Linee guida per la gestione e lo sviluppo del capitale umano in un
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Linee guida per la gestione e lo sviluppo del capitale umano in un
PARTNER DI PROGETTO Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale LINEE GUIDA PER LA GESTIONE E LO SVILUPPO DEL CAPITALE UMANO IN UN’OTTICA DI GENERE Marcella Chiesi, Claudia Musolesi Gelso - Iniziativa Comunitaria EQUAL GEnere, Lavoro e Segregazione Occupazionale Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale Piazza Venezia 41, I-38100 Trento tel. +39 0461 883719 web site: www.unitn.it/gelso i quaderni di gelso n. 13 LINEE GUIDA PER LA GESTIONE E LO SVILUPPO DEL CAPITALE CAPITALE UMANO IN UN’OTTICA DI GENERE Marcella Chiesi, Claudia Musolesi i quaderni di gelso n. 13 I Quaderni di Gelso costituiscono un’iniziativa editoriale finalizzata alla diffusione del materiale di ricerca, delle riflessioni teoriche e dei principali eventi realizzati all’interno del progetto Equal GE.L.S.O. (GEnere, Lavoro e Segregazione Occupazionale). Marcella Chiesi Claudia Musolesi Progettazione e coordinamento Barbara Poggio Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale Università degli Studi di Trento Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale Università degli Studi di Trento Piazza Venezia 41, 38100 Trento - Italia Impaginazione a cura del committente Stampa a cura di Edizioni31 Editoria per l’università, la formazione e la cultura 2007 Indice Introduzione .................................................................................................7 1. Una prospettiva teorica per comprendere gli ostacoli alla carriera delle donne....................................................................................................9 2. Filosofia di gestione del capitale umano per la riqualificazione di donne che operano nei settori produttivi a prevalenza maschile........16 3. Le caratteristiche organizzative e gestionali .......................................21 4. La funzione di gestione delle risorse umane......................................26 5. La gestione delle risorse umane e il nuovo ruolo della/del responsabile ................................................................................................33 6. Modalità e leve di gestione delle risorse umane per la valorizzazione della differenza di genere. ...............................................34 7. Lo strumento della formazione ...........................................................41 8. Metodi e strumenti didattici per la formazione alla differenza di genere...........................................................................................................49 9. Conclusioni: creazione di un sistema di gestione delle risorse umane orientato alla valorizzazione della differenza di genere ........................54 Appendice: Le sperimentazioni proposte nell’ambito di GELSO......60 Riferimenti bibliografici ............................................................................67 5 Introduzione Il contenuto del presente Quaderno sistematizza gli interventi curati da Studio D.U.O. nel contesto del Progetto Equal GELSO. I dati raccolti dalle attività svolte vengono collocati all’interno di una cornice più generale di politiche di gestione e di sviluppo delle risorse umane sperimentate da Studio D.U.O. nell’ambito dell’esperienza maturata nella consulenza ad aziende pubbliche e private. Il team che ha collaborato al Progetto è stato costituito da Marcella Chiesi, Claudia Musolesi e Claudio Storti, mentre gli ambiti di intervento hanno riguardato: l’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari: • Sperimentazione/personalizzazione degli orari in ambito amministrativo. • Sensibilizzazione ai tavoli di concertazione alle tematiche di genere. • Formazione sul sistema di gestione e di valutazione del Personale nell’ottica di genere. la Provincia Autonoma di Trento: • Workshops sul Managing Diversity rivolti ai/lle Dirigenti e Direttori. 7 • Progetto “Buon Rientro”: percorso di accompagnamento rivolto ai/lle dipendenti che rientrano dopo un lungo periodo di assenza dal lavoro. • Sensibilizzazione ai tavoli di concertazione alle tematiche di genere. • 8 Tavolo di discussione sull’istituto del part-time. 1. Una prospettiva teorica per comprendere gli ostacoli alla carriera delle donne Uno studio di Alice Eagly e Linda Carli, pubblicato nel 2007 sulla Harvard Business Review, permette di tracciare un quadro interessante degli ostacoli che le donne incontrano nei loro percorsi di carriera. Tali ostacoli sono di certo trasversali ad ogni Paese, ma in l’Italia “fanalino di coda” nella Comunità Europea sul tema delle pari opportunità - ad essi se ne aggiungono altri, specifici di una realtà che rimane indietro e che sembra fare grande resistenza ad assumere il soggetto femminile come fattore di innovazione e a dare valore alle differenze di genere. Le due studiose, attraverso ricerche estensive svolte a livello accademico e governativo, hanno identificato i seguenti ostacoli: a. Pregiudizi Gli uomini – in ragione di antichi stereotipi - sono promossi più velocemente delle donne nonostante queste abbiano qualifiche equivalenti, e questo accade anche in contesti tradizionalmente femminili come il settore infermieristico e l’insegnamento. In Italia a questi pregiudizi si aggiungono prassi aziendali che, immediatamente dopo l’assunzione, segnano la possibilità o meno di fare carriera per le donne. Nel decidere la posizione del personale maschile e femminile assunto per ruoli generici (i cosiddetti amministrativi), per esempio, specialmente nelle aziende pubbliche e private dove non ci sono 9 procedure per evitare meccanismi tradizionali e stereotipati, spesso accade che: • le donne siano assegnate in aree organizzative dove c’è minore possibilità strutturale di fare carriera (es. in ragioneria, nella contabilità, etc.) e gli uomini in quelle considerate come il core business dell’azienda, dove pur svolgendo compiti amministrativi, si ha la possibilità di fare sviluppo professionale verso ruoli meno bloccanti; • la carriera delle donne rischia di essere compromessa proprio dal fatto di essere collocate in aree organizzative che non prevedono per contratto uno sviluppo di carriera interna e a volte, proprio in questi ruoli, non è possibile neanche lo sviluppo delle competenze. Inoltre sono sempre più numerose le aziende che preparano il nuovo gruppo dirigente attraverso programmi mirati alla gestione dei talenti, ossia alti potenziali presidiati con percorsi formativi e di crescita guidata ad hoc fin dal momento dell’assunzione. Buona parte dei suddetti programmi si pongono da subito l’obiettivo di creare l’equilibrio tra il genere femminile e maschile, anche se come sappiamo le donne mediamente arrivano in azienda con curricula scolastici qualitativamente più elevati. b. Resistenza alla leadership femminile Le persone intervistate da Eagly e Carli riconoscono alla leadership delle donne qualità come l’empatia e una attenta sensibilità verso gli altri e si aspettano da loro questa modalità del femminile. Nello stesso tempo ritengono che per fare il leader le donne dovrebbero utilizzare 10 le modalità del maschile: ovvero la capacità di controllo, la dominanza e l’autorità. Il problema è che quando le donne manager di successo utilizzano “modalità maschili” vengono percepite come più ingannevoli, prepotenti, egoiste e scontrose rispetto agli uomini manager di successo. Da un lato dunque se le manager donne usano modalità maschili, non vengono accettate né dagli uomini né dalle donne, ma nel caso in cui dovessero usare le modalità del femminile non sarebbero riconosciute. Così avviene che se una manager è fortemente orientata ai risultati le viene data l’etichetta “dell’essere fiscale” o dell’essere “maniaca del controllo”, mentre se un manager ha le stesse modalità viene etichettato come “’appassionato del lavoro” e gli si riconosce il diritto ad avere un comportamento dominante. c. Questioni sullo stile di leadership Molte donne leader faticano a conciliare le qualità che le persone preferiscono nelle donne, come l’essere empatiche e “compassionevoli” verso gli altri, con le qualità ritenute necessarie dalle stesse per essere leader di successo, come l’autorevolezza e il controllo. Quasi tutte le donne che hanno raggiunto livelli di successo hanno dovuto lavorare fortemente su molti elementi del loro stile: • ricercare la giusta combinazione tra modalità empatiche e compassionevoli senza cadere nella dicotomia tra queste e quelle modalità aggressive che richiedono al capo di non essere amico di tutti; 11 • lavorare sul tono e sul ritmo della propria voce perché la comunicazione sia autorevole e non dominante; • sviluppare capacità di linguaggio di tipo assertivo e trovare modalità di comunicazione che siano sempre attente alle sfumature delle persone sia dell’altro sesso che del proprio. Per esempio, ben il 96% delle mille donne dei Board Direzionali delle Aziende selezionate da Fortune500, hanno ritenuto importante creare e sviluppare uno stile di management idoneo a “far sentire a proprio agio” i collaboratori e i colleghi uomini. Si tratta di indicazioni veramente interessanti che danno conferma di come, da un lato, le donne siano il soggetto più innovativo negli ambiti dello sviluppo della leadership efficace. Dall’altro ci mostrano la fatica e il continuo lavoro che le managers di successo sono tenute a fare per non essere omologate al modello tradizionale maschile e al contempo per ricercare quel giusto mix gestionale che permette di soddisfare contemporaneamente sia la propria identità professionale di genere sia di superare le difficoltà degli uomini (ma a volte anche delle donne) ad avere capi donne. d. Esigenze familiari Sono prevalentemente le donne ad interrompere le loro carriere nel tentativo di gestire la conciliazione lavoro/famiglia. Sovraccaricate da questi impegni, non hanno il tempo materiale di ingaggiare e mantenere quelle relazioni di networking sociale e di potere che sono 12 così essenziali all'avanzamento. A queste difficoltà, che si evidenziano quando i bambini sono piccoli o se si hanno persone anziane non autonome in casa, si somma ciò che succede nelle organizzazioni quando una donna dichiara di essere in maternità: si toglie la responsabilità dei progetti prima dell’assenza obbligatoria facendo percepire la maternità come la morte di qualsiasi possibilità di carriera; si incentiva la maternità a rischio, specie nella Sanità e in alcuni settori della Pubblica Amministrazione, per avere da subito la sostituzione e controllare forzatamente gli eventuali imprevisti che una maternità può portare; si interrompe l’investimento aziendale sulla lavoratrice, la si toglie dall’organico del proprio capo e la si inserisce in un “non luogo” organizzativo, motivando questa scelta per ragioni amministrative e di budget, senza tenere minimamente in considerazione che, così facendo, la donna si sente completamente “fuori” e allontanata dalla sua identità professionale si interrompe la relazione di comunicazione professionale, e a volte anche umana, con la collaboratrice che va in assenza obbligatoria facendo sì che per lunghi mesi la donna sia risucchiata completamente dall’esperienza della maternità; si modificano le responsabilità al rientro dalla assenza per maternità. Sia nel settore pubblico che nel privato, al momento del rientro, le donne avvertono di dover “ricominciare daccapo” come se il capo non tenesse conto di quanto realizzato prima 13 dell’assenza e il loro percorso di sviluppo in azienda dovesse ricominciare da zero. Eppure è proprio questo ricercare l’equilibrio tra le responsabilità genitoriali e le responsabilità professionali che allena le donne (e gli uomini quando vivono attivamente sia la paternità che l’essere l’altro della coppia in casa) a sviluppare quei modi di fare, dire ed essere che tengono insieme - creando innovazione e sinergia positiva - le modalità del maschile e del femminile: si creano, così, le abilità, le capacità e i comportamenti riconosciuti come eccellenti nelle competenze di cui oggi le imprese hanno bisogno. Per questo insieme di motivi sembra opportuno il suggerimento di non parlare più del “tetto di cristallo” come metafora del blocco alla carriera delle donne ma di parlare, invece, di una rete pervasiva di piccole e grandi barriere che rendono il percorso delle donne all’interno di un’organizzazione come un incedere in un labirinto. Il concetto di “labirinto” è più raffinato e più complesso di quello di “soffitto di cristallo” che è stato introdotto negli anni ‘80 dalla ricerca americana sulle carriere delle donne. Questa metafora è però oggi difficilmente sostenibile poiché una percentuale di donne, seppur minima, ha raggiunto posizioni apicali nelle aziende pubbliche e private nei diversi paesi del mondo. Invece di rendere metaforicamente l’univocità di una sola barriera, il concetto di “labirinto” introduce la pluralità di molti ostacoli non prevedibili, spiazzanti, ricorsivi che sono il risultato del disegno bizzarro di un pensiero desideroso di destabilizzare colui o colei che si avventura, di indurlo/a allo spaesamento e al pericolo di rimanere prigioniero delle 14 azioni che si mettono in atto per superare i tranelli. Il labirinto delle carriere delle donne, dunque, è un costrutto intenzionale, anche se spesso implicito, non consapevole, creato dall’irrazionalità di un potere ancora autoritario, quello maschile, che non vuole associare alla gestione dei piani alti delle aziende chi viene vissuto come potenzialmente minaccioso, sia in quanto portatore di valori, storie e attitudini differenti sia perché raddoppia il numero dei potenziali concorrenti. All’interno di questa cornice teorica, questa pubblicazione si pone l’obiettivo di avanzare una proposta di gestione e di sviluppo del Capitale Umano che – a partire dal riconoscimento e dalla valorizzazione di genere - arrivi alla creazione di un sistema innovativo di gestione delle risorse umane. 15 2. Filosofia di gestione del capitale umano per la riqualificazione di donne che operano nei settori produttivi a prevalenza maschile. Gestione delle persone e differenza di genere Occorre partire dalla premessa che non è esistita finora nella letteratura organizzativa la distinzione di una filosofia di gestione delle persone particolarmente orientata alla differenza di genere. Nel contesto italiano fino agli anni ’90 il fattore di attenzione alla differenza di genere è stato quasi esclusivamente centrato sull’applicazione della legislazione, prima di tutela e successivamente di parità. Solo a partire dall’affermazione della politica di gender mainstreaming, promossa dalla Conferenza Mondiale sulle Donne tenutasi a Pechino nel 1995 e incentivata dai processi di globalizzazione delle economie e dei mercati, avviati dall’entrata nel WTO di paesi come la Cina e l’India, si riconosce il valore aggiunto apportato dalla soggettività delle donne alla dimensione economica dei paesi. In questo contesto le risorse umane non vengono più considerate solo come un elemento di costo (da contenere), ma come un bene, un capitale su cui investire per lo sviluppo: si parla quindi per la prima volta di gestione del capitale umano. La gestione del capitale umano, sulla base della riconsiderazione delle risorse umane intese nella loro integrità di persone, produce il loro ingresso nel disegno e nella gestione strategica e genera coerenza organizzativa tra la mission e gli obiettivi dell’azienda e la forma organizzativa necessaria per raggiungerli. 16 Figura 1. I cambiamenti avvenuti nella filosofia di gestione delle persone Si afferma in questo modo il superamento della ricerca, attraverso la gestione delle persone, dell’omologazione di tutti i dipendenti al modello di riferimento del lavoratore idealtipico, di derivazione taylorista e weberiana, e si afferma il valore delle differenze dei soggetti. 17 Figura 2 Sintesi del processo evolutivo nella filosofia di gestione delle persone dal 1950 al 2000 Se per quanto riguarda le differenze individuali, le discipline organizzative e le pratiche gestionali delle aziende più avanzate hanno intrapreso percorsi di valorizzazione e sviluppo, specie per le differenze professionali, etnico/linguistiche, culturali e generazionali, la differenza legata al genere rimane meno conosciuta e riconosciuta, dato il suo radicamento in aspetti culturali profondi, che preesistono allo stesso paradigma fordista. 18 Il superamento di questi aspetti ha la possibilità di avere successo se ci si aggancia al nuovo paradigma di filosofia di gestione del capitale umano a carattere cross culturale, dove le differenze si contaminano invece di fondersi e dove la differenza di genere viene considerata un elemento fondante dell’incontro tra le culture. Atraverso questa prospettiva le donne vengono percepite come importanti portatrici di codici di cultura matrilineare di cui oggi il mondo economico più avanzato riconosce il valore e il bisogno per l’innovazione. Il nuovo paradigma della valorizzazione della differenza di genere nella gestione delle persone La valorizzazione della differenza di genere nella gestione efficace delle persone comporta il passaggio attraverso tre fasi: • la prima ovvero individuare gli specifici e unici contributi che gli individui, donne e uomini, apportano al raggiungimento degli obiettivi aziendali presuppone organizzativa e una gestionale strumentazione specifica che di utilizza analisi una metodologia scientificamente testata e condivisa al fine di porre in luce i contributi cognitivi e operativi che donne e uomini forniscono per il raggiungimento degli obiettivi aziendali. Questa prima fase si basa sulla filosofia cross culture del superamento delle logiche omologanti • la seconda fase ovvero sviluppare le condizioni e la cultura organizzativa affinché donne e uomini possano dare il meglio di se stessi 19 presuppone la capacità di connettere gli specifici contributi delle donne e degli uomini ai bisogni di innovazione delle aziende. Questa specifica fase presume la messa in opera di sistemi di valutazione e di riconoscimento delle competenze e delle performance differenziate • la terza fase ovvero ricercare le sinergie tra gli specifici contributi e il risultato di business richiede un coinvolgimento non solo della funzione di gestione delle persone, ma anche della linea (responsabili intermedi e capi funzione/processo) per saper trasformare il valore aggiunto individuato in risultati professionali. Questo corrisponde alle logiche di sinergia tra le differenze che sono alla base della capacità di personalizzazione di prodotti/servizi per i diversi clienti messa in atto dal paradigma cross culture. Vanno in questa direzione i risultati di recenti ricerche condotte negli USA (Eagly e Carli 2007) che evidenziano come la differenza di genere, scarsamente considerata dai modelli manageriali maschili, sia stata assunta come dimensione significativa dei successi aziendali dalle principali corporations. 20 3. Le caratteristiche organizzative e gestionali L’idea che sottende a questo lavoro è quella che la differenza di genere possa essere percepita come un valore nel mondo del lavoro. Valore che si può trasformare in un importante vantaggio competitivo per quelle aziende che siano in grado di percepirlo e di metterlo al lavoro, in condizioni dove questo ulteriore differenziale può diventare operativo: questo significa, dunque, supportarlo con dispositivi organizzativi, tecnologici e gestionali che consentano il pieno fiorire anche delle competenze femminili. Ostacoli all’introduzione del nuovo modello di gestione delle persone basato sulla differenza di genere Si vogliono evidenziare, al fine di facilitare il trasferimento degli orientamenti oggetto di questa guida ad aziende e a settori, le opportunità e gli ostacoli che si possono incontrare nello sviluppo del nuovo sistema di gestione delle persone basato sulla valorizzazione della differenza di genere sopra descritta. Il primo ostacolo è costituito dalla mentalità degli esperti dei diversi settori che utilizzano modelli conoscitivi tradizionali che tendono a dare una lettura superata della segregazione professionale di genere. Vi è inoltre da parte degli esperti la percezione di una scarsa disponibilità degli imprenditori e delle imprenditrici al tema. Al contrario, si verifica che i board direzionali delle aziende che applicano il nuovo modello di gestione delle persone basato sulle differenze di genere percepiscono l’inadeguatezza della cultura attuale e il bisogno 21 di cambiare. Le direzioni aziendali riconoscono il valore che le donne possono portare sia ai processi aziendali che richiedono creatività e capacità relazionali (R&D e Marketing e commerciale), sia ad attività produttive che oggi non richiedono più la forza fisica del passato, ma attenzione e motivazione nei confronti della qualità, capacità di collaborare e di coordinare i team. Occorre a questo punto ricordare che, nel panorama dell’innovazione organizzativa internazionale, viene messo in rilievo come il percorso che le direzioni aziendali innovative applicano verso la gestione della differenza di genere segue le tre dimensioni cognitive riportate di seguito (Gardenswartz e Rowe 1998). Esse, infatti, corrispondono a tre diversi stadi di evoluzione profonda, anche a livello simbolico, del modello organizzativo rispetto ai soggetti femminili. 22 Figura 4. Modello delle tre modalità di gestione della differenza di genere • L’azienda che apre le porte (open doors) all’ingresso delle donne dimostra una disponibilità all’attuazione di azioni positive, ovvero quelle azioni che tendono ad eliminare la segregazione orizzontale e verticale. • A seguito dell’ingresso delle donne nell’organizzazione, l’azienda mostra disponibilità a conoscere, riconoscere, valutare e valorizzare l’apporto specifico delle differenze di genere. • Questi due passaggi si completano attraverso la capacità dell’azienda di condurre a sistema la gestione della differenza di 23 genere attraverso criteri, modalità innovative e forme di leadership adeguate. Opportunità dell’introduzione del nuovo modello di gestione delle persone basato sulla differenza di genere Un’altra importante opportunità nell’implementazione del nuovo modello di gestione delle persone basato sulla valorizzazione della differenza di genere è costituito dalla leadership femminile, esercitata dalle donne imprenditrici o manager. • La leadership delle imprenditrici Gli elementi di energia positiva della leadership femminile si possono riscontrare nel modo specifico attraverso il quale imprenditrici e manager innovano le relazioni, fornendo un contributo di conoscenza e creatività, e gestiscono le persone, dimostrando significative capacità relazionali. 24 Figura 5. Le caratteristiche della leadership delle donne imprenditrici e manager Occorre inoltre ricordare che le donne leader che hanno dato un contributo fondamentale all’implementazione del modello di gestione delle risorse umane basato sulla valorizzazione della differenza di genere e degli interventi formativi coerenti appartengono tutte alla seconda generazione della proprietà. Esse hanno quindi avuto modo di realizzare un processo di socializzazione primaria diverso da quello maschile, integrato con processi di autostima e rivalutazione del femminile in sinergia con il maschile (Rosener 1996). Le donne di seconda generazione, dunque, non devono effettuare una rinuncia a sé, alla propria identità di genere per aderire a modelli maschili di carriera e di successo nel lavoro, come invece è accaduto alle donne di prima generazione che abbiano voluto emergere e 25 affermarsi nella professione al di fuori degli stereotipi di genere. Le donne di seconda generazione possono quindi esprimere una leadership più libera e sicura che trae nutrimento dal modo personale di essere. Di conseguenza esse possono mettere appieno in atto una modalità di leadership che guida e valorizza le persone attraverso modalità di relazione di tipo trasformativo (e non transattivo, come avviene nella leadership maschile). 4. La funzione di gestione delle risorse umane La storia della gestione del personale nel settore industriale a livello nazionale ha determinato alcuni passaggi fondamentali ai quali è corrisposta una diversa interpretazione della natura della funzione e del ruolo del responsabile e della filosofia sottesa. 26 Figura 6. Evoluzione storica della funzione del personale La scheda di sintesi riportata in figura si applica principalmente alla grande azienda, nonostante ciò essa costituisce la base di riferimento per tutti i gestori delle risorse umane e può quindi essere assunta come modello di riferimento per cogliere i cambiamenti che interessano tutte le tipologie di azienda. In particolare essa sottolinea 27 il passaggio fondamentale che ha portato da una logica di amministrazione del personale contraddistinta da una regolamentazione collettiva, che tendeva quasi esclusivamente all’uniformità del trattamento per tutti, ad una logica di governo che gestisce individui e che presta attenzione alla segmentazione presente nel mercato del lavoro interno e alle differenze. La gestione delle differenze comporta la differenziazione della gestione e l’evoluzione della figura del responsabile della funzione da amministratore del personale a gestore di persone. Figura 7. I cambiamenti nella funzione del personale da amministrazione a servizio strategico 28 È opportuno richiamare questi aspetti fondamentali per comprendere il cambiamento del ruolo dei responsabili di linea come conseguenza del cambiamento della funzione del personale: questa trasformazione, infatti, è presente anche in quelle aziende di piccole dimensioni, di tipo artigianale e industriale, che hanno implementato il modello di gestione delle persone basato sulla valorizzazione della differenza di genere. Il nuovo ruolo del/della responsabile intermedio/a Alle funzioni classiche di gestore dei processi e dei risultati ai/alle responsabili di linea (intermedi e operativi) oggi è richiesto di essere gestori del capitale umano e professionale dei/delle collaboratori/trici a loro assegnati. Le funzioni specifiche di sviluppatore del potenziale delle persone, che i responsabili dovrebbero esercitare, sono di: • trainer, ossia gestore del processo di apprendimento, sia dei nuovi assunti che delle risorse già presenti, per i processi di innovazione; • coach, ossia orientatore e guida del processo di apprendimento individuale e/o creatore del gruppo di lavoro; • mentor, ossia colui che sa sostenere il processo di visibilità e di autorevolezza aziendale di soggetti con alto potenziale attraverso un apprendimento interorganizzativo che inserisce la persona nella propria rete di relazioni, fornisce sostegno emotivo nei momenti di difficoltà, sintonizza le aspettative e le strategie del soggetto con quelle del gruppo al vertice dell’organizzazione. 29 Se ne desume che al responsabile di linea viene richiesto di saper valutare, motivare e far crescere le persone. Ciò naturalmente ha come prerequisito lo sviluppo delle competenze del/della responsabile stessa/o e la messa a disposizione di metodi e tecniche adeguate. La nuova funzione del/della responsabile intermedio e la gestione della differenza di genere Se si focalizza l’attenzione su una capacità gestionale complessa come la valorizzazione della differenza di genere, è possibile notare come le stesse funzioni del capo, sopra esposte a livello generale, si declinano in un ulteriore livello di approfondimento, ciascuno dei quali richiede un apprendimento specifico. Essere trainer per la valorizzazione della differenza di genere vuol dire: • individuare gli apprendimenti da realizzare con riferimento agli obiettivi da raggiungere e al grado di competenza dei soggetti maschili e femminili prendendo in considerazione le competenze trasversali (per esempio la comunicazione, la relazione e la collaborazione) e non soltanto quelle tecnico specialistiche; • orientare e supportare lo sviluppo di specifiche aree di competenza o abilità facendo attenzione ai processi di autostima del soggetto (e al valore della differenza di genere); 30 • verificare il raggiungimento degli obiettivi di apprendimento posti e trovare le forme per rendere visibile il contributo di ciascuno e motivare donne e uomini. Essere coach nelle situazioni in cui si voglia implementare la valorizzazione della differenza di genere vuol dire: in situazioni di supporto individuale • facilitare l’individuazione di specifici obiettivi di apprendimento personale e la definizione di programmi di acquisizione/sviluppo di specifiche abilità e competenze; in situazioni di creazione /rafforzamento del gruppo di lavoro • sostenere il senso di appartenenza al gruppo e l’identificazione con i traguardi comuni da raggiungere; • favorire l’integrazione e lo scambio di esperienze e competenze nel riconoscimento di valore delle differenze di genere/generazione. Essere mentor negli interventi nei processi di visibilità e di autorevolezza (empowerment) delle donne con potenziale vuol dire: • sostenere il processo di empowerment del soggetto femminile affinché sappia riconoscere il proprio stile di gestione del ruolo, le proprie aree di forza e le aree di miglioramento, aiutando le donne ad entrare in contatto con il proprio potere personale. Oltre a ciò, vuol dire guidare il soggetto affinché sappia orientarsi e sappia scegliere le opportunità e i percorsi di apprendimento e di crescita più congruenti con le proprie potenzialità e bisogni; 31 • facilitare i processi interni alla cultura organizzativa orientati al saper declinare congiuntamente innovazione/continuità permettendo così: a. al soggetto femminile di conoscere meglio e approfondire le norme e i valori presenti in azienda e al contempo di costruire stili e modi che facilitino, da un lato la libera espressione delle proprie potenzialità e caratteristiche e dall’altro il riconoscimento (e il riconoscersi) come appartenente all’organizzazione; b. all’organizzazione di conoscere, riconoscere, accettare e valorizzare il contributo innovativo e positivo della differenza di genere, flessibilizzando i modelli di riferimento per gli uomini e per le donne. 32 5. La gestione delle risorse umane e il nuovo ruolo della/del responsabile Nelle aziende nelle quali è stato implementato il progetto, la funzione del personale è risultata in quasi tutti i casi a sostanziale modello amministrativo. La mancanza di modelli precostituiti da un lato rende più difficile la comprensione delle criticità nella gestione del personale in generale e in particolare dei gap da colmare per la gestione della differenza di genere; dall’altro rappresenta un’opportunità date le minori resistenze agite dall’organizzazione verso l’innovazione. Infatti, la mancanza di un sistema intermedio tra la direzione e i capi diretti rende più forte il bisogno di delegare la gestione delle persone ai capi stessi, creando nei fatti un sistema di gestione diffusa del personale. Questo aspetto paradossale avvicina le piccole aziende alle organizzazioni più grandi e complesse. Proprio la mancanza di questa cultura e della consapevolezza dei passaggi di filosofia che la sottendono, rende semplicistica la richiesta ai capi di assumere nuove responsabilità e dà adito a processi di stress degli stessi e a modalità di approccio alle persone e a questi nuovi compiti casuali, personali e privi di coerenza interna. Questo inoltre contribuisce a creare situazioni di malcontento, soprattutto in assenza di una funzione del personale in grado di offrire supporto formativo e strumentazione. 33 6. Modalità e leve di gestione delle risorse umane per la valorizzazione della differenza di genere. a. Il primo aspetto da considerare è la stretta connessione tra la consapevolezza di dover introdurre modalità e leve di gestione del personale di tipo non solo amministrativo contrattuale e l’impegno per la valorizzazione della differenza. Ciò si deve realizzare attraverso: • il committment della proprietà/direzione alla quale l’intervento di valorizzazione della diffferenza va prospettato come leva di sviluppo di un sistema aziendale di gestione delle risorse umane, peraltro indispensabile per superare la frammentazione delle attività dei capi e il gap storico di HRM tra grandi e piccole aziende e per porsi come propulsore del cambiamento. Le esperienze che si sono realizzate nelle aziende di successo, infatti, hanno confermato come i sistemi di gestione delle persone possono essere fatti evolvere da strumento di gestione della stabilità intesa come staticità a strumento di propulsione del cambiamento e dell’innovazione. 34 Figura 8. Funzione del personale come ruolo di sviluppo strategico In particolare occorre operare una consulenza al top management fortemente ancorata ad una analisi strategico/organizzativa dell’impresa, al fine di mettere in relazione i contenuti del sistema di gestione delle persone e gli obiettivi di business. L’ analisi deve servire anche a rilevare i gap culturali che si trasformano in comportamenti e atteggiamenti dei capi da correggere, sia per il miglioramento della gestione delle risorse umane che, in particolare, per sviluppare i processi di empowerment delle donne. Per quanto riguarda i board direzionali l’interesse verso una gestione delle risorse umane congeniale alla necessità di acquisire e sviluppare 35 persone di alta qualità, adatte al riposizionamento che le aziende innovative di questo settore stanno realizzando (internazionalizzazione dei clienti e dei mercati, sviluppo managariale dei processi, eccetera) è un aspetto chiave al quale dare concretezza attraverso la possibilità di acquisire la valorizzazione della differenza. b. In un secondo momento, occorre avere la capacità di ideare, insieme al top management, quel giusto mix di governo a livello centrale, da parte una di una figura di responsabile di alto livello già esistente, e di gestione operativa da parte di capi, supportati e guidati dai compiti di governo centrale. Questo significa assegnare una nuova responsabilità sulla filosofia di gestione delle risorse umane senza necessariamente creare una funzione che appesantirebbe i costi aziendali e la struttura stessa, attraverso un processo di valutazione dei requisiti posseduti e di formazione delle competenze specifiche necessarie a selezionare quelle strategie e strumenti fondamentali di gestione delle risorse umane che sono prioritari per l’azienda (come per esempio i colloqui con i collaboratori, il sistema dei confini tra i ruoli, gli strumenti di riconoscimento anche simbolico delle persone, le modalità di compensation). c. Il terzo passaggio si articola in un modello di valorizzazione della differenza di genere che declina gli strumenti fondamentali di gestione delle risorse umane secondo criteri in grado di mettere in risalto anche il valore professionale delle donne. 36 Figura 9. Strategie e leve di gestione delle risorse umane 37 Seguendo l’elenco delle leve gestionali riportate nella figura precedente questo significa: Avere professionalità adeguate Ricercare e prendere in considerazione per le posizioni vacanti sia le figure femminili che già operano in azienda che le nuove candidature pensando che si possono proporre su tutti i processi produttivi, compresi quelli tradizionalmente segregati al maschile, e stimolando i capi a sperimentare l’innovazione. Ciò significa, per le aziende e per il sistema della formazione professionale territoriale, essere disponibili ad indagare nuovi ruoli innovativi caratterizzati dall’integrazione tra dimensioni tecniche e gestionali. Il successo è maggiormente assicurato se intorno al processo di assunzione e selezione vi è una rete territoriale integrata tra i soggetti e le istituzioni responsabili dell’orientamento, i centri di formazione professionale, le istituzioni per l’alta formazione (come ad esempio il post diploma) e quei soggetti che promuovono campagne di informazione e di comunicazione sociale per rendere conosciute queste nuove figure professionali e attrattivi per le donne settori tradizionalmente percepiti come maschili. Valutare le posizioni, le performance e il potenziale e attivare sistemi premianti Nella nostra esperienza si evidenza come, nelle aziende dove le donne ricoprono ruoli di responsabilità e di coordinamento, a livello intermedio e a livello di capisquadra, spesso non vi sia una formalizzazione di tali responsabilità (e di conseguenza un adeguato 38 riconoscimento, anche nelle categorie contrattuali) della funzione ricoperta nei fatti. Questo é il risultato da un lato della propensione delle donne ad assumersi responsabilità, sentendosi così gratificate dalla fiducia data loro dall’azienda/capo e dalla soddisfazione di riuscire a fare un lavoro ben fatto e dall’altro dell’ inclinazione dei capi a delegare senza formalizzare e senza riconoscere. In questi casi è di particolare efficacia istituire: • da un lato gruppi di ascolto con i capi intermedi per analizzare le percezioni delle attività svolte e delle competenze possedute dalle donne in posizioni di coordinamento promuovendo così consapevolezza nei capi e formalizzazione e visualizzazione delle mappe delle skill agite; • dall’altro momenti di ufficializzazione, condivisione e certificazione dei profili posseduti dalle coordinatrici alla presenza delle donne, dell’alta direzione e degli stessi capi intermedi;. Un’altra importante linea guida per quanto riguarda quest’area di leve gestionali riguarda la diffusione delle caratteristiche e dei contenuti delle nuove forme di leadership femminile nella gestione delle risorse umane, di tipo trasformazionale, fondata cioè sull’accoglienza, la valorizzazione delle aree di eccellenza e il supporto allo sviluppo delle aree di miglioramento di tutti i collaboratori e le collaboratrici. Questo presuppone riconoscere e valorizzare le componenti non solo razionali, ma anche quelle emotive e sociali della gestione dei processi, delle strutture organizzative e delle persone. 39 Carriere e sviluppo professionale e personale La medesima difficoltà a riconoscere i ruoli di responsabilità ricoperti dalle donne è riscontrata anche in alcuni casi di responsabili femminili di processi/unità organizzative. In questi casi è importante supportare il processo di consapevolezza delle dinamiche in atto attraverso interventi di coaching affinché le donne siano in grado di attivare capacità negoziali che portino al riconoscimento del loro valore. Per quanto riguarda i ruoli non puramente esecutivi, un importante strumento di gestione delle risorse umane per la valorizzazione della differenza di genere riguarda la necessità di affrontare i periodi di maternità con un’impostazione e una strumentazione, peraltro già sperimentate in altri settori (Chiesi et al. 2002), che eviti il disinvestimento aziendale sulle donne che vanno in maternità e supporti le donne e gli uomini nella conciliazione tra responsabilità genitoriali e responsabilità professionali. Si tratta di utilizzare una strumentazione che va da quelle linee guida rivolte ai responsabili e finalizzate ad impostare una continuità di relazione nonché piani di investimento a partire dal periodo precedente all’assenza per maternità fino a quelle rivolte alla lavoratrice o al lavoratore che intenda usufruire del congedo parentale al fine di trovare le forme di pacificazione personale e organizzativa dei due ruoli che sono chiamati a ricoprire. 40 Servizi alle persone Gestire le differenze soggettive e di genere richiede, inoltre, una forte attenzione alle diverse fasi della vita e ai diversi bisogni che donne e uomini possono avere con l’obiettivo di trovare forme di flessibilità di orario per la conciliazione tra vita lavorativa e vita privata ( ad esempio bambini piccoli, genitori anziani non autosufficienti, investimento sul proprio capitale umano con percorsi di studio, volontariato, eccetera) e/o per risolvere problemi organizzativi della vita personale (asili aziendali, servizi alla famiglia o per il tempo libero ) (Chiesi et al. 2006). 7. Lo strumento della formazione La leva di gestione della formazione merita una trattazione a sé stante, sia perché è uno strumento cardine nei processi di cambiamento, sia perché può essere scelta come vettore su cui fondare la gestione innovativa della differenza di genere. Pertanto la formazione verrà trattata come: • leva per il superamento degli stereotipi; • modalità per conoscere, riconoscere e valorizzare la differenza; • sede di processi di empowerment delle donne; • valore aggiunto per lo sviluppo personale e professionale delle/dei responsabili. 41 Occorre sottolineare, inoltre, come la formazione può essere veramente efficace solo se tarata, sia nei contenuti che nelle modalità didattiche, sui fabbisogni impliciti ed espliciti di ogni singola azienda e se si ricerca una corretta mediazione tra i fabbisogni dell’organizzazione e i bisogni peculiari delle singole persone interessate ai processi formativi. Figura 10. Sistema integrato di analisi dei bisogni Bisogni Analisi dei bisogni di f i Bisogni 42 Bisogni La formazione come leva per il superamento degli stereotipi. La formazione può essere una leva di superamento degli stereotipi se, in fase di progettazione, viene effettuata un’attenta analisi delle condizioni aziendali che costituiscono un ostacolo o un’opportunità per la valorizzazione della differenza di genere e della cultura nonché dei valori di riferimento per i comportamenti dei responsabili e dei ruoli operativi. Nella fase di analisi organizzativa che precede la progettazione può essere rilevato il carattere fortemente inconscio sia della cultura organizzativa simil-familiare, sia degli stereotipi di genere che ineriscono alle professioni nei diversi settori. Ciò suggerisce la necessità di azioni formative orientate all’esplicitazione degli assunti impliciti e al contenimento della possibile ansia associata così come ad azioni di counselling individuale con i capi intermedi. Si tratta di forme di intervento esterno per la crescita di consapevolezza culturale che si sono rivelate essenziali per facilitare le decisioni che portano al cambiamento. Infatti, la crescita di consapevolezza culturale presuppone ciò che nelle tecniche del managing diversity viene utilizzato per sperimentare su di sé le logiche del dominante e le logiche del diverso, oggetto di stereotipo, che porta a forme di discriminazione e di non valorizzazione. Gli atteggiamenti che sono stati considerati caratteristici di coloro che appartengono al gruppo dei dominanti e al gruppo dei diversi stereotipati sono: 43 • I dominanti giudicano ed interpretano il comportamento degli altri attraverso le regole, le strutture, i ruoli e i valori che hanno stabilito; • in genere, le diversità vengono percepite come insignificanti o negative; • ci si aspetta che i subalterni si assimilino; • i comportamenti e le regole del gruppo dominante si accentuano in presenza dei subordinati; • il comportamento dei subordinati è interpretato negativamente mentre essi si sentono confusi/vulnerabili; • chi sta nel proprio territorio mantiene il potere e il controllo; • in genere, i dominanti giudicano i subordinati in base ai propri standard culturali e non li considerano alla loro altezza; • si dedica poco tempo a condividere o discutere i fattori culturali; • i subalterni sono lasciati soli a comprendere la nuova cultura e ricevono un feedback soltanto quando sbagliano; • i subordinati cercano aiuto dagli altri subordinati nel nuovo ambiente insicuro. 44 Figura 11. Atteggiamenti del gruppo dei dominanti e del gruppo dei diversi stereotipati e cambiamenti possibili La formazione come modalità per conoscere, riconoscere e valorizzare la differenza per il cambiamento organizzativo I principi dell’apprendimento della differenza nelle organizzazioni si rifanno ai principi cognitivi e sociali della differenza declinati in ambito organizzativo e formativo: • il riconoscimento ovvero conoscere, riconoscere, rispettare e valorizzare la differenza. Il suo contrario è il disconoscimento della diversità e la distruzione/negazione della differenza e l’omologazione verso il dominante. I risultati prodotti sull’organizzazione sono: il miglioramento di alcuni aspetti della micro-organizzazione (sistema di formazione, teamwork, eccetera) prodotto dal riconoscimento delle differenze; • l’attivazione ovvero apprendere dalla differenza. Il suo contrario è l’integrazione per assimilazione: melting pot. I risultati 45 prodotti sull’organizzazione sono il ridisegno organizzativo prodotto dalla attivazione delle differenze (macro-organizzazione, ruoli, nuovi sistemi di valutazione); • l’ improntare di sè ovvero generare cambiamento sociale, organizzativo e gestionale attraverso il nuovo e il diverso fornito dalla differenza.Il suo contrario è la coesistenza come compromesso. I risultati prodotti sull’organizzazione sono l’innovazione/cambiamento radicale attraverso il nuovo e il diverso fornito dalle differenze (vision, valori e cultura, modello organizzativo). Figura 12. Criteri di autoriferimento per la conoscenza, il riconoscimento e la valorizzazione della differenza di genere a 46 La formazione come sede dei processi di empowerment e di valorizzazione delle identità professionali femminili • il riconoscimento del carattere eminentemente relazionale delle identità e la conseguente necessità di sviluppare, nel rapporto in aula, un’attitudine relazionale del formatore/formatrice che si nutre del massimo rispetto e dell’empatia con le persone (tenere in considerazione, prendersi cura) • la necessità di creare, nello spazio formativo del gruppo, una dimensione noi centrica, basata sulla creazione di un campo di condivisione implicito, che superi la relazione “io/voi”, dove agisce l’autorità, per accedere alla relazione “io con voi”, dove agisce la reciprocità. In questa prospettiva risulta molto importante il momento dell’accoglienza dove agire, anche simbolicamente, il prendersi cura delle persone; Figura 13. La dimensione noi centrica 47 • il bilanciamento dell’educazione alla relazione con la valorizzazione delle identità di genere e personali ovvero creare il gruppo e individualizzare le singole persone. Ciò significa, dal punto di vista formativo, promuovere nei/nelle partecipanti l’investimento su di sé, e guidare alla consapevolezza del proprio desiderio, della propria autenticità da cui possono originarsi sia l’orgoglio di sé,(senso di auto-efficacia), sia la libertà e la forza creativa necessari per concepire un progetto, personale/professionale (ovvero mettere se stessi al centro della propria progettazione di vita) e l’energia per renderlo operativo. • l’accompagnamento nelle tre fasi di crescita della persona e del gruppo: dipendenza, controdipendenza e autonomia. Qui entrano in gioco le dinamiche di riconoscimento soggettivo sia da parte del formatore/formatrice, sia da parte del gruppo dei pari. Si presuppone che il formatore/la formatrice si percepiscano all’interno di un percorso di sviluppo del sé compiuto, per poter supportare i/le partecipanti • L’alimentazione di un percorso di auto-sviluppo delle capacità e delle competenze personali alimentato nella relazione positiva con l’altro. Infatti le condizioni per l’auto realizzazione di genere e individuale sono socialmente assicurate quando le persone possono sperimentare il riconoscimento intersoggettivo non solo della loro autonomia personale, ma anche dei loro specifici bisogni e delle loro capacità. Ciò si realizza attivando nei/nelle partecipanti la comprensione di se stessi come persone dotate di capacità e di competenze che hanno valore per gli altri e che consentono di contribuire al miglioramento 48 economico/sociale attraverso lo svolgimento di un lavoro, di una professione o l’esercizio di un’arte, riconosciuti a livello sociale • la valorizzazione degli aspetti emotivi intesi come dimensione/gamma della persona e il supporto alle identità maschili per superare la percezione dell’emotività come area di non pertinenza. 8. Metodi e strumenti didattici per la formazione alla differenza di genere Il metodo sequenziale di trasferimento dei contenuti per favorire l’apprendimento cognitivo ed emotivo di donne e uomini L’attenzione da dedicare alla sequenza con la quale vengono offerti i contenuti formativi è fondamentale quando si tratta di una formazione di genere che va ad incidere sulle mappe concettuali, simboliche e culturali possedute dagli uomini e dalle donne per aiutarli/e a superare resistenze o opposizione al superamento degli stereotipi. Inoltre, tale preoccupazione è importante per attivare risorse interne alle quali le persone non sono state abituate ad accedere o a dare un riconoscimento di valore sostanziale nel processo di costruzione dell’identità personale e professionale. La sequenza si differenzia a seconda che le persone in formazione siano solo donne o solo uomini, o si tratti di contesti misti. • nel caso di un’aula a prevalenza maschile la sequenza del trasferimento dei contenuti è dallo strutturale/organizzativo al personale/soggettivo; 49 • nel caso di un’aula a prevalenza femminile il trasferimento dei contenuti è più efficace se parte dall’analisi e riflessione sul sé per accedere poi alla costruzione del ruolo, della professionalità e all’inserimento degli stessi nel contesto organizzativo, all’interno di un quadro di legittimazione da parte dell’autorità competente. Questa sequenza è decisamente più efficace se inserita in un quadro di riferimento che legittima e dà senso (per esempio, nel caso delle esperienze condotte nelle aziende con questo progetto, quello della direzione aziendale); • nel caso di aule con presenza equilibrata di uomini e donne la sequenza dei contenuti avviene a partire dalla necessità di creare una giusta alchimia, nello stesso modulo formativo, tra modalità adatte a un genere e modalità adatte all’altro. In tutti e tre le modalità i contenuti sono proposti in una logica di riconoscimento di valore sia dell’uno che dell’altro genere e di ricerca di sinergia e di creazione di valore per ciascun genere. Le metodologie di gestione dell’aula, della formazione individuale e le didattiche proposte. Affrontare le tematiche della differenza di genere presuppone che la/il docente abbiano competenze non soltanto di esperta/o di contenuto, ma anche di esperta/o di formazione. Con questo secondo termine si vogliono indicare le conoscenze, il metodo e gli strumenti che sono patrimonio ormai consolidato della pedagogia e della formazione degli adulti in contesti lavorativi, ovvero: 50 • la capacità di progettazione delle unità didattiche con una particolare attenzione a creare un equilibrio tra i tre momenti del trasferimento delle l’operazionalizzazione/sperimentazione conoscenze, delle stesse e la verifica/valutazione dei risultati di apprendimento; nonché l’abilità di modificare la conoscenza in itinere, in relazione alle possibili sorprese presenti nella realtà d’aula rispetto alle ipotesi nate dall’analisi dei bisogni formativi. L’analisi del fabbisogno di formazione sul genere può offrire elementi conoscitivi di natura specifica, ma ciascun uomo o donna può portare nel gruppo un livello di sensibilità che l’analisi precedente del fabbisogno non è stata in grado mettere in luce; • la competenza di analisi sociale dell’aula e delle dinamiche d’aula che si generano a seguito alla strutturazione delle relazione tra la/il docente e i/le partecipanti/e e viceversa nonchè tra gli/le stessi/e partecipanti/e tra loro. Tali dinamiche sono molto diverse nel caso di aule di soli uomini, di sole donne o miste; • le abilità comportamentali, relazionali e di comunicazione della/del docente-formatore/trice nel porgere i contenuti e nel porsi come soggetto di testimonianza. Le didattiche utilizzate. Per affrontare in modo soddisfacente i percorsi formativi volti alla valorizzazione della differenza di genere, vi è la necessità di dare una forte attenzione agli aspetti della struttura d’aula (il layout) e alle forme di attivazione degli uomini e delle donne attraverso metodologie didattiche appositamente ideate e studiate. Per quanto riguarda il 51 layout è fattore di efficacia strutturare l’aula a U e utilizzare dei simboli/artefatti che favoriscano i processi di accoglienza (per sempio il saluto personalizzato, far trovare un piccolo dono per ciascuno, eccetera). Il layout a U viene privilegiato poiché affrontare le differenze di genere implica un coinvolgimento delle persone non soltanto di tipo cognitivo, ma anche di tipo emotivo simbolico profondo. Di conseguenza tutti devono essere posizionati in modo da potersi guardare reciprocamente e vi deve essere uno spazio strutturato, ma contemporaneamente aperto perché la/il docente possa agire una relazione interattiva forte con le singole persone e con il gruppo complessivo. Ciò che in letteratura andragogica (ovvero la pedagogia degli adulti) viene definita come la costruzione del noi centrico ha la necessità di essere controbilanciato, nella gestione delle differenze di genere, da una accortezza del/la docente a istaurare nel contempo delle relazioni diversificate con ciascuna persona. Se questi aspetti sono importanti per la conduzione di qualsiasi aula, essi risultano particolarmente critici quando le aule sono diversificate rispetto al genere e/o si trattano i temi della differenza di genere. Ciascuna persona ha, in questo caso, la necessità di avvertire che vi è una forte coerenza tra i contenuti che si propongono per la valorizzazione del genere e la modalità attraverso la quale questa valorizzazione viene agita dalla/dal docente sia per quanto riguarda il contributo unico di ciascuno, sia per quanto riguarda una positività, e in alcuni casi un orgoglio, di appartenenza di genere. 52 Le modalità di attivazione degli uomini e delle donne in tre momenti topici della didattica per la gestione dei gruppi di formazione • Il primo momento è l’attivazione iniziale dei partecipanti attraverso cui avviare non solo il processo di socializzazione, e quindi l’abbattimento delle resistenze agli opposti pericoli di essere fagocitato o rifiutato dal gruppo, ma anche l’avvio del delicato lavoro di comprensione delle sensibilità soggettive presenti nel gruppo; • il secondo momento topico è quello relativo all’implementazione del processo di apprendimento attraverso esercizi quali role playing, simulazioni, analisi di casi, eccetera i cui risultati, che dimostrano l’interiorizzazione dei contenuti, devono essere sempre oggetto di valorizzazione da parte della/del docente e permettono di comprendere le difficoltà concettuali e i nodi emotivi che tali esercitazioni hanno fatto emergere; • il terzo momento è dato dai feedback sia informali che formali che si recepiscono attraverso i processi di verifica. Nei percorsi di formazione tradizionale, infatti, viene data molta importanza ai processi di verifica dell’apprendimento e della soddisfazione dei partecipanti al termine del percorso formativo. Nel caso di percorsi formativi che mirano a valorizzare la differenza di genere, vi è la necessità di affiancare ad essi altre modalità. In particolare si fa riferimento alla raccolta di feedback verbali, ponendo molta attenzione a che tutte le persone si esprimano; all’utilizzo di tecniche di creatività utili per cogliere gli elementi di disagio consapevole o inconsapevole a livello emotivo e relazionale; oppure la ricerca di feedback individuali a 53 livello informale (ad esempio durante le pause) con quei soggetti, uomini e donne, nei quali si percepisce una particolare personalità. 9. Conclusioni: creazione di un sistema di gestione delle risorse umane orientato alla valorizzazione della differenza di genere Quello che si è realizzato nelle aziende con le quali si sono disegnati e gestiti gli interventi oggetto di questa guida è un sistema altamente innovativo di gestione delle risorse umane e di formazione orientato alla valorizzazione della differenza di genere. Non si è trattato, infatti, di azione sporadiche, che per quanto importanti non sono state in grado di scalfire i modelli organizzativi e gestionali dell’azienda, ma, al contrario, di un vero e proprio programma di mainstreaming che ha operato profondamente sugli archetipi organizzativi e individuali e ha avuto come risultato una trasformazione radicale dei modi di lavorare e di rapportarsi delle persone nei luoghi di lavoro. Alla creazione del sistema si è potuto arrivare attraverso un percorso guidato che ha coinvolto l’intera azienda e che viene riproposto di seguito come adatto e suggerito per l’implementazione anche in altre aziende o settori produttivi. • La prima fase riguarda lo sviluppo dell’intenzionalità ossia l’adesione emotiva ai principi della differenza di genere e al nuovo programma di gestione delle persone e di formazione orientati alla valorizzazione delle donne e all’assunzione dell’impegno etico da parte del management, delle /dei responsabile e 54 delle/degli operatrici/operatori per lo sviluppo del percorso di mainstreaming (livello dell’adesione); • la seconda fase consiste nello sviluppare/conoscere i contenuti specifici della valorizzazione della differenza di genere sul lavoro e nel riconoscere gli ostacoli e le opportunità del contesto aziendale per l’implementazione (livello dello sviluppo della consapevolezza); • la terza fase consiste nel definire target, obiettivi, metodi e strumenti specifici, in un’ottica di genere, finalizzati al superamento degli stereotipi di genere presenti nella cultura aziendale e degli ostacoli presenti nelle pratiche organizzative che impediscono la valorizzazione delle donne nei sistemi professionali e il riconoscimento della leadership femminile (livello della conoscenza); • la quarta fase consiste nell’applicazione dei metodi e delle tecniche gestionali e dei piani formativi (livello dell’applicazione e dell’empowerment). • La quinta fase consiste nel controllo dei risultati del nuovo sistema gestionale e nel riconoscimento e celebrazione, con il più ampio coinvolgimento delle persone dell’azienda, dei risultati ottenuti (livello del riconoscimento/feedback). • La sesta fase consiste nell’applicazione consapevole dei criteri gestionali per la valorizzazione della differenza di genere che sono stati interiorizzati nelle routine e nel miglioramento continuo/innovazione degli stessi (livello dell’autonomia). I prime due livelli, adesione e consapevolezza si basano sul criterio “open doors”, il terzo e quarto livello, conoscenza ed empowrment, si 55 basano sul criterio “open mind” e il quinto e sesto livello, riconoscimento e autonomia, si basano sul criterio “open system”. A livello di architettura, il sistema di gestione delle persone orientato alla valorizzazione della differenza di genere si configura come una piattaforma che sostiene l’intera organizzazione, la sua operatività e la strategia facendo affidamento come elementi cardine sugli strumenti della relazione supportiva e della formazione. Il piano dell’operatività è quello che individua i contributi specifici che le donne, dal punto di vista professionale, forniscono all’organizzazione nei termini di competenze specifiche, skill e performance. Il piano dell’organizzazione è quello che innova, crea e sviluppa condizioni organizzative e cultura per la valorizzazione delle donne attraverso soluzioni quali il team e sistemi quali il sistema di valutazione delle competenze, dei risultati nonché i sistemi premianti per poi inserirli in una cultura del cambiamento. Il piano della strategia è quello che trasforma il valore aggiunto, risultato del libero fiorire delle persone e delle professioni, in risultati e in innovazione del business e in benessere per le persone. La leva cardine dell’empowerment è quella che promuove nelle persone, donne e uomini, l’investimento su di sé e guida alla consapevolezza del proprio desiderio, della propria autenticità da cui possono originarsi sia il senso di auto-efficacia, sia la libertà e la forza creativa necessari per concepire un progetto, personale/professionale, e l’energia per renderlo operativo. 56 La leva cardine del coaching è quella che promuove una cambiamento soggettivo, facendo leva sull’accoglienza delle aree di vantaggio e di svantaggio personali e sviluppando una leadership trasformazionale. La leva cardine della formazione è quella che incide direttamente sulle donne e sugli uomini provocando un cambiamento cognitivo e un riposizionamento di valori e comportamenti, in particolare in relazione alla identità di genere, personale e professionale Figura 14. Sistema di gestione delle risorse umane e di formazione orientato alla valorizzazione di genere Per condurre una piattaforma così rifondativa, come quella descritta, è necessario che l’azienda definisca nuove politiche per la gestione delle risorse umane e che ne assicuri la realizzazione attraverso un governo attento e costante. Un’attenzione particolare dovrà essere 57 posta nel progettare e nel mettere in atto tutte le componenti del governo del sistema : • Il commitment, la leadership della Direzione/Proprietà, impegnati nell’affermazione della valorizzazione della differenza di genere devono assumersi la responsabilità etica e strategica della guida del sistema. • Le strutture per il governo, sono necessarie sia a livello centrale (un presidio o centro di governo, costituito da un process owner autorevole e presente nel board direzionale), sia a livello periferico, fornendo deleghe e competenze per la gestione della differenza di genere ai responsabili di linea. • La capacità realizzativa (execution), deve essere alimentata da strumenti e pratiche innovative e specifiche, che spazino in tutti i campi della gestione delle differenze: criteri e modalità di selezione, valutazione e riconoscimento delle performance e delle competenze, sistemi di compensation, dispositivi per la conciliazione tra vita privata e vita professionale, formazione per la valorizzazione della differenza di genere. 58 Figura 15 Le politiche per la gestione delle persone orientata alla valorizzazione della differenza di genere 59 Appendice: Le sperimentazioni proposte nell’ambito di GELSO Nell’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari • Buone Pratiche nei Servizi Infermieristici Sperimentazioni di flessibilità degli orari per conciliare i tempi di vita con la professionalità e lo sviluppo delle competenze all’interno di un processo di miglioramento della qualità dei servizi. Il progetto ha proposto di verificare le soluzioni innovative di integrazione delle forme di orari flessibili esistenti nei Servizi Infermieristici di APSS in modo da poterne facilitare l’utilizzo in tutta l’azienda identificando soluzioni e modalità gestionali “di successo” e rendendole disponibili (in termini di conoscenza) a tutti gli interessati (prioritariamente,caposala, ma anche infermieri) Il processo in pratica Identificazione di primi indicatori gestionali e di flessibilità di orari su modalità Focus group finalizzati ad individuare le modalità di gestione della flessibilità degli orari di lavoro e le tipologie attivate nei diversi reparti 60 Definizione di una griglia di lettura degli orari di lavoro e degli strumenti gestionali a partire dai risultati dei focus, predisponendo dei raggruppamenti per soluzioni omogenee Predisposizione di un questionario da distribuire ai/lle caposala per raccogliere i dati delle realizzazioni effettuate in materia di orari Elaborazione dei questionari e definizione di una buona prassi sulle modalità di gestione, che faciliti il lavoro dei/lle nuove caposala o di coloro che nonb hanno sperimentato soluzioni di flessibilità. “Catalogo” delle tipologie/flessibilità di orari più diffuse e/o interessanti Avvio di una forma di knowledge management attraverso una pagina intranet dedicata alla flessibilità degli orari dove verificare l’esistente e inserire innovazioni attivate 61 • Personalizzazione degli orari di lavoro Sperimentazioni di flessibilità degli orari per conciliare i tempi di vita con la professionalità e lo sviluppo delle competenze all’interno di un processo di miglioramento della qualità dei servizi Il progetto ha proposto di attivare e di sperimentare soluzioni innovative di integrazione delle forme di orari flessibili esistenti in APSS in modo da poterne estendere l’utilizzo, in termine di numero di lavoratori che ne usufruiscono e di tipologia di flessibilità utilizzate. Il processo in pratica La progettazione di dettaglio si è sviluppata con il CPO e con la Direzione Risorse Umane. Successivamente il programma è stato presentato al Top management ed alle Organizzazioni Sindacali. La individuazione delle aree/uffici di sperimentazione è stata approfondita dalla Direzione Risorse Umane che si è confrontata con i dirigenti. I criteri per l’individuazione sono stati: un corretto mix tra front office e back office e di dimensione degli uffici interessati (grandi e piccoli la disponibilità/interesse dei dirigenti 62 Il processo in pratica Il coinvolgimento del management responsabile delle aree/uffici di sperimentazione è avvenuta attraverso un incontro di informazione/approfondimento/adesione. Con loro si è verificato anche quali risultati di miglioramento dell’efficienza e dell’efficacia potessero essere attesi dalla sperimentazione e quali indicatori selezionare Il lancio del progetto ha coinvolto il personale con un’informazione diffusa realizzata con comunicazioni scritte per posta elettronica L’avvio della sperimentazione ha avuto luogo tramite una riunione di tutti i dipendenti delle aree/uffici di sperimentazione cui si presenteranno gli obiettivi e le metodologie che si sono intese perseguire. A tutti loro è stata fornita una scheda di adesione che i soggetti interessati hanno potuto compilare indicando la volontà di aderire alla sperimentazione e le problematiche/soluzioni di orario individuate Linee guida per il responsabile ed il lavoratore sono state fornite ai soggetti interessati in modo da dare maggiore consapevolezza del processo e facilitare il raggiungimento di un risultato di reciproca soddisfazione 63 Il Percorso per la Conciliazione Progettazione Incontri con Top Mgmt. OOS S D. R . U. e C.P .O ________________ Lettere di lancio dell’iniziativa e schede di adesione lancio dell’iniziativa Analisi casi 1. soggetti 4. metodo 2. definiz. orari 3. sperimentazione g. 1 Incontri di scambio Gestionale e organizzativo tra capi e lavoratrici/ori Compilazione schede Individuazione Lavoratrici/ori e responsabili Verifica e monitoraggio di per tipologie organizzative professionali di orari interviste focus group Ipotesi di orari organizzative e gestionali B uone prassi Formazione manageriale integrativa Nella Provincia Autonoma di Trento • Verso una gestione flessibile dell’orario di lavoro Il Progetto ha affrontato alcune contraddizioni presenti nell’attuale sistema di regolamentazione del part-time che ne complicano l’applicazione con svantaggi per la Provincia e per le/i lavoratrici/ori: • la limitazione quantitativa data alla estensione del part-time comporta per i/le dipendenti un’incertezza che aumenta la tensione interna; • la predisposizione dei criteri di verifica sull’accettazione delle domande e l’istruttoria conseguente comportano un lavoro complesso ed impegnativo; 64 • la periodicità prevista per la presentazione delle domande e i tempi di decisione spingono le/i dipendenti a fare richiesta anticipatamente (spesso con riferimento a futuri impegni scolastici) anche quando non necessario; • l’aleatorietà del riconoscimento del part-time porta a mantenerlo più a lungo possibile, al di là delle effettive esigenze famigliari e personali. Progetto Part-Time: obiettivi • Inserire il part-time in un contesto di orari flessibili (non ancora esistente) dove si potessero combinare soluzioni personalizzate che permettessero di dare risposte efficaci alle esigenze organizzative e dei dipendenti • Dare certezza alla sua applicazione • Ampliare la gamma degli orari ridotti • Contenere la riduzione del monte ore lavorate nella Provincia pur estendendo il part-time 65 Progetto Part-Time: processo • Analisi della documentazione contrattuale e della regolamentazione del part-time per individuare ipotesi e soluzioni innovative • Workshop di approfondimento con le Organizzazioni Sindacali per approfondire la loro visione: Dei bisogni e delle richieste delle/i lavoratrici/ori Della flessibilità degli orari nel sistema di regole contrattuali Delle connessioni tra i processi organizzativi e i sistemi di orari •Workshop di verifica con la Direzione del Personale e l’APRAN per confrontare politiche organizzative e contrattuali con riferimento al tempo parziale •Elaborazione di proposte verso una nuova regolamentazione del part-time •Workshop di discussione ed approfondimento con le Parti Sociali sulle ipotesi elaborate Durante il percorso di consulenza è stato effettuato un continuo processo di verifica sulle criticità e le ipotesi di soluzione 66 Riferimenti bibliografici Chiesi, M., Loreni, E., Petetti, A., Storti, C. (2002) “La maternità come sfida di Diversity Management”, Sviluppo e organizzazione, n. 194, pp. 73-89. Chiesi, M, Storti, C., Musolesi, C., Pero, L. (2006) “Orari personalizzati, flessibilità aziendale e conciliazione. Come riuscire a conciliare le esigenze di flessibilità aziendale ed i bisogni differenziati delle persone nel campo degli orari di lavoro”, Sviluppo e organizzazione, n. 213, pp.1-20. Eagly A. H., Carli L.L. (2007) “Women and the Labyrinth of Leadership”. Settembre, pp. 62-71. Gardenswartz, L, Rowe, A. (1998) Managing Diversity: A Complete Desk Reference and Planning Guide, Pfeffer, San Diego, CA. Rosener, J. (1996), "Ways women lead", in N. Nichols (a cura di) Reach for the Top, Boston, MA, Harvard Business School Press, pp. 1324. 67