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“ “ L`ossessione della modernità
DIARIO
MARTEDÌ 14 NOVEMBRE 2006
LA REPUBBLICA 45
DI
ANORESSIA, BULIMIA, LIFTING: IL DOMINIO DELLA FISICITÀ
La politica
interviene e chiede
al mondo della
moda di abolire
alcune taglie
l corpo vince, il corpo perde? Il
corpo sta diventando un’illusione, una fantasia, si stacca
dalla vita, assume una perfezione
immaginaria mentre nella realtà
dilagano anoressiche e bulimici,
diventa eterno mentre, giovane,
muore di guerra, di crimine, di sabato sera, di malattia, di suicidio.
Il corpo si è trasformato in un’ossessione, ha occupato il pensiero,
si è fatto prodotto: il corpo vende
e si vende, compra e si fa comprare. Il corpo è denaro. Vive molto di
più, dura molto meno, racchiuso,
per contare, nello spazio sempre
più angusto di una giovinezza che
viene promessa come infinita e
che invece tende a privilegiare soprattutto l’adolescenza. Il corpo è
politico: lo è quello delle donne,
da sempre al centro delle ansie religiose, legislative, sociali, da sempre regolato, imprigionato, controllato, temuto. Il corpo delle
donne alimenta il feroce dissidio
tra Islam e Occidente: l’Islam lo
asservisce occultandolo, l’Occidente lo umilia denudandolo, le
donne islamiche reclamano la libertà di portare quel velo che le
imprigiona non solo simbolicamente, le donne occidentali si
sentono libere perché oggi devono svestirsi davanti a milioni di telespettatori, costrette ad usare il
loro corpo come una clava, la bellezza come sola identità. La storia
racconta che le donne occidentali non hanno mai avuto diritto a un
corpo e neppure a una bellezza
naturali: il loro seno è stato appiattito o sollevato, la vita cancellata o assottigliata sino a morirne,
i fianchi e il sedere piallati dai busti o enfatizzati da crinoline e panier, i capelli rasati alla fronte oppure gonfiati da posticci e parrucche, i volti imbiancati dalla cipria
o arrossati alle guance, le sopracciglia rasate e ingrossate; ci sono
state epoche in cui le donne alla
moda erano opulente, materne,
oppure mascoline, oggi la moda le
vuole finte, con un corpo inventato, sottile qua e gonfio là, ed è il
mercato della loro visibilità a dettare le regole: seno a palla rifatto
ed esposto, gambe infinite su
ipertacchi impraticabili, gelide
labbra gonfiate, via ogni filo di
grasso in più con diete o ripetuti
interventi chirurgici. E poi, capelli lunghi e lisci, sorriso continuo in
tivu, broncio desolato in passerella: età, prima dei quaranta sei fuori, come la bellissima Nicole Kidman che ha perso la sua luminosa
misteriosa grazia con il lifting e sta
accaparrando ruoli su ruoli in attesa della sua personale apocalisse. Ma poteva l’immenso mercato
del corpo apparente accontentarsi delle donne, anche se milioni e
milioni, disponibili a farsi intrappolare o anche solo a sognare? Così l’angoscia per il proprio corpo è
dilagata tra gli uomini, e la loro da
sempre diffusa ansia da prestazione si è spostata dal sesso all’estetica.
È nata la mistica della maschilità con le sue riviste che a poco a
poco hanno messo (non del tutto)
da parte l’ipocrisia di voler insegnare agli uomini come piacere
alle donne, per concentrarsi sul
piacere soprattutto a se stessi (o
parzialmente, anche agli altri uomini). “23 cibi antipancia”, “spalle più larghe in 90 secondi!”, “forte e calmo!”, “15 beauty farm per
l’uomo” (sul mensile For men);
“addominali super, è facile”, “34
integratori top per l’uomo”, e poi
per Men’s health italiano, lo
scoop: «oggi Pier Silvio Berlusco-
L’Occidente,
tra esibizione
e dramma,
nel secolo della
grande illusione
I
CORPO
“Bagno turco” del
pittore francese
Jean-Auguste
Dominique Ingres
L’ossessione della modernità
NATALIA ASPESI
ni spegne la Tv e ti trasmette il suo
workout, la sua dieta, i suoi consigli per un fisico da prima serata»,
seguono foto del bel giovanotto
muscoloso nella palestra della villa di Arcore, alle prese con crossover, nuoto, pesi, jogging più dieta
(«il lupo cattivo sono gli zuccheri!») e integratori. Con Max, l’avido aspirante alla virilità da coper-
tina trova il photobook con manifesto “starring” Fabio Cannavaro,
massima icona virile del momento, testa rasata, sorriso perfetto,
torso nudo, guerriero giapponese
tatuato sul braccio destro. Il corpo
come banca, come mercato, come patrimonio: è un esperto di
strategia delle banche, di mercati
finanziari, di gestione dei patri-
moni, Hervé Juvin, l’autore di Il
trionfo del corpo che esce adesso
in Italia nella collana Cultura e
Impresa delle edizioni Egea
(pp.195, euro 18.00). Dice: «Dopo
gli dei, le rivoluzioni e i mercati finanziari, il corpo diventa il criterio di verità. Solo il corpo dura, solo il corpo permane. Riponiamo in
lui tutte le nostre speranze e da es-
so ci aspettiamo una realtà che altrimenti ci sfugge. Il corpo è diventato il centro di tutti i poteri,
l’oggetto di tutte le nostre aspettative, e persino quelle di salvezza.
Noi siamo questi esseri strani,
questi sconosciuti, gli uomini del
corpo».
Ma quale corpo? Un corpo irreale, costruito, trasfigurato, desi-
LUCE IRIGARAY
“
IL NOSTRO corpo è uno straordinario mediatore per entrare in relazione
con noi stessi, con l’altro, con il mondo. La voce consente di sentirci più di ogni parola. Attraverso il tatto possiamo creare legami completi tra di noi,
essendo la pelle l’organo più vicino al cervello. Le nostre
labbra sono la soglia tra l’apparenza esterna del nostro
corpo e la sua misteriosa intimità. Il silenzio ci permette di
tornare a noi stessi mediante il toccarsi delle nostre labbra;
un bacio sulle labbra è una ricerca di avvicinamento tra due
intimità; le labbra aprono anche al mondo del gusto tramite il quale comunichiamo con il mondo. Le nostre labbra
offrono un incrocio di legami di cui il nostro linguaggio non
ha un equivalente. Però la nostra cultura ha sostituito le potenzialità mediatrici del nostro corpo con codici arbitrari
meta-fisici che ci esiliano da noi stessi e ci separano dal
nostro ambiente di vita e dagli altri. Oggi il corpo è ovunque e da nessuna parte. Si tratta solo di un corpo-animale, di un corpo-oggetto, di un corpo-immagine, di
un corpo-robot e di un corpo malato o morto. Non è
ancora il nostro corpo!
CORPO
22 – 26 NOVEMBRE 2006
SUPERSTUDIOPIÙ
VIA TORTONA 27 – MILANO
ORE 12.00 – 21.00
derato, bugiardo, continuamente
promesso e quasi mai ottenuto.
La televisione, i giornali di gossip
degradato alle sole comparse televisive, (dette showgirl ma anche
opinioniste) le riviste di moda,
mostrano una moltitudine di ragazze e ragazzi di grande bellezza
momentanea e intercambiabile: è
come se il mondo fosse popolato
solo dalla giovinezza e dalla bellezza, mentre chi guarda ne è
escluso, costretto in una foresta
dimenticata e aliena, ancorata alla bruttezza e alla malattia, all’invecchiamento e alla morte; che si
dibatte nella precarietà finanziaria, aspetta mesi per una visita
medica, non ha i soldi per il dentista, non ha accesso al fervore e alla creatività tecnoscientifica che
fornisce pezzi di ricambio al corpo in dissesto. E se è donna sa che
il suo corpo decantato come prezioso, libero, vincente, corre il rischio di essere violato dalla violenza sessuale, che quando in Italia la politica discute su temi che
riguardano il suo corpo, come recentemente la fecondazione assistita, prevalgono la Chiesa, il moralismo, la diffidenza, l’imperio,
sui suoi bisogni e i suoi diritti.
Messo sul mercato della libertà
sessuale come merce disponibile,
il corpo tanto glorificato ma muto,
inerte nella sua esposizione, perde valore, se ne cercano di più preziosi, come quelli, sacri, dei bambini: il corpo del pedofilo si impossessa del corpo infantile per il
piacere che gli adulti, donne e uomini, narcisi impegnati spasmodicamente ad autopiacersi, non
possono più dare.
Il corpo trionfa nei media, ma il
suo contenitore, la moda, che del
resto i media li invade, viene messa sotto accusa, astrattamente,
come strega malefica che impone
modelli fisici impossibili: soprattutto adesso che con le ultime collezioni, gli stilisti si sono ribellati
al trash televisivo e rivestendo le
donne, hanno bisogno di corpi
ancora più adolescenti. Gli abiti
sono merce, devono farsi desiderare, entrare nei sogni anche delle
ciccione: chi mai sarebbe attratto
da un modello che inchioda le
donne al loro corpo espanso, non
amato, o accettato per disillusione e rassegnazione?
Nell’era del corpo trionfante, il
corpo nemico da dominare annientandolo non passa dalla moda ma da Internet. I siti pro-Ana
(anoressia), costituiscono delle
sette, sorta di movimenti underground dove si lancia un appello a
dimagrire ad oltranza, come una
forma di protesta e opposizione al
mondo degli adulti. Tra i dieci comandamenti, seguiti dalle ragazzine che per riconoscersi portano
un braccialetto rosso, «tu non sarai mai troppo magra, essere magri e non mangiare sono segni di
vera volontà di potere e successo».
Il corpo dissacrato passa anche
dai reality show, cui Amelie
Nothombe, che spesso affronta il
tema dell’anoressia, dedica un
suo romanzo. C’è un piacere feroce, nello spettatore per esempio
della serie “L’isola dei famosi”,
constatare come all’inizio erano
in forma i corpi dei partecipanti di
ignota fama e come a poco a poco
quei corpi si sono ammalati, piagati, dimagriti. Il corpo fa spettacolo, anche se corrotto e imbruttito, purché nei limiti della fiction,
dello show, del virtuale, purché
faccia dimenticare il corpo reale,
quello difettoso, vivo, che conosce la sofferenza e la fine.
www.mintexhibition.it | [email protected]
Repubblica Nazionale
“
46 LA REPUBBLICA
LE TAPPE
MARTEDÌ 14 NOVEMBRE 2006
DIARIO
PLATONE
Per Platone il corpo è la tomba dell’anima:
un ente corruttibile e mortale di cui l’anima
sarebbe prigioniera (Fedone). Policleto
fisserà nel Canone le proporzioni ideali del
corpo umano.
IL MONDO CRISTIANO
Nel Medioevo si diffondono pratiche di
mortificazione del corpo: c’è chi si frusta
per espiare, come i Flagellanti, o chi
digiuna per accedere a Dio, come Santa
Caterina da Siena
IL SEICENTO
Nel Cinque-Seicento il corpo si trasforma
radicalmente: nasce l’anatomia, e
Rembrandt dipinge la Lezione di anatomia
del dottor Tulp. Nel Settecento si
sviluppano la biologia e poi la genetica
LO SPETTACOLO DELLA SEDUZIONE E IL DRAMMA DELLA PSICHE
NARCISISTI E SCHIZZATI
COSÌ TRIONFA L’APPARENZA
UMBERTO GALIMBERTI
I LIBRI
ZYGMUNT
BAUMAN
Modernità
liquida
Laterza
2006
PASCAL DURET
PEGGY ROUSSEL
Il corpo
e le sue
sociologie
Armando
2006
PAOLO
SORCINELLI
Avventure
del corpo
Bruno
Mondadori
2006
PAOLA
BORGNA
Sociologia
del corpo
Laterza
2005
JACQUES
LE GOFF
Il corpo nel
Medioevo
Laterza
2005
JANINE
CHASSEGUET
SMIRGEL
Il corpo come
specchio del
mondo
Raffaello
Cortina
2005
ALESSANDRA
ARACHI
Briciole
Feltrinelli
2004
JEAN-LUC
NANCY
Corpus
Cronopio
2004
MARIO
PERNIOLA
Il sex appeal
dell’inorganico
Einaudi
2004
JEAN
BAUDRILLARD
Lo scambio
simbolico e la
morte
Feltrinelli
2002
UMBERTO
GALIMBERTI
Il corpo
Feltrinelli
2002
i è più ragione nel tuo
corpo che nella tua migliore sapienza» scriveva Nietzsche, ponendo fine alla
storia dell’anima che, ideata da
Platone per costruire un sapere che
non si fondasse sulla precarietà
dell’esperienza sensibile ma sulla
solidità dei costrutti della mente,
era stata poi requisita dalla tradizione cristiana e rigiocata in scenari non più di conoscenza, ma di salvezza.
Oggi, col progressivo venir meno
della fede nell’immortalità, in
quella sorta di neopaganesimo,
non necessariamente anticristiano, che caratterizza la modernità, il
corpo riemerge dallo svilimento in
cui era stato confinato per tutto il
tempo dominato dalla storia dell’anima.
Ma questa riemersione è molto
ambigua e per nulla emancipata
dalla cultura dell’anima. Infatti,
dopo aver declinato la “salvezza”
nell’ambito più modesto, ma anche più concreto della “salute”, per
scongiurare la malattia e la morte
non più accompagnata da speranze ultraterrene, il corpo recupera
tutte quelle pratiche che un tempo
erano dell’anima. Dal digiuno nelle forme ossessive delle diete spinte fino all’anoressia che così da vicino richiama le pratiche ascetiche, agli esercizi fisici che, nella loro ritualità e ripetitività, richiamano gli esercizi spirituali intrisi di sacrificio e mortificazione.
In questo modo il corpo diventa
quell’istanza gloriosa, quel santuario ideologico in cui l’uomo consuma gli ultimi resti della sua alienazione. Parlo di “alienazione” perché oggi non “abitiamo” più il nostro corpo, ma, al pari degli schizofrenici, lo percepiamo come altro
da noi, come qualcosa che dobbiamo “costruire” per renderlo il più
possibile corrispondente ai canoni
di salute, forza, bellezza che la nostra cultura diffonde perché si possa essere accettati e per autoaccettarsi. Non più il corpo come “veicolo”, ma come “ostacolo” per essere
al mondo, se non corrisponde ai
criteri fissati dalla moda per essere
guardati, appetiti e desiderati.
E tutto si ferma lì, nella clausura
di un autismo narcisistico che non
approda alla comunicazione, ma
alla soddisfazione di essere oggetto di un desiderio che, ripiegandosi su se stesso, celebra la sua perversione.
Finita l’epoca in cui del corpo si
sfruttava la forza-lavoro, oggi si
sfrutta la forza del suo desiderio, allucinandolo con quei bisogni da
soddisfare quali la bellezza, la giovinezza, la salute, la sessualità che
sono poi i nuovi valori da vendere.
Mobilitato nel processo di appetizione-soddisfazione, il corpo diventa l’oggetto del nostro quotidiano esercizio e sacrificio, per raggiungere quell’ideale che la moda
propaga con un imperativo che più
categorico non può essere, se è vero che mancare l’ideale fissato
equivale, a dir poco, a una sorta di
esclusione sociale.
Orientando il desiderio e incanalandolo verso gli imperativi della moda, il corpo finisce, a sua insaputa, col mettere in scena lo spettacolo della se-duzione in vista della
pro-duzione. Tutta la religione della spontaneità, della libertà, della
creatività, della sessualità gronda
infatti del peso del produttivismo.
Dai solarium per abbronzarsi alle
palestre per tonificare i muscoli,
dalle profumerie dove si vendono
le creme più assurde alle saune, ai
«V
‘‘
,,
ALIENAZIONE
Oggi, al pari degli schizofrenici,
percepiamo il nostro corpo come
qualcosa che costruiamo per renderlo
corrispondente ai nostri ideali
bagni turchi, ai centri benessere, è
tutto un diffondersi di quella “economia libidinale” (per utilizzare in
senso traslato una felice espressione di Lyotard) con cui il mercato
sfrutta la nostra alienazione dal
corpo, la distanza che noi avvertiamo tra come “è” e come “dovrebbe
essere”. E non è chi non veda che là
dove c’è “dovere” c’è morale, e
quindi regole di condotta, sacrifici,
mortificazioni, rinunce.
Così abbiamo ridotto il nostro
corpo a un manichino a disposizione della moda che ogni anno ci veste e ci spoglia con gli abiti che decreta, dove l’accessorio sta per primavera, il mantello sta per mezza
stagione, il jeans sta per giovanile.
Dove “basta un particolare per dare personalità”, “un piccolo nulla
per cambiare tutto”. E così, conferendo al nulla un potere semantico
che si irradia a distanza fino a significare qualsiasi cosa, la moda risol-
ve a buon prezzo problemi di identità che pongono fine all’angosciante interrogativo: «Chi sono?».
Componendo diversamente i
tratti vestimentari, in modo da apparire contemporaneamente
“dolci e fieri”, “rigidi e teneri”, “severi e disinvolti”, la moda offre ai
nostri corpi, resi incerti dalle infinite possibilità di cambiamento che
vengono offerte, un sogno di totalità, dove non è necessario scegliere, perché si può essere tutto contemporaneamente. E in modo democratico perché il particolare
“non costa niente”, per cui, nell’uguaglianza delle borse, la moda
consegna ai nostri corpi un’identità (o una maschera) ogni giorno
diversa nel rispetto della libertà dei
gusti.
Come sempre accade si gioca a
quello che non si osa essere. E attraverso la moda si può giocare al
potere politico perché la moda è
monarca, a quello religioso perché
i suoi imperativi hanno il tocco del
decalogo, si gioca alla follia perché
la moda è irresistibile, alla guerra
perché è offensiva, aggressiva e alla fine vincitrice. I suoi decreti non
hanno una causa, ma non per questo sono privi di volontà, la sua tirannia produce un universo autarchico in cui i pantaloni scelgono da
sé la propria giacca e le gonne la
propria lunghezza per dei corpi ridotti a manichini d’appoggio.
Ma anche così abbelliti e costruiti i corpi inesorabilmente invecchiano, e non c’è più la fede nell’anima a garantire una speranza di
sopravvivenza. Al suo posto subentra, allora, angosciante e ossessiva,
la rincorsa a ritroso nel tempo, per
recuperare i tratti della giovinezza
perduta attraverso gli interventi
chirurgici o gli artifici della cosmesi. E qui il danno che si produce non
è da poco se i corpi che invecchiano hanno scarsa visibilità, se esposti alla pubblica vista sono soltanto
corpi truccati, rifatti e resi telegenici per garantire un prodotto, sia esso mercantile o politico, dal momento che anche la politica oggi
vuole la sua telegenia. La faccia del
vecchio, infatti, è un atto di verità,
mentre la maschera dietro cui si
nasconde un volto, trattato con la
chirurgia o con un eccesso di cosmesi, è una falsificazione che lascia trasparire l’insicurezza di chi
non ha il coraggio di esporsi alla vista con la propria faccia.
Nel suo disperato tentativo di
opporsi alla natura, che vuole l’inesorabile declino degli individui, chi
non accetta la vecchiaia è costretto
a stare continuamente all’erta per
cogliere di giorno in giorno il minimo segno di declino. Ipocondria,
ossessività, ansia e depressione diventano le malefiche compagne di
viaggio dei suoi giorni, mentre suoi
feticci diventano la bilancia, la dieta, la palestra, la profumeria, lo
specchio. Se la vecchiaia non mostra più la sua vulnerabilità, dove
reperire le ragioni della pietas, l’esigenza di sincerità, la richiesta di
risposte sulle quali poggia la coesione sociale? La faccia del vecchio
è un bene per il gruppo, ed è per il
bene dell’umanità, scrive Hillman,
che: «Bisognerebbe proibire la chirurgia cosmetica e considerare il
lifting un crimine contro l’umanità» perché, oltre a privare il gruppo della faccia del vecchio, finisce
per dar corda a quel mito della giovinezza che visualizza la vecchiaia
solo come anticamera della morte.
Finché consideriamo ogni ruga,
ogni capello che cade o incanutisce, ogni tremito, ogni macchiolina
ematica sulla pelle esclusivamente
come indizi di declino, affliggiamo
la nostra mente tanto quanto la sta
affliggendo la vecchiaia.
E allora il lifting facciamolo non
alla nostra faccia, ma alla nostra
mente e scopriremo che tante idee
che in noi sono maturate guardando ogni giorno in televisione lo
spettacolo della bellezza, della giovinezza, della sessualità e della perfezione corporea, in realtà servono
per nascondere a noi stessi e agli altri la qualità della nostra personalità, a cui magari per tutta la vita
non abbiamo prestato la minima
attenzione, perché sin da quando
siamo nati ci hanno insegnato che
apparire è più importante che essere. E a questo dogma terribile abbiamo sacrificato il nostro corpo,
incaricandolo di rappresentare
quello che propriamente non siamo, o addirittura abbiamo evitato
di sapere.
FRIEDRICH NIETZSCHE
Vi è più ragione nel tuo
corpo che nella tua
migliore saggezza.
E chissà a quale scopo
per il tuo corpo è
necessaria proprio la
tua migliore saggezza?
Così parlò Zarathustra
1883-1885
JEAN BAUDRILLARD
Il corpo è vezzeggiato,
coccolato, nella
certezza perversa
della sua inutilità,
nella certezza
totale della sua
non-risurrezione
L’America
1988
Repubblica Nazionale
MARTEDÌ 14 NOVEMBRE 2006
LA REPUBBLICA 47
DIARIO
IL ROMANTICISMO
Il canone femminile ottocentesco
impone la magrezza: la donna ideale è
pallida e stretta in rigidi corsetti, è
fragile e spesso minata dalla tisi, come
la Violetta della Traviata
IL NOVECENTO
Con il femminismo il corpo diventa
“oggetto” di lotta politica. La donna si
affranca dallo sguardo maschile. Vince
il natural look, come segno di
indipendenza
OGGI
L’ideale estetico è incarnato da icone
da passerella come la magrissima
Twiggy o Kate Moss. Polemica sulle
modelle anoressiche: si chiede agli
stilisti di far sfilare taglie più grandi
DAI GRECI A OGGI: STORIA DI UN CONCETTO
NOI, FIGURE RIDOTTE
A SEMPLICI COSE
MARIO PERNIOLA
prima vista, sembra che
occuparsi dell’anima
sia caduto in disuso. È il
corpo che tiene la scena; è il
corpo l’oggetto d’ogni cura, riguardo, premura. Se ci si occupa dell’anima, lo si fa in fondo
in funzione del corpo, per garantire la sua salute, il suo benessere, la sua obbedienza alla
nostra volontà. Anzi pare che
questa parola non ammetta il
plurale: l’unica cosa che m’interessa è il mio corpo e tanto
più mi piace, quanto meno si fa
sentire come qualcosa d’autonomo e di separato da me,
quanto più è lo strumento di
cui io posso disporre senza
ostacoli o resistenze. Cos’è la
salute se non proprio questo
dominio sul corpo? Non parlo
solo delle malattie vere e proprie: ma anche di quelle controvolontà che portano a mangiare in modo spropositato oppure a digiunare, a dormire
troppo oppure a restare insonne, ad essere consumato dal
desiderio sessuale oppure a rifuggirlo, a percorrere impetuosamente strade e attraversare paesi oppure a rimanere
chiusi in casa con le persiane
serrate facendo credere a tutti
di essere fuori. E mi limito alle
controvolontà più semplici e
comuni, che sembrano emergere dalla resistenza del corpo
al nostro dominio su di lui.
Il rifiuto moderno di tutto ciò
che si oppone alla nostra autonomia soggettiva, come i dispositivi disciplinari dei rituali, finisce con l’essere una ben
strana condizione: in realtà, il
nostro corpo non è così docile
e remissivo come lo immaginiamo. Quelle controvolontà
che si manifestano come resistenze al nostro supposto dominio su di lui sono appunto le
dipendenze (nei confronti dell’alcool, della droga, del fumo,
del sesso, dei tranquillanti, del
cibo, del gioco...): esse ci richiamano ad una dimensione
più opaca e più inorganica, più
legata alle cose che non riesce a
dissolversi nella totale ed incondizionata sottomissione
all’anima. Fatto sta che questa
prima concezione del corpo si
esaurisce nell’anima senziente, ed è perciò un modo di esorcizzare la materialità del corpo, il suo essere una cosa che
sente.
È stato il poeta francese Paul
Valéry ad affermare che esistono almeno tre diverse idee del
corpo. La prima è quella che ho
già esposto: essa si risolve nel
sentimento della nostra presenza. Questo corpo è informe
e noi prendiamo coscienza
della sua alterità solo quando
qualche parte si oppone alla
nostra volontà, come quando
siamo malati.
Il secondo corpo individuato da Valéry è l’immagine che
di lui ci rimandano gli specchi,
i ritratti, le fotografie, i film. Esso è appunto forma ed è quindi
connesso con le arti visuali. In
questo senso, il corpo per eccellenza è quello umano che
l’arte classica ha rappresentato in sculture che sono considerate come i canoni occiden-
A
MICHEL FOUCAULT
Si è costruito un sapere
sul corpo con discipline
militari e scolastiche.
È solo a partire da un
potere sul corpo che
un sapere fisiologico,
organico era possibile
Potere-corpo
1975
ZIGMUNT BAUMAN
L’attenzione verso
il corpo si è
trasformata in una
preoccupazione
assoluta e nel più
ambito passatempo
della nostra epoca
La società
dell’incertezza, 1999
CORPI
Qui sopra
“Le tre età
della donna”
di Gustav
Klimt;
a destra, in
alto il corpo
femminile
in un trattato
di anatomia
del XVIII
secolo;
in basso
un tatuaggio
polinesiano
delle Isole
Marchesi;
nella pagina
a sinistra,
le proporzioni
del corpo
in un disegno
di Albrecht
Dürer
‘‘
,,
RIBELLIONE
Il nostro corpo non è così
remissivo e docile
come lo immaginiamo. In esso
si manifestano delle controvolontà
‘‘
,,
RIFLESSI
Gli specchi, i ritratti, le fotografie,
perfino i film ci rimandano
l’immagine del corpo. Creano il
canone occidentale della bellezza
GLI AUTORI
DIARI ONLINE
Il Sillabario è di
Luce Irigaray, psicoanalista e filosofa francese, autrice di Speculum
(Feltrinelli) e Amo
a te (Bollati Boringhieri). Mario
Perniola è docente di Estetica all’Università di Roma Tor Vergata.
Nel 2005 ha scritto I situazionisti
(Castelvecchi).
Tutti i numeri
del “Diario” di
Repubblicasono
consultabili su
Internet sul sito
www.repubblica.it, al menu
supplementi.
Qui i lettori troveranno le pagine, comprensive delle illustrazioni, di questo
strumento di approfondimento.
tali della bellezza. È quello che
vediamo invecchiare fino al
punto di ridursi in quella rovina in cui non vogliamo più riconoscerci.
Il terzo corpo per Valéry è
privo di una qualsiasi unità. E’
il corpo fatto a pezzi dai ferri
dell’anatomia. Questa idea del
corpo sembra il risultato della
tecnica chirurgica moderna. In
realtà i Greci dell’epoca omerica non avevano una parola per
nominare il corpo nella sua
unità: il corpo era percepito come un insieme di membra, una
pluralità di parti, come mostrano le raffigurazioni dell’arte vascolare arcaica, nelle quali sono messi in evidenza soprattutto i muscoli delle gambe e delle parti carnose.
Esiste tuttavia per Valéry l’idea di un quarto corpo, che si
potrebbe chiamare indifferentemente corpo reale o corpo
immaginario. Esso è per lui
una costruzione concettuale
non dissimile dalle nozioni
elaborate dai fisici che spesso
sono aldilà o aldiquà dei nostri
sensi, della nostra immaginazione e perfino della nostra capacità di comprendere
È questa un’idea a prima vista piuttosto fumosa di corpo.
Ma essa proviene dall’insoddisfazione nei confronti delle
prime tre idee. Mi sembra che
queste non pensino davvero il
corpo in quanto corpo. Nella
prima ciò che conta è l’anima
della quale il corpo è solo lo
strumento: va perduta così la
dimensione di “cosalità” del
corpo, a favore di una concezione spiritualistica il cui centro è costituito dalla coscienza
individuale. Nella seconda ciò
che conta è l’immagine la quale mi allontana, non meno dell’anima, dall’esperienza della
corporeità. Infine la terza idea
del corpo pensa le membra come entità autonome, che per
gli antichi Greci erano mosse
da forze esterne.
Tutte queste idee del corpo
lo intendono come una incarnazione del vivente, un insieme di spiritualità e di vitalità.
La parola tedesca Leib (corpo),
affine a Leben (vita), esprime
bene questo legame tra il corpo
e l’esperienza di una sopraelevazione ideale. L’intuizione di
un quarto corpo si muove in
una direzione completamente
differente. Essa scorge nella
parola latina corpus qualcosa
d’irriducibile ad una sublimazione estetico-spirituale, un
aspetto più opaco, inorganico
e “cosale”, che si trova nella parola tedesca Körper; questo è
un corpo non solo diverso, ma
perfino opposto al Leib, una
specie di controcorpo, se per
corpo s’intende il corpo vivente. Fatto sta che il modello concettuale che suggerisce l’idea
di un quarto corpo non è il corpo vivente, ma piuttosto la cosa, quindi non un oggetto, che
implica l’esistenza di un soggetto (e perciò ci fa ricadere
nella prima idea del corpo inteso come strumento dell’anima), ma proprio l’esperienza
di una cosa che sente in modo
impersonale.
I LIBRI
NOËL
BERNARD
Estratti del
corpo
Mondadori
2001
MICHEL
FOUCAULT
Storia della
sessualità
Feltrinelli
2001
Microfisica
del potere
Einaudi
1982
AMEDEO
SANTOSUOSSO
Corpo e
libertà
Raffaello
Cortina
2001
ADRIANA
CAVARERO
Corpo in
figure
Feltrinelli
2000
CLAUDIA
PANCINO
(a cura di)
Corpi. Storia,
metafore,
rappresentazio
ni fra Medioevo
ed età
contemporanea
Marsilio 2000
DONNA J.
HARAWAY
Manifesto
Cyborg
Feltrinelli
1999
GEORGES
BATAILLE
L’erotismo
ES 1997
SUSAN
BORDO
Il peso del
corpo
Feltrinelli
1997
MARK
DERY
Velocità di
fuga
Feltrinelli
1997
G. BERLINGUER
V. GARRAFA
La merce
finale
Baldini
Castoldi
Dalai 1996
Repubblica Nazionale
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