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Tra le acque nei monti Tra le acque nei monti
copertina.qxd 10/10/2007 13.15 Pagina 1 Parco Regionale Campo dei Fiori Via Trieste, 40 21030 Brinzio (Va) - Italia Tel. 0039 0332 435386 Fax 0039 0332 435403 www.parcocampodeifiori.it [email protected] www.lagodigannalife.org www.parchi.regione.lombardia.it Tra le acque nei monti Parco Regionale Campo dei Fiori Tra le acque nei monti Guida alla natura del sito di importanza comunitaria Lago di Ganna a cura di Marco Fabbri Among waters in the mountains - A guide to the nature of Lake Ganna pagine_iniziali_stampa.qxd 09/10/2007 12.20 Pagina 1 Parco Regionale Campo dei Fiori Tra le acque nei monti Guida alla natura del sito di importanza comunitaria Lago di Ganna Among waters in the mountains A guide to the nature of Lake Ganna a cura di Marco Fabbri Testi di Giancarlo Bernasconi Monica Brenga Melania Bugiani Marta Castaldini Alessandra Gandini Marco Fabbri Luca Masotto Silvia Nicola Simone Rossi 2007 pagine_iniziali_stampa.qxd 09/10/2007 12.20 Pagina 2 Responsabile del progetto Life: Giancarlo Bernasconi Coordinatrice: Monica Brenga Pubblicazione finanziata con il contributo della Commissione Europea, della regione Lombardia, del Parco regionale del Campo dei Fiori, nell’ambito del progetto LIFE-Natura “Interventi di riqualificazione del sito d’interesse comunitario Lago di Ganna”, n. LIFE04NAT/IT00159REU. È consentita la riproduzione dei testi a condizione di citare la fonte. La presente pubblicazione è il risultato dell’Azione E.2 “Realizzazione di un manuale guida alla visita del SIC Lago di Ganna” del progetto Life Natura Interventi di riqualificazione del SIC Lago di Ganna. Coordinamento scientifico ed editoriale: Marco Fabbri I testi sono stati redatti da: Giancarlo Bernasconi, Monica Brenga, Melania Bugiani, Marta Castaldini, Alessandra Gandini, Marco Fabbri, Luca Masotto, Silvia Nicola, Simone Rossi Le fotografie sono di: Luigi Andena (pag. 54, 55), Guido Brusa (pag. 9, 10, 21, 39, 41, 42, 43, 50, 51, 80, 81 n.2), Enrico Chiaradia (pag. 13, 14, 16, 17, 18, 27, 75, 85, 104, 107 n.1), Marco Fabbri (pag. 19, 22, 24, 46, 47, 49, 68, 76, 78, 81 n.3, 101 n.4, 105, 108, 109), Andrea Modesti (pag. 33 n.3, 74 n.7, 83, 106), Simone Rossi (pag. 30, 31, 32, 33, 34, 35, 36, 37, 38, 48, 65, 66, 67, 69, 70, 71, 72, 73, 74, 78 n.2, 79, 89, 90, 91, 92, 93, 94), Jacopo Tonetti (pag. 11, 53, 56, 57, 58, 59, 60, 101 n.2), Civica Raccolta delle Stampe Achille Bertarelli, Milano (pag. 102, 111), Civico Archivio Fotografico, Milano (pag. 98), Idrogea Servizi srl (pag. 44, 45), Italia Bella (pag. 95), Touring Club Italiano, Milano (pag. 97), Tracce (pag. 96). Le restanti immagini sono tratte da Archivio Parco regionale Campo dei Fiori. Immagini cartografiche, elaborazione su cartografia realizzata da Ingenia sas, Via Filisetti 10, 24069 Cenate Sotto (Bergamo). Grafica e art director: Cristina Perone - Cliccaquì, Roma Stampa: Bardelli Arti Grafiche srl, Albizzate Tra le molte persone che hanno facilitato la realizzazione di questa guida vanno citati coloro i quali, oltre ad avere avuto fiducia in noi, ci hanno trasmesso la passione per la conoscenza della Valganna: il Presidente del Parco regionale del Campo dei Fiori, Giovanni Castelli, e il direttore del Parco, Giancarlo Bernasconi. Il dialogo con Monica Brenga, coordinatore del progetto Life Natura ‘Sic Lago di Ganna’, è stato indispensabile per orientarci nel coordinamento degli argomenti: quasi una “Beatrice” di dantesca memoria ci ha condotti per mano nella raccolta dei materiali prodotti dai professionisti affidatari delle Azioni Life che qui ringraziamo: Giorgio Amolari, Filippo Bernini, Roberta Bottin, Cristina Carozzi, Enrico Chiaradia, Annalisa Geronimi, Paolo Granata, Tiziana Piodi, Gabriele Pozzi, Jonny Raccagni, Marco Tornaghi, Lorenza Toson, Alessandro Uggeri. Tra i dipendenti del Parco, sempre molto disponibili, vanno ringraziate in particolare Raffaella Di Losa per la sollecita risoluzione degli aspetti finanziari e amministrativi, e Paola Cassani, per quella degli aspetti tecnici. Tra gli autori dei testi un riconoscimento speciale va a Luca Masotto e Silvia Nicola per il continuo dialogo con l’art director, Cristina Perone, che ha voluto accettare la sfida di realizzare una guida complessa, giocata su piani differenti e interconnessi. Siamo lieti di ringraziare anche il parroco di Ganna, don Luigi Vanin, per averci accompagnato nella visita alla badia di Ganna dandoci spiegazioni difficili da reperire altrove. Grazie a Sonia Allocchio per il supporto all’editing. Per le fotografie uno speciale riconoscimento ai funzionari della Civica Raccolta delle Stampe Achille Bertarelli di Milano e del TCI che con grande sollecitudine hanno autorizzato l’impegno delle immagini da loro custodite. Grazie anche a Luigi Andena per gli utili interventi circa l’iconografia degli uccelli e ad Andrea Modesti e Raul Manenti per quelli sulla fauna acquatica. Finito di stampare ottobre 2007 pagine_iniziali_stampa.qxd 09/10/2007 12.20 Pagina 3 R ete Natura 2000 è uno strumento che l’Unione Europea ha adottato per rendere omogeneo, da un punto di vista gestionale, un sistema interconnesso di aree ricadenti all’interno del territorio della Comunità Europea al fine conservarne la biodiversità. Per la bellezza dei suoi ambienti e la preziosità dei suoi habitat, il Sito di importanza comunitaria del Lago di Ganna, fa parte di questo importante sistema in quanto è un luogo dove la biodiversità è un elemento prezioso del patrimonio comune europeo e come tale deve essere preservato. La Valganna ha inoltre delle grandi valenze storiche. Fu abitata dall’uomo sin da tempi antichi come testimoniano gli strumenti di selce rinvenuti nella torbiera di Ganna, mentre, in epoca romana e medievale, era attraversata da un’importante via di comunicazione che collegava la valle dell’Olona con Ponte Tresa e la Svizzera. I cistercensi hanno lasciato la bellissima abbazia di San Gemolo e hanno avviato lo sviluppo agricolo della valle bonificando la zona paludosa intorno al lago di Ganna. Oggi il Parco è intervenuto per preservare questo delicato sistema con il progetto Life Natura “Interventi di riqualificazione del SIC Lago di Ganna” utilizzando uno strumento finanziario con cui da tempo l’Unione Europea sostiene la propria politica ambientale e promuove la salvaguardia delle risorse in un’ottica di sviluppo sostenibile: queste sono infatti le finalità che il Parco Campo dei Fiori si prefigge quotidianamente. Sono quindi lieto di presentarvi questo volume che, non solo raccoglie tutti gli interventi realizzati con il progetto Life Natura mettendo in luce il grande lavoro svolto, ma è anche uno strumento di grande valenza scientifica e divulgativa. Dalla sua lettura si possono conoscere le strategie di salvaguardia e di tutela intraprese da Rete Natura 2000. Soprattutto, si può comprendere che queste sono in sintonia con le attività umane e che, operando in modo intelligente e sensibile, è possibile conciliare economia e tutela del territorio. Dott. Agr. Giovanni Castelli Presidente Consorzio di Gestione del Parco Regionale Campo dei Fiori pagine_iniziali_stampa.qxd 09/10/2007 12.20 Pagina 4 Sommario Introduzione ..........................................................................9 Un’introduzione sul programma Life ........................................9 Come consultare la guida ........................................................12 Partenza Il comune di Valganna ......................................................13 Inquadramento geomorfologico ..............................................13 Scheda - Le valli sospese ........................................................19 Azione LIFE: Dalla riserva al Sic ............................................21 Tappa Nord 1 La badia di Ganna ..............................................................23 Tracce di storia ........................................................................23 La tradizione monastica ..............................................................23 La presenza dell’uomo ................................................................26 Il paesaggio dell’uomo ..................................................................27 L’architettura monastica ..............................................................28 Il Margorabbia..........................................................................30 Scheda - I pesci........................................................................32 Scheda - La cattura e la marcatura dei pesci ..........................34 La cattura......................................................................................34 La marcatura ................................................................................35 Azione LIFE C8: Il corridoio ecologico ..................................36 pagine_iniziali_stampa.qxd 09/10/2007 12.21 Pagina 5 Tappa Nord 2 La torbiera di Pralugano ..................................................39 Direttiva Habitat......................................................................39 Il Sic Lago di Ganna: un sito di conservazione europeo ..............40 Scheda - Le torbiere................................................................41 Azione LIFE C2: Dragaggio torbiera ......................................44 Il sistema delle acque ..............................................................46 Scheda - Associazioni vegetali ................................................50 Azione LIFE C3: Sistemazione dissesti ....................................52 Avifauna e specie tutelate........................................................53 Risultati del mappaggio ................................................................53 Specie significative ........................................................................55 Utilizzo delle aree da parte degli uccelli ......................................56 Risultati dell’inanellamento ..........................................................57 Scheda - Monitoraggio dell’avifauna ........................................58 Mappaggio modificato ..................................................................58 Inanellamento ..............................................................................58 Cosa si misura? ............................................................................60 Azione LIFE C1: Soglia regolatrice della torbiera ..................61 Azione LIFE C4: Sentieri a sud del Pralugano ........................62 Tappa Sud 1 Il lago di Ganna ..................................................................65 Il lago di Ganna ........................................................................65 Le macrofite ................................................................................66 La fauna ittica................................................................................68 Zone umide marginali e anfibi ......................................................68 Azione LIFE C7: Le pozze ......................................................69 Scheda - Anfibi ........................................................................71 Intorno al lago..........................................................................75 pagine_iniziali_stampa.qxd 09/10/2007 12.24 Pagina 6 Tappa Sud 2 Il complesso di San Gemolo ............................................79 Le cantine ................................................................................79 Scheda - Alneto ......................................................................80 Azione LIFE C5: Rinaturalizzazione delle cantine ..................82 La fonte....................................................................................83 Azione LIFE C5: La passerella ................................................84 La cappella ..............................................................................85 Il laghetto ................................................................................86 L’osservatorio della fauna acquatica e la riqualificazione ambientale ....................................................87 Azione LIFE C6: Osservatorio specie acquatiche ..................88 Scheda - Gambero di fiume ....................................................89 Il Procambarus clarkii, una minaccia per il gambero di fiume italiano....................................................90 Scheda - La marcatura dei gamberi ........................................91 Scheda - Un piano d’azione per le specie acquatiche di interesse comunitario ........................................92 La conservazione dei gamberi ......................................................92 Obiettivi specifici di conservazione: il torrente Valcerbora ........93 La protezione degli anfibi durante le migrazioni ..........................93 Lo spostamento della trota fario a protezione delle piccole specie ittiche............................................................94 Tappa Sud 3 Tra boschi e praterie ........................................................95 L’antica ferrovia........................................................................95 Scheda - Boschi ....................................................................100 Sentiero del Giubileo ............................................................102 Scheda - Praterie ..................................................................107 I luoghi del lavoro ..................................................................108 Scheda - Miniera di piombo ..................................................111 English version ................................................................112 pagine_iniziali_stampa.qxd 09/10/2007 12.27 Pagina 7 Tappa Nord 1 La badia di Ganna Tappa Nord 2 La torbiera di Pralugano Tappa Sud 1 Il lago di Ganna Tappa Sud 2 Il complesso di San Gemolo Tappa Sud 3 Tra boschi e praterie pagine_iniziali_stampa.qxd 09/10/2007 12.27 Pagina 8 8 Note bibliografiche AA.VV., Torbiere e paludi e la loro protezione in Svizzera, Ufafp/Wsl, Berna, 2002, 68 pp. Abrahamsson S., The crayfish Astacus astacus in Sweden and introduction of the American crayfish Pacifastacus leniusculus, Freshwater crayfish, I, pp. 28-39, 1972. Politecnico di Milano, Sentiero del Giubileo, Regione Lombardia, Milano, 2000, 16 carte 1:25.000. Associzione Amici del Sacro Monte, Sacro Monte di Varese. Itinerari di fede e arte, Varese, 2004. Bernasconi C., Brolpito M., De Mattia M., “Ricerca idrogeologica e inquinologica sui laghi della Valganna”, Acqua Aria, 5, 1981. Bernasconi G., Colli M., Carta dei sentieri, Parco Campo dei Fiori, Ingenia Editori, 2003. Buzio A., Filippazzi M., Grotte e abissi di Lombardia: recenti esplorazioni, Guide speleologice regionali, 1992. Club Alpino Italiano, Charta itinerum. Alpi senza frontiere, Regione Lombardia, 2006, 103 pp. Comolli R.B., Zanzi L., Tracce di storia dell’Abbazia di San Gemolo in Valganna, Nicolini, Gavirate, 1999, 175 pp. Deon G., “Geologia del bacino lacustre, ricerca ambientalistica interdisciplinare sul lago di Ghirla”, Acqua Aria, 1, 1981. Fasola M., Villa M., Canova L., Le zone umide. 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Il programma Life si divide in tre settori: Natura, Ambiente e Paesi terzi. Quello che ci interessa più da vicino è il Life-Natura che, tra i suoi obiettivi, ha quello di contribuire all’attuazione della direttiva comunitaria concernente la conservazione degli habitat naturali. La riserva naturale del Lago di Ganna, infatti, ospita ben 6 habitat diversi, di cui 2 sono ritenuti prioritari dalla legislazione comunitaria: le foreste alluvionali di frassino e ontano e le paludi calcaree. Purtroppo, il sito è messo in pericolo da una serie di problemi che rischiano di compromettere, a volte Gli specchi d’acqua a rischio interramento pagine_iniziali_stampa.qxd 09/10/2007 12.30 Pagina 10 10 La natura si risveglia dipingendo il lago irreversibilmente, l’ambiente originario. In particolare, sono state individuate quattro minacce principali. La prima è relativa all’abbassamento del livello idrico dei bacini d’acqua. In un habitat umido come quello in esame è evidente che un abbassamento di pochi centimetri del livello delle acque può portare a notevoli cambiamenti soprattutto nella componente vegetazionale dell’ecosistema. Le zone più colpite sono comprese tra la Torbiera del Pralugano e il Lago di Ganna e tra quest’ultimo e il ramo di Margorabbia emissario. La seconda minaccia riguarda l’interramento del fondovalle: il dissesto idrogeologico diffuso nel bacino idrografico porta i piccoli torrenti, provenienti soprattutto dal monte Martica, a scaricare grandi volumi di materiale solido all’interno degli specchi d’acqua, portando, in prima battuta, alla chiusura delle piccole pozze utilizzate dagli anfibi per l’ovodeposizione. Il terzo problema concerne l’isolamento della fauna ittica del Lago di Ganna dagli altri sistemi acquatici. Negli anni passati sono stati realizzati degli interventi di sistemazione idraulica utilizzando tecniche classiche di ingegneria idraulica quali rampe di cemento. Purtroppo, queste opere costituiscono delle vere e proprie barriere che ostacolano il movimento dei pesci, contribuendo alla possibile creazione di sottopopolazioni di animali poco vitali. Queste barriere sono localizzate lungo il tratto del torrente Margorabbia compreso tra il Lago di Ganna e quello di Ghirla. L’ultima minaccia individuata è il disturbo da parte dell’uomo. I problemi più gravi si segnalano a causa del calpestio della vegetazione tipica della zona umida, molto sensibile allo schiacciamento. Inoltre, l’incompleta segnalazione dei percorsi di visita provoca frizioni tra i turisti e gli agricoltori locali. Infine, la presenza dell’uomo può infastidire l’avifauna a causa, ad esempio, di schiamazzi o provocare danni all’ambiente con l’abbandono dei rifiuti. Una volta individuati i principali problemi che affliggono - o potrebbero affliggere - la riserva del Lago di Ganna, il Consorzio di pagine_iniziali_stampa.qxd 09/10/2007 12.30 Pagina 11 Introduzione gestione del Parco naturale del Campo dei Fiori ha dato impulso a una serie coordinata di azioni in grado di contrastare le dinamiche in atto. Considerati gli alti costi da sostenere per realizzare i progetti di recupero e tutela ambientale, un ente come il Parco Regionale del Campo dei Fiori compie uno sforzo molto significativo che deve essere supportato da aiuti esterni, quali quelli messi a disposizione dal programma Life. Tuttavia, per poter godere dei contributi europei un progetto deve soddisfare una serie di criteri; in particolare deve avere una valenza comunitaria e contribuire agli obiettivi del programma Life, deve essere presentato da partecipanti affidabili sul piano finanziario e tecnico e deve essere realizzabile in termini di proposte tecniche, di calendario, di bilancio e di rapporto costi-benefici. La Commissione europea, inoltre, provvede ai controlli dei finanziamenti, alla verifica dell’attuazione nonché, se del caso, al recupero degli importi indebitamente percepiti e, infine, all’attuazione delle azioni finanziate. Come si è avuto modo di vedere, partecipare ai bandi Life è quindi un’operazione complessa, che richiede uno studio preliminare approfondito della zona in esame. Il Consorzio di gestione del Parco regionale del Campo dei fiori non si è però lasciato scoraggiare e ha prodotto una ingente mole di materiale che si è rivelato estremamente utili per le successive fasi dei progetti. Il tutto è raccolto all’interno di un superprogetto denominato Interventi di riqualificazione del Sic Lago di Ganna, presentato alla commissione europea nel 2004, finanziato e avviato nel 2005, che ora analizzeremo molto brevemente. Il primo passaggio, ancora anteriore alla pro- gettazione preliminare delle opere, è stato quello di provvedere all’analisi dello stato di fatto, realizzando, ad esempio, una cartografia dettagliata. Grande peso è stato dato anche a indagini volte a chiarire gli impatti che avrebbero avuto le minacce sopra ricordate sull’ambiente. A titolo esemplificativo, si ricordano una ricerca volta alla valutazione dell’impatto della variazione del livello idrico sull’avifauna e un’altra tesa a chiarire le conseguenze dell’interramento dell’acqua sulla fauna acquatica. A questo punto, la situazione era sufficientemente chiara per procedere con la progettazione definitiva degli interventi utili a salvaguardare il patrimonio naturale della riserva. Alcuni effetti del programma Life, frutto del lavoro assiduo del Parco e dei professionisti coinvolti, sono sotto gli occhi di tutti i visitatori, ma molti risultati saranno poco visibili ai non addetti ai lavori: chi si accorgerebbe dell’assenza di un particolare chirottero o dell’estinzione di una pianta rara? È anche per questo motivo che il Parco ha pensato di realizzare la guida che avete fra le mani: pagina dopo pagina, il programma Life si trasformerà da sintetica descrizione ad affascinante realtà naturale da vivere a due passi da casa. Pettirosso. 11 pagine_iniziali_stampa.qxd 12 09/10/2007 12.32 Pagina 12 Introduzione Come consultare la guida Questa guida è organizzata come un percorso che dalla “Partenza” si dispiega in 5 tappe, ognuna delle quali contraddistinta da un colore: Partenza Tappa Nord 1 Tappa Nord 2 Tappa Sud 1 Tappa Sud 2 Tappa Sud 3 Il comune di Valganna La badia di Ganna La torbiera di Pralugano Il lago di Ganna ll complesso di San Gemolo Tra boschi e praterie L’apertura di ogni tappa è facilmente riconoscibile, sia dal cambio di colore che dall’impostazione grafica, ed è corredata da una piccola mappa di inquadramento dell’area. Una cartografia più ampia è disponibile a fine sommario. In ogni tappa si susseguono capitoli tematici sugli aspetti più significativi del parco, che si alternano a contributi di approfondimento: - le schede, che trattano aspetti specifici della natura del parco; - i box “Azione life” che illustrano nello specifico le azioni mirate del Programma Life per la tutela del parco. Tappa Un’apertura fotografica introduce la tappa. Piccola mappa a corredo. Scheda Contraddistinta dal fondino colorato della pagina e da una propria icona. Box “Azione life” Contraddistinto dal fondino colorato della pagina e da una propria icona. pagine_iniziali_stampa.qxd 17/10/2007 12.48 Pagina 4 Sommario Introduzione ..........................................................................9 Un’introduzione sul programma Life ........................................9 Come consultare la guida ........................................................12 Partenza Il comune di Valganna ......................................................13 Inquadramento geomorfologico ..............................................13 Scheda - Le valli sospese ........................................................19 Azione LIFE: Dalla riserva al Sic ............................................21 Tappa Nord 1 La badia di Ganna ..............................................................23 Tracce di storia ........................................................................23 La tradizione monastica ..............................................................23 La presenza dell’uomo ................................................................26 Il paesaggio dell’uomo ..................................................................27 L’architettura monastica ..............................................................28 Il Margorabbia..........................................................................30 Scheda - I pesci........................................................................32 Scheda - La cattura e la marcatura dei pesci ..........................34 La cattura......................................................................................34 La marcatura ................................................................................35 Azione LIFE C8: Il corridoio ecologico ..................................36 tappa0_stampa.qxd 09/10/2007 11.44 Pagina 13 Inquadramento geomorfologico L a Valganna si estende in direzione nord-sud dalla località Grotte della Valganna al lago di Ghirla. Se la si imbocca da sud, appare delimitata sul versante sinistro dal monte Chiusarello (913 m) e dal monte Martica (1026 m), mentre sul 1 Veduta della Valganna. Al centro la torbiera del Pralugano. È visibile l’accumulo dei detriti che ha riempito il fondovalle interrompendo il profilo ripido dei versanti. In secondo piano, l’abitato di Bedero Valcuvia e i monti della Valcuvia e sullo sfondo il massiccio che circonda la Valgrande, a ovest del Lago Maggiore. Partenza Il comune di Valganna 1 tappa0_stampa.qxd 14 09/10/2007 11.45 Pagina 14 Partenza Il comune di Valganna versante destro dal monte Monaco (852 m), dal monte Minisfreddo (1042 m), dal Poncione di Ganna (953 m) e dal monte Piambello (1129 m). Il Poncione, nonostante non sia la vetta più elevata, è una delle posizioni privilegiate da raggiungere se si vuole godere di un magnifico panorama su tutte le Prealpi italiane e svizzere. La vallata ha un profilo a U, tipico dell’erosione glaciale. Il lago giace sul fondovalle, in una falda contenuta nei depositi alluvionali del Margorabbia, dalla quale traggono alimentazione numerosi pozzi. In realtà, la Valganna è molto di più di questa asciutta e sintetica descrizione. Al visitatore che l’attraversa, appare come una naturale via di transito tra la Svizzera (Ponte Tresa) e la Pianura Padana; se poi l’osservatore è particolarmente attento, scoprirà che la valle è un vero e proprio museo di eventi geologici a cielo aperto! Capire ciò che è accaduto qui negli ultimi milioni di anni offre una rassegna approfondita di tutti i mutamenti che hanno coinvolto il nord Italia. Ovviamente, le forze che entrano in gioco durante le trasformazioni geologiche sono talmente ingenti che coinvolgono non solo la piccola Valganna, ma estensioni di centinaia di chilometri quadrati. Per questo motivo è opportuno ampliare il nostro sguardo a tutto il varesotto e a parte del vicino Canton Ticino. Le vicende geologiche che hanno interessato questo settore dell’arco alpino iniziarono nel Permiano (circa 300 milioni di anni fa) quando, a seguito di imponenti fenomeni vulcanici, milioni di tonnellate di lava incandescente si riversarono nella zona, dove, raffreddandosi, formarono porfidi, porfiriti e tufi. Oggi, i porfidi si ritrovano in un’ampia fascia, orientata da sud-ovest a nord-est, che interessa il territorio compreso tra il comune di Brinzio, sede del Parco del Campo dei Fiori, 2 tappa0_stampa.qxd 09/10/2007 11.46 Pagina 15 15 3 e la sponda occidentale del Lago di Lugano. La struttura della roccia è porfirica con la presenza di grandi cristalli immersi in una massa di fondo a grana più fine, ritenuta il risultato di una solidificazione in due fasi: una lenta dove è avvenuta la formazione dei cristalli grossi e una successiva più veloce, dove la restante parte di roccia fusa non ha avuto il tempo di cristallizzare completamente (cristalli fini). Le contrazioni della roccia in fase di raffreddamento produssero delle crepe nelle quali si depositarono filoni di piombo e argento, che in molti casi hanno assunto importanza economica e sono stati oggetto di sfruttamento minerario. Ad esempio, nei pressi del Ponte Inverso, esiste la miniera Valvassera - che, per inciso, conserva l’antico 2 Acqua, terra e cielo, protagonisti della modellazione del paesaggio, si fondono in questo suggestivo scorcio del lago. 3 Affioramenti rocciosi sui versanti della Valganna in una immagine invernale. nome della valle, derivato dal celtico vasser (acqua) - che fu utilizzata dall’epoca romana fino a circa 50 anni fa. Dopo questo periodo di intensa attività vulcanica, ebbe inizio la cosiddetta Età dei rettili o Mesozoico (25165 milioni di anni fa). In quest’epoca vi fu una trasgressione marina, ovvero un avanzamento del mare su una vasta area in precedenza emersa, durante la quale il nord Italia venne quasi completamente sommerso dalle acque. Favorite anche dal clima umido, si originarono massicce formazioni di scogliera, le stesse che, sparite le acque, costituiscono oggi il Massiccio del Campo dei Fiori. Queste rocce calcaree sono interessanti per svariati motivi. In primo luogo, la loro composizione chimica le ha rese suscettibili a fenomeni erosivi carsici, sia superficiali sia sotterranei, particolarmente evidenti nella parte meridionale della valle (grotte sopra la Fontana degli ammalati, la grotta Vittorina, la grotta del Tempo e la grotta dell’Alabastro). Per quanto riguarda il carsismo superficiale, esso è rappresentato principalmente da campi solcati e doline. tappa0_stampa.qxd 09/10/2007 11.47 Pagina 16 Partenza Il comune di Valganna 4 I campi solcati sono distese di pietra carsica affioranti, caratterizzate dalla presenza di scanalature più o meno accentuate, disposte lungo la direzione di scorrimento dell’acqua. Le doline, invece, sono depressioni generalmente imbutiformi, prodotte dalla dissoluzione della roccia ad opera delle acque. Questi grossi catini raccolgono grandi quantità di acque piovane - o di scorrimento superficiale - e le convogliano nel reticolo carsico di drenaggio, dove si formano così veri e propri torrenti sotterranei. Questo flusso di acqua sottosuperficiale porta alla formazione delle manifestazioni carsiche probabilmente più interessanti perché avvolte da un manto di mistero e di inaccessibilità: si tratta di profonde grotte, regno degli speleologi. Una delle più famose della zona è la grotta Marelli, scoperta all’inizio del ‘900, che con i suoi 530 m risulta essere una delle più profonde della Lombardia. Il suo nome ricorda Ferdinando Marelli, rampollo della nota famiglia di industriali milanesi, che nel 1916 vi perse prematuramente la vita mentre cercava di esplorarle munito di una semplice corda di canapa. Queste e altre grotte ospitano l’insetto coleottero Duvalis ghidinii, l’unica specie endemica, ovvero tipica ed esclusiva di quest’area, presente all’interno del Parco del Campo dei Fiori. Il secondo motivo per cui queste formazioni calcaree sono di grande interesse riguarda il fatto che nelle numerose grotte presenti, e nelle aree immediatamente circostanti, sono stati rinvenuti molti resti fossili tra i quali crani e mandibole dell’ormai estinto orso delle caverne. A una manciata di chilometri di distanza in linea d’aria verso est, più precisamente a Besano, è stato ritrovato il Besanosaurus leptorhynchus, che con i suoi 6 metri di lunghezza è il più grande rettile marino scoperto sino a ora in Italia. Altri resti fossili, ancora più corposi, sono stati ritrovati nelle valli vicine (Saltriosaurus nei pressi delle cave di Saltrio e il Ticinosuchus ferox nella non lontana Valporina) e, proprio per questo, è presumibile che anche in Valganna si possano ritrovare preziosi reperti. Finora non sono stati rinvenuti esemplari di rilievo, ma non è da escludere che in futuro possano esserne scoperti in modo più o meno fortuito. Si pensi, infatti, che i primi fossili vennero individuati per caso agli inizi del XX secolo quando, in occasione della conferenza annuale della Società svizzera di scienze naturali, venne organizzata una visita all’impianto di produzione del saurolo nello stabilimento di Spinirolo. Il saurolo era un prodotto derivato dalla lavorazione di alcune rocce (scisti bituminosi) che in passato veniva ampiamente impiegato in farmacia. Con stupore i visitatori osservarono che il materiale bituminoso pronto per la lavorazione conteneva resti fossili molto interessanti. Da allora prese avvio, da parte dell’Istituto di paleontologia dell’Università di Zurigo, una serie di campagne di ricerca e di scavi. Successivamente l’area attirò l’attenzione anche del Dipartimento di scienze della terra dell’Università di Milano e del Museo civico di storia naturale di Milano. tappa0_stampa.qxd 09/10/2007 11.48 Pagina 17 Partenza Il comune di Valganna A questo punto, è opportuno accelerare lo scorrimento della linea del tempo e verificare cosa accadeva in queste zone 7 milioni di anni fa. In quell’epoca, le valli originatesi a partire dall’orogenesi alpina risultavano “invecchiate” e dalla loro erosione prendevano origine argille e sabbie fini che colmavano le cavità interposte tra gli speroni cretacei e miocenici. Qualche milione di anni più tardi, all’inizio del Quaternario, le temperature mediterranee che ancora caratterizzavano la Valganna subirono un improvviso abbassamento a causa della prima glaciazione (2 milioni di anni fa). In questo scenario di grandiosi fenomeni naturali i primi ominidi già camminavano in posizione eretta e l’uso delle mani stimolava la loro intelligenza in un anello di azione-reazione. A questa prima grande glaciazione ne seguirono almeno altre undici, l’ultima delle quali iniziò 75.000 anni fa e diede origine al Lago Maggiore. Nello stesso periodo l’azione dei ghiacci scavò gli alvei di numerosi altri specchi lacustri quali quello di Como, d’Iseo e di Garda, oltre a tutti i laghi minori della pro- vincia di Varese. Di questi fenomeni, tuttavia, non rimangono solo indizi geomorfologici talvolta difficili da decifrare. A molti sarà capitato di passeggiare in montagna e di trovarsi improvvisamente di fronte a pietre di dimensioni talmente grandi da suscitare, per lo meno in passato, la fantasia popolare: come spiegare, infatti, la presenza di massi tanto pesanti e dalle caratteristiche così diverse da quelle delle rocce locali se non con l’intervento divino o diabolico? Si tratta dei cosiddetti massi erratici, principali protagonisti dei depositi morenici che caratterizzano l’arco alpino e che, in Valganna, sono presenti addirittura a quota 1000 m sulle falde del monte Piambello. Le lingue glaciali li hanno trasportati per grandi distanze lungo il loro corso e li hanno depositati prima di ritirarsi nei periodi interglaciali: ciò significa che decine di migliaia di anni fa i ghiacciai avevano spessori chilometrici e che sulla testa di un turista (ovviamente ante litteram) della Valganna sarebbero gravate milioni di tonnellate di ghiaccio! 5 17 tappa0_stampa.qxd 18 09/10/2007 11.49 Pagina 18 Partenza Il comune di Valganna Le glaciazioni che più di altre hanno lasciato il segno nella nostra valle sono conosciute come Riss (260.000 - 130.000 ani fa) e Wurm (75.000 - 10.000 anni fa). Non bisogna poi dimenticare che, oltre ai fenomeni geomorfologici più appariscenti appena descritti, esiste un fattore di modellazione del paesaggio che lavora paziente, senza la vistosità delle esplosioni vulcaniche o degli sconvolgimenti sismici: l’acqua. Occorre infatti ricordare che tutt’oggi la Valganna presenta un clima umido con piovosità molto elevata se confrontata con le zone circostanti. L’acqua di poggia, inoltre, cadeva - e cade - su pendii caratterizzati da notevole acclività sui quali scorre rapidamente asportando ogni giorno piccole particelle che, nel corso dei secoli, hanno portato alla formazione di conoidi di deiezione: enormi accumuli di detriti ai piedi dei versanti. Successivamente, complice la gravità, parte dei detriti è stata traslocata verso il fondovalle vero e proprio, ricoprendolo e rendendolo poco permeabile. Al termine di questo excursus geologico, è probabilmente opportuno ricapitolare la situazione odierna, in modo tale da aver ben 4 Lo sciogliersi della neve e l’innalzarsi delle temperature risveglieranno presto la vegetazione che tornerà a tingere di verde questi paesaggi dall’apparenza brulla. 5 Un’altra immagine del lago. L’inclinazione dei versanti e la loro reciproca disposizione permettono alle acque meteoriche di giungere al fondovalle con la loro carica di detriti. 6 I chiari ricordano l’importanza economica che la torbiera ha assunto in passato. chiara la chiave di lettura del paesaggio geomorfologico che ci circonda. La valle risulta formata da un’ossatura di rocce poco permeabili di derivazione vulcanica, alle quali si sovrappongono i depositi glaciali (depositi morenici), fluvoglaciali, alluvionali e detritici, frutto dell’erosione che ha investito la Valganna. Le porzioni laterali del fondovalle, alla base dei versanti, sono ricoperte da sedimenti molto permeabili, mentre i depositi prossimi al Margorabbia sono costituiti da particelle molto fini, della classe dei limi e delle argille, che rallentano l’infiltrazione dell’acqua. Questa caratteristica, associata agli spessori variabili degli strati di detriti argillosi (si va da 30 m di spessore sino a 150 m), fa sì che l’acqua venga convogliata da sud e da nord-ovest verso il lago dal quale, entro la coltre alluvionale del Margorabbia, si diparte un flusso idrico verso nord-est. È quindi grazie a una storia lunga oltre 300 milioni di anni che si sono formati il lago di Ganna, la torbiera di Pralugano e le valli sospese, insostituibili fonti di reddito per chi, prima di noi, ha vissuto la Valganna (si vedano le schede “Le valli sospese” - pag. 19, “Le torbiere” - pag. 41). 6 tappa0_stampa.qxd 09/10/2007 11.50 Pagina 19 Le valli sospese N el paesaggio subalpino capita frequentemente di incontrare formazioni particolari, conosciute come “valli sospese”. Si tratta di strutture curiose, che affascinano e stupiscono l’osservatore soprattutto per il senso di incompletezza che suscitano: sono valli laterali che si gettano improvvisamente nel vuoto e interrompono il proprio Valle del Pralugano. Dalle valli laterali sospese si domina la valle principale. Questa caratteristica, in passato, ha fatto fiorire attività agricole e selvicolturali. tappa0_stampa.qxd 20 09/10/2007 11.50 Pagina 20 Partenza Il comune di Valganna sviluppo per cedere il passo alla valle principale nella quale sboccano. Questo apparente nonsenso geomorfologico si può spiegare facendo ricorso alle vicissitudini geologiche “recenti”. Durante l’ultima glaciazione - la cosiddetta wurmiana che iniziò circa 75.000 anni fa - l’Europa era ricoperta da una coltre di ghiaccio spessa fra i 2000 e i 3000 m. Il lembo meridionale di questo enorme ghiacciaio raggiungeva le nostre Alpi e ha lasciato ovunque segni evidenti del proprio passaggio. Infatti, laddove l’espansione glaciale incontrava rocce più tenere, queste venivano profondamente incise. Quando il clima diventò più caldo e i ghiacciai si ritirarono, vennero alla luce i risultati dell’erosione: tutto l’arco alpino era disseminato di numerose valli dal caratteristico profilo a U. La diversa profondità delle valli che si sono originate in questo modo dipende dalla grandezza delle lingue di ghiaccio che le scavarono: è per questo motivo che oggi possiamo trovare valli laterali sospese laddove un tempo c’erano ghiacciai di diversa forza erosiva. Terminata la fase glaciale, l’evoluzione geomorfologica è proseguita facendo affidamento ad altri due agenti erosivi fondamentali: l’acqua e la gravità. La prima, scorrendo nelle valli laterali sotto forma di corsi d’acqua più o meno effimeri, le ha incise ulteriormente e ne ha modificato la forma rendendola più simile a quella di una V piuttosto che di una U. In seguito, la gravità ha contribuito a completare l’opera, accumulando montagne di detriti, note come conoidi di deiezione, alla base delle valli laterali. Se oggi le valli sospese sono solo oggetto di interesse paesaggistico, in passato la loro importanza era molto più tangibile e concreta. Infatti, esse hanno rivestito un ruolo fondamentale nell’economia di molti paesi montani, in quanto la loro superficie, relativamente pianeggiante, permetteva il fiorire di molte attività economiche in altura. In primo luogo, le operazioni di taglio e pulizia del bosco erano meno disagevoli su questi falsopiani, motivo per cui la selvicoltura ebbe un forte impulso. Anche il trasporto del legname una volta tagliato sfruttava la differenza di altitudine tra la valle principale, dove risiedeva la popolazione, e quelle laterali, dove c’erano i boschi. I tronchi, infatti, potevano essere affidati alle acque dei numerosi torrenti che avrebbero provveduto a trasportare, in modo rapido e gratuito, il prezioso carico sino al paese in fondovalle. Altrimenti, il legname poteva essere agganciato a robusti cavi metallici che coprivano ampi dislivelli, lasciando alla gravità l’onere di trasportarli sino al centro abitato. Oltre alla selvicoltura era praticata anche l’alpicoltura. Quest’ultima è l’insieme delle attività agricolozootecniche che si svolgono negli alpeggi dove i prati erano sfruttati per alimentare il bestiame nei mesi estivi soprattutto da parte degli allevatori di bovini da latte. I pascoli, le malghe e gli alpeggi divennero così parte integrante e fondamentale del sistema socio-economico di queste aree. In particolare, i pascoli montani offrono un contributo insostituibile per l’alimentazione estiva del bestiame: il foraggio, molto nutriente e ricco di aromi e profumi, consente la produzione di latticini tipici, dalle prerogative organolettiche inimitabili. Anche il paesaggio, che oggi è ciò che più colpisce la nostra attenzione, è il risultato della lunga azione congiunta dell’uomo e della natura: l’alpicoltura mantiene aperto e ordinato lo spazio, contrastando l’avanzata della foresta. Ciò si traduce in benefici per il turista che può godere sia di un elevato valore estetico del paesaggio, sia di maggiori opportunità per attività escursionistico-ricreative estive. tappa0_stampa.qxd 09/10/2007 11.52 Pagina 21 Dalla riserva al Sic U na riserva naturale può essere definita come un’area caratterizzata da una o più specie animali o vegetali rilevanti dal punto di vista naturalistico oppure da un ecosistema importante per la sua diversità biologica, che si ritiene di dovere tutelare attraverso uno speciale regime amministrativo e urbanistico. La riserva del Lago di Ganna è particolarmente ricca di questi elementi rilevanti: ha una superficie inferiore a 100 ettari e include due zone umide di notevole interesse naturalistico e conservazionistico, il lago di Ganna e la torbiera del Pralugano. Cos’è un progetto LIFE: Il percorso per la tutela comunitaria delle emergenze naturalistiche della Valganna Il territorio interessato comprende boschi igrofili e praterie che si estendono attorno ai due specchi d’acqua e che accompagnano la Valganna dalla vecchia miniera di piombo sino alle porte dell’abitato di Bedero, attraverso i campi che delimitano la parte settentrionale del Pralugano. Ma la riserva del Lago di Ganna meritava qualcosa Uno scorcio della riserva del Lago di Ganna tappa0_stampa.qxd 22 09/10/2007 11.52 Pagina 22 Partenza Il comune di Valganna di più. Poco importa se l’area interessata si estende per meno di 1 km²: la peculiarità dell’ecosistema e le sue doti paesistiche hanno un peso che va oltre i confini della piccola valle e che rende la salvaguardia di questo ambiente importante non solo per la nostra regione ma per l’intera Unione europea. Per questi motivi la riserva ha ottenuto lo status di Sito di importanza comunitaria (Sic). In particolare, il lago di Ganna è ecologicamente interessante perché privo della mole di inquinanti che generalmente appesantisce gli specchi d’acqua europei. Ciò è possibile perché il suo bacino idrografico non è attraversato da insediamenti industriali e quelli residenziali sono talmente pochi da non rappresentare un pericolo. Questa “purezza” ambientale fa sì che all’interno della valle vengano ospitate ben 35 specie vegetali con- siderate rare e 11 classificate come rarissime in Italia. Per quanto riguarda la fauna, è stata segnalata la presenza di Rana latastei, mai osservata a un’altitudine così elevata (si veda Azione life “Le pozze” pag. 69), mentre, nell’abitato di Ganna è stato osservato l’unico caso di riproduzione, descritto in Italia, di un particolare pipistrello, il pipistrello di Nathusius (Pipistrellus nathusii). Per tutelare la biodiversità che la natura, sia pure con la presenza attiva dell’uomo, ha costruito in secoli di paziente lavoro, l’istituzione del Sic è da ritenersi benvenuta. Lo status di Sic offre spunti di tutela particolari al Parco del Campo dei Fiori e consente l’accesso a specifiche fonti di finanziamento comunitarie da utilizzarsi per proteggere dalla distruzione il particolare habitat che permette a specie rare, sia animali che vegetali, di vivere e riprodursi. Il manto nevoso invernale rallenta, senza tuttavia fermare, la vitalità della natura della Valganna. tappa1_stampa.qxd 09/10/2007 12.45 Pagina La tradizione monastica D urante una battuta di caccia, nella seconda metà del XI secolo, tre canonici del Duomo di Milano furono sorpresi da un forte temporale che, in altre versioni, era una fittissima nebbia. Nello smarrimento, ai tre apparve una volpe con in bocca un gallo che li guidò a una piccola chiesetta dove trovarono rifugio. La cappella era dedicata a San Gemolo e lì erano custodite le sue spoglie. I religiosi così decisero di aprire un ospizio per l’as- Tracce di storia sistenza ai viandanti, data la natura selvatica dei luoghi e la presenza di una strada di collegamento fra Milano, la pianura lombarda, i grandi passi e il centro Europa. Era il 1095 e l’arcivescovo Arnolfo II riconobbe alla comunità religiosa di Ganna quella autonomia che permise la nascita del piccolo feudo della signoria monastica di Valganna, che nei secoli fiorì fino a diventare uno dei più importanti insediamenti monastici nella regione ‘prealpina’, tra il XII e XIV secolo. L’ospizio e poi monastero di Ganna fu fondato sul luogo del martirio di San Gemolo, diacono in scorta alla Tappa Nord 1 La badia di Ganna Veduta del chiostro. Di norma quadrato, il chiostro del monastero di San Gemolo è insolitamente pentagonale. 23 tappa1_stampa.qxd 24 09/10/2007 12.45 Pagina 24 Tappa Nord / 1 La badia di Ganna compagnia dello zio vescovo in pellegrinaggio a Roma. La leggenda racconta che durante la notte la compagnia fu assalita e derubata da briganti provenienti da un contado vicino, che Gemolo e l’amico Imerio li inseguirono e che, una volta raggiunti, Gemolo pregò per la restituzione della refurtiva in nome del vescovo, del pellegrinaggio e di Dio. I briganti in risposta lo ‘decollarono’. Gemolo risalì a cavallo con il capo fra le mani, raggiunse lo zio vescovo e chiese perdono per i suoi assassini. Il corpo di Gemolo fu subito sepolto e in seguito fu costruita una cappella per accogliere e venerare le sue spoglie, la La luce disegna il chiostro della Badia stessa nella quale i tre canonici milanesi si rifugiarono molto tempo dopo. All’origine, l’insediamento monastico ebbe probabilmente un carattere quasi eremitico, forse per realizzare un disegno di ‘riforma’ di vita religiosa, e offriva rifugio a viandanti, pellegrini e mercanti di passaggio in quella valle selvaggia e acquitrinosa. Prima del 1154, il monastero di San Gemolo, come quello di San Michele di Voltorre, si aggregò a Fruttuaria, fondata nei primi anni dell’XI secolo da Guglielmo da Volpiano. Ganna quindi si sviluppò come monastero ‘benedettino-fruttuariense’ e, come questi, tappa1_stampa.qxd 09/10/2007 12.46 Pagina 25 Tappa Nord / 1 La badia di Ganna fu caratterizzato da una ricca e coinvolgente attività spirituale, culturale e produttiva. Oltre alla vita religiosa, oltre all’intensa attività di lettura e trascrizione dei testi a opera dei monaci del monastero, ai monaci è da attribuirsi anche un faticoso e ingegnoso lavoro di bonifica che rese autosufficente la comunità monastica e quella rurale. La valle, infatti, da selvatica e pericolosa fu resa coltivabile a campi, pascoli e boschi. Le acque di valle furono drenate e messe a regime in canali attrezzati da ponti, mulini e bacini di cui uno, reso limpido, divenne pescoso. Il monastero divenne un importante centro di riferimento economico su una via sempre più frequentata; fu propulsore di innovazioni legate all’agricoltura e all’artigianato, rafforzandosi così nel ruolo di coordinatore di una crescente comunità rurale. Crebbe anche il patrimonio del monastero, estendendosi in Valcuvia, Valmarchirolo, Valceresio raggiungendo Malnate e Mombello presso Laveno, costituendo una grande unità fondiaria rurale attiva e produttiva, fonte di sostentamento anche per il borgo di Valganna. La sua influenza varcò presto i confini della regione ‘prealpina’ fino ad arrivare al centro Europa. Nel XV secolo, per effetto dell’istituzione della ‘commenda’ per la quale su tutto dominava l’interesse personale del ‘commendatario’ a elezione pontificia, l’Abbazia di San Gemolo in Ganna perse la sua spinta di civilizzazione, rimanendo solo un feudo rurale. La sua influenza cessò e rientrò nei confini Il chiostro, spazio attorno al quale ruotava la vita spirituale della Badia. del possedimento in Ganna e l’antico complesso monastico venne ristrutturato assumendo l’impronta di una ‘tenuta signorile’. Nel 1556 tutti i beni monastici vennero trasferiti all’Ospedale Maggiore di Milano che li amministrò come proprietà lontane, apportando profonde modifiche a seguito di un incendio, datato 1684, e a causa di cedimenti strutturali, il più evidente dei quali fece probabilmente crollare un’intera parete del chiostro. Nel 1894 l’amministrazione ospedaliera mise in vendita gli immobili che vennero ulteriormente manomessi per accogliere nuove funzioni, da abitazioni private fino a usi industriali. È il ripetersi di una triste storia che accomuna molti dei complessi monumentali nazionali. Nel 1971 si è costituito un gruppo di studiosi uniti dall’interesse per la storia del monastero che, come Associazione degli Amici della Badia di San Gemolo in Ganna, si è fatto promotore del restauro conservativo del complesso di San Gemolo, cogliendo l’occasione per cercare tra le pietre informazioni che nel tempo si sono perdute dagli archivi. Da questo accurato lavoro di lettura è nato un libro. 25 tappa1_stampa.qxd 26 09/10/2007 12.46 Pagina 26 Tappa Nord / 1 La badia di Ganna Oggi il monastero di San Gemolo in Ganna si sta impegnando per ritornare a essere un riferimento culturale e spirituale nella vallata. Durante il restauro una parte del complesso è stata destinata a Museo della Badia per accogliere una collezione di arredi sacri affiancata da una pinacoteca, da piccole collezioni locali di reperti archeologici, ceramiche, pizzi e ricami e da una biblioteca. Con la bella stagione, ormai da qualche anno, prende il via un ciclo di incontri, conferenze e concerti di musica classica e jazz, organizzati proprio nell’antico chiostro di clausura, cuore millenario di un monastero nato da una vocazione riformatrice che ancora oggi tanto affascina. Il Museo della Badia è aperto da Marzo a Ottobre, la Domenica dalle 14.30 alle 17.30, l’ingresso è gratuito, per informazioni ci si può rivolgere al Parroco +39 0332 994532. La presenza dell’uomo I primi abitanti della Valganna non furono certo i tre religiosi che, intorno all’anno 1000, diedero vita al monastero di San Gemolo, questi arrivarono molto dopo! Reperti archeologici appartenenti al periodo mesolitico e tracce di due focolari furono trovati nelle Grotte di Valganna, a nord di Bregazzana, sopra Varese, alla fine del XIX secolo. Attualmente la collezione principale è conservata al Museo civico di Varese e una parte costituisce il patrimonio preistorico del Museo della Badia di Ganna. La Valganna, valle prealpina, costituisce per conformazione orografica e orientamento un passaggio che introduce ai passi alpini di Lucomagno e San Bernardino. Da sempre è una via di collegamento fra la pianura, la penisola italica e il centro Europa. In periodo romano fu costruita una strada per facilitare il cammino di persone, animali e carri. Nel tempo, su questa infrastruttura di valico, si sono innestate fonti miracolose, cappelle votive, presidi militari, appostamenti di briganti, ospizi per viandanti, insediamenti monastici, mercati e borghi. La fortuna della valle si è così legata all’attività della via. Il primitivo monastero a opera dei tre canonici di Milano, al fianco di una vocazione eremitica, offriva rifugio ai viandanti bisognosi, ricovero per gli animali e svolgeva un compito di manutenzione della strada, dei ponti e delle stazioni di sosta; probabilmente, alcuni ipotizzano, prese il posto di un presidio militare. La leggenda di San Gemolo, a seguito dello zio vescovo, parla della Valganna come via di pellegrinaggio verso Roma. In molti sostengono che la carovana di Gemolo provenisse dalla Svizzera. Una variante alla leggenda parla di Gemolo come un mercante in transito per portare le sue merci dalla Svizzera ai mercati lombardi. Quest’altra versione conferma quindi l’uso della stessa via anche per usi commerciali. La presenza dell’insediamento monastico di Ganna modificò profondamente il volto della valle. I monaci trasformarono gli acquitrini in terre drenate da coltivare e, nel nome della riforma benedettina, la fiorente produzione del monastero di San Gemolo si trasformò in fiere e mercati. La via di fondovalle saldò i legami con i monasteri lontani e l’insediamento di Ganna si allargò come l’influenza dell’Abbazia attorno alla quale si era raccolto. All’apice di espansione il complesso monastico contava circa trenta monaci e un’importanza paragonabile ai monasteri tappa1_stampa.qxd 09/10/2007 12.47 Pagina 27 Tappa Nord / 1 La badia di Ganna benedettini del centro Europa. Per la stessa via, nel 1511, truppe svizzere scesero per appoggiare Milano contro i francesi e passando saccheggiarono tutto, trasformando una marcia di poche ore in una distruzione di più giorni. Sono rimaste testimonianze d’archivio che descrivono gli incendi visti dalla popolazione che si era rifugiata sui monti vicini. Nel 1896 la Cronaca Prealpina pubblicò il tracciato della tramvia elettrica Varese-Luino, di cui il primo tratto venne realizzato nel 1903, che infrastrutturò ulteriormente la Valganna per metterla più facilmente in comunicazione con il lago Maggiore. Nella prima metà del Novecento il percorso venne non solo completato, passando per Ghirla, ma tutta l’area si trasformò, diventando sempre più ricca di collegamenti, stazioni, attività commerciali e case di villeggiatura. Nel tempo il baricentro d’Europa si è spostato, l’importanza strategica dei valichi alpini è cambiata, alcuni passaggi sono gli stessi che si percorrono ancora oggi, mentre altri sono caduti in disuso, mantenendo un’importanza quasi esclusivamente locale. Il paesaggio dell’uomo Dopo le invasioni barbariche i monasteri ebbero un ruolo fondamentale nella riorganizzazione produttiva del territorio, il paesaggio fu così ridisegnato. Furono infatti i monaci a promuovere l’uso di nuove tecniche in tutti i settori dell’economia: dalla gestione delle acque alla bonifica dei terreni, con dissodamenti e terrazzamenti, dalla coltivazione dei campi all’allevamento del bestiame, dall’apicoltura all’artigianato. Le abbazie cominciarono a promuovere attività Veduta invernale del campanile del complesso monastico dalle sponde ghiacciate del lago. 27 tappa1_stampa.qxd 28 09/10/2007 12.47 Pagina 28 Tappa Nord / 1 La badia di Ganna commerciali e, in virtù della lavorazione della terra e dell’artigianato necessario, crearono attorno a sé borghi di comunità rurali, ai quali garantivano anche protezione, assistenza religiosa ed educazione. In Valganna i monaci seppero drenare la palude, canalizzare le acque, raccoglierle in un lago pescoso, seppero anche condurre le acque pure di fonte dai monti vicini. Fu un ingegnoso progetto di controllo e gestione del territorio per ottenere terreni coltivabili e acqua sia da bere che per il lavoro. Essa infatti, una volta canalizzata, diventava energia a disposizione per muovere gli ingranaggi dei mulini o per le lavorazioni artigianali. Nonostante l’abbandono, il paesaggio della Valganna è tuttoggi caratterizzato dalla realizzazione di questa grande opera le cui tracce sono visibili nell’organizzazione spaziale del monastero stesso, nelle porzioni agricole ancora esistenti e nei manufatti che si incontrano passeggiando, puntellando il paesaggio di canali, bacini, ponti e mulini, a disposizione come una sorta di attrezzatura della valle. L’architettura monastica La regola di San Benedetto “ora et labora” non solo scandiva la giornata dei monaci, ma fu l’origine della caratteristica organizzazione spaziale dei complessi monastici. Al fianco dei luoghi dedicati all’esercizio di una vita spirituale comune (il chiostro, il capitolo, lo scrittorio, il coro…) si innestavano quelli destinati ai servizi assistenziali e alla produzione (foresteria, infermeria, scuderia, officine, laboratori…). Si trattava quindi non di un unico edificio, ma di una somma di edifici, un sistema spaziale flessibile, capace di adattarsi di volta in volta al territorio e alle esigenze di fonda- zione. Monasteri infatti si sono specializzati in fortificazioni, altri in ospizio e rifugio, altri in esemplari ‘città ideale’, talvolta si sono arroccati per dominare una valle, altre volte si sono posizionati in difesa, oppure lungo le vie di grande traffico, altri si sono raccolti attorno a reliquie di un santo, oppure si sono allargati a dominio di intere campagne, infine vi sono monasteri che hanno mantenuto un carattere modesto di rifugio accanto alla conduzione di attività rurali. L’Abbazia di San Gemolo in Ganna si presenta come un complesso di edifici concentrici, nel cui centro si svolgeva l’attività religiosa, organizzata intorno a un chiostro, e verso l’esterno gli spazi dedicati alle diverse attività di foresteria e vita agricola. Da lontano, avvicinandosi lungo antichi percorsi di pellegrinaggio che scendono dai monti vicini, il monastero si presenta ancora come una stazione ospitale, sicura, fortificata e munita di una massiccia torre, l’unica rimasta di quattro, le cui tracce sono state rinvenute durante il restauro iniziato nel 1984. Non potrebbe immaginarsi altro che lì dov’è, dove la valle principale si biforca in strette valli che salgono a nord e ovest. Il muro di cinta è realizzato con ciottoli di fiume, con sassi grigio scuro e porfido rosso, tutti raccolti in luogo, così da farlo sembrare una concrezione del monte. In generale, gli edifici monastici che furono costruiti, specialmente in età romanica e gotica, sono mirabili per la capacità di esaltare la semplicità, in un controllato e proficuo rapporto con il luogo in cui sono sorti. È anche il caso di San Gemolo, la cui struttura originaria - e più interessante - è in stile romanico-lombardo. A tale periodo risalgono la costruzione della chiesa abbaziale, del tappa1_stampa.qxd 09/10/2007 12.48 Pagina 29 Tappa Nord / 1 La badia di Ganna campanile e del chiostro pentagonale, la cui struttura è arricchita da un loggiato al pianterreno. Inizialmente costituito da un solo piano, è il luogo che collega tutte le attività della vita quotidiana e si innesta sul fianco esposto a sud dell’antica chiesa romanica. Normalmente quadrato, il chiostro del monastero di San Gemolo è insolitamente pentagonale. Durante i recenti restauri non si sono rinvenute tracce di geometrie originali, quindi è da supporre che il chiostro sia stato ideato pentagonale. Alcuni studiosi propongono che l’originalità di tale impianto derivi da una relazione strettissima con l’orografia del terreno, il monastero infatti si trova su una biforcazione della Valganna a ridosso del Monte Mondonico. Il chiostro fu sopraelevato dai monaci per accogliere nuovi membri nel periodo di massima fioritura del monastero, ma successivamente l’aumento del carico strutturale fu probabilmente la causa di un parziale crollo, di cui la ricostruzione è attualmente visibile, con le colonne e i capitelli in cotto, che sostituirono verosimilmente quelli istoriati di epoca romanica. Tra le porzioni più antiche del complesso spicca il corpo della torre campanaria, tradizionalmente a pianta quadrata, i cui angoli sono sottoli- neati da conci angolari lisci e la parte centrale del fusto è arricchita da due cornici di archetti ciechi in pietra. È interessante notare l’uso di tecniche e materiale locale, a dimostrazione dell’attività estrattiva a opera dei monaci. La costruzione del campanile infatti è in pietra porfiroide di colore rossiccio cavata dal sovrastante Monte Mondonico e arenaria estratta dall’Antro delle Gallerie di Valganna. Il campanile è addossato alla facciata della chiesa, la regola di San Benedetto voleva che “L’Oratorio sia quello che si dice e non vi si faccia o riponga nulla di estraneo. Terminata l’Opera di Dio, tutti escano con gran silenzio e rispetto di Dio… Quando qualcuno vorrà pregare in segreto, semplicemente entri e preghi, non ad alta voce, ma con le lacrime e il fervore nel cuore” (RB 52,1-2.4). La chiesa di San Gemolo, costruita su una cappella dedicata al culto dello stesso santo, è databile 11001125. L’interno è ripartito in tre navate, quella centrale è coperta da una volta a botte, quelle laterali da volte a crociera. Brani di affreschi databili in epoce differenti sono l’eco di una passata importanza del monastero. Le spoglie di San Gemolo sono ancora conservate sotto l’altare maggiore. Dettaglio di un elemento architettonico del complesso. 29 tappa1_stampa.qxd 30 09/10/2007 12.50 Pagina 30 Tappa Nord / 1 La badia di Ganna Il Margorabbia I l torrente Margorabbia, affluente di sinistra del fiume Tresa, nasce in Valganna circondato da modesti rilievi che non raggiungono i 1200 m. Uno sbarramento sito nei primi chilometri del corso, a valle del Ponte Inverso, determina il carattere calmo della porzione superiore, che sembrerebbe favorirne l’utilizzo ai fini riproduttivi da parte di alcune specie di anfibi fra cui il rospo comune. A valle il Margorabbia assume un aspetto tipicamente torrentizio, con regolare alternanza di pozze, lame, raschi e correntine. Il substrato è composto principalmente da massi, ghiaia e ciottoli, con una dimensione granulometrica che decresce lungo il percorso. Dopo pochi chilometri dall’origine, il torrente si getta nel 1 lago di Ganna, del quale è anche emissario. La presenza del lago influenza notevolmente le caratteristiche chimiche e fisiche del Margorabbia. In particolare la porzione superiore mantiene acque fresche anche nel periodo estivo (generalmente inferiori a 20°C) e questa caratteristica consente la sopravvivenza a quegli organismi intolleranti nei confronti del riscaldamento delle stesse. Viceversa le acque che fuoriescono dal lago di Ganna risentono del riscaldamento estivo lacustre: superano i 25°C e pertanto sono adatte organismi che richiedono luoghi caldi per riprodursi e accrescersi. Proseguendo il suo percorso, il Margorabbia raggiunge e si immette nel lago di Ghirla, da cui fuoriesce più a valle. Dopo l’omonimo centro abitato il tappa1_stampa.qxd 09/10/2007 12.53 Pagina 31 Tappa Nord / 1 La badia di Ganna torrente piega verso ovest; lambito Cunardo, il torrente si inabissa in prossimità del Ponte Nativo in un complesso sistema di grotte, chiamate Pont Niv, Antro dei Morti, Grotte di Villa Radaelli e Grotte del Traforo. Il torrente riemerge in prossimità di Ferrera, incassato tra forre e pendii molto ripidi; poco dopo si è ormai in Valcuvia e il corso d’acqua muta ancora direzione, scorrendo stavolta verso nord-ovest in una valle larga e senza asperità. Dopo aver sfiorato Mesenzana e Grantola, bagna le frazioni montegrinesi di Molino d’Anna, Riviera e Cucco, per gettarsi nella Tresa in prossimità di Germignaga. Il torrente ha molti affluenti: tra quelli di sinistra i più importanti sono i torrenti Rancina, Boesio e Gesone; tra quelli di destra Boggione, Lisascora e Grantorella. Il Margorabbia, oggi tranquillo corso d’acqua, nei secoli scorsi e fino agli inizi del Novecento era un torrente impetuoso e turbolento, sempre capace di tenere in apprensione le popolazioni della valle, come ampiamente testimoniato dalle cronache della stampa, che con impressionante frequenza riferisco2 no di devastanti alluvioni, di ponti travolti dalla furia incontenibile delle acque, di strade interrotte dai detriti trasportati dal Margorabbia e dai suoi affluenti (tra i quali si distinguevano per particolare pericolosità i torrenti Gesone e Grantorella). Nei secoli scorsi, e in parte fino al XX, gli abitanti hanno sfruttato la forza delle acque costruendo lungo il corso del torrente (o avvalendosi di opportune deviazioni) numerosi magli, molini e opifici. 3 La porzione di Margorabbia che scorre nel Sito di importanza comunitaria è contraddistinta da una elevata naturalità, da una notevole capacità autodepurativa e da una buona qualità delle acque. 1 Un tratto del Margorabbia canalizzato dall’uomo entro l’abitato di Ganna. Situazioni differenti lungo il Margorabbia: 2 tratto lento ricco di ripari; 3 flusso turbolento delle acque. 31 tappa1_stampa.qxd 09/10/2007 12.53 Pagina 32 I pesci Specie ittiche tutelate dall’Unione Europea, la cui conservazione richiede una particolare protezione degli habitat. L a composizione ittica del Margorabbia dipende da molti fattori tra i quali i peculiari caratteri territoriali del sistema idrico e i relativi collegamenti fra i laghi e il corso d’acqua; il tipo di substrato e i flussi di corrente; le caratteristiche chimiche e fisiche delle acque; le immissioni di pesci da parte dell’uomo. Questa ultima attività ha in parte modificato i popolamenti originali comportando fra l’altro l’introduzione di specie quali pesce gatto, rutilo e persico sole che non erano presenti nel Margorabbia e che possono aver danneggiato i popolamenti locali. Nella determinazione delle comunità ittiche assume un ruolo di primo piano la dinamica termica, ossia l’andamento delle temperature durante l’anno (con riguardo soprattutto al periodo estivo). A monte del lago di Ganna sembrano favorite le specie amanti delle acque fresche, mentre a valle si verifica la loro rarefazione o scomparsa a vantaggio di specie che per riprodursi e accrescersi hanno bisogno di acque più calde. La porzione di Margorabbia sita più a monte annovera la presenza della trota fario, presumibilmente introdotta in passato dai pescatori e che oggi risulta dominante. Discretamente rappresentate sono tre specie di ele- 1 2 vato valore naturalistico e pertanto tutelate dalla Direttiva europea “Habitat”: la lampreda padana, lo scazzone e il vairone. Più sporadici risultano il persico reale e l’esotico pesce gatto, entrambi rinvenuti occasionalmente nelle aree limitrofe al lago di Ganna. A valle del lago la comunità ittica si modifica notevolmente. Scompaiono scazzone e lampreda padana mentre la trota fario assume carattere occasionale. Aumentano viceversa i pesci più termofili. Il vairone risulta abbondante, unitamente al cavedano e al persico reale. Si rinvengono il ghiozzo padano, la scardola, l’anguilla, il luccio, la tinca, il triotto. Tra le specie dell’allegato II della Direttiva europea “Habitat” è presente il barbo comune e, pur rari, il cobite comune e il cobite mascherato. Tra i pesci esotici fanno la comparsa i già citati persico sole, rutilo e pesce gatto. 1 Scazzone 2 Lampreda padana 3 Cobite comune 4 Cobite mascherato 5 Barbo comune 6 Vairone tappa1_stampa.qxd 09/10/2007 12.55 Pagina 33 3 Tappa Nord / 1 La badia di Ganna Fauna ittica del torrente Margorabbia a monte (immissario) e a valle (emissario) del lago di Ganna Specie Margorabbia immissario Alborella Anguilla Barbo comune Cavedano Cobite comune Cobite mascherato Ghiozzo padano Lampreda padana Luccio Persico reale Persico sole Pesce gatto Rutilo (Gardon) Scardola Scazzone Tinca Triotto Trota fario Vairone 6 Margorabbia emissario 4 5 33 tappa1_stampa.qxd 09/10/2007 12.57 Pagina 34 La cattura e la marcatura dei pesci LA CATTURA La pesca elettrica è una tecnica largamente utilizzata per il monitoraggio delle comunità ittiche. Rispetto ai sistemi di cattura tradizionali (reti, tramagli, ecc.) ha il vantaggio di preservare vivi i pesci così da consentirne il rilascio al termine delle analisi. La strumentazione necessaria per realizzare un campionamento mediante la tecnica della pesca elettrica è costituita dall’elettrostorditore, composto di un generatore elettrico a cui sono collegati un catodo (polo negativo) e un anodo (polo positivo). Nella maggior parte dei casi, l’anodo è provvisto di una rete che serve per catturare i pesci attratti o storditi dal campo elettrico. All’inizio delle attività di campionamento, un operatore eroga corrente. I pesci presenti nelle vicinanze vengono attratti dall’anodo, probabilmente perché la parte anteriore del cervello sembrerebbe trasportare cariche negative. Una volta catturati, i pesci vengono riposti in appositi contenitori con acqua al fine di mantenerli in un ambiente che non comprometta la ripresa, che avviene in genere entro un minuto dalla cattura. La mortalità derivante dalla pesca elettrica è in genere bassa (in molti casi nulla) e dipende prevalentemente dalle condizioni ambientali (es. l’acqua troppo calda induce più facilmente fenomeni di stress nei pesci) oltre che dalla competenza e professionalità degli operatori, che nell’eseguire le attività di cattura devono scegliere correttamente le differenti opzioni di lavoro (tipologia di corrente erogata, durata, potenza, ecc.). Poiché la pesca elettrica è una metodica che, innocua se messa in atto da parte di operatori esperti, potrebbe viceversa diventare pericolosa sia per i pesci che per la 1 tappa1_stampa.qxd 09/10/2007 12.58 Pagina 35 Tappa Nord / 1 La badia di Ganna sicurezza personale nel caso in cui fosse praticata da personale inesperto, è preventivamente necessario richiedere e ottenere, dietro presentazione di adeguati requisiti tecnici e professionali, una speciale autorizzazione - rilasciata a seconda dei casi dalla Provincia o dalla Regione - che consenta lo svolgimento di tale attività in specifici corsi d’acqua e in date prestabilite, sotto stretto controllo del personale incaricato della vigilanza in materia ittica. LA MARCATURA La marcatura dei pesci è una metodica molto importante in quanto può servire per diverse attività di ricerca. Per esempio è utile nello studio delle migrazioni, oppure per verificare che un passaggio per pesci sia o meno funzionale, ossia consenta la percorrenza ai pesci che vogliono spostarsi da valle verso monte. L’ultimo obiettivo descritto coincide con lo scopo degli studi eseguiti sul torrente Margorabbia, volti a verificare il ripristino del corridoio acquatico all’interno dell’abitato di Ganna. L’operazione di marcatura viene in genere eseguita con una particolare siringa che produce un piccolissimo spruzzo sotto pressione di un colorante bluastro (alcian blue), che penetra nella pelle senza bisogno di aghi, producendo dei puntini simili a un neo. Tale colorante non procura alcun danno, nemmeno differito nel tempo, ed è quindi ideale anche per pesci di 2 35 piccole dimensioni. Ai soggetti da marchiare vengono iniettate nella cute, presumibilmente nella zona ventrale, una o più goccioline di colorante che, legandosi chimicamente alle cellule mucipare (ossia che producono il muco protettivo dei pesci), rimane visibile in genere per almeno tre anni. In alternativa all’utilizzo del colorante alcian blue, è possibile ricorrere a particolari sostanze, chiamate elastomeri, la cui produzione è relativamente recente (a partire dall’inizio degli anni ‘90). Gli elastomeri sono particolari sostanze di diverso colore (in genere fluorescenti) che, iniettate tramite una piccola siringa sotto forma di pasta molle nelle parti trasparenti del corpo dei pesci (es. pinne), solidificano dopo qualche ora rimanendo come un tatuaggio per tutta la vita. Entrambe le opzioni di marcatura (alcian blue o elastomeri) prevedono l’utilizzo di particolari codici, modificabili a seconda delle ricerche da porre in essere, che consentono in genere l’individuazione della zona di cattura originaria e in taluni casi addirittura il riconoscimento individuale. 1 Operatori impegnati in un monitoraggio mediante elettropesca all’interno di un canale artificiale. 2 Marcatura della pinna anale con elastomero arancio. 3 Esempio di marcatura con alcian blue su un vairone. Al termine delle operazioni il pesce è stato rilasciato. 3 tappa1_stampa.qxd 09/10/2007 12.59 Pagina 36 Il corridoio ecologico Azione LIFE C8: Interventi per il ripristino del corridoio ecologico acquatico tra i laghi di Ganna e Ghirla P er corridoio ecologico si intende un elemento in grado di connettere due o più aree naturali che funge da habitat e da canale per lo spostamento di animali favorendo lo scambio genetico tra le popolazioni. Il torrente Margorabbia esercita naturalmente il ruolo di corridoio ecologico tra i laghi di Ganna e di Ghirla. Il corso d’acqua, durante il suo percorso, incontra la frazione Ganna e le sue abitazioni. Al fine di consentire la sicurezza ai residenti o allo scopo di alimentare piccole derivazioni sono prima prima dopo dopo tappa1_stampa.qxd 09/10/2007 13.01 Pagina 37 Tappa Nord / 1 La badia di Ganna state costruite sul torrente, in passato, alcune opere (briglie, rampe) che ne hanno interrotto la percorribilità longitudinale impedendo (o ostacolando fortemente) gli spostamenti verso monte ai pesci e interrompendo, di conseguenza, il ruolo di corridoio ecologico svolto dal Margorabbia. All’interno del progetto LIFE, al fine di ripristinare il collegamento tra i due laghi e nel contempo mantenere condizioni di sicurezza per gli abitanti di Ganna, sono state apportate modifiche alle rampe e alle briglie originali mediante la creazione di percorsi accidentati, l’abbattimento di alcuni ostacoli e la sostituzione di alcuni gradini con porzioni seminaturali e con percorsi idonei alla risalita dei pesci. Tali opere consentiranno il ripristino del ruolo di Nelle foto Interventi per il ripristino della percorribilità del torrente Margorabbia da parte dei pesci: sopra la situazione prima degli interventi (con gli ostacoli posizionati da monte a valle); sotto le opere di ripristino realizzate. prima prima dopo dopo 37 tappa1_stampa.qxd 38 09/10/2007 13.04 Pagina 38 Tappa Nord / 1 La badia di Ganna prima corridoio ecologico svolto dal torrente e pertanto favorire più in generale un aumento della biodiversità, ossia della ricchezza di vita su tutto il sistema idrico attraversato dal Margorabbia. Tutela ambientale e sicurezza. Gli interventi di ripristino del corridoio acquatico sono stati realizzati avendo cura di non alterare la funzionalità delle opere idrauliche preesistenti. dopo tappa2_stampa.qxd 09/10/2007 13.27 Pagina L a Direttiva 92/43/CEE del Consiglio del 21 maggio 1992 relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche nasce con l’obiettivo di salvaguardare, proteggere e migliorare la qualità dell’ambiente, compresa la conservazione degli habitat naturali (intesi come zone terrestri o acquatiche che si distinguono grazie alle loro caratteristiche interamente naturali o seminaturali), della flora e della fauna selvatiche. Con questa direttiva, che ha valore di orientamento (a differenza dei regolamenti che sono norme Veduta primaverile della torbiera del Pralugano immediatamente vincolanti per gli stati membri), nel territorio degli Stati membri dell’Unione europea viene promosso il mantenimento della biodiversità (ossia di quella ricchezza di vita originariamente presente in un determinato sito), tenendo conto al tempo stesso delle esigenze economiche, sociali, culturali e regionali al fine di raggiungere un obiettivo più generale di sviluppo durevole e sostenibile. Per assicurare il ripristino o il mantenimento in uno stato di conservazione soddisfacente degli habitat naturali e delle specie di interesse comunitario (così definite in quanto in pericolo, vulne- Tappa Nord 2 La torbiera di Pralugano Direttiva Habitat 39 tappa2_stampa.qxd 40 09/10/2007 13.27 Pagina 40 Tappa Nord / 2 La torbiera di Pralugano rabili, rare e/o endemiche) viene prevista la designazione di zone speciali di conservazione per realizzare una rete ecologica europea, denominata Natura 2000. Questa rete è formata: - dai Siti di importanza comunitaria (Sic), in cui si trovano tipi di habitat naturali di interesse comunitario, la cui conservazione richiede la designazione di aree speciali di conservazione (allegato I della Direttiva), e habitat delle specie animali e vegetali d’interesse comunitario, la cui conservazione richiede la designazione di zone speciali di conservazione (allegato II della Direttiva). Per le specie animali che occupano ampi territori, i siti di importanza comunitaria corrispondono ai luoghi, all’interno dell’area di ripartizione naturale di tali specie, che presentano gli elementi fisici o biologici essenziali alla loro vita e riproduzione; - dalle Zone di protezione speciale (Zps) classificate a norma della Direttiva Uccelli 79/409/CEE al fine di tutelare in modo rigoroso i siti in cui vivono le specie ornitiche contenute nell’allegato I della medesima direttiva. Le Zps vengono istituite anche per la protezione delle specie migratrici non riportate in allegato, con particolare riferimento alle zone umide di importanza internazionale ai sensi della Convenzione di Ramsar. La rete Natura 2000 deve garantirne la conservazione, che è intesa come un complesso di misure necessarie a mantenere o ripristinare gli habitat naturali e le popolazioni di specie di fauna e flora selvatiche in uno stato soddisfacente. Tra le attività di tutela è previsto che si svolga una appropriata valutazione dei piani e dei programmi qualora si sospetta possano avere incidenze significative sugli obiettivi di conservazione di un sito della rete Natura 2000. Il SIC Lago di Ganna: un sito di conservazione europeo Il sistema del lago di Ganna, comprendente anche la torbiera del Pralugano e le aree naturali circostanti, è stato classificato sulla base delle peculiarità ambientali come sito di importanza comunitaria, la cui tutela richiede la designazione di aree speciali di conservazione. La zona in oggetto, delle dimensioni di circa 105 ettari, con una quota altitudinale compresa tra 452 e 582 metri sul livello del mare e che ricade nell’area biogeografia alpina, comprende ben 8 habitat naturali (allegato I Direttiva “Habitat”) e oltre 20 specie animali (allegato I Direttiva “Uccelli” e allegato II Direttiva “Habitat”) di interesse comunitario. L’elevata biodiversità del sito e le relative necessità di conservazione e ripristino hanno consentito l’avvio di importanti progetti LIFE, finanziati dalla Comunità europea, dalla Regione Lombardia e dal Parco regionale Campo dei Fiori, volti sia ad approfondire gli studi di carattere naturalistico sia ad attuare interventi migliorativi con l’obiettivo di risolvere criticità locali e di ampliare le attività di divulgazione ambientale. tappa2_stampa.qxd 09/10/2007 13.28 Pagina 41 Le torbiere L a tutela delle torbiere costituisce una delle premesse indispensabili per salvaguardare un sistema biologico imperniato sulla biodiversità. Da secoli la storia dell’uomo è strettamente legata a questi ambienti, la cui valenza culturale è chiaramente leggibile nelle tracce impresse dalla tradizione al paesaggio. Le torbiere sono delle “miniere naturali” originate da specifiche conformazioni geologiche che favoriscono la permanenza di acqua, dagli strati profondi sino in superficie, per quasi tutto l’arco dell’anno. Questa condizione, che provoca nel substrato carenza di ossigeno ed elevata acidità, inibisce l’azione dei microrganismi che non riescono a completare la decomposizione dei residui vegetali. La possibilità di impiegare quale combustibile il materiale originato da questo processo, la torba, ebbe inizio nel XVIII secolo, in concomitanza con la progressiva carenza di legna da ardere determinata dalla “rivoluzione industriale”. L’interesse e l’impiego si diffusero rapidamente, come testimoniato dallo specifico trattato pubblicato a Milano nel 1785 “Della maniera di preparare la torba e di usarla a fuoco più vantaggioso dell’ordinario”, nel quale il barnabita Ermenegildo Pini ne espone, tra le altre, le “varie qualità”, i “vari stati in cui si può ridurre” e “come si debba adoperare”. In primo piano ninfea comune in fioritura (Nymphaea alba) e carici (Carex elata). Sullo sfondo il canneto (Phragmites australis) che, allontanandosi dagli specchi d’acqua, cede il posto ad alberi di ontano (Alnus glutinosa), salice e, sulle pendici del monte Martica, a un fitto bosco con castagni in fiore (Castanea sativa). Lo sfruttamento dei giacimenti, intensificato durante la seconda guerra mondiale, venne progressivamente abbandonato con il diffondersi di combustibili prodotti da tecnologie avanzate, più comodi da estrarre e con un maggiore potere calorifico. L’esercizio dell’attività estrattiva presupponeva che le aree fossero rese accessibili tramite opere di drenaggio che allontanassero l’acqua. Nell’area di Pralugano queste ultime furono intraprese già dai monaci benedettini di S. Gemolo in Ganna, che costruirono tra gli altri un canale di connessione tra la torbiera di Pralugano e il lago di Ganna. tappa2_stampa.qxd 42 09/10/2007 13.30 Pagina 42 Tappa Nord / 2 La torbiera di Pralugano La stagione ottimale per l’estrazione della torba era l’estate e, nell’ambito locale, veniva eseguita dai “turbatt” impiegando il “lüscér” - attrezzo utilizzato come una vanga che permetteva di prelevare, al di sotto del primo strato di terriccio superficiale, una colonna di materiale. Quest’ultimo, tagliato in mattonelle, era posto a essiccare al sole per ridurne il contenuto di acqua. Quale habitat naturale non soggetto a sfruttamento antropico, le torbiere sono caratterizzate da una vegetazione fortemente specializzata appartenente alla classe dei muschi: gli sfagni. Questi, selezionati dalla forte pressione ambientale, vegetano in ambienti acidi, si caratterizzano per le variopinte In alto In primavera l’acqua di falda provoca il rimescolamento delle acque e la creazione di pozze più o meno continue tra i cespi della vegetazione. A destra Dettaglio di ninfea bianca in fioritura (Nymphaea alba). colorazioni di cui si tingono e per la mancanza di appetibilità per gli animali, che ne favoriva l’impiego in agricoltura quale lettiera nelle stalle. L’attività antropica ha determinato, nei casi in cui le pozze d’estrazione della torba sono state inondate dalla falda freatica, la formazione di chiari e la sostituzione degli ambienti di palude a quelli di torbiera. L’area del Pralugano è paesaggisticamente caratterizzata da una vegetazione palustre a fragmiti (Phragmites australis) e carici (Carex elata), la cui presenza, se non controllata, concorre a determinare il graduale interramento dei chiari. Per questo motivo il Parco Campo dei Fiori ha chiesto e ottenuto dalla Comunità Economica Europea, nell’ambito del progetto Life Natura 2004, un finanziamento indispensabile per la tutela. Alla rimozione di parte del canneto il progetto unisce la salvaguardia di una comunità relitta di sfagni - delle specie Sphagnum capillifolium, di color rossastro, e S. papillosum -, che rappresenta un’importante ric- tappa2_stampa.qxd 09/10/2007 13.32 Pagina 43 Tappa Nord / 2 La torbiera di Pralugano chezza floristica da preservare. Negli specchi d’acqua le specie più rappresentate sono la ninfea bianca (Nymphaea alba) e il nannufaro giallo (N. lutea). All’interno di quest’area si trovano anche particolari strutture a cuscinetto indotte dal processo di formazione della torba, talvolta sollevate anche di decine di centimetri sul livello del terreno, sulla cui sommità si sviluppa il brugo (Calluna vulgaris). Infine, è da segnalare la presenza di prati umidi da strame della specie Molinia coerulea testimonianza dell’azione dell’uomo che, attraverso operazioni di drenaggio protratte nel tempo e sfalci periodici, ha ottenuto prati produttivi per l’appovvigionamento del foraggio e della lettiera per gli animali. Una pianta di brugo (Calluna vulgaris) emerge tra le foglie di una giovane pianta di ontano (Alnus glutinosa) posta su una struttura a cuscinetto sopraelevata rispetto al pelo d’acqua. 43 tappa2_stampa.qxd 09/10/2007 13.33 Pagina 44 Dragaggio torbiera Azione LIFE C2: Interventi di riqualificazione del SIC Lago di Ganna, dragaggio della torbiera di Pralugano L a tendenza evolutiva dei chiari di origine antropica presenti nella torbiera del Pralugano è indirizzata verso una chiusura progressiva per interramento. Per ovviare a tale perdita il Parco ha ottenuto un finanziamento volto a conferire un aspetto e una morfologia naturaliforme alle sponde limitando l’avanzamento del canneto. Gli interventi, finalizzati alla salvaguardia del biotopo lacustre, sono inquadrabili in differenti campi. Per quanto attiene le parti sommerse si è proceduto a una riprofilatura del fondo, per le sponde si è opera- to un modellamento delle stesse, mentre per le parti in rilevato si sono ripristinati gli argini e le aree contigue alla torbiera. La risagomatura del fondo ha avuto come obiettivo la diversificazione delle profondità, a profili di sponda ripidi si sono alternati profili più degradanti. Le aree di risagomatura sono state individuate grazie a un’analisi botanica che ha messo in luce la necessità di non procedere ad operazioni di asportazione nel chiaro occidentale. In tale area infatti l’intervento avrebbe comportato una riduzione della superficie attualmente colonizzata da muschio lacustre (sfagno) con stravolgimento dell’immagine iconografica dell’intero contesto. Pertanto qui si è proceduto esclusivamente a rimodellare le sponde con profili sinuosi, al fine di migliorare le condizioni di nidificazione e permanenza della fauna acquatica. 1 tappa2_stampa.qxd 09/10/2007 13.36 Pagina 45 Tappa Nord / 2 La torbiera di Pralugano La rimozione di vegetazione sommersa e galleggiante, non appartenente a specie protette, nonché il taglio mirato di porzioni di canneto nelle aree in cui il substrato si presentava poco profondo, ha consentito di ottenere un ampliamento dei chiari con un andamento sinuoso del profilo. Nel chiaro nord-orientale si è potuto procedere a riprofilare il fondo e rimodellare il canneto, asportando parte del fragmiteto; operazioni che hanno portato a un ampliamento della superficie. Nel chiaro orientale si è inoltre provveduto a incrementare la profondità del fondo. Il materiale estratto è stato utilizzato principalmente per rimodellare e consolidare l’argine orientale della torbiera, consentendo una maggiore separazione tra il settore esterno, destinato ad uso produttivo, e la torbiera stessa. 2 1 Inizio dei lavori di riprofilatura delle sponde e di asportazione di parte del canneto nei pressi dei chiari. 2 Operazione di dragaggio in corso d’opera. 3 Veduta aerea dei chiari al termine degli interventi. Il profilo delle sponde presenta un andamento sinuoso più naturaliforme e la superficie degli specchi d’acqua è aumentata. 3 45 tappa2_stampa.qxd 46 09/10/2007 13.37 Pagina 46 Tappa Nord / 2 La torbiera di Pralugano 1 Il sistema delle acque D ecine di milioni di anni fa, la Valganna era costituita da una miriade di isole di varie dimensioni che, viste dall’alto, avrebbero ricordato le odierne isole caraibiche. Anche il clima del Campo dei Fiori era diverso dall’attuale: era caldo e molto più umido, un vero e proprio clima tropicale, con tanto di foreste lussureggianti delle quali ci rimangono solo poche foglie fossili. All’epoca, i fondali marini si spingevano a 100 metri di profondità ed erano abitati da enormi rettili acquatici lunghi sino a 6 metri, come testimoniano i numerosi reperti fossili rinvenuti nella zona. Oggi, le condizioni ambientali della valle sono molto più accoglienti e la fauna selvatica non desta più particolari preoccupazioni. Le acque marine si sono ritirate da tempo lasciando il posto a piccoli torrenti impreziositi dalla presenza di due laghi di origine glaciale alimentati dal rio Margorabbia: il lago di Ghirla e il lago di Ganna. Nel suo complesso, il sistema delle acque risente, com’è naturale che sia, delle caratteristiche del paesaggio nel quale si sviluppa. La Valganna presenta un fondovalle lungo e stretto con una differenza di altitudine di poche decine di metri tra il punto più elevato (a sud) e quello più basso (a nord). Inoltre, a causa delle glaciazioni che l’hanno investita migliaia di anni fa, la vallata è fiancheggiata da versanti molto ripidi sui quali è possibile notare ampie zone di roccia nuda dove la vegetazione non riesce ad attecchire. Queste caratteristiche generali ci permettono di interpretare più facilmente il fitto reticolo di corsi d’acqua, talvolta sotterranei, tappa2_stampa.qxd 09/10/2007 13.39 Pagina 47 Tappa Nord / 2 La torbiera di Pralugano che scandisce tutta la valle. Percorrendo la Valganna, si può notare, o per lo meno intuire, l’esistenza di due flussi idrici. Il primo, quello principale, è il flusso longitudinale, costituito dal torrente Margorabbia che scorre seguendo la direzione del fondovalle da sud a nord. Durante il suo percorso, il Margorabbia si immette nel lago di Ganna del quale è anche emissario. Nonostante l’estensione limitata, questo piccolo bacino lacustre costituisce un complesso di grande bellezza e di notevole interesse naturalistico. La buona qualità delle acque è testimoniata dall’elevata trasparenza che favorisce lo sviluppo di una numerosa popolazione microbica, base della catena alimentare. Un altro dato importante da prendere in considerazione è quello relativo al regime termico: in inverno la superficie è ghiacciata, mentre nei mesi estivi la temperatura superficiale delle acque sfiora i 30°C. Questi valori, associati alla ridotta profondità - non più di 4 m - e alla particolare morfologia del bacino lacustre, rendono il lago polimittico, ovvero soggetto a più di due rimescolamenti totali nel corso dell’anno. Questo insieme di condizioni permette alla flora e alla fauna di svilupparsi in modo abbastanza articolato, nonostante il clima relativamente rigido rispetto alla quota altitudinale. Le sue sponde ospitano specie arboree tipiche delle zone umide (si veda la scheda “Associazioni 2 vegetali” - pag. 50) come l’ontano e il salicone, ma anche canne palustri, carici e ninfee. Tra gli uccelli è possibile annoverare la presenza del germano reale, del migliarino di palude e, nelle zone boscate, del torcicollo e dell’averla piccola (si veda la scheda “Avifauna e specie tutelate” - pag. 53). Grazie al buon livello di diversificazione ambientale, il lago ospita una ricca fauna ittica (si veda la scheda “I pesci” - pag. 32) composta principalmente da triotti, persici reali, scardole, tinche e lucci. Lasciato il bacino di Ganna, il Margorabbia attraversa un altro specchio d’acqua della valle, il lago di Ghirla. Quest’ultimo è circa 4 volte più grande ma non versa in condizioni ottime. Qui la pressione esercitata dall’uomo è maggiore a causa di una più elevata densità abitativa e della presenza di ampie superfici agricole. Tuttavia, anche nelle sue acque è possibile trovare una fauna ittica abbondante e diversificata. In tempi recenti è da segnalare su entrambi i bacini lacustri (Ganna e Ghirla) la diffusione di specie ittiche estranee all’ecosistema originario quali il pesce gatto, il persico sole e il rutilo o gar- 47 tappa2_stampa.qxd 48 09/10/2007 13.40 Pagina 48 Tappa Nord / 2 La torbiera di Pralugano don (si veda la scheda “I pesci” - pag. 32). Dopo il lago di Ghirla il Margorabbia lambisce Cunardo e attraversa un complesso e affascinante sistema di grotte calcaree riemergendo in prossimità di Ferrera di Varese incassato in gole e pendii molto ripidi, per poi sboccare nella Valcuvia in ampi meandri e senza particolari asperità. Il suo corso punta deciso al Lago Maggiore, ma non vi si getta direttamente perchè poche centinaia di metri prima di raggiungerlo si immette nel fiume Tresa che collega il Lago di Lugano al Lago Maggiore, tra Ponte Tresa e Germignaga-Luino. Attualmente, il Margorabbia è poco più di un ruscello, ma gli annali sono ricchi di testimonianze circa i danni che ha provocato sino a cent’anni fa a causa della sua impetuosità. L’insospettabile forza che può manifestare è dovuta principalmente al fatto che attraversa zone umide e carsiche, ricche di grotte e corsi d’acqua sotterranei. Le cronache d’epoca riferiscono di gravi danni alle infrastrutture del territorio e di enormi quantità di detriti che il torrente e alcuni suoi affluenti trasportavano a valle. Nonostante oggi il torrente sia stato parzialmente canalizzato e scorra placidamente, è in grado di suscitare 3 apprensione non solo negli abitanti della Valganna ma anche in quelli della vicina Valtravaglia, nella quale scende al fianco di una tranquilla pista ciclabile, recentemente realizzata. Grazie alla piovosità locale, difficilmente il Margorabbia va in secca, motivo per cui nel passato sono nate lungo il suo percorso diverse attività manifatturiere, mulini e opifici. La forza delle acque, opportunamente canalizzate, è stata sfruttata per muovere macine per la produzione di farina e per azionare pesanti magli per la lavorazione dei metalli (il più noto è quello di Ghirla). Anche la letteratura si è ricordata del Margorabbia: lo scrittore Piero Chiara, originario di Luino sul lago Maggiore, lo cita più volte nel suo racconto Quando cominciò il mercato di Luino. La seconda tipologia di flussi idrici presenti nella valle è quella trasversale. Questi corsi d’acqua sono prevalentemente effimeri, ma non per questo meno importanti. Infatti, a causa dell’acclività dei versanti della valle, questi torrenti sono caratterizzati da alte velocità di scorrimento e sono quindi in grado di trasportare molti materiali in sospensione, contribuendo così al modellamento della pianura e dei pendii della Valganna. I grandi volumi di materiale trasportati a valle comportano, inoltre, una seria minaccia di interramento degli specchi d’acqua. Il rischio è quello di assistere alla chiusura delle piccole pozze utilizzate dagli anfibi per l’ovodeposizione (si veda Azione Life “Le pozze” - pag. 69), mettendone a rischio la riproduzione. La forza che le acque possono assumere in questa zona può stupire chi vi si trovi a passeggiare in una tranquilla giornata estiva. Non bisogna dimenticare, però, che sui pendii è possibile vedere ampie superfici di roc- tappa2_stampa.qxd 09/10/2007 13.41 Pagina 49 49 Tappa Nord / 2 La torbiera di Pralugano 4 cia affiorante: mancando il terreno viene meno l’effetto “spugna” del suolo che contribuisce a rallentare lo scorrimento dell’acqua di pioggia. Inoltre, in Valganna la piovosità è di gran lunga superiore a quella della pianura lombarda e i 1800 mm di pioggia che vi si riversano tutti gli anni si concretizzano in torrenti, stagionali sì, ma molto aggressivi! Tanto elevata è la piovosità che a nord del lago di Ganna, in località Pralugano, si è formata nei secoli un’area palustre che si allunga per ben 800 metri nel cuore della valle. A dire il vero parte della responsabilità dell’impaludamento è da ascrivere alle popolazioni locali che, in passato, hanno sfruttato la zona. Nel fondovalle, prendendo esempio dalle attività dei monaci benedettini della Badia di San Gemolo, scavarono il terreno per estrarre torba, materiale di grande importanza nell’economia dell’epoca, e così facendo causarono la formazione degli attuali specchi d’acqua (i cosiddetti “chiari”) dalla curiosa forma geometrica. In seguito, gli stessi monaci si prodigarono nel tentativo di abbassare il livello delle 1 Dai percorsi intorno al lago di Ganna si possono vedere numerose specie, come questa coppia di germani reali (Anas plathyrhynchos), l’anatra selvatica più diffusa e conosciuta. 2 Il Margorabbia scorre tranquillo tra i boschi della Valganna. 3 Un’immagine primaverile del Margorabbia. 4 Il lago di Ganna e la torbiera del Pralugano, punto di arrivo del sistema delle acque che solca la Valganna. acque scavando un canale di drenaggio: il successo fu solo parziale poiché la torbiera poggia su un sottosuolo poco permeabile e le acque che raccoglie dal bacino soprastante sono allontanate a fatica. Poco più di un secolo fa furono intrapresi, ma non portati a termine, ulteriori progetti di bonifica ai quali continuò ad accompagnarsi, fino agli anni 50, l’escavazione dei giacimenti di torba. Il risultato finale delle numerose opere intraprese fu l’abbassamento del livello generale delle acque che a sua volta comportò la scomparsa quasi totale del Rio Valle di Pralugano e la riduzione della superficie del lago di Ganna e della torbiera di Pralugano. tappa2_stampa.qxd 09/10/2007 13.43 Pagina 50 Associazioni vegetali N elle aree prossime alla superficie dei chiari della torbiera di Pralugano e del lago di Ganna la vegetazione che meglio caratterizza paesaggisticamente la riserva è rappresentata da specie erbacee tipiche dei suoli umidi e saturi d’acqua, definite specie igrofile e mesoigrofile. Queste associazioni vegetali sono soggette durante l’arco dell’anno, in relazione alla distanza dagli specchi d’acqua, a sommersione completa o periodica, totale o parziale, con pozze più o meno contigue tra i cespi. Quest’ultimo fenomeno si verifica soprattutto in primavera quando l’acqua di falda allaga la torbiera inducendo una variazione nel pH, che oscilla così tra 4,5 e 6,5. Nelle immediate vicinanze degli specchi d’acqua, in una stretta fascia posta a bordo del perimetro lacu- 1 stre, si collocano i popolamenti dell’associazione a Cladium mariscus, che rappresentano uno degli elementi tipici della riserva. Questa associazione, relativamente comune lungo le rive dei piccoli laghi padani, si sviluppa in un tratto della torbiera costantemente sommerso. Si caratterizza per la formazione di aggallati, ossia delle zattere galleggianti che, protendendosi sulla superficie lacustre, sottraggono spazio al ninfèeto. A questi popolamenti succede, procedendo verso il perimetro esterno della torbiera, il canneto in senso stretto, riconducibile all’associazione Phragmitetum australis Schemale. Questa associazione, esigente dal punto di vista trofico e diffusa sui suoli allagati, si presenta floristicamente monotona, ad opera della specie da cui trae la denominazione. L’associazione Typhetum latifoliae G. Lang è analoga per caratteri- 2 tappa2_stampa.qxd 09/10/2007 13.45 Pagina 51 Tappa Nord / 2 La torbiera di Pralugano stiche alla precedente, dalla quale si differenzia per la minor superficie coperta. Allontanandosi verso il perimetro sino a raggiungere le aree poste al di sopra della quota media del pelo d’acqua, alle canne succedono le carici, i cui cespi conferiscono un aspetto caratteristico all’associazione Caricetum elatae W. Koch. Questo tipo di cariceto è floristicamente simile ai molinieti dei suoli acidi, di cui costituisce una variante in condizioni di minor acidità. Sebbene vi sia la presenza di una specie dominante, Carex elata, in questa associazione permangono specie degne di menzione, tra le quali Viola palustris e Menyanthes trifoliata. Nelle acque correnti del canale che collega la torbiera del Pralugano al lago di Ganna, si rinvengono elementi frammentari, tra i quali sono degni di nota il crescione d’acqua (Nasturtium officinalis), la gamberaia maggiore (Callitriche stagnalis) e il billeri amaro (Cardamine amara) che formano isole di vegetazione lungo il canale. Tuttavia l’elevato adug- 3 giamento del Margorabbia, dovuto alla presenza del bosco lungo le sue rive, rende tali popolamenti meno sviluppati rispetto alla copertura potenziale. 4 1 Cladium mariscus, la cui associazione si incontra nelle immediate vicinanze degli specchi d’acqua. Relativamente comune lungo le rive dei piccoli laghi padani, rappresenta uno degli elementi tipici della riserva. Si sviluppa in completa sommersione. 2 Il verde smeraldo del cariceto si caratterizza per la presenza di Carex elata i cui cespi conferiscono un aspetto caratteristico all’associazione. 3 Una pianta di viola (Viola palustris), elemento floristico degno di menzione all’interno del cariceto dominato dalla presenza di Carex elata. 4 Pianta di Menyanthes trifoliata, anch’essa specie interessante presente nel cariceto. 51 tappa2_stampa.qxd 09/10/2007 13.46 Pagina 52 Sistemazione dissesti Azione LIFE C3: Sistemazione dissesti lungo gli affluenti della torbiera del Pralugano e del lago di Ganna L e caratteristiche climatiche e orografiche della Valganna (si veda capitolo “Inquadramento geomorfologico” - pag. 13) facilitano l’instaurarsi di fenomeni di erosione idrica lungo i pendii con il conseguente trasporto di grandi quantità di materiali solidi da parte delle acque di ruscellamento. I detriti solidi - strappati alle montagne dalla forza delle acque - vengono convogliati dal reticolo idrografico verso valle dove, nel medio-lungo periodo, causano il progressivo interramento della torbiera di Pralugano. Uno dei principali responsabili del trasporto di materiali in sospensione è il torrente Valleggio, oltre ad altri piccoli affluenti provenienti dal monte Martica. Per fronteggiare questa situazione, l’amministrazione del Parco regionale del Campo dei Fiori ha incaricato alcuni professionisti di progettare degli interventi per sistemare i dissesti lungo gli affluenti della torbiera. Gli interventi si collocano nel più ampio quadro del Progetto Life Natura 2004. In particolare, nell’ambito degli obiettivi specifici del progetto Life C.3, è stato realizzato uno studio geomorfologico generale del bacino di pertinenza della torbiera al fine di individuare le cause principali dell’interramento del fondovalle durante gli eventi piovosi. Prima di procedere alla progettazione delle opere vere e proprie è stato necessario, ovviamente, uno studio approfondito dell’area di intervento. Pertanto, il progetto è corredato da indagini geologiche, idrologiche e naturalistiche. La ricerca naturalistica ha integrato le indagini canoniche in virtù del particolare pregio ambientale della torbiera e delle aree circostanti: infatti, qui come altrove, è di fondamentale importanza riuscire ad assicurare il migliore inserimento ambientale possibile delle opere previste. Gli interventi di sistemazione idraulica hanno previsto la realizzazione di briglie e pozzetti di sedimentazione: la loro funzione è quella di rallentare la velocità della corrente dei torrenti e di facilitare la sedimentazione delle particelle trasportate dalle acque prima che possano depositarsi nella torbiera e provocarne l’interramento. L’acqua rallentata dalle opere di sistemazione idraulica perde forza erosiva e deposita particelle che altrimenti concorrerebbero all’interramento della torbiera. tappa2_stampa.qxd 09/10/2007 13.47 Pagina 53 Tappa Nord / 2 La torbiera di Pralugano 1 Avifauna e specie tutelate L ’elevata diversificazione ambientale del SIC Lago di Ganna, legata alla concomitante presenza di specchi lacustri e delle zone umide circostanti, di prati, di boschi e delle fasce ecotonali di transizione, fornisce un interessante mosaico di habitat idonei a ospitare numerose specie di uccelli. Tale assunto rende interessante l’approfondimento degli studi sull’avifauna, che sono stati condotti nell’ambito dell’azione A.5 del progetto LIFE secondo due metodologie differenti, la tecnica del mappaggio modificato e quella dell’inanellamento. Risultati del mappaggio Le visite effettuate hanno portato all’individuazione di 61 specie, appartenenti a 12 ordini, di cui il più rappresentato è quello dei Passeriformi (come usuale, trattandosi del gruppo più numeroso), con 40 specie rilevate che corrispondono al 65% del totale. Il secondo ordine come numero di specie è quello dei Falconiformi (5 specie rilevate) poi i Piciformi, di cui si sono contate 4 specie. Con 3 specie (6% del totale) seguono gli Anseriformi. Tra le rilevate spicca la presenza di quattro specie inserite nell’allegato I 53 tappa2_stampa.qxd 54 09/10/2007 13.48 Pagina 54 Tappa Nord / 2 La torbiera di Pralugano della Direttiva Uccelli (Nibbio bruno, Falco di palude, Martin pescatore e Picchio nero), di cinque specie (Moriglione, Picchio verde, Luì bianco, Luì verde, Cincia dal ciuffo) incluse da Birdlife International nella categoria SPEC 2, elenco di specie che godono di uno stato di conservazione sfavorevole in Europa e la cui popolazione mondiale è concentrata in Europa, e di sette specie (Tortora selvatica, Cincia bigia, Passera d’Italia, Passera mattugia, Zigolo muciatto, Nibbio bruno e Martin pescatore) incluse nella categoria SPEC 3, elenco di specie che godono di uno stato di conservazione sfavorevole in Europa, la cui popolazione globale non è concentrata in Europa. La durata annuale del monitoraggio ha consentito di individuare con cadenza mensile le specie presenti: Pettirosso, Regolo, Codibugnolo, Cincia bigia, Cinciarella, Cinciallegra, Picchio muratore, Ghiandaia, Fringuello, Cincia mora e Rampichino si rinvengono durante l’intero arco dell’anno, mentre la presenza del Germano reale è condizionata, nei mesi invernali, dall’estensione del ghiaccio sugli specchi d’acqua. Tra le specie migratorie si annoverano Moriglione, Falco di palude, Porciglione, Martin pescatore, Picchio verde, Picchio rosso minore, Pispola, Spioncello, Ballerina gialla, Ballerina bianca, Codirosso, Stiaccino, Cesena, Tordo sassello, Luì bianco, Luì verde, Balia nera, Peppola, Cardellino e Lucherino. A queste specie vanno aggiunte quelle, come Pettirosso, Fringuello e Regolo che contano sia individui in migrazione sia residenti. 2 tappa2_stampa.qxd 09/10/2007 13.49 Pagina 55 55 3 Specie significative Tra le specie inserite nell’allegato I della Direttiva 79/409/CEE, il Nibbio bruno molto probabilmente nidifica sul versante nord-est del monte Martica e utilizza in particolare l’area del SIC corrispondente alla torbiera come territorio di caccia e per effettuare le parate nuziali. Il Falco di palude è stato osservato nel mese di marzo presso il lago di Ganna. Il Martin pescatore è stato individuato più volte da agosto a novembre ed è probabile che utilizzi l’area come sito di alimentazione. Il Picchio nero ha fatto registrare osservazioni discontinue: non ci sono evidenti indizi di nidificazione nell’area del SIC, ma sicuramente utilizza il territorio della riserva a scopo trofico. Oltre a quelle censite all’interno delle attività del progetto LIFE, occorre ricordare altre quattro specie segnalate negli anni scorsi nella riserva naturale orientata Lago di Ganna: Albanella reale, Falco pescatore, Succiacapre e Averla piccola. 1 Pettirosso, specie frequente nei boschi attorno a Ganna. 2 Osservazione di un pettirosso durante la stagione invernale. 3 Picchio rosso maggiore, amante della vita nei boschi. In aggiunta alle specie di cui all’allegato I della Direttiva 79/409/CEE, è interessante approfondire le conoscenze relative ad alcune unità tassonomiche che a vario titolo risultano di interesse conservazionistico e sono presenti nell’area in esame. L’Airone cenerino utilizza con discontinuità e a scopo alimentare le zone dove l’acqua è più bassa o le aree con vegetazione semisommersa nel bacino maggiore della torbiera. Data la vicinanza del SIC Lago di Ganna con la Palude Brabbia, sito di nidificazione per questa specie, potrebbe trattarsi di soggetti in dispersione o in ricerca di cibo provenienti da quella riserva. L’Astore frequenta il SIC come territorio di caccia. Lo Sparviere si serve dell’area come territorio di alimentazione e, pur mancando prove certe, le tappa2_stampa.qxd 56 09/10/2007 13.50 Pagina 56 Tappa Nord / 2 La torbiera di Pralugano caratteristiche degli habitat presenti nella riserva sono potenzialmente adeguate alla nidificazione di questa specie. La Poiana probabilmente nidifica sul versante nord del monte Martica e le presenze invernali fanno pensare a soggetti svernanti oppure a una coppia stabilmente residente. Il Porciglione sembra frequentare l’area nel periodo di migrazione e tuttavia, data la presenza di habitat potenzialmente adatti, la nidificazione è da ritenersi possibile. L’Allocco è nidificante nell’area e potrebbe utilizzare per cacciare le radure e le fasce ecotonali del SIC. Il Picchio verde non sembra nidificare nell’area ma sicuramente la utilizza come territorio di alimentazione e durante gli spostamenti. Il Picchio rosso maggiore nidifica nell’area del SIC. Il Picchio rosso minore è una specie schiva, presumibilmente nidifica nel SIC Lago di Ganna ed è presente nell’area anche durante il resto dell’anno. La Cannaiola verdognola molto probabil- mente nidifica all’interno del SIC in quanto le fasce a salice e gli arbusteti che circondano le zone umide sono habitat ideali per questa specie. Luì bianco e Luì verde sembrano frequentare l’area solo nel periodo di migrazione. La Cincia dal ciuffo e la Cincia bigia si possono ritenere specie nidificanti residenti e stanziali. Lo Zigolo muciatto potrebbe frequentare l’area del SIC durante spostamenti erratici giovanili, in migrazione o come territorio trofico. Picchio muratore e Rampichino nidificano entrambi nell’area e risultano distribuiti su tutto il territorio del SIC, anche se le più elevate concentrazioni di individui si registrano nelle aree a bosco di castagno e nei boschi misti di latifoglie e conifere. Utilizzo delle aree I valori maggiori, sia come numero di contatti che di individui, si registrano nella porzione 4 tappa2_stampa.qxd 09/10/2007 13.51 Pagina 57 Tappa Nord / 2 La torbiera di Pralugano 5 nord del SIC, lungo la parte basale del versante del monte Martica che ospita la comunità forestale più ricca unita a un’estesa porzione di arbusteti igrofili. Nella parte centrale della riserva, le aree che mostrano valori elevati di individui e contatti sono quelle che uniscono una diversificata tipologia forestale (boschi igrofili, castagneti misti) ad aree a prato con lembi umidi. L’area sud, contraddistinta da una predominante copertura forestale, mostra come le zone con valori più bassi siano i boschi puri di conifere e le zone con vegetazione erbacea, mentre le comunità forestali più diversificate ospitano valori elevati. Risultati dell’inanellamento Complessivamente sono state catturate 24 specie appartenenti a 11 famiglie, in particolare 22 specie di Passeriformi e 2 di non Passe- 4 Pettirosso (Erythacus rubecula). 5 Pispola (Anthus pratensis), specie migratoria. riformi (Martin pescatore e Picchio rosso maggiore). L’uccello maggiormente catturato è risultato il Pettirosso seguito da Cinciarella e Codibugnolo. Analogamente a quanto emerso in merito al mappaggio modificato, l’insieme delle specie rilevate durante l’attività della stazione di inanellamento dimostra che le comunità ornitiche presenti nell’area sono in prevalenza comunità forestali, rispetto a specie legate alle zone umide, anche nei periodi di migrazione. In altri termini, il popolamento del SIC Lago di Ganna è essenzialmente composto da specie di bosco mentre la parte legata alle aree umide è decisamente limitata a poche specie, per lo più non nidificanti nell’area. 57 tappa2_stampa.qxd 09/10/2007 15.54 Pagina 58 Monitoraggio dell’avifauna MAPPAGGIO MODIFICATO La tecnica del mappaggio si basa su visite ripetute in una medesima area durante le quali si annotano sulla carta, che rappresenta lo sviluppo del tragitto effettuato, tutti gli uccelli osservati e la loro attività. In questo caso si è utilizzato il sentiero che percorre il lato ovest della riserva, a partire da Bedero Valcuvia fino al confine meridionale del Comune di Valganna. Si parla di metodo modificato perché la frequenza di campionamento è minore rispetto al protocollo classico; tuttavia, il numero di visite è esteso per un periodo di tempo più lungo e consente perciò la raccolta di informazioni riguardo le specie nidificanti, migratrici e svernanti, oltre alle variazioni interstagionali nella consistenza e composizione del popolamento di uccelli. INANELLAMENTO Il metodo dell’inanellamento prevede la cattura degli uccelli transitanti mediante l’utilizzo di reti all’interno di una stazione di monitoraggio, individuata nel caso in esame nei pressi della torbiera del Pralugano. L’obiettivo è quello di indagare la fenologia della migrazione (ossia il modo di apparire e occupare l’area di studio nel corso del ciclo di indagini) e l’ecologia della sosta per le specie che utilizzano l’area durante il 1 tappa2_stampa.qxd 09/10/2007 13.53 Pagina 59 Tappa Nord / 2 La torbiera di Pralugano periodo migratorio. Prima di descrivere i risultati ottenuti è interessante fare una premessa sul sistema utilizzato, le cui origini sono riferibili a oltre un secolo fa. Nel 1889 lo studioso danese H. C. Mortensen cominciò ad apporre alle zampe di storni e altri uccelli degli anelli metallici da lui costruiti, che riportavano un numero di serie e il suo indirizzo di casa. Mortensen ricevette segnalazioni di migratori uccisi o ritrovati nei campi. Pochi anni dopo, nel 1901, fu inaugurato da Johannes Thienemann l’osservatorio ornitologico di Rossitten (in quella che era la Prussia orientale). In Germania nel 1910 fu costituito un secondo istituto ornitologico con attività di inanellamento: il Vogelwarte Helgoland che oggi è la base dell’illustre Institute for Avian Research di Wilhelmshaven. Nei decenni successivi l’attività di inanellamento indagò e fece luce sulle complicate rotte migratorie di molte specie. Nel 1931 Scüz e Weigold pubblicarono il primo Atlante, contenente le mappe delle rotte di migrazione di una grande quantità di uccelli. L’inanellamento da allora è diventato uno strumento scientifico estremamente efficace e adottato in tutto il mondo: in Europa sono stati inanellati più di 120 milioni di uccelli, oltre 200 milioni in tutto il mondo. Molte nazioni hanno prodotto speciali centri di ricerca sull’inanellamento; a oggi in Europa ne esistono 30 che lavorano con metodologie standardizzate, tutti all’interno dell’European Union for Bird. 2 1 Reti perla cattura degli uccelli. Dopo le attività di misurazione, gli animali catturati sono rilasciati senza danno. 2 Forapaglie macchiettato (Locustella naevia). 3 Gli animali catturati sono sottoposti ad attento controllo, che viene svolto con la massima delicatezza. 4 Pispola. 5 Pettirosso. 6 Scricciolo. 7 Pettirosso. 3 59 tappa2_stampa.qxd 60 09/10/2007 13.55 Pagina 60 Tappa Nord / 2 La torbiera di Pralugano COSA SI MISURA? Ala La lunghezza dell’ala, oltre a essere uno dei principali indici della dimensione corporea dell’animale, è correlata anche alla distanza di migrazione: nella stessa specie, individui che vivono più a nord e quindi affrontano percorsi migratori più lunghi hanno l’ala più lunga. Muta Gli uccelli cambiano il piumaggio periodicamente, la maggior parte con modalità differenti tra giovani e adulti. Il rilievo dei limiti di muta contribuisce al riconoscimento dell’età. Peso Il peso è un parametro di dimensione corporea che dà importanti informazioni sullo stato nutrizionale di un uccello in migrazione. È sicuramente la misura più semplice da eseguire e anche la più ricca di informazioni. Remiganti La lunghezza di tutte le penne remiganti dà informazioni sulla forma dell’ala e sulla capacità di migrazione degli individui e delle diverse specie. In particolare, la terza penna remigante dà informazioni simili alla lunghezza alare. Tarso La lunghezza del tarso è un parametro legato alla dimensione corporea. Non dipende dalla strategia migratoria poiché è legato al tipo di ambiente frequentato dalla specie. Muscolo e grasso Il grasso è il carburante utilizzato per il volo migratorio. Gli accumuli di grasso di ciascun individuo permettono di stimare quale distanza potrà percorrere. Durante la migrazione i muscoli pettorali si ingrossano perché sono usati durante il volo e perché possono costituire una preziosa riserva di proteine. Cosa si ottiene Il momento più significativo per un inanellatore è rappresentato dal rinvenimento, nelle reti, di un uccello già inanellato. Queste sono le catture più ricche di informazioni, infatti, grazie all’indicazione del paese di provenienza e al numero di serie riportati sull’anello, possiamo definire il tragitto compiuto dall’uccello inanellato e sapere quanto tempo ha impiegato a percorrerlo. 4 5 6 7 tappa2_stampa.qxd 09/10/2007 13.55 Pagina 61 Soglia regolatrice della torbiera L a realizzazione di una soglia sul canale che fuoriesce dalla torbiera del Pralugano mira a ottenere un leggero innalzamento del livello minimo delle acque della torbiera allo scopo di prevenire, nelle estati particolarmente calde e secche, la compromissione dell’equilibrio vitale degli habitat presenti nella preziosa zona umida. Insieme ai lavori di consolidamento della soglia è stato installato un misuratore di portata (capace di misurare portate fino a circa 500 litri al secondo) che consentirà un costante monitoraggio delle condizioni idriche della torbiera. La soglia è stata dimensionata in maniera tale da consentire un incremento del livello minimo di circa 10 cm. Questo consente anche la drastica riduzione della durata dei periodi nei quali, per insufficiente presenza di acqua in torbiera, il canale in uscita risulta asciutto. L’opera è costituita da una fondazione in calcestruzzo magro, da un’anima centrale in cemento armato e da un corpo esterno costituito da tondi di Azione LIFE C1: Realizzazione di una soglia regolatrice e di uno stramazzo all’uscita della torbiera del Pralugano castagno. In corrispondenza della soglia sono stati realizzati alcuni metri di palificata allo scopo di consolidare le sponde che verranno interessate dal passaggio delle portate di piena. Sono state previste inoltre, a valle della soglia, modeste opere di difesa dell’alveo al fine di limitare i possibili effetti erosivi. Gli interventi sono stati concepiti nel più ampio quadro del Progetto LIFE, avente come obiettivo generale la salvaguardia degli ambienti umidi circostanti il lago di Ganna, facendo uso il più possibile di materiali già presenti nell’area di cantiere; per quanto riguarda l’apporto di materiali dall’esterno, sono stati impiegati quelli di facile trasporto e di migliore inserimento paesaggistico nell’ambiente naturale circostante. Veduta della soglia realizzata sul canale che fuoriesce dalla torbiera. tappa2_stampa.qxd 09/10/2007 13.57 Pagina 62 Sentieri a sud del Pralugano Azione LIFE C4: Sistemazione del sentiero a sud del Pralugano A sud del Pralugano si sviluppa il sentiero attrezzato per la visita all’area della torbiera e del lago originato dall’attività estrattiva. Il percorso ha inizio nei pressi del ponte sul rio Pralugano e si snoda, all’interno dell’omonima valle, in direzione nord-ovest per circa 1300 m lungo il perimetro della Riserva e del SIC Lago di Ganna. Per raggiungere l’attacco dell’itinerario dall’abitato di Ganna è bene seguire le indicazioni del sentiero numero 15 “Ganna-Brinzio” poste lungo la Strada Provinciale n. 11 in direzione Bedero un centinaio di metri oltrepassata la Badia di S. Gemolo. Una volta raggiunto l’attacco, il sentiero è facilmente individuabile e delimitato in alcuni punti da staccionate in legno. L’accessibilità è garantita dall’andamento pressoché pianeggiante e dalla presenza di passerelle pedonali in legno che permettono di superare agevolmente i punti accidentati. L’itinerario è interessante per comprendere i caratteri di pregio dell’habitat delle zone umide all’interno di un ecosistema poco alterato dall’uomo. L’approccio didattico-divulgativo è garantito dalla dislocazione lungo il tracciato di punti panoramici e bacheche illustrative che riportano informazioni specifiche sull’area. 1 tappa2_stampa.qxd 09/10/2007 13.58 Pagina 63 Tappa Nord / 2 La torbiera di Pralugano 2 Il sentiero è collocato nella zona di transizione tra il bosco e la torbiera alla base del versante nord del massiccio della Martica e si snoda tra radure di prati stabili, boschi di frassino (Fraxinus excelsior) e ontano (Alnus glutinosa), sino, nei punti di maggiore altitudine, a boschi di castagno (Castanea sativa), faggio (Fagus sylvatica), carpino bianco e nero (Carpi- 3 1 Inizio del sentiero didattico che dal ponte sul rio Pralugano si snoda nella zona di transizione tra il bosco e la torbiera alla base del versante nord del massiccio della Martica. 2 Bacheca che illustra, con un approccio didattico-divulgativo, le emergenze naturalistiche dell’area. 3 Punto panoramico in corrispondenza dell'Occhio del Frate, sorgente permanente che alimenta la torbiera, insieme a 4 ruscelli a carattere torrentizio e a piccoli fossi drenanti le aree circostanti. 4 Passerella pedonale in legno che permette di superare agevolmente i punti accidentati presenti lungo il sentiero. 5 Bacheca posta in prossimità del limite della vegetazione igrofila delimitata da staccionata. 63 tappa2_stampa.qxd 09/10/2007 14.00 Pagina 64 64 4 nus betulus, Ostrya carpinifolia) e nocciolo (Corylus avellana). La prima bacheca è posizionata in prossimità dell’inizio del tracciato, mentre la successiva è poco oltre il limite della radura, prima dell’ingresso del sentiero nel bosco. L’ultima è collocata all’altezza dell’Occhio del Frate; una sorgente permanente che alimenta la torbiera, insieme a 4 ruscelli a carattere torrentizio e a piccoli fossi drenanti le aree circostanti. La permanenza dell’acqua è garantita da un sottofondo impermeabile, principalmente argille e limi, e da una modesta differenza di quota tra la torbiera e il lago di Ganna, che funge da recapito delle acque. 5 tappa3_stampa.qxd 09/10/2007 15.57 Pagina 65 I l lago di Ganna è uno piccolo bacino classificato come lago di emergenza dalla forma quasi ellittica. Si colloca all’interno di una valle ad U, la Valganna, caratterizzata da rocce poco permeabili alle quali si sovrappongono depositi di natura prevalentemente torbosa e limosa-argillosa. Localizzato alla quota di 452 metri sul livello del mare, ha una superficie attorno a 6 ettari per un perimetro di circa 1 chilometro. Un secolo fa la superficie media del lago era di 4,5 ettari, mentre in uno studio del 1917 la stessa era valutabile in 6,3 ettari; la cartografia recente evidenzia pertan- to una certa stabilità della superficie lacustre. Il bacino imbrifero si estende per una superficie inferiore a 10 km2. La profondità massima del lago è attorno a 4 metri, la media è di poco superiore ai 2 metri. Il volume d’invaso è di 130.000 metri cubi, mentre il tempo teorico di ricambio delle acque è rapido e di poco superiore al mese. Il principale immissario ed emissario è il torrente Margorabbia. Il lago di Ganna è situato in un’area caratterizzata da abbondanti precipitazioni e da temperature piuttosto rigide che influiscono sui popolamenti vegetale e faunistico. L’analisi periodica della temperatura dell’ac- Tappa Sud 1 Il lago di Ganna Il lago di Ganna tappa3_stampa.qxd 66 09/10/2007 15.59 Pagina 66 Tappa Sud / 1 Il lago di Ganna qua eseguita nell’ambito della azione A.4. del progetto LIFE indica che vi è assenza di stratificazione termica, come atteso considerata la ridotta profondità del bacino lacustre. La peculiare morfologia del lago, infatti, lo rende polimittico, ossia soggetto a più di due rimescolamenti totali durante il corso dell’anno. I valori di ossigeno risultano accettabili, anche se sul fondo del lago è stato possibile rilevare una minore concentrazione di tale gas. La trasparenza è massima e coincidente con il fondo, che risulta sempre visibile guardando verso il basso dalla superficie dello specchio lacustre. Le basse concentrazioni di fosforo permettono di classificare il lago come oligotrofo, ossia con limitato contenuto di nutrienti algali. In base a quanto emerso dalle analisi chimiche effettuate (Azione A.4), si può supporre che il fosforo venga rapidamente utilizzato dagli organismi vegetali che circondano il piccolo bacino e che vanno a formare un canneto particolarmente sviluppato e uniformemente disteso. Le attuali condizioni di oligotrofia caratterizzavano il bacino anche in passato e hanno la proprietà di limitare la produttività del lago, intesa come massa di sostanza organica sintetizzata dagli organismi in una unità di volume e di tempo. Lo studio del popolamento planctonico (ossia dell’insieme di piccoli organismi animali e vegetali dotati di mobilità insufficiente a contrastare i movimenti delle masse d’acqua) è risultato utile per confermare e rafforzare le considerazioni che emergono dalle analisi chimiche e fisiche delle acque lacustri. Le macrofite Per macrofite si intendono i vegetali acquatici visibili ad occhio nudo, rappresentati per la maggior parte da angiosperme (piante con 1 tappa3_stampa.qxd 09/10/2007 16.01 Pagina 67 Tappa Sud / 1 Il lago di Ganna fiore) e che comprendono anche alcune crittogame vascolari e briofite, oltre ad alghe filamentose come Cladophora e alghe macroscopiche come Chara e Nitella. Normalmente crescono fisse al substrato, ma possono anche essere libere di fluttuare. Fusto e foglie possono crescere interamente sommersi o fuori dall’acqua. In alcuni casi, ad esempio nelle ninfee, possono esserci foglie galleggianti. La vegetazione è influenzata da numerose variabili, come il tipo di substrato roccioso (alluvionale, argilloso, calcareo, arenario, strati carboniferi) e le attività dell’uomo. Le macrofite hanno un’utilità diretta per la fauna acquatica in quanto costituiscono per essa una fonte di riparo, substrato e cibo. Nel lago di Ganna, particolarmente interessante risulta la concomitante presenza di specie acidofile e basofile; ciò è reso possibile dall’emergenza di una falda con acque relativamente calcaree in un ambito 2 caratterizzato da rocce cristalline. Il lago di Ganna e la torbiera del Pralugano sono contornati da una fascia abbastanza ampia e uniforme di falasco (Cladium mariscus), che rappresenta una delle specie dominanti e che Pesci caratteristici del lago di Ganna Specie Alborella Luccio Persico reale Persico sole Pesce gatto Rutilo (Gardon) Scardola Tinca Triotto Abbondanza Specie comuni negli ambienti lacustri: 1 Triotto 2 Scardola 67 tappa3_stampa.qxd 68 09/10/2007 16.02 Pagina 68 Tappa Sud / 1 Il lago di Ganna forma un habitat prioritario ai sensi della Direttiva 92/43/CEE, denominato “Paludi calcaree con Cladium mariscus e Caricion davallianae”. Abbondanti risultano la cannuccia di palude, la mazzasorda, la ninfea bianca e la lisca d’acqua. Sono frequenti le carici, il millefoglie acquatico, la felce palustre e il giaggiolo d’acqua. Tra gli habitat di interesse comunitario si ricordano anche le “Acque stagnanti, da oligotrofe a mesotrofe, con vegetazione dei Littorelletea uniflorae e/o degli Isoeto-Nanojuncetea”, con popolamento monospecifico a Juncus bulbosus, e le “Comunità idrofile ancorate sul fondo con foglie larghe a Nymphaea alba, Nuphar lutea”. La fauna ittica La specie numericamente più abbondante è il triotto, di cui sono stati rinvenuti anche alcuni individui di grandi dimensioni probabilmente ibridati con il rutilo o gardon, specie esotica introdotta dall’uomo e particolar- Veduta invernale del lago di Ganna. mente invasiva. La scardola, altro abitante tipico dei popolamenti lacustri, è risultata comune. Discreto è il popolamento di persico reale, così come della tinca e delle specie americane persico sole e pesce gatto. Il luccio, predatore al vertice delle reti trofiche del sistema, è rappresentato da un numero naturalmente inferiore di individui e tuttavia sembra godere di un buono stato di salute poiché è diffuso non solo nello specchio principale ma anche nei piccoli canali con origine prevalentemente sorgiva che si immettono e si dipartono da esso. Zone umide marginali e anfibi L’elevato pregio naturalistico e ambientale del sistema lacustre di Ganna è legato non solo allo specchio principale, ma anche e soprattutto alla presenza di zone umide marginali quali pozze e piccoli canali, in alcuni casi a carattere temporaneo, che rappresentano habitat di vitale importanza per gli anfibi. tappa3_stampa.qxd 09/10/2007 16.03 Pagina 69 Le pozze L ’interramento di pozze umide, anche di piccole dimensioni, comporta in generale una banalizzazione dell’ambiente con perdita di importanti elementi di diversità a supporto di particolari forme di vita vegetale e animale. Tali aree subiscono un processo di interramento naturale con tempistiche che dipendono da diversi fattori, sia legati alla morfologia dello specchio d’acqua sia alle caratteristiche del bacino idrografico. In particolare, le piccole pozze presentano le caratteristiche di bacini in rapido interramento in quanto hanno invasi di piccole dimensioni, profondità naturalmente limitata, assenza di scorrimento delle acque e massiccio afflusso di fogliame. Per frenarne l’interramento e la conseguente perdita può rendersi indispensabile un intervento periodico di manutenzione costituito da uno scavo che ha il fine di ‘ringiovanire’ gli specchi d’acqua ripristinandone le condizioni di massima 1 Azione LIFE C7: Interventi di sistemazione e di creazione di pozze per la riproduzione della batracofauna estensione. In questo ambito si colloca l’Azione C.7 del progetto LIFE, che ha permesso la sistemazione e la creazione ex-novo di piccole pozze d’acqua destinate a favorire la riproduzione spontanea degli anfibi. Tale azione risulta necessaria per conservare la batracofauna del SIC, i cui ambienti riproduttivi rischiano progressivamente di scomparire. Le dimensioni delle pozze sono state calcolate prevedendo diametri massimi compresi tra 5 e 10 metri e profondità massime tra 80 e 100 centimetri. La collocazione ideale è risultata la zona tra i prati e i boschi nei pressi della fascia litoranea del lago di Ganna. Le opere realizzate hanno consentito di ripristinare le citate valenze ecologiche e paesaggi- tappa3_stampa.qxd 70 09/10/2007 16.05 Pagina 70 Tappa Sud / 1 Il lago di Ganna rea, al piccolo canale veicolante acque sorNome comune Nome scientifico give e a una insenatuRospo comune Bufo bufo ra del lago di Ganna. Raganella italiana Hyla intermedia Ogni sopralluogo è il Rana dalmatina Rana dalmatina risultato di due attiviRana di lessona e rana esculenta Rana synk. esculenta tà, di cui quella diurna volta a rilevare le Rana di lataste Rana latastei caratteristiche fisiche Rana temporaria Rana temporaria e chimiche delle pozSalamandra pezzata Salamandra salamandra ze e l’eventuale preTritone punteggiato Triturus [Lissotriton] vulgaris meridionalis senza di uova, forme stiche, senza tuttavia apportare modifiche ambien- larvali e occasionalmente anfibi adulti; l’esame nottali sostanziali. I lavori di scavo sono stati svolti turno è mirato prevalentemente alla ricerca di anfimanualmente senza l’ausilio di mezzi meccanici bi adulti che con il buio risultano più mobili, meno allo scopo di interferire il meno possibile con il deli- elusivi e pertanto più facilmente osservabili. Nel cato ecosistema. corso dei sopralluoghi sono state censite otto speL’utilizzo delle pozze da parte degli anfibi è stato cie di anfibi, la cui lista faunistica è riportata nella analizzato, nell’ambito della azione D.2 del proget- apposita tabella. to LIFE, a partire dal marzo 2006. Sono state oggetto di controllo le 6 pozze ripristinate o create ex1 Pozza realizzata nell’ambito del progetto LIFE. novo oltre ad altre 4 pozze naturali presenti nell’a2 Ovature di Rana temporaria. Anfibi rilevati lungo il tracciato di indagine 2 tappa3_stampa.qxd 09/10/2007 16.07 Pagina 71 Anfibi A partire dal mese di marzo, quando il manto nevoso si fonde e la temperatura tende a farsi più mite dopo il gelo invernale, inizia l’attività della maggior parte degli anfibi. Il rospo comune utilizza le pozze come luoghi di transito e sosta durante la migrazione riproduttiva verso il lago di Ganna, che risulta luogo ideale per la deposizione. Nel mese di luglio sono osservabili numerosi neometamorfosati nei pressi delle pozze e in prevalenza nelle vicinanze di boschi e sentieri. La segnalazione di individui adulti al di fuori del periodo riproduttivo assume carattere occasionale, a conferma che la specie conduce una vita prevalentemente terricola. La rana temporaria, nei suoi differenti stadi di sviluppo (da uovo ad adulto), è avvistabile durante tutto il periodo di rilevamento. A marzo avviene la deposizione e sono osservabili diverse ovature, localizzate in prevalenza nell’insenatura del lago di Ganna o nelle pozze appositamente ripristinate o create ex-novo. 1 Gli individui adulti tendono ad allontanarsi per gran parte dell’anno dalle aree di deposizione. A maggio si rinvengono numerosi girini, la cui metamorfosi si verifica tra fine giugno e inizio luglio; dopo breve tempo i neometamorfosati tendono a scomparire disperdendosi tra le fasce boschive. La rana di lataste, specie inserita nell’allegato II della Direttiva “Habitat”, è facilmente rinvenibile anche nelle forme adulte, probabilmente perché maggiormente legata agli ambienti acquatici marginali anche lontano dal periodo riproduttivo che si colloca, come per le altre rane rosse, nel mese di marzo. Interessante è risultato a fine settembre il rinvenimento di giovani dell’anno nei pressi delle pozze, che dimostra come alcuni neometamorfosati si attardino nelle vicinanze degli ambienti umidi marginali anche 2 tappa3_stampa.qxd 72 09/10/2007 16.10 Pagina 72 Tappa Sud / 1 Il lago di Ganna 3 dopo settimane dalla fuoriuscita dall’acqua. La rana dalmatina si accosta ai corpi idrici nel mese di marzo in concomitanza con la riproduzione frequentando in prevalenza, negli altri periodi, le radure e i boschi che contornano la riserva. La deposizione è stata osservata sia in pozze naturali che in quelle appositamente predisposte nell’ambito del progetto LIFE. Le rane verdi, più abbondanti lungo il litorale del lago (tanto che nei mesi di giugno e luglio sono numerosi i maschi in canto) possono utilizzare le pozze a scopo riproduttivo durante il periodo estivo. A fine settembre è stato possibile osservare in una di esse alcuni girini in avanzato stadio di sviluppo e qualche neometamorfosato. La raganella italiana risulta alquanto sporadica. La relativa scarsità di individui è probabilmente da impu- tare a questioni altitudinali e climatiche. La specie risulta infatti meno frequente sopra i 400 metri sul livello del mare. Gli avvistamenti di individui adulti sono stati condotti nel mese di maggio. Non sono stati viceversa trovati riscontri di avvenuta deposizione all’interno del tracciato di indagine. La salamandra pezzata è specie diffusa lungo i rilievi prealpini e i boschi pedemontani ed è considerata comune nel territorio del Parco di Campo dei Fiori. All’interno dell’area di studio ha colonizzato in forma larvale sia una pozza naturale sia una appositamente costruita. 4 tappa3_stampa.qxd 09/10/2007 16.13 Pagina 73 Tappa Sud / 1 Il lago di Ganna Il tritone punteggiato è stato censito solamente nella fascia litoranea dell’insenatura del lago di Ganna, sia nelle forme larvali che adulte. Gli avvistamenti sono stati condotti da marzo (adulti) a luglio (larve). In particolare le larve tendono a occupare il bagnasciuga in mezzo al detrito organico, presumibilmente sia per questioni trofiche sia per sfuggire alla predazione ad opera dei pesci, abbondantemente presenti. La prima impressione maturata nel corso della ricerca è che il tritone punteggiato risulti difficilmente rinvenibile, in parte perché poco frequente, ma soprattutto per il carattere elusivo che lo contraddistingue. Sulla base delle informazioni raccolte durante il periodo di monitoraggio, è possibile affermare che la realizzazione di pozze artificiali nelle porzioni limitrofe al lago di Ganna ha apportato un interessante incremento di habitat riproduttivi e trofici. L’apparente abbondanza naturale di aree umide non sembrerebbe corrispondere alla abbondanza di zone riproduttive in quanto molti siti naturali sono caratterizzati da acqua direttamente in contatto con la falda, che 6 5 rimane troppo fredda e che pertanto non apparirebbe particolarmente idonea allo sviluppo larvale di molte specie di anfibi. Il lago di Ganna (nel caso in esame rappresentato dalla porzione litoranea della insenatura) è adatto allo svolgimento delle attività riproduttive e tuttavia è contraddistinto dalla massiccia presenza di potenziali predatori, in primo luogo i pesci. Solo il rospo comune sembrerebbe sfuggire a tali inconvenienti grazie alla tossicità di uova e girini. Le pozze artificiali scavate Anfibi della zona umida di Ganna: 1 Rospo comune 2 Rana temporaria 3 Rana di lataste 4 Rana dalmatina 5 Rana di lessona e rana esculenta 6 Raganella italiana 7 Salamandra pezzata 8 Tritone punteggiato tappa3_stampa.qxd 74 09/10/2007 16.16 Pagina 74 Tappa Sud / 1 Il lago di Ganna 7 nell’ambito del progetto costituiscono zone umide prive (o quasi) di vertebrati predatori e con la caratteristica di incrementare i propri valori termici più o meno proporzionalmente alla temperatura atmosferica consentendo un corretto sviluppo alle forme larvali di molte specie di anfibi e quindi vicariando, in alcuni casi con maggiore successo, il ruolo svolto dal bacino principale del lago di Ganna. 8 tappa3_stampa.qxd 09/10/2007 16.18 Pagina 75 Tappa Sud / 1 Il lago di Ganna Radura a prato stabile all’interno del bosco di frassino (Fraxinus excelsior) e ontano (Alnus glutinosa). U n’escursione a piedi può sicuramente essere un modo interessante per conoscere e appezzare il lago di Ganna. Il percorso che si snoda lungo le rive del lago è contrassegnato nella “carta dei sentieri” del Parco Regionale Campo dei Fiori come “Itinerario A - Sentiero didattico della riserva”. Il tracciato non presenta difficoltà e può essere agevolmente percorso a piedi da famiglie, escursionisti e, perché no, in mountan bike. La lunghezza dell’intero sentiero è di circa 2,5 km con un andamento Intorno al lago pressoché pianeggiate e un dislivello di circa 6 metri. I tempi di percorrenza si aggirano sull’ora e mezza, anche se non mancano sul tracciato bacheche illustrative, punti di avvistamento e aree attrezzate per la sosta che invogliano a trascorrere una tranquilla giornata sulle sue sponde. L’itinerario parte nei pressi del ponte sul rio Pralugano, che si raggiunge dall’abitato di Ganna seguendo le indicazioni del sentiero numero 15 “Ganna-Brinzio” poste lungo la Strada Provinciale n. 11 in direzione Bedero un centinaio di metri oltrepassata la Badia di S. Gemolo. Superato il ponte ci si incammi- 75 tappa3_stampa.qxd 76 09/10/2007 16.19 Pagina 76 Tappa Sud / 1 Il lago di Ganna na sul tracciato lasciando alla propria sinistra il sentiero numero 15, che prosegue in direzione Brinzio e, attraversando una radura a prato stabile, si inizia a costeggiare la riva occidentale del lago. Superata la prima bacheca informativa, il sentiero si addentra nel bosco di frassino (Fraxinus excelsior) e ontano (Alnus glutinosa) per lasciare poco oltre il posto ad un bosco di castagno (Castanea sativa), faggio (Fagus sylvatica), carpino bianco e nero (Carpinus betulus, Ostrya carpinifolia) e nocciolo (Corylus avellana). Giunti quindi al punto panoramico si può ammirare di fronte a noi la superficie del lago e il ricco susseguirsi di associazioni vegetali che dalle sue sponde si spingono alternandosi sino al tracciato del sentiero. Poco oltre una bacheca informativa, posta sulla sinistra del sentiero, vi sono le piccole pozze d’acqua realizzate nell’ambito dell’Azione C.7 del progetto LIFE per favorire la riproduzione spontanea degli anfibi. Le pozze sono soggette nel tempo a fenomeni di rapido interramento naturale dovuto alle loro caratteristiche intrinseche, sono infatti invasi con superficie e profondità ridotta, lo scorrimento di acqua è praticamente assente e l’afflusso di fogliame cospicuo. Tali fenomeni comportano una semplificazione dell’ambiente con perdita di elementi di diversità a supporto della vita vegetale e animale. Ecco spiegato il motivo per il quale il Parco ha dedicato le sue energie anche a una specifica azione del progetto LIFE volta alla salvaguardia e alla realizzazione ex-novo di questi ambienti. Proseguendo lungo il sentiero su un fondo pressoché pianeggiante, si giunge alla fonte di San Gemolo: in questo punto abbiamo 1 tappa3_stampa.qxd 09/10/2007 16.20 Pagina 77 Tappa Sud / 1 Il lago di Ganna percorso circa 1 km dall’inizio dell’itinerario. La fonte è ricca di storia e leggende che la rendono un luogo caro alla tradizione. Denominata anche “dei sassi rossi”, deve il proprio etimo alla tradizione popolare e alla conformazione di tipo geologico dell’area. La tradizione vuole che in questo luogo fossero assassinati dai briganti i santi Gemolo e Imerio, il cui sangue versato innocente tinse per sempre le rocce conferendo loro il colore rosso. La geologia, meno ricca di fascino letterario ma pur sempre utile per alimentare la tradizione, ci dice che il versante è ricco di rocce di porfido di color rosso. Superata la fonte, nei cui pressi sono dislocate altre bacheche informative, il sentiero piega a sinistra e, oltrepassato il ponte sul fiume Margorabbia, raggiunge la Cappella di San Gemolo. Nei pressi vi è una comoda area attrezzata 2 per pic-nic dove, presso la riva di un laghetto artificiale, è possibile fermarsi prima di intraprendere il sentiero del ritorno. La Cappella merita sicuramente una visita: edicola edificata tra il 1350 e il 1450, ma completata solo in epoca barocca, è eretta in stile romanico-lombardo; all’interno vi sono lacerti di affreschi quattrocenteschi e un mosaico moderno raffigurante San Gemolo. Il laghetto nei pressi è un piccolo bacino artificiale di modesta profondità, pari a circa 2,5 m nel punto massimo posto al centro del bacino, approntato negli anni ‘80 per la pesca sportiva. Sulla sponda est è stato rea1 Tratto del sentiero che mediante una passerella pedonale in legno collega la Fonte e la Cappella di San Gemolo. 2 Sentiero nei pressi della fonte di San Gemolo. Il sentiero si presenta ombreggiato dal fitto bosco. 77 tappa3_stampa.qxd 78 10/10/2007 11.03 Pagina 78 Tappa Sud / 1 Il lago di Ganna 3 lizzato l’osservatorio della fauna acquatica che consente, tramite il posizionamento di una lastra verso lo specchio d’acqua, la visione di uno spaccato dell’ecosistema lacustre. La collocazione in questo punto è stata scelta per la buona qualità delle acque che rappresenta la chiave per lo sviluppo di specie acquatiche di elevato valore naturalistico. L’osservatorio è costituito da una struttura aperta con un porticato di pilastri coperto da un tetto. Giunta quindi l’ora di rimettersi in strada è possibile addentrarsi nel bosco sul sentiero che si trova frontalmente alla Cappella. Superato il ponte in legno sul Margorabbia, il tracciato si ricollega a quello dell’andata. Qualora si volesse rientrare su un tracciato differente è possibile percorrere la strada statale n. 233, tuttavia il traffico veicolare rende questo itinerario sicuramente meno interessante e piuttosto pericoloso da percorrere. 4 3 Bacheca informativa posta lungo il sentiero. 4 L’osservatorio della fauna acquatica collocato nei pressi di un piccolo bacino artificiale. Dalla lastra di vetro posta a pelo d’acqua è possibile avere una visione dello spaccato dell’ecosistema lacustre. tappa4_stampa.qxd 09/10/2007 15.08 Pagina 79 L e cantine sono degli edifici storici censiti sin dal 1896 dal catasto lombardoveneto. I registri catastali identificano l’edificio più piccolo come abitazione, mentre solo qualche anno più tardi, compare l’indicazione del secondo edificio quale deposito di formaggi. Gli edifici si trovano a sud della Badia, ad una distanza di circa 1,5 km dall’abitato di Ganna, lungo il sentiero della riserva. Sebbene a livello storico si siano succeduti diversi proprietari, la destinazione d’uso dei locali non è mai variata anche in relazione alle caratteristiche climatiche vocate dell’edificio. Solo all’epoca della seconda guerra mondiale, alcuni abitanti del luogo ricordano che i locali vennero impiegati per botti di cognac. Nel 1975 venne progettato un piano di restauro che ne prevedeva l’utilizzo per la conservazione di vini francesi d’importazione. Il fallimento della ditta bloccò il restauro e segnò l’abbandono delle strutture che vandalismi privarono di serramenti, gronde, tegole, impianti elettrici e travi lignee. Oggi gli edifici sono di proprietà del Parco Campo dei Fiori che prevede di integrarle nella rete di strutture didattico-culturali in suo possesso. Tappa Sud 2 Il complesso di San Gemolo Le cantine tappa4_stampa.qxd 09/10/2007 15.09 Pagina 80 Alneto L a Riserva orientata Lago di Ganna presenta numerosi habitat di interesse comunitario: tra questi riveste un’importanza fondamentale la foresta alluvionale di Alnus glutinosa e Fraxinus excelsior. La foresta si estende su una superficie significativa della riserva, in particolare nelle aree poste a nord e a sud nonché nella fascia centrale, all’altezza dell’abitato di Ganna. I sentieri didattici che si snodano lungo il lago di Ganna e la torbiera di Pralugano attraversano queste formazioni per ampi tratti beneficiando di una piacevole frescura. In Italia sono diffuse allo stato spontaneo quattro specie di ontano, la cui distribuzione rispecchia le differenti esigenze climatiche: l’ontano grigio (Alnus incana), presente su terreni alluvionali nella zona del centro-nord; l’ontano nero (Alnus glutinosa), diffuso lungo i corsi d’acqua; l’ontano verde (Alnus viridis), caratteristico dell’area appenninica; l’ontano napoletano (Alnus cordata), tipico dei boschi montani delle regioni meridionali. L’etimologia del genere Alnus viene ricondotta al celtico “al lan”, il cui significato di “stare presso le rive” indicherebbe la preferenza di questi alberi per terreni umidi con debole acidità e carenza di ossigeno. Gli ontani sono in grado di svilupparsi sia in condizioni di occasionale piena che di costante umidità del terreno. Adattamenti specifici hanno permesso a questo genere di rispondere alla pressione selettiva insediandosi stabilmente nell’ambiente alluvionale. La presenza di lenticelle, organi posti sul tronco, in numero superiore rispetto ad altre specie consente di apportare ossigeno alle radici superficiali in sommersione, mentre la simbiosi con batteri azotofissatori, posti in tubercoli radicali, compensa la carenza di azoto nel terreno mediante fissazione dell’azoto atmosferico. La durezza del legno è influenzata dalla durata del periodo di sommersione che ne aumenta la resistenza, caratteristica questa che l’ha reso materiale di largo impiego nella costruzione di palafitte. La specie è nota anche nella tradizione popolare che ha visto nel color rosso arancione di cui si tinge il legno appena tagliato valenze simboliche tali da farlo assurgere ad albero della vita dopo la morte. Può raggiungere un’altezza di 30 metri, ha portamento rotondeggiante o piramidale. La foglia è di forma largamente ovata e spesso rotondeggiante, con margine irregolarmente seghettato e priva di punta, spesso smarginata e rientrante all’apice. La pagina superiore è di color verde scuro e lucido, mentre quella inferiore è verde più chiaro, provvista 1 tappa4_stampa.qxd 09/10/2007 15.11 Pagina 81 81 di ciuffi di peli rossastri in corrispondenza delle principali nervature. I fiori compaiono prima delle foglie a fine inverno-inizio primavera. Quelli maschili, lunghi sino a 10 cm, sono raggruppati in ciuffi di amenti penduli agli apici dei rami mentre quelli femminili, separati sulla stessa pianta, si riuniscono in amenti ovoidali lunghi 1-2 cm. L’impollinazione è anemofila, tramite il vento, e porta allo sviluppo estivo di frutti legnosi dai fiori femminili che permangono sulla pianta tutto l’anno. I semi si caratterizzano per la presenza di una struttura aerea che consente loro di diffondersi galleggiando sull’acqua corrente. La maturazione estiva permette inoltre alle giovani piante di affrancarsi in una stagione in cui la portata dei corsi d’acqua è ridotta, aumentandone quindi la probabilità di successo. 2 3 Il tasso di crescita è elevato nello stadio giovanile in ragione dell’elevata capacità di colonizzare gli ambienti, tuttavia la vita dell’albero non supera i 100-120 anni. In passato la corteccia, ricca di tannini, veniva impiegata per conciare le pelli. Nelle aree poco suscettibili alle inondazioni all’ontano nero si affianca il frassino comune (Fraxinus excelsior). Quest’ultimo presenta foglie pennate, lunghe fino a 30 cm, con 9-13 foglioline oblunghe ovate. I fiori, di colore viola, sbocciano prima delle foglie e sono esili. Le gemme, che daranno le foglie, si caratterizzano per il color scuro quasi nero. I frutti sono alati e pendono in densi grappoli. La copertura dell’alneto è particolarmente densa e il sottobosco si presenta fresco e ombroso. La scarsa illuminazione al suolo inibisce lo sviluppo degli arbusti che tendono così a concentrarsi al margine della foresta o nelle radure. 1 Il bosco igrofilo di ontano nero si sviluppa nelle immediate vicinanze degli specchi d’acqua. La copertura fitta rende il sottobosco fresco e ombreggiato. 2 Albero di ontano (Alnus glutinosa). L’etimologia del nome “stare presso le rive” ne indica la capacità di svilupparsi in condizioni di occasionale piena e di costante umidità. 3 Dettaglio dei frutti legnosi, che permangono sulla pianta, e degli amenti maschili dell’ontano (Alnus glutinosa). tappa4_stampa.qxd 09/10/2007 17.53 Pagina 82 Rinaturalizzazione delle cantine Azione LIFE C5: Rinaturalizzazione dell’area delle cantine di San Gemolo L ’area oggetto dell’intervento possiede valenze e caratteri di pregio legati all’habitat tipico delle zone umide, con un ecosistema poco alterato da caratteri antropici. L’azione mira a ristabilire le condizioni di scambio idrico tra le zone umide, poste ai lati del terrapieno presente nell’area, attraverso il ripristino del collegamento naturale. Il terrapieno infatti consente all’acqua di scorrere in due unici passaggi interrompendo di fatto la continuità tra le aree umide. In uno di questi l’acqua, prima che venissero realizzati gli interventi, era imbrigliata in un tubo in calcestruzzo che occludendosi ne impediva l’afflusso al bosco di ontano nero (Alnus glutinosa) posto nella zona sottostante. L’intervento ha quindi previsto la rimozione del tubo in calcestruzzo senza alterare i tracciati dei rami secondari del Margorabbia e delle linee di deflusso delle acque. Il manufatto in calcestruzzo è stato sostituito, mediante opere di biotecnica naturalistica, da un 1 cunettone in pietrame a sezione concava. In questo manufatto scorre la linea di deflusso delle acque che dalla palude raggiunge la zona umida del bosco ad ontano. Il nuovo manufatto è osservabile dalla passerella pedonale, anch’essa di nuova realizzazione, che scavalcandolo permette di proseguire lungo l’itinerario del sentiero del lago di Ganna. La riapertura del deflusso naturale delle acque verso l’alneto permette di migliorare le condizioni di naturalità dell’area e produce effetti positivi sull’equilibrio ecosistemico dell’habitat. La realizzazione di una connessione ecologica con i rami del torrente Margorabbia favorisce inoltre un aumento del ricambio di acqua e il miglioramento delle condizioni ecologiche ottimali per lo sviluppo del gambero di fiume (Austropotamobius pallipes italicus). 1 Attraversamento pedonale mediante passerella in legno in corrispondenza del ripristinato passaggio d’acqua. È ben visibile il cunettone in pietrame a sezione concava realizzato in sostituzione del manufatto in calcestruzzo. 2 Dettaglio delle opere di biotecnica naturalistica realizzate in sostituzione del manufatto in calcestruzzo. 2 tappa4_stampa.qxd 09/10/2007 17.55 Pagina 83 La fonte S otto il monte Martica e a fianco del Margorabbia, si trova la leggendaria fonte di San Gemolo che è collegata alla badia di Ganna da un sentiero che calca una antica via romana. Questa fonte è detta anche dei ‘sassi rossi’, sassi che nella leggenda si tinsero del colore del sangue di Gemolo, quando la sua testa toccò terra, sotto gli occhi dei suoi assassini. La fonte infatti sgorgherebbe nel luogo del martirio del santo, a cui in seguito fu dedicata. L’importanza della fonte e delle sue acque purissime risale a epoche ben più antiche. Questa infatti era nota ai pellegrini e mercanti di passaggio, poiché era una delle poche acque potabili e sane in una valle che, prima dell’insediarsi e dell’affermarsi del monastero di Ganna come nucleo di sviluppo economico (si veda il capitolo “Tracce di storia” - pag. 23), era selvaggia, pericolosa e impregnata di malsani acquitrini. Nel tempo e nella gestione del culto del santo, le virtù taumaturgiche, in origine abbinate ai soli resti di Gemolo, vennero trasferite anche all’acqua della fonte, arricchendo così la leggenda che oggi narra anche di acque miracolose, per le quali iniziò una tradizione di pellegrinaggi, riti processionali, feste e anche pratiche esorcistiche. La notorietà della fonte si rafforzò anche grazie a un particolare miracolo, quello detto dei ‘sassi rossi’, per cui la fonte stessa genererebbe le ‘gocce del sangue di San Gemolo’ in ricordo del suo martirio. I sassi rossi in passato venivano raccolti e considerati relique dalle virtù medicinali. Anche San Carlo, in occasione di una sua visita pastorale, si dice ne abbia raccolto uno. Essi sono di fatto frantumi di porfido rosso che l’acqua in pressione produce e porta via e, depositandosi sul fondo della ampolla generata dalla sorgente, assumono il particolare colore rosso grazie a una microscopica alga. Oggi la fonte è segnalata da un’edicola e le acque sono raccolte in un bacino antistante, sul sentiero del Giubileo. tappa4_stampa.qxd 09/10/2007 15.18 Pagina 84 La passerella Azione LIFE C5: Rinaturalizzazione dell’area delle cantine di San Gemolo N ei pressi della Fonte di San Gemolo si è riscontrata la necessità di provvedere al rifacimento della passerella pedonale che consente di percorrere il sentiero del lago di Ganna. Tale azione, inquadrabile nell’ambito della manutenzione straordinaria, ha implicato il mantenimento del tracciato originario al fine di conservare spazi vitali per le zone di pregio e ad elevato livello di naturalità. L’area riveste infatti particolare importanza per la presenza del gambero di fiume (Austropotamobius pallipes italicus). I lavori svolti hanno quindi previsto la realizzazione di una passerella in legname (lungh. 2,70 m) posata su sostegni spondali in legname e pietrame. Le operazioni realizzate sono consistite nella demolizione della precedente struttura di attraversamento del torrente Margorabbia, nel consolidamento degli appoggi intermedi in pietrame e dei gradini in legname e pietrame di accesso al sentiero e nella messa in opera di un guado in asciutto su sostegni in pietrame e calcestruzzo magro. La scelta tipologica è stata dettata primariamente dall’esigenza di armonizzare i manufatti con le caratteristiche morfologiche e paesaggistiche dell’ambito di intervento, riducendo al minimo l’apporto di materiale dall’esterno dell’area di cantiere e mantenendone le caratteristiche tipologiche e formali della passerella esistente. I manufatti per la fruizione hanno quindi un bassissimo impatto visivo, essendo interamente costituiti da materiali naturali (legno e pietre) con un perfetto inserimento nell’ambiente circostante. Passerella in legname, posata su sostegni spondali in legname e pietrame, posta nei pressi della Fonte di San Gemolo. tappa4_stampa.qxd 09/10/2007 15.18 Pagina 85 Tappa Sud / 2 Il complesso di San Gemolo La cappella L a Cappella di San Gemolo, antica edicola in stile romanico lombardo, fu edificata nel XIV sec. circa dai monaci che vollero collegare idealmente la fonte, luogo del martirio del santo, alla Badia. La cappella venne edificata a circa trecento metri dall’antica fonte, alla quale rivolge il fronte. La tradizione vuole che durante la costruzione sgorgasse sotto l’altare una sorgente, tuttora esistente, che diede vita a una nuova devozione. Da quel momento infatti la sorgente della cappella venne preferita all’antica, più sco- Veduta della Cappella di San Gemolo, antica edicola in stile romanico lombardo. moda da raggiungere, e le sue acque furono considerate miracolose per allontanare la siccità dai campi. Pellegrinaggi da tutta la Lombardia, dal Piemonte e dalla Liguria si mettevano in cammino per raccogliere l’acqua da trasportare e spargere sui campi afflitti dall’arsura. La cappella venne completata in epoca barocca dal parroco Aimetti che, con la collaborazione dell’Ospedale Maggiore, ne modificò sostanzialmente l’aspetto. I lavori di restauro eseguiti hanno riportato alla luce la chiesa preesistente del XIII secolo e gli affreschi attribuiti a Bernardino Luini. 85 tappa4_stampa.qxd 86 09/10/2007 15.21 Pagina 86 Tappa Sud / 2 Il complesso di San Gemolo 1 Il laghetto Panoramica del laghetto con il nuovo osservatorio. 1 Verso nord. 2 Verso sud. l laghetto di San Gemolo, sito nella omonima località del comune di Valganna, è un piccolo bacino artificiale realizzato negli anni ‘80 a scopo di pesca sportiva mediante scavo e successiva costituzione di un terrapieno allo scopo di delimitare lo specchio d’acqua dall’area alluvionale del torrente Margorabbia. Nel 1998 è stato oggetto di alcune opere di riqualificazione che hanno previsto lo svuotamento dell’invaso, la pulizia degli inerti e inquinanti presenti, la rimodellazione delle sponde per la creazione di una fascia di sicurezza contro il pericolo di annegamento (il sito è oggetto di visita da parte di scolare- sche) e la riqualificazione funzionale dell’area a verde. Il bacino ha forma sub-rettangolare disposta in direzione sud-nord con una superficie di circa 1000 m2. La profondità media è di circa 1,5 m: procedendo dalle sponde verso il centro si incontra dapprima una “corona” dove l’acqua ha una profondità di circa mezzo metro; superato il terrazzo, le sponde decrescono rapidamente verso il centro raggiungendo una profondità massima di circa 2,5 m. La discreta trasparenza e la buona qualità delle acque consentono potenzialmente lo sviluppo di specie acquatiche di elevato valore naturalistico. I tappa4_stampa.qxd 09/10/2007 15.23 Pagina 87 Tappa Sud / 2 Il complesso di San Gemolo L’osservatorio della fauna acquatica e la riqualificazione ambientale L’acqua costituisce l’elemento centrale nell’ambito del SIC Lago di Ganna e il laghetto di San Gemolo rappresenta un punto privilegiato per facilitare il rapporto con l’acqua da parte dei visitatori. Così, una delle azioni del progetto LIFE ha previsto la riqualificazione ambientale del bacino e la contestuale realizzazione di un osservatorio della fauna acquatica, il tutto con una forte caratterizzazione didattica. Le opere di riqualificazione ambientale hanno: - ripristinato la connessione ecologica con il torrente Margorabbia, al fine di evitare condizioni di isolamento prolungato, con la conseguente riduzione della variabilità genetica all’interno delle popolazioni ani- 2 mali che abitano il laghetto; - rimodellato il bacino lacustre, con lo scopo di incrementare il numero di microhabitat disponibili, per ottenere un conseguente aumento della diversità biologica; - impiantato un piccolo canneto lungo la sponda settentrionale del laghetto, tale da favorire lo sviluppo di una zona adatta alla riproduzione degli anfibi. Questi interventi dovrebbero favorire lo sviluppo di comunità acquatiche diversificate e costituire il supporto ambientale per una efficace azione di insediamento di una popolazione stabile di gambero di fiume (Austropotamobius pallipes italicus) a partire da soggetti adulti introdotti nel laghetto da aree limitrofe, creando le condizioni ottimali alla vita e alla riproduzione di questi delicati organismi. 87 tappa4_stampa.qxd 09/10/2007 15.24 Pagina 88 Osservatorio specie acquatiche Azione LIFE C6: Riqualificazione dell’area del laghetto di San Gemolo per la conservazione di Austropotamobius pallipes e la realizzazione di un osservatorio della fauna acquatica L ’osservatorio della fauna acquatica è stato costruito sul lato est del laghetto, in posizione mediana. La superficie rivolta verso lo specchio lacustre è in parte costituita da una lastra di materiale trasparente, così da consentire la visione di uno spaccato dell’ecosistema lacustre alle scolaresche e ai visitatori. Per ridurre l’impatto costruttivo e facilitare la fruibilità dell’opera si è deciso per l’edificazione di una struttura completamente aperta, rappresentata da un porticato con pilastri in pali tondi e mezzi tondi in legno; per quanto riguarda la copertura, per mitigare al massimo l’intervento in un’area a elevata naturalità, si è optato per un manto inerbito a mo’ di giardino pensile. Sul lato verso il lago è stato realizzato il manufatto in carpenteria metallica per accedere allo spazio di osservazione subacqueo, caratterizzato da due rampe di scale una per la discesa e una per la salita, con una parete addossata al lago contenente un grande oblò di forma rettangolare che consente la vista del fondo dell’invaso e conseguentemente delle specie acquatiche ivi presenti. Lo spazio coperto e l’osservatorio subacqueo sono stati dotati di un impianto di illuminazione comandato da pulsantiera e di temporizzatore che consente nei mesi estivi e in tutte le ore notturne l’accesso all’osservatorio e la possibilità di godere della vista subacquea. Per enfatizzare le finalità didattiche del sito sono stati realizzati una serie di pannelli descrittivi degli habitat e delle specie più rappresentative. L’intervento, anche per il fine cui è destinato, è teso a mantenere un’accettabile livello di sostenibilità ambientale, mediante l’utilizzo di materiali quanto più naturali possibile con un impiego minimo di prodotti ottenuti da sintesi industriali. L’utilizzo dei materiali, il colore, il trattamento delle superfici, le dimensioni corrispondono agli arredi lignei già in uso all’interno del territorio del Parco, così da riproporre una immagine in parte consolidata e ripetibile all’interno dell’area protetta. Veduta dell’osservatorio con il particolare delle scale per scendere al di sotto del pelo libero del lago. tappa4_stampa.qxd 09/10/2007 15.25 Pagina 89 Gambero di fiume I l gambero di fiume autoctono (Austropotamobius pallipes italicus) è un crostaceo decapode (cioè con dieci arti, compresi quelli che portano le chele) di elevato valore naturalistico che perciò è stato inserito negli allegati II e IV della Direttiva europea “Habitat”. La colorazione è bruno-marrone o bruno-verdastra sul dorso e sui fianchi, mentre ventre e arti sono chiari. Tali caratteri gli conferiscono la denominazione di gambero dai piedi bianchi. L’ecologia del gambero d’acqua dolce italiano prevede una maturità sessuale in genere raggiunta nella terza-quarta estate allorché i maschi misurano circa 60-70 mm e le femmine 55-60 mm. L’attività riproduttiva si colloca nella stagione autunnale, con limiti temporali determinati dalle condizioni termiche delle acque e quindi anche dalla variabilità climatica locale. La durata dell’incubazione delle uova è legata alla temperatura dell’acqua e può variare da 4 a 7 mesi, durante i quali le uova sono protette dalla femmina nella porzione addominale del corpo. L’attività trofica e la motilità sono maggiori tra la primavera e l’autunno, mentre risultano particolarmente ridotte durante il periodo invernale. Gli spostamenti si compiono prevalentemente nelle ore Maschio adulto di gambero di fiume italiano (Austropotamobius pallipes italicus). notturne. L’habitat elettivo comprende acque limpide e correnti della fascia collinare e montana, anche se non mancano segnalazioni negli ambienti di risorgenza planiziali. Non di rado è osservabile la colonizzazione di laghi e stagni, soprattutto se la temperatura dell’acqua non si innalza eccessivamente. Uno dei principali pericoli cui va incontro il gambero di fiume è la possibile insorgenza di gravi epidemie che possono determinare l’estinzione di intere popolazioni. A questo proposito è da ricordare la peste del gambero, il cui agente eziologico è il fungo Aphanomyces astaci che, veicolato spesso da gamberi esotici di origine americana (Orconectes limosus e Procambarus clarkii), può determinare mortalità prossime al 100% nelle popolazioni colpite. All’interno del Parco del Campo dei Fiori è stata accertata, nell’ambito dell’azione A4, la presenza di alcune popolazioni di Austropotamobius pallipes italicus. Da queste popolazioni sono stati prelevati gli individui utilizzati nelle operazioni di reintroduzione nel laghetto di San Gemolo. Tali soggetti sono stati marcati mediante microustioni sull’esoscheletro, senza arrecare alcun fastidio all’animale, secondo codici individuali al fine di controllarne tappa4_stampa.qxd 90 09/10/2007 15.27 Pagina 90 Tappa Sud / 2 Il complesso di San Gemolo periodicamente lo stato di salute e l’accrescimento. L’attività di controllo si è svolta sia mediante la posa di nasse innescate sia attraverso osservazioni notturne dirette con l’ausilio fonti luminose, allo scopo di sfruttare il periodo di maggiore motilità dei gamberi arrecando nel contempo un disturbo assai limitato agli animali. Fase di reintroduzione dei gamberi nel laghetto IL PROCAMBARUS CLARKII, UNA MINACCIA PER IL GAMBERO DI FIUME ITALIANO Durante le attività di studio svolte nell’ambito del progetto LIFE è stata segnalata la presenza nel SIC del gambero della Louisiana (Procambarus clarkii). Diversi soggetti appartenenti alla specie sono stati rinvenuti nel Margorabbia emissario e una femmina adulta è stata censita nel lago di Ganna. Le densità osservate, con un netto aumento delle catture nel 2007 rispetto al 2006, fanno presupporre un tentativo di espansione della specie nell’area. Il gambero della Louisiana, chiamato anche Killer per le conseguenze nefaste della sua presenza nei confronti di Austropotamobius pallipes italicus, è facilmente riconoscibile per le chele allungate, con rugosità grossolane e per la presenza di uno sperone (che viceversa è assente nella specie autoctona italiana) sul segmento posteriore alle chele. Il colore del corpo è solitamente rosso brillante o bruno violaceo, tuttavia può essere grigio o marrone negli individui giovani. L’arrivo della specie esotica nel SIC è probabilmente dovuto ad un gesto sconsiderato, pur in buona fede, ad opera di persone non competenti che hanno pensato di reintrodurre i gamberi in siti che una volta li ospitavano, compiendo tuttavia un grossolano e irreversibile errore. Poiché la tutela del gambero autoctono passa anche attraverso i gesti responsabili della popolazione si raccomanda, nel caso in cui si trovassero gamberi d’acqua dolce in natura, di non spostare mai gli animali in luoghi diversi da quello di ritrovamento. Nel caso in cui l’osservatore fosse in grado di riconoscere la specie, sarebbe importante trasmettere la segnalazione al Parco del Campo dei Fiori e/o ai competenti uffici della Provincia di Varese. tappa4_stampa.qxd 09/10/2007 15.32 Pagina 91 La marcatura dei gamberi L a marcatura dei gamberi è una operazione delicata che deve essere eseguita con professionalità onde evitare di danneggiare gli astacidi. I soggetti da marcare, preventivamente acclimatati nel corpo idrico di destinazione onde evitare episodi di stress, sono temporaneamente trasferiti dentro bacinelle coperte da panni umidi. Le operazioni di marcatura, che solitamente avvengono nel periodo di attività dei gamberi (dalla primavera all’autunno) sono eseguite con l’accortezza di evitare i momenti più caldi della giornata. Lo strumento utilizzato è in genere un microsaldatore a gas che determina la formazione di microustioni sull’esoscheletro degli animali, secondo il codice numerico fornito da Abrahamsson. Il metodo, che in termini semplici consiste nel praticare una sorta di tatuaggio, si è dimostrato negli anni relativamente innocuo per gli animali e non determina alterazioni particolari nella vita dei gamberi, che riprendono lo svolgimento delle proprie attività una volta reimmessi in acqua. I punti di marcatura sono visibili, pur tenui, anche dopo le periodiche mute (processi di sostituzione dell’esoscheletro) e consentono in linea teorica di seguire e studiare la vita degli animali marcati per alcuni anni. 1 1 Operazioni di marcatura e di raccolta dei dati. 2 e 3 Immagini di gamberi marcati: sopra il numero 51, sotto il 66. 4 Codice numerico utilizzato nelle operazioni di marcatura (da Abrahamsson, 1972) 2 3 4 tappa4_stampa.qxd 09/10/2007 15.34 Pagina 92 Un piano d’azione per le specie acquatiche di interesse comunitario U no dei principali obiettivi del piano di azione per la conservazione della fauna acquatica del SIC Lago di Ganna è quello di permettere o eventualmente ripristinare la presenza di condizioni ottimali per le specie di interesse comunitario che sono tutelate dall’istituzione del sito. Grazie alle indagini conoscitive condotte nell’ambito del progetto Life, è stato possibile delineare un quadro esaustivo di caratterizzazione degli ambienti acquatici presenti nell’area, al fine di acquisire le basi scientifiche per la stesura del piano d’azione, del quale si riportano alcuni aspetti di particolare rilevanza. LA CONSERVAZIONE DEI GAMBERI Uno dei risultati più sconcertanti delle indagini svolte nell’ambito del progetto Life è stato il mancato ritrovamento del gambero autoctono Austrapotamobius pallipes italicus nel torrente Margorabbia immissario del lago di Ganna, dove era sicuramente presente sino a pochissimi anni fa. Nonostante gli esiti del censimento all’interno del SIC siano stati negativi, l’ambiente indagato presenta caratteristiche ambientali che lo rendono apparentemente idoneo a ospitare il gambero autoctono. Le popolazioni individuate in corsi d’acqua esterni al SIC ma interni al Parco del Campo dei Fiori possono fornire il mate- riale di partenza del progetto di reintroduzione e di ripopolamento dell’ambiente storicamente colonizzato dalla specie. Le cause della sua apparente scomparsa sono di difficile comprensione, anche se un ruolo negativo è stato certamente svolto dalla siccità storica del 2003 e dalla predazione esercitata dalla trota fario. Tuttavia, la principale fonte di preoccupazione risiede nella diffusione del gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii), censito per la prima volta nel corso del progetto LIFE e il cui contingente è in aumento sia nel Margorabbia emissario che nel lago di Ganna tanto da non escludere il suo prossimo arrivo nelle acque del Margorabbia immissario, che renderebbe inutili le pratiche di reintroduzione. Al fine di preservare il gambero autoctono nell’area del Parco è necessario proseguire nelle attività di monitoraggio della distribuzione e della consistenza delle popolazioni sia nelle acque del Margorabbia, con particolare riguardo al nucleo di reintroduzione, sia nei corsi d’acqua limitrofi che ancora oggi ospitano gamberi. tappa4_stampa.qxd 09/10/2007 15.35 Pagina 93 Tappa Sud / 2 Il complesso di San Gemolo OBIETTIVI SPECIFICI DI CONSERVAZIONE: IL TORRENTE VALCERBORA Pur essendo localizzato al di fuori del SIC, ancorché molto vicino, il torrente Valcerbora si è dimostrato un ambiente particolarmente interessante per il fatto di ospitare una ricca popolazione di gambero d’acqua dolce. Oltre ad esso, sono stati rilevati anche anfibi allo stato larvale. È stato, tuttavia, chiaramente individuato un punto di forte impatto negativo, dovuto a un’immissione inquinante di origine fognaria, a valle della quale le condizioni qualitative del corso d’acqua peggiorano drasticamente, tanto che scompaiono del tutto i gamberi. Le modestissime portate del corso d’acqua non sono, infatti, in grado di sopportare e di diluire adeguatamente l’apporto fognario localizzato poco a monte del ponte della strada provinciale n. 11, in comune di Bedero Valcuvia. Un’azione che si ritiene strategica anche per la conservazione della fauna di interesse comunitario del SIC del Lago di Ganna consiste dunque nel risanamento del torrente Valcerbora, attraverso una idonea attività di depurazione dello scarico che oggi vi recapita. PROTEZIONE DEGLI ANFIBI DURANTE LE MIGRAZIONI La maggior parte degli anfibi compie più migrazioni, nell’arco dell’anno, verso i luoghi di riproduzione, le aree di nutrimento e i quartieri di estivazione e svernamento; tali aree sono sovente separate tra loro da infrastrutture stradali che gli animali si trovano costretti ad attraversare. Per tale motivo, gli anfibi rappresentano il gruppo faunistico forse più colpito dall’effetto barriera stradale tanto che al traffico veicolare è imputabile in Lombardia la scomparsa di diverse popolazioni di rospo comune che fino a qualche decennio fa si riproducevano sulle sponde dei grandi laghi prealpini. In particolare, le migrazioni riproduttive stagionali in massa di rospi e rane si concentrano in determinati periodi (in genere fine inverno-inizio primavera) e in tratti relativamente brevi, generando la necessità di creare strutture specifiche per permetterne l’attraversamento. In tal senso, in tutta Europa già da diversi anni sono state intraprese svariate iniziative a favore della protezione degli anfibi migranti, garantendo le trasmigrazioni stagionali e gli spostamenti tra diversi habitat. Una di queste misure di protezione è la realizzazione di passaggi per gli anfibi, manufatti artificiali variamente strutturati e conformati, trasversali alla sezione stradale, che consentono alle specie anfibie 93 tappa4_stampa.qxd 94 09/10/2007 17.59 Pagina 94 Tappa Sud / 2 Il complesso di San Gemolo di sottopassare la carreggiata stradale. Nel caso dell’area di interesse, per il raggiungimento delle aree di deposizione delle uova molti anfibi, compresa la rana di lataste, sono obbligati nel loro cammino migratorio ad attraversare le strade che dividono gli specchi d’acqua del SIC dal monte Mondonico e dal Poncione di Ganna, rispettivamente la SP n. 11 e la SS n. 233. Trasversalmente a tali vie di comunicazione, alcuni sottopassaggi sono già presenti in corrispondenza di impluvi o di piccoli corsi d’acqua intermittenti che possono anche essere percorsi dagli anfibi. Tuttavia, il rilevamento lungo i tratti stradali posti in corrispondenza dei flussi di migrazione di numerosi esemplari schiacciati dalle automobili in transito testimonia il fatto che molti anfibi tentano l’attraversamento stradale piuttosto che imboccare i sottopassi esistenti. Si prospetta dunque una nuova azione di piano che consista nell’adeguamento delle strutture di passaggio preesistenti e nell’eventuale progettazione e realizzazione di ulteriori sottopassi stradali dedicati all’attraversamento degli anfibi in periodo riproduttivo. LO SPOSTAMENTO DELLA TROTA FARIO A PROTEZIONE DELLE PICCOLE SPECIE ITTICHE Il torrente Margorabbia, a monte del lago di Ganna, ospita oltre a piccole specie ittiche di interesse comunitario (scazzone, vairone e lampreda padana) una popolazione di trota fario molto abbondante, presumibilmente sviluppatasi a seguito delle costanti pratiche ittiogeniche sino a ora effettuate. A fronte quindi della presenza di entità faunistiche acquatiche di pregio e della forte predazione che una elevata densità di trota fario è in grado di esercitare su tali entità pregiate, dovrebbe essere attuata una rimozione selettiva di adulti, subadulti e giovani di trota. Accanto a tale azione andrà ribadito il divieto di ripopolare il tratto di Margorabbia a monte del lago di Ganna. Le trote rimosse saranno destinate al ripopolamento di altri corsi d’acqua vocazionali, scelti in accordo con la Provincia di Varese. L’azione di rimozione darà indirettamente beneficio alle specie di interesse faunistico che non ne subiranno più la predazione. tappa5_stampa.qxd 09/10/2007 17.23 Pagina N el 1895 l’ingegner Rigoni presentò a Varese il progetto di una tramvia per attraversare la Valganna, in modo da collegare Varese a Luino e alla Svizzera, passando per Ganna e Ghirla. Nella ‘Cronaca prealpina’ commentarono con entusiasmo “Un tram lungo quella strada costituirebbe indubbiamente una grande comodità per tutte le numerose ville che si trovano sul percorso favorendo maggiormente in quella località la villeggiatura”. Il progetto fu approvato e fu deciso che il funzionamento della tramvia fosse elettrico, stabilendo inoltre che 1 l’energia in eccesso sarebbe stata utilizzata per l’illuminazione della città. La progettazione e realizzazione furono un esperimento importantissimo di trazione elettrica a lungo percorso, quando ancora non c’erano treni mossi dall’elettricità. Il 15 luglio 1903, quando venne inaugurato il primo tratto, da Varese a Grotte, la cronaca della realizzazione venne accolta con molto calore e aspettative verso un futuro che diventava sempre più concreto: era iniziata l’epoca dell’elettricità. Oltre alle potenzialità commerciali, nel progetto si tenne conto anche dell’importanza di favorire l’atmosfera di villeggiatura. Il tracciato, lo si può Tappa Sud 3 Tra boschi e praterie L’antica ferrovia 95 tappa5_stampa.qxd 96 09/10/2007 17.24 Pagina 96 2 Tappa Sud / 3 Tra boschi e praterie vedere anche oggi, non fu progettato solo per passare la Valganna, ma quasi per passeggiarvi, con mezzi all’avanguardia. Le gallerie, gli scorci, le pareti rocciose contribuirono a creare quell’incanto del guardare che alimenta sorpresa e suggestione, ingredienti fondamentali di un bel viaggio. Anche le soste, come raccontato, sembra fossero avventure: dal ristorante, alla parrucchiera, al gabinetto dentistico per dentiere in giornata. La notte del 26 gennaio 1914, con l’apertura dell’ultima galleria, si completò l’intero tratto Varese-Ghirla-Luino-Ponte Tresa e da lì, con un’altra tramvia, direttamente a Lugano, in Svizzera. Nel 1953, per lo scadere di concessioni e contratti, le tramvie furono convertite in vie automobilistiche e gli autobus sostituirono i tram. Molte immagini testimoniano l’ultima corsa in partenza da Varese che casualmente, il 28 febbraio 1955, compì il suo tragitto sotto un’improvvisa nevicata. Il 1° marzo dello stesso anno, sempre da Varese verso Luino, partiva il primo autobus.Varese e i suoi dintorni venivano considerati un centro di passaggio per le vie di comunicazione gia nell’Ottocento. Come ci riferisce il Brambilla le merci, la posta e i viaggiatori provenienti da Milano e diretti in Francia, percorrevano l’itinerario di Cislago, Varese, Domodossola, arrivando al Sempione. Quelli diretti in Germania, da Varese si dirigevano a Lugano e da qui attraversavano le Alpi svizzere. Alcune di queste vie di comunicazione erano le antiche “strade militari” che fino alla prima metà del XIX secolo rimasero tali: come quella che per il Frascarolo e la Valganna portava a Ponte Tresa, conosciuta fino dai tempi della dominazione romana come la “via delle genti”. Dice sempre il Brambilla che “Nel secolo XVI, Varese era fiorente centro di commercio, specialmente dei tessuti pregiati (…). E le vie di comunicazione come pure i mezzi di trasporto erano considerati buoni”. Probabilmente il problema dei trasporti non era una priorità e quindi giudicato sufficiente. Nel 1863 si ebbe la prima vera innovazione: si istituiva il primo velocifero giornaliero tra Varese e Milano, tramite una carrozza trainata da cavalli, che permetteva di andare e tornare nel corso della stessa giornata. Negli stessi anni si crearono nuove strade e i trasporti si svilupparono molto velocemente, fino ad arrivare alle strade ferrate. Nel 1873 in una relazione della Camera di Commercio, compilata dopo la costituzione del Regno d’Italia, si giudicavano buone le strade che intersecavano e servivano la regione varesina. Le principali vie di comunicazione in quell’anno erano le seguenti: Varese-Laveno, Varese-Como, quella della Valganna che passando per Ponte Tresa portava a Lugano, quella che si spingeva a Porto Ceresio e quella per Gallarate. La Valganna in questi anni trae vantaggio dallo sviluppo delle vie di comunicazione. tappa5_stampa.qxd 09/10/2007 17.25 Pagina 97 Tappa Sud / 3 Tra boschi e praterie 1 Il tram presso la stazione di Ganna, dalla rivista Italia Bella 15 luglio 1911. 2 Immagine tratta dalla rivista Tracce, dell’aprile 1992, che ritrae il tratto più pittoresco della tramvia Varese-Luino. 3 La realizzazione della ferrovia era indirizzata a favorire lo sviluppo non solo delle potenzialità commerciali delle aree coinvolte ma dell’atmosfera di villeggiatura, come pubblicizzato da questa guida di inizi Novecento (Touring Club, Milano). 4 L’apertura dell’ultima galleria nella notte del 26 gennaio 1914 rese possibile il completamento dell'intero tratto VareseGhirla-Luino-Ponte Tresa. La fotografia, sebbene mostri i lavori in corso per la realizzazione della linea del Sempione, è rappresentativa delle modalità e dei mezzi a disposizione a inizio Novecento per realizzare queste opere (Civico Archivio Fotografico di Milano). 3 97 tappa5_stampa.qxd 09/10/2007 17.26 Pagina 98 98 4 Nel 1884 viene infatti creato un nuovo tronco di strada che collega direttamente Varese alla Valganna, secondo il progetto dell’Ing. Cantù, senza dover passare per Induno Olona, abbreviando quindi il tragitto di diversi chilometri. In parallelo, l’ingenere Enea Torelli progetta la realizzazione di specifiche linee di comunicazione che dovevano lanciare turisticamente il varesotto. Nascono così le prime funicolari per la Prima Cappella e per il Campo dei Fiori. Il 30 settembre 1895 viene discusso in Comune a Varese il progetto per una tramvia attraverso la Valganna. Il progetto è dell’Ing. Ambrogio Campiglio che consiglia la trazione elettrica con corrente trifase a frequenza industriale. Il 15 novembre dello stesso anno si arriva alla decisione definitiva che la futura tramvia funzionerà elettricamente. Il primo tronco Varese-Grotte di Val- tappa5_stampa.qxd 09/10/2007 17.26 Pagina 99 Tappa Sud / 3 Tra boschi e praterie ganna viene inaugurato il 15 luglio 1903. In proposito la Cronaca prealpina scrive: “come nelle arterie il sangue passa rapido, e dal cuore si spinge alle estremità del nostro corpo e ritorna al cuore per essere nuovamente vivificato, tali sono le grandi strade di comunicazione che il vapore e l’elettricità rendono più attive e più feconde per i traffici e per i commerci del nostro paese”. Il 4 febbraio dell’anno successivo la Società Anonima Tramvie e Ferrovie Elettriche Varesine prosegue la linea dalle Grotte di Valganna a Ghirla, il 18 luglio da Ghirla a Cunardo. Il tratto più impegnativo della costruzione è la discesa verso Luino ma, il 28 marzo 1905, viene aperta al pubblico l’intera tratta Varese Bettole-Luino. La Prealpina, il giorno seguente dà una descrizione affascinante dell’intero tragitto: “Dopo la stazione delle Bettole si sbocca sul nuovo tronco della provinciale Varese-Birraria poco discosto dall’Isola Bella e dal Ponte sull’Olona. Più oltre si ammirano il Sacro Monte, Biumo Superiore e San Fermo e quindi il paesaggio silvestre della Val Grogna. Si rasenta Induno Olona (…). Alla Birraria i viaggiatori approfittano della sosta per assaporare l’eccellente birra Poretti. A dire il vero i varesini preferiscono il Valpolicella alla birra, ma la novità della bevanda e il sapore straniero che essa offre dà un certo tono turistico a chi ne vuota una tazza. Se la ditta Poretti non avesse impiantato qui i suoi stabilimenti probabilmente non solo a Varese, ma tutta questa “Svizzera italiana”, avrebbe ignorato la bionda spumosa bevanda come la chiamano gli eruditi. Attraversata la prima galleria, è la volta di Trappola e infine delle fantastiche grotte di Val Ganna, uno dei migliori e frequentati luoghi estivi dei dintorni. Dopo le grotte è la seconda galleria e la vettura corre, corre per la valle che si apre maestosa e su cui spiccano le cime di cobalto del sasso, delle Corna, del Poncione e di Monsonico. Ed ecco Ganna! Qui riposano le spoglie di Giuseppe Grandi, lo scultore del monumento alle Cinque Giornate di Milano. Intorno opifici, case, giardini. Eccoci al grazioso laghetto di Ghirla, campo sportivo dei pattinatori e richiamo di pescatori per le sue tinche prelibate. Superata la casa Cardini, dopo pochi minuti Cunardo, quindi, la discesa Camandrina in prossimità di Ferrera e, sotto il Poggio Belvedere, la Valcuvia si estende in tutta la sua ampiezza, disseminata di paeselli abbarbicati alle falde della montagna. Di fronte: i monti della Valtravaglia; oltre, le scintillanti acque della Margorabbia. La linea corre in sede propria… in pochi minuti Fornaci e Valdomino, il fiume Tresa e quindi Creva e la piazza del Risorgimento di Luino… Il viaggio è un incanto, un sogno, uno spettacolo divino. Anche lo spirito più gretto - dirà un poeta - qui sente di elevarsi al cielo.” (La Prealpina, 29 marzo 1905). La tramvia per ora si ferma a Luino, nel punto di incontro con la linea del Gottardo, ma viene ultimato il sottopassaggio che giunge alla stazione di nuova costruzione, vicino a piazza Garibaldi. Il 6 maggio 1905 la linea raggiunge dalla stazione provvisoria la stazione definitiva di Luino. I risultati dati dalla trazione elettrica a corrente trifase sono poco soddisfacenti e il 17 maggio 1906 la Società Varesina per Imprese Elettriche, subentrata alla Società Anonima Tramvie Elettriche Varesine, decide di sostituirla con la corrente continua. L’esercizio a corrente continua della linea della Valganna inizia il 23 maggio 1907 e cesserà il 28 febbraio 1955. 99 tappa5_stampa.qxd 09/10/2007 17.28 Pagina 100 Boschi F itti boschi ricoprono le pendici che collegano la vetta del monte Martica al fondovalle della Valganna e della Valle del Pralugano e, giunti a lambire l’area della Riserva naturale orientata Lago di Ganna, si stemperano nella vegetazione di ambiente acquatico. Dal punto di vista climatico l’area è inserita nella fascia della regione insubrica e premontana alpina a bioclima temperato e si caratterizza per umidità elevata, curva termica sempre positiva, anche se si verificano gelate invernali, e precipitazioni abbondanti con una distribuzione di tipo continentale. In queste condizioni la vegetazione forestale potenziale è rappresentata da latifoglie eliofile e mesofile dominate da querce, tra le quali farnia (Quercus robur), rovere (Q. petraea) e cerro (Q. cerris), e accompagnate da acero campestre (Acer campestre), acero di monte (Acer pseudoplatanus), olmo (Ulmus minor), frassino (Fraxinus excelsior), tigli 1 (Tilia cordata, T. platyphyllos), ciliegio (Prunus avium), carpino bianco e nero (Carpinus betulus, Ostrya carpinifolia) e nocciolo (Corylus avellana). Superato il bosco igrofilo di ontano (Alnus glutinosa) e frassino (Fraxinus excelsior), che si estende sui terreni umidi posti in prossimità della torbiera e del lago, il bosco prosegue senza soluzione di continuità nel bosco misto acidofilo. Tale bosco si caratterizza per la presenza di alberi, anche di dimensioni esemplari, di faggio (Fagus sylvatica), carpino bianco (Carpinus betulus), carpino nero (Ostrya carpinifolia) e nocciolo (Corylus avellana) e un sottobosco dominato dalla pervinca (Vinca minor). Salendo di altitudine compaiono esemplari di castagno (Castanea sativa) appartenenti alla fascia dei boschi di latifoglie submontani acidofili a dominanza di castagno. Nell’area a sud della riserva in prossimità della miniera della Valvassera si incontrano boschi d’impianto antropico di conifere (Pinus sylvestris, P. strobus, Picea abies) e latifoglie. tappa5_stampa.qxd 09/10/2007 17.30 Pagina 101 Tappa Sud / 3 Tra boschi e praterie 2 1 Veduta dei fitti boschi che ricoprono le pendici montuose sino a lambire le acque del lago di Ganna. 2 In autunno le pendici del monte Martica si colorano dei toni autunnali del bosco. 3 Veduta autunnale della torbiera. 4 Veduta invernale di un’esemplare di faggio (Fagus sylvatica) presente nel bosco di latifoglie. 4 3 101 tappa5_stampa.qxd 09/10/2007 17.31 Pagina 102 Sentiero del Giubileo I l sentiero del Giubileo 2000 consiste in un itinerario pedonale di lunga percorrenza che si snoda per circa 450 km lungo i confini occidentali della regione Lombardia connettendo importanti luoghi di pellegrinaggio storico e ambiti territoriali di particolare interesse paesistico e culturale. Il percorso deve il proprio nome all’anno santo e alla tradizione, diffusa sin dal primo Giubileo indetto da Papa Bonifacio VIII nell’anno 1300, del pellegrinaggio quale percorso di riscatto della propria anima. Sebbene ai nostri giorni gli antichi percorsi coincidano spesso con la viabilità carrabile e il Sentiero si scosti in alcuni tratti dai traccia- 1 ti storici, permane il fascino di poter percorrere da nord a sud l’intera Regione riscoprendo i luoghi lungo i quali i viandanti instauravano relazioni e scambi. Il sentiero si suddivide in quattro percorsi che si snodano lungo la sponda lombarda del Lago Maggiore, del Ticino, del Po e dell’Oltrepo Pavese. Nel tratto “Prealpi Occidentali e Seprio”, alla mappa numero 7 “Valceresio e Valganna”, è rappresentato l’itinerario ad anello che, partendo dal centro di Varese, si snoda nel territorio nord orientale della provincia attraversando il Parco Campo dei Fiori. All’ente gestore del Parco si deve il ripristino tappa5_stampa.qxd 09/10/2007 17.33 Pagina 103 Tappa Sud / 3 Tra boschi e praterie della rete escursionistica in collaborazione con la Regione Lombardia. Nodo centrale del nostro itinerario il paese di Ganna dal quale avventurarsi tra i possibili tracciati del Sentiero che permettono di ammirare la valle e il territorio circostante. Per la percorrenza si consiglia di disporre di abbigliamento e calzature da trekking adatti alla stagione, di mantella impermeabile in caso di pioggia e di seguire i cartelli raffiguranti un pellegrino che connotano l’intero tracciato. La rilevanza del tracciato della Valganna, quale antica via di pellegrinaggio, è storicamente documentata sin dall’epoca medioevale, periodo al quale risale il martirio dei santi Gemolo e Imerio, uccisi dai briganti mentre scortavano lo zio vescovo a un’udienza papale (si veda il capitolo “Tracce di storia” - pag. 23). Fonti più remote segnalano l’esistenza di un collegamento minore, conosciuto forse già in epoca romana, che permetteva di raggiungere Ponte Tresa dalla 2 Pianura Padana. Nel 1510-11 il tracciato venne impiegato dalle truppe svizzere chiamate da papa Giulio II per attaccare i francesi che occupavano il Ducato di Milano mentre in epoca ottocentesca permangono notizie della direttrice “Ponte Tresa, Ganna, Varese”, riportate nella Carta dello Stato di Milano pubblicata a Venezia nel 1865. Le modalità per raggiungere Ganna possono essere le più disparate in relazione alla lunghezza e al punto di partenza scelti per l’itinerario. Tutte le località di seguito citate possono essere raggiunte tramite mezzi pubblici. Avendo tempo ed energie a disposizione è possibile percorrere l’intero tratto del Sentiero del Giubileo che dal centro di Varese puntando verso sud est raggiunge dapprima Viggiù, vecchio borgo tra i più caratteristici della Valceresio, celebre per la lavorazione di una pietra arenaria a grana fine di color grigio paglierino che ha influenzato la con- 103 tappa5_stampa.qxd 104 09/10/2007 17.34 Pagina 104 Tappa Sud / 3 Tra boschi e praterie formazione del borgo e la presenza di cave circostanti l’abitato - contrassegnato sulla carta dal numero 2. Nei pressi vi è la chiesa di S. Elia, posta sulla sommità dell’omonimo monte, dalla quale si gode uno splendido panorama sul borgo, il lago di Lugano, Porto Ceresio, Morcote e il Colle di Besano - contrassegnata dal numero 4. Da Viggiù attraversando le pendici occidentali del monte Orsa, lungo le quali sono ancora visibili le imponenti fortificazioni belliche risalenti alla Prima Guerra Mondiale, e l’abitato di Besano, si raggiunge Porto Ceresio, località turistica sulle rive del Lago di Lugano. Da qui percorrendo la valle Murante si raggiunge Cuasso al Monte e, proseguendo tra i boschi della valle Gerosa, si arriva alla Bocchetta dei Frati, punto dal quale si dipartono due itinerari alternativi: verso nord il tracciato per Marzio e Marchirolo, verso sud-ovest la strada militare che conduce alla vetta del monte Piambello, splendida la vista sul territorio, e, discendendo, agli abitati di Boarezzo e Ganna. Proseguendo lungo il tracciato nord si incontra dapprima l’abitato di Marzio, caratterizzato dal vecchio borgo con corti e portali settecenteschi - contrassegnato con il numero 9 quindi, dopo aver attraversato i ripidi versanti del monte Marzio, Marchirolo, la cui chiesa di S. Martino, parrocchiale del XIII secolo ricostruita in stile barocco, merita una visita contrassegnato in mappa con il numero 10. Proseguendo quindi in direzione sud si attraversa il borgo d’impianto medioevale di Cugliate e, superate le sorgenti Molinazzo, si 3 tappa5_stampa.qxd 09/10/2007 17.37 Pagina raggiunge Ghirla dal nucleo storico denominato ghetto e dalla settecentesca chiesa di S. Cristoforo. Nelle vicinanze è possibile su richiesta visitare il maglio e il mulino Barzago, due impianti produttivi ad energia idraulica contrassegnati in mappa dal numero 17. Da Ghirla, lungo il tracciato che costeggia la sponda occidentale dell’omonimo lago si giunge infine a Ganna. Lungo la riva del lago, a poca distanza dall’abitato di Ghirla, sono presenti un campeggio, un ostello e un’area attrezzata nella quale è possibile sostare per rilassarsi e godersi un pic-nic. Volendo percorrere un itinerario più breve per raggiungere Ganna è possibile partire dalla località Ponte Tresa. Raggiunto l’abitato di Lavena si percorre un tratto dismesso della tramvia Varesa-Ponte Tresa e, attraversando il parco storico dell’Argentera, ci si ricollega al tracciato precedente presso l’abitato di Marchirolo. Diversamente, preferendo partire direttamente da Ganna per effettuare l’escursione, è possibile raggiungere la località con i mezzi pubblici o con la propria vettura. Dal capoluogo della Valganna è possibile compiere numerosi itinerari collegandosi a tratti dei tracciati precedenti oppure percorrendo l’antica via dei pellegrini che raggiunge la Madonna del Monte sopra Varese o un tratto della sede della vecchia ferrovia in direzione di Induno Olona. Raggiunto il paese di Ganna, l’itinerario può cominciare dalla Badia di San Gemolo, monastero benedettino sorto poco dopo il Mille che conserva le reliquie del santo e presenta elementi interessanti dal punto di vista architettonico, nel chiostro pentagonale e nel campanile romanico nonché nel piccolo 105 1 Veduta eseguita circa negli anni trenta dell’Ottocento della Via Sacra che, fra cappelle secentesche con statue che riproducono i Misteri del Rosario, conduce alla sommità del Sacro Monte, dove si staglia la chiesa con l’effige della Madonna Nera (Civica Raccolta delle Stampe Achille Bertarelli, Milano). 2 Cartelli segna via in prossimità del ponte sul rio Pralugano. 3 Panorama della torbiera del Pralugano dal sentiero che da Ganna conduce verso Brinzio. 4 La stazione di Ghirla. 5 Cartografia del Sentiero del Giubileo posta nei pressi della fonte di San Gemolo. 6 La fonte di San Gemolo, sorgente che la tradizione vuole luogo dell’aggressione al santo. Il nome dei ‘sassi rossi’ con il quale è anche conosciuta è legato al martirio che tinse del colore del sangue le rocce. 4 5 tappa5_stampa.qxd 09/10/2007 17.38 Pagina 106 106 6 Museo che conserva anche reperti romani. Usciti dal monastero si prosegue verso sinistra, dove risale il pavé di porfido rosso, e un centinaio di metri più avanti si trovano le indicazioni del sentiero numero 15 “GannaBrinzio” che in breve raggiunge il ponte sul rio Pralugano. Oltrepassato il ponte si presentano due diramazioni: una che prosegue lungo il fondovalle verso Induno Olona e una che, in salita, conduce a ovest verso Brinzio proseguendo per la Via Sacra della Madonna del Monte sopra Varese. Seguendo quest’ultimo itinerario ha inizio una salita non troppo impegnativa che copre un dislivello di circa 200 metri. Il sentiero attraversa boschi di querce, frassini, tigli, aceri, che lasciano il posto a castagni e faggi, i corsi d’acqua e le cavità carsiche sono numerose così come non mancano i punti panoramici sul paesaggio circostante. Circa due chilometri dopo aver guadagnato la cima, giunti nei pressi di un vecchio casolare, lo sguardo può correre sul Verbano e le vette circostanti. Se aveste bisogno di riposare sappiate che, a poca distanza, è segnalata un’area attrezzata per pic-nic. Riprendendo il cammino si scende su un sentiero acciottolato a Brinzio e di qui, dopo aver reperito un po’ di informazioni presso la sede del Parco, si costeggia il laghetto, riserva orientata di grande interesse, sino all’imbocco del sentiero piano posto di fronte all’attraversamento della strada provinciale. Superata in pochi minuti la frazione Rasa e il ponte sul fiume Olona - presso il quale si trova la fermata dell’autobus con destinazione Bedero che se necessario può ricondurvi a Ganna - si imbocca la via Salve Regina, sentiero numero 6. Giunti tra i boschi alla frazione Oronco ecco poco sopra la Via Sacra che, fra Cappelle secentesche con statue che riproducono i Misteri del Rosario, conduce in meno di un’ora alla sommità del Sacro Monte dove si staglia la “chiesa giubilare” con l’effige della Madonna Nera. Se al bivio del ponte sul rio Pralugano, nei pressi di Ganna, scegliete di proseguire in direzione sud, si costeggia la sponda occidentale del lago di Ganna sino a raggiungere la cappella di San Gemolo - in mappa al numero 20 -, presso la quale si trova un’area attrezzata per il pic-nic. A poca distanza la fonte di San Gemolo, sorgente che la tradizione vuole luogo dell’aggressione al santo. Percorrendo la sede della vecchia ferrovia, da San Gemolo si raggiunge la località Miniera Valvassera, dove in passato si estraeva piombo. Guadagnata la sella Frascarolo si può ammirare villa Medici di Marignano, dimora nobiliare che ingloba i resti di un antico castello posto a difesa della Valganna. Giunti alla periferia di Induno Olona si prosegue per la località Robarello visitando il parco pubblico Villa Toeplitz, interessante per l’impianto paesaggistico novecentesco. Da Robarello è possibile proseguire a nord verso la Via Sacra della Madonna del Monte o chiudere verso sud il proprio percorso raggiungendo Varese. tappa5_stampa.qxd 09/10/2007 17.40 Pagina 107 Praterie L e praterie con Molinia poste su terreni torbosi costituiscono uno degli habitat di interesse comunitario da preservare. Le praterie si contraddistinguono per una significativa ricchezza floristica che racchiude al proprio interno la presenza di specie da tutelare. La loro estensione nell’ambito della riserva è legata in particolar modo alle aree poste a nord e a sud del complesso della torbiera del Pralugano e del lago di Ganna. Sono da segnalare anche alcune superfici poste nella zona a sud, in prossimità del ponte inverso. Formazioni erbacee caratterizzate dalla presenza della specie Molinia coerulea, prosperano in terreni la cui superficie è di regola esposta all’aria, con disponibilità idrica inferiore rispetto alle zone di pressoché costante sommersione, sebbene richiedano stagionalmente condizioni di elevata disponibilità idrica. La distribuzione spaziale coincide con le aree in cui, in un passato relativamente recente, veniva praticata l’agricoltura. La realizzazione di drenaggi artificiali, al fine di sottrarre alla vegetazione palustre aree da destina- 1 re alla produzione di foraggio per gli animali, influenza a tutt’oggi le condizioni idriche di queste zone che periodicamente vengono sottoposte a sfalcio. Molinia coerulea è una graminacea che forma dei cespi folti e vigorosi che fioriscono da luglio a settembre producendo un’infiorescenza a pannocchia densa o con spighette distanziate. Interessante la colorazione giallo-dorata che la pianta assume all’inizio dell’autunno. Tra le specie del corredo floristico da menzionare per interesse naturalistico vi sono il ranuncolo delle passere (Ranunculus flammula), il carvifoglio palustre (Selinum carvifolia), la genziana mettimborsa (Gentiana pneumonanthe), la valeriana palustre (Valeriana dioica), la parnassia (Parnassia palustris), il gladiolo palustre (Gladiolus palustris), alcuni pennacchi (Eriophorum vaginatum, E. latifolium, E. angustifolium) e le orchidee Orchis incarnata ed Epipactis palustris. 1 Tra boschi e praterie la ricchezza floristica della riserva orientata Lago di Ganna. 2 Distesa erbacea di cespi folti e vigorosi. 2 tappa5_stampa.qxd 108 09/10/2007 17.41 Pagina 108 Tappa Sud / 3 Tra boschi e praterie Risalito il sentiero, il panorama si apre tra la vegetazione su quello che un tempo era il complesso per la lavorazione del materiale estratto. L a Miniera della Valvassera rappresenta un reperto di archeologia industriale che si erge nella valle a testimonianza dell’attività estrattiva che caratterizzava la provincia di Varese. Rimasta attiva sino al 1964, fu oggetto di approfondimenti scientifici sin dal 1939 all’interno di una più generale attenzione archeologica che vide nella valle l’esecuzione di ricerche su palafitte, 1863, sulla Grotta del Tufo, 1872, l’Antro delle Gallerie, 1873-74, la Grotta sopra la Fontana degli Ammalati, 1876, la Grotta dell’Alabastro, 1876, l’Antro dei Morti di Cunardo, 1927, la Grotta Vittorina, 1946 e la Badia di Ganna, 1960. I luoghi del lavoro Il principale filone della miniera era a galena argentifera con tenore del 3-4% in piombo e 1,5 kg di argento estratto per tonnellata di materiale. Il filone metallifero è disposto in direzione nord-ovest parallelamente al torrente Margorabbia e si sviluppa principalmente in verticale. La sua estensione è quasi certamente di superficie superiore a quanto sin ora esplorato. La formazione dei filoni è da ascrivere al fenomeno di contrazione della lava legato alle antiche eruzioni vulcaniche. Il raffreddamento della lava portava infatti alla produzione di crepe riempite di materiali metalliferi che, sotto la pressione di forze chimiche e meccaniche, si disponevano in filoni. tappa5_stampa.qxd 09/10/2007 17.43 Pagina 109 Tappa Sud / 3 Tra boschi e praterie L’attività estrattiva sembra venisse esercitata sin da tempi antichi, gli affioramenti iniziarono ad essere sfruttati dopo l’arrivo dei Celti ai quali si deve probabilmente l’etimologia del nome dato alla valle, Vasser, da acqua, testimonianza della ricchezza idrica dei territori. Le prime gallerie della miniera, quelle superiori, sono da ascrivere alla dominazione romana. Vennero sfruttate sino al Medioevo, epoca alla quale risale il loro abbandono. Sebbene di indubbio fascino l’origine romana della miniera non è supportata da notizie certe. L’attribuzione storica è infatti basata su tradizioni orali e qualche ritrovamento archeologico dell’ing. Pedotti di Varese. Quest’ultimo sembra avesse rinvenuto, in epoca non precisata, scalpelli di ferro, monete e oggetti vari che non furono però più ritrovati. Informazioni circa la possibile presenza anche di una vena aurifera compaiono nel 1555 in una controversia tra la comunità di Induno e un privato, nella quale si parla di “unam venam ex qua extraitum aurum, argentum et plumbum”. Dopo il XVIII secolo sino al 1830 la miniera fu sfruttata in maniera occasionale da privati che estrassero in prevalenza dalla porzione superiore. Oggi la miniera si può raggiungere a piedi percorrendo il Sentiero del Giubileo che dall’abitato di Ganna attraversa la valle in direzione Induno Olona, o in autovettura lungo la Statale 233, Varese-Valganna-Ponte Tresa. Imboccando la strada asfaltata che porta all’ingresso della proprietà della miniera ci si incammina lungo il sentiero che conduce in prossimità dei resti. Risalendo in quota per circa 200 m parallelamente alla provinciale, il panorama si apre tra la vegetazione su quelResti della teleferica automatica che connotano il complesso di archeologia industriale. 109 tappa5_stampa.qxd 110 09/10/2007 17.43 Pagina 110 Tappa Sud / 3 Tra boschi e praterie lo che un tempo era il complesso per la lavorazione del materiale estratto: la cabina elettrica, gli uffici e le case utilizzate dai minatori quale dormitorio e magazzino. Proseguendo lungo la mulattiera che costeggia il canalone del ruscello si incontrano i resti delle antiche fornaci, cumuli di materiale di scarto e resti arrugginiti di macchinari, sino all’ingresso laterale della galleria superiore. Da qui dopo un tratto orizzontale si diramano i pozzi verticali che univano le varie gallerie dei piani inferiori. La struttura della miniera è formata da brevi gallerie che confluiscono in un vano più ampio, dal quale parte un camino di aerazione. Sulle pareti permangono i segni di scalpellinatura manuale, che rievocano l’antica tecnica estrattiva di sezionamento trapezoidale. Sulla sponda opposta del torrente si trovano i resti di costruzioni edificate dopo il 1862 dal proprietario di allora, Baglioni, che venivano impiegate per preparare il materiale. A Baglioni, proprietario nel 1862, si deve la riapertura della miniera e lo sfruttamento al di sopra e al di sotto dei vecchi filoni con la scoperta di nuove vene. In quest’epoca si scavarono nuovi pozzi e si ampliarono le gallerie rispetto all’epoca precedente. Nel 1870 la concessione fu rilevata da Barboglio che acquistò alcuni terreni confinanti, recuperò la mulattiera e fece realizzare un bacino d’acqua nonché le costruzioni superiori. In questo periodo si estrasse molto minerale che veniva lavorato sul posto. Per tale motivo furono eseguiti nuovi lavori di ampliamento e venne progettato uno stabilimento metallurgico. Il crollo del prezzo del piombo occorso all’inizio del Novecento per l’importazione dal Nord Africa provocò l’abbandono della miniera che fu riaperta solo dopo la Prima Guerra Mondiale dalla ditta Girala di Milano. La costruzione di una teleferica automatica di 850 metri di lunghezza, in grado di trasportare 50 tonnellate di materiale al giorno, rese possibile la produzione sino al 1935, anno in cui l’estrazione ebbe nuovamente termine. La società Miriva la riaprì nel 1940 tenendola in attività sino alla definitiva chiusura nel 1964. Le cause della cessata attività sono da ricercare non tanto nel ritmo lavorativo, serrato, ma nel fallimento dovuto ad errate operazioni in borsa a Milano di un grosso gruppo finanziario del quale la società era azionista. Attorno alla miniera, boschi di specie sempreverdi (pinete) e caducifoglie sono opera dell’uomo che le mise a dimora per ottenere il legname dal quale ottenere le travi che armavano le gallerie. La presenza della miniera della Valvassera non è un fenomeno isolato nella provincia di Varese. La zona è infatti interessata da manifestazioni minerarie che si estendono principalmente a nord dei monti Campo dei Fiori, Monarco, Pravello. Una copertura morenica e alluvionale ricopre i complessi geologici, sede di azioni minerogeniche più o meno rilevanti. Questi possono essere ricondotti principalmente a tre tipologie così schematizzabili: - complesso di base, costituito da gneiss e micascisti corrugati con presenze filoniane a galena argentifera, a calcopirite e a pirite aurifera; - complesso effusivo, costituito dagli espandimenti lavici dei porfidi e porfiriti con tufi porfiritici; - complesso sedimentario, costituito da arenarie, calcari, dolomie e marne in banchi stratificati. tappa5_stampa.qxd 09/10/2007 17.45 Pagina 111 Miniera di piombo L o sfruttamento delle miniere per l’estrazione di oro, argento e piombo ha origine in tempi remoti. Inizialmente veniva praticata su vena pura mediante martellamento diretto. Questa modalità ha influenzato la tipologia di miniera prodotta, che potremmo definire di superficie. La miniera era infatti rappresentata da buche profonde due o tre metri ottenute dall’escavazione in prossimità dei primi ritrovamenti minerari. Solo in tempi successivi, grazie alla scoperta dell’azione del calore sulle rocce, che ne provoca lo sbriciolamento e la separazione dal metallo, fu possibile applicare una nuova tecnica estrattiva. Il materiale così ottenuto veniva sottoposto a un processo di fusione e modellato all’interno di stampi in pietra. Quest’innovazione tecnica segnò un cambiamento anche nella tipologia della miniera che, da un’iniziale sfruttamento delle grotte naturali, divenne un insediamento di origine antropica. Si iniziarono così in epoca celtica (circa III a.C.), e nelle epoche successive, a scavare cunicoli dapprima orizzontali, quindi verticali. L’escavazione veniva praticata mediante martello e scalpello, la manualità delle operazioni determinava un avanzamento annuo delle gallerie di circa 10 metri. L’avvento dei romani non portò sostanziali modifiche nelle tecniche estrattive, che essi acquisirono diret- tamente dai popoli vinti. La realizzazione di gallerie avveniva in leggera pendenza verso l’esterno, in questo modo era possibile spingere in salita il carrello vuoto che sarebbe stato poi accompagnato dalla discesa, una volta pieno, in senso contrario. Le gallerie rimanevano comunque dei luoghi stretti che consentivano il passaggio di un’unica persona. Con l’avvento dei cunicoli verticali divenne indispensabile provvedere a consolidare le pareti delle gallerie tramite travi di legname. Il materiale veniva trasportato a mezzo di carrucole e canestri di vimini. Il minatore, avvolto nel buio per gran parte della giornata, realizzava il proprio lavoro grazie a lumini a olio. Le miniere non furono esenti dall’impiego di manodopera minorile che raggiungeva più facilmente i cunicoli scavati a maggior profondità e di dimensione ridotta. Una volta estratto, il materiale veniva cotto in forni in terra battuta che permettevano di separare il metallo dalla pietra. A dorso di mulo il metallo grezzo era trasportato al villaggio, dove veniva fuso in stampi o in lingotti utilizzati negli scambi commerciali. Molte delle lavorazioni legate alla miniera richiedevano un’ingente impiego di legname che provocò in parte il disboscamento, e l’attuale diffusione di prati magri, e la realizzazione di impianti vegetali di origine antropica. Rappresentazione pittorica del lavoro in una miniera nell’Ottocento (Civica Raccolta delle Stampe Achille Bertarelli, Milano).