedia di marmo fissa al suolo e
che l'osservazione veniva fatta sulla fetta di cielo che andava passandogli davanti attraverso la piccola
fessura in alto a sinistra.
assicuratagli dal re Thyco, oltre a circondarsi di una trentina di collaboratori, fece costruire
apparecchiature avanzatissime e di grandi dimensioni, fermo restando che le osservazioni
avvenivano ad occhio nudo. Non è che vi fossero strumenti nuovi dal punto di vista dei
principi. Erano appunto le grandi dimensioni di essi che riducevano di molto gli errori nelle
osservazioni (una piccola deviazione di un millimetro nella lettura di uno strumento si
traduceva in errori di vari minuti nella posizione dell'oggetto osservato). Egli si dotò di un
quadrante che aveva un raggio di 6 metri, di una sfera armillare del diametro di 5,5 metri, di
un sestante di quasi due metri di raggio,... Altra novità era relativa al fatto che gli strumenti
erano fissati al posto dove erano situati, allo stesso modo che la sedia di marmo che serviva per
l'osservazione. Anche della stabilità si preoccupò Tycho ed in questo senso vari strumenti li
sistemò in sotterranei. L'ostacolo maggiore era la misura del tempo ed egli si affidò a clessidre
a mercurio: il peso del mercurio che usciva da un piccolo foro gli forniva la misura del tempo.
Utilizzò anche il piombo in polvere ma questo elemento lo deluse. Utilizzò anche grandi orologi
uno dei quali marcava anche i secondi con la sua ruota principale che aveva un metro di
diametro e 1200 denti; il problema era però la mancanza della conoscenza delle proprietà del
pendolo come regolatore del moto (a questo proposito sarà fondamentale il contributo di
Galileo). L'osservatorio di Uraniborg fu terminato nel 1580 ed in esso Thyco lavorò
incessantemente per 17 anni consecutivi. Durante questo periodo si sposò con una non nobile,
Cristina, e la cosa fu duramente osteggiata da tutta la nobiltà danese. Ma lo stesso re venne in
sostegno di Thyco. E così, con Cristina, Thyco ebbe ben 8 figli. I problemi di Thyco iniziarono
con la morte nel 1588 di Federico II. Molte invidie di nobili lo costrinsero ad abbandonare il
suo osservatorio (1597). Egli si recò in Bohemia dove poté godere, per poco tempo ancora, della
protezione di Rodolfo II che gli trovò una degna sistemazione a Praga come matematico
imperiale. Egli riuscì comunque a portarsi dietro tutti i suoi manoscritti ed anche parte dei
suoi collaboratori, ai quali se ne aggiunsero altri, tra i quali Kepler. Si spense all'età di 55 anni.
CONTRIBUTI DI THYCO ALLO SVILUPPO DELL'ASTRONOMIA
Non vi è dubbio che Thyco sarà sempre ricordato per la immensa quantità di
osservazioni fatte con la migliore strumentazione disponibile (tra l'altro a lui si deve l'aver
riconosciuto per la prima volta l'influenza della rifrazione atmosferica nelle osservazioni,
anche se nello sviluppare tale concetto mise insieme alcuni errori che nascevano dalla non
conoscenza dell'atmosfera medesima). Queste osservazioni saranno alla base della costruzione
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delle nuove tavole astronomiche che saranno pubblicate da Kepler nel 1627 con il nome di
"Tavole Rudolfine". Egli, oltre alle osservazioni continue delle posizioni dei vari pianeti,
elaborò un catalogo delle posizioni di quasi 800 stelle. Detto questo vediamo quali furono le
idee cosmologiche di Tycho. Egli partiva da un pregiudizio che gli impedì di fare importanti
passi in avanti. Le sue osservazioni, unite alla sua concezione di universo finito e relativamente
limitato lo convinsero a non accettare il sistema copernicano. Se infatti l'universo è
relativamente piccolo, le stelle sono "vicine" alla Terra che, secondo Copernico, si muove di
moto circolare intorno al Sole. Se il sistema copernicano corrispondesse al vero, osservando le
stelle dalla Terra in posizioni diametralmente opposte della sua supposta orbita, si dovrebbe
avere quel fenomeno che va sotto il nome di parallasse stellare: osservando cioè le stelle dalla
Terra in posizioni diametralmente opposte della supposta orbita , si dovrebbero vedere
proiettate sulla volta celeste in posizioni, anche se di poco, diverse (unendo la stella osservata
con quelle due posizioni della Terra si verrebbe a formare un angolo, chiamato di parallasse;
poiché l'universo è piccolo, tale angolo deve essere tanto grande da poter essere misurato.
Tycho non riuscì a misurarlo e ne concluse che la Terra è ferma. Il problema stava nella
enorme distanza di una stella che rendeva quell'angolo così piccolo da non poter essere
apprezzato dagli strumenti di cui Tycho disponeva. Occorreranno altri 300 anni perché una
tale parallasse possa essere misurata). Per ammettere la non osservazione della parallasse
bisognava ammettere che la distanza delle stelle dalla Terra fosse stata 700 volte la distanza tra
Saturno ed il Sole, cosa che a Tycho sembrò impossibile. Questo fatto fece elaborare a Tycho
un nuovo sistema astronomico, ibrido tra quello tolomaico e quello copernicano. La Terra
risulta immobile al centro dell'universo mentre la Luna ed il Sole gli girano intorno. I pianeti,
invece, ruotano tutti intorno al Sole (vedi figura). Un tale sistema ebbe scarso successo ma servì
in qualche modo a far comprendere meglio quello copernicano e risultò l'ultima spiaggia per
chi proprio non voleva abbandonare il sistema tolomaico. È interessante
anche qui vedere quali sono i motivi che Tycho adduce contro il moto della Terra, oltre quello
per lui probante della non osservazione della parallasse. Intanto la sua fede nella Bibbia era
ferrea. Inoltre non riusciva a concepire "una Terra grave e pigra muoversi nello spazio". Vi
era poi la questione degli oggetti lasciati cadere da una torre che proprio non volevano saperne
di discostarsi dalla verticale. Ed infine il fatto che egli non riusciva proprio a concepire i tre
moti (tanti egli ne pensava) che la Terra avrebbe dovuto avere. Vediamo invece dove un tale
sistema aiuta all'affermazione di quello copernicano. Si può subito rendersi conto che nel suo
sistema astronomico l'orbita del Sole interseca quelle di Mercurio, Venere e Marte. Ciò
comporta in ogni modo la distruzione delle sfere cristalline aristoteliche dove tali pianeti
sarebbero stati incastonati. Egli si rende conto di ciò e sarà il primo a trasformare il significato
del termine latino 'orbis' da quello di sfera a quello di orbita. Questo fatto non è per nulla
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banale, ma dirompente. Infatti le sfere cristalline sostengono i pianeti a determinate distanze
relative; quando le sfere vengono meno cos'è che sorregge i pianeti? A partire da questo
momento è aperto il problema dell'individuazione delle forze che agiscono nella dinamica
planetaria. Un appunto solo prima di terminare con Tycho è relativo agli oroscopi, a quella
pratica che ha riguardato e riguarderà la maggior parte degli astronomi dell'antichità. Egli
sosteneva, a sostegno di essi che: "Il Sole, la Luna e le stelle bastano per i nostri usi. Sarebbe
inutile mettere insieme i pianeti in una marcia maestosa, regolati da loro belle leggi, se non
avessero un'utilità propria e diretta che è l'oggetto dell'astrologia". In altra parte sostiene che
anche le comete devono avere una qualche influenza sulle vicende terrene, perché la natura
non fa nulla invano. Infine avanza la strana idea che le stelle hanno la virtù di stimolare le
forze dei pianeti.
JOHANN KEPLER (1571 - 1630)
Nacque a Weil der Stadt in Württemberg nel 1571. La sua famiglia era protestante e di
modeste condizioni economiche.
Dal 1579 studiò a Tubinga dove divenne un seguace di Copernico. La tentazione
dell'epoca di seguire una carriera ecclesiastica fu rifiutata da Kepler perché si rese
immediatamente conto della ristrettezza delle visuali del clero luterano. Scelse lo studio della
scienza accettando (1594) l'incarico di soprintendente di matematica della Stiria ed insegnò a
Graz (ma sembra che la matematica non fosse il suo forte: gli alunni disertavano le sue lezioni),
"arrotondando", come quasi tutti gli astronomi dell'epoca, facendo oroscopi e predizioni (e
poiché qualche predizione si avverava, venne preso in considerazione come buon astrologo).
Nel 1595 pubblicò la sua prima opera, il "Mysterium Cosmographicum", con la quale
credette di aver svelato i segreti del sistema planetario. In realtà ciò che aveva fatto era la
scoperta che vi sono una mole di ragioni per abbandonare il sistema tolomaico e per
abbracciare quello copernicano, ragioni però molto tecniche che non rappresentavano
comunque alcuna "prova", almeno agli occhi del grande pubblico. Il Mysterium fu mandato sia
a Tycho che a Galileo ma aveva un grave difetto, soprattutto se visto con gli occhi di un
personaggio che è uscito dalle pastoie del misticismo, della numerologia, della magia,
dell'animismo e dell'ermetismo: è intriso di tutte le cose dette in modo esasperato, tanto che
oggi ci vuole davvero uno sforzo di ottima volontà a rintracciare i contributi scientifici
originali, che pure vi sono. Un esempio lampante di ciò che dico è il breve rapporto epistolare
che Galileo intrattenne con Kepler. Si scrissero nel 1597 (mentre Galileo si trovava a Padova);
ambedue confidarono il loro essere copernicani; Kepler apertamente, Galileo titubante perché
non si azzardava ad avanzare una qualche teoria senza avere delle sensate esperienze e
dimostrazioni a sostegno di essa. Ma la lettura di queste lettere, specialmente quella di Galileo
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a Kepler dell'agosto 1597 (in cui Galileo si mostra entusiasta del lavoro di Kepler) e quella di
Kepler a Galileo dell'ottobre dello stesso anno, mostra due caratteri diversi, Galileo che
faticosamente tentava di uscire dal 1500, Kepler che, pur muovendosi con idee "moderne", era
pienamente impantanato in quel clima. Sta di fatto che Galileo provava quasi fastidio a leggere
gli scritti del suo collega, noiosi, contorti, difficili e prolissi, scritti dai quali si faceva una
enorme fatica a ricavare qualcosa di utile. Vi sono poi moltissimi calcoli errati che poi si
sistemano con ulteriori compensativi. La differenza tra i due si nota facilmente leggendo un
qualunque brano di Kepler e confrontandolo con un qualunque brano di Galileo. E questo
anche per rispondere a qualche critico che, oggi, rimprovera a Galileo di non aver tenuto conto
dell'ellitticità delle orbite planetarie che Kepler aveva scoperto.
Ma veniamo ad alcune delle cose che fanno da spessa cornice ai contributi scientifici di
Kepler. Innanzitutto la mistica dei numeri governa il mondo. Si tratta di immaginare un
mondo di orbite che si incastrano alternativamente con i cinque solidi regolari (vedi figure). Si
inizia con la sfera di Saturno che è circoscritta ad un cubo; nel cubo è inscritta la sfera di
Giove che, a sua volta, è circoscritta ad un tetraedro; questo tetraedro è circoscritto alla sfera
di Marte che, a sua volta, è inscritta in un dodecaedro; al dodecaedro, per circoscrizioni ed
inscrizioni successive, segue la sfera della Terra, l'icosaedro, la sfera di Venere, l'ottaedro, la
sfera di Mercurio, quindi il Sole al centro dell'intero sistema (si osservi che, per permettere
l'eccentricità delle orbite ellittiche che Kepler scopre, occorre ammettere che ogni sfera abbia
uno spessore tale da poter contenere appunto l'eccentricità dell'orbita).
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I conti, con i dati osservativi di Copernico e, soprattutto con l'enorme mole di quelli di
Tycho, gli tornavano in modo abbastanza approssimato. È poi interessante osservare che
anche numero di pianeti e di solidi erano in accordo. Ancora non si conoscevano i pianeti al di
là di Saturno. E mentre i pianeti sono cresciuti di numero, i solidi regolari sono restati 5. Ma
tant'è. Egli diceva:
"Io mi impegno a dimostrare che Dio, nel creare l'Universo e nel regolare l'ordine del cosmo,
aveva in vista i cinque corpi regolari della geometria, così come sono conosciuti dai tempi di
Pitagora e Platone, e che Egli ha stabilito, in accordo con le loro dimensioni, il numero dei cieli,
le loro proporzioni e le relazioni dei loro movimenti".
Ed in accordo con Pitagora e Platone vi è una visione dell'Universo intrisa di misticismo. Il
Sole è Dio Padre e per questo merita di stare al centro dell'Universo; la Sfera delle stelle è il
Figlio mentre l'Etere, attraverso cui lo spirito del Sole muove i pesanti pianeti, è lo Spirito
Santo. Inoltre, riprendendo temi che già erano stati di Hermes Trismegisto e Marsilio Ficino,
afferma:
" Il Sole è il corpo più bello, è l'occhio del mondo. In quanto fonte della luce o lanterna
risplendente, adorna ed abbellisce gli altri corpi del mondo... Per quanto riguarda il calore, il Sole
è il focolare del mondo... La sfera delle stelle fisse trattiene il calore affinché non si disperda ed è
simile ad una parete, ad una pelle o ad un abito del mondo... Il Sole è l'unico luogo che noi
giudicheremmo degno di Dio altissimo, qualora egli si compiacesse di avere una dimora materiale
e scegliesse un luogo in cui abitare con gli angeli benedetti... Il Sole è l'unico luogo degno di
diventare la casa di Dio".
Ma i numeri e la geometria forniscono a Kepler argomenti contro l'infinità dei mondi
sostenuta da Bruno. Dice Kepler:
"La geometria è una ed eterna, splendente nella mente di Dio... Nella geometria poi, dopo la sfera
vi è una famiglia di figure che è la più perfetta di tutte, quella dei cinque corpi solidi euclidei.
Ebbene questo nostro mondo planetario è disposto secondo la regola ed il modello di questi solidi
[descritti più su]... A quale scopo sarebbero infiniti, se ciascuno racchiudesse in sé ogni perfezione
[come questo nostro] ?"
Il Libro V di "Harmonices Mundi", che Kepler pubblicò nel 1619 e che contiene
l'enunciato della sua terza legge, ha questo indice:
1-Sulle cinque figure solide regolari.
2-Sulle affinità tra esse ed i rapporti armonici.
3-Compendio sulla dottrina ... delle armonie celesti.
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4-...[come] le consonanze del canto sono presenti nei cieli.
5-...[come] sono espresse le chiavi della scala musicale.
6-Che i singoli 'toni' e 'modi' musicali sono in qualche modo espressi dai singoli pianeti.
7-...[sui] contrappunti ed armonie universali di tutti i pianeti.
8-Che i quattro tipi di voci sono espressi nei pianeti: soprano, contralto, tenore e basso.
9-...
10-...
E tutta questa impalcatura musicale gli serve per mostrare che i pianeti ruotando
intorno al Sole, cantano le lodi del Signore. È un canto eterno ed intonato. Noi non riusciamo a
sentirlo ma esso è dato dai rapporti speciali che esistono tra velocità e distanze dei pianeti dal
Sole. Ogni pianeta ha una sua melodia (vedi figura) e la Terra, in particolare percorre la sua
orbita intonando eternamente un MI-FA-MI e da questo Kepler conclude che "da questo si
può capire che la MI-seria e la FA-mine regnano dovunque in questo mondo".
L'universo di Kepler resta finito e sostanzialmente aristotelico, nonostante le
fondamentali novità introdotte e di cui dirò alla fine di questo scritto.
Concludiamo questa parte relativa al tormentato misticismo di Kepler con due
considerazioni che fece nel 1610 quando fu informato della scoperta di Galileo dei satelliti di
Giove. Inizialmente ebbe un sussulto ed esclamò: "Che abbia avuto ragione Bruno?". Quindi
scrisse: "Perché [tali satelliti] dovrebbero ruotare intorno a Giove se su questo pianeta non vi è
nessuno a contemplare tale spettacolo?".
Ma torniamo alla succinta biografia del nostro astronomo. Lo avevamo lasciato con la
pubblicazione del Mysterium nel 1595.
Nel 1598 l'Arciduca Ferdinando d'Austria, dopo un pellegrinaggio a Loreto, iniziò una
campagna di persecuzione contro i protestanti. Kepler, cacciato dalla Stiria, fuggì e si rifugiò a
Praga, luogo dove Tycho esercitava come matematico imperiale al servizio di Rodolfo II di
Bohemia.
Nel 1600 Tycho lo chiamò a Praga per fargli da assistente. Un anno dopo Tycho moriva
e lasciava a Kepler l'enorme eredità di tutti i suoi manoscritti di dati osservativi. Nel 1602,
Rodolfo II lo nominò al posto di Tycho (alla cui memoria fu sempre fedele, anche se Galileo
non si mostrò d'accordo con questo).
A parte una piccola opera di ottica del 1604 ("Ad Vitellionem paralipomena"), Kepler
lavorava intensamente ad elaborare i dati di Tycho e nel 1609 scrisse "Astronomia Nova",
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opera nella quale, dallo studio delle posizioni di Marte ricava le prime sue due leggi (orbite
ellittiche e costanza della velocità aereolare) solo in questo ambito ristretto.
Nel 1610 scrisse "Dissertatio cum Nuntio Sidereo". Accoglieva con entusiasmo i lavori di
Galileo ma, come già detto, non lo convincevano i satelliti di Giove. Sempre nello stesso anno,
nella "Narratio", dopo varie osservazioni al telescopio, darà ragione completa a Galileo.
Nel 1611 scrisse la "Diottrica".
Nel 1615 scrisse la "Stereometria doliorum", un trattato sulla cubatura delle botti che
darà un certo impulso a ricerche di analisi infinitesimale.
Tra il 1618 ed il 1620 pubblicò il ponderoso "Compendio di astronomia copernicana"
nel quale estese le sue due prime leggi a tutti i pianeti. È da notare che questo libro sarà messo
all'Indice nel 1632, in occasione del Processo a Galileo. Solo nel 1821 fu tolto da tale Indice.
Nel 1619 pubblicò un trattato sulle comete ma, soprattutto, le "Harmonices Mundi" in
cui è enunciata la sua terza legge che mette in relazione periodi di rotazione dei pianeti intorno
al Sole con distanze di essi dal Sole medesimo.
Nel 1627 pubblicò le "Tavole Rudolfine", che sostituiranno definitivamente le
precedenti e che per circa 100 anni saranno la bibbia di astronomi e naviganti. Quest'ultima
opera vide la luce ad Ulm. Prima che in questa città egli aveva soggiornato a Linz ma anche da
lì dovette fuggire a seguito di ulteriori persecuzioni di protestanti da parte dei cattolici. Le
peregrinazioni che dovette affrontare in quell'epoca per tentare di vedere riconosciuti dei suoi
diritti gli minarono la salute. Si spense nel 1630 a Regensburg (Baviera).
LE TRE LEGGI DI KEPLER
Riporto di seguito l'enunciazione delle tre leggi che hanno reso famoso Kepler:
1) Le orbite dei pianeti sono delle ellissi di cui il Sole occupa uno dei due fuochi.
2) Le aree spazzate dal segmento che unisce un pianeta con il Sole (raggio vettore) sono
proporzionali ai tempi impiegati a spazzarle.
3) I quadrati dei tempi T, impiegati dai pianeti a percorrere la loro orbita, sono direttamente
proporzionali ai cubi dei semiassi maggiori delle ellissi descritte dai pianeti.
È doveroso ricordare, alla fine di queste note, che Kepler contribuì molto ad eliminare
dal sistema copernicano molte difficoltà e stonature che rappresentavano ancora un retaggio
delle filosofia aristotelica e della cosmologia tolomaica. Come Tycho mise in dubbio l'esistenza
delle sfere che sostengono i pianeti e iniziò a parlare di "orbite". Fu il primo a capire che era
necessario individuare una causa che rendesse conto di questo moto dei pianeti su determinate
orbite, oltre ad aver capito (ed iniziato con ciò ad eliminare le pitagorico-platoniche
circonferenze) l'esistenza di orbite ellittiche.
***
È a questo punto opportuno passare a leggere l'articolo su Giordano Bruno, quindi
quelli su Galileo.
Un seguito di tale storia lo si trova in "Relatività da Newton ad Einstein".
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