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Caso di Valutazione e fusione d`azienda
La congruità del rapporto di concambio in una operazione di fusione per incorporazione 1 2 3 4 5 Premessa La valutazione in ipotesi di fusione La valutazione delle aziende D.D. e C.C. La verifica della congruità dei valori di capitale economico delle aziende D.D. e C.C. Conclusioni 1 Premessa In data 2 aprile n il Sig. [...], nella sua qualità di presidente del consiglio di amministrazione della D.D., e il Sig. [...], nella sua qualità di amministratore unico della C.C., premesso − che è intenzione delle suddette società di procedere a una fusione per incorporazione della C.C. nella D.D., − che la D.D. non detiene alcuna azione della C.C., − che ai sensi dell’art. 2051-quinquies c.c. occorre procedere alla nomina di un esperto ai fini della valutazione della congruità del rapporto di cambio delle azioni delle società partecipanti alla fusione, hanno richiesto al Presidente del Tribunale di [...] la designazione dell’esperto. In data 9 aprile n, il Presidente del Tribunale di [...] ha nominato quale esperto per la valutazione di cui all’art. 2051-quinquies c.c., il Dott. [...]. La D.D. e la C.C. sono due aziende commerciali che svolgono un’attività economica omogenea operando, principalmente, nel settore della vendita dei ricambi per autoveicoli, avendo come clienti gli autoriparatori. Entrambe le società sono concessionari in esclusiva di [...] che rappresenta il loro fornitore principale, nei confronti del quale hanno vincoli, se pur tradizionalmente elastici, di acquisto di quantitativi minimi per famiglie di prodotti. La revisione degli accordi commerciali con [...], avvenuta dall’1.1.n, restringe gli accordi di esclusiva, ma al contempo consentirà di poter vendere prodotti concorrenti a quelli con marchio [...]. Si tratta quindi di imprese con combinazioni prodotti/clienti del tutto analoghe, che operano commercialmente secondo politiche di vendita e distri−1− buzione coincidenti. L’unica differenza è costituita dai mercati geografici nei quali collocano le loro merci. Il fatturato dell’esercizio n-1 della D.D. è per circa l’80% rappresentato da prodotti [...], mentre quello della C.C. lo è per circa il 77%. L’organizzazione personale delle due imprese è, di conseguenza, analoga anche se la dimensione è ovviamente differente in funzione della dimensione competitiva (fatturato) delle medesime. 2 La valutazione in ipotesi di fusione La fondamentale problematica che si pone nell’operazione di fusione è costituita dalla determinazione del rapporto di cambio: esso misura il numero di azioni della nuova società risultante dalla fusione o della incorporante che dovranno essere assegnate ai soci delle società preesistenti o incorporate a fronte delle loro azioni, che saranno contestualmente annullate. Vale il principio generale che il socio della società che si fonde o viene incorporata deve ricevere, per le azioni annullate, il medesimo valore economico espresso in azioni della società risultante dalla fusione o incorporante. Ne consegue che le valutazioni in ipotesi di fusione sono basate sulla metodologia di determinazione del capitale economico. Il fine ultimo dell’operazione di fusione, prescindendo dalle motivazioni specifiche, è la previsione di un capitale economico dell’azienda post-fusione maggiore della somma dei capitali economici delle aziende che si fonderanno. Questo risultato è perseguito grazie all’integrazione e alla complementarità delle economie delle singole aziende che permetteranno lo sviluppo e lo sfruttamento di effetti sinergici, di varia natura e intensità, volti a ottimizzare il binomio redditività/rischio della futura gestione. Ciò premesso, proprio tale aspetto peculiare dell’operazione di fusione è fonte di rilevanti complicazioni concettuali e operative. L’approccio valutativo coerente con la finalità dell’operazione dovrebbe prevedere la determinazione del capitale economico dell’azienda postfusione e, poi, tale valore andrebbe ripartito tra le società coinvolte nella fusione in funzione del concorso specifico che ciascuna di esse apporterà alla redditività della società post-fusione. Il complesso aziendale di cui si tende a determinare il capitale economico sprigionerà le proprie energie economiche solo dopo l’operazione di fusione, quindi è arduo poter configurare una grandezza media di reddito atteso poiché non la si può dimostrare sulla base dell’esperienza passata. A ciò si aggiunga che è difficile formulare previsioni attendibili circa il reale dispiegarsi degli effetti economici attesi con la fusione e, pertanto, la determinazione del capitale economico dell’azienda post-fusione potrebbe rivelarsi un mero esercizio teorico. Inoltre, risulta impossibile definire cri−2− teri obiettivi con i quali misurare il concorso alla produzione dei redditi attesi da parte di ciascuna azienda rispetto all’azienda post-fusione, se non in limitati e circostanziati casi. Visti gli ostacoli concettuali e operativi, non resta che utilizzare l’unico approccio valutativo concretamente praticabile, costituito dalla valutazione dei capitali economici delle aziende partecipanti alla fusione come se esse continuassero a operare autonomamente. Come è stato autorevolmente osservato, nella prassi si finisce per considerare quanto gli azionisti delle società coinvolte “sacrificano nella fusione, piuttosto che quanto ne ricavano”. Infine, è opportuno chiarire che l’obiettivo ultimo del processo valutativo di fusione è la definizione di un “rapporto” tra i capitali economici delle imprese coinvolte nell’operazione, per cui le valutazioni dei capitali economici delle singole imprese non sono affatto da intendersi in valore assoluto, assumendo esse significato solo relativo. Ciò comporta che le valutazioni in ipotesi di fusione hanno significato solo in funzione degli obiettivi specifici della stima (la definizione di un rapporto economico) e che quei valori non possono essere utilizzati per altri scopi. Perciò, ai fini dell’obiettivo che si persegue (determinare il rapporto di cambio tra azioni o quote delle società) assume rilievo la raffrontabilità dei risultati ottenuti, che si può ricercare adottando metodi e criteri omogenei. Per garantire la suddetta omogeneità non è sufficiente l’impiego degli stessi metodi e criteri: è necessaria l’applicazione delle stesse regole e degli stessi comportamenti nelle scelte valutative essenziali; in ultima analisi, si tratta di ricercare la massima obiettività e imparzialità, condizioni che implicano l’adozione di metodi dimostrabili, scarsamente soggettivi e agevolmente comprensibili e, talvolta, l’adozione di una pluralità di metodi e criteri. [Omissis] 2.1 Dalla valutazione delle aziende alla valutazione delle partecipazioni oggetto di cambio Nel caso della fusione, l’oggetto ultimo di valutazione è costituito dalle azioni o quote delle società coinvolte. La valutazione del capitale economico non può prescindere da considerare e indagare situazioni di ordine fiscale che riguardano la società, oltre che il patrimonio della medesima, poiché queste situazioni si trasferiscono in capo alla società risultante dalla fusione, cosa che non avviene con la cessione di azienda. Limitando l’analisi alle valutazioni dei complessi aziendali D.D. e C.C., l’applicazione dei metodi patrimoniali, con la rivalutazione a valori correnti degli elementi non monetari, porta a evidenziare le plusvalenze rispetto ai valori contabili, cui si collegano secondo un nesso causale passività espresse da oneri fiscali latenti. −3− Tuttavia, tali carichi fiscali latenti hanno carattere potenziale (si collegano al futuro realizzo dei maggiori valori considerati) e differito (i tempi possono essere stimati nel medio/lungo periodo o non essere nemmeno prevedibili). Si obietta inoltre che vari fenomeni possono influire sugli oneri fiscali latenti: alcuni beni cui le plusvalenze sono connesse non sono destinati al realizzo diretto (per esempio, gli impianti nel caso di una azienda industriale, gli immobili all’interno dei quali si svolge l’attività produttiva); attraverso agevolazioni fiscali gli oneri fiscali possono essere ridotti o evitati (per esempio, si pensi alla compensazione di tali oneri con le perdite future); nei periodi di inflazione, provvedimenti legislativi di rivalutazione dei beni possono rendere, in tutto o in parte, intassabili le plusvalenze. Tenuto conto di tali circostanze e del carattere potenziale e differito dei carichi fiscali latenti, la soluzione più efficace consiste nell’adozione di aliquote ridotte, spesso differenziate in funzione della natura dell’elemento patrimoniale cui si riferiscono e dei tempi di possibile realizzo. Non è possibile definire in modo assoluto quale sia la riduzione da applicare, pare opportuno però ragionare sulla situazione della singola azienda. 3 La valutazione delle aziende D.D. e C.C. Le aziende D.D. e C.C. sono state valutate dai loro amministratori secondo una metodologia che può essere classificata nella “famiglia” dei metodi misti di valutazione dell’azienda. Di seguito, si procede alla descrizione della metodologia utilizzata, delle verifiche compiute e, congiuntamente, all’analisi critica della medesima. 3.1 La valutazione patrimoniale [Omissis] La valutazione dei complessi immobiliari Le perizie di stima riguardanti i complessi immobiliari di proprietà delle due società sono state redatte dal Geom. [...]. L’oggetto della valutazione è rappresentato dal complesso immobiliare destinato allo svolgimento dell’attività operativa di ciascuna impresa. Si tratta di complessi con caratteristiche similari e medesima funzione economica, cosı̀ identificati nelle perizie estimative: − negozio-magazzino con annessi servizi e uffici in [...]; − complesso immobiliare a uso commerciale con annessi servizi, uffici e abitazione in comune di [...]. Il criterio valutativo utilizzato è coerente rispetto all’oggetto e risulta applicato in modo omogeneo. I complessi immobiliari sono stati valutati sulla base dei prezzi correnti praticati, nella zona in cui sono localizzati tali −4− complessi, per immobili similari sia per destinazione sia per grado di finitura, tenuto conto della ubicazione e dell’incidenza degli impianti. Il perito estimatore ritiene equo attribuire i seguenti valori correnti: proprietà C.C. proprietà D.D. euro 1.166.000 euro 3.050.000 Al fine di attribuire ai complessi immobiliari un valore in funzione della valutazione delle rispettive aziende, è necessario determinare l’imposta latente calcolata sulla differenza tra il valore corrente e il valore netto contabile (valore residuo da ammortizzare). Con riferimento al caso considerato, si sottolinea la particolarità della plusvalenza associata all’unico immobile aziendale, che risulta di fatto indispensabile ai fini dell’attività. Proprio il rilievo del cespite porta a considerare l’ipotesi della sua dismissione piuttosto remota. Questa considerazione spiega la scelta di una aliquota particolarmente ridotta, per tenere conto del carattere (meramente potenziale e non prevedibile) degli oneri fiscali relativi. Ciò nonostante, il calcolo dell’imposta latente è necessario perché non solo è prudente ipotizzare il realizzo nel lungo termine di un’eventuale plusvalenza dalla cessione del bene, ma soprattutto perché il maggior valore corrente assunto al fine della valutazione non produrrà l’effetto di aumentare le quote di ammortamento fiscalmente deducibili. Il fondo imposte latenti assume una duplice connotazione: espressione del valore attuale di una imposta (Irpeg) di futura (remota) manifestazione; misura del valore attuale delle maggiori imposte dirette (Irpeg e Irap) determinate per effetto della non deducibilità delle maggiori quote di ammortamento calcolate sul valore corrente del bene. In questo secondo caso, la rilevazione di un fondo imposte latenti, che assume i connotati di un fondo imposte differite, si giustifica per una ragione di coerenza metodologica. Se il valore del patrimonio è incrementato sulla base del maggior valore corrente dei beni, bisogna riconoscere che quel maggior valore corrente non comporta, a livello dei conti economici degli esercizi futuri, alcun risparmio di imposta. Ne segue che la rivalutazione di quel bene deve scontare l’assenza di ogni beneficio fiscale a livello di determinazione dei futuri redditi imponibili. Tenuto conto di un’aliquota Irpeg del 37% e di una aliquota Irap del 4,25% e che: − l’ipotesi di cessione dei beni è remota, la plusvalenza potrebbe essere ulteriormente differita o ricevere altre agevolazioni e, infine, sconterebbe solo l’Irpeg, − l’ipotesi di mancato beneficio fiscale per l’indeducibilità delle maggiori quote di ammortamento è distribuita sul lungo periodo e i maggiori ammortamenti sono di entità minima, −5− appare ragionevole la forfetizzazione dell’aliquota con la quale ridurre la plusvalenza latente nella misura del 10%. Le relazioni degli amministratori determinano i valori dei complessi immobiliari, in funzione della valutazione delle aziende, nel modo seguente: − Immobile strumentale D.D. Valore perizia Valore iscritto in bilancio Fondo ammortamento Plusvalenza Imposta latente (0,10) Plusvalenza netta 3.050.000 3.114.139 584.101 − Immobile strumentale C.C. Valore perizia Valore iscritto in bilancio Fondo ammortamento Plusvalenza Imposta latente (0,10) Plusvalenza netta (2.530.038) 519.962 (51.962) 468.000 1.166.000 387.000 121.870 (265.130) 900.870 (90.070) 810.800 La determinazione del patrimonio netto rivalutato Il patrimonio netto espresso a valori correnti delle due società è determinato sommando al patrimonio netto contabile la plusvalenza sul complesso immobiliare al netto dell’imposta latente. − D.D. Capitale sociale Riserva di rivalutazione Riserva legale Riserva straordinaria Utile di esercizio n-1 Patrimonio netto contabile Plusvalenza netta sull’immobile strumentale Patrimonio netto rivalutato 1.000.000 3.627 165.039 894.308 452.121 2.515.096 468.000 2.983.096 − C.C. Capitale sociale Riserva legale Riserva straordinaria Utile di esercizio n-1 Patrimonio netto contabile Plusvalenza netta sull’immobile strumentale Patrimonio netto rivalutato 200.000 99.085 1.128.522 307.004 1.734.611 810.800 2.545.411 −6− 3.2 La valutazione dell’avviamento L’avviamento è stato quantificato dai Consigli di amministrazione delle rispettive società sulla base di una metodologia empirica, ispirandosi al criterio adottato dall’amministrazione finanziaria per controllare l’entità dell’avviamento dichiarato nelle operazioni di cessione di azienda. Il criterio valutativo applicato prevede che l’avviamento sia pari a tre volte il reddito imponibile medio, calcolato moltiplicando la redditività media dei ricavi (basata sul reddito imponibile ai fini Irpeg) con la media dei ricavi del triennio n-3/n-1. Società moltiplicatore redditività media [1] D.D. C.C. [2] media dei ricavi del triennio n-3/n-1 (migliaia di euro) [3] Avviamento (migliaia di euro) [4 = 1 × 2 × 3] 3 5,8% 15.784 2.750 3 8,3% 5.852 1.460 Il criterio valutativo risulta applicato in modo omogeneo nella valutazione di entrambe le aziende, ma non è possibile limitare l’analisi alla puntuale applicazione di quella metodologia al caso di specie perché tale metodologia di determinazione dell’avviamento non trova riconoscimento a livello scientifico. 3.3 Il capitale economico Gli amministratori delle società hanno determinato i capitali economici delle aziende sommando al valore del patrimonio netto rivalutato il valore dell’avviamento: − D.D. Patrimonio netto rivalutato Avviamento Capitale economico 2.983.096 2.750.000 5.733.096 − C.C. Patrimonio netto rivalutato Avviamento Capitale economico 2.545.411 1.460.000 4.005.411 Nelle valutazioni di azienda prodromiche alle operazioni di fusione, i valori assoluti non assumono rilievo in quanto, per determinare l’assegnazione delle azioni della società risultante dalla fusione tra le compagini sociali delle società che si fondono, è fondamentale il “peso economico” di una impresa rispetto all’altra. Tale “peso economico” può essere espresso con rapporti di vario tipo. −7− Per esempio si accerta che il rapporto tra i capitali economici di D.D. e C.C. è pari a 1,43: pe = cap. economico D.D. / cap. economico di C.C. = 5.733 / 4.005 = 1,43 Pertanto, il controllo delle valutazioni dei capitali economici è strumentale al fine di accertare il “peso economico” di un’azienda rispetto all’altra, che costituisce l’obiettivo ultimo del controllo di congruità delle valutazioni operate dagli amministratori di D.D. e C.C. 3.4 Il rapporto di cambio Per poter determinare il numero di azioni che la D.D. deve emettere e assegnare in cambio ai soci della C.C. è conveniente esprimere in termini percentuali il peso che le compagini azionarie delle due società rivestiranno nella società post-fusione. La compagine sociale della D.D. dovrebbe esprimere il 58,87% del capitale della medesima società, mentre la compagine sociale della C.C. dovrebbe esprimere il 41,13% del capitale, corrispondente a un aumento di capitale sociale di D.D. di euro 698.658 e all’assegnazione, per ciascuna delle 2.000 azioni C.C., di 34,934 azioni D.D. Gli amministratori delle due società hanno convenuto di arrotondare all’unità il rapporto di cambio, che diventa 35 azioni di nuova emissione D.D. in cambio di 1 azione C.C. 4 La verifica della congruità dei valori di capitale economico delle aziende D.D. e C.C. L’art. 2501-quinquies c.c., al secondo comma, prescrive che: «La relazione deve contenere, inoltre, un parere sull’adeguatezza del metodo o dei metodi seguiti per la determinazione del rapporto di cambio e sull’importanza relativa attribuita a ciascuno di essi nella determinazione del valore adottato». Per conseguire la finalità della norma è necessario, nel caso di specie, provvedere al controllo del capitale economico tramite l’applicazione di metodologie differenti, pur sempre appartenenti alla famiglia dei metodi misti di valutazione di azienda. La scelta di operare il controllo dei capitali economici sulla base di metodologie miste patrimoniali-reddituali dipende da: − la maggior obiettività di questi metodi rispetto a quelli fondati esclusivamente su flussi economici previsti; − la composizione del patrimonio delle due società e l’incidenza del valore corrente dei complessi immobiliari sul patrimonio netto rivalutato, pari, rispettivamente, al 100% del patrimonio netto rivalutato della D.D. e al 62% del patrimonio netto rivalutato della C.C.; −8− − i complessi immobiliari, per la loro fungibilità, hanno un valore corrente che non risulta strettamente vincolato alle aspettative di svolgimento dell’attività operativa aziendale; − il cambiamento del rapporto commerciale con [...], che introduce ulteriori elementi di complessità e variabilità nella programmazione dell’evoluzione della gestione futura e nella previsione dei risultati economici. In sostanza, per controllare la congruità delle valutazioni operate dagli amministratori delle società coinvolte nella fusione non è sufficiente formulare un giudizio sull’adeguatezza delle metodologie utilizzate, ma è necessario verificare, nel concreto, i risultati ottenuti, applicando metodologie alternative. 4.1 La normalizzazione del reddito Questa valutazione è preliminare all’utilizzo di metodologie nelle quali sia presente, direttamente o indirettamente, la componente reddituale. Il procedimento con il quale si configura la grandezza di reddito che si ritiene stabilmente producibile dall’azienda rispetto all’orizzonte temporale assunto al fine della valutazione ha comportato: − la riespressione dei redditi degli esercizi n-3 e n-2 sulla base del potere di acquisto della moneta al 31.12.n-1; − la ponderazione dei redditi, al fine di far emergere sia il trend positivo dell’incremento degli utili dall’esercizio n-3 all’esercizio n-1, sia la minor significatività del risultato economico dell’esercizio n-3 rispetto ai successivi e a quelli prospettici; − il computo di maggiori ammortamenti, per effetto della valutazione a valori correnti dei complessi immobiliari; − la rideterminazione delle imposte di competenza, Irpeg e Irap, stimando per quest’ultima una base imponibile equivalente a quella risultante dalla dichiarazione Irap dell’esercizio n-2, poiché il reddito di quell’esercizio si avvicina a quello medio prospettico e, quindi, si può ipotizzare che la struttura dei costi e dei ricavi dell’esercizio n-2 costituisca una buona approssimazione anche per il calcolo dell’Irap di competenza dei futuri esercizi. Il reddito netto medio atteso, espresso in una moneta a potere di acquisto costante, conclusa la procedura di normalizzazione, risulta dell’ordine di grandezza di: per D.D., euro 406.000, senza ponderazione, ed euro 415.000, con ponderazione; per C.C., euro 222.000, senza ponderazione, ed euro 238.000, con ponderazione. −9− 4.2 Il metodo Uec L’applicazione di questo metodo comporta che si assuma quale patrimonio netto rivalutato quello determinato con il metodo analitico-patrimoniale e quale reddito medio normale prospettico il reddito normalizzato. Il tasso normale di settore per la remunerazione del capitale è inteso quale tasso soglia al di sotto del quale l’investimento nel capitale dell’impresa non è giudicato remunerativo, tenuto conto del grado di rischio del settore economico in cui l’impresa opera e del rischio specifico che contraddistingue l’attività economica dell’impresa. Calcoliamo, con riferimento all’n-1, il tasso medio di rendimento dei titoli di Stato a breve scadenza al netto dell’imposizione e dell’inflazione. Tasso medio Bot n-1 Tassazione 12,50% Tasso netto dei Bot Tasso di inflazione medio n-1 Tasso netto deflazionato dei Bot 3,3000 0,4125 2,8875 1,8000 1,0875 Questo tasso può essere assunto quale ordine di grandezza del tasso prospettico di rendimento dei titoli di Stato. Ciò premesso, sulla base dell’esperienza e delle prospettive formulabili al tempo di questa valutazione, si può ritenere ragionevole stimare un tasso normale di rendimento del capitale per le imprese oggetto di valutazione del 5%, al netto dell’imposizione diretta e dell’inflazione. L’orizzonte temporale preso a base del calcolo dell’avviamento è di 7 anni, ma si è provveduto a ricalcolarlo anche sulla base di un periodo limitato a 5 anni. Tuttavia, si ritiene che per società operanti sul mercato da decenni, con risultati competitivi ed economici più che positivi, possa essere penalizzante limitare l’orizzonte temporale entro valori convenzionali (3-5 anni) che sempre più spesso sono stati abbandonati nell’applicazione del metodo Uec. Per quanto concerne il tasso che consente l’attualizzazione del sovrareddito, si concorda con il più recente orientamento dottrinale per il quale la scelta del tasso è strumentale a rendere finanziariamente omogenee grandezze riferite a epoche diverse. Il tasso di attualizzazione, sulla base di un orizzonte temporale di medio periodo, è stato fissato ipotizzando dapprima il 5% e poi il 6%. 4.3 Il metodo del valor medio Il risultato ottenuto con l’applicazione di questa metodologia valutativa è determinato quale media aritmetica semplice della valutazione patrimoniale e della valutazione reddituale dell’impresa. Al fine dell’applicazione del metodo, si è assunto quale valore patrimoniale il patrimonio netto rivalutato precedentemente determinato. − 10 − La determinazione del valore economico delle imprese secondo una metodologia puramente reddituale implica la definizione della grandezza di reddito da attualizzare e del tasso di attualizzazione. In merito al primo punto, si può assumere il reddito nella dimensione determinata quale reddito netto normalizzato medio prospettico. Il tasso di attualizzazione deve essere determinato, coerentemente al reddito, al netto della componente inflazionistica e deve riflettere la maggior incertezza conseguente all’ipotesi − implicita nel metodo − che l’impresa possa produrre mediamente quella data grandezza di reddito su un orizzonte temporale di lunghissimo periodo. Quindi si è proceduto, analogamente all’applicazione del metodo Uec, a ipotizzare, dapprima, un tasso reale di attualizzazione del 7%, poi, dell’8%. 4.4 I risultati della verifica La verifica del “peso economico” di un’azienda rispetto all’altra è stata realizzata impiegando il metodo misto patrimoniale-reddituale e specificamente la metodologia dell’Uec e la metodologia del valor medio. La sintesi dei risultati e la determinazione del “peso economico” (pe) è di seguito esposta. Si è proceduto alla verifica modificando i valori di alcune variabili di ciascuna metodologia (tabella 1). Tabella 1 - Determinazione del capitale economico - Sviluppo di ipotesi alternative D.D. C.C. D.D. C.C. D.D. C.C. Patrimonio netto Rivalutazione immobile % imposta latente F.do imp. latenti Rivalutazione netta Svalutazioni 2.515,0 1.735,0 2.515,0 1.735,0 2.515,0 1.735,0 520,0 901,0 520,0 901,0 520,0 901,0 0,1 0,1 0,1 0,1 0,1 0,1 −52,0 −90,1 −52,0 −90,1 −52,0 −90,1 2.983,0 2.545,9 2.983,0 2.545,9 2.983,0 2.545,9 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 Patrimonio netto rivalut. (PNR) 2.983,0 2.545,9 2.983,0 2.545,9 2.983,0 2.545,9 Reddito lordo n-3 Coeff. rivalutazione Reddito lordo n-2 Coeff. rivalutazione Reddito lordo n-1 Coeff. rivalutazione 699,0 307,0 699,0 307,0 699,0 307,0 1,0356 1,0356 1,0356 1,0356 1,0356 1,0356 734,0 432,0 734,0 432,0 734,0 432,0 1,0180 1,0180 1,0180 1,0180 1,0180 1,0180 922,0 572,0 922,0 572,0 922,0 572,0 1,0 1,0 1,0 1,0 1,0 1,0 (segue) − 11 − D.D. C.C. D.D. C.C. D.D. C.C. Reddito lordo rivalut. n-3 peso Reddito lordo rivalut. n-2 peso Reddito lordo rivalut. n-1 peso Media redditi lordi maggiore amm.to Media ponderata redditi lordi 723,9 1,0 747,2 1,0 922,0 1,0 797,7 14,0 783,7 317,9 1,0 439,8 1,0 572,0 1,0 443,2 24,0 419,2 723,9 0,2 747,2 0,4 922,0 0,4 797,7 14,0 798,5 317,9 0,2 439,8 0,4 572,0 0,4 443,2 24,0 444,3 723,9 0,2 747,2 0,4 922,0 0,4 797,7 14,0 798,5 317,9 0,2 439,8 0,4 572,0 0,4 443,2 24,0 444,3 Irpeg Irap 290,0 87,8 155,1 41,9 295,4 87,8 164,4 41,9 295,4 87,8 164,4 41,9 Reddito netto normale (A) 405,9 222,2 415,2 238,0 415,2 238,0 i1 i1 × PNR (B) Sovrareddito [(A) − (B)] 0,05 149,2 256,7 0,05 127,3 94,9 0,05 149,2 266,0 0,05 127,3 110,7 0,05 149,2 266,0 0,05 127,3 110,7 i2 n=5 n=7 Avviamento (con n = 5) Avviamento (con n = 7) 0,05 0,05 0,05 0,05 0,06 0,06 4,3294 4,3294 4,3294 4,3294 4,2123 4,2123 5,7863 5,7863 5,7863 5,7863 5,5823 5,5823 1.111,5 410,9 1.151,8 479,3 1.120,6 466,3 1.485,5 549,2 1.539,3 640,6 1.485,1 618,0 Uec = PNR + Avv (con n = 5) 4.094,5 2.956,8 4.134,8 3.025,2 4.103,6 3.012,2 Uec = PNR + Avv (con n = 7) 4.468,5 3.095,1 4.522,3 3.186,5 4.468,1 3.163,9 i R/i 0,07 0,07 0,07 0,07 0,08 0,08 5.798,3 3.174,5 5.931,2 3.400,0 5.189,8 2.975,0 Valor medio = [(PNR) + (R/i)]/2 4.390,7 2.860,2 4.457,1 2.973,0 4.086,4 2.760,5 Con riferimento: − alla metodologia Uec (risultati dalla lettera A alla F) si è provveduto a determinare i capitali economici delle due aziende variando: n il numero dei periodi amministrativi considerati per l’attualizzazione del sovrareddito; R medio ottenuto come media aritmetica semplice (S) dei redditi rivalutati del triennio n-3/n-1 o come media ponderata (P); i2 il tasso di attualizzazione del sovrareddito; − alla metodologia del valor medio (risultati dalla lettera G alla I) si è provveduto a determinare i capitali economici delle due aziende variando: − 12 − R medio ottenuto come media aritmetica semplice (S) dei redditi rivalutati del triennio n-3/n-1 o come media ponderata (P); i il tasso di attualizzazione del reddito. I “pe” sono cosı̀ determinati (i valori del capitale economico − Ce − delle due imprese sono espressi in migliaia di euro): − metodologia Uec n R medio i1 i2 Ce D.D. Ce C.C. pe A B C D E F 5 ponderato 0,05 0,06 5 ponderato 0,05 0,05 5 semplice 0,05 0,05 7 ponderato 0,05 0,06 7 ponderato 0,05 0,05 7 semplice 0,05 0,05 4.104 3.164 1,362 4.135 3.025 1,367 4.094 2.956 1,385 4.468 3.164 1,412 4.522 3.186 1,419 4.468 3.095 1,444 − metodologia del valor medio R medio i Ce D.D. Ce C.C. pe G H I ponderato 0,08 4.086 2.760 1,480 ponderato 0,07 4.457 2.973 1,499 semplice 0,07 4.391 2.860 1,535 Il “pe” di 1,43 determinato dagli amministratori delle società D.D. e C.C. si colloca tra le determinazioni contraddistinte con la lettere E e F e, in valore assoluto, è quasi equidistante rispetto ai “pe” di cui alle determinazioni contraddistinte con le lettere A e I. Se si aggiunge che la fascia che più interessa ai fini del controllo di congruità è quella compresa tra le determinazioni contraddistinte con le lettere E e G, poiché considera un orizzonte temporale più consono alla valutazione del capitale economico, si può affermare che il risultato determinato dagli amministratori delle società coinvolte nella fusione appare congruo, se pur la metodologia adottata non pare sviluppata in modo consono, secondo quanto brevemente illustrato. Un altro dato che può essere considerato quale informazione integrativa alle precedenti riguarda il tempo di recupero del valore dell’avviamento determinato dagli amministratori delle società, avviamento che ha un peso differente e rilevante nello spiegare l’entità del capitale economico delle due aziende. − 13 − − D.D. Patrimonio netto rivalutato Avviamento Capitale economico 2.983.096 2.750.000 5.733.096 0,52 0,48 1 − C.C. Patrimonio netto rivalutato Avviamento Capitale economico 2.545.411 1.460.000 4.005.411 0,64 0,36 1 Se si considera il reddito netto normalizzato, considerato quale grandezza media di reddito producibile nel futuro dall’azienda, risulta: Avviamento R netto normale (migliaia di euro) (migliaia di euro) t = Avv./Rnn D.D. 2.750 412 6,67 C.C. 1.460 238 6,13 I redditi netti prospettici confermano che, per ciascuna impresa, il recupero del valore di avviamento può avvenire entro un periodo ragionevole (inferiore ai sette anni) e, soprattutto, sostanzialmente coincidente. Quindi la determinazione dei capitali economici appare influenzata dal differente valore attribuito ai patrimoni netti e, in particolare, dalla dimensione assoluta dei redditi netti attesi. 5 Conclusioni La società D.D. intende incorporare la società C.C., di cui non detiene alcuna partecipazione, offrendo in cambio trentacinque azioni D.D. per una azione C.C. Il rapporto di cambio è stato determinato sulla base dei capitali economici delle due imprese, valutando le aziende autonomamente, cioè come se continuassero a operare singolarmente. I capitali economici delle due aziende sono stati stimati in euro: 5.733.000 per D.D. 4.005.000 per C.C. [Omissis] I risultati ottenuti, anche modificando i valori di alcune variabili fondamentali di ciascuna metodologia, consentono di affermare la congruità del rapporto di cambio fissato dagli amministratori delle società in 35 azioni D.D. ogni azione C.C. − 14 −