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A lezione di terremoti
A lezione di terremoti > A cura della commissione rischi del territorio Ordine Ingegneri di Verona e provincia > Testi di Davide Bertini, Silvia Bonetti, Maurizio Cossato, Elisa Faretina, Remigio Lucchini, Giovanni Nicolò > Coordinamento Silvia Bonetti A Giovanni Bignardi, ingegnere, deceduto il 29 maggio 2012 a San Felice sul Panaro nel compimento del proprio dovere, di ingenere, di cittadino. Indice pag. 2 Introduzione dei presidenti pag. 7 Storia sismica del territorio Veronese pag.12 L’Arena e il terremoto del 1117 pag.15 I terremoti e la pericolosità sismica pag.23 Tipologie costruttive in Verona pag.26 Meccanismi di collasso per edifici in muratura pag.40 Gli edifici in cemento armato e il terremoto pag.52 Conclusioni e ringraziamenti Introduzione Presidente Ordine Ingegneri di Verona e provincia Ing. Ilaria Segala Nel 2003, sull’onda del dibattito tecnico e scientifico acceso dal crollo di una scuola a S. Giuliano di Puglia, uscì la prima normativa che finalmente introduceva la carta della zonizzazione sismica. Veniva quindi stabilito, per legge, che tutta la penisola italiana era a rischio sismico con differenti gradi di pericolosità. Purtroppo alla prima ordinanza del 2003, è seguito un periodo transitorio di “non obbligatorietà” circa l’adozione delle nuove norme tecniche, tanto che solo in seguito al terremoto dell’Aquila (2009) sono entrate finalmente in vigore le norme antisismiche e viene da pensare che se non ci fosse stato un nuovo devastante terremoto, probabilmente avremmo aspettato ancora anni a vedere l’obbligo di una progettazione antisismica. La maggior parte degli edifici costruiti, o meglio progettati, prima del 2003 non prevede quindi l’applicazione né di carichi sismici né di peculiarità costruttive adatte a garantire adeguata resistenza ai terremoti. Purtroppo da una parte è mancato l’obbligo giuridico, dall’altra sono sempre mancati gli incentivi economici per invogliare il privato cittadino a verificare e certificare il proprio edificio dal punto di vista sismico, l’interesse del legislatore si è spesso concentrato sul risparmio energetico e mai sul rischio sismico, forse molto più importante poiché interessa l’incolumità delle persone. Nel 2012 il terremoto dell’Emilia ha risvegliato le coscienze, tuttavia, passato il periodo della consapevolezza e dei “buoni propositi”, come 2 spesso avviene, le immagini di distruzione trasmesse da TV e giornali cominciano già a venir dimenticate, con il rischio che nel giro di pochi anni una tragedia analoga ci colga nuovamente impreparati. Questa pubblicazione vuole stimolare l’interesse di tutti ad una nuova politica di prevenzione e di adeguamento degli edifici esistenti. L’ordine Ingeneri di Verona ha istituito quest’anno la commissione “Rischi del territorio”, in relazione alla necessità di diffondere anche al di fuori delle mura dell’ordine stesso, attività di previsione e prevenzione dei rischi del nostro territorio, con particolare risalto al rischio sismico e al rischio idrogeologico. Dalla collaborazione della commissione con l’Associazione Costruttori veronesi, si è sviluppato questo lavoro, pensato per i cittadini, costruito per essere alla portata di tutti, ricco di immagini e contenuti che stimolino l’approfondimento e la comprensione di ciascun argomento. Adeguare il patrimonio esistente è infatti un’operazione lunga e faticosa e richiede cooperazione tra privato cittadino e pubblica amministrazione con uno spirito di collaborazione reale, nella convinzione che la prevenzione deve diventare un imperativo, poiché il risparmio di vite umane ed economico prodotto da una seria prevenzione è incalcolabile! Ing. Ilaria Segala Presidente ordine Ingegneri Verona 3 Presidente Ance Verona Costruttori Edili Ing. Fortunato Serpelloni In Italia circa l’80 per cento delle abitazioni è di proprietà di chi le abita ed in molte città oltre il 50 per cento degli edifici è stato realizzato prima del 1980, epoca in cui l’attenzione e gli studi relativi alla problematiche in materia di sismica non erano certamente allo stesso livello di oggi. L’obiettivo principale di questo vademecum è quindi porre l’accento sulla necessità di riqualificazione di gran parte del patrimonio edilizio esistente; se infatti è ormai nota, ad esempio, la necessità di riqualificazione energetica degli edifici esistenti, dal punto di vista della resistenza agli eventi sismici c’è un’assoluta carenza di informazioni. Il recente terremoto dell’Emilia e, ancor prima, quello de L’Aquila, hanno messo in luce la sorprendente fragilità degli edifici (sia abitativi che commerciali ed industriali) del nostro Paese, dovuta soprattutto ad una sottovalutazione delle problematiche connesse alla sismica e ad una non corretta formazione-informazione da parte di tutti i soggetti coinvolti. Considerando che gli immobili costituiscono spesso la principale componente della ricchezza delle famiglie, è doveroso che sia posta una particolare attenzione alla loro manutenzione, che li possa conservare nel tempo nelle migliori condizioni possibili ma, soprattutto, che li preservi da eventuali fenomeni naturali di carattere a volte eccezionali; non dimentichiamo, infatti, che tutto il territorio della nostra Provincia è classificato sismico (seppur con classi di rischio diversificate a seconda delle zone). 4 È fondamentale che tutti (privati cittadini, professionisti, imprese e pubbliche amministrazioni) siano adeguatamente informati circa l’importanza di un efficace intervento anche di adeguamento sismico nel momento in cui si decide di ristrutturare un edificio (sia esso una casa, un negozio o un edificio industriale); in questi casi è consigliabile richiedere anche una verifica sismica del proprio edificio, soprattutto se datato. Se la verifica evidenzia la necessità di un adeguamento, è opportuno che l’intervento sia affidato ad imprese di comprovata serietà e competenza: una scelta legata esclusivamente al prezzo proposto non sempre si rivela necessariamente azzeccata; la scelta dei materiali più rispondenti all’obiettivo dell’adeguamento e la sicurezza che l’intervento sia eseguito in modo corretto e professionale devono essere tenuti nella giusta considerazione. Ing. Fortunato Serpelloni Presidente Ance Verona 5 Ing. Davide Bertini Storia sismica del territorio Veronese Il frequente manifestarsi di eventi sismici che in quest’ultimo periodo hanno riguardato da vicino sia il territorio Veronese, sia le province limitrofe,non può essere considerato un puro fatto di cronaca attuale. L’impatto mentale (oltre che fisico) che i terremoti hanno da sempre avuto sulla popolazione, ha portato alla registrazione di notizie attendibili riguardanti eventi anche molto antichi. Nei maggiori centri di cultura, infatti, già dai primi secoli dopo Cristo sono state redatte cronache degli avvenimenti più rilevanti sia descrivendoli direttamente, sia riportando notizie raccolte. Ripercorrendo queste testimonianze tramandateci dagli antichi è dunque possibile tracciare una sintetica cronologia degli eventi più rilevanti che hanno interessato il nostro territorio più da vicino. Lo studio dei terremoti che si sono susseguiti nel corso dei secoli consente, inoltre, di affermare che il manifestarsi di eventi sismici (con conseguenze più o meno disastrose) è una peculiarità anche del territorio Veronese e non soltanto un episodio singolare o di così raro accadimento. Con riferimento al territorio Veronese, è possibile individuare due zone sismicamente distinte: la prima fa riferimento all’area territoriale del Monte Baldo (nota per essere una zona piuttosto attiva), la seconda è localizzata in corrispondenza della Lessinia orientale. Di seguito si ripercorreranno quelli che sono stati gli accadimenti più significativi che hanno riguardato il territorio della città di Verona e provincia. I primi eventi sismici (testimoniati da fonti scritte) che hanno interessato il territorio Veronese risalgono alla prima metà del III secolo d. C. (anni 238-245). In quell’occasione ci fu uno spaventoso terremoto che provocò grandissimi danni al Teatro Romano, all’Arena e alla cinta muraria della città, con conseguente rovina di buona parte di essi. 7 A lezione di terremoti Alla fine dell’VIII secolo o forse agli inizi del IX (anno 793 o forse 801) vi fu un altro evento sismico in cui Verona subì gravissimi danni con la morte di molte persone e animali e con il crollo di numerose case. Il 3 gennaio del 1117, la violenza delle onde sismiche fece aprire delle voragini nel suolo e distrusse quasi tutta la città di Verona, specialmente gli edifici più significativi e cari ai Veronesi. Oltre al crollo dell’anello esterno dell’Arena, di cui rimase solo la cosiddetta “Ala”, caddero quasi tutte le chiese ed i maggiori monasteri. Gli effetti di quel terremoto ebbero le seguenti ripercussioni in quanto: - la quota del piano campagna risultò più alta per l’accumulo di macerie; - le ricostruzioni avvennero in maniera rapida e senza piani prestabiliti; - l’ampliamento di alcune chiese che vennero ricostruite comportò la chiusura di qualche vecchia strada. Ritornando alla cronologia degli eventi sismici, i primi giorni di gennaio dell’anno 1183 ci fu un altro violento terremoto che rase al suolo molte case e che interessò ancora una volta l’Arena. Il giorno 25 dicembre del 1222, un sisma con epicentro localizzato a Brescia si propagò fino a Lazise (distruggendo molte abitazioni) e raggiunse anche Marano di Valpolicella dove causò il crollo dell’antico castello. Ancora a Verona, il 20 luglio del 1277, furono percepite molte scosse che causarono la morte di molte persone ed il crollo di parecchi edifici cittadini. Interessante da ricordare è pure l’evento del 25 gennaio del 1348: le cronache dell’epoca riportano che questo terremoto si abbatté rovinosamente sulla città di Verona causando il crollo di 7 abitazioni e lesionando molti edifici. Questo evento fu datato anche dal poeta Francesco Petrarca che in quell’occasione si trovava in visita a Verona. Numerosi eventi sismici interessarono la città di Verona durante il corso di tutto il XV secolo. Il 26 marzo 1511 a Verona vi fu un violentissimo sisma: rovinarono molti camini e vi fu molto panico. In seguito a quell’evento, i primi di giugno, crollò gran parte del Palazzo dei Giudici ubicato a Sud-Ovest della Piazza dei Signori verso la Torre dei Lamberti. Ancora oggi sulla facciata di NordEst del palazzo è collocata una lapide in ricordo dello storico evento. Dopo un periodo di relativa tregua in cui si sono manifestati fenomeni di lieve entità (senza peraltro arrecare danni significativi), da ricordare è senz’altro il terremoto del febbraio del 1695 che colpì fortemente il territorio Veronese al suo confine con il vicentino. In seguito, un periodo sismico della durata di due mesi, i primi dell’anno 1703, interessò le falde del Monte Baldo (Brenzone, Cassone e Malcesine). Tra gli eventi sismici che si sono manifestati nel territorio Veronese, occorre ricordare l’evento del primo maggio del 1810. Una fortissima scossa di terremoto urtò le falde occidentali del Monte Baldo e venne avvertita sia sulla sponda orientale sia su quella occidentale del Lago di Garda. Du8 Storia sismica del territorio Veronese rante questo evento le acque del Lago si intorpidirono fortemente e nella piazza di Malcesine si formò una fessura avente una lunghezza di 200 metri ed una larghezza di circa 20 cm. Anche il 15 ottobre del 1841 la provincia Veronese fu interessata da un terremoto che arrecò danni nella zona di Sanguinetto, Nogara, Cerea, Casaleone, Concamarise e Gazzo. Scosse, ma meno forti, furono avvertite anche a Bovolone, Isola della Scala e Bonferraro. Il giorno 29 giugno del 1873, alle ore 04:58 tre forti scosse colpirono Verona causando il distacco di porzioni di soffitto nel Duomo e nella Chiesa dei SS. Nazaro e Celso. Il terremoto fu sentito molto intensamente nella catena dei Monti Lessini (Val d’Alpone, Val d’Illasi, Valpantena, Valpolicella e Val d’Adige). Fu avvertito fortissimo anche in tutta la catena del Monte Baldo e sulle rive del Lago di Garda. Per la forte compressione e dilatazione del suolo, nelle campagne veronesi molti corsi d’acqua “urlarono” fortemente. Alle Terme di Giunone di Caldiero si sprigionarono copiose e grosse bolle di gas. Nel Laghetto di Squarà a Montorio le acque si sollevarono a grande altezza. Dopo gli eventi appena descritti, nel Veronese non si registrarono fenomeni di rilievo fino alla notte del 7 giugno del 1891 quando alle ore 2.04 un forte terremoto portò rovina e distruzione nelle valli di Illasi, Mezzane, Cazzano, Alpone e Chiampo. La durata della scossa fu di una decina di secondi e provocò il crollo totale di 42 abitazioni (oltre alle 25 che risultarono totalmente inagibili, alle 40 parzialmente inagibili e alle 322 lesionate). Il 9 febbraio 1894 un altro intenso terremoto colpì la zona di Badia Calavena alle ore 13:35 circa. La scossa della durata di pochi secondi portò alla formazione di nuove lesioni nelle murature delle abitazioni e venne avvertita con forte intensità nelle località di Bosco Chiesanuova, Velo Veronese, Tregnago, Crespadoro, nelle vallate di Mezzane, Tramigna, Alpone, Chiampo, Adige ed in tutta la catena del Monte Baldo. Il 19 febbraio del 1932 un prolungato sciame sismico interessò la zona del Monte Baldo meridionale sulla piana di Rivoli - Costermano - Caprino con scosse più o meno sensibili. A Garda e Costermano (probabile area epicentrale) la violenta scossa durò vari secondi e provocò la caduta di comignoli, calcinacci e crepacci con lesioni varie nelle case. Il 15 luglio del 1971, un violento terremoto che mise in allarme tutta l’Italia Settentrionale causò un pesante bilancio di danni nelle zone di Parma, Piacenza, Bologna e Reggio Emilia. La scossa più forte (avvenuta alle ore 03:35 e seguita da altre alle ore 02:33 e 10:17) venne nettamente avvertita anche a Verona. A San Bonifacio fece crollare parte del secondo piano in uno stabile di Corso Venezia. Non si può poi non ricordare l’evento del 6 maggio del 1976. Un violentissimo terremoto colpì il Friuli attorno alle ore 21 circa provocando ingenti danni, morti, feriti e migliaia di senzatetto. I comuni dichiarati disastrati furono 41, quelli gravemente danneggiati 45, quelli danneggiati 32. I morti risultarono circa 1.000 e i senzatetto circa 150.000. Leggeri danni (caduta di qualche pietra e lesioni) si riscontrarono anche 9 A lezione di terremoti 10 nella città di Verona. In gran parte della provincia ci furono danni che riguardarono i comuni di Bosco Chiesanuova, Bovolone, Caldiero, Belfiore, Poiano di Valpantena, Dolcé, Cologna Veneta, Colognola ai Colli, San Giovanni Ilarione, Tregnago, Vigasio, San Giovanni Lupatoto, Legnago, ecc. Tornando al Friuli, il giorno 11 settembre vi fu un nuovo terremoto con due violente scosse alle ore 18:31 e 18:35 a cui seguirono le tre del 15 settembre alle ore 05:15, 06:40 e 11:23 con conseguenti morti, crolli e panico. A Verona e in provincia il fenomeno fu avvertito dalla quasi totalità degli abitanti. Le zone dove il fenomeno fu maggiormente percepito furono la fascia collinare, la zona montana e, solo in parte, la bassa pianura. Il centro storico della città subì ulteriori danni seppur di modesta entità. Per i danni in provincia occorre citare la chiesa di Tombazosana in comune di Ronco all’Adige dove la parte terminale de campanile rimase lesionata. Compiendo un balzo temporale di qualche decennio, per giungere finalmente a parlare di eventi legati alla cronaca degli ultimi anni, occorre ricordare il terremoto del 24 novembre 2004 localizzato a Salò, sulla riva sinistra del Lago di Garda, avvertito anche a Verona. Infine, venendo al 2012, è sicuramente una conseguenza dei recenti eventi sismici se il manifestarsi di un terremoto sia diventato un tema di attualità. Il 25 gennaio 2012 alle ore 00:54 è stato registrato un terremoto a circa 11 km più a Nord della città di Verona, nel distretto sismico delle Prealpi Venete tra Negrar e Grezzana, con ipocentro alla profondità di 10.3 km. I comuni più vicini sono all’epicentro sono stati: Bosco Chiesanuova, Cerro Veronese, Fumane, Grezzana, Marano di Valpolicella, Sant’Ambrogio di Valpolicella, Negrar, San Pietro in Cariano e Sant’Anna d’Alfaedo. Fortunatamente i danni riscontrati sono stati piuttosto modesti. Da ultimo, evidentemente per una sola questione cronologica, occorre menzionare gli eventi sismici del 20 e 29 maggio 2012 che si sono manifestati in Emilia Romagna e che hanno avuto ripercussioni anche sul territorio Veronese più prossimo alle zone epicentrali. Il terremoto dell’Emilia è stato un tragico evento, localizzato nel distretto sismico della Pianura Padana Emiliana, che ha creato distruzione, panico e disagi prevalentemente nelle province di Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia, Bologna e Rovigo. In totale le vittime sono state 27 (22 nei crolli, 3 per infarto o malore e 2 per ferite riportate). Seppur in misura minore, le scosse sono state avvertite distintamente anche a Verona. In particolare, il terremoto ha creato forti preoccupazioni e qualche danno nei territori dei comuni di Legnago, Castagnaro e Terrazzo (aree del territorio provinciale più vicine ai confini con le zone direttamente interessate dagli eventi). È dunque comprensibile che, nel caso in cui si manifesti un evento imprevedibile qual è il terremoto, le persone siano prese dal panico e reagiscano istintivamente in maniera disorganizzata senza l’abituale schema mentale. A tal proposito, nel 1349, il Petrarca, forse in seguito all’episodio verificatosi a Verona nel 1348 che lo vide testimone, delineò nel Dialogo 91 del Secretum questo stato di impo- Storia sismica del territorio Veronese tenza della natura umana di fronte ad un evento sismico scrivendo: “Ai terremoti non v’è rimedio alcuno. Se il cielo ci minaccia con le folgori, pure si trova scampo nelle caverne […] ma contro i terremoti non vale la fuga, non giovano nascondigli”. Tanto è facile, tuttavia, essere travolti dalla paura che caratterizza il momento di emergenza e quelli immediatamente successivi, tanto viene naturale non conservare un vivo ricordo degli eventi dopo poco dal ristabilirsi delle normali condizioni di sicurezza. Questa capacità di dimenticare facendo in modo che il sisma diventi solo un ricordo è necessaria per non vivere perennemente in una condizione di apprensione. D’altro canto, però, senza voler provocare con questa affermazione alcun tipo di allarmismo, è sempre opportuno tenere ben presente che, come altri, anche il territorio Veronese appartiene ad un’area sismicamente attiva. Ciò a significare che se in passato è stato interessato da eventi sismici, lo sarà anche in futuro, benchè ad oggi la scienza non abbia ancora fornito strumenti per stabilire con certezza quando e come si manifesteranno i prossimi eventi. 11 Ing. Elisa Faretina L’Arena e il terremoto del 1117 L’anfiteatro o Arena rappresenta, nella documentazione monumentale di Verona romana, l’opera architettonica senza dubbio più imponente e complessa al punto di esserne riconosciuta come insegna e simbolo della città. Fu edificata tra il secondo e il terzo decennio del I secolo d.C. all’esterno della linea delle mura tardo repubblicane, il suo asse maggiore è all’incirca parallelo al cardine massimo (attuale via Cappello), probabilmente per ragioni di coerenza urbanistica. L’Arena poteva contenere circa 30.000 spettatori che affollavano le gradinate per assistere ai giochi gladiatori, a caccie o più in generale a lotte contro animali esotici o di uomini contro uomini; gli spettacoli più cruenti vennero poi abbandonati con il Cristianesimo. I maggiori danni subiti dal monumento vanno attribuiti a cause naturali: il terremoto del 3 gennaio 1117 colpì duramente la città di Verona e recò gravi lesioni alla struttura dell’Arena ma anche ad altri importanti edifici della città. A questo evento sismico va attribuito il crollo di gran parte del coronamento esterno dell’Arena di cui oggi resta solo un’ultima e affascinante testimonianza: quella che i veronesi chiamano “Ala”. Dell’originario coronamento esterno sono sopravvissuti, di fatto, solo cinque piloni e quattro archi per ciascuno dei tre ordini di cui si compone. Prima del crollo l’anello esterno era collegato al corpo centrale dell’Arena attraverso volte anulari che in origine coprivano il portico del pianterreno e la galleria superiore. Dall’esterno l’effetto d’insieme doveva sicuramente suscitare nell’osservatore un senso di maggior verticalità rispetto a quello attuale. L’autonomia statica dell’Ala rispetto al resto dell’Arena (tuttora strutturalmente massiva e unitaria) l’ha resa probabilmente più vulnerabile agli 12 Vista attuale dell’Arena Particolare dell’Ala eventi sismici, che ne hanno di conseguenza compromesso la stabilità. Nel corso della prima metà del XX secolo, l’Ala ha suscitato per molti anni preoccupazione per le sue condizioni statiche poiché essa, che nel tempo è rimasta per i due ordini superiori non collegata al resto della struttura, presentava un forte strapiombo verso l’esterno. Ma a destare preoccupazione era la reale possibilità di un peggioramento delle condizioni statiche nel caso si fosse verificato un nuovo evento sismico. Fin dal 1939 si era studiata l’eventualità dello smontaggio di tutto l’ordine superiore, la successiva sua ricostruzione e la realizzazione, all’altezza del secondo ordine, di una volta in calcestruzzo armato che collegasse l’Ala al corpo principale dell’Arena. Tale intervento, che fortunatamente non fu mai realizzato a causa della guerra, avrebbe arrecato danni irreversibili al manufatto. La struttura, nell’eventualità di bombardamenti, fu così munita di speroni in muratura di carattere provvisorio. Il tema del consolidamento dell’Ala e la demolizione degli speroni venne ripreso nel 1952 dalla Soprintendenza che, per non alterare il tradizionale aspetto della struttura, ritenne di scartare la soluzione del 1939 con la volta di collegamento in calcestruzzo e si orientò verso il consolidamento per mezzo di ossature in cemento armato nascoste all’interno della massa dei blocchi di pietra ottenuto grazie allo smontaggio e la ricomposizione degli stessi. Tale progetto venne approvato con modifiche dalla Direzione Generale delle Belle Arti; ma di fronte all’esecuzione pratica, di dover togliere dal loro secolare posto tanti massi di pietra, di rilavorarli, sia pure solo all’interno, e di ricollocarli in opera, si manifestò la preoccupazione che tale intervento avrebbe, a conti fatti, recato poco vantaggio a causa 13 A lezione di terremoti 14 Contrafforti di consolidamento in muratura rimossi in seguito all’intervento di consolidamento progettato dall’ing. Riccardo Morandi dello scarso rispetto verso la compattezza e solidità dei blocchi stessi. Da queste preoccupazioni, e allo scopo di evitare la manomissione del monumento, nacque l’idea di rafforzare l’Ala mediante la perforazione in sito dei pilastri, evitando così ogni demolizione (eccetto quella degli ultimi due corsi) e l’introduzione, nei vari fori di un’anima metallica. Il rinforzo fu effettuato nel 1954 mediante la precompressione dei piloni in muratura su progetto, a suo tempo pioneristico, dell’ing. Riccardo Morandi e fu tale da diminuire l’originario strapiombo dell’Ala. Come afferma lo stesso ing. Morandi, durante la pretensione dei cavi, l’Ala essendosi deformata a seguito dell’applicazione dello sforzo, si è distaccata dai retrostanti speroni che sono stati in seguito facilmente demoliti in quanto ormai completamente indipendenti dalla struttura. Immagini dell’intervento di rafforzamento Tratte dalla seguente pubblicazione: Morandi R. (1956). “Il rafforzamento dell’Ala dell’Arena di Verona mediante precompressione”, L’industria Italiana del Cemento, Anno XXVI, n.2, Febbraio 1956, pp. 39-41. Ing. Silvia Bonetti I terremoti e la pericolosità sismica I terremoti sono il risultato più evidente della continua evoluzione geomorfologica del nostro pianeta. Secondo la Teoria della “Tettonica a Placche”, la superficie terrestre è suddivisibile in grandi zolle, che alla stregua di zatteroni su uno specchio d’acqua, si muovono spinte dai movimenti convettivi della zona sottostante, denominata “mantello”. Nella figura seguente sono evidenziate le più grandi zolle che caratterizzano il pianeta. 15 A lezione di terremoti 16 Nelle zone di contatto denominate faglie, a causa dei movimenti relativi tra zolle adiacenti, si determinano forti tensioni che, incrementandosi nel tempo, portano a rotture violente, allorquando le resistenze e gli attriti interni delle rocce risultano inferiori alle sollecitazioni. La rottura di un fronte di faglia determina lo sviluppo dal punto di rottura in profondità, denominato “Ipocentro”, verso la superficie di onde sismiche, modellabili grossolanamente in due tipologie: onde di compressione e onde di taglio. Le onde sismiche altro non sono quindi che movimenti del terreno, caratterizzati come tutti gli oggetti in moto da accelerazione e velocità. Le onde di compressione sono le più veloci e le meno intense e arrivano per prime sulla superficie terrestre. Le onde di taglio, sono più lente ma molto più intense e generalmente responsabili degli effetti distruttivi dei terremoti. Si riporta di seguito un elaborazione dell’accelegramma di una scossa registrata durante lo sciame che ha interessato il Friuli del 1976, elaborazione tratta dal programma Sismosignal. Come si vede la prima parte del diagramma presenta piccole onde sismiche di intensità contenuta. Si tratta di onde di compressione che, come detto sopra, giungono sulla superficie terrestre con uno leggero sfasamento rispetto alle pericolose onde di taglio. Successivamente, il diagramma presenta infatti un rapido incremento con valori decisamente più elevati. Gli accelerogrammi vengono utilizzati dai sismologhi e dai geofisici per interpretare le diverse peculiarità dei terremoti, e sono uno strumento importantissimo in quanto correlano ciascun terremoto con le grandezze fisiche dello “Spostamento”, della “Velocità” e della “Accelerazione”. È grazie all’analisi di tali diagrammi e all’elaborazione di ulteriori grafici denominati “spettri” che gli ingegneri modellano i terremoti di progetto per effettuare calcoli e verifiche di edifici e strutture. Generalmente quando si parla intensità di un terremoto però, non vengono mai menzionate grandezze fisiche come l’accelerazione o lo spostamento, si è soliti invece utilizzare il termine “Magnitudo” e intuitivamente si associa la violenza di un terremoto con il valore della magnitudo stessa. In realtà tale associazione è abbastanza semplicistica e incompleta, poiché la violenza di un terremoto dipende da molteplici fattori che il solo valore di magnitudo non può riassumere. Importantissima infatti è la pro- I strumentale Scossa rilevata solo dai sismografi installati sopra l’epicentro. II leggerissima Scossa rilevata dai sismografi installati a pochi chilometri dall’epicentro. Non viene avvertita dalla popolazione. III leggera Scossa considerata generalmente di assestamento, rilevata dai sismografi ubicati in un raggio di circa 10 chilometri dall’epicentro. Normalmente non viene percepita dalla popolazione. IV mediocre Scossa percepita solo ai piani più alti degli edifici, e rilevata dai sismografi posti a una distanza non superiore ai 100 chilometri. I terremoti e la pericolosità sismica fondità dell’Ipocentro, a parità di magnitudo infatti, tanto più l’ipocentro è collocato in profondità, tanto meno intenso sarà il tremore avvertito in superficie. Altri fattori importanti sono i così detti “effetti di sito”, come la conformazione orografica della zona o le caratteristiche del terreno, che possono a seconda dei casi, incrementare gli effetti di scuotimento del terremoto. Altro fattore importante poi è il contenuto in frequenza delle onde sismiche che in certi casi (come si è verificato nel terremoto di Città del Messico del 1985) può ingenerare effetti di risonanza con conseguenze distruttive. È opportuno tuttavia dare alcune delucidazioni sulla Magnitudo e sui metodi di rilevazione: In sismologia la magnitudo di un terremoto è una grandezza fisica (adimensionale) che individua mediante misurazioni, la cosiddetta intensità del terremoto, in modo indipendente dalla profondità dalla distanza e dagli effetti macrosimici riscontrati. Fino a qualche anno fa in Italia ma non solo, i terremoti venivano classificati mediante la “Scala Mercalli” Una scala di valori crescenti, che correlava l’intensità di un evento con i danni riscontrati in prossimità dell’epicentro: la cosiddetta intensità “Macrosismica”. La scala Mercalli, sotto riportata, come si nota, non può però fornire un valore oggettivo della violenza del terremoto perché è strettamente correlata con le peculiarità del tessuto edilizio del sito. La possibilità che un determinato edificio subisca un danno severo, infatti, dipende intrinsecamente dalle modalità costruttive dell’edificio stesso e, di conseguenza terremoti della stessa violenza accaduti in luoghi differenti, determinano danni totalmente differenti. La scala Mercalli, se da una parte ha permesso la catalogazione dei terremoti storici, sulla base delle cronache dell’epoca che elencavano i livelli di distruzione e danneggiamento, ora è stata del tutto abbandonata e i terremoti vengono misurati mediante la “Scala Richter”. Si riporta di seguito la vecchia catalogazione prevista dalla scala Mercalli. 17 A lezione di terremoti 18 V forte Scossa che riesce a far oscillare i lampadari e far cadere qualche soprammobile nella zona direttamente interessata. Viene rilevata dai sismografi in un raggio di 200 chilometri dall’epicentro. VI molto forte Scossa che provoca crepe nelle pareti e giunge a far suonare le campane a causa dell’oscillazione della struttura dei campanili. Rilevata dai sismografi distanti fino a 600 chilometri dall’epicentro. VII fortissima Scossa che può far crollare qualche edificio e provocare vittime. I sismografi la rilevano anche a distanza di 1000 chilometri dall’epicentro. VIII rovinosa Scossa che provoca crepe sul terreno, il crollo di diversi edifici, di campanili e che può provocare la caduta di massi dalle pareti delle montagne. IX disastrosa Crolla il 60% degli edifici. Nei laghi l’acqua si intorbidisce e si formano delle onde che si infrangono con forza sulla riva. Lo stesso dicasi per le acque dei mari. X Distruzione totale degli edifici. Le rotaie dei treni si deformano, disastrosissima i ponti e le dighe possono crollare. Nel terreno si aprono larghe crepe. XI catastrofica Catastrofe. I rilievi franano a valle e si aprono crateri nel terreno. XII grande catastrofe Distruzione di tutto quanto esiste in superficie in un raggio di 2030 chilometri dall’epicentro. La scala Richter usata attualmente, molto più complessa come elaborazione, consente di determinare l’intensità globale di un terremoto mediante misurazioni strumentali dirette dell’energia globale dissipata dall’evento. Risulta quindi del tutto indipendente sia dall’entità del danno provocato, sia dagli effetti di “amplificazione locale” accennati in precedenza. La “Pericolosità Sismica” L’azione sismica attraverso la quale gli ingegneri progettano gli edifici o valutano la sicurezza di quelli esistenti è definita come “Pericolosità sismica di base”. La Norme Italiana vigente stabilisce una serie di valori numerici da associare alla pericolosità sismica di base, in base a tali valori è quindi possibile costruire il modello del terremoto di rifermento su cui effettuare tutte le calcolazioni. Uno dei valori fondamentali per la determinazione della pericolosità sismica è “Accelerazione orizzontale di picco”. È un parametro molto importante perché definisce l’accelerazione del terreno sollecitato da un terremoto. Per stabilire l’accelerazione orizzontale di picco, detta anche PGA I terremoti e la pericolosità sismica utilizzando un acronimo inglese (Peak Ground Acceleration), l’Istituto di geofisica e vulcanologia, (INGV) ha elaborato uno studio molto complesso su tutto il territorio nazionale. È stato creato un reticolo con maglia di 10 km per lato esteso a tutta la penisola. Per ogni nodo del reticolo sono stati valutati tutti i terremoti storici e in base a modelli statistici sono stati elaborati diversi valori di accelerazione, correlati con diversi “Periodi di Ritorno” Cerchiamo ora di comprendere cosa sia il “Periodo di ritorno”. Poiché i terremoti, come ben si sa, non sono ne prevedibili ne determinabili in modo analitico, è impossibile elaborare un unico valore della accelerazione di picco, quanto piuttosto una serie di valori con approccio probabilistico, dipendenti da quelle che gli statistici chiamano “variabili temporali”. Intuitivamente la questione è abbastanza semplice: supponiamo di prendere tre periodi di riferimento di 50, 100 e 500 anni. Analizzando i dati storici di una determinata località, supponiamo di scoprire che siano avvenuti 3 terremoti di magnitudo 4 negli ultimi 50 anni. A questi aggiungiamo un terremoto di magnitudo 5 registrato negli ultimi 100 anni e altri due terremoti di magnitudo 7 registrati negli ultimi 500 anni. Come si vede più si aumenta il periodo di riferimento, più su base storica, si ha la probabilità di individuare eventi di magnitudo elevata e comunque un numero di eventi crescente. L’INGV quindi, prima di definire le accelerazioni ha individuato diversi periodi temporali di riferimento, rispetto a ciascuno dei quali viene definita una accelerazione di picco. Naturalmente per ciascun periodo di riferimento si parlerà di “probabilità” che una determinata accelerazione possa essere superata, poiché, si ribadisce, i terremoti sono imprevedibili. I periodi di riferimento che solitamente si usano per i progetti delle strutture comuni sono i seguenti: · Tempo di ritorno Tr pari a 30 anni · Tempo di ritorno Tr pari a 50 anni · Tempo di ritorno Tr pari a 475 anni · Tempo di ritorno Tr pari a 975 anni. Aumentando il tempo di ritorno aumenta la probabilità di riscontrare, su base storica, un terremoto di grande violenza, e per ciascuno dei tempi di ritorno definiti in precedenza l’INGV fornisce quindi valori di accelerazione di picco crescenti. Quando si progetta un edificio, o si effettua una valutazione di un edificio esistente, il calcolatore progettista stabilisce, in accordo con le normative vigenti, un elemento importantissimo detto “Vita utile” della struttura. Per gli edifici ordinari il valore di vita utile è pari a 50 anni. Per gli edifici con classe di importanza maggiore, come ad esempio, le scuole, gli ospedali o le vie di comunicazione, il valore di vita utile si incrementa. 19 A lezione di terremoti 20 In relazione al valore di vita utile viene quindi stabilito, mediante relazioni matematiche, il tempo di ritorno dell’azione sismica utilizzata nel progetto, e di conseguenza la “Severità” del terremoto di progetto. Per la progettazione di un edificio destinato a civile abitazione, la cui vita utile come detto è 50 anni, i valori di accelerazione di progetto fanno riferimento a tempi di ritorno di 475 anni. Per progettare invece edifici strategici si utilizzano valori relativi a tempi di ritorno maggiori. Si riportano di seguito, dal sito dell’ INGV, le mappe di pericolosità sismica del territorio nazionale per Tempi di ritorno pari a 475 e 975 anni. Come si nota la severità dell’evento di progetto con tempi di ritorno maggiori risulta molto più elevata. Valori di accelerazione per tempi di ritorno di 475 anni (probabilità superamento 10% in 50 anni) espressi in in “Frazione di g” dove g è l’accelerazione gravitazionale pari a 9,806 m/sec2. Il rischio sismico e la vulnerabilità sismica Con rischio sismico si intendono tutti quei fattori che concorrono direttamente o indirettamente alla determinazione dell’entità dei danni possibili provocati da un terremoto in un determinato sito. I terremoti e la pericolosità sismica Valori di accelerazione per tempi di ritorno di 975 anni (probabilità superamento 2% in 50 anni) espressi in in “Frazione di g” dove g è l’accelerazione gravitazionale pari a 9,806 m/sec2. Il rischio sismico quindi è una proprietà macroscopica e generale che ingloba molteplicità di fattori. Generalizzando il rischio sismico può essere definito come il prodotto di 3 fattori. R (rischio) = P x V x E Dove: · P rappresenta la Pericolosità sismica di base secondo quanto espresso nel paragrafo precedente. · V rappresenta la Vulnerabilità, ossia la propensione di una struttura a subire un danno a fronte di un evento sismico di determinata intensità. · E indica l’Esposizione. Si tratta di un valore macroeconomico che rappresenta tutta una serie di parametri eventualmente correlati con il danneggiamento di edifici sul territorio. I valori sono di carattere sociale, storico, logistico, ambientale, artistico etc. e dipendono intrinsecamen21 A lezione di terremoti 22 te con le peculiarità del tessuto urbano. Nell’ambito della valutazione dell’esposizione entrano a far parte anche tutte le valutazioni di carattere economico correlate con i costi per le riparazioni e le ricostruzioni, o eventuali costi sociali connessi con il mancato utilizzo di strutture strategiche lesionate dal terremoto. Per la determinazione della vulnerabilità si opera nel modo seguente: La vulnerabilità quindi è fornita dal rapporto tra l’accelerazione che determina un limite (sia limite di rottura che limite di spostamento) e l’accelerazione di progetto o PGA associata alla pericolosità sismica di base. Tale rapporto deve essere maggiore di 1, altrimenti la struttura o l’edificio richiedono un “Adeguamento sismico”, una sorta di messa in sicurezza. Alla vulnerabilità e all’estensione del danno sono associati la perdita di funzionalità che la struttura potrebbe subire in relazione all’evento o l’eventuale pericolo di collasso con la conseguenza perdita di vite umane. Chiaramente per un edificio strategico, come può essere un ospedale o un’importante via di comunicazione, la valutazione della vulnerabilità deve tener conto anche delle conseguenze correlate con l’impossibilità dell’utilizzo della struttura in seguito ad un terremoto, per questo motivo le analisi di vulnerabilità sismica di edifici strategici hanno importanza fondamentale anche nella redazione di piani di protezione Civile per la elaborazione degli scenari di danno. Ing. Maurizio Cossato Tipologie costruttive in Verona Nel passato le costruzioni usavano prevalentemente materiali presenti nel territorio. La nostra città si trova al limite della pianura ed in vicinanza delle zone collinari ricche di materiali lapidei di diverse caratteristiche. A Verona quindi fin dai tempi più antichi si usavano pietre e tufo locale ed anche mattoni in laterizio. Esempi tipici di costruzioni in pietra realizzate in antichità sono, come noto a tutti, l’Arena, il teatro romano, porta Borsari, porta Leona, e la parte romana del ponte pietra. Tra gli ultimi due esempi citati porta Leona ad esempio comprendeva ampie porzioni non in pietra ma in mattoni utilizzati già in epoca romana, mentre il ponte pietra comprende la porzione medievale con uso di paramenti in mattoni. “Porta Leona” - Verona 23 A lezione di terremoti 24 “Ponte Pietra” - Verona Importanti esempi di opere in mattoni sono il ponte di Castelvecchio e la torre dei Lamberti. L’edilizia minore fino all’avvento del calcestruzzo armato utilizzava il pietrame di tufo listato con corsi in mattoni intonacando le superfici esterne. Gli orizzontamenti erano prevalentemente in legno. Nel 1900 dopo la prima guerra mondiale le costruzioni minori erano ancora in muratura ma gli orizzontamenti erano costruiti anche con materiale metallico (putrelle) e laterizio. Rare erano le costruzioni integralmente in calcestruzzo armato. Spesso si avevano tipologie con murature perimetrali in pietrame e strutture interne costituite da travi e pilastri in cemento armato. Con la ricostruzione postbellica si è passati rapidamente a costruzioni integralmente in cemento armato. Poi la muratura portante è stata abbandonata. Pochi edifici residenziali e commerciali nella Verona storica sono stati realizzati con struttura metallica. Un esempio tipico è il fabbricato Coin in via Cappello. In periferia l’edilizia industriale e commerciale che privilegiava sistemi voltati in laterizio si è successivamente evoluta utilizzando la prefabbricazione, sia quella pesante in c.a. sia quella leggera in carpenteria metallica. Il legno lamellare più recentemente è entrato tra le tipologie costruttive in uso, prevalentemente per la costruzione di palestre e di edifici sportivi. Tipologie costruttive in Verona Fabbricato “Coin”, Via cappello - Verona 25 Ing. Remigio Lucchini Ing. Davide Bertini Meccanismi di collasso per edifici in muratura L’analisi del comportamento sismico degli edifici esistenti è caratterizzata da significativi margini di incertezza che dipendono dal livello di conoscenza delle caratteristiche meccaniche dei materiali e, soprattutto, dall’effettiva organizzazione delle strutture: i danni rilevati dopo gli eventi sismici mostrano che il terremoto tende a selezionare gli elementi strutturali più deboli. Un edificio è composto di molte parti: pareti perimetrali, divisori interni, solai, scale, tetto eccetera. Ognuno di questi elementi ha una funzione specifica, strutturale o non strutturale. Elementi non strutturali sono quelli cui non si affidano compiti “di sostegno” di altri elementi. Gli elementi strutturali invece sono quelli che contribuiscono a trasferire i carichi (ovvero i pesi delle varie parti di un edificio) a partire dalla copertura, scendendo poi in ordine dai piani superiori via via ai piani inferiori, fino alle fondazioni e quindi al terreno. Risulta evidente dunque che il danneggiamento degli elementi non strutturali non comporta alcun rischio per la stabilità dell’intero edificio. Al contrario, il danneggiamento degli elementi strutturali può determinare un serio problema per l’intera struttura. Gli elementi strutturali si distinguono in orizzontali e verticali. In particolare, i verticali (tipicamente pareti e pilastri) “raccolgono” i carichi supportati dagli elementi orizzontali (tipicamente solai e travi) e li trasferiscono dall’alto verso il basso scaricandoli poi alle fondazioni e quindi a terra. Il sistema di elementi strutturali accoppiati tra loro costituisce quindi l’ossatura portante dell’edificio, lo “scheletro” che permette al tutto di rimanere “in piedi”. 26 pubblicitaria All’avanguardia nell’edilizia, bioedilizia, sistemi di isolamento termico ed acustico Il Gruppo STEA è un gruppo di rivendite di materiali edili che nasce nel 1998 dall’iniziativa di alcuni imprenditori del settore del commercio di materiale per l’edilizia, operanti già da molti anni nelle province di Verona, Vicenza e Padova. Spinti dal bisogno di aumentare la qualità e il valore della propria offerta, uniscono le proprie forze per acquisire una posizione di leadership e rappresentare un punto di riferimento nel difficile mercato dell’edilizia, sia per le imprese di costruzione che per i tecnici ed i progettisti. informazione Per perseguire questi obiettivi, STEA seleziona sul mercato i migliori fornitori di materiale edile, marchi leader per innovazione tecnologica, capacità di sviluppo e caratterizzati da un rapporto qualità-prezzo ottimale, facendoli diventare propri partner. In tal modo STEA mette a disposizione dei propri clienti i prodotti più performanti, offrendo anche preziosi servizi di consulenza tecnica in merito alle diverse problematiche che si affrontano nella realizzazione o ristrutturazione di un edificio. Il Gruppo STEA ha studiato alcuni pacchetti e soluzioni costruttive, come i Sistemi Tetto STEA, scegliendo e miscelando tra loro i migliori prodotti presenti sul mercato dell’edilizia, potendo contare sul supporto e l’assistenza tecnica dei produttori coinvolti. Il progettista, l’impresa edile, l’utente privato che si rivolgono alle rivendite del gruppo STEA potranno quindi scegliere il sistema costruttivo migliore in base alle performance che intendono ottenere. Da anni il Gruppo STEA, sempre attento all’evolversi delle proposte tecniche nel mercato edile, ha stretto un importante rapporto di collaborazione con Fibrenet, fungendo da distributore per le zone di Verona, Vicenza e Padova. Presso i punti vendita del gruppo sono disponibili prodotti ad alto contenuto tecnologico, selezionati attentamente, adatti per l’utilizzo delle reti Fibrenet, come leganti e malte tecniche, sia cementizie che a base calce. Il punto vendita STEA, qualificato professionalmente grazie ad un costante impegno ed alla formazione continua, è a disposizione per visite in cantiere, preventivi, eventuali soluzioni tecniche. Gruppo STEA Via Zamenhof, 711 - 36100 VICENZA www.gruppostea.it [email protected] tel. 0444/914381 - fax 0444/912341 I Spesso si associa il terremoto al crollo di edifici e infrastrutture. In realtà i danni che il terremoto può provocare possono non interessare la struttura dell’edificio ma essere altrettanto importanti. Uno dei fenomeni più diffusi durante i terremoti sono i danni dovuti al crollo di scaffali o al ribaltamento di oggetti pesanti che non vengono opportunamente ancorati ai muri. È fondamentale assicurare pensili e mobili alle pareti di casa in maniera che durante l’evento sismico non cadano su cose o persone. Per far questo è sufficiente predisporre una squadretta sul retro di armadi o scaffali ed ancorarli alla parete. Lo stesso concetto vale anche per tutti quegli impianti che possono subire gravi danni durante l’evento sismico e possono compromettere lo svolgimento di azioni di emergenza immediatamente dopo l’evento sismico. Il caso più significativo è rappresentato dagli ospedali, strutture che non possono permettersi di subire danni a livello impiantistico. Proviamo infatti ad immaginare cosa significa avere un ospedale con gli impianti inefficienti: si capisce benissimo che rappresenta una sorta di scatola “inutile” che, per II pubblicitaria informazione quanto non abbia subito danni a livello strutturale, non riesce a prestare le cure di primo soccorso che possono essere così importanti soprattutto dopo il sisma. È chiaro che se il sisma è particolarmente violento la priorità rimane quella di mantenere la sicurezza delle strutture. Per far questo è meglio generalmente prevenire gli eventuali danni costruendo la struttura secondo le indicazioni normative o, nel caso di strutture esistenti, prevenendo eventuali crolli con rinforzi mirati della struttura. Gli eventi recenti hanno portato alla ribalta la vulnerabilità non solo del nostro patrimonio storico ma anche di tutti quegli edifici e capannoni prefabbricati che sono stati costruiti non collegando i vari elementi (travi e pilastri ad esempio) tra loro in maniera efficace. Anche in questo caso le tecniche di intervento sono estremamente semplici ma efficaci e sostanzialmente si tratta di realizzare squadrette e tirantature atte a letteralmente legare i vari elementi tra loro in maniera tale da costituire una “scatola”. In tutti quei casi in cui si può o si deve recuperare la struttura esistente danneggiata dal sisma si può intervenire con una serie di tecniche finalizzate a consolidare e a migliorare il comportamento della struttura portante. Per far questo bisogna scegliere il prodotto più idoneo in funzione delle problematiche riscontrate. I fattori che condizionano maggiormente la scelta del fissaggio sono il materiale di supporto e il carico da sorreggere. Fischer dispone di una gamma di prodotti, sia chimici che meccanici, per III applicazioni strutturali certificati per applicazione in zona sismica. Questi prodotti possono essere impiegati anche per riparare i danni strutturali a seguito del terremoto ed evitare che nuove scosse possano danneggiare ulteriormente le strutture. I tre diversi principi di funzionamento sono i seguenti: per forma (sottosquadro), per attrito e per adesione. Con ancoranti a sottosquadro come gli ancoranti fischer FZA, il carico è trasferito al supporto per forma. L’attrito è invece il principio di funzionamento degli ancoranti a espansione. Quando si installa l’ancorante si crea una forza di espansione che dà luogo ad un’azione di attrito. Gli ancoranti vengono fatti espandere applicando una coppia di serraggio definita. In questo modo il cono è richiamato all’interno della bussola e la spinge contro la parete del foro. L’ancorante è espanso correttamente se è applicata la corretta coppia di serraggio. IV pubblicitaria informazione Il terzo principio di funzionamento è l’adesione. In questo caso il carico è trasferito dall’ancorante al supporto tramite un materiale adesivo come, per esempio, la resina indurita. Nello specifico esistono tre tipi di ancoraggi chimici: a base poliestere, a base vinilestere e a base epossidica. Fischer produce tutte e tre le formulazioni ibride, cioè le resine presentano al loro interno una parte inorganica di cemento Portland che oltre a conferire maggiori caricabilità, garantisce una migliore resistenza al fuoco e agli agenti aggressivi. Tra gli ancoranti di tipo poliestere si ricorda ad esempio la T-Bond, quelli vinilestere alte prestazioni la fischer FIS Super Bond e per la formulazione epossidica la fischer FIS EM. Si può intervenire predisponendo tiranti di acciaio o fasciando l’edificio con materiali compositi oppure ingrossando le sezioni di travi e pilastri. Questo ultimo tipo di intervento viene comunemente definito ripresa di getto e prevede l’utilizzo di ancoranti chimici. Fischer Italia srl Corso Stati Uniti, 25 - 35127 Padova www.fischeritalia.it contatti: 800 844078 [email protected] V La tecnologia costruttiva a secco Gyproc Saint-Gobain e le soluzioni con caratteristiche antisismiche: i sistemi certificati Habito, Aquaroc e i controsoffitti Antisfondellamento I sistemi a secco Gyproc, che comprendono pareti divisorie interne e di tamponamento esterno, contropareti e controsoffitti, coniugano tecnica ed estetica e trovano applicazione in ambito terziario e residenziale grazie alla loro versatilità, alle elevate prestazioni che forniscono e alla facilità nella posa in opera. Rispetto all’edilizia tradizionale, i sistemi a secco consentono di rispondere in modo eccellente ai requisiti legislativi in termini di isolamento termico, con riduzione dei consumi energetici per il riscaldamento invernale e il condizionamento estivo, e acustico, resistenza al fuoco, sicurezza e performance antisismiche, versatilità nelle soluzioni estetiche e per le esigenze della domotica moderna, sicurezza contro le intrusioni. Non a caso, sono stati largamente utilizzati nel processo di ricostruzione dopo i recenti eventi sismici distruttivi. Tutte le soluzioni a secco sono testate in laboratorio, presso Enti tecnici all’avanguardia nelle prove di prodotto e nelle certificazioni. Gli elementi che costituiscono i sistemi a secco sono: • Struttura metallica in acciaio zincato: dotata di un nuovo rivestimento organico privo di cromo, che costituisce una barriera al contatto cutaneo e all’inalazione degli ossidi che si possono formare su un normale acciaio, a miglioramento della qualità della vita di chi applica e di chi vive gli ambienti. • Lastre in gesso rivestito – gesso fibrato: materiale naturale, ecocompatibile, additivato con speciali componenti e rivestito con materiali particolari, che offre le migliori soluzioni in termini di estetica, funzionalità e comfort. Inoltre attraverso la tecnologia activ’air permettono di migliorare la qualità dell’aria all’interno degli ambienti abbattendo i VOC (composti organici volatili) ed in particolare la formaldeide. • Isolanti minerali: rappresentano la soluzione ottimale per l’isolamento termico e acustico degli edifici. Gyproc, ponendo particolare attenzione e sensibilità alla sicurezza delle persone che occupano gli edifici, ha intrapreso una campagna sperimentale presso il Politecnico di Milano in collaborazione con laboratori di prova autorizzati, con lo scopo di caratterizzare le soluzioni a secco dedicate al residenziale per quanto riguarda le sollecitazioni sismiche. VI pubblicitaria Le pareti divisorie interne del sistema Habito e le pareti di tamponamento perimetrale del sistema per esterno Aquaroc sono state sottoposte a severe condizioni di carico e stress per verificarne la tenuta al sisma. Parete divisoria Gyproc Habito: prova di flessione perpendicolare al piano Parete di tamponamento perimetrale Gyproc Aquaroc: prova di flessione perpendicolare al piano VII informazione Tecnologia a secco Gyproc: sistema Habito La normativa vigente impone che gli elementi strutturali secondari, quali appunto le pareti divisorie o di tamponamento che non hanno funzione strutturale portante, siano in grado di assecondare gli spostamenti dell’edificio senza subire danni. Inoltre, per la sicurezza delle persone che vivono gli ambienti, le pareti se sollecitate dal sisma non devono subire crolli e non vi deve essere espulsione di materiale. I sistemi di pareti sottoposti a prova per quanto riguarda l’azione nel piano longitudinale (taglio) e nel piano trasversale (flessione perpendicolare), hanno dimostrato di possedere una elevata elasticità e deformabilità, grazie alle quali assorbono ottimamente le deformazioni causate dalle sollecitazioni sismiche, rispondendo pienamente alle prescrizioni imposte dalla normativa vigente, grazie alla qualità dei materiali e alle modalità di applicazione. Le pareti divisorie con tecnologia a secco Gyproc sono la soluzione ideale anche nelle costruzioni in legno, in quanto abbinano velocità di posa e performance tecniche. Per la loro leggerezza e facilità di posa, sono indicati sia per quanto riguarda la realizzazione di nuove costruzioni, ma anche per la ristrutturazione di edifici esistenti (rifacimento dei divisori interni, sopraelevazioni, ecc.). L’effetto dell’azione sismica dipende dalla massa e dal peso del manufatto su cui agisce: i sistemi a secco hanno pesi ridottissimi (circa un terzo di un sistema tradizionale), quindi riducono l’azione sismica che sollecita l’intero edificio, il tutto a vantaggio sia della sicurezza che dei costi. Il grafico riportato evidenzia l’e- Risultati delle prove: esempio di diagramma levata risorsa meccanica delle sforzo- deformazione prova di flessione pareti nei confronti dell’azione perpendicolare al piano sismica, con la capacità di assorbire cicli successivi di carico senza accumulo di danno, o cedimenti e rotture improvvise e fragili del sistema. Altro elemento non strutturale oggetto di valutazione sono i controsoffitti, che, oltre a svolgere funzione di contenimento degli impianti, finitura estetica, miglioramento dell’isolamento termico e acustico dei solai, protezione VIII Controsoffitto Gyproc Antisfondellamento pubblicitaria informazione dal fuoco, svolgono anche una funzione di sicurezza. I solai di interpiano degli edifici, se sottoposti alla sollecitazione sismica, si possono lesionare e danneggiare, con la possibilità di distacco e caduta di porzioni di intonaco, o parti di solaio (tavelle in laterizio, ecc.), con conseguente danno alle cose e pericolo per le persone. Se pensiamo che mediamente un metro quadro di solaio pesa 32 kg, ci rendiamo subito conto della pericolosità dello sfondellamento dei solai. Controsoffitto Gyproc Antisfondellamento: prova di caduta delle tavelle in laterizio Particolari tipologie di controsoffitti sono stati sottoposti a prove sperimentali per verificare la loro tenuta al carico di caduta di elementi di solaio. I sistemi di controsoffitto Gyproc sottoposti alle prove di verifica del possibile fenomeno dello sfondellamento dei solai non hanno subito nessun tipo di danneggiamento e deformazione in seguito all’applicazione degli ingenti carichi dinamici e statici imposti, rispondendo pienamente alle richieste delle normative vigenti nell’ambito della sicurezza delle persone. Gyproc Saint-Gobain, nell’ottica della sicurezza delle persone che occupano gli edifici, prosegue nella costante ricerca di soluzioni tecniche avanzate, continuando ’impegno di severe prove sperimentali, ed è a disposizione di progettisti e prescrittori per elaborare soluzioni specifiche, in grado di far fronte alle problematiche antisismiche e della sicurezza. GYPROC - Saint-Gobain Via Ettore Romagnoli 6, 20146 - Milano www.gyproc.it Ing. Luca Cappellini - Referente Tecnico Area Nord-Est e-mail: [email protected] cell. 335 7845782 IX FIBRE NET, DAL 2001 L’AVANGUARDIA NEL RINFORZO ANTISISMICO Il consolidamento strutturale di edifici esistenti Fondata nel 2001 dai fratelli Andrea e Cecilia Zampa, Fibre Net è specializzata nella produzione di materiali compositi in FRP, meglio noti come vetroresina, per diversi campi d’applicazione ma con una specifica attenzione verso applicazioni nell’edilizia specializzata. La peculiarità e le caratteristiche dei suoi prodotti, i continui investimenti in ricerca e sviluppo, le attività di formazione e specializzazione del personale, l’alto livello di competitività e la crescita costante in termini di fatturato e produttività ne fanno una realtà destinata a diventare leader nel proprio ambito di riferimento in tutta Italia. Nei propri stabilimenti, Fibre Net produce sistemi in FRP (Fiber Reinforced Polymers) per il consolidamento di strutture esistenti, sistemi che hanno già permesso all’azienda di risolvere importanti problematiche legate alla protezione sismica degli edifici e di rispondere a concrete esigenze tecniche di miglioramento e adeguamento strutturale evidenziate dagli stessi professionisti (ingegneri e architetti), dai progettisti delle pubbliche amministrazioni e dalle imprese. Con il nome FibreBuild, infatti, si identifica un sistema composto da reti, angolari e connettori in FRP per il rinforzo di murature, attraverso la tecnica dell’intonaco armato, e per il rinforzo di volte e solai. I prodotti costituiscono una interessante e valida alternativa ai sistemi tradizionali, come le classiche reti metalliche elettrosaldate, utilizzate in passato per il rinforzo murario e che tanto spesso hanno dato prova dei limiti di utilizzo. Qual è la resistenza di una rete metallica arrugginita, e quali sono le conseguenze sulle strutture esistenti? Macchie di ruggine e parti di intonaco staccate sono all’ordine del giorno sui nostri edifici, e i dubbi sull’effettiva efficacia di una rete in ferro soggetta alla corrosione dopo alcuni anni di messa in opera, soprattutto in ambienti umidi, sorgono spontanei. Qual è il vantaggio derivante dall’utilizzo di materiali in FRP nel consolidamento strutturale?? Il loro utilizzo garantisce sicurezza e alta qualità della vita all’interno di qualsiasi ambiente abitativo o lavorativo. Qualche esempio? Elevata durabilità nel tempo (non arrugginisce), resistenza meccanica X pubblicitaria informazione alle sollecitazioni sismiche, elevate proprietà chimico-resistenti e compatibilità con malte e materiali naturali, assenza di “gabbia di Faraday” (questo per interventi in ottica di edilizia sostenibile), amagneticità, leggerezza, basso spessore, facilità di posa e economicità d’intervento. Fibre Net, che ha sede operativa nella zona industriale udinese, vanta l’apporto di personale altamente specializzato impiegato nello sviluppo di prodotti tecnologicamente avanzati. E’ una realtà dinamica, da sempre orientata all’eccellenza grazie anche alla proficua collaborazione con l’Università degli Studi di Trieste e di Perugia (direttamente e anche attraverso spin-off universitari) ed altri importanti atenei di riferimento a livello europeo, nonché alla consulenza di illustri esponenti del mondo accademico nazionale ed internazionale. L’azienda vanta inoltre numerose partecipazioni ad eventi, congressi, manifestazioni e fiere di settore e importanti partnership con le principali associazioni di categoria. Da oltre un decennio si distingue nettamente dai competitors grazie ad attività di progettazione, produzione e commercializzazione di prodotti unici nel loro genere, qualitativamente superiori alla media per materiali e tecnologia utilizzati nel corso dell’intero processo produttivo, costantemente controllato secondo il sistema di qualità certificato ISO 9001/ UNI EN 9001:2008. XI La prevenzione sismica Nel corso di questi ultimi anni molto si è discusso sulla messa in sicurezza delle case di un territorio, come quello italiano, a forte rischio sismico ed idrogeologico. In realtà, però, ben poco si è fatto sul piano della prevenzione e della pianificazione, nonostante l’allarme lanciato dai geologi che in più occasioni hanno invitato le istituzioni a risolvere il problema, non solo sul piano dell’adeguamento strutturale degli edifici esistenti ma anche attraverso la proposta di un programma di analisi che sia in grado di evidenziare le reali condizioni di resistenza sismica dei terreni e che indichi le zone dove gli effetti dei terremoti potrebbero essere particolarmente amplificati. La prevenzione, quindi, diventa un’azione prioritaria per la sicurezza sociale, soprattutto dopo i terremoti che hanno colpito L’Aquila e l’Emilia, eventi che hanno posto in luce, ancora una volta, la fragilità del patrimonio storico e architettonico esistente e la necessità urgente di attuare misure di protezione sismica anche in quelle zone considerate “sicure”. Situazioni che Fibre Net ha sperimentato sul campo proprio grazie alla propria esperienza nel consolidamento di edifici esistenti per i quali adeguamento o miglioramento sismico sono azioni necessarie affinché una struttura raggiunga determinati requisiti di sicurezza, così come stabilito dalla normativa. I materiali e le tecniche proposte da Fibre Net sono fra i più efficaci previsti dalla normativa che è comunque indirizzata verso l’uso di materiali e tecniche di provata validità, poco invasivi e che non appesantiscano la struttura di nuovi carichi. In quest’ottica, il consolidamento strutturale con i materiali in FRP rappresenta una tecnologia di intervento estremamente interessante in termini di prestazioni e di resistenza, ponendosi come soluzione vantaggiosa non solo nella fase di ricostruzione del post terremoto ma anche come valido strumento di prevenzione sismica. FIBRE NET S.r.l. Via Zanussi 311, Udine www.fibrenet.it contatti: [email protected] tel. 0432 600918 XII Meccanismi di collasso per edifici in muratura Quando una parte portante di una struttura subisce un danno, si può innescare una serie di fenomeni a catena che possono causare la rottura di altre strutture portanti, con un’evoluzione che può sfociare in una sorta di effetto domino fino al collasso (crollo) dell’intera struttura. Questi fenomeni vengono chiamati tecnicamente “meccanismi di collasso”. I meccanismi di collasso si innescano nei punti di debolezza della struttura e sono strettamente legati alla tipologia edilizia costruttiva. In altre parole, un edificio in muratura presenta dei meccanismi di collasso caratteristici, completamente diversi da quelli di un edificio realizzato con una struttura “a telaio” (ovvero un’orditura di travi e pilastri che sostengono i solai) in cemento armato o in acciaio. I meccanismi di collasso sono poi legati alla tipologia di sollecitazione cui una struttura è sottoposta. Comunemente le azioni si dividono in due grandi famiglie: sollecitazioni di tipo “statico” e sollecitazioni di tipo “dinamico”. Le sollecitazioni statiche sono generate dai pesi delle varie parti da sostenere: copertura, solai di piano e tutto quanto rappresenta un carico (pavimenti, mobili, elettrodomestici, suppellettili, persone eccetera). Esse caratterizzano costantemente una struttura per tutto l’arco della sua esistenza: sono sempre presenti, anche se possono variare nel tempo (per esempio l’arredo di un appartamento può variare oppure, nella stagione invernale, i tetti possono essere appesantiti dalla neve). Invece, le sollecitazioni “dinamiche” per un edificio di civile abitazione sono situazioni temporanee, tipicamente associate ad una condizione di “movimento”: il terremoto. Esse variano con l’intensità sismica e con i pesi associati agli edifici: maggiori sono l’oscillazione del terreno, il peso proprio ed i carichi portati, maggiori sono le sollecitazioni dinamiche. Di seguito si descriveranno i meccanismi di collasso sismici riferiti alle principali tipologie costruttive residenziali. Caratteristica peculiare dei terremoti è quella di ingenerare nelle strutture portanti degli edifici azioni “cicliche” orizzontali che si vanno a sommare alle azioni verticali: esse costituiscono un potenziale pericolo per svariati motivi. Primo tra tutti il fatto che tendenzialmente gli elementi portanti verticali (pilastri e pareti) sono in grado di trasferire molto bene a terra le sollecitazioni verticali (i carichi dovuti ai pesi), ma se presi singolarmente, mal sopportano le azioni orizzontali, ovvero proprio quelle spinte che nascono nelle strutture durante i terremoti. Secondo motivo per cui le azioni orizzontali risultano pericolose è il fatto che, almeno per quanto riguarda gli edifici residenziali, esse venivano trascurate in fase di progettazione, con particolare riferimento al periodo che va dagli anni dello sviluppo economico successivo al secondo conflitto mondiale fino agli anni ’90, allorché sono entrate in vigore le prime normative antisismiche. Solo da circa vent’anni, infatti, è iniziato un importante processo di aggiornamento dei metodi di calcolo, favorito anche dallo sviluppo tecnologico dei moderni calcolatori, che ha portato gli ingegneri ad introdurre negli approcci calcolazionali anche le azioni ingeneratesi a seguito del sisma. Tuttavia, nel secolo scorso il miglioramento delle tecnologie costruttive (adozione di nuovi materiali 27 A lezione di terremoti 28 quali il calcestruzzo armato e l’acciaio) unitamente ad una pratica edilizia che si è affinata nel tempo, hanno fatto in modo che anche la maggior parte degli edifici progettati e costruiti prima delle moderne normative antisismiche sia in grado di resistere in una certa misura ai terremoti. Se si considerano poi gli edifici dei centri storici, realizzati nel corso dei secoli solamente sulla base delle regole del buon costruire delle maestranze dell’epoca, ci si trova a trattare situazioni ancor più delicate, che presentano maggiori fragilità nel caso di mancata manutenzione da lunghi anni o di pesanti trasformazioni, magari realizzate con scarsa cura. Terzo motivo che determina la pericolosità delle azioni orizzontali scaturite da sollecitazioni sismiche è legato all’entità dei carichi gravanti sulle strutture portanti. Infatti, le azioni orizzontali cicliche che si generano nelle membrature degli edifici durante i terremoti sono tipicamente delle forze direttamente proporzionali al peso collocato sulle strutture ai vari piani. Ciò significa che strutture pesanti determineranno sulle membrature verticali sotto sisma, oltre a delle sollecitazioni verticali importanti (comunque sempre presenti), anche delle sollecitazioni orizzontali molto rilevanti; al contrario strutture leggere produrranno sollecitazioni verticali ed orizzontali certamente più modeste. Ne sono un esempio edifici che, nati con solai e coperture in legno, sono stati successivamente appesantiti con strutture in laterocemento a sostituzione di quelle originarie, oppure edifici che sono stati oggetto di sopraelevazioni con l’aggiunta di solai intermedi. Un altro motivo che rende i terremoti particolarmente pericolosi per le strutture è rappresentato dal fatto che essi generano delle sollecitazioni orizzontali “direzionali”, ovvero che agiscono in una ben precisa direzione associata allo specifico evento sismico e pertanto non prevedibile. Nelle pagine seguenti si analizzeranno i possibili meccanismi di collasso tipici degli edifici in muratura. Lo studio della materia risulta piuttosto complesso. A tal proposito si potrebbe citare la celebre frase dell’ingegnere aeronautico russo Igor’ Ivanovič Sikorskij «Recenti studi di aerodinamica hanno dimostrato che il calabrone non può volare a causa del rapporto fra la sua superficie alare e la sua massa corporea. Ma il calabrone non lo sa e continua a volare». Allo stesso modo molti edifici in muratura, pur presentando sovente diverse criticità, possono comunque resistere adeguatamente agli eventi sismici. In tal senso, come accennato in precedenza, alcune problematiche ricorrenti sono legate alla storia che questi edifici hanno avuto nel corso del tempo. Molti, infatti, hanno subito trasformazioni successive quali il rimaneggiamento dovuto al cambio delle destinazioni d’uso, la variazione dei carichi verticali (legata ad incauti interventi di ristrutturazione o sopraelevazione), l’indebolimento delle strutture portanti (causato o dalla realizzazione di nuove aperture o dall’ingrandimento di quelle esistenti), l’ampliamento per fasi successive (molto spesso edifici attigui sono stati realizzati “appoggiando” le strutture verticali del più recente alle strutture verticali del pre-esistente). Il loro comportamento strutturale si è quindi progressivamente modificato. La lettura del sistema costruttivo, Meccanismi di collasso per edifici in muratura l’interpretazione delle cause di danno, l’individuazione di anomalie e precarietà strutturali che inficiano la risposta sismica, permettono di stabilire quale sia la corretta valutazione del comportamento strutturale degli edifici esistenti e, se necessario, di formulare le più idonee modalità di intervento per conseguire un adeguato grado di miglioramento della loro risposta sismica. L’analisi strutturale antisismica degli edifici residenziali in muratura parte dalla constatazione dei danni sismici rilevati su questo tipo di fabbricati. In particolare si distinguono: - meccanismi di I modo: generati da azioni ortogonali sui paramenti murari, conducono ad un crollo per ribaltamento delle pareti. Essi coinvolgono singole porzioni del fabbricato e penalizzano le parti strutturali più vulnerabili. Per gli edifici esistenti più datati questi sono i meccanismi più facilmente attivabili in caso di evento sismico; per gli edifici di recente realizzazione, invece, le moderne tecniche progettuali e costruttive, se ben applicate, ne impediscono l’innesco; - meccanismi di II modo: generati da azioni complanari alle pareti, conducono ad un crollo per rottura dei materiali di cui sono composti gli elementi strutturali. Essi sono più complessi dei precedenti poiché non coinvolgono singole parti dell’edificio ma chiamano l’intero fabbricato a resistere globalmente grazie ad un comportamento che viene definito “scatolare”. Per ottenere questo tipo di comportamento strutturale è necessario che gli elementi portanti, oltre che di buona qualità, siano solidamente collegati tra loro (ammorsamenti tra le pareti, connessioni tra travi e pareti e tra solai e pareti, presenza di cordoli, incatenamenti, eccetera). Gli edifici così concepiti sono in grado di resistere a sollecitazioni sismiche maggiori. Lo studio delle cause per cui si innescano i meccanismi di I modo consente di intervenire sugli edifici esistenti rimediando a criticità intrinseche che possono portare a possibili collassi parziali e, al contempo, consente di progettare nuovi edifici in modo oculato. In entrambi i casi l’obiettivo è quello di ottenere il comportamento “scatolare” dell’intera struttura dato dalla compartecipazione dei diversi elementi, permettendo, in caso di sisma, la sola formazione di meccanismi di II modo nei quali l’eventuale collasso avviene per sollecitazioni molto maggiori. 29 A lezione di terremoti 30 Meccanismi di i modo Nel proseguo verrà proposta una rassegna dei principali meccanismi di collasso afferenti al I modo riscontrati in edifici in muratura colpiti dai recenti terremoti dell’Emilia e dell’Abruzzo. I cinematismi presentati si classificano in: - meccanismi di ribaltamento semplice; - meccanismi di flessione verticale; - meccanismi di flessione orizzontale; - meccanismi di ribaltamento composto. Tale lista non è da ritenersi esaustiva, giacché molte altre tipologie di meccanismi non sono direttamente inquadrabili in questa schematizzazione ma dipendono, per esempio, dall’interazione con le strutture di copertura, con gli edifici adiacenti, eccetera. È comunque molto utile ad inquadrare le tipologie principali riscontrabili nella realtà. Meccanismi di ribaltamento semplice Il ribaltamento semplice dovuto all’azione del sisma rappresenta una situazione di danno tra le più frequenti e pericolose per le pareti esterne degli edifici. Questa si schematizza come una rotazione rigida di porzioni di parete attivata dalle sollecitazioni fuori dal piano cioè perpendicolari alla parete stessa. Tale situazione si verifica quando il muro investito dall’azione sismica risulta scarsamente vincolato in sommità e non ammorsato alle pareti ad esso ortogonali. Questo meccanismo è influenzato inoltre dalla presenza di aperture nel muro (porte o finestre) che ne indeboliscono la costituzione. Può interessare uno o più piani dell’edificio a seconda della tipologia di solai (legno o laterocemento) e della modalità di connessione degli stessi alle murature. Meccanismi di collasso per edifici in muratura Meccanismi di flessione verticale I meccanismi di flessione verticale sono analoghi ai meccanismi di ribaltamento semplice. Anch’essi riguardano principalmente le pareti esterne degli edifici e si manifestano nel caso in cui la facciata risulti scarsamente ammorsata alle pareti ad essa ortogonali, ben vincolata in sommità e libera nella zona centrale. Si possono verificare, ad esempio, in un edificio con un cordolo in sommità (che impedisce il ribaltamento semplice) ed i solai intermedi privi di qualsiasi connessione. Una situazione di questo tipo è favorita anche dalla spinta orizzontale che i solai, investiti dall’azione sismica, esercitano su detta parete. L’attivazione del meccanismo è riconoscibile osservando la presenza dello spanciamento della parete interessata e spesso è accompagnata allo sfilamento delle travi dei solai (in legno) intermedi. Di seguito si riportano un caso di ribaltamento per flessione verticale con conseguente sfilamento delle travi dalle proprie sedi. 31 A lezione di terremoti 32 Meccanismi di flessione orizzontale I meccanismi di flessione orizzontale si manifestano quando, a differenza del caso precedente, il pannello murario risulta efficacemente ammorsato alle pareti ad esso ortogonali, con il lato sommitale non trattenuto da alcun dispositivo. Il cinematismo si può manifestare nel caso in cui la copertura durante il sisma eserciti sulle facciate una spinta orizzontale la quale, in mancanza di dispositivi come cordoli sommitali, induce una flessione della parete in corrispondenza dell’ultimo piano. Si genera il così detto “effetto arco orizzontale” il quale conduce alla tipica formazione di due corpi cuneiformi individuati da una lesione verticale e due lesioni oblique. La qualità della muratura poi, influisce sulle dimensioni dei cunei di distacco che, in relazione alle migliori o peggiori caratteristiche dei materiali, coinvolgono porzioni maggiori o minori della parete considerata. Un caso particolare è rappresentato dallo sfondamento della parete del timpano che attiva un meccanismo di flessione orizzontale caratterizzato dall’individuazione di macroelementi cuneiformi demarcati da una fessura verticale innescata all’appoggio della trave di colmo e da due fessure oblique che risalgono verso le falde partendo dal vertice inferiore della fessura verticale. Il meccanismo in questione è associato all’assenza di collegamenti adeguati tra la struttura muraria del timpano e la copertura che poggia su questa; è provocato dall’azione ciclica (dovuta al sisma) di martellamento della trave di colmo (di notevoli dimensioni) che, trasmettendo un’elevata spinta alla parete, determina la formazione dei macroelementi di distacco e la conseguente rotazione degli stessi attorno alle fessure oblique. Meccanismi di collasso per edifici in muratura Meccanismi di ribaltamento composto Con ribaltamento composto si indica un insieme di situazioni in cui il collasso coinvolge pareti adiacenti della costruzione: al ribaltamento della parete investita dall’azione sismica si accompagna il trascinamento di una porzione di struttura muraria confinante, specie se le connessioni tra le murature sono adeguate. Il meccanismo di ribaltamento composto, in un edificio integro, si manifesta in caso di assenza di vincoli in sommità della parete ribaltante e in presenza di un efficace collegamento tra la parete investita dal sisma e quella ad essa perpendicolare. La configurazione del cuneo di distacco nella parete coinvolta nel ribaltamento può essere diversa a seconda della tipologia dei solai deformabili o rigidi (lignei o in laterocemento). Nel caso in cui siano presenti solai tradizionali privi di soletta armata (deformabili), il meccanismo di ribaltamento della facciata è accompagnato generalmente dal distacco di un cuneo diagonale della parete ortogonale. 33 A lezione di terremoti 34 Se, invece, i solai sono dotati di soletta armata (rigidi), il meccanismo di ribaltamento composto determina il trascinamento di un cuneo a doppia diagonale nella parete di controvento. Tra i meccanismi di ribaltamento composto, particolarmente comune è quello che prevede il ribaltamento della parte alta del cantonale degli edifici, generalmente determinato dalla spinta dei puntoni dei tetti a padiglione. Il meccanismo si manifesta attraverso la rotazione di un cuneo di distacco, delimitato da superfici di frattura nelle pareti concorrenti nell’angolo libero, attorno ad un fulcro posto alla base del cuneo stesso. Il fenomeno, in assenza di collegamenti efficaci alla quota dei solai, può anche estendersi ai piani sottostanti l’ultimo livello dell’edificio. Il meccanismo di ribaltamento del cantonale è quindi determinato dall’assenza di trattenimento in testa alle pareti ortogonali ed è agevolato dalla presenza di coperture spingenti, specie di puntoni che poggiano sull’angolata, oltre che da murature di cattiva fattura. Meccanismi di collasso per edifici in muratura Meccanismi di ii modo I meccanismi locali di I modo, come precedentemente descritto, si attivano quando viene meno la collaborazione tra i vari elementi strutturali che costituisco il fabbricato. Invece, se viene garantita un buona connessione tra gli elementi strutturali (buon ammorsamento, presenza catene metalliche, ecc.) l’edificio può sviluppare un comportamento d’insieme che porta le pareti a ricorrere maggiormente alle risorse di resistenza e rigidezza nel proprio piano, generando un comportamento scatolare con conseguente beneficio in caso di sollecitazioni sismiche. La rigidezza dei solai nel proprio piano assume un ruolo fondamentale nei riguardi dell’azione sismica. Solai molto flessibili determinano una ripartizione disomogenea dei carichi verticali sulle diverse pareti accentuandone il comportamento indipendente e l’instaurarsi di meccanismi di I modo. Solai rigidi ripartiscono le azioni di piano fra le pareti favorendo l’instaurarsi di meccanismi di collasso di II modo. I possibili meccanismi di II modo che possono attivarsi in un pannello murario dipendono dalla combinazione di fattori di diversa natura: la geometria del pannello (governata dal rapporto fra altezza e larghezza), l’entità del carico verticale e le caratteristiche della muratura. La diversa combinazione di questi parametri determina tre diverse modalità di collasso di seguito descritte: - rottura per flessione-ribaltamento; - rottura per taglio; - rottura per scorrimento. Rottura per flessione-ribaltamento La base della parete presenta un’estremità compressa e l’altra scarica. Il collasso è governato dalla rottura per schiacciamento degli spigoli soggetti a compressione. 35 A lezione di terremoti 36 Rottura per taglio Il meccanismo di danno è governato dalla formazione e dallo sviluppo di fessure diagonali inclinate che seguono la tessitura della parete. Di seguito si riporta un caso di rottura per taglio del paramento murario operata dalle spinte orizzontali delle travi dei solai in legno. Meccanismi di collasso per edifici in muratura Rottura per scorrimento Il meccanismo è associato alla formazione di fessure orizzontali nei giunti soggetti all’azione del sisma che inverte il proprio verso di applicazione. Il meccanismo è favorito da bassi livelli dei carichi verticali e presenza di orizzontamenti rigidi. Si sottolinea come la tipologia di danno, anche in presenza di una stessa modalità di collasso, è fortemente influenzata dalla tipologia costruttiva e dalle caratteristiche della muratura. In murature realizzate con malta di buona qualità, la rottura per flessione-ribaltamento si realizza generalmente attraverso la formazione di fessure orizzontali alla base del pannello con relativo scollamento dello stesso; in assenza di malta si ha il ribaltamento di una porzione di muro individuata da una linea di rottura 37 A lezione di terremoti 38 la cui inclinazione è legata alla forma e alla tessitura degli elementi. Nel caso di una parete in muratura, il comportamento nei confronti di un’azione orizzontale è governato dall’interazione di due elementi chiaramente distinti: i maschi murari (pannelli murari verticali continui da terra a cielo) e le fasce di piano (elementi di accoppiamento orizzontale tra i maschi murari tipicamente rappresentati dalle porzioni di muratura sopra e sotto le aperture). I meccanismi di danno riconducibili alle tre categorie precedentemente descritte si presentano distintamente o sui maschi murari (nella zona compresa tra due solai di piano) o sulle fasce di piano (nella zona compresa tra due aperture allineate verticalmente). Meccanismi di collasso per edifici in muratura L’accoppiamento tra maschi murari e fasce di piano, favorito dalla presenza di cordoli, corsi, catene, ecc. (posti a livello degli orizzontamenti) contrasta l’attivazione del meccanismo di ribaltamento dei maschi stessi, evitando l’instaurarsi di meccanismi di I modo. Un caso particolare di meccanismo di rottura per taglio è rappresentato dalle tipiche lesioni diagonali che si formano tra fabbricati addossati di diversa altezza. In particolare l’azione di martellamento di un edificio più elevato su un edificio attiguo più basso può generare un quadro fessurativo che, a partire dal punto di discontinuità in elevazione, si estende nell’edificio più alto, per sua natura sottoposto ad oscillazioni maggiori. Risulta evidente che il comportamento delle strutture portanti degli edifici residenziali sollecitate dal sisma è piuttosto complesso. Pertanto, lo sudio dei fenomeni che possono portare al collasso in caso di terremoto richiede preparazione e competenza dei tecnici abilitati. L’analisi dei meccanismi di collasso permette di indagare quali siano i punti deboli delle strutture e di sviluppare delle tecniche per progettare in modo corretto i nuovi edifici, ma non solo: costituisce un fondamentale strumento per sviluppare delle metodologie di rinforzo, risanamento ed adeguamento degli edifici esistenti. Infine, un’attenta analisi condotta sul costruito permette un’efficace valutazione del grado di sicurezza offerto, consentendo la progettazione di specifici interventi atti a prevenire effetti catastrofici in caso di terremoto. 39 Ing. Giovanni Nicolò Gli edifici in cemento armato e il terremoto I concetti che governano i moderni metodi di progettazione antisimica si sono sviluppati nel tempo con l’intento di rimediare alle carenze che le costruzioni hanno manifestato. L’osservazione critica dei danni che i terremoti hanno arrecato e lo studio del comportamento degli edifici in cemento armato sottoposti ad un evento sismico, hanno portato allo sviluppo di importanti principi, che sono alla base dell’approccio progettuale dell’attuale normativa sismica. Una delle proprietà fondamentali che regola il comportamento dei materiali e delle strutture sottoposti ad una azione ciclica è la duttilità. La duttilità rappresenta la capacità di alcuni materiali di rompersi soltanto dopo che ha avuto luogo una considerevole deformazione anelastica; una deformazione è anelastica quando il materiale non è più in grado di ritornare alla sua forma originale dopo essere stato distorto. Questa distorsione dissipa l’energia trasmessa dal sisma all’edificio. Questa è la ragione per cui è molto più difficile rompere un cucchiaio di metallo piegandolo avanti e indietro piuttosto che un cucchiaio di plastica. Il cucchiaino di metallo rimarrà intatto dopo molti cicli, mentre il cucchiaino di plastica si romperà all’improvviso. Quando una rottura avviene senza che abbiano avuto luogo ampie deformazioni si dice che è una rottura fragile; si può intuire che si tratta della modalità di rottura più pericolosa, perché comporta un crollo senza preavviso. La deformazione del metallo del cucchiaio invece assorbe energia e nel frattempo il materiale continua a resistere alle forze e a portare i carichi applicati, anche se diminuisce progressivamente la sua rigidezza. Se immaginiamo che il cucchiaino metallico sia un pilastro, il movimento avanti e indietro che applichiamo è identico al ciclo di una forza sismica. 40 Nel cemento armato la duttilità è conferita dalla presenza delle barre di acciaio. Perché siano efficaci è necessario che siano presenti con una certa percentuale minima e che le barre longitudinali siano racchiuse da un adeguato numero di staffe disposte a distanza ravvicinata. Le zone di una struttura in cemento armato destinate ad assorbire e dissipare energia, per mezzo dello snervamento delle barre di acciaio, sono chiamate cerniere plastiche. La corretta esecuzione dei nodi e dei particolari costruttivi in cantiere riveste una importanza decisiva perché le cerniere plastiche funzionino correttamente e la struttura possa avere un comportamento duttile. Le fotografie che seguono sono state scattate dopo gli eventi sismici che hanno colpito l’Abruzzo nel 2009; si vede che le barre longitudinali hanno espulso il calcestruzzo che le ricopre, perché non sono state confinate da staffe sufficientemente ravvicinate. 41 A lezione di terremoti 42 Anche i dispositivi che collegano i vari componenti strutturali devono essere in grado di deformarsi e dissipare energia senza comportare rotture di tipo fragile. Questo aspetto è particolarmente importante per le strutture in cemento armato prefabbricato, i cui componenti vengono realizzati in stabilimento e assemblati in opera con dispositivi meccanici. Le fotografie che seguono documentano una serie di rotture fragili di tali dispositivi. Nella prima immagine, che si riferisce all’evento sismico dell’Abruzzo, si vede la rottura fragile per tranciamento di una baionetta metallica che tratteneva i pannelli di tamponamento orizzontali di un fabbricato. Nella seconda immagine, scattata in Emilia dopo la seconda scossa del 29 maggio 2012, si nota la rottura fragile dei lembi del profilo annegato all’interno del pilastro, al quale era ancorata la baionetta metallica di trattenuta dei pannelli. Gli edifici in cemento armato e il terremoto Un’altra rottura di tipo fragile è quella che può coinvolgere le strutture di fondazione. Il cedimento della fondazione porta generalmente ad un crollo per ribaltamento delle strutture verticali. Numerosi collassi fragili di questo tipo si sono verificati in edifici industriali emiliani. Quest’ultimo meccanismo di rottura è particolarmente grave perché non rispetta il cosiddetto criterio di gerarchia delle resistenze, come viene di seguito illustrato. Si è detto infatti che una struttura può avere un buon comportamento sotto una azione sismica se è stata realizzata con un materiale duttile ed è in grado di dissipare una notevole quantità di energia. Oltre a questo è importante però che le cerniere plastiche, ovvero le zone deputate a dissipare energia, non abbiano luogo in elementi critici. Consideriamo la struttura a telaio in cemento armato schematizzata nell’immagine seguente. Nel primo caso le cerniere plastiche si formano alla base e in sommità dei pilastri, solitamente a livello del piano terra. In questo caso i punti in cui si può dissipare l’energia sismica sono pochi, il danneggiamento si concentra solitamente a livello di un piano e si verifica un crollo dell’edificio di tipo fragile. È auspicabile pertanto che si verifichi la seconda situazione: le cerniere plastiche si formano alle estremità di molte travi e non nei pilastri. In questo modo la struttura, pur danneggiata, è ancora in grado di rimanere in piedi e di resistere ai carichi verticali. Maggiore è il numero di cerniere plastiche che si formano, maggiore è l’energia che verrà dissipata e maggiore è il tempo per il quale l’edificio resisterà al terremoto. Perché questa situazione possa avere luogo bisogna stabilire in fase di progetto una graduatoria, o più propriamente una gerarchia, tra i vari componenti strutturali: le fondazioni devono essere più resistenti dei pilastri, i pilastri devono essere più resistenti delle travi. Il meccanismo di piano rappresentato nella figura precedente è stato purtroppo riscontrato in vari edifici in occasione di tutti i più 43 A lezione di terremoti 44 recenti terremoti e viene chiamato piano soffice. Si sono dimostrati particolarmente vulnerabili gli edifici cosiddetti “a pilotis”, qualora non siano presenti delle pareti di irrigidimento in cemento armato o un vano scale per l’intero sviluppo in altezza della costruzione. Lo spostamento di un edificio cresce solitamente al crescere dell’altezza; nel caso di piano soffice invece tutto lo spostamento relativo si concentra a livello di un piano e si crea una concentrazione di sforzi nei punti di giunzione tra le teste dei pilastri pilotis e l’intradosso del primo solaio, che non può essere contenuta. La fotografia seguente mostra un condominio a L’Aquila nel quale il primo piano soffice è collassato su se stesso a seguito delle scosse. È interessante evidenziare come il comportamento di un edificio prefabbricato in cemento armato, che costituisce la struttura di molti edifici industriali, sia profondamente diverso da quello di un edificio costruito in opera. Gli edifici in cemento armato e il terremoto Anzitutto il collegamento tra le travi e i pilastri viene realizzato mediante dispositivi metallici quali spinotti e barre bullonate. Questo sistema consente all’estremità della trave di poter ruotare rispetto al pilastro. È evidente allora come le parti terminali delle travi, potendo ruotare liberamente, non siano in grado di dissipare energia. Le cerniere plastiche si possono formare allora soltanto alla base dei pilastri. Sembrerebbe quindi che le strutture prefabbricate siano meno adatte a resistere alle azioni sismiche; studi e sperimentazioni recenti hanno invece dimostrato che pur formandosi poche cerniere plastiche, queste sono in grado di dissipare una grande quantità di energia. I pilastri prefabbricati, lavorando sostanzialmente come delle mensole, sono infatti dimensionati generalmente per una sollecitazione molto più elevata di quella dei pilastri in opera. Si verificano quindi, dal punto di vista dell’energia dissipata, due situazioni sostanzialmente analoghe: da una parte l’edificio in opera, con tante cerniere con moderata capacità dissipativa, dall’altra parte l’edificio prefabbricato, con poche cerniere con grande capacità di dissipare. Perché tuttavia possano avere luogo queste grandi dissipazioni alla base dei pilastri, è necessario che i componenti della costruzione prefabbricata rimangano connessi; in caso contrario si verifica un collasso fragile prodotto dalla perdita di appoggio e di unione tra i vari elementi. È quanto è accaduto a molti edifici industriali realizzati senza l’adozione di criteri antisismici durante il sisma che ha interessato L’Emilia. 45 A lezione di terremoti 46 Fino al 2003, infatti, il territorio dei comuni emiliani colpiti dal terremoto non era compreso tra le zone ritenute a rischio sismico. Soltanto successivamente a tale data il Governo italiano ha imposto una revisione della classificazione nazionale delle aree sismiche. Le fotografie che seguono, scattate nei giorni immediatamente successivi alla prima scossa, documentano tristemente quanto detto. I primi interventi di urgenza effettuati sui fabbricati ancora agibili sono stati indirizzati ad eliminare le carenze evidenziate, realizzando delle connessioni metalliche tra i componenti semplicemente appoggiati, del tipo di quelle rappresentate nelle fotografie seguenti. I fissaggi devono essere calibrati sulle capacità resistenti degli elementi da connettere e concepiti in modo da fornire la massima duttilità alla struttura. Un’altra importante proprietà che caratterizza il comportamento sismico degli edifici in cemento armato è il periodo naturale di vibrazione, strettamente correlato alla rigidezza che possiede la costruzione. Cos’è il periodo naturale di vibrazione? Consideriamo un edificio alto e immaginiamo di imprimere uno spostamento a livello della copertura; una volta rilasciato, l’edificio si sposterà in una direzione e nell’altra con Gli edifici in cemento armato e il terremoto un periodo di vibrazione costante. Il tempo che la costruzione impiega per compiere un intero ciclo di andata e ritorno, misurato in secondi, è chiamato periodo naturale di vibrazione. Più è lungo il periodo di vibrazione minori sono le forze sismiche, che sono sostanzialmente forze di inerzia. Più è alto un edificio, più è lungo il suo periodo di vibrazione. Una regola empirica americana per calcolare il periodo naturale di vibrazione è quello di moltiplicare per 0,1 il numero dei piani; per esempio un condominio di cemento armato di 10 piani avrà un periodo naturale di vibrazione di circa un secondo. Inoltre meno è rigido un edificio, o in modo equivalente più è flessibile, più lungo è il suo periodo di vibrazione e quindi minori sono le forze sismiche. Sembrerebbe quindi logico cercare di progettare edifici meno rigidi possibile: in realtà si deve tenere conto del fatto che ad una minore rigidezza corrispondono anche deformazioni maggiori. Il progettista delle strutture deve individuare la soluzione migliore tra queste esigenze antitetiche. Una deformazione eccessiva infatti non è accettabile, perché può causare danni agli elementi non strutturali; oltre a ciò, più una struttura si flette, più il centro di gravità si sposta dalla sua posizione originaria, provocando un aumento del rischio di instabilità. Per questa ragione tutte le normative sismiche fissano dei limiti agli spostamenti orizzontali che una struttura può manifestare sotto l’azione sismica prevista. La nostra normativa pone un limite agli spostamenti massimi interpiano, per prevenire danni alle tamponature collegate rigidamente alla struttura. Per un edificio che abbia una altezza tra un piano e l’altro pari a 3 metri, lo spostamento massimo ammesso sotto sisma è di 15 mm. Le fotografie che seguono mostrano danneggiamenti prodotti da deformazioni troppo elevate. L’ultima immagine, scattata all’interno di un edificio a S.Agostino, documenta un caso particolare di deformazione eccessiva, chiamato 47 A lezione di terremoti 48 martellamento. Si verifica quando la distanza tra due edifici non è sufficientemente ampia perché le due costruzioni non cozzino una contro l’altra a seguito dei movimenti dovuti al terremoto. Nel caso specifico la parete di tamponamento danneggiata separava due edifici prefabbricati con differenti caratteristiche costruttive e diversa rigidezza. Si fa notare come due corpi possano avere la stessa forma ed essere costituiti dallo stesso materiale, ma avere due rigidezze molto diverse a seconda di come siano orientati nello spazio rispetto alla forza che agisce su di essi; la comprensione di questo comportamento è intuitiva osservando la figura seguente. È importante che in una costruzione le variazioni di rigidezza siano il più possibile graduali procedendo dalle fondazioni fino alla copertura. Dato che le forze si distribuiscono tra gli elementi strutturali in proporzione alle loro rigidezze, in tal modo si previene il rischio che possano instaurarsi pericolose concentrazioni degli sforzi. Le moderne normative sismiche forniscono precise indicazioni sulle caratteristiche che una costruzione deve possedere per poter essere considerata regolare in altezza. Per le medesime ragioni è auspicabile che un edificio possieda un andamento regolare anche in pianta; edifici di forma poco compatta e che presentano angoli rientranti sono particolarmente vulnerabili ai moti sismici. Un esempio emblematico di presenza contemporanea di piano soffice e mancanza di regolarità è rappresentato dall’edificio a L’Aquila della fotografia seguente. Il piano che è crollato presentava infatti una estensione in pianta e caratteristiche strutturali assai differenti dai piani sottostanti. Realizzare un edificio antisismico significa, in Italia, operare nel rispetto delle Nuove Norme Tecniche per le costruzioni, la cui applicazione è obbligatoria dal 1° luglio 2009. Gli edifici in cemento armato e il terremoto Le Nuove Norme Tecniche recepiscono le moderne conoscenze scientifiche sul comportamento dinamico degli edifici, che sono progredite dall’osservazione e dallo studio delle carenze che le costruzioni hanno manifestato negli eventi sismici avvenuti. 49 Ing. Silvia Bonetti Conclusioni e ringraziamenti Questo interessante viaggio, attraverso la storia, la sismologia, la geofisica e l’ingegneria sismica, ci ha fatto comprendere quanto il nostro territorio possa essere sensibile al rischio sismico e come le tipologie edilizie dei nostri tessuti urbani siano vulnerabili ai danni del terremoto. Le immagini di distruzione e morte, ancora vive nel ricordo, dei recenti eventi dell’Aquila e dell’Emilia però devono lasciare un insegnamento e comunque far crescere la consapevolezza dell’importanza della prevenzione come unica forma di limitazione dei danni, salvaguardia della vita e conservazione dei beni architettonici che rendono il nostro territorio unico. A tutt’oggi le moderne tecniche di modellazione e calcolo non lineare consentono a strutturisti esperti di determinare la vulnerabilità sismica di un edificio esistente o di elaborare la progettazione di edifici nuovi in grado di assicurare livelli prestazionali adeguati. Parimenti le tecniche costruttive e di restauro permettono l’adeguamento di edifici esistenti anche nei casi vi siano particolari vicoli artistici o urbanistici. I dati relativi agli enormi costi sociali ed economici sostenuti ancora oggi dal paese, in seguito ai gravi terremoti occorsi nell’ultimo secolo (Belice, Friuli, Irpinia, etc), dimostrano come solo favorendo una adeguata prevenzione sia possibile un vero risparmio, oltre alla salvaguardia della vita umana, aspetto sacrosanto e imprescindibile di ogni paese evoluto. La cultura 51 A lezione di terremoti 52 della prevenzione deve quindi radicarsi in ogni singolo cittadino, per poter diffondersi capillarmente nella società, fino a diventare punto di programma principale anche per le scelte politiche degli amministratori. Fare prevenzione è quindi responsabilità di tutti e ciascuno, secondo le competenze e il ruolo rivestito all’interno della società. Si ringraziano tutti coloro che hanno lavorato con passione e dedizione alla realizzazione di questa pubblicazione, i colleghi delle Commissioni “Rischi del territorio” e “Strutture”, che senza riserva si sono calati nella parte dello scrittore, a volte poco consona all’ingegnere, e hanno elaborato immagini e contenuti scritti di spessore. Si ringraziano i presidenti ing. Segala e ing. Serpelloni che hanno voluto e sostenuto il progetto con forza, il Direttore dott. Alberto Sandri ed il dott. Francesco De Grandis di Ance Verona per il tempo e le energie dedicate. Si ringraziano infine, gli sponsor, poiché hanno creduto nell’idea e hanno consentito l’attuazione del progetto e la sua capillare diffusione. Ing. Silvia Bonetti Coordinatore della Commissione “Rischi del Territorio” Ordine Ingeneri di Verona Con il patrocinio di In collaborazione con