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“ “ L`ossessione della modernità
DIARIO MARTEDÌ 14 NOVEMBRE 2006 LA REPUBBLICA 45 DI ANORESSIA, BULIMIA, LIFTING: IL DOMINIO DELLA FISICITÀ La politica interviene e chiede al mondo della moda di abolire alcune taglie l corpo vince, il corpo perde? Il corpo sta diventando un’illusione, una fantasia, si stacca dalla vita, assume una perfezione immaginaria mentre nella realtà dilagano anoressiche e bulimici, diventa eterno mentre, giovane, muore di guerra, di crimine, di sabato sera, di malattia, di suicidio. Il corpo si è trasformato in un’ossessione, ha occupato il pensiero, si è fatto prodotto: il corpo vende e si vende, compra e si fa comprare. Il corpo è denaro. Vive molto di più, dura molto meno, racchiuso, per contare, nello spazio sempre più angusto di una giovinezza che viene promessa come infinita e che invece tende a privilegiare soprattutto l’adolescenza. Il corpo è politico: lo è quello delle donne, da sempre al centro delle ansie religiose, legislative, sociali, da sempre regolato, imprigionato, controllato, temuto. Il corpo delle donne alimenta il feroce dissidio tra Islam e Occidente: l’Islam lo asservisce occultandolo, l’Occidente lo umilia denudandolo, le donne islamiche reclamano la libertà di portare quel velo che le imprigiona non solo simbolicamente, le donne occidentali si sentono libere perché oggi devono svestirsi davanti a milioni di telespettatori, costrette ad usare il loro corpo come una clava, la bellezza come sola identità. La storia racconta che le donne occidentali non hanno mai avuto diritto a un corpo e neppure a una bellezza naturali: il loro seno è stato appiattito o sollevato, la vita cancellata o assottigliata sino a morirne, i fianchi e il sedere piallati dai busti o enfatizzati da crinoline e panier, i capelli rasati alla fronte oppure gonfiati da posticci e parrucche, i volti imbiancati dalla cipria o arrossati alle guance, le sopracciglia rasate e ingrossate; ci sono state epoche in cui le donne alla moda erano opulente, materne, oppure mascoline, oggi la moda le vuole finte, con un corpo inventato, sottile qua e gonfio là, ed è il mercato della loro visibilità a dettare le regole: seno a palla rifatto ed esposto, gambe infinite su ipertacchi impraticabili, gelide labbra gonfiate, via ogni filo di grasso in più con diete o ripetuti interventi chirurgici. E poi, capelli lunghi e lisci, sorriso continuo in tivu, broncio desolato in passerella: età, prima dei quaranta sei fuori, come la bellissima Nicole Kidman che ha perso la sua luminosa misteriosa grazia con il lifting e sta accaparrando ruoli su ruoli in attesa della sua personale apocalisse. Ma poteva l’immenso mercato del corpo apparente accontentarsi delle donne, anche se milioni e milioni, disponibili a farsi intrappolare o anche solo a sognare? Così l’angoscia per il proprio corpo è dilagata tra gli uomini, e la loro da sempre diffusa ansia da prestazione si è spostata dal sesso all’estetica. È nata la mistica della maschilità con le sue riviste che a poco a poco hanno messo (non del tutto) da parte l’ipocrisia di voler insegnare agli uomini come piacere alle donne, per concentrarsi sul piacere soprattutto a se stessi (o parzialmente, anche agli altri uomini). “23 cibi antipancia”, “spalle più larghe in 90 secondi!”, “forte e calmo!”, “15 beauty farm per l’uomo” (sul mensile For men); “addominali super, è facile”, “34 integratori top per l’uomo”, e poi per Men’s health italiano, lo scoop: «oggi Pier Silvio Berlusco- L’Occidente, tra esibizione e dramma, nel secolo della grande illusione I CORPO “Bagno turco” del pittore francese Jean-Auguste Dominique Ingres L’ossessione della modernità NATALIA ASPESI ni spegne la Tv e ti trasmette il suo workout, la sua dieta, i suoi consigli per un fisico da prima serata», seguono foto del bel giovanotto muscoloso nella palestra della villa di Arcore, alle prese con crossover, nuoto, pesi, jogging più dieta («il lupo cattivo sono gli zuccheri!») e integratori. Con Max, l’avido aspirante alla virilità da coper- tina trova il photobook con manifesto “starring” Fabio Cannavaro, massima icona virile del momento, testa rasata, sorriso perfetto, torso nudo, guerriero giapponese tatuato sul braccio destro. Il corpo come banca, come mercato, come patrimonio: è un esperto di strategia delle banche, di mercati finanziari, di gestione dei patri- moni, Hervé Juvin, l’autore di Il trionfo del corpo che esce adesso in Italia nella collana Cultura e Impresa delle edizioni Egea (pp.195, euro 18.00). Dice: «Dopo gli dei, le rivoluzioni e i mercati finanziari, il corpo diventa il criterio di verità. Solo il corpo dura, solo il corpo permane. Riponiamo in lui tutte le nostre speranze e da es- so ci aspettiamo una realtà che altrimenti ci sfugge. Il corpo è diventato il centro di tutti i poteri, l’oggetto di tutte le nostre aspettative, e persino quelle di salvezza. Noi siamo questi esseri strani, questi sconosciuti, gli uomini del corpo». Ma quale corpo? Un corpo irreale, costruito, trasfigurato, desi- LUCE IRIGARAY “ IL NOSTRO corpo è uno straordinario mediatore per entrare in relazione con noi stessi, con l’altro, con il mondo. La voce consente di sentirci più di ogni parola. Attraverso il tatto possiamo creare legami completi tra di noi, essendo la pelle l’organo più vicino al cervello. Le nostre labbra sono la soglia tra l’apparenza esterna del nostro corpo e la sua misteriosa intimità. Il silenzio ci permette di tornare a noi stessi mediante il toccarsi delle nostre labbra; un bacio sulle labbra è una ricerca di avvicinamento tra due intimità; le labbra aprono anche al mondo del gusto tramite il quale comunichiamo con il mondo. Le nostre labbra offrono un incrocio di legami di cui il nostro linguaggio non ha un equivalente. Però la nostra cultura ha sostituito le potenzialità mediatrici del nostro corpo con codici arbitrari meta-fisici che ci esiliano da noi stessi e ci separano dal nostro ambiente di vita e dagli altri. Oggi il corpo è ovunque e da nessuna parte. Si tratta solo di un corpo-animale, di un corpo-oggetto, di un corpo-immagine, di un corpo-robot e di un corpo malato o morto. Non è ancora il nostro corpo! CORPO 22 – 26 NOVEMBRE 2006 SUPERSTUDIOPIÙ VIA TORTONA 27 – MILANO ORE 12.00 – 21.00 derato, bugiardo, continuamente promesso e quasi mai ottenuto. La televisione, i giornali di gossip degradato alle sole comparse televisive, (dette showgirl ma anche opinioniste) le riviste di moda, mostrano una moltitudine di ragazze e ragazzi di grande bellezza momentanea e intercambiabile: è come se il mondo fosse popolato solo dalla giovinezza e dalla bellezza, mentre chi guarda ne è escluso, costretto in una foresta dimenticata e aliena, ancorata alla bruttezza e alla malattia, all’invecchiamento e alla morte; che si dibatte nella precarietà finanziaria, aspetta mesi per una visita medica, non ha i soldi per il dentista, non ha accesso al fervore e alla creatività tecnoscientifica che fornisce pezzi di ricambio al corpo in dissesto. E se è donna sa che il suo corpo decantato come prezioso, libero, vincente, corre il rischio di essere violato dalla violenza sessuale, che quando in Italia la politica discute su temi che riguardano il suo corpo, come recentemente la fecondazione assistita, prevalgono la Chiesa, il moralismo, la diffidenza, l’imperio, sui suoi bisogni e i suoi diritti. Messo sul mercato della libertà sessuale come merce disponibile, il corpo tanto glorificato ma muto, inerte nella sua esposizione, perde valore, se ne cercano di più preziosi, come quelli, sacri, dei bambini: il corpo del pedofilo si impossessa del corpo infantile per il piacere che gli adulti, donne e uomini, narcisi impegnati spasmodicamente ad autopiacersi, non possono più dare. Il corpo trionfa nei media, ma il suo contenitore, la moda, che del resto i media li invade, viene messa sotto accusa, astrattamente, come strega malefica che impone modelli fisici impossibili: soprattutto adesso che con le ultime collezioni, gli stilisti si sono ribellati al trash televisivo e rivestendo le donne, hanno bisogno di corpi ancora più adolescenti. Gli abiti sono merce, devono farsi desiderare, entrare nei sogni anche delle ciccione: chi mai sarebbe attratto da un modello che inchioda le donne al loro corpo espanso, non amato, o accettato per disillusione e rassegnazione? Nell’era del corpo trionfante, il corpo nemico da dominare annientandolo non passa dalla moda ma da Internet. I siti pro-Ana (anoressia), costituiscono delle sette, sorta di movimenti underground dove si lancia un appello a dimagrire ad oltranza, come una forma di protesta e opposizione al mondo degli adulti. Tra i dieci comandamenti, seguiti dalle ragazzine che per riconoscersi portano un braccialetto rosso, «tu non sarai mai troppo magra, essere magri e non mangiare sono segni di vera volontà di potere e successo». Il corpo dissacrato passa anche dai reality show, cui Amelie Nothombe, che spesso affronta il tema dell’anoressia, dedica un suo romanzo. C’è un piacere feroce, nello spettatore per esempio della serie “L’isola dei famosi”, constatare come all’inizio erano in forma i corpi dei partecipanti di ignota fama e come a poco a poco quei corpi si sono ammalati, piagati, dimagriti. Il corpo fa spettacolo, anche se corrotto e imbruttito, purché nei limiti della fiction, dello show, del virtuale, purché faccia dimenticare il corpo reale, quello difettoso, vivo, che conosce la sofferenza e la fine. www.mintexhibition.it | [email protected] Repubblica Nazionale “ 46 LA REPUBBLICA LE TAPPE MARTEDÌ 14 NOVEMBRE 2006 DIARIO PLATONE Per Platone il corpo è la tomba dell’anima: un ente corruttibile e mortale di cui l’anima sarebbe prigioniera (Fedone). Policleto fisserà nel Canone le proporzioni ideali del corpo umano. IL MONDO CRISTIANO Nel Medioevo si diffondono pratiche di mortificazione del corpo: c’è chi si frusta per espiare, come i Flagellanti, o chi digiuna per accedere a Dio, come Santa Caterina da Siena IL SEICENTO Nel Cinque-Seicento il corpo si trasforma radicalmente: nasce l’anatomia, e Rembrandt dipinge la Lezione di anatomia del dottor Tulp. Nel Settecento si sviluppano la biologia e poi la genetica LO SPETTACOLO DELLA SEDUZIONE E IL DRAMMA DELLA PSICHE NARCISISTI E SCHIZZATI COSÌ TRIONFA L’APPARENZA UMBERTO GALIMBERTI I LIBRI ZYGMUNT BAUMAN Modernità liquida Laterza 2006 PASCAL DURET PEGGY ROUSSEL Il corpo e le sue sociologie Armando 2006 PAOLO SORCINELLI Avventure del corpo Bruno Mondadori 2006 PAOLA BORGNA Sociologia del corpo Laterza 2005 JACQUES LE GOFF Il corpo nel Medioevo Laterza 2005 JANINE CHASSEGUET SMIRGEL Il corpo come specchio del mondo Raffaello Cortina 2005 ALESSANDRA ARACHI Briciole Feltrinelli 2004 JEAN-LUC NANCY Corpus Cronopio 2004 MARIO PERNIOLA Il sex appeal dell’inorganico Einaudi 2004 JEAN BAUDRILLARD Lo scambio simbolico e la morte Feltrinelli 2002 UMBERTO GALIMBERTI Il corpo Feltrinelli 2002 i è più ragione nel tuo corpo che nella tua migliore sapienza» scriveva Nietzsche, ponendo fine alla storia dell’anima che, ideata da Platone per costruire un sapere che non si fondasse sulla precarietà dell’esperienza sensibile ma sulla solidità dei costrutti della mente, era stata poi requisita dalla tradizione cristiana e rigiocata in scenari non più di conoscenza, ma di salvezza. Oggi, col progressivo venir meno della fede nell’immortalità, in quella sorta di neopaganesimo, non necessariamente anticristiano, che caratterizza la modernità, il corpo riemerge dallo svilimento in cui era stato confinato per tutto il tempo dominato dalla storia dell’anima. Ma questa riemersione è molto ambigua e per nulla emancipata dalla cultura dell’anima. Infatti, dopo aver declinato la “salvezza” nell’ambito più modesto, ma anche più concreto della “salute”, per scongiurare la malattia e la morte non più accompagnata da speranze ultraterrene, il corpo recupera tutte quelle pratiche che un tempo erano dell’anima. Dal digiuno nelle forme ossessive delle diete spinte fino all’anoressia che così da vicino richiama le pratiche ascetiche, agli esercizi fisici che, nella loro ritualità e ripetitività, richiamano gli esercizi spirituali intrisi di sacrificio e mortificazione. In questo modo il corpo diventa quell’istanza gloriosa, quel santuario ideologico in cui l’uomo consuma gli ultimi resti della sua alienazione. Parlo di “alienazione” perché oggi non “abitiamo” più il nostro corpo, ma, al pari degli schizofrenici, lo percepiamo come altro da noi, come qualcosa che dobbiamo “costruire” per renderlo il più possibile corrispondente ai canoni di salute, forza, bellezza che la nostra cultura diffonde perché si possa essere accettati e per autoaccettarsi. Non più il corpo come “veicolo”, ma come “ostacolo” per essere al mondo, se non corrisponde ai criteri fissati dalla moda per essere guardati, appetiti e desiderati. E tutto si ferma lì, nella clausura di un autismo narcisistico che non approda alla comunicazione, ma alla soddisfazione di essere oggetto di un desiderio che, ripiegandosi su se stesso, celebra la sua perversione. Finita l’epoca in cui del corpo si sfruttava la forza-lavoro, oggi si sfrutta la forza del suo desiderio, allucinandolo con quei bisogni da soddisfare quali la bellezza, la giovinezza, la salute, la sessualità che sono poi i nuovi valori da vendere. Mobilitato nel processo di appetizione-soddisfazione, il corpo diventa l’oggetto del nostro quotidiano esercizio e sacrificio, per raggiungere quell’ideale che la moda propaga con un imperativo che più categorico non può essere, se è vero che mancare l’ideale fissato equivale, a dir poco, a una sorta di esclusione sociale. Orientando il desiderio e incanalandolo verso gli imperativi della moda, il corpo finisce, a sua insaputa, col mettere in scena lo spettacolo della se-duzione in vista della pro-duzione. Tutta la religione della spontaneità, della libertà, della creatività, della sessualità gronda infatti del peso del produttivismo. Dai solarium per abbronzarsi alle palestre per tonificare i muscoli, dalle profumerie dove si vendono le creme più assurde alle saune, ai «V ‘‘ ,, ALIENAZIONE Oggi, al pari degli schizofrenici, percepiamo il nostro corpo come qualcosa che costruiamo per renderlo corrispondente ai nostri ideali bagni turchi, ai centri benessere, è tutto un diffondersi di quella “economia libidinale” (per utilizzare in senso traslato una felice espressione di Lyotard) con cui il mercato sfrutta la nostra alienazione dal corpo, la distanza che noi avvertiamo tra come “è” e come “dovrebbe essere”. E non è chi non veda che là dove c’è “dovere” c’è morale, e quindi regole di condotta, sacrifici, mortificazioni, rinunce. Così abbiamo ridotto il nostro corpo a un manichino a disposizione della moda che ogni anno ci veste e ci spoglia con gli abiti che decreta, dove l’accessorio sta per primavera, il mantello sta per mezza stagione, il jeans sta per giovanile. Dove “basta un particolare per dare personalità”, “un piccolo nulla per cambiare tutto”. E così, conferendo al nulla un potere semantico che si irradia a distanza fino a significare qualsiasi cosa, la moda risol- ve a buon prezzo problemi di identità che pongono fine all’angosciante interrogativo: «Chi sono?». Componendo diversamente i tratti vestimentari, in modo da apparire contemporaneamente “dolci e fieri”, “rigidi e teneri”, “severi e disinvolti”, la moda offre ai nostri corpi, resi incerti dalle infinite possibilità di cambiamento che vengono offerte, un sogno di totalità, dove non è necessario scegliere, perché si può essere tutto contemporaneamente. E in modo democratico perché il particolare “non costa niente”, per cui, nell’uguaglianza delle borse, la moda consegna ai nostri corpi un’identità (o una maschera) ogni giorno diversa nel rispetto della libertà dei gusti. Come sempre accade si gioca a quello che non si osa essere. E attraverso la moda si può giocare al potere politico perché la moda è monarca, a quello religioso perché i suoi imperativi hanno il tocco del decalogo, si gioca alla follia perché la moda è irresistibile, alla guerra perché è offensiva, aggressiva e alla fine vincitrice. I suoi decreti non hanno una causa, ma non per questo sono privi di volontà, la sua tirannia produce un universo autarchico in cui i pantaloni scelgono da sé la propria giacca e le gonne la propria lunghezza per dei corpi ridotti a manichini d’appoggio. Ma anche così abbelliti e costruiti i corpi inesorabilmente invecchiano, e non c’è più la fede nell’anima a garantire una speranza di sopravvivenza. Al suo posto subentra, allora, angosciante e ossessiva, la rincorsa a ritroso nel tempo, per recuperare i tratti della giovinezza perduta attraverso gli interventi chirurgici o gli artifici della cosmesi. E qui il danno che si produce non è da poco se i corpi che invecchiano hanno scarsa visibilità, se esposti alla pubblica vista sono soltanto corpi truccati, rifatti e resi telegenici per garantire un prodotto, sia esso mercantile o politico, dal momento che anche la politica oggi vuole la sua telegenia. La faccia del vecchio, infatti, è un atto di verità, mentre la maschera dietro cui si nasconde un volto, trattato con la chirurgia o con un eccesso di cosmesi, è una falsificazione che lascia trasparire l’insicurezza di chi non ha il coraggio di esporsi alla vista con la propria faccia. Nel suo disperato tentativo di opporsi alla natura, che vuole l’inesorabile declino degli individui, chi non accetta la vecchiaia è costretto a stare continuamente all’erta per cogliere di giorno in giorno il minimo segno di declino. Ipocondria, ossessività, ansia e depressione diventano le malefiche compagne di viaggio dei suoi giorni, mentre suoi feticci diventano la bilancia, la dieta, la palestra, la profumeria, lo specchio. Se la vecchiaia non mostra più la sua vulnerabilità, dove reperire le ragioni della pietas, l’esigenza di sincerità, la richiesta di risposte sulle quali poggia la coesione sociale? La faccia del vecchio è un bene per il gruppo, ed è per il bene dell’umanità, scrive Hillman, che: «Bisognerebbe proibire la chirurgia cosmetica e considerare il lifting un crimine contro l’umanità» perché, oltre a privare il gruppo della faccia del vecchio, finisce per dar corda a quel mito della giovinezza che visualizza la vecchiaia solo come anticamera della morte. Finché consideriamo ogni ruga, ogni capello che cade o incanutisce, ogni tremito, ogni macchiolina ematica sulla pelle esclusivamente come indizi di declino, affliggiamo la nostra mente tanto quanto la sta affliggendo la vecchiaia. E allora il lifting facciamolo non alla nostra faccia, ma alla nostra mente e scopriremo che tante idee che in noi sono maturate guardando ogni giorno in televisione lo spettacolo della bellezza, della giovinezza, della sessualità e della perfezione corporea, in realtà servono per nascondere a noi stessi e agli altri la qualità della nostra personalità, a cui magari per tutta la vita non abbiamo prestato la minima attenzione, perché sin da quando siamo nati ci hanno insegnato che apparire è più importante che essere. E a questo dogma terribile abbiamo sacrificato il nostro corpo, incaricandolo di rappresentare quello che propriamente non siamo, o addirittura abbiamo evitato di sapere. FRIEDRICH NIETZSCHE Vi è più ragione nel tuo corpo che nella tua migliore saggezza. E chissà a quale scopo per il tuo corpo è necessaria proprio la tua migliore saggezza? Così parlò Zarathustra 1883-1885 JEAN BAUDRILLARD Il corpo è vezzeggiato, coccolato, nella certezza perversa della sua inutilità, nella certezza totale della sua non-risurrezione L’America 1988 Repubblica Nazionale MARTEDÌ 14 NOVEMBRE 2006 LA REPUBBLICA 47 DIARIO IL ROMANTICISMO Il canone femminile ottocentesco impone la magrezza: la donna ideale è pallida e stretta in rigidi corsetti, è fragile e spesso minata dalla tisi, come la Violetta della Traviata IL NOVECENTO Con il femminismo il corpo diventa “oggetto” di lotta politica. La donna si affranca dallo sguardo maschile. Vince il natural look, come segno di indipendenza OGGI L’ideale estetico è incarnato da icone da passerella come la magrissima Twiggy o Kate Moss. Polemica sulle modelle anoressiche: si chiede agli stilisti di far sfilare taglie più grandi DAI GRECI A OGGI: STORIA DI UN CONCETTO NOI, FIGURE RIDOTTE A SEMPLICI COSE MARIO PERNIOLA prima vista, sembra che occuparsi dell’anima sia caduto in disuso. È il corpo che tiene la scena; è il corpo l’oggetto d’ogni cura, riguardo, premura. Se ci si occupa dell’anima, lo si fa in fondo in funzione del corpo, per garantire la sua salute, il suo benessere, la sua obbedienza alla nostra volontà. Anzi pare che questa parola non ammetta il plurale: l’unica cosa che m’interessa è il mio corpo e tanto più mi piace, quanto meno si fa sentire come qualcosa d’autonomo e di separato da me, quanto più è lo strumento di cui io posso disporre senza ostacoli o resistenze. Cos’è la salute se non proprio questo dominio sul corpo? Non parlo solo delle malattie vere e proprie: ma anche di quelle controvolontà che portano a mangiare in modo spropositato oppure a digiunare, a dormire troppo oppure a restare insonne, ad essere consumato dal desiderio sessuale oppure a rifuggirlo, a percorrere impetuosamente strade e attraversare paesi oppure a rimanere chiusi in casa con le persiane serrate facendo credere a tutti di essere fuori. E mi limito alle controvolontà più semplici e comuni, che sembrano emergere dalla resistenza del corpo al nostro dominio su di lui. Il rifiuto moderno di tutto ciò che si oppone alla nostra autonomia soggettiva, come i dispositivi disciplinari dei rituali, finisce con l’essere una ben strana condizione: in realtà, il nostro corpo non è così docile e remissivo come lo immaginiamo. Quelle controvolontà che si manifestano come resistenze al nostro supposto dominio su di lui sono appunto le dipendenze (nei confronti dell’alcool, della droga, del fumo, del sesso, dei tranquillanti, del cibo, del gioco...): esse ci richiamano ad una dimensione più opaca e più inorganica, più legata alle cose che non riesce a dissolversi nella totale ed incondizionata sottomissione all’anima. Fatto sta che questa prima concezione del corpo si esaurisce nell’anima senziente, ed è perciò un modo di esorcizzare la materialità del corpo, il suo essere una cosa che sente. È stato il poeta francese Paul Valéry ad affermare che esistono almeno tre diverse idee del corpo. La prima è quella che ho già esposto: essa si risolve nel sentimento della nostra presenza. Questo corpo è informe e noi prendiamo coscienza della sua alterità solo quando qualche parte si oppone alla nostra volontà, come quando siamo malati. Il secondo corpo individuato da Valéry è l’immagine che di lui ci rimandano gli specchi, i ritratti, le fotografie, i film. Esso è appunto forma ed è quindi connesso con le arti visuali. In questo senso, il corpo per eccellenza è quello umano che l’arte classica ha rappresentato in sculture che sono considerate come i canoni occiden- A MICHEL FOUCAULT Si è costruito un sapere sul corpo con discipline militari e scolastiche. È solo a partire da un potere sul corpo che un sapere fisiologico, organico era possibile Potere-corpo 1975 ZIGMUNT BAUMAN L’attenzione verso il corpo si è trasformata in una preoccupazione assoluta e nel più ambito passatempo della nostra epoca La società dell’incertezza, 1999 CORPI Qui sopra “Le tre età della donna” di Gustav Klimt; a destra, in alto il corpo femminile in un trattato di anatomia del XVIII secolo; in basso un tatuaggio polinesiano delle Isole Marchesi; nella pagina a sinistra, le proporzioni del corpo in un disegno di Albrecht Dürer ‘‘ ,, RIBELLIONE Il nostro corpo non è così remissivo e docile come lo immaginiamo. In esso si manifestano delle controvolontà ‘‘ ,, RIFLESSI Gli specchi, i ritratti, le fotografie, perfino i film ci rimandano l’immagine del corpo. Creano il canone occidentale della bellezza GLI AUTORI DIARI ONLINE Il Sillabario è di Luce Irigaray, psicoanalista e filosofa francese, autrice di Speculum (Feltrinelli) e Amo a te (Bollati Boringhieri). Mario Perniola è docente di Estetica all’Università di Roma Tor Vergata. Nel 2005 ha scritto I situazionisti (Castelvecchi). Tutti i numeri del “Diario” di Repubblicasono consultabili su Internet sul sito www.repubblica.it, al menu supplementi. Qui i lettori troveranno le pagine, comprensive delle illustrazioni, di questo strumento di approfondimento. tali della bellezza. È quello che vediamo invecchiare fino al punto di ridursi in quella rovina in cui non vogliamo più riconoscerci. Il terzo corpo per Valéry è privo di una qualsiasi unità. E’ il corpo fatto a pezzi dai ferri dell’anatomia. Questa idea del corpo sembra il risultato della tecnica chirurgica moderna. In realtà i Greci dell’epoca omerica non avevano una parola per nominare il corpo nella sua unità: il corpo era percepito come un insieme di membra, una pluralità di parti, come mostrano le raffigurazioni dell’arte vascolare arcaica, nelle quali sono messi in evidenza soprattutto i muscoli delle gambe e delle parti carnose. Esiste tuttavia per Valéry l’idea di un quarto corpo, che si potrebbe chiamare indifferentemente corpo reale o corpo immaginario. Esso è per lui una costruzione concettuale non dissimile dalle nozioni elaborate dai fisici che spesso sono aldilà o aldiquà dei nostri sensi, della nostra immaginazione e perfino della nostra capacità di comprendere È questa un’idea a prima vista piuttosto fumosa di corpo. Ma essa proviene dall’insoddisfazione nei confronti delle prime tre idee. Mi sembra che queste non pensino davvero il corpo in quanto corpo. Nella prima ciò che conta è l’anima della quale il corpo è solo lo strumento: va perduta così la dimensione di “cosalità” del corpo, a favore di una concezione spiritualistica il cui centro è costituito dalla coscienza individuale. Nella seconda ciò che conta è l’immagine la quale mi allontana, non meno dell’anima, dall’esperienza della corporeità. Infine la terza idea del corpo pensa le membra come entità autonome, che per gli antichi Greci erano mosse da forze esterne. Tutte queste idee del corpo lo intendono come una incarnazione del vivente, un insieme di spiritualità e di vitalità. La parola tedesca Leib (corpo), affine a Leben (vita), esprime bene questo legame tra il corpo e l’esperienza di una sopraelevazione ideale. L’intuizione di un quarto corpo si muove in una direzione completamente differente. Essa scorge nella parola latina corpus qualcosa d’irriducibile ad una sublimazione estetico-spirituale, un aspetto più opaco, inorganico e “cosale”, che si trova nella parola tedesca Körper; questo è un corpo non solo diverso, ma perfino opposto al Leib, una specie di controcorpo, se per corpo s’intende il corpo vivente. Fatto sta che il modello concettuale che suggerisce l’idea di un quarto corpo non è il corpo vivente, ma piuttosto la cosa, quindi non un oggetto, che implica l’esistenza di un soggetto (e perciò ci fa ricadere nella prima idea del corpo inteso come strumento dell’anima), ma proprio l’esperienza di una cosa che sente in modo impersonale. I LIBRI NOËL BERNARD Estratti del corpo Mondadori 2001 MICHEL FOUCAULT Storia della sessualità Feltrinelli 2001 Microfisica del potere Einaudi 1982 AMEDEO SANTOSUOSSO Corpo e libertà Raffaello Cortina 2001 ADRIANA CAVARERO Corpo in figure Feltrinelli 2000 CLAUDIA PANCINO (a cura di) Corpi. Storia, metafore, rappresentazio ni fra Medioevo ed età contemporanea Marsilio 2000 DONNA J. HARAWAY Manifesto Cyborg Feltrinelli 1999 GEORGES BATAILLE L’erotismo ES 1997 SUSAN BORDO Il peso del corpo Feltrinelli 1997 MARK DERY Velocità di fuga Feltrinelli 1997 G. BERLINGUER V. GARRAFA La merce finale Baldini Castoldi Dalai 1996 Repubblica Nazionale