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Considerazioni sul Tango
P
arlare di Tango è sempre difficile. Facile è descrivere un passo, la posizione dei piedi,
quella del busto, insegnare ad interpretare la musica.
Difficile è capirne l’essenza, viverla nella giusta misura, né minimizzandola, né sopravalutandola, al punto da farsene travolgere.
Il tango è lì, ad attendere ognuno di noi da più di un secolo, come una pianta perpsicace e carica di vita; lentamente si estende, non è invasiva, ma si propaga discreta dove
trova del buon terreno.
Perché si incomincia a ballare il Tango?
Non lo so. Si è lì nel momento e nel luogo giusto.
Leggevo in questi giorni un trattato teologico sul Vangelo di Giovanni, ed un passo
(43-44) mi ha particolarmente colpito:
Gesù incontra Filippo, che diventerà
uno dei suoi discepoli e gli dice:” Vieni con
me.” E Filippo lo segue. Non ci sono particolari discorsi di convincimento, o motivazioni forti che inducono Filippo a seguire
Gesù, solo tre parole.
Mi si perdoni il paragone che potrebbe sembrare offensivo, ma al similitudine
può reggere.
Non si inizia a ballare il Tango perché
qualcuno ti convince e ti da le prove che è
il ballo più bello del mondo, ma perché ci
si trova coinvolti e piace, ti soddisfa, compensa in te qualcosa di cui avevi bisogno.
Una cosa non si apprezza se non la si
percepisce in modo particolare, e gli uomini innanzitutto, percepiscono la loro
stessa facoltà di percepire. Dunque conoscendo una qualsiasi cosa, come pure il
Tango, conoscono innanzitutto meglio se
stessi.
Da questa conoscenza interiore non
può che nascere consapevolezza e sicurezza, che aiuta il rapporto sereno con gli altri. In particolare nel Tango, dove nell’abbraccio e nella musica condivido il mio
sentimento con il partner, mi è vietata la
falsità, perché non ho schermi né barriere
che mi separano.
C’è un lui ed una lei, che in quei pochi minuti di un brano, sereni e complici,
passano un momento in una dimensione
fantastica, fuori dalla vita di tutti i giorni, spesso grigia e difficile.
Il Tango Argentino
ed il nuovo corso dell’anmb
(Associazione Nazionale Maestri di Ballo)
Cari colleghi ed amici,
parlare di Tango Argentino è sempre, almeno per me, un grosso problema, sia per la vastità e
complessità dell’argomento, che per per quel sentimento di pudore che cerca di nascondere ai non addetti ai lavori, una passione ventennale qualche volta troppo riservata.
Forse perché, quando si ama troppo una cosa, se ne è gelosi, e la si vuole tutta per sé, per impedire
che altri la rovinino, e te la restituiscano poi in pezzi, o totalmente trasformata.
Dico questo, anche perché, dopo un’estate di studio ed aggiornamento con grandi Maestri del calibro di Osvaldo Zotto, Lorena Ermocida, Javier Rodriguez, solo per citarne alcuni, mi ritrovo a fare i
conti con tutto quello che non so; e più studio e più affiora quanto non so, e mi manca per sentirmi un
Maestro veramente completo. Detto ciò, questa riflessione vuole esaminare come è stato considerato il
Tango Argentino negli ultimi anni.
E’ stato senz’altro sottovalutato, sia come difficoltà tecnica che dal punto di vista emozionale. I testi
adottati per gli esami di Bronzo, Argento, e Oro, erano e sono validi. L’errore è stato considerarli da
qualcuno, un’opera compiuta, finita, perciò chi li
studiava, (pochi per la verità) non poteva credere
di conoscere il T.A., ma solamente una piccolissima parte dell’inizio.
Ci sono stati negli ultimi tempi dei bravi ballerini, che studiando solo passi e figure e mettendoli in sequenza, sembravano validi agli occhi dei
profani, ma ridicoli per coloro che conoscevano
bene il T.A. Per spiegarmi meglio, faccio il seguente esempio. Immaginatevi degli studenti che
imparino a memoria una poesia in una difficile
lingua straniera, in russo o tedesco, senza un approfondito studio delle basi della lingua stessa.
La poesia può essere comprensibile, da una persona di madrelingua, ma non per questo gli studenti sono efferati nella parlata, e sono facilmente
smascherabili dagli esperti.
Così è per il T.A.. Chi si ferma senza umiltà
nello studio, rischia il ridicolo, e così è stato nei
primi anni nei quali la nostra Associazione diplomava personaggi che avevano ben poche conoscenze, suscitando critiche per niente benevole
da parte delle migliaia di ballerini di Tango che
invece in silenzio, con costanza, frequentavano
le milonghe, corsi, seminari con vari Maestri di
comprovata fama, per capire attivamente e nel
profondo l’emozione che da questa meravigliosa
danza. Per molti è diventato uno stile di vita; ormai, nelle città più importanti, si balla anche tre
volte alla settimana. Su internet si può trovare di
tutto, e chi vuole studiare e perfezionarsi, può farlo
con i migliori maestri che arrivano dall’Argentina
anche approfittando del florido mercato e del
vantaggioso cambio euro/peso.
L’ANMB non deve lasciarsi scappare questa
occasione, preparando e poi diplomando più insegnanti possibile, purché efferati in materia, con
esami seri rivolti solo a candidati capaci, in grado
dare garanzia d’insegnamento a 360°.
Il Maestro preparato deve essere in realtà,
soltanto la “funzione” del risolversi degli interrog-
ativi degli allievi, che hanno fame e sete di verità,
di ricerca di stile ed eleganza, non si accontentano più di insegnamenti lacunosi e confusi perché
percepiscono che devono imparare cose di grande
valore ed esigono quindi professionalità. Sarebbe
molto grave se un Maestro non avesse le idee chiare su cosa e come insegnare. Non può neanche
avventurarsi oltre la tradizione : non serve nulla al
Tango, ha già tutto. Per questo è importante che
chi desidera insegnare, impari con Maestri di chiara e riconosciuta fama.
Una volta conscio della sua preparazione, deve
essere talmente bravo da intuire ciò che gli allievi
desiderano e possono fare. Mai un corso può essere uguale al precedente, anche se al medesimo
livello.
Non è il Maestro che fa il corso, ma gli allievi,
che sono la materia prima, la sostanza emotiva,
il desiderio che va colmato. Non sono gli allievi
ad essere posti sotto esame, ma il Maestro, che
se non riesce a dare quanto richiesto rischia di
non essere considerato più tale, e passa, se tutto
va bene, nella categoria del bravo atleta-ballerino,
presentatore di sequenze più o meno complicate
che dopo un po’ saranno dimenticate.
Non dobbiamo metterci davanti agli altri
vantando i nostri meriti e giudicarli anziché
fare un esame di coscienza alla luce della nostra esperienza. Tutti noi dobbiamo capire che
abbiamo ben poco da vantarci ma scoprire con
pazienza cosa abbiamo di buono da offrire.Per
questo il primo passo è l’umiltà, il secondo ed il
terzo pure.
Per questo la mia raccomandazione e consiglio è di studiare, provare e riprovare; i vari passi
e sequenze devono essere ripetuti sino a trovarne
l’armonia e l’essenza, sino a ricercarne l’emozione
nella condivisione con il partner, l’emozione di
una cosa bella che è il fine ultimo e più importante del Tango Argentino.
Tango Argentino
La ricerca dell’abbraccio e della comunicazione
I corsi di Tango Argentino di questa scuola, hanno diverse finalità, una di natura sicuramente tecnica e l’altra di natura emozionale. Senza tecnica non si può ballare. Senza delle regole consolidate, senza
un linguaggio condiviso non ci può essere comunicazione.
Per questo è necessario fornire all’allievo le seguenti cose:
- tutti gli strumenti pratici per arricchire il suo bagaglio atto a migliorare la sua trasmissione-ricezione.
- tutte le basi emotive e psicologiche della comunicazione nel tango, impegnate nel trasmettere segnali
non verbali.
- percepire che esiste la possibilità di una comunicazione nell’aspetto affettivo, che stimoli la presa di
coscienza e dell’ importanza di essa all’interno di questo ballo.
L’allievo si trova pertanto a dover affrontare due tipi di problematica: Un primo livello tecnico costituito dall’insieme di passi e figure, per lo più ricorrenti nelle varie amalgame, che tra loro connesse
sviluppano un discorso organico, ovvero un filo di collegamento che sorregge l’argomento musicale
nelle sue variazioni di ritmo e colore.
Questo livello lo possiamo considerare quindi
lo scheletro di fondo del Tango.
Un secondo livello più analitico costituito dall’insieme delle mescolanze ottenibili da figure diventate più complesse, e realizzabili dall’allievo
che ha ormai raggiunto la capacità di modificare in
ogni momento il suo ballo a seconda della musica o
dello spazio nella sala, o dal suo stato d’animo.
E qui, entra in gioco il livello umano, l’Io più profondo. Mi riferisco al fatto che, quando comunichiamo qualcosa, come deve essere nel Tango, stiamo di
fatto incontrando un altro essere umano.
Ci sono due tipi di comunicazione:
La prima che assolve a scopi pratici e concreti,
quali guidare la donna, decidere di andare a destra o a sinistra, girare, ecc.
La seconda che seconda che possiamo chiamare emozionale, quella che parla del “noi”, del
rapporto che instauriamo per quei tre minuti che
dura un Tango. Questa è la comunicazione dove
la tecnica e la pratica non trovano più posto, questa è quella che serve per costruire delle sane ed
autentiche relazioni affettive.
Ora però dobbiamo dire che sarà impossibile comunicare nel mondo del Tango senza tirare
fuori il livello umano che quindi risulta determinante; ma in cosa consiste questa dimensione
umana? E come realizzarla? La risposta è con il
contatto dell’abbraccio.
Il contatto umano, di fatto, è l’elemento nutritivo più importante che viene ad essere scambiato
nella comunicazione nel Tango Argentino. Senza
l’abbraccio, o meglio, senza questo tipo di abbraccio sarà impossibile ballare bene.
Questo contatto umano nell’abbraccio, è un
qualcosa che non possiamo identificare con lo
scambiarci informazioni o parole, né con il mero
contatto fisico, neppure con quello sessuale.
Non consiste neppure nel divertirsi assieme
o nell’aiutare qualcuno. Non possiamo neppure
confonderlo con il sorridere ed essere disponibili
a ballare con tutti, essere carini. Tutte queste attività possono essere svolte con o senza il contatto.
L’abbraccio sentito veramente, è un qualcosa
che ha una qualità diversa: è toccarsi con il cuore o
con l’anima, è mostrarsi autenticamente per quello
che si è, è giocare a carte completamente scoperte,
offrendo all’altro l’ultima e più profonda verità alla
quale possiamo giungere, rischiando pure in vulnerabilità. Quando ciò accade tra due persone si
realizza quello che noi chiamiamo comunemente
“feeling”, che corrisponde alla sensazione di essere in contatto profondo con l’altro, senza che un
muro invisibile (ma estremamente reale e percepibile ) ci separi come spesso succede.
Cos’è allora quel muro invisibile e chi lo crea?
E’ una barriere fitta che il nostro carattere pone
tra il nostro cuore e l’altro per non farci soffrire. E’
essenzialmente un atto autodifensivo più che lecito, che ci mette al riparo dal fatto di essere facilmente attaccabili. Il problema nasce dal fatto che
abbiamo perso il controllo di tale sistema difensivo, che ormai agisce in completo automatismo,
che abbiamo dimenticato di avere un disperato
bisogno di contatto umano e che ci siamo inventati un sacco di storie e trucchi per giustificare le
nostre manovre difensive.
Rimaniamo così prigionieri dei nostri stessi
guardiani, e passiamo la vita intenti a difenderci
sempre e dappertutto, senza aver più il coraggio
d’abbracciare, senza aprirci più al contatto umano.
In tal caso, saremo inevitabilmente costretti a
sopperire a tale mancanza con tutte quelle forme
compensatorie di contatto, che nascono dalla nostra sovrastruttura caratteriale e basata su giochi
di potere, sulla seduzione sessuale e sulla “mercificazione” dell’altro, rendendolo di fatto un oggetto, un accessorio della nostra vanità.
Anche nel Tango Argentino possiamo accettare e fare nostra una tesi di Freud, che sosteneva che un essere umano può considerarsi guarito
dalla sua nevrosi nel momento in cui impara a
fare due cose : a lavorare e ad amare.
Tango Argentino.
Riflessioni e chiarimenti.
(Articolo pubblicato su “La Danza” nel 2007)
Sono ormai diversi anni che il T. A. è diventato materia di studio, nonché disciplina di gara per i
nostri competitori, i quali, partecipando a competizioni internazionali come il Campionato Mondiale
di Buenos Aires, si sono classificati ai primi posti su oltre settecento partecipanti.
Ci sono stati indubbiamente dei passi avanti e degli ottimi risultati, sia nelle gare a livello nazionale
che internazionale.
Credo però, sia giunto il momento di fare qualche riflessione, e di dare qualche chiarimento, per
evitare che la strada finora percorsa, subisca delle deviazioni tali da trasformare questo bellissimo ballo,
in qualcosa che si discosta eccessivamente dalla tradizione.
Passo pertanto ad elencare i punti più importanti che caratterizzano il T. A..
1) Il T. A. è un ballo popolare, dove l’uomo comanda e la donna segue. Senza tale principio questo ballo
non sarebbe mai esistito. Si vede spesso nelle competizioni, che le coppie eseguono passi meccanicamente predefiniti, dove non c’è assolutamente la guida da parte dell’ uomo; anzi, si vede in qualche fase
che è la donna a condurre! E’ l’uomo che decide come interpretare un pezzo musicale, è l’uomo che da
“le marche” e segnala il tempo ed i passi alla ballerina, anche nell’ambito di una coreografia; o almeno è questo che deve sembrare. Inoltre si nota
spesso che coppie di competitori, affrontano le
gare ballando, sia liberamente, nel pezzo pregara, che nella loro coreografia, con la stessa
identica sequenza. Ciò risulta assurdo per chi
se ne intende, perché a tanghi diversi, devono
corrispondere coreografie, stile, colore, diversi.
Si nota subito l’assurdità di passi veloci, con magari due o tre ganci della donna, su una musica
lenta, con prevalenza di violini, che dovrebbe
invece ispirare movimenti dolci e soavi come
rulli o planei su passi di giro.
La coppia dovrebbe quindi, oltre che studiare
coreografie predefinite, anche impegnarsi nell’improvvisazione, soprattutto nelle sale da ballo, dove il traffico in pista, impone la continua
attenzione allo spazio, ed il continuo cambiamento delle direzioni e passi.
2) Il T. A. è stato inizialmente sottovalutato come
difficoltà. Quando è approdato all’A . N. M. B.,
alcuni colleghi hanno creduto che bastasse
studiare qualche figura del testo d’esame per
avere la possibilità d’insegnare o competere.
Se nei balli “latini”, un bravo maestro deve studiare per diversi anni prima di diventare sufficientemente preparato, lo stesso vale per il T.
A., dove condizione essenziale, oltre a diversi
anni di studio, è quella di aggiornarsi continuamente.
3) Il T. A. ha una tradizione più che centenaria;
capostipiti dei maestri argentini attuali sono
stati Antonio Todaro e Pepito Avellaneda.
Il primo, è stato il più grande insegnante di
tango mai esistito. Preciso ed elegante, pretendeva dai suoi allievi l’estrema pulizia dei passi,
la delicatezza del rapporto con il pavimento,
e la padronanza dell’equilibrio della persona e
della coppia. Diceva sempre che i suoi allievi sarebbero diventati ottimi maestri, e così è
stato. Schivo e riservato, non si è mai esibito in
pubblico. Ballava solamente nelle “milongas”,
fra amici. Creava coreografie mirate, esclusive, con una fantasia che non aveva limiti. Aveva un repertorio di passi incredibile, che i suoi
allievi ancora sfruttano, a distanza di anni, nei
loro spettacoli ed esibizioni.
Il secondo, Pepito, più milonguero e sanguigno, e con un’abbondante pancia, riusciva a
trasmettere agli allievi, la leggerezza e la chiarezza delle “marche”, senza le quali nessun ballerino può improvvisare un tango. Creava coreografie e passi con unn’innata raffinatezza,
e dava a tutti l’impressione di ballare con una
spontaneità incredibile, anche nei pezzi più
difficili che interpretava al momento.
Ho citato poc’anzi, la parola “tradizione”, perché
il mio pensiero e desiderio, da amante del T. A., è
che si rimanga nella tradizione. E’ inutile che certi competitori si trasformino in acrobati o veloci centometristi! Saranno dei bravi atleti ma non
senz’altro dei “ tangueri”.
Segnalo che al recente Campionato del Mondo
svoltosi a Buenos Aires nel mese di agosto,
nel Tango Salon ha vinto un tanghero di 67 anni e
la giuria era composto dai più famosi maestri attualmente in attività. Le coppie partecipanti erano più di 250.
Bisogna non dimenticare che un tango inizia e
finisce con un “abbraccio”; figure e salti devono
rispettare il buon gusto e la giusta misura.
Detto ciò, passo ora a dare qualche indicazione
sia per l’uomo che per la donna.
Consigli per l’uomo.
Come ho già sottolineato precedentemente è all’uomo che spetta la responsabilità del ballo e pertanto deve:
a) Muovere prima la parte superiore del corpo, per indicare alla donna la direzione nella
quale andare, e solo successivamente le gambe ed i piedi.
b) Tra le gambe del ballerino non dovrebbe mai
passare la luce; le ginocchia sono le ultime ad
aprirsi e le prima a chiudersi in ogni passo.
Le ginocchia non dovrebbero mai sopravanzare la verticale ideale che passa davanti al
viso.
c) Nei passi, i piedi vanno appoggiati prima con
l’alluce interno, poi pianta e tacco.
Questo aiuta a tenere le ginocchia unite; nei
passi molto lunghi, si appoggia prima il tacco
per ovvi limiti fisici. Un’ idea che aiuta potrebbe essere la seguente: “Si deve camminare come su un pavimento di legno che scricchiola senza fare il minimo rumore”.
d) Le braccia devono essere ferme e salde, per
mantenere la posizione di guida a cui la donna si deve affidare.
e) L’asse del corpo deve essere portato verso la
donna, con il peso sulle piante del piede; i
tacchi toccano terra ma senza peso; le gambe
sono dritte ma non tese e si debbono muovere morbidamente.
f ) Pensare ai passi che intende eseguire, uniformandosi alla capacità della donna che deve
saggiare nella primissima parte di un tango.
g) Marcare alla donna i passi che intende eseguire con il dovuto anticipo, con delicatezza
e leggerezza; non si deve mai strattonare o
usare troppa forza nelle marche.
h) Portare sempre la donna e mantenerla nel
suo equilibrio naturale, in modo che non trovi difficoltà a seguire i segnali; l’uomo deve
essere sempre consapevole su quale piede la
donna ha il proprio peso.
i) Tenere sotto controllo le altre coppie in sala,
in modo da avere la cognizione degli spazi
nei quali potersi muovere, ed uniformarsi
alla “ronda”; è sempre spiacevole scontrarsi
con le altre coppie o muoversi in disarmonia
rispetto agli altri.
j) Interpretare la musica su cui si balla; è un fatto soggettivo, dettato dal momento e dal sentimento dell’uomo, e come tale deve essere
trasmesso e comunicato alla donna.
k) Essere pronto a creare un nuovo passo da una
marca non compresa dalla donna; nessuno,
neanche la nostra ballerina, deve accorgersi
che l’uomo ha segnalato male un passo.
l) Fare divertire la ballerina e divertirsi; ogni
donna quando termina un tango ballato bene
con un bravo tanguero ha sempre il sorriso
sulle labbra.
m) Riuscire a comunicare alla donna la magia di
un tango, che dura tre minuti, nei quali i ballerini devono dimenticare il mondo intorno
a loro e vivere insieme “l’emozione”; e questo,
deve essere percepibile anche da chi guarda
la coppia.
Passiamo ora ai consigli per la donna:
a) Anche la donna, come l’uomo, deve cercare
di tenere il più possibile le ginocchia unite;
nei passi laterali, deve portare subito il peso
sul piede che apre con leggera flessione del
ginocchio, in modo da non fermarsi mai a
piedi pari e gambe tese, che risulta sempre
poco elegante.
b) Nei passi indietro, il movimento deve partire
dall’anca, avendo cura però di mantenere la
frontalità del busto rispetto all’uomo; il piede
deve toccare il pavimento sempre con l’interno dell’alluce, ed una volta appoggiato sulla
mezza pianta, ruoterà in linea di ballo, in contemporanea all’altro che gli passa accanto.
c) Tutti i passi devono essere eseguiti mantenendo la stessa altezza rispetto al pavimento, senza ondeggiare su e giù con il corpo; di
conseguenza nei passaggi ci deve essere un
leggero piegamento delle ginocchia, la cui
entità è soggettiva e tale da consentire una
posizione comoda.
d) In tutti gli spostamenti di peso, il passaggio
da un piede all’altro deve essere rapido, in
modo che la donna abbia sempre una gamba
libera per poter eseguire, se lo desidera, degli
“adornos”, ovvero degli abbellimenti, in quel
breve spaziosi tempo tra una battuta e la successiva, o nella pausa che l’uomo comanda.
e) Relativamente alla parte alta del corpo, la
donna deve abbracciare l’uomo adottando un
atteggiamento “attento” a ricevere i segnali.
Questa attenzione alle marche, deriva da un
contatto continuo e presente tra il palmo
della mano dx. della donna ed il palmo sin.
dell’uomo, (le dita non devono stringere ma
semplicemente accarezzare la mano del partner), e da una costante pressione verso il basso del gomito sin., sul bracci dx. dell’uomo.
Nei primi tempi, tale pressione può essere
eccessiva per la poca sensibilità ed esperienza però, con l’esercizio e la consapevolezza
che si acquisisce nel tempo, e soprattutto ballando con diversi partner, la forza impiegata
diminuirà e si svilupperà l’attenzione.
f ) I muscoli dell’addome non devono essere rilassati, ma tenuti leggermente contratti sollevando il diaframma. Per assumere questa
posizione consiglio alla donna di estendere
fortemente e parallelamente le braccia verso l’alto e ritornare poi in posizione di presa chiusa, mantenendo il ventre ed i muscoli
addominali nella postura acquisita durante
l’estensione.
g) Con la posizione corretta delle braccia e dell’addome, la donna diventa molto più sensibile a tutte le marche dell’uomo e riesce a dissociare le anche dal tronco; in questo modo
mantiene meglio la frontalità del busto e delle
spalle rispetto al partner e risulta più leggera
nei movimenti delle gambe.
Ci sarebbe ancora molto da dire, e speriamo
di poterlo fare più avanti, con un successivo
articolo che riguarderà la coppia nel suo insieme. Ringraziamo i colleghi che ci leggono,
sperando di aver dato un valido contributo
alla miglior comprensione del Tango Argentino ed un aiuto al miglioramento della tecnica d’insegnamento.
Tango Argentino
“La base in coppia”
(Articolo pubblicato su “La Danza” nel 2007)
Dopo aver parlato, nell’articolo precedente, del ruolo e dei compiti dei due ballerini, presi singolarmente, affrontiamo ora i problemi del ballo in coppia.
Come premessa dirò alcune cose, o meglio darò delle chiavi di lettura, che con esempi aiutino a capire dove e quali sono i problemi che maggiormente inquinano il Tango Argentino.
L’inizio di tutto sta nell’ “l’abbraccio”. Senza l’abbraccio non esisterebbe il T. A. La partenza di questo
ballo dovrebbe essere simile all’incontro di due persone che si vogliono bene e che, contente di rivedersi,
si stringono l’un l’altro con affetto, la donna con le braccia al collo dell’uomo e l’uomo che prende la donna sopra la vita, sollevandola leggermente e dolcemente. Questa è la posizione dalla quale si dovrebbe
portarsi in presa chiusa.
Mi rendo conto, che nel corso delle lezioni, se le persone non hanno un rapporto confidenziale, oppure se non sono sufficientemente affiatate, è difficile per noi insegnanti, obbligare perfetti sconosciuti
ad abbracciarsi. Consiglio di iniziare per gradi, lasciando passare qualche ora di lezione, cambiando continuamente le coppie, in modo che i ballerini si conoscano e prendano confidenza fra di loro; solo dopo
si può passare ad una presa più stretta che inizi dall’abbraccio corretto. Il Tango si balla così, prendere o
lasciare, nè più nè meno di altri balli, che si devono neccessariamente ballare staccati, in presa aperta.
Un detto famoso è quello che dice che nel Tango “uno più uno eguale ad uno”, perché è la coppia
l’ unica entità; è la coppia che lo spettatore guarda
ed ammira. Se per caso si è portati ad osservare
solo uno dei ballerini, vuol dire che qualcosa non
va per il verso giusto.
Altra componente del Tango è “il piso”, il pavimento; si dice che il Tango si balla in due perché
il secondo componente, oltre alla coppia, è il pavimento, con il quale i ballerini devono instaurare
un accordo di rispetto e di aiuto reciproco.
Soprattutto nella Milonga e nel Vals, succede
che il piede dei ballerini, durante lo spazio di una
battuta, trascorra più tempo a terra che durante
lo spostamento. A differenza che nelle danze in
stile internazionale, soprattutto nel walzer viennese o inglese, dove l’energia tende verso l’alto, nel
T. A. deve essere concentrata verso il pavimento,
secondo una linea diagonale che dallo sterno dell’uomo arriva al pavimento, due metri avanti. E’
come sempre compito dell’uomo, trasmettere alla
donna la sensazione dell’indirizzo di questa energia, portando il passo di lei esattamente dove lo
desidera, aiutandosi anche con una leggera pressione del braccio destro verso il basso.
Tale pressione sta a significare che quel piede della donna, in quel momento, in quella battuta, non avrebbe potuto essere che lì, e per la
precisa volontà del ballerino. Inutile rimarcare
il fatto che la guida dell’uomo è determinante,
e per questo deve essere chiara “l’intenzione”. Il
ballerino deve avere ben chiaro ciò che intende fare e manifestarlo con decisione e dolcezza.
Andando poi avanti con lo studio e la pratica, in
una coppia affiatata, alla donna basterà sentire
l’intenzione, per eseguire correttamente ciò che
l’uomo le richiede.
Su quanto sopra detto, c’è da aggiungere però
un’altra considerazione. Succede molto spesso, che in una coppia di tangheri, la donna sia
particolarmente brava e capace, oppure abbia
un carattere un po’ ribelle ed individualista. E’
compito dell’uomo, se è un vero “leader”, permettere che la sua compagna prenda per un attimo l’iniziativa;per esempio che esegua qualche
adornos in più, o che faccia dei movimenti più
ampi ed accentuati, che esageri nelle pause, oppure che esegua un passo non segnalato. Dopo,
sarà la bravura dell’uomo ad inventare sul momento la continuazione.
Anche in questo si deve vedere l’armonia della
coppia, in un breve e condiviso scambio dei ruoli.
Nel Tango Argentino, come credo in tutti gli
altri balli, è già dalla base che, se fatta correttamente e con eleganza, identifica immediatamente
una brava coppia di tangheri; anzi, dirò di più, già
al passo 1 e 2, l’occhio esperto individua la bravura
o l’approssimazione, a seconda che il movimento
sia legato o scolasticamente diviso.
Quindi, già la cura della base rappresenta un
grande lavoro, e per spigare meglio questo concetto permettetemi di fare un esempio. Succede che,
durante un concerto o un balletto, oppure durante una rappresentazione teatrale, di vedere come
gli artisti eseguano cose molto complicate con
grande facilità e destrezza, tanto che nella mente,
soprattutto dei bambini, pare sia facilissimo copiare, e sorge il desiderio di fare le stesse cose il
giorno dopo. Sta invece nella maturità dell’adulto
comprendere che quella bellezza nell’esecuzione
è dovuta a prove durate anni, a studio costante ed
intenso, a ripetizioni infinite ed a volte nauseanti
di semplici esercizi, sotto la guida di affermati ed
esigenti insegnanti.
Detto questo, passiamo a suggerimenti pratici.
1) Ricordarsi di mantenere sempre la frontalità nella coppia; per frontalità non si intende
parallelismo delle spalle, che in realtà sono
aperte verso la sin. dell’uomo con un angolo di circa 10-20°, ma il contatto continuo
ed invisibile tra il centro emozionale dei due
ballerini, che come un filo sottile li collega
sempre. Questo punto che sta al centro del
petto, poco sopra lo sterno, è la zona dove si
concentrano le emozioni, è la zona da dove
inizia il concetto di guida dell’uomo, la zona
dove l’invasione non può avvenire, dove c’è
obbligatoriamente la condivisione dello spazio. Infatti i ballerini non sono solo uno vicino all’altro, oppure incastrati l’un l’altro, bensì l’uno dentro l’altro.
2) La donna si può così concentrare su questo
punto, perché da lì, e solo da lì, arriveranno
i segnali, le marche, che dovrà ascoltare per
eseguire correttamente i passi che l’uomo
desidera. Nelle milonghe, si vedono molto
spesso delle ballerine che ballano ad occhi
chiusi per sentire meglio i comandi, per essere “portate” meglio. E’ questo che si dovrebbe
percepire durante le gare di questo ballo, e
vedere, anche all’interno di una coreografia
complicata, la guida dell’uomo, ed il ruolo
della donna che segue. Senza questo principio, scusate se mi ripeto, il Tango Argentino non sarebbe mai esistito, e può perdere
completamente la sua essenza, snaturandolo
con asettici passi concordati e ripetitivi, ballati alla stessa maniera, anche su musiche di
autori diversi e con diversi caratteri. Pensate
alla diversità delle musiche di Osvaldo Pugliese e di D’Arienzo; nel primo prevalgono
pause, violini, cambi di tempo; nel secondo,
che era soprannominato “el rey del compas”
prevale la cadenza costante e marcata.
3) Per quanto già sopra detto, l’uomo e la donna
devono procedere insieme; il ballerino non
può andare indietro e poi tirare la donna, né
avanzare e poi spingerla. La coppia si deve
muovere assieme, e per ottenere questo, la
presa deve essere corretta. La donna deve
spingere verso il basso il gomito ed il braccio
sinistro, appoggiandosi saldamente al braccio destro dell’uomo e mantenendo attaccato
il corpo su tutta la parte chiusa della coppia,
dall’ascella all’anca. Solo in questo modo si
verifica un’altra delle condizioni per ballare meglio il T. A. ovvero” Un corpo, quattro
gambe. ”
4) Nei passi si cammina il più naturalmente
possibile;i corpi vanno mantenuti eretti ed
eleganti. Tra i due ballerini si dovrebbe produrre un incastro perfetto, con la parte destra
del costato dell’uomo che si appoggia sul petto della donna tra i seni. Ovviamente esistono dei passi più complicati, come ad esempio
le entrate sui giri, o le sacadas da dietro, nei
quali è impossibile mantenere i busti attaccati. Bisogna però, subito dopo la sequenza,
riprendere la postura corretta.
5) Spiegherò ora una delle caratteristiche principali del T. A. che si collega alla tradizione
classica che noi apprezziamo, ovvero quella
dei grandi maestri che da metà degli anni
’80 lo hanno divulgato in tutto il mondo, rispettando l’insegnamento dei grandi maestri
capostipiti, quali Todaro, Avellaneda, Copes,
Virulazo, Dinzel epochi altri. Questa caratteristica è la dissociazione tra il busto e la gambe. Si possono dividere i corpi dei ballerini in
tre sezioni orizzontali. Mi spiego meglio:C’è
la parte superiore che va dalla vita in su, che
possiamo chiamare parte emozionale, ovve-
6)
a) b) c) ro la parte che trasmette (movimento, velocità, cadenza, rotazioni, ansia, fretta, passione
ecc. ). C’è la parte centrale, ovvero a livello
delle anche, che possiamo indicare come
zona di dissociazione. Infatti dovendo fare
passi laterali oppure ochos, bisogna ruotare
la parte bassa senza perdere il contatto dei
busti. Da ultimo c’è la parte inferiore, quella delle gambe, dove è permessa l’invasione
dello spazio del compagno; si pensi ai cambi
di fronte, alle empujade, ai ganci. E’ con l’invasione dello spazio sotto il corpo della donna che l’uomo le sposta l’asse e le impone le
direzioni, i giri, ecc.. A quest’ultima non deve
importare minimamente cosa fa l’uomo nel
suo spazio sottostante, non deve cercare di
vedere né tantomeno di capire, cosa cerchi di
fare l’uomo con le gambe.
Per ultimare questo articolo, che spero abbia
dato delle valide indicazioni ai lettori, e perché no, anche motivo di confronto e discussione, desidero ribadire quanto segue.
Il Tango Argentino necessita di tre condizioni essenziali.
La tecnica:- senza uno studio concentrato
sulla postura, sul movimento, sull’asse dei
ballerini e della coppi, sulle marche, ecc. non
ci può essere un buon tango.
Il cervello: - la preparazione mentale, la
prontezza, la memoria dei passi, la possibilità di variare una sequenza, l’attenzione alla
sala, l’ amalgamarsi nella ronda con gli altri
ballerini, richiede anche una preparazione
mentale.
L’ emozione: - bisogna educare gli allievi
ad inserire nel tango, già dalle prime lezioni,
la componente emozionale. Emozionarsi fa
bene, rimuovere o impedire alle proprie emozioni di manifestarsi fa male. Prendere consapevolezza di ciò è importante per stabilire un
buon affiatamento tra i ballerini.
Come i bambini, che passano ore giocando
con due mollette per il bucato, dobbiamo
educarci a non perdere la creatività, la libertà
del gioco, la fantasia.
Il Tango Argentino è anche questo, un mezzo
per aiutare le persone a “sentire” il proprio
corpo, recuperare le emozioni perdute e con
esse riconquistare una vitalità ed un’energia
forse dimenticata lì, in un angolo del cuore.
Tango Argentino. Gli Allievi
Dopo aver iniziato i corsi, gli allievi dei primi anni,
si pongono piccoli e rassicuranti limiti, per evitare di
conoscere l’infinito.
Il vantaggio che danno questi limiti e resistenze
è di poter differenziare il nostro “conoscere”, cioè di
frammentarlo, e di poter tentare di riordinarne i frammenti.
E’ un vantaggio apparente. Ognuno di noi sa bene
che il limite è lì per essere superato, e superarlo a volte,
costa moltissimo. Siamo molto bravi a trovare le ragioni
che ci impediscono questa salita.
C’è chi da la colpa alla stanchezza serale, chi la da
al partner che “non capisce niente”, chi dice di avere
altri problemi importanti da risolvere.
La realtà è che l’apprendimento del Tango Argentino non è una cosa da poco, e dopo l’entusiasmo
iniziale, subentra la consapevolezza della difficoltà.
Esistono persone che ormai studiano da qualche decennio, ed ancora non si sentono completamente appagate e continuano inesorabilmente a studiare.
Ciascun allievo ha la sua sensibilità, che usa per
descrivere a se stesso ciò che il suo conoscere corrisponde, ad un diverso grado della sua resistenza ad
apprendere. Il salire di livello di bravura ha quindi diversi gradi di “resistenza”. In principio c’è lo sforzo di
percepire attraverso un crescendo di emozioni imbarazzanti; poi c’è lo sforzo fisico e mentale, il ricordarsi
le sequenze ed i passi via via più complicati, il segnalare, per l’uomo, tutti i passi alla donna, ecc.
Ma la soddisfazione non arriva neanche lì. Il Tango, si rivela alla fine, dopo lungo sacrificio e frustrazioni, cioè nella più sottile delle percezioni, all’estremo
confine della nostra capacità di avvertire significati ed
emozioni più lievi e sottili.
La scala ascendente verso l’apprendimento necessita anche di una predisposizione alla pazienza ed alla
passività; tanto minori sono le resistenze all’apprendere, tanto maggiore è lo spazio che si apre all’apprendimento.
Il primo posto di resistenza all’apprendimento, soprattutto per le donne è il “pensare”, che è il nostro
senso interiore più attivo, più faticoso e drammatico,
sempre intento a se stesso più che al proprio oggetto,
e dunque pressocchè inutile alla conoscenza.
Anche per l’uomo questo è un problema; ballerà
meglio quando comincerà a non pensare, a credere
nelle sue possibilità, senza paura di critiche. Accettando e riconoscendo i suoi limiti.
Più tardi, andando avanti nel cammino, si supereranno gradi di resistenza minori, unendo al ballo
l’intuizione, l’immaginazione, la fantasia, l’emotività
ed i sentimenti, collegati all’udire la musica ed a interpretarla. Più avanti, gli allievi impareranno a trasmettere tutto questo anche a chi li guarda,e quando
entreranno in sala, automaticamente la gente intorno volgerà lo sguardo verso di loro, aspettando con
il fiato sospeso, che si abbraccino…e facciano…. il
primo passo.
Teatro Storchi (Modena) - Spettacolo fine corso 2007
Tango Argentino. I Maestri
Un Maestro è un Maestro, e noi lo incontriamo solo
quando siamo in grado di riconoscerlo come tale.
Questo non perché sia un individuo che se ne va
in giro per il mondo,insegnando solo a chi lo riconosce, ma per la ragione opposta, perché è l’allievo che
crea sempre il proprio maestro ; non esiste mai di per
sé, indipendentemente da chi ne ha bisogno; solo l’allievo esiste di per sé.
L’allievo, in ciascuno di noi, è propriamente quel
grado di evoluzione in cui nasce una quantità di interrogativi, di dubbi, di fame e sete di verità,di ricerca di stile
ed eleganza. Non ci si accontenta più, si intuisce che oltre c’è ancora qualcosa, che si intravede confusamente,
ma si percepisce importante e di grande valore.
Il Maestro è in realtà soltanto la “funzione” del risolversi di quegli interrogativi; sarebbe molto grave
però, se il Maestro non avesse le idee chiare, su cosa e
come insegnare. Deve aver studiato molto, con Maestri di fama universalmente riconosciuta e condivisa.
Non può avventurarsi oltre la “tradizione”; non serve
al Tango nulla di nuovo. Il Tango ha già tutto.
Con i Maestri Javier Rodriguez e Geraldine Rojas
Per questo, e per quanto detto sopra, mai un corso
può essere uguale al precedente,anche se del medesimo livello. Non è il Maestro che fa il corso, ma gli
allievi,che sono la materia prima, la sostanza emotiva,
il desiderio che va colmato.
Non sono gli allievi ad essere posti sotto esame,
ma il Maestro, che se non riesce a dare quanto richiesto, rischia di non essere più considerato tale, e passa,
se tutto va bene, nella categoria del bravo atleta-ballerino, presentatore di sequenze più o meno complicate,
che dopo due giorni saranno già dimenticate.
La semplice presenza di un Maestro autentico,
preparato e responsabile, comunica ed insegna di più
che un intero corso. Ognuno di noi sa bene che uno
sguardo, un particolare sfuggito da anni,può comunicarci molto di più che decine di seminari fatti qua
e là, dati ed appresi con la precarietà e la fretta del
viaggiatore.
E’ un paradosso antico, ma anche nel Tango, secondo me, la scienza e la sapienza vanno in direzioni
diverse tra loro.
Arriverà poi il giorno del distacco, come è giusto
che sia; il Maestro, se tale, capirà che l’allievo deve
andare avanti, fare esperienze con Maestri più capaci, sfruttare al meglio i suoi “talenti”, proseguire la
sua strada, quella indicatagli per anni dal suo primo
Maestro,con un’unica compagna che mai dovrà lasciare e che è l’ Umiltà.
Con il Maestro Pablo Veron
Ubaldo Sincovich
Inizia a studiare ballo, danze standard, latini in stile
internazionale nel 1980, presso la “Ginnastica Triestina” e poi presso la scuola della maestra Arianna
Starace.
Nel 1988 approda al Tango Argentino, iniziando con
la ballerina e coreografa argentina Silvia Wladiminski, che è stata una delle prime a portare questa danza in Italia. Molti sono stati gli anni di studio con lei,
seguendola spesso nelle sue lezioni a Roma, Venezia,
Torino, integrando al Tango esperienze di espressione corporea, ed emozionale con il teatro-danza.
Nel 1994 inizia un nuovo periodo di apprendimento che durerà diversi anni, con il grande Alejandro
Aquino, già ballerino classico del teatro Colon di
Buenos Aires, e diventato uno dei più apprezzati interpreti del compositore Osvaldo Pugliese.
È stato quattro volte in Argentina: la prima nel
1995, dove ha studiato con Miguel Angel Zotto,
Edoardo Arquinbau, ed il grande Pepito Avellaneda; la seconda volta nel 1996, perfezionandosi con
Osvaldo Zotto, Raul Bravo, e con una grandissima
coppia di vecchi milonguero come Rodolfo e Maria
Cieri. Importante è stato poi l’incontro con Graciela
Gonzalez, considerata una delle migliori insegnanti
di tecnica e didattica.
Nelle foto a sinistra:
Ubaldo Sincovich con Geraldine Rojas
in basso: con Gustavo Naveira e Giselle Anne
Importante poi e stata la partecipazione, per quattordici anni di seguito, dal 1993, al Festival Internazionale del Tango Argentino di Sitgest (Barcellona)
dove ha potuto studiare con altri importanti professori a livello mondiale quali, Gustavo Naveira, Giselle Anne, Esteban Moreno, Gabriel e Natalia, Pablo e Beatriz, Julio Valmaseda, Pocho Bizzarro, Nito
ed Elba Tarsia, Riki Barrios, Paulo Araujo, Javier e
Geraldine.
Determinante per la sua carriera artistica è stata la
possibilità di partecipare, in seno alla CIBS, alle selezioni per il Campionato del Mondo di T. A. del
1996, dove, alla prima uscita internazionale a Budapest, si è qualificato al secondo posto, in coppia alla
bravissima ballerina Claudia D’Ambrosio.
L’anno seguente, a Lubiana, si è classificato primo,
al Campionato Europeo.
Tante sono state le esibizioni in varie città italiane e
gli spettacoli teatrali tra i quali ricordiamo:
“Dal barocco al tango”, “Incontrarse in una noche de
tango”, “Sognando un tango”, “Tango delle labbra”,
”Cite Tango”.
Da quattordici anni si dedica con passione all’insegnamento, in varie città italiane, ma soprattutto a
Trieste ed a Modena. Molte coppie di suoi allievi
hanno raggiunto importanti riconoscimenti internazionali e sono apprezzate per la loro preparazione, nonché ha contribuito alla formazione di apprezzati insegnanti.
Da dieci anni collabora con l’A .N.M.B., (Associazione Nazionale Maestri di Ballo) nella commissione
Tango Argentino, dove collabora per portare un significativo contributo alla diffusione ed alla conoscenza del vero Tango tradizionale.
Molti sono i corsi di aggiornamento che sono stati
tenuti a tale scopo. Affianca all’insegnamento l’attività di esaminatore e giudice di gara in seno all’A .
N. M. B.
Continua a studiare ed aggiornarsi ogni qualvolta
ne ha la possibilità.
Da quest’anno fa parte dell’A .M.B.C.T.A. (Associazione Maestri Ballerini e Coreografi di Tango Argentino di Buenos Aires )
Silvia Galetti
Si avvicina alla Danza Classica a Modena all’età
di 9 anni proseguendo a livelli professionali fino all’eta di 26 anni, anche in qualità di insegnante. Inizia a studiare tango nel 1995 a Bologna con Annalisa Di Luzio e Tobias Bert, seguendo la loro scuola
e il loro metodo fino al 1997.
Nel 1998 conosce Ubaldo Sincovich, maestro e ballerino di tango triestino, riconosciuto a livello nazionale e internazionale, con il quale approfondisce la
sua formazione artistica e affina le sue conoscenze,
costituendo una coppia. Da allora Silvia e Ubaldo
continuano costantemente a studiare e a perfezionarsi partecipando a numerosi festival e stages con
i migliori maestri di Tango Argentino riconosciuti a Buenos Aires e in tutto il mondo, quali Esteban Moreno y Claudia Codega, Gustavo Naveira
y Giselle Anne, Osvaldo Zotto y Lorena Ermocida,
Geraldine Rojas y Javier Rodriguez, Nito y Elba
Garcia, Gladys Fernandez y Ricardo Gallo, Ricardo Barrios e Laura Melo, Rodolfo y Maria Cieri,
Alejandro Aquino, Milena Plebs y Ezequiel Farfaro,
Mora Godoy y Junior, Pablo y Beatriz, Adrian Aragon y Erica Boaglio, Pablo Garcia e molti altri.
Fondamentale per la sua crescita professionale è
stato l’incontro a Forlì nel 2001 con Graciela Gonzalez che con la sua didattica e metodologia di
insegnamento ha segnato particolarmente la sua
evoluzione.
Dal 1999 si dedica insieme a Ubaldo all’insegnamento del Tango Argentino a Modena, dapprima
presso la Scuola di Danza Classica “Marie Taglioni” e dal 2005 presso il Centro Danza e Ginnastica
“La Capriola”, collaborando con la scuola alla realizzazione di spettacoli ed eventi legati al tango.
Numerose sono le esibizioni svolte a Modena, Trieste
e in altre città italiane e le partecipazioni in qualità
di insegnanti e ballerini presso manifestazioni artistiche teatrali e culturali di indubbia importanza.
Nel febbraio 2002 fonda l’ Associazione Culturale
“T’aMO Tango” di Modena, della quale è Presidente, grazie alla quale promuove seminari di studio
con grandi maestri ed eventi legati alla cultura
tanguera. Nel giugno 2007 viene convocata dall’
ERT per impartire lezioni di tango ad un gruppo di
giovani attori impegnato nella messa in scena del
“Così è se vi pare” di Pirandello in cartellone nella
stagione di prosa dell’anno in corso.
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