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Caso di Valutazione e fusione d`azienda

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Caso di Valutazione e fusione d`azienda
La congruità del rapporto di concambio
in una operazione di fusione per incorporazione
1
2
3
4
5
Premessa
La valutazione in ipotesi di fusione
La valutazione delle aziende D.D. e C.C.
La verifica della congruità dei valori di capitale economico delle aziende D.D. e C.C.
Conclusioni
1 Premessa
In data 2 aprile n il Sig. [...], nella sua qualità di presidente del consiglio di
amministrazione della D.D., e il Sig. [...], nella sua qualità di amministratore unico della C.C.,
premesso
− che è intenzione delle suddette società di procedere a una fusione per
incorporazione della C.C. nella D.D.,
− che la D.D. non detiene alcuna azione della C.C.,
− che ai sensi dell’art. 2051-quinquies c.c. occorre procedere alla nomina di
un esperto ai fini della valutazione della congruità del rapporto di cambio delle azioni delle società partecipanti alla fusione,
hanno richiesto al Presidente del Tribunale di [...] la designazione dell’esperto.
In data 9 aprile n, il Presidente del Tribunale di [...] ha nominato quale
esperto per la valutazione di cui all’art. 2051-quinquies c.c., il Dott. [...].
La D.D. e la C.C. sono due aziende commerciali che svolgono un’attività
economica omogenea operando, principalmente, nel settore della vendita
dei ricambi per autoveicoli, avendo come clienti gli autoriparatori. Entrambe le società sono concessionari in esclusiva di [...] che rappresenta il loro
fornitore principale, nei confronti del quale hanno vincoli, se pur tradizionalmente elastici, di acquisto di quantitativi minimi per famiglie di prodotti.
La revisione degli accordi commerciali con [...], avvenuta dall’1.1.n, restringe gli accordi di esclusiva, ma al contempo consentirà di poter vendere prodotti concorrenti a quelli con marchio [...].
Si tratta quindi di imprese con combinazioni prodotti/clienti del tutto analoghe, che operano commercialmente secondo politiche di vendita e distri−1−
buzione coincidenti. L’unica differenza è costituita dai mercati geografici nei
quali collocano le loro merci.
Il fatturato dell’esercizio n-1 della D.D. è per circa l’80% rappresentato da
prodotti [...], mentre quello della C.C. lo è per circa il 77%.
L’organizzazione personale delle due imprese è, di conseguenza, analoga
anche se la dimensione è ovviamente differente in funzione della dimensione competitiva (fatturato) delle medesime.
2 La valutazione in ipotesi di fusione
La fondamentale problematica che si pone nell’operazione di fusione è
costituita dalla determinazione del rapporto di cambio: esso misura il numero di azioni della nuova società risultante dalla fusione o della incorporante che dovranno essere assegnate ai soci delle società preesistenti o
incorporate a fronte delle loro azioni, che saranno contestualmente annullate. Vale il principio generale che il socio della società che si fonde o viene
incorporata deve ricevere, per le azioni annullate, il medesimo valore economico espresso in azioni della società risultante dalla fusione o incorporante.
Ne consegue che le valutazioni in ipotesi di fusione sono basate sulla
metodologia di determinazione del capitale economico.
Il fine ultimo dell’operazione di fusione, prescindendo dalle motivazioni specifiche, è la previsione di un capitale economico dell’azienda
post-fusione maggiore della somma dei capitali economici delle aziende
che si fonderanno. Questo risultato è perseguito grazie all’integrazione
e alla complementarità delle economie delle singole aziende che permetteranno lo sviluppo e lo sfruttamento di effetti sinergici, di varia
natura e intensità, volti a ottimizzare il binomio redditività/rischio
della futura gestione.
Ciò premesso, proprio tale aspetto peculiare dell’operazione di fusione
è fonte di rilevanti complicazioni concettuali e operative.
L’approccio valutativo coerente con la finalità dell’operazione dovrebbe
prevedere la determinazione del capitale economico dell’azienda postfusione e, poi, tale valore andrebbe ripartito tra le società coinvolte nella
fusione in funzione del concorso specifico che ciascuna di esse apporterà
alla redditività della società post-fusione.
Il complesso aziendale di cui si tende a determinare il capitale economico sprigionerà le proprie energie economiche solo dopo l’operazione di
fusione, quindi è arduo poter configurare una grandezza media di reddito
atteso poiché non la si può dimostrare sulla base dell’esperienza passata. A
ciò si aggiunga che è difficile formulare previsioni attendibili circa il reale
dispiegarsi degli effetti economici attesi con la fusione e, pertanto, la determinazione del capitale economico dell’azienda post-fusione potrebbe
rivelarsi un mero esercizio teorico. Inoltre, risulta impossibile definire cri−2−
teri obiettivi con i quali misurare il concorso alla produzione dei redditi
attesi da parte di ciascuna azienda rispetto all’azienda post-fusione, se non
in limitati e circostanziati casi.
Visti gli ostacoli concettuali e operativi, non resta che utilizzare l’unico
approccio valutativo concretamente praticabile, costituito dalla valutazione dei capitali economici delle aziende partecipanti alla fusione come se
esse continuassero a operare autonomamente. Come è stato autorevolmente osservato, nella prassi si finisce per considerare quanto gli azionisti delle
società coinvolte “sacrificano nella fusione, piuttosto che quanto ne ricavano”.
Infine, è opportuno chiarire che l’obiettivo ultimo del processo valutativo di fusione è la definizione di un “rapporto” tra i capitali economici
delle imprese coinvolte nell’operazione, per cui le valutazioni dei capitali
economici delle singole imprese non sono affatto da intendersi in valore
assoluto, assumendo esse significato solo relativo. Ciò comporta che le
valutazioni in ipotesi di fusione hanno significato solo in funzione degli
obiettivi specifici della stima (la definizione di un rapporto economico) e
che quei valori non possono essere utilizzati per altri scopi.
Perciò, ai fini dell’obiettivo che si persegue (determinare il rapporto di
cambio tra azioni o quote delle società) assume rilievo la raffrontabilità dei
risultati ottenuti, che si può ricercare adottando metodi e criteri omogenei.
Per garantire la suddetta omogeneità non è sufficiente l’impiego degli
stessi metodi e criteri: è necessaria l’applicazione delle stesse regole e degli
stessi comportamenti nelle scelte valutative essenziali; in ultima analisi, si
tratta di ricercare la massima obiettività e imparzialità, condizioni che
implicano l’adozione di metodi dimostrabili, scarsamente soggettivi e agevolmente comprensibili e, talvolta, l’adozione di una pluralità di metodi e
criteri.
[Omissis]
2.1 Dalla valutazione delle aziende alla valutazione
delle partecipazioni oggetto di cambio
Nel caso della fusione, l’oggetto ultimo di valutazione è costituito dalle
azioni o quote delle società coinvolte.
La valutazione del capitale economico non può prescindere da considerare e indagare situazioni di ordine fiscale che riguardano la società,
oltre che il patrimonio della medesima, poiché queste situazioni si trasferiscono in capo alla società risultante dalla fusione, cosa che non avviene
con la cessione di azienda.
Limitando l’analisi alle valutazioni dei complessi aziendali D.D. e C.C.,
l’applicazione dei metodi patrimoniali, con la rivalutazione a valori correnti degli elementi non monetari, porta a evidenziare le plusvalenze rispetto ai valori contabili, cui si collegano secondo un nesso causale passività espresse da oneri fiscali latenti.
−3−
Tuttavia, tali carichi fiscali latenti hanno carattere potenziale (si collegano al futuro realizzo dei maggiori valori considerati) e differito (i tempi
possono essere stimati nel medio/lungo periodo o non essere nemmeno
prevedibili).
Si obietta inoltre che vari fenomeni possono influire sugli oneri fiscali
latenti: alcuni beni cui le plusvalenze sono connesse non sono destinati al
realizzo diretto (per esempio, gli impianti nel caso di una azienda industriale, gli immobili all’interno dei quali si svolge l’attività produttiva);
attraverso agevolazioni fiscali gli oneri fiscali possono essere ridotti o evitati (per esempio, si pensi alla compensazione di tali oneri con le perdite
future); nei periodi di inflazione, provvedimenti legislativi di rivalutazione
dei beni possono rendere, in tutto o in parte, intassabili le plusvalenze.
Tenuto conto di tali circostanze e del carattere potenziale e differito dei
carichi fiscali latenti, la soluzione più efficace consiste nell’adozione di
aliquote ridotte, spesso differenziate in funzione della natura dell’elemento
patrimoniale cui si riferiscono e dei tempi di possibile realizzo. Non è
possibile definire in modo assoluto quale sia la riduzione da applicare,
pare opportuno però ragionare sulla situazione della singola azienda.
3 La valutazione delle aziende D.D. e C.C.
Le aziende D.D. e C.C. sono state valutate dai loro amministratori secondo
una metodologia che può essere classificata nella “famiglia” dei metodi
misti di valutazione dell’azienda.
Di seguito, si procede alla descrizione della metodologia utilizzata, delle
verifiche compiute e, congiuntamente, all’analisi critica della medesima.
3.1 La valutazione patrimoniale
[Omissis]
La valutazione dei complessi immobiliari
Le perizie di stima riguardanti i complessi immobiliari di proprietà delle
due società sono state redatte dal Geom. [...].
L’oggetto della valutazione è rappresentato dal complesso immobiliare
destinato allo svolgimento dell’attività operativa di ciascuna impresa. Si
tratta di complessi con caratteristiche similari e medesima funzione economica, cosı̀ identificati nelle perizie estimative:
− negozio-magazzino con annessi servizi e uffici in [...];
− complesso immobiliare a uso commerciale con annessi servizi, uffici e
abitazione in comune di [...].
Il criterio valutativo utilizzato è coerente rispetto all’oggetto e risulta applicato in modo omogeneo. I complessi immobiliari sono stati valutati sulla
base dei prezzi correnti praticati, nella zona in cui sono localizzati tali
−4−
complessi, per immobili similari sia per destinazione sia per grado di
finitura, tenuto conto della ubicazione e dell’incidenza degli impianti.
Il perito estimatore ritiene equo attribuire i seguenti valori correnti:
proprietà C.C.
proprietà D.D.
euro 1.166.000
euro 3.050.000
Al fine di attribuire ai complessi immobiliari un valore in funzione della
valutazione delle rispettive aziende, è necessario determinare l’imposta
latente calcolata sulla differenza tra il valore corrente e il valore netto
contabile (valore residuo da ammortizzare).
Con riferimento al caso considerato, si sottolinea la particolarità della
plusvalenza associata all’unico immobile aziendale, che risulta di fatto
indispensabile ai fini dell’attività. Proprio il rilievo del cespite porta a
considerare l’ipotesi della sua dismissione piuttosto remota.
Questa considerazione spiega la scelta di una aliquota particolarmente
ridotta, per tenere conto del carattere (meramente potenziale e non prevedibile) degli oneri fiscali relativi.
Ciò nonostante, il calcolo dell’imposta latente è necessario perché non
solo è prudente ipotizzare il realizzo nel lungo termine di un’eventuale
plusvalenza dalla cessione del bene, ma soprattutto perché il maggior
valore corrente assunto al fine della valutazione non produrrà l’effetto di
aumentare le quote di ammortamento fiscalmente deducibili.
Il fondo imposte latenti assume una duplice connotazione: espressione
del valore attuale di una imposta (Irpeg) di futura (remota) manifestazione; misura del valore attuale delle maggiori imposte dirette (Irpeg e Irap)
determinate per effetto della non deducibilità delle maggiori quote di ammortamento calcolate sul valore corrente del bene.
In questo secondo caso, la rilevazione di un fondo imposte latenti, che
assume i connotati di un fondo imposte differite, si giustifica per una
ragione di coerenza metodologica. Se il valore del patrimonio è incrementato sulla base del maggior valore corrente dei beni, bisogna riconoscere
che quel maggior valore corrente non comporta, a livello dei conti economici degli esercizi futuri, alcun risparmio di imposta. Ne segue che la
rivalutazione di quel bene deve scontare l’assenza di ogni beneficio fiscale
a livello di determinazione dei futuri redditi imponibili.
Tenuto conto di un’aliquota Irpeg del 37% e di una aliquota Irap del
4,25% e che:
− l’ipotesi di cessione dei beni è remota, la plusvalenza potrebbe essere
ulteriormente differita o ricevere altre agevolazioni e, infine, sconterebbe solo l’Irpeg,
− l’ipotesi di mancato beneficio fiscale per l’indeducibilità delle maggiori
quote di ammortamento è distribuita sul lungo periodo e i maggiori
ammortamenti sono di entità minima,
−5−
appare ragionevole la forfetizzazione dell’aliquota con la quale ridurre la
plusvalenza latente nella misura del 10%.
Le relazioni degli amministratori determinano i valori dei complessi immobiliari, in funzione della valutazione delle aziende, nel modo seguente:
− Immobile strumentale D.D.
Valore perizia
Valore iscritto in bilancio
Fondo ammortamento
Plusvalenza
Imposta latente (0,10)
Plusvalenza netta
3.050.000
3.114.139
584.101
− Immobile strumentale C.C.
Valore perizia
Valore iscritto in bilancio
Fondo ammortamento
Plusvalenza
Imposta latente (0,10)
Plusvalenza netta
(2.530.038)
519.962
(51.962)
468.000
1.166.000
387.000
121.870
(265.130)
900.870
(90.070)
810.800
La determinazione del patrimonio netto rivalutato
Il patrimonio netto espresso a valori correnti delle due società è determinato sommando al patrimonio netto contabile la plusvalenza sul complesso immobiliare al netto dell’imposta latente.
− D.D.
Capitale sociale
Riserva di rivalutazione
Riserva legale
Riserva straordinaria
Utile di esercizio n-1
Patrimonio netto contabile
Plusvalenza netta sull’immobile strumentale
Patrimonio netto rivalutato
1.000.000
3.627
165.039
894.308
452.121
2.515.096
468.000
2.983.096
− C.C.
Capitale sociale
Riserva legale
Riserva straordinaria
Utile di esercizio n-1
Patrimonio netto contabile
Plusvalenza netta sull’immobile strumentale
Patrimonio netto rivalutato
200.000
99.085
1.128.522
307.004
1.734.611
810.800
2.545.411
−6−
3.2 La valutazione dell’avviamento
L’avviamento è stato quantificato dai Consigli di amministrazione delle
rispettive società sulla base di una metodologia empirica, ispirandosi al
criterio adottato dall’amministrazione finanziaria per controllare l’entità
dell’avviamento dichiarato nelle operazioni di cessione di azienda.
Il criterio valutativo applicato prevede che l’avviamento sia pari a tre
volte il reddito imponibile medio, calcolato moltiplicando la redditività
media dei ricavi (basata sul reddito imponibile ai fini Irpeg) con la media
dei ricavi del triennio n-3/n-1.
Società
moltiplicatore
redditività
media
[1]
D.D.
C.C.
[2]
media dei ricavi
del triennio n-3/n-1
(migliaia di euro)
[3]
Avviamento
(migliaia
di euro)
[4 = 1 × 2 × 3]
3
5,8%
15.784
2.750
3
8,3%
5.852
1.460
Il criterio valutativo risulta applicato in modo omogeneo nella valutazione
di entrambe le aziende, ma non è possibile limitare l’analisi alla puntuale
applicazione di quella metodologia al caso di specie perché tale metodologia di determinazione dell’avviamento non trova riconoscimento a livello scientifico.
3.3 Il capitale economico
Gli amministratori delle società hanno determinato i capitali economici
delle aziende sommando al valore del patrimonio netto rivalutato il valore
dell’avviamento:
− D.D.
Patrimonio netto rivalutato
Avviamento
Capitale economico
2.983.096
2.750.000
5.733.096
− C.C.
Patrimonio netto rivalutato
Avviamento
Capitale economico
2.545.411
1.460.000
4.005.411
Nelle valutazioni di azienda prodromiche alle operazioni di fusione, i
valori assoluti non assumono rilievo in quanto, per determinare l’assegnazione delle azioni della società risultante dalla fusione tra le compagini
sociali delle società che si fondono, è fondamentale il “peso economico” di
una impresa rispetto all’altra.
Tale “peso economico” può essere espresso con rapporti di vario tipo.
−7−
Per esempio si accerta che il rapporto tra i capitali economici di D.D. e C.C.
è pari a 1,43:
pe = cap. economico D.D. / cap. economico di C.C. = 5.733 / 4.005 = 1,43
Pertanto, il controllo delle valutazioni dei capitali economici è strumentale
al fine di accertare il “peso economico” di un’azienda rispetto all’altra, che
costituisce l’obiettivo ultimo del controllo di congruità delle valutazioni
operate dagli amministratori di D.D. e C.C.
3.4 Il rapporto di cambio
Per poter determinare il numero di azioni che la D.D. deve emettere e
assegnare in cambio ai soci della C.C. è conveniente esprimere in termini
percentuali il peso che le compagini azionarie delle due società rivestiranno nella società post-fusione.
La compagine sociale della D.D. dovrebbe esprimere il 58,87% del capitale della medesima società, mentre la compagine sociale della C.C. dovrebbe esprimere il 41,13% del capitale, corrispondente a un aumento di
capitale sociale di D.D. di euro 698.658 e all’assegnazione, per ciascuna
delle 2.000 azioni C.C., di 34,934 azioni D.D.
Gli amministratori delle due società hanno convenuto di arrotondare
all’unità il rapporto di cambio, che diventa 35 azioni di nuova emissione
D.D. in cambio di 1 azione C.C.
4 La verifica della congruità dei valori di capitale economico
delle aziende D.D. e C.C.
L’art. 2501-quinquies c.c., al secondo comma, prescrive che:
«La relazione deve contenere, inoltre, un parere sull’adeguatezza del metodo o
dei metodi seguiti per la determinazione del rapporto di cambio e sull’importanza
relativa attribuita a ciascuno di essi nella determinazione del valore adottato».
Per conseguire la finalità della norma è necessario, nel caso di specie,
provvedere al controllo del capitale economico tramite l’applicazione di
metodologie differenti, pur sempre appartenenti alla famiglia dei metodi
misti di valutazione di azienda.
La scelta di operare il controllo dei capitali economici sulla base di
metodologie miste patrimoniali-reddituali dipende da:
− la maggior obiettività di questi metodi rispetto a quelli fondati esclusivamente su flussi economici previsti;
− la composizione del patrimonio delle due società e l’incidenza del valore
corrente dei complessi immobiliari sul patrimonio netto rivalutato, pari,
rispettivamente, al 100% del patrimonio netto rivalutato della D.D. e al
62% del patrimonio netto rivalutato della C.C.;
−8−
− i complessi immobiliari, per la loro fungibilità, hanno un valore corrente
che non risulta strettamente vincolato alle aspettative di svolgimento
dell’attività operativa aziendale;
− il cambiamento del rapporto commerciale con [...], che introduce ulteriori elementi di complessità e variabilità nella programmazione dell’evoluzione della gestione futura e nella previsione dei risultati economici.
In sostanza, per controllare la congruità delle valutazioni operate dagli
amministratori delle società coinvolte nella fusione non è sufficiente formulare un giudizio sull’adeguatezza delle metodologie utilizzate, ma è
necessario verificare, nel concreto, i risultati ottenuti, applicando metodologie alternative.
4.1 La normalizzazione del reddito
Questa valutazione è preliminare all’utilizzo di metodologie nelle quali sia
presente, direttamente o indirettamente, la componente reddituale.
Il procedimento con il quale si configura la grandezza di reddito che si
ritiene stabilmente producibile dall’azienda rispetto all’orizzonte temporale assunto al fine della valutazione ha comportato:
− la riespressione dei redditi degli esercizi n-3 e n-2 sulla base del potere
di acquisto della moneta al 31.12.n-1;
− la ponderazione dei redditi, al fine di far emergere sia il trend positivo
dell’incremento degli utili dall’esercizio n-3 all’esercizio n-1, sia la minor
significatività del risultato economico dell’esercizio n-3 rispetto ai successivi e a quelli prospettici;
− il computo di maggiori ammortamenti, per effetto della valutazione a
valori correnti dei complessi immobiliari;
− la rideterminazione delle imposte di competenza, Irpeg e Irap, stimando
per quest’ultima una base imponibile equivalente a quella risultante
dalla dichiarazione Irap dell’esercizio n-2, poiché il reddito di quell’esercizio si avvicina a quello medio prospettico e, quindi, si può ipotizzare
che la struttura dei costi e dei ricavi dell’esercizio n-2 costituisca una
buona approssimazione anche per il calcolo dell’Irap di competenza dei
futuri esercizi.
Il reddito netto medio atteso, espresso in una moneta a potere di acquisto
costante, conclusa la procedura di normalizzazione, risulta dell’ordine di
grandezza di:
per D.D., euro 406.000, senza ponderazione, ed euro 415.000, con ponderazione;
per C.C., euro 222.000, senza ponderazione, ed euro 238.000, con ponderazione.
−9−
4.2 Il metodo Uec
L’applicazione di questo metodo comporta che si assuma quale patrimonio
netto rivalutato quello determinato con il metodo analitico-patrimoniale e
quale reddito medio normale prospettico il reddito normalizzato.
Il tasso normale di settore per la remunerazione del capitale è inteso quale
tasso soglia al di sotto del quale l’investimento nel capitale dell’impresa
non è giudicato remunerativo, tenuto conto del grado di rischio del settore
economico in cui l’impresa opera e del rischio specifico che contraddistingue l’attività economica dell’impresa.
Calcoliamo, con riferimento all’n-1, il tasso medio di rendimento dei
titoli di Stato a breve scadenza al netto dell’imposizione e dell’inflazione.
Tasso medio Bot n-1
Tassazione 12,50%
Tasso netto dei Bot
Tasso di inflazione medio n-1
Tasso netto deflazionato dei Bot
3,3000
0,4125
2,8875
1,8000
1,0875
Questo tasso può essere assunto quale ordine di grandezza del tasso prospettico di rendimento dei titoli di Stato.
Ciò premesso, sulla base dell’esperienza e delle prospettive formulabili
al tempo di questa valutazione, si può ritenere ragionevole stimare un
tasso normale di rendimento del capitale per le imprese oggetto di valutazione del 5%, al netto dell’imposizione diretta e dell’inflazione.
L’orizzonte temporale preso a base del calcolo dell’avviamento è di 7 anni,
ma si è provveduto a ricalcolarlo anche sulla base di un periodo limitato a
5 anni. Tuttavia, si ritiene che per società operanti sul mercato da decenni,
con risultati competitivi ed economici più che positivi, possa essere penalizzante limitare l’orizzonte temporale entro valori convenzionali (3-5 anni) che sempre più spesso sono stati abbandonati nell’applicazione del
metodo Uec.
Per quanto concerne il tasso che consente l’attualizzazione del sovrareddito, si concorda con il più recente orientamento dottrinale per il quale
la scelta del tasso è strumentale a rendere finanziariamente omogenee
grandezze riferite a epoche diverse.
Il tasso di attualizzazione, sulla base di un orizzonte temporale di medio
periodo, è stato fissato ipotizzando dapprima il 5% e poi il 6%.
4.3 Il metodo del valor medio
Il risultato ottenuto con l’applicazione di questa metodologia valutativa è
determinato quale media aritmetica semplice della valutazione patrimoniale e della valutazione reddituale dell’impresa.
Al fine dell’applicazione del metodo, si è assunto quale valore patrimoniale il patrimonio netto rivalutato precedentemente determinato.
− 10 −
La determinazione del valore economico delle imprese secondo una
metodologia puramente reddituale implica la definizione della grandezza
di reddito da attualizzare e del tasso di attualizzazione.
In merito al primo punto, si può assumere il reddito nella dimensione
determinata quale reddito netto normalizzato medio prospettico.
Il tasso di attualizzazione deve essere determinato, coerentemente al
reddito, al netto della componente inflazionistica e deve riflettere la maggior incertezza conseguente all’ipotesi − implicita nel metodo − che l’impresa possa produrre mediamente quella data grandezza di reddito su un
orizzonte temporale di lunghissimo periodo.
Quindi si è proceduto, analogamente all’applicazione del metodo Uec,
a ipotizzare, dapprima, un tasso reale di attualizzazione del 7%, poi,
dell’8%.
4.4 I risultati della verifica
La verifica del “peso economico” di un’azienda rispetto all’altra è stata
realizzata impiegando il metodo misto patrimoniale-reddituale e specificamente la metodologia dell’Uec e la metodologia del valor medio.
La sintesi dei risultati e la determinazione del “peso economico” (pe) è
di seguito esposta.
Si è proceduto alla verifica modificando i valori di alcune variabili di
ciascuna metodologia (tabella 1).
Tabella 1 - Determinazione del capitale economico - Sviluppo di ipotesi
alternative
D.D.
C.C.
D.D.
C.C.
D.D.
C.C.
Patrimonio netto
Rivalutazione immobile
% imposta latente
F.do imp. latenti
Rivalutazione netta
Svalutazioni
2.515,0 1.735,0 2.515,0 1.735,0 2.515,0 1.735,0
520,0 901,0 520,0 901,0 520,0 901,0
0,1
0,1
0,1
0,1
0,1
0,1
−52,0 −90,1 −52,0 −90,1 −52,0 −90,1
2.983,0 2.545,9 2.983,0 2.545,9 2.983,0 2.545,9
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
Patrimonio netto rivalut. (PNR)
2.983,0 2.545,9 2.983,0 2.545,9 2.983,0 2.545,9
Reddito lordo n-3
Coeff. rivalutazione
Reddito lordo n-2
Coeff. rivalutazione
Reddito lordo n-1
Coeff. rivalutazione
699,0 307,0 699,0 307,0 699,0 307,0
1,0356 1,0356 1,0356 1,0356 1,0356 1,0356
734,0 432,0 734,0 432,0 734,0 432,0
1,0180 1,0180 1,0180 1,0180 1,0180 1,0180
922,0 572,0 922,0 572,0 922,0 572,0
1,0
1,0
1,0
1,0
1,0
1,0
(segue)
− 11 −
D.D.
C.C.
D.D.
C.C.
D.D.
C.C.
Reddito lordo rivalut. n-3
peso
Reddito lordo rivalut. n-2
peso
Reddito lordo rivalut. n-1
peso
Media redditi lordi
maggiore amm.to
Media ponderata redditi lordi
723,9
1,0
747,2
1,0
922,0
1,0
797,7
14,0
783,7
317,9
1,0
439,8
1,0
572,0
1,0
443,2
24,0
419,2
723,9
0,2
747,2
0,4
922,0
0,4
797,7
14,0
798,5
317,9
0,2
439,8
0,4
572,0
0,4
443,2
24,0
444,3
723,9
0,2
747,2
0,4
922,0
0,4
797,7
14,0
798,5
317,9
0,2
439,8
0,4
572,0
0,4
443,2
24,0
444,3
Irpeg
Irap
290,0
87,8
155,1
41,9
295,4
87,8
164,4
41,9
295,4
87,8
164,4
41,9
Reddito netto normale (A)
405,9
222,2
415,2
238,0
415,2
238,0
i1
i1 × PNR (B)
Sovrareddito [(A) − (B)]
0,05
149,2
256,7
0,05
127,3
94,9
0,05
149,2
266,0
0,05
127,3
110,7
0,05
149,2
266,0
0,05
127,3
110,7
i2
n=5
n=7
Avviamento (con n = 5)
Avviamento (con n = 7)
0,05
0,05
0,05
0,05
0,06
0,06
4,3294 4,3294 4,3294 4,3294 4,2123 4,2123
5,7863 5,7863 5,7863 5,7863 5,5823 5,5823
1.111,5 410,9 1.151,8 479,3 1.120,6 466,3
1.485,5 549,2 1.539,3 640,6 1.485,1 618,0
Uec = PNR + Avv (con n = 5)
4.094,5 2.956,8 4.134,8 3.025,2 4.103,6 3.012,2
Uec = PNR + Avv (con n = 7)
4.468,5 3.095,1 4.522,3 3.186,5 4.468,1 3.163,9
i
R/i
0,07
0,07
0,07
0,07
0,08
0,08
5.798,3 3.174,5 5.931,2 3.400,0 5.189,8 2.975,0
Valor medio = [(PNR) + (R/i)]/2 4.390,7 2.860,2 4.457,1 2.973,0 4.086,4 2.760,5
Con riferimento:
− alla metodologia Uec (risultati dalla lettera A alla F) si è provveduto a
determinare i capitali economici delle due aziende variando:
n
il numero dei periodi amministrativi considerati per l’attualizzazione del sovrareddito;
R medio ottenuto come media aritmetica semplice (S) dei redditi rivalutati del triennio n-3/n-1 o come media ponderata (P);
i2
il tasso di attualizzazione del sovrareddito;
− alla metodologia del valor medio (risultati dalla lettera G alla I) si è
provveduto a determinare i capitali economici delle due aziende variando:
− 12 −
R medio ottenuto come media aritmetica semplice (S) dei redditi rivalutati del triennio n-3/n-1 o come media ponderata (P);
i
il tasso di attualizzazione del reddito.
I “pe” sono cosı̀ determinati (i valori del capitale economico − Ce − delle
due imprese sono espressi in migliaia di euro):
− metodologia Uec
n
R medio
i1
i2
Ce D.D.
Ce C.C.
pe
A
B
C
D
E
F
5
ponderato
0,05
0,06
5
ponderato
0,05
0,05
5
semplice
0,05
0,05
7
ponderato
0,05
0,06
7
ponderato
0,05
0,05
7
semplice
0,05
0,05
4.104
3.164
1,362
4.135
3.025
1,367
4.094
2.956
1,385
4.468
3.164
1,412
4.522
3.186
1,419
4.468
3.095
1,444
− metodologia del valor medio
R medio
i
Ce D.D.
Ce C.C.
pe
G
H
I
ponderato
0,08
4.086
2.760
1,480
ponderato
0,07
4.457
2.973
1,499
semplice
0,07
4.391
2.860
1,535
Il “pe” di 1,43 determinato dagli amministratori delle società D.D. e C.C. si
colloca tra le determinazioni contraddistinte con la lettere E e F e, in valore
assoluto, è quasi equidistante rispetto ai “pe” di cui alle determinazioni
contraddistinte con le lettere A e I.
Se si aggiunge che la fascia che più interessa ai fini del controllo di
congruità è quella compresa tra le determinazioni contraddistinte con le
lettere E e G, poiché considera un orizzonte temporale più consono alla
valutazione del capitale economico, si può affermare che il risultato determinato dagli amministratori delle società coinvolte nella fusione appare
congruo, se pur la metodologia adottata non pare sviluppata in modo
consono, secondo quanto brevemente illustrato.
Un altro dato che può essere considerato quale informazione integrativa
alle precedenti riguarda il tempo di recupero del valore dell’avviamento
determinato dagli amministratori delle società, avviamento che ha un peso
differente e rilevante nello spiegare l’entità del capitale economico delle
due aziende.
− 13 −
− D.D.
Patrimonio netto rivalutato
Avviamento
Capitale economico
2.983.096
2.750.000
5.733.096
0,52
0,48
1
− C.C.
Patrimonio netto rivalutato
Avviamento
Capitale economico
2.545.411
1.460.000
4.005.411
0,64
0,36
1
Se si considera il reddito netto normalizzato, considerato quale grandezza
media di reddito producibile nel futuro dall’azienda, risulta:
Avviamento
R netto normale
(migliaia di euro) (migliaia di euro)
t = Avv./Rnn
D.D.
2.750
412
6,67
C.C.
1.460
238
6,13
I redditi netti prospettici confermano che, per ciascuna impresa, il recupero
del valore di avviamento può avvenire entro un periodo ragionevole (inferiore ai sette anni) e, soprattutto, sostanzialmente coincidente.
Quindi la determinazione dei capitali economici appare influenzata dal
differente valore attribuito ai patrimoni netti e, in particolare, dalla dimensione assoluta dei redditi netti attesi.
5 Conclusioni
La società D.D. intende incorporare la società C.C., di cui non detiene
alcuna partecipazione, offrendo in cambio trentacinque azioni D.D. per
una azione C.C.
Il rapporto di cambio è stato determinato sulla base dei capitali economici delle due imprese, valutando le aziende autonomamente, cioè come
se continuassero a operare singolarmente.
I capitali economici delle due aziende sono stati stimati in euro:
5.733.000 per D.D.
4.005.000 per C.C.
[Omissis]
I risultati ottenuti, anche modificando i valori di alcune variabili fondamentali di ciascuna metodologia, consentono di affermare la congruità
del rapporto di cambio fissato dagli amministratori delle società in 35
azioni D.D. ogni azione C.C.
− 14 −
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