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L`Italia è un Paese sul quale UBS intende investire

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L`Italia è un Paese sul quale UBS intende investire
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Anno 106 - n. 4 - Aprile 2015
L'Italia è un
Paese sul quale
UBS intende investire
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La Rivista Anno 106 - n.4 - Aprile 2015
Accordo fiscale
Armistizio o pace duratura?
Intervista con Edoardo Bennato
“Fatalismo, vittimismo, assistenzialismo
è questo il male di Napoli”
LA SOLUZIONE GIUSTA
PER OGNI EVENIENZA.
SOTTO LO STESSO TETTO.
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Editore
Camera di Commercio
Italiana per la Svizzera
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Editoriale
di Giangi Cretti
Tanto rumore per nulla? C’è chi lo teme.
Eppure l’accordo fra Italia e Svizzera, siglato a Milano lo scorso 23 febbraio, è indubbiamente un
passo verso la normalizzazione dei rapporti fra i due Paesi, che negli ultimi tempi sembravano non
reggere al logorio della tensione.
È vero. Per ora si tratta di un Protocollo di modifica alla Convenzione tra la Confederazione e la
Repubblica Italiana in materia di doppia imposizione fiscale del 9 marzo 1976, il cui ultimo emendamento datava del lontano 28 aprile 1978. Precisazione quest’ultima, che fa arricciare il naso agli
esperti, per i quali, in termini di fiscalità internazionale, il lasso di tempo tra il 1978 e il 2015 è
considerato alla stregua di un’era geologica.
È vero anche, nessuno lo contesta, che, dopo anni di rimbalzi e di rinvii, all’accordo si è giunti grazie all’accelerazione impressa dall’approvazione della legge sulla riemersione dei capitali italiani
depositati all’estero. Quella ormai conosciuta come voluntary disclosure, o collaborazione volontaria (qualcuno la considera un ravvedimento operoso), che lo stesso responsabile dell’Ufficio centrale
per il contrasto agli illeciti fiscali internazionali (Ucifi) dell’Agenzia delle Entrate, in un convegno
organizzato a Lugano dalla Camera di Commercio italiana per la Svizzera, ha definito “una proposta
che non si può rifiutare”.
D’altronde, fanno notare ancora gli esperti, l’unico emendamento negoziato è la modifica dell’articolo sullo scambio di informazioni; modifica, per altro, che risulterà superata dallo scambio automatico al quale la Svizzera aderirà a partire dal 2018 per dati raccolti nel 2017.
È vero anche questo, ma è pur sempre la conditio sine qua non che, in materia fiscale, consente, da
subito, alla Svizzera, di non figurare più sulla famigerata lista nera, e, almeno in quest’ambito, ha
posto fine ad un clima di diffusa incertezza.
Come sempre accade si può discutere a lungo su chi (in questo caso: quale dei due Paesi) tragga
maggior vantaggio. Le teorie s’intrecciano: a quella che sostiene che i due contendenti debbano
sentirsi allo stesso modo insoddisfatti, fa da contraltare quella che ripete come un mantra che entrambi debbano sentirsi vincitori (il classico principio win win). La cosa su cui si può concordare è
che grave sarebbe, se ve ne fosse uno solo a risultare sconfitto. Volendo ricorrere alla metafora calcistica utilizzata dall’Ambasciatore italiano in Svizzera, si potrebbe chiosare che un buon accordo è
come una partita conclusa con un pareggio con molte reti.
Ora tutta l’attesa si concentra sul modo in cui la road map, che dell’accordo è comunque parte
integrante, prenderà forme concrete nei prossimi mesi. Da affrontare ci sono questioni di tutto
rilievo inerenti le nuove basi giuridiche definite in ambito europeo, la regolarizzazione del passato, il perseguimento penale degli istituti finanziari e degli impiegati, l’imposizione dei lavoratori
frontalieri (nuova definizione, maggiori controlli, maggior peso delle imposte), l’accesso al mercato finanziario italiano, l’uscita della Svizzera dalle black list per le imprese, lo status fiscale di
Campione d’Italia.
Nel frattempo, registriamo segnali positivi. All’Italia si torna a guardare con rinnovata attenzione.
Percezioni, ma anche dati di fatto. Ne è testimonianza la dichiarazione di Sergio Ermotti CEO del
gruppo UBS, che, in occasione dell’italo-svizzero organizzato dalla CCIS a Zurigo lo scorso 11 marzo, ha detto che l’Italia è un Paese sul quale investire.
Va da sé: è implicito il fatto che, dal punto di vista delle banche, l’interesse sia quello di potere
avere accesso al mercato finanziario italiano.
Al momento, su questo aspetto, siamo ancora allo stato di aspirazioni (da una parte) e di buone
intenzioni (dall’altra).
La speranza è che non generino cattive interpretazioni.
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Sommario
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20
Editoriale
Sommario
PRIMO PIANO
Un armistizio o una pace duratura?
Accordo Italia-Svizzera
Rinnovarsi per rimanere competitivi
Incontro Italo Svizzero a Zurigo
organizzato dalla CCIS
«Una proposta che non si può rifiutare»
Voluntary disclosure:
incontro a Lugano organizzato
dalla CCIS
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INCONTRI
Cesare Cerrito, un italiano con la
passione degli orologi
Fondamentale è il carisma
Donne in carriera: Maria Grazia Santini
“Il principio della diversità deve essere
salvaguardato”
Intervista al rettore Michel Hubli
CULTURA
Gli Svizzeri alle Guerre d’Italia
Dalla Svizzera degli Stati alla Svizzera federale
Anker, Hodler, Vallotton… Capolavori della
Fondazione per l’arte, la cultura e la storia
Esposti alla Fondazione Pierre Gianadda di Martigny fino al 14 giugno
L’olandese Escher, la moglie svizzera e le
suggestioni italiane
All’italiano De Matteo Le Prix du Public de la
ville de Mons
31ma edizione del Festival du Film d’Amour di Mons
“Fatalismo, vittimismo, assistenzialismo – è
questo il male di Napoli”
Intervista con Edoardo Bennato
“Vivere a Napoli è come stare nel triangolo
delle Bermuda“
Intervista a James Senese, personaggio kult del
jazz partenopeo
Stefano Bollani alla 40ma edizione del Jazzfestival Bern
Il jazz è libertà e improvvisazione
DOLCEVITA
Turista per lavoro
Una cartolina dalla… Grande Barriera
Corallina
Benvenuto Brunello
A Zurigo il 20 Aprile
La Mémoire des Vins Suisses a Zurigo
Ritorno al passato
La voglia di territorio e dei sapori perduti
Nuovo Fiat Doblò
Jeep da record
77
I pizza-kurier più ecologici della Svizzera
guidano Fiat Panda CNG
Trofei Abarth
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84
85
86
87
IL MONDO IN CAMERA
Crea Moda Expo: Bologna, 8-10 Aprile
Fiera internazionale dell’accessoristica per
abbigliamento, pelletteria e calzature
Tutto Food: Fiera Milano, 3 - 6 Maggio
Milano World Food Exhibition
Verona Legend Cars: Verona, 8 - 10 Maggio
Fiera delle Auto d’Epoca
Eurocarne: Verona, 10 - 13 maggio
Fiera sull’industria della carne
Sì Sposa Italia Collezioni: FieraMilanoCity,
22-25 Maggio
International Leading Exhibition
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91
92
93
94
96
Benvenuto Brunello
Degustazione a Zurigo il 20 aprile
Expo e territori a Zurigo il 15 …
…e a Lugano il 29 aprile
Successo per la serata con Fiat e Maserati al Salone di Ginevra
Monza ospite a Zurigo del trade turistico
Contatti Commerciali
Servizi Camerali
Basilea: 18 - 21 giugno
Art Basel
Le Rubriche
Sommario
IL MONDO IN FIERA
6
In breve
37
L’elefante invisibile
9
Italiche
39
Per chi suona il campanello
11
Elvetiche
49
Scaffale
13
Europee
51
Benchmark
15
Internazionali
55
Sequenze
28
Burocratiche
61
Diapason
30
Normative allo specchio
71
Convivio
31
Angolo Fiscale
75
Motori
33
Angolo legale Svizzera
78
Starbene
34
Convenzioni Internazionali
In copertina: Il presidente della Camera di Commercio Italiana per la Svizzera, Vincenzo Di Pierri, e il CEO del Gruppo
UBS Sergio Ermotti in occasione dell’incontro italo-svizzero dello scorso 11 marzo
In Breve
“VIVIT - Vivi Italiano”,
il portale per vivere e
diffondere la lingua
italiana nel mondo
Frutto di un progetto coordinato dall’Accademia della Crusca, è online “Vivit - Vivi Italiano”
(www.viv-it.org), un “deposito” informatico
di materiali e strumenti rivolti agli italiani
all’estero, in particolare a quelli di seconda e
terza generazione. La banca dati multimediale
è rappresentativa della lingua e della cultura
italiana e vuole diventare un punto di riferimento per chi voglia stabilire un solido contatto culturale a distanza con il nostro paese.
Il portale di accesso ai vari materiali prevede
Italia sempre più “verde”:
terza nel mondo per
fotovoltaico installato
Il parco installato in Italia di impianti fotovoltaici a fine 2014 è il terzo nel mondo, dietro a
Germania e Cina e prima di Usa e Giappone.
È quanto sottolinea una nota di ANIE Rinnovabili, rilevando che il fotovoltaico italiano a
fine 2014 ha toccato quota 648.183 impianti
installati nel Paese, con una potenza totale
di 18.325 MW, arrivando a pesare per quasi
il 15% sul totale mondiale. Dai dati raccolti
da ANIE Rinnovabili emerge un settore che
nell’ultimo anno ha visto una crescita degli
impianti di piccola taglia.
A fine 2014 erano quasi 650mila le connessioni. “L’incrocio del numero di impianti installati nel 2014 (50.571 unità) con il valore della
potenza implementata (385 MW) evidenzia
infatti che a farla da padrone lo scorso anno
sono stati proprio gli impianti del settore residenziale”. Secondo l’organizzazione confederale che rappresenta le imprese costruttrici
di componenti e impianti per la produzione di
energia verde, questi dati dimostrano che “esiste un mercato italiano del fotovoltaico che va
oltre i meccanismi incentivanti”.
6 - La Rivista aprile 2015
percorsi didattici e profili descrittivi che mettono in luce gli aspetti più significativi della
lingua italiana, della sua storia, delle sue varietà, in collegamento ai più significativi fenomeni storici, artistici, di costume. Ma prevede
anche l’accesso a banche dati testuali sull’italiano contemporaneo, in particolare quello
radiofonico e televisivo, che rappresenta un
primo contatto sistematico con l’italiano
parlato attualmente nel nostro paese e un
accesso a materiali autentici che possono essere consultati da singoli cultori, ma anche da
docenti di italiano all’estero (che spesso trovano difficoltà a reperire materiali di questo tipo
consultabili in modo sistematico e analitico
per preparare i propri percorsi didattici).
Un dizionario elettronico di italianismi, attualmente corrispondente al Dizionario di Italianismi in Francese, Inglese e Tedesco diretto da
Harro Stammerjohann (DIFIT), costituisce il
primo deposito di italianismi diffusi all’estero
che l’Accademia conta di arricchire con le segnalazioni dei consultatori poste al vaglio dei
migliori studiosi nel settore.
Un’apposita “nuvola” consente poi, ai consultatori che entrino a far parte della comunità
del portale, di segnalare materiali (testi, fotografie, audiovisivi) da condividere sul web.
Nel 2014 si è registrata la massima potenza
installata. A fine 2013, infatti, il mercato aveva mostrato un calo del fatturato di più del
70% rispetto all’anno precedente. Una crisi
post incentivi che tuttavia aveva fatto registrare una buona tenuta per gli impianti che
usufruivano della detrazione Irpef per l’installazione su edifici residenziali, compresi tra i 3
e i 6 kW di potenza. Proprio in questo ambito
nel 2014 si è registrata la massima potenza
installata, pari a 123,6 MWp (megawatt di
picco, ovvero la potenza nominale di un impianto fotovoltaico). Seconda classe di potenza si è attestata quella compresa tra i 20 e i
200 kW, propria del settore industriale, in cui
a fine 2014 si è registrata una potenza installata pari a 97,98 MWp.
“Le famiglie e le PMI credono davvero nel fotovoltaico - commenta il presidente di ANIE
Rinnovabili, Emilio Cremona -, i dati ce lo dimostrano. E con la detrazione fiscale del 50%
prorogata fino al 31 dicembre 2015, è possibile
un ritorno concreto degli investimenti in tempi
rapidi: in 5 anni è già possibile ammortizzare i
costi. Per non parlare del fatto che le spese da
sostenere sono diminuite di circa il 75% rispetto a qualche anno fa. Siamo lieti di poter dire
che esiste un mercato italiano del fotovoltaico
che va oltre i meccanismi incentivanti e che si
sviluppa in maniera costante e continua”.
Italia: riparte il mercato Decolla l’e-commerce,
immobiliare ma i prezzi tra voglia di risparmio
sono ancora in calo
e diffidenza
Tornerà a crescere quest’anno il mercato immobiliare italiano; ma, a fronte di un aumento delle compravendite,
non ci sarà una crescita dei prezzi che
-anzi- scenderanno ancora e risaliranno solo nel 2017. È quanto afferma Nomisma nel suo Osservatorio sul mercato
immobiliare.
Per il 2015 si prospetta un nuovo calo
dei prezzi in media del 3%: -2,9% per le
abitazioni, -3,1% per gli uffici e -2,6%
per i negozi. Nel 2017 i prezzi risaliranno tra il 2,5% e il 3% a seconda dei
comparti. Nel 2015 sono attese 468
mila compravendite che diventeranno
500 mila nel biennio 2016-17.
I dati sui prezzi nelle grandi città, secondo l’Osservatorio, nel 2015 sono
tutti negativi: per quanto riguarda il
mercato delle abitazioni le flessioni più
forti si registreranno a Firenze (-3,8%)
e Roma (-3,2%). Anche gli investimenti
in costruzioni, che concorrono alla formulazione delle previsioni sul numero
di compravendite, si presentano ancora
in contrazione, con un’intensità negativa superiore rispetto a quella prevista
nel novembre 2014 (-1,2%, rispetto al
-0,3% stimato in precedenza). Solo nel
2016 il settore edilizio potrà cogliere
un segno “+”, con un tasso di variazione annuale di +1,6% grazie al miglioramento della domanda interna ed un
contestuale indebolimento delle restrizioni bancarie.
Acquista sul web ormai il 43,5% degli
utenti di internet, ovvero 15 milioni di
italiani. Comprare prodotti o servizi con
un semplice clic del mouse è un comportamento guidato innanzitutto dall’esigenza di risparmiare. Il 37,1% degli
italiani ritiene che, rispetto ai negozi
tradizionali, fare la spesa sul web è più
economico. La comodità (si può fare da
casa, dall’ufficio, in qualunque orario, e
la consegna è a domicilio) rappresenta
un sicuro vantaggio per il 32,8%. Un
altro aspetto positivo, secondo i clienti
online, è la semplicità delle procedure di
shopping in rete (basta un clic!), segnalata dal 19,8%. Per il 12,8% conta l’efficacia dei marketplace sul web rispetto
agli esercizi commerciali tradizionali,
perché qui c’è più scelta, si possono trovare più informazioni sui prodotti e servizi, si possono fare confronti tra modelli
diversi. E per il 7% lo shopping online
è semplicemente più divertente rispetto
al fare acquisti nei negozi tradizionali:
sembra un gioco.
In rapido elenco sono le rilevazioni che
emergono dal 12° Rapporto Censis sulla comunicazione, pubblicato lo scorso 26 marzo.
Dalle opinioni dei consumatori emergono anche alcune criticità connesse
all’e-commerce. Il rischio che dietro
allo scontrino virtuale si celino truffe,
anche legate al sistema dei pagamenti online, è segnalato dal 28,7% degli
italiani. Più preoccupati risultano i consumatori over 65 anni (34,6%) e le persone meno istruite (32,6%). Inoltre, fare
spese sul web è un’attività più «fredda»
rispetto al contatto umano con il negoziante in carne e ossa per il 23,2% degli
italiani. Vengono poi espressi dubbi legati al buono stato del prodotto consegnato e alla sua corrispondenza con
quello proposto online, o anche alla
tempistica effettiva della spedizione:
il 21,8% teme che la consegna venga
fatta in ritardo o con prodotti sbagliati
o difettosi.
Solo il 10,3% degli italiani si fida al cento per cento dei pagamenti online. La
parte restante si divide tra coloro che
reputano ancora troppo rischioso effettuare pagamenti in rete e quindi rinunciano allo shopping online per non cadere in eventuali truffe (il 24,4%), e una
maggioranza (il 65,3%) preoccupata, ma
comunque non disposta a rinunciare ai
vantaggi dell’e-commerce. Questi ultimi
pensano che i pagamenti online siano
un po’ azzardati e pertanto si mettono
al riparo da eventuali rischi usando una
carta pre-pagata.
aprile 2015 La Rivista - 7
PER UN PESTO DAL
GUSTO RUSTICO
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Italiche
di Corrado Bianchi Porro
Per non rimpiangere le rose
che non colsi
Si è rilevato un diffuso ottimismo da parte degli operatori che hanno partecipato alla ventiseiesima edizione del Workshop Ambrosetti sullo scenario dell’economia e della finanza che si è svolto gli scorsi giorni
a Cernobbio. Rispetto alla media dell’ultimo triennio, il 62% degli operatori presenti ha, infatti, espresso la
volontà di aumentare quest’anno i programmi d’investimento delle loro imprese e tra questi circa il 30%
ipotizza di dedicare loro una quota superiore al 10%. Il 29,6% ritiene di lasciarli invariati ai livelli degli
scorsi anni e meno del 5% ipotizza di ridurli. Il 40% di quanti effettueranno investimenti lo faranno in
Italia, il 19,5% in Europa occidentale, il 13% in Nord America, il 10,4% in Africa e il 7,8% in Asia.
Insomma, una sensazione di diffuso ottimismo per l’evoluzione dello scenario economico si è respirato nei saloni di Villa
d’Este anche se le attese degli operatori, tra le azioni prioritarie per attrarre investimenti esteri e favorire la competitività delle
aziende italiane, sono state indirizzate, in una maniera quasi plebiscitaria (89,8%), alla necessità di “assicurare la certezza del
diritto e del fisco”, oltre che garantire maggiore flessibilità nel mercato del lavoro (39%). C’è un ottimismo nuovo che non c’era
fino a poche settimane fa. E non è solo uno stato d’animo, quanto qualcosa di più profondo. Tutti gli indicatori sono piuttosto
favorevoli, ha commentato il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, e questo sia in Europa che in Italia. È ovvio che
abbiamo problemi politici profondi per la Grecia, ma c’è un problema più importante nella distanza tra Europa e il resto del
mondo. Ovviamente il calo della produzione negli ultimi dati suggerisce che ci vuole misura anche nel sottolineare l’ottimismo.
C’è, infatti, ancora fragilità. Siamo reduci da una profonda crisi finanziaria. Abbiamo osservato negli ultimi tempi un rischio
grande di stagnazione dei prezzi, col pericolo di deflazione. C’è stata, infatti, una sequenza di evoluzione negativa dei prezzi
rispetto a come erano previsti dagli operatori. Di fronte alla stagnazione della domanda e alla recessione, la politica monetaria
ha usato strumenti non convenzionali dopo aver portato i tassi a zero. Il fatto è che non esiste una buona deflazione, senza
dimenticare naturalmente gli effetti positivi del calo del petrolio, ha detto Visco.
In una situazione di debito elevato da parte dello Stato o delle famiglie, la deflazione è una situazione molto più grave di un’inflazione crescente, perché non si investe più. L’intervento della BCE vuole dunque guardare al lato dell’offerta, avendo presente il
rischio grosso che pesa sui debiti e la politica monetaria ha risposto con questi acquisti. La BCE non ha un obiettivo di cambio, ha
un mandato sull’inflazione e deve rispettare l’obiettivo di un’inflazione vicina al 2% e dobbiamo conseguirlo. La svalutazione è un
canale (-15% dalla metà del novembre scorso) e il tutto significa, dalle valutazioni della Banca d’Italia, una crescita complessiva
di circa un punto percentuale maggiore e superiore all’1,5% l’anno prossimo. Dal lato pubblico, significa minori rischi di aumento
di tasse per compensare il disavanzo, oltre che effetti di ricchezza con guadagni in conto capitale, anche se ciò dipende molto da
come essi siano poi distribuiti. Il fatto che oggi c’è tanta fiducia qui a Cernobbio, è comunque già una risposta.
In sostanza, questa manovra monetaria consente di ridurre l’incertezza macroeconomica e migliora il contesto per gli interventi di natura strutturale. Comunque, ha rilevato, non possiamo mantenere i tassi d’interesse a zero per sempre. Bisogna
cercare di tornare al più presto possibile a un tasso d’inflazione vicino al 2% come da mandato. Non è la svalutazione o il
deprezzamento nominale quello che conta, ma il cambio reale, cioè la capacità di un sistema di investire e acquisire guadagni
di produttività. L’unica risposta è sul piano dell’investimento, nella produttività, nelle nuove tecnologie, nella riorganizzazione.
Adesso è inevitabile anche perché c’è un cambiamento tecnologico straordinario. O si cambia e si aggregano le piccole imprese
e si affronta un mondo che è molto cambiato in questi 25 anni dopo la fine della guerra fredda, con una domanda molto
diversa, dettata dai cambiamenti demografici, o si è destinati a perdere.
Devono rispondere le imprese e naturalmente l’autorità di Governo. 25 mila imprese in Italia hanno sostanzialmente il 50% del
valore aggiunto e una produttività incredibilmente più alta: questa è la bonifica industriale da fare. È una scommessa: o la si
coglie o non si va da nessuna parte. E questo vale anche per le imprese estere in Italia, con investimenti diretti molto bassi. È
un momento da cogliere: non facciamo come Gozzano a rimpiangere le rose che non colsi.
Sulla stessa lunghezza d’onda il ministro dell’economia Padoan. C’è sicuramente molto più da fare di quello che è stato fatto.
C’è una finestra di opportunità che può produrre una crescita effimera se il governo non interviene ad approfittarne. Il contesto
favorevole non deve diminuire l’incentivo a portare a termine le riforme strutturali che sono l’impegno del Governo. La finestra
favorevole è una ragione in più per accelerare e non rallentare il cammino delle riforme affrontando i problemi strutturali.
Senza fiducia, le risorse non si mobilitano anche se ci sono. Va riconquistata la fiducia nei mercati (e si comincia a vedere) e
nelle istituzioni (a cominciare dalla Commissione europea) ma deve essere riconquistata soprattutto la fiducia degli italiani,
imprese e famiglie che devono tradurla in azione, centri di spesa, investimenti, accanto alle risorse che stanno arrivando. E
naturalmente sostenuta dal Governo con le riforme come il jobs act; una gestione della finanza pubblica per quantità e qualità
per l’efficienza della spesa e, infine, la gestione per gli investimenti.
aprile 2015 La Rivista - 9
Elvetiche
di Fabio Dozio
Ticino senza veli
Il Parlamento federale ha deciso a metà marzo che il divieto di indossare il burqa e il niqab nei
luoghi pubblici, previsto dalla Costituzione del Canton Ticino, è conforme al diritto federale.
Chi poteva immaginare, solo qualche anno fa, che una consuetudine della cultura islamica sarebbe finita,
in qualche modo, nella Costituzione della Repubblica e Cantone Ticino? Il 22 settembre 2013 una votazione
popolare ha approvato la proposta di Giorgio Ghiringhelli, fondatore del movimento politico Il Guastafeste,
di introdurre nella carta fondamentale del Ticino il “divieto di dissimulare o di nascondere il proprio viso nelle
vie pubbliche e nei luoghi aperti al pubblico (ad eccezione dei luoghi di culto)”. L’iniziativa popolare ha ottenuto più del 65% dei consensi, ma per essere applicata è necessaria la garanzia del Parlamento nazionale.
Per il Ticino, e per la Svizzera, è una decisione storica, che fa seguito a quanto avvenuto nel 2011 in Francia
e in Belgio, gli unici paesi ad aver introdotto questo divieto. L’iniziativa ticinese fa diretto riferimento alla
legge francese, giustificata in questo modo dal governo di Parigi: “La difesa dell’ordine pubblico non si limita
a garantire la tranquillità, la salubrità e la sicurezza. Permette pure di proibire comportamenti che andrebbero
a contrastare le regole essenziali del contratto repubblicano che stanno alla base della nostra società. La
dissimulazione sistematica del viso negli spazi pubblici, contraria all’idea di fraternità, non rispetta nemmeno
l’esigenza minima di civiltà necessaria nella relazione sociale”.
Ma il fatto decisivo che ha costretto la Svizzera a legittimare l’articolo costituzionale ticinese è la decisione
della Corte europea dei diritti dell’uomo, che il primo luglio dello scorso anno ha respinto un ricorso di una
giovane musulmana contro la legge francese. Con questa sentenza, la CEDU ha sancito che il divieto di
portare il burqa o il niqab non viola il diritto alla libertà di religione. Per i giudici la legge francese “persegue
lo scopo legittimo di proteggere i diritti e le libertà altrui e di assicurare il rispetto dei minimi requisiti del
vivere insieme”. I giudici hanno sostanzialmente accettato la tesi di Parigi secondo cui “il volto riveste un
ruolo importante nelle interazioni sociali”. La sentenza della Corte europea è molto articolata, una settantina
di pagine, e non manca di sottolineare che questa legge rischia di consolidare stereotipi anti-islamici e di
favorire l’intolleranza e ammette che queste misure possono essere vissute dolorosamente da una parte
della comunità musulmana. Malgrado ciò, la Corte ha privilegiato un approccio tradizionale, – come è stato
evidenziato da numerosi esperti - a difesa dei valori storici e culturali europei, piuttosto che optare per
un’apertura nei confronti di manifestazioni culturali e religiose diverse. Una scelta che non apre verso la
multiculturalità e mette in secondo piano la libertà individuale e l’integrazione.
La legge contro la dissimulazione del viso è stata molto criticata. Secondo Amnesty International un divieto
generalizzato in Europa non è giustificato: “Un abito non può essere contrario ai diritti umani” e “una prescrizione legale che vieti di indossare un determinato capo di abbigliamento in pubblico può costituire una
limitazione della libertà individuale e della libertà religiosa”. Human Right Watch afferma che la decisione
della CEDU sul velo integrale lede i diritti delle donne: “Questi divieti colpiscono i diritti delle donne che scelgono di indossare il velo, senza proteggere in modo sostanziale quelle che sono costrette a farlo”.
Ma quante saranno in Ticino le donne che rischiano di violare la legge? Pochissime, verosimilmente. Secondo
la deputata socialista Silvia Schenker, intervenuta nel dibattito sul tema al Consiglio nazionale, il divieto
ticinese non rispetta il principio di proporzionalità, ancorato nella Costituzione federale, visto il numero
esiguo di persone che portano il niqab in questo cantone. Questo è il punto debole della misura: un articolo
costituzionale per sancire un divieto e una limitazione della libertà individuale che riguarderà una manciata
di persone. Persone che saranno soprattutto, se non esclusivamente, turisti. E qui si evidenziano le reazioni
negative del settore turistico ticinese. “I turisti arabi sono nostri amici” ha dichiarato Lorenzo Pianezzi, presidente di Hotelleriesuisse Ticino. I turisti arabi generano un indotto economico importante e albergatori
e commercianti chiedono alle autorità di pensare a un compromesso. Si tratta di vedere se il Parlamento
ticinese, cui tocca discutere e approvare la legge, vorrà intervenire per attenuare il divieto, che per ora non
prevede eccezioni per i turisti.
Ma non finisce qui. Nelle scorse settimane, il Comitato di Egerkingen, che nel 2009 propugnò il divieto dei
minareti, ha annunciato il lancio di un’iniziativa per estendere a tutta la Svizzera il divieto di coprire il viso.
aprile 2015 La Rivista - 11
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Europee
di Viviana Pansa
Risposte non convenzionali
ad una crisi fuori dal comune
Al via da queste settimane il quantitative easing, il piano di acquisti di titoli di Stato deciso dalla Banca centrale
europea per spingere la ripresa dell’eurozona: una manovra che comporterà l’immissione di moneta quanto mai
necessaria all’incremento di liquidità per famiglie ed imprese attraverso la mediazione degli istituti di credito. 60 i
miliardi di euro destinati ogni mese dalla Bce alla manovra avviata il 9 marzo scorso, per un totale di 1.140 miliardi
che verranno investiti sino a settembre 2016. Il presidente Mario Draghi non esclude però il proseguimento del
piano, che richiama la risposta della Federal Reserve alla crisi economica statunitense, misura adottata dalla fine del
2008 e durata negli Stati Uniti molto di più dell’anno e mezzo per ora previsto da Draghi.
L’intervento della Fed ha fatto in modo che la crescita del Pil statunitense non scendesse mai sotto il 2% in questi ultimi anni –
ma negli anni Novanta la crescita media era stata del 3,4%, - anche se una brusca frenata alla fine del 2014 (un tasso di crescita
del 2,4% nel quarto trimestre rispetto al 5% del trimestre precedente) solleva interrogativi e timori nel caso di un sostegno più
alleggerito da parte della Fed all’economia nazionale. Timori che aumentano con il progressivo allineamento del valore del dollaro
con l’euro, tendenza divenuta ancora più immediatamente evidente con il via della manovra espansiva della Bce.
L’intervento dovrebbe consentire dunque l’affermarsi di una ripresa sostenuta, stando alle parole dello stesso Draghi, che vede
l’economia “in costante recupero” e in aumento la fiducia di imprese e consumatori. Le previsioni di crescita – ha aggiunto il presidente della Bce nel corso di una conferenza cui ha partecipato a Francoforte – sono state riviste al rialzo e il credito bancario sta
migliorando. Proprio a scongiurare il rischio di un congelamento del credito, il tasso di interesse dei depositi presso la Bce è stato
rivisto in negativo, mentre l’Ocse ha effettivamente riconsiderato le stime di crescita per l’Italia: nel 2015 l’attesa è di un +0,6%, lo
0,4% in più rispetto alla stima dello scorso novembre. Il rafforzamento per l’anno prossimo è quantificato in una crescita prevista
dell’1,3%. Per la Germania le stime sono riviste a +1,7% per il 2015 e a +2,2% per il 2016, rispettivamente di 0,6 e 0,4 punti in più
rispetto alle previsioni di novembre; per la Francia a +1,1% e + 1,7%, 0,3 e 0,2 punti in più. La stima di crescita per l’Eurozona è di
+1,4% per quest’anno e +2% per il 2016. Oltre al contesto migliore – la diminuzione del prezzo del petrolio e il quatitative easing
della Bce, – ad incidere sulle prospettive future del nostro Paese sono i progressi compiuti con le riforme, come ha segnalato il
capo economista dell’Ocse, Catherine Mann. Di certo, anche l’indebolimento dell’euro giocherà a favore, vista la costante crescita
delle esportazioni dall’Italia (+2% nel 2014, secondo i dati Istat).
L’avanzamento delle riforme è uno degli “elementi di oggettivo cambiamento” occorso in questi mesi e segnalato nelle comunicazioni del presidente del Consiglio dei Ministri, Matteo Renzi, in vista dell’ultimo Consiglio europeo, il 19 e 20 marzo, rilevando
in Senato come il Parlamento italiano negli ultimi mesi “abbia rotto quell’incantesimo che sembrava bloccarlo in una sostanziale
situazione di stallo”, lavorando su più fronti (legge di stabilità, jobs act, riforma costituzionale e legge elettorale tra i provvedimenti citati). Tra le novità intervenute dall’ultimo Consiglio europeo di dicembre, Renzi richiama, oltre ai fatti di Charlie Ebdo e la
minaccia terroristica, che secondo il premier hanno indotto ad una riflessione sull’identità e l’importanza del processo di integrazione europea, “il tema economico nel rapporto con l’Europa”, tema assorbito nell’austerity e ora invece modificato dal piano di
investimenti deciso dal presidente della Commissione europea, Jean Claude Juncker, dalla comunicazione sulla flessibilità adottata
proprio nel giorno della chiusura ufficiale del semestre di presidenza italiana dell’Unione e dal piano di acquisto della Bce sopra
ricordato. Questo “cambiamento di vocabolario” – il cui merito per Renzi è imputabile proprio al nostro semestre di presidenza –
crea ora le condizioni per “voltare pagina” e discutere in modo rinnovato di scelte economiche. Altri temi all’ordine del giorno del
Consiglio la politica energetica, la vicenda ucraina e quella libica, visto in ultimo l’attentato al Museo del Bardo di Tunisi.
Ancora in fase tecnica la discussione sulle riforme chieste alla Grecia per il sostegno finanziario concesso fino a giugno dall’Eurogruppo, fase ancora complicata per via delle tensioni con la Germania. Il ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schäeuble ha
accusato nei giorni scorsi il governo greco di aver distrutto la fiducia dei partner europei, motivo per cui le trattative non sarebbero così spedite, mentre i media soffiano sul fuoco della contrapposizione con il ministro greco Yanis Varoufakis, presentando
precedenti sue interviste fortemente critiche nei confronti del governo di Berlino. Di certo, la poca esperienza e anche la strana
coalizione con il partito nazionalista di destra Anel non aiutano a tranquillizzare l’eurozona, basti pensare alla minaccia formulata
nelle scorse settimane dal ministro della Difesa, Panos Kammenos, sulla volontà di “inondare di migranti quelli che non ci aiutano”,
riferita ai Paesi del Nord Europa. Un rinnovato impegno per scongiurare l’uscita dalla Grecia dall’euro sembra essere sancito dal
documento congedato al termine dell’incontro svoltosi in chiusura della prima giornata dei lavori del Consiglio a Bruxelles, tra il
premier greco Tsipras, il francese Francois Hollande, la cancelliera Angela Merkel, Draghi, Juncker, il presidente del Consiglio Ue,
Donald Tusk, e quello dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem. Resta da considerare l’effettiva “lista completa di specifiche riforme”
che le autorità greche si sono impegnate ancora una volta a presentare.
aprile 2015 La Rivista - 13
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Questo documento e le informazioni in esso contenute sono fornite esclusivamente a scopi informativi. © UBS 2015. Tutti i diritti riservati.
Internazionali
di Michele Caracciolo di Brienza
La morte apparente
del giornalismo
In principio fu la voce. L’unico mezzo era l’aria. L’unico modo per comunicare era un dialogo, un discorso a un pubblico presente e vicino. Poi fu la stampa, la carta come supporto.
Lo sviluppo dei trasporti permise la distribuzione dei quotidiani. Le idee, le opinioni, i fatti
circolavano più velocemente. Telegrafo e radio i passi successivi. La televisione e ora, beh
in realtà da vent’anni ormai, il web che tutto assorbe, tutto tritura e nessun editore sa
veramente come venirne a capo.
Ecco in un guscio di nocciola, in a nutshell, come dicono gli anglosassoni, l’evoluzione dei mezzi di comunicazione di massa.
L’avvento di un nuovo medium non ha mai in realtà scardinato o distrutto quelli che esistevano prima, ma si è sommato a essi
allargando così l’offerta di contenuti per il pubblico di lettori, ascoltatori, telespettatori, utenti… e chissà cos’altro.
L’avvento di un nuovo mezzo ha anche complicato il lavoro dei giornalisti, una categoria spesso in bilico tra la specializzazione
e il tuttofare. Oggi a un giornalista non basta sapere scrivere, deve sapere di montaggio video, di audio, e di fotografia e allo
stesso tempo saper presentare il proprio lavoro davanti a una videocamera, sapere di reti sociali e indicizzazione di siti. Le
redazioni in generale hanno organici ridotti e paradossalmente la produzione di contenuti per diversi supporti è aumentata.
Oggi tutti i mezzi di comunicazione di massa convergono sul web. Che significa? Una redazione produce contenuti che vanno
sul sito, sulla versione cartacea del sito, sull’app per tablet e smartphone e casomai c’è anche una web TV del quotidiano stesso
come Corriere TV o Il Fatto Quotidiano TV. Ciò vale anche per la televisione: i telegiornali hanno un loro sito web; il giornale
radio si può ascoltare sulla classica FM e sul web.
Il fenomeno della convergenza ha stravolto tutto il modello di business di chi fa l’editore. Come fanno danari i giornali? Grazie
agli abbonamenti, alle copie vendute in edicola e agli inserzionisti, se lasciamo perdere per il momento le sovvenzioni pubbliche. La convergenza ha di fatto complicato il lavoro dei giornalisti e quello degli editori. Non solo, ma ha anche abbassato
brutalmente le barriere all’entrata della comunicazione di massa. Tutti possono creare con pochi mezzi la propria radio web,
web TV o blog. Ovviamente non tutto ciò che è pubblicato sul web è di qualità. Ma perché forse tutto ciò che è pubblicato su
carta è degno di essere letto? Un articolo su carta è di per sé migliore di un articolo sul web? Lo dubito fortemente. È ovvio
che non tutti possono essere dei grandi giornalisti, ma un grande giornalista oggi può arrivare da qualsiasi estrazione. Grazie
alla diffusione ormai capillare degli smartphone, la produzione di contenuti che hanno una rilevanza per la cronaca è esplosa.
Come non ricordare il breve video dei due terroristi di Charlie Hebdo ripresi da un cittadino qualsiasi dal balcone di casa?
È proprio vero che la carta stampata è in crisi a causa del web? Dipende. Il mensile svizzero Market ha pubblicato sul numero
dell’autunno scorso un reportage degno di nota su questo tema a firma del direttore Arnaud Dotézac. Secondo fonti riportate
da Market, in Svizzera il fatturato della stampa cartacea è diminuito dai 2,4 miliardi di franchi nel 2008 a 1,6 miliardi nel 2013,
mentre il fatturato di Google è passato dai 18 milioni di franchi nel 2005 ai 250 milioni nel 2013 solo in Svizzera. Nel 2012
in un’intervista al Berliner Zeitung Jeff Bezos, patron di Amazon, ha dichiarato: “Nei prossimi vent’anni lo standard non sarà la
carta stampata”. Nell’agosto 2013 Jeff Bezos ha comprato The Washington Post, uno dei più autorevoli quotidiani statunitensi.
Fondato nel 1877, vent’anni fa stampava 800’000 copie al giorno e oggi si attesta sulle 450’000. Perché l’ha comprato? In
realtà Bezos ha comprato la testata appunto, la redazione, non ha comprato della carta… Ricordiamoci che chi acquista oggi
il Kindle Fire HDX ha accesso gratuito ai contenuti di qualità di questa redazione e alla selezione di fotografie e video. La logica
è di attirare utenti al proprio supporto grazie a dei contenuti di qualità.
Negli Stati Uniti dal 1970 al 2005 il numero di copie di giornali si è ridotto del 14%. Lo stesso vale per la Gran Bretagna, dove
dal 1989 al 2006 le copie di giornali e riviste sono diminuite di quasi il 20%. È per caso questa una tendenza generalizzata in
tutto il mondo? Per nulla. In India e in Cina la carta stampata gode di buona salute. In India ogni giorno sono stampate 110
milioni di copie di giornali e dal 2006 al 2010 la tiratura annuale è aumentata del 15%, secondo il “Global Entertainment and
Media Outlook 2011-2015” pubblicato dalla società di consulenza PricewaterhouseCoopers (PWC).
L’India ha giornali che fanno un baffo a molte testate occidentali: The Times of India ha una tiratura di 7 milioni al giorno, il
Daini Jagran arriva a 15,5 milioni di copie al giorno ed è in hindi, solo per fare alcuni esempi. In Cina ogni giorno sono stampati
duemila quotidiani che hanno una tiratura annuale totale di 45 miliardi di copie, numeri fantasmagorici rispetto alle asfittiche
370’000 copie cartacee del corrierone nostrano.
aprile 2015 La Rivista - 15
Accordo Italia-Svizzera
Un armistizio o una
pace duratura?
D’indubbio interesse il convegno tenutosi a Lugano lo scorso 16 marzo per
iniziativa del Centro di Studi Bancari,
in collaborazione con l’Ambasciata
d’Italia e la Segreteria di Stato per le
questioni finanziarie internazionali.
Al centro dell’attenzione, il protocollo fiscale firmato da Svizzera ed Italia
a Milano lo scorso 23 e la cosiddetta
road map, che nei prossimi mesi dovrebbe portare a risolvere anche tutte
quelle questioni – imposizione fiscale
dei frontalieri, uscita della Svizzera
dalle black list per le imprese, doppia
imposizione e status fiscale di Campione d’Italia – sulle quali, fissati dei paletti di riferimento, per ora si è andati
poco oltre ad una convinta dichiarazione d’intenti. Molta l’attesa per capire se si rivelerà convincente.
Due negoziatori a confronto:
Jacques de Watteville e Vieri Ceriani
L’incontro è stato moderato da Claudio Generali, presidente dell’Associazione bancaria
ticinese, il quale, fin dall’introduzione, ha dato
forma a due perplessità che hanno fatto da
premessa agli interventi che poi sono seguiti. La prima riguarda la tenuta dell’accordo.
Citando il Maresciallo Foch che a suo tempo
s’interrogava sulla vera portata del Congresso
di Vienna, Generali si è chiesto: questo accordo è un armistizio o una pace duratura?
16 - La Rivista aprile 2015
La seconda riguardava le attese dell’uditorio,
che, secondo Generali, difficilmente avrebbero potuto essere completamente soddisfatte: quando due negoziatori partecipano
ad un dibattito pubblico a negoziati ancora
in corso è ragionevole suppore che entrambi
saranno molto reticenti o quanto meno sorvegliati nel mostrare le proprie carte.
Detto questo il presidente dell’Abt, precisando
che non si esprimeva sulle questioni ancora
aperte, per quanto attiene al protocollo sulla
doppia imposizione ha espresso la sua soddisfazione, perché, quanto meno, si è posto fine
ad una fase di diffusa incertezza. Resta da vedere il modo in cui prenderà corpo la road map.
Meno scettico l’Ambasciatore d’Italia a Berna, Cosimo Risi, il quale, pur convenendo che
il risultato non è ancora definitivo, si è detto
soddisfatto per il risultato sin qui ottenuto.
Riprendendo un’affermazione di Generali,
l’Ambasciatore ha detto di non condividere la
convinzione secondo la quale un buon accordo
è tale se i due contendenti si alzano dal tavolo
entrambi insoddisfatti. Ricorrendo ad una metafora calcistica, Risi ha detto che un negoziato
deve finire in pareggio: ma non insulso, a reti
inviolate, bensì con goal da entrambe le parti.
Insomma, un due a due che lascia soddisfatti.
Sull’utilità dell’accordo, e non poteva essere diversamente, hanno convenuto i capi
negoziatori: Vieri Ceriani, Consigliere per le
politiche fiscali del Ministro dell’economia
e delle finanze italiano e Jacques De Watteville, Segretario di Stato per le questioni
finanziarie internazionali del Dipartimento
federale delle finanze.
Il primo, parlando di un accordo win win, ha
evidenziato come sia ormai avviato un lavoro
di esame e di appianamento di tutti i motivi
di contenzioso fra la Svizzera e l’Italia. In primis: regolarizzazione del passato e scambio
delle informazioni. Per mesi si è discusso della
cosiddetta opzione Rubik, fintanto che la Germania l’ha tolta di mezzo. Si è passati così da
uno schema basato sull’anonimato ad uno di
totale trasparenza, indotto da un’accelerazione
della Ue. Un cambio di regime, senza fare danni
eccessivi ai contribuenti e agli stati. Ceriani ha
dichiarato che siamo di fronte ad un piccolo
capolavoro sul quale si è costruito un accordo
bilaterale. Ora si tratta di vedere se funziona. Si
regolarizza il passato e si rafforza la tendenza a
rimuovere il segreto bancario come scudo per
paradisi fiscali. I negoziati continueranno per
affrontare la parte non risolta.
Dal canto suo, Jacques de Watteville ha detto che la piazza finanziaria svizzera attraversa una fase di transizione, verso un’omogeneizzazione delle procedure che derivano
dalla ratifica della convenzione multilaterale
OCSE e del Consiglio d’Europa. In tal senso,
l’accordo con l’Italia risponde a questo percorso virtuoso. Le discussioni tecniche continueranno. Gli obiettivi svizzeri, fissati con
le istituzioni ticinesi, si sintetizzano così:
aderire al programma di Voluntary Disclosure
senza discriminazioni, evitare fughe massicce di capitale; accesso al mercato italiano
per i fornitori dei servizi bancari.
De Wattville ha precisato che l’accordo
bilaterale deve essere approvato dai parlamenti e, in Svizzera, è sottoposto a referendum facoltativo.
Per quanto riguarda la road map, essa concerne temi inerenti le nuove basi giuridiche
definite in ambito europeo, la regolarizzazione del passato, il perseguimento penale degli
istituti finanziari e degli impiegati, l’imposizione dei lavoratori frontalieri (nuova definizione, maggiori controlli, maggior peso delle
imposte), accesso al mercato finanziario
italiano, la vicenda di Campione (questioni
fiscali, in modo particolare IVA).
L’intenzione dichiarata dalle parti, è quella
di voltare pagina. Di rafforzare la cooperazione, gli scambi non traumatici d’informazione, di migliorare l’imposizione dei frontalieri, di accrescere la sicurezza giuridica di
imprese e individui.
Per ora, ritornando alla metafora calcistica,
si sono conclusi in pareggio i tempi regolamentari. Si attende ora l’esito dei tempi supplementari, sperando non si debba ricorrere
ai calci di rigore.
Incontro Italo Svizzero a Zurigo
organizzato dalla CCIS
Rinnovarsi per
rimanere competitivi
Ospite eccezione nelle sale della Zunfthaus zur Meisen di Zurigo, Sergio
Ermotti Group Chief Executive Officer
UBS, che, alla presenza, tra gli altri,
del viceministro italiano dell’Economia e Finanza Italia, Enrico Morando,
dell’ambasciatore d’Italia in Svizzera,
della presidente del Gran consiglio zurighese e di due assessori cittadini, ha
illustrato, ad un folto gruppo di convenuti, quali sono le sfide e le opportunità per una banca svizzera in Italia, con
ovvio riferimento al caso UBS
Un parterre di tutto rispetto quello che si
è trovato davanti il CEO di UBS, lo scorso 11 marzo a Zurigo nelle storiche sale
della Zunfthaus zur Meisen. Fra i cento
intervenuti, anche l’Ambasciatore d’Italia
in Svizzera, Cosimo Risi, la Presidente del
Gran Consiglio zurighese Brigitta Johner, i
due assessori comunali della città di Zurigo Raphael Golta e Filippo Leutenegger,
il Console generale d’Italia in Zurigo Francesco Barbaro e l’onorevole Alessio Tacconi eletto alla Camera dei deputati per la
Circoscrizione estero, collegio Europa, che
risiede in Svizzera.
Secondo copione ormai consolidato –
la Camera di Commercio Italiana per la
Svizzera è attiva nella Confederazione
da 106 anni - è stato il Presidente della
CCIS ad introdurre l’ospite, tratteggiando
i motivi che presiedono l’organizzazione
dell’incontro.
solo l’accesso ad opportunità di esportazione ed investimento sul mercato locale,
ma anche l’accesso ad una rete di rapporti
transnazionali che, sulle tre piazze di Zurigo, Ginevra e Lugano, rendono il lavoro
della CCIS particolarmente interessante e
ricco di sfide.
Né – ha continuato il Presidente - si può
sottovalutare il ruolo determinante della
finanza nella globalizzazione delle relazioni, contribuendo non poco a rendere interconnessa con il mondo la piazza finanziaria
elvetica. Nello specifico, l’attenzione della
Camera per il mondo delle banche, vigile
ormai da tempo, è stata ulteriormente sollecitata nelle ultime settimane dall’entrata
in vigore della voluntary disclosure, che segna indubbiamente una svolta nei rapporti
bilaterali tra Italia e Svizzera, anche in seguito all’accelerazione che hanno avuto i
negoziati fra i due Paesi, culminati, com’è
noto, lo scorso 23 febbraio, a Milano, con
la firma del protocollo di modifica della
convenzione sulla doppia imposizione.
Un atto importante, che, si è detto convinto Di Pierri, contribuirà a normalizzare
rapporti, che, talvolta, sembravano cedere
al logorio della tensione.
Secondo il Presidente della CCIS, preciso
auspicio della Camera è che da tutto ciò
discenda anche una sempre maggiore interazione tra industria italiana e banche
svizzere. Gli imprenditori italiani, infatti,
possono essere clienti molto interessanti,
perché investono in modo oculato, hanno
una forte propensione all’export e diversificano il rischio.
Le aziende italiane, dopo il grande shock
competitivo generato dall’introduzione
dell’euro, sono solide, altamente orientate
alla media ed alta tecnologia ed ormai in
molti settori di punta dell’industria manifatturiera contendono il primato ai tedeschi in termini di competitività e quote di
mercato. Soffrono, tuttavia, di una cronica
difficoltà di accesso al credito e rischiano di dover ridimensionare radicalmente
i propri progetti di espansione a causa di
Maggiore interazione tra industria
italiana e banche svizzere
Per sua natura, ha detto Di Pierri, la Camera è costantemente impegnata a favorire i processi di internazionalizzazione
delle piccole e medie imprese. D’altronde,
si è detto certo di non svelare un segreto,
(anche perché l’ultimo, quello bancario, è
di recente sepoltura), affermando che la
Svizzera è un’importante piattaforma internazionale, che offre alle imprese non
Sergio Ermotti durante il suo intervento
aprile 2015 La Rivista - 17
Il CEO del Gruppo UBS mentre s’intrattiene con il Viceministro Enrico Morando
quello che si presenta come una sorta di
circolo vizioso, che non può e non deve diventare un dato di sofferenza strutturale
del sistema Italia.
È anche sulla base di queste considerazioni che, Di Pierri ritiene che non sia
stata dettata da formale cortesia la presenza all’incontro del Viceministro italiano, dell’Economia e della Finanze, Enrico
Morando, che era già intervenuto lo scorso
settembre a Lugano, in occasione dell’evento organizzato per l’apertura del ufficio
camerale in Ticino.
Salutati e ringraziati gli intervenuti il presidente ha dato la parola a Sergio Ermotti, il quale ha esordito dichiarando che il
rapporto tra le banche svizzere e l’Italia gli
sta a cuore, anche, seppur non solo, in virtù della vicinanza geografica tra il Ticino,
cantone dov’è nato e cresciuto, e l’Italia.
Più solidi di otto anni fa
Riferendosi al cambiamento epocale derivato dalla crisi iniziata nel 2007, che ha
caratterizzato il sistema finanziario internazionale, al pari di quello elvetico, ha
segnalato come l’industria finanziaria globale abbia iniziato un importante, e certamente necessario, processo di trasformazione e rinnovamento. Grazie all’implementazione di regolamenti internazionali,
perfettibili ma certamente necessari, banche globali come UBS sono oggi più solide
di otto anni fa. Infatti, la trasformazione
strategica di UBS, annunciata tra il 2011
e il 2012, è completata e ora è possibile
guardare al futuro con maggiore fiducia.
Oggi UBS è una delle banche meglio capi-
18 - La Rivista aprile 2015
talizzate al mondo, con una presenza nelle principali economie globali. È leader nel
Wealth Management ed è la prima banca
in Svizzera. Può contare su una banca
d’investimento solida e focalizzata oltre
ad una divisione di asset management
che è in grado di soddisfare le esigenze
della clientela.
Ma, secondo Ermotti, essere una banca
solida, in un paese stabile come la Svizzera non è più sufficiente: bisogna continuare a guardare avanti e avere la capacità di rinnovarsi per rimanere competitivi,
soddisfare le esigenze della clientela in
maniera efficace ed efficiente e garantire
agli azionisti un ritorno sostenibile e duraturo nel tempo.
I costi associati all’implementazione dei
nuovi regolamenti, alla compliance, sommati alla pressione sui margini spingono
le banche a prendere decisioni sui mercati
sui quali intendono puntare e operare in
futuro.
L’Italia è un paese sul quale investire
Oggi gli istituti finanziari non possono più
pensare di servire tutti i clienti del mondo
allo stesso modo. È necessario valutare e
implementare una strategia molto focalizzata non solo sui segmenti di clientela,
ma anche sui paesi sui quali si decide di
investire.
E per UBS, l’Italia è uno di questi paesi.
L’economia italiana stenta a ripartire, ma
nel medio termine si spera possa beneficiare della politica monetaria annunciata
dalla BCE.
L’accesso al credito può fare la differenza
in un paese in cui le piccole e medie imprese sono ancora fortemente dipendenti
dai prestiti erogati dalle banche. Le misure
della BCE possono quindi contribuire a far
ripartire in maniera robusta il Paese.
Dal canto suo, il CEO di UBS non ritiene
realistico pensare che la politica monetaria della BCE o maggiori erogazioni creditizie da parte delle banche siano sufficienti da sole a risolvere i problemi strutturali e cronici dell’Italia e di altri paesi
europei. Il governo attualmente in carica
ha però dimostrato di essere intenzionato
non solo ad annunciare riforme ma anche
ad attuarle. Ovviamente rimangono anche
molte questioni da risolvere, ma, sostiene
Ermotti, la direzione presa dal primo ministro Renzi è quella giusta, a prescindere
da quelle che possono essere le diverse
opinioni politiche.
Le opportunità per fare business con l’Italia per una banca come UBS sono molteplici. Il mercato del private banking cresce
nonostante la crisi economica degli ultimi
anni. E secondo recenti studi, le attese
di crescita per i prossimi 5 anni sono del
2,1 % annuo, con una maggiore crescita
nei settori UHNW (ultra-high net worth)
e HNW. Con circa 300 mila milionari, l’Italia è il nono paese al mondo in questo
particolare gruppo. In Italia ci sono circa
400 famiglie, con un patrimonio superiore
ai 50 milioni, che hanno investimenti in
attività finanziarie per oltre 100 milioni di
dollari. L’Italia è il decimo paese al mondo
per numero di famiglie UHNW.
Questi clienti cercano sempre più strutture
professionali per la gestione dei propri patrimoni. UBS è in grado di offrire loro servizi e accesso ai principali mercati internazionali del mondo, diversificando anche dal
punto di vista geografico.
Non esiste più un investimento a
rischio zero
D’altronde, ha fatto notare Ermotti, si è
verificato un cambiamento fondamentale
delle aspettative e delle necessità da parte
dei clienti. Il loro appetito è ai minimi da
oltre 36 mesi, perché il sentiment negativo generale, legato alla perdurante crisi
dei paesi dell’Eurozona, alle tensioni geopolitiche in Medio Oriente e Africa, agli
attacchi terroristici in Europa e in Asia od
al crollo del prezzo del petrolio, fatica ad
attenuarsi.
In questa situazione, i clienti delle banche
prendono atto che non esiste più un investimento a rischio-zero, neppure per quanto riguarda le obbligazioni emesse da stati
con tripla o doppia A.
In questo scenario, UBS intende continuare ad essere un partner di fiducia per
l’Italia e per i suoi clienti. È con oltre 500
collaboratori e 7 uffici in tutto il paese e le
Alessandro Paolucci (a sinistra) Direttore generale Fiat Chrysler Automobiles Switzerland SA, Piergiorgio
Cecco (al centro), Direttore generale Maserati (Suisse) SA e Dieter Jermann, Director Swiss Market Pirelli Tyre
riconosciute capacità di consulenza finanziaria globale – dall’advisory alla filantropia – che UBS si pone al servizio dei clienti
italiani, siano essi enti pubblici, privati o
istituzionali.
Un impegno che per quanto possibile, si
farà ancora più forte anche alla luce del
nuovo programma di voluntary disclosure tra Svizzera e Italia che costituisce
un importante passo avanti e fornisce
una buona soluzione per gli italiani che
ancora non hanno regolarizzato la propria posizione fiscale. UBS è impegnata
a operare in un centro finanziario tax
compliant, in cui i propri clienti, incoraggiati a regolarizzare le proprie posizioni, dichiarano alle rispettive autorità
i loro patrimoni.
Sollecitato da alcune domande, il CEO
del gruppo UBS - pur consapevole che la
scomparsa di quello che, per necessità di
sintesi, definiremo segreto bancario, e che
le oggettive difficoltà con le quali deve
confrontarsi il sistema finanziario elvetico
comporteranno una contrazione del numero degli istituti bancari – si è detto comunque fiducioso della capacità che detto
sistema avrà di rinnovarsi e di rispondere
alle sfide che lo attendono, cogliendo al
contempo le opportunità che si creeranno.
Esprimendo, infine, un auspicio a titolo
personale, Ermotti ha poi concluso augurandosi che nel 2020 l’UBS si confermi ancora il più grande istituto finanziario svizzero.
L’Ambasciatore d’Italia a Berna Cosimo Risi (a sin.) a colloquio con Andrea Santorelli di Banca d’Italia (al centro)
aprile 2015 La Rivista - 19
Voluntary disclosure:
incontro a Lugano organizzato dalla CCIS
«Una proposta che
non si può rifiutare»
Edoardo Ursili, Direttore vicario dell’Agenzia delle Entrate, durante il suo intervento
Con queste parole Antonio Martino, responsabile dell’Ufficio centrale per il contrasto agli
illeciti fiscali internazionali (Ucifi) dell’Agenzia delle Entrate, ha introdotto il suo intervento al convegno organizzato lo scorso 5
marzo a Lugano dalla Camera di Commercio
Italiana per la Svizzera (CCIS). Il riferimento
andava alla cosiddetta voluntary disclosure
(collaborazione volontaria), relativa all’emersione dei beni detenuti all’estero, tema centrale del convegno che intendeva fornire il
punto di vista svizzero e quello italiano.
Naturalmente Martino intendeva sottolineare che la proposta, che è legge dello stato (e
nel frattempo, è stata corredata dalla circolare nr.10/E dell’Agenzia delle Entrate pubblicata lo scorso 13 marzo – ndr), prevede
delle sanzioni che dovrebbero dissuadere chi
pensasse di non aderirvi.
20 - La Rivista aprile 2015
Introdotti dal Presidente della CCIS Vincenzo
Di Pierri e da Marina Bottinelli, responsabile
dell’ufficio di Lugano della CCIS, moderati,
da Paolo Morel, ad illustrare il punto di vista
svizzero ci hanno pensato gli avvocati Edy Salmina e John Noseda, Procuratore Generale del
Ministero Pubblico del Canton Ticino.
L’avvocato Salmina ha valutato le possibili
violazioni penali previste dalla legislazione sia
svizzera sia italiana, configurabili in assenza di
adesione al programma di collaborazione volontaria italiana. Ha sostenuto che, ai sensi del
Codice Penale svizzero, gli intermediari elvetici
non siano punibili, ma rischino il concorso nei
fatti sanzionati penalmente in Italia, con l’avvio di un procedimento penale in Italia ai sensi
dell’art. 10 del codice penale italiano.
Dal canto suo, John Noseda si è soffermato
sull’analisi della condotta di frode fiscale og-
getto di incriminazione in Svizzera, specificando che la stessa è configurabile unicamente mediante l’utilizzo di documenti artefatti,
comprese le autodichiarazioni. Inoltre, per le
imposte dirette, deve essere superata la soglia
di punibilità di CHF 300.000 l’anno, mentre
per quelle indirette il limite è posto a 15.000
franchi annui.
A partire probabilmente dal prossimo luglio –
se, come pare verosimile, entro il 2 aprile 2015
non verrà lanciato un referendum – questa
fattispecie sarà inclusa tra i reati ritenuti presupposto del riciclaggio. Ciò comporterà notevoli e rilevanti conseguenze sull’ammissibilità
delle rogatorie internazionali inerenti non solo
il riciclaggio ma anche l’evasione fiscale.
Come precisato dal Procuratore Generale, nonostante questa modifica non sia retroattiva
in territorio elvetico, sarà utilizzata come pa-
rametro per accertare la presenza della doppia punibilità della condotta anche per fatti
compiuti prima della sua entrata in vigore. La
rogatoria è un atto amministrativo di natura
procedimentale e, pertanto, non trova applicazione il principio di non retroattività della
legge penale.
Se sul fronte svizzero l’attenzione si concentra come evitare i rischi di incappare in
concorso in riciclaggio ed autoriciclaggio,
da parte italiana si affinano le procedure, si
approfondiscono i tecnicismi della legge e
si amplia la struttura dell’amministrazione,
come ha chiarito Eduardo Ursilli, Direttore
vicario dell’Agenzia delle Entrate. Secondo
Ursilli, l’Agenzia acquisirà attraverso la procedura esperienze preziose, che renderanno
più penetrante la successiva attività di controllo e di contrasto all’evasione. Nuove risorse si stanno investendo (entro settembre
è prevista l’assunzione di 900 specialisti), e
sarà allestito un laboratorio di simulazione
ed un osservatorio permanente per trattare
le criticità che emergeranno durante l’esame
delle richieste presentate.
A fornire alcune anticipazioni sulla circolare
(pubblicata poi, come detto, il 13 marzo – ndr)
ci hanno pensato Emiliana Bandettini, Direttore Centrale Aggiunto dell’Ufficio Accertamenti, e, come detto in apertura, Antonio
Martino, Responsabile UCIFI.
A delineare il punto di vista italiano ha contribuito, Paolo Ielo, Sostituto Procuratore della
Repubblica presso il Tribunale di Roma, che
ha illustrato il nuovo reato di autoriciclaggio, introdotto all’art. 648ter.1 c.p. dalla legge
186/2014 (quella concernente “Disposizioni in
materia di emersione e rientro di capitali de-
tenuti all’estero nonché per il potenziamento
della lotta all’evasione fiscale. Disposizioni in
materia di autoriciclaggio”).
Nel dettaglio, ha affermato come si tratti di
un reato proprio – il cui autore può essere unicamente il soggetto che commesso o concorso a porre in essere il delitto presupposto – e
di pericolo concreto, richiedendo la concreta
idoneità a spezzare la tracciabilità delle attività movimentate.
Così configurata la disciplina, gli intermediari
finanziari, in assenza di partecipazione nel reato presupposto del contribuente, dovrebbero
rispondere di riciclaggio e non di concorso in
autoriciclaggio.
Ulteriori spunti di riflessione sull’interpretazione della disciplina sulla voluntary disclosure sono stati forniti dall’avvocato Sebastiano
Stufano che ha evidenziato gli effetti della
discrasia tra l’ampiezza dei termini di prescrizione dei reati tributari e i più brevi termini
di decadenza dell’accertamento eseguito dalla
firma dell’accordo Italia-Svizzera.
L’avvocato Gianluca Gigantino ha esposto
le novità intervenute sullo scambio di informazioni ai fini fiscali tra Italia e Svizzera, in
seguito all’accordo sullo scambio automatico di informazioni tra questi due Paesi sottoscritto il 23 febbraio. Questa convenzione
comporta la riduzione dei periodi accertabili
per le attività detenute in territorio elvetico
ed dispone l’attivazione della procedura di
scambio automatico a partire dal gennaio
2017, in relazione alle posizioni attive dal 1°
gennaio 2016.
Di particolare rilevanza pratica è stata l’illustrazione dell’ avvocato Vincenzo José Cavallaro di alcuni casi particolari oggetto di rego-
Il Presidente della CCIS, Vincenzo Di Pierri, la responsabile dell’Ufficio di Lugano, Marina Bottinelli e Paolo
Morel a colloquio con il Procuratore Generale del Canton Ticino John Noseda, prima dell’inizio dei lavori
larizzazione: i trusts, le fondazioni, gli immobili e le polizze. In correlazione agli ultimi fatti
di attualità, è emersa la problematica relativa
all’utilizzo di polizze vita assicurative a soli
fini speculativi. Simili contratti non possono
più essere soggetti al regime fiscale agevolato
proprio di questi strumenti, ma devono essere
tassati come investimenti. Difficoltosa, tuttavia, si dimostra la loro indicazione e valorizzazione nell’istanza di collaborazione volontaria,
non adatta all’esatta rappresentazione delle
loro peculiarità.
L’avvocato Camilla Consorti è intervenuta,
invece, sul rapporto tra disclosure ed obblighi
antiriciclaggio.
In assenza di un’espressa disciplina normativa,
l’adempimento degli obblighi di cui al d.lgs.
2312/2007 è stato confermato dalla circolare
del Ministero dell’Economia e delle Finanze
del 9 gennaio 2015. In essa viene precisato
che nessuna segnalazione antiriciclaggio debba essere inoltrata da parte del professionista
che sconsigli al contribuente la disclosure prima del conferimento di un mandato. In questo
caso, infatti, il cittadino non può essere ancora
qualificato come cliente. Tuttavia, la deroga
all’osservanza dei doveri antiriciclaggio, non
trova applicazione dopo il conferimento del
mandato, posto che si esula da un procedimento di natura giudiziaria.
Questa interpretazione è stata considerata
dalla relatrice contradditoria sia rispetto alle
implicazioni penali e tributarie della disclosure – il contribuente vuole evitare l’avvio di
un procedimento giudiziario sia penale sia
tributario – sia rispetto alle raccomandazioni
GAFI, che ricomprendono nella deroga anche
il procedimento amministrativo.
Una conseguenza favorevole di quanto affermato dal Ministero, tuttavia, può essere
individuata in capo agli intermediari finanziari: se il cliente non è tale in assenza di un
rapporto professionale sottostante, cadono
gli obblighi antiriciclaggio per l’intermediario cui venga confidata la presenza di attività estere non dichiarate e la volontà di
regolarizzarle.
aprile 2015 La Rivista - 21
«Nessuna misura monetaria potrà
influire sull’export in misura tale
da risolvere gli annosi problemi
della nostra economia»
Ne è convinto Fabrizio Macrì, Segretario generale della Camera di
Commercio italiana per la Svizzera,
al quale abbiamo posto alcune domande relative alle ricadute che, la
recente decisione della Banca Nazionale Svizzera di abbandonare la soglia minima di cambio fra Franco ed
Euro, potrebbe avere sull’economia
italiana.
Svalutazione dell’Euro: siamo veramente ad una svolta?
In un paese come l’Italia in cui l’export è l’unica variabile economica positiva ed unico
vero stimolo alla crescita del PIL, si rischia
di sopravvalutare l’effetto positivo che la
22 - La Rivista aprile 2015
recente svalutazione dell’Euro sul Franco
Svizzero potrà avere sulle nostre esportazioni e quindi sulla crescita.
La recente decisione della Banca Nazionale Svizzera di uscire dal regime di sostegno
all’Euro ha infatti determinato una svalutazione dell’Euro sul Franco Svizzero di circa il
15% in un contesto di indebolimento anche
rispetto al Dollaro USA.
Ci sono diverse ragioni per credere che questa svalutazione non abbia l’impatto sperato sulle nostre esportazioni; queste ragioni
poggiano sull’assunto di fondo che, dopo
anni di ristrutturazioni indotte dalla presenza di una moneta forte e stabile come
l’Euro, l’industria esportatrice italiana abbia
imparato ad operare senza aver bisogno di
periodiche e miopi svalutazioni della moneta come avveniva ai tempi della lira.
Altri tempi e l’Italia non è più
quella degli anni `80.
Infatti. Gli analisti italiani ed europei che
prevedono che questa svalutazione potrebbe generare un balzo in avanti per
l’economia italiana ragionano ancora con
schemi precedenti all’introduzione dell’Euro. Ragionano con gli occhi di un tempo in
cui la debole economia italiana recuperava
costantemente la propria competitività sui
più “virtuosi” concorrenti franco-tedeschi,
svalutando la propria debole moneta e scopando la polvere sotto il tappeto.
Non fanno i conti con i cambiamenti dra-
stici che l’introduzione dell’Euro ha imposto
sull’industria esportatrice italiana; forse le
riforme destinate a rendere il Sistema Italia
più forte e competitivo non sono arrivate
nella misura sperata, ma l’industria nostrana ha dimostrato una grande capacità
di adattamento al nuovo regime di cambio
forte e stabile, facendo un salto di qualità
basato sugli “hard factors” della competitività: tecnologia e produttività.
E l’export è cresciuto.
Il valore dell’export italiano è passato dai
270 miliardi di Euro del 1998 (anno d’entrata dell’Italia in regime di cambio fisso) ai
470 del 2012: una crescita di 200 miliardi
senza traccia di svalutazione alcuna.
La quota dell’export italiano su quello globale è rimasta stabile al 2,8%, con una leggera crescita nel 2014 nonostante l’entrata
aggressiva sul mercato di giganti come India, Cina e Corea o di concorrenti più vicini
come la Spagna, che sono cresciuti soprattutto nei settori del Made in Italy tradizionale nei quali gli italiani una volta dominavano incontrastati (moda, arredamento e
agroalimentare).
Fondamentalmente l’Euro ha imposto una
rivoluzione nella specializzazione settoriale
dell’export italiano: nel 2012 l’export alimentare italiano era leggermente superiore
all’8% del totale e sommato ad altri prodotti di consumo non raggiungeva il 33% del
totale. Mentre i beni strumentali sommati
ai prodotti dell’High-Tech avevano un valore superiore al 67%.
Gli italiani insomma hanno imparato ad
esportare in settori della media ed alta tecnologia ed insidiano più di ogni altro competitor internazionale le posizioni di leadership dei tedeschi in molti settori in cui gli
effetti delle fluttuazioni del tasso di cambio
non sono così rilevanti come in settori più
tradizionali.
I dati più recenti lo confermano.
La crescita globale dell’export italiano a
novembre 2014 è stata dell’8,4% con un
bilancio positivo della bilancia commerciale
di 3,5 miliardi di Euro. L’Italia insomma, ben
prima della svalutazione appena intervenuta ha già dimostrato di essere un’economia
con un bilancio strutturalmente positivo
della propria bilancia commerciale, dotata
della seconda industria d’Europa, nonostante i tratti di strutturale arretratezza del proprio apparato amministrativo e sociale che
la accomunano ad altri paesi mediterranei.
Quali sono le chiavi del successo
italiano sui mercati internazionali?
Se si analizzano i dati più nel dettaglio,
all’incontrastata leadership mondiale nel
campo dell’arredamento, della moda e
dell’agroalimentare, settori nei quali i di-
stretti sono tornati a giocare un ruolo centrale, come negli anni ’90, si aggiunge negli
ultimi anni un forte progresso sul fronte
delle macchine utensili.
Particolarmente interessante è la posizione
competitiva dell’Italia rispetto alla Germania.
Nel settore delle machine utensili, l’Italia genera il terzo surplus commerciale al
Mondo dopo Germania e Giappone, pari a
54 miliardi di Euro.
Stando al trade performance index dell‘International Trade Center e dell’UNCTAD, la
competitività italiana in questo settore è
seconda solo a quella della Germania e superiore a quella svedese, belga, cinese, finlandese, svizzera e francese.
In questo settore le esportazioni italiane
sono superiori a quelle tedesche in 179
differenti tipi di prodotto, mentre tutti gli
altri competitor, inclusa la Cina, superano la
Germania sul fronte delle esportazioni in un
numero inferiore di produzioni.
Di quali produzioni stiamo parlando con esattezza?
Macchine per la produzione e lavorazione
di prodotti tessili, imballaggi, alimentari,
plastiche e ceramiche, ma anche tecnologia
legata all’estrazione di olio e gas sviluppatasi grazie agli investimenti dell’Eni ed al
dinamismo delle tante PMI dell’indotto.
Un’analisi geografica dell’industria europea
colloca l’Italia saldamente al secondo posto
in Europa tra le potenze manifatturiere. Se
su 1300 province industriali europee, solo
53 possono essere considerate ad alta specializzazione, in termini di occupazione,
valore aggiunto prodotto e proiezione internazionale, più della metà di queste si trovano in Germania o in Italia, mentre 6 delle
prime 10 sono italiane e solo 4 tedesche.
Inoltre delle 23 province europee che producono più di 3 miliardi di valore aggiunto, 9 sono italiane e 13 tedesche, mentre
solo una si trova in Polonia. Le 9 province
italiane producono 65 miliardi di valore aggiunto, più della Finlandia, il Portogallo e gli
Stati Baltici messi insieme.
Nel settore dell’automotive, in cui la Germania non teme rivali in Europa, la decisione di Volkswagen di aprire un ufficio
acquisti a Torino, nel cuore dell’indotto FIAT,
ci dice qualcosa su quanto venga considerata di valore la fornitura e la subfornitura
italiana.
dell’economia, non più di quanti ne darà
all’economia tedesca o francese.
Dato però che una gran parte dell’economia invece è non traded, non esposta alla
concorrenza interna ed internazionale,
protetta da ombrelli di privilegio pubblico
e delle professioni, appesantita dall’arretratezza delle regioni del Sud e dalle mancate
riforme del sistema fiscale e del mercato del
lavoro, riteniamo che il Paese, non possa
prescindere dall’affrontare problemi di natura strutturale.
I tempi dell’Italia che ovviava temporaneamente ai suoi problemi svalutando la sua
moneta ed esportando prodotti a basso
valore aggiunto sono tramontati e nessuna
misura monetaria potrà influire sull’export
in misura tale da risolvere gli annosi problemi della nostra economia.
La parte di economia italiana esposta alla
concorrenza internazionale già primeggia
nel mondo, senza bisogno di scorciatoie
come la svalutazione della moneta e ogni
politica economica che si proponga di tirare
fuori il Pase dalle secche della stagnazione
deve partire da questo assunto, rivolgendosi
prevalentemente al resto dell’economia, anche se il pregiudizio è duro a morire.
Perché allora l’Italia è in crisi?
Se dunque l’Italia la sua sfida sul fronte
dell’export la sta già vincendo, puntando su
produttività e tecnologia ed emancipandosi
dalla vecchia arma della svalutazione, è illusorio pensare che il recente indebolimento della valuta posso dare grandi impulsi
all’export e quindi alla crescita complessiva
aprile 2015 La Rivista - 23
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Cesare Cerrito,
un italiano con la
passione degli orologi
di Michele Caracciolo di Brienza
Proseguiamo la serie di ritratti d’italiani presenti nel mondo dell’orologeria in Svizzera. Nonostante l’orologeria sia in flessione e alcune marche
siano scese da 100’000 a 80’000
pezzi all’anno, vi è ancora chi vuole
rischiare in un settore che alla fin fine
in Svizzera vale oltre 20 miliardi di
CHF di ricavi correlati alle esportazioni. L’orologeria resta un pilastro fondamentale dell’industria svizzera e in
alcune regioni ha un peso economico
di primo piano.
La marca Meccaniche Veloci ha da
poco annunciato il cambio di gestione
e i nuovi vertici aziendali. In concomitanza all’annuncio, la società ha presentato la collezione Corsacorta Evo.
Cesare Cerrito è il Chairman della società
che ha sede a Ginevra, ma dal DNA tutto italiano, alla quale faranno capo tutte le attività future della marca. Grande
appassionato di orologi e di motori, con
un’esperienza quasi ventennale nella finanza tra Londra, Milano e Ginevra, Cerrito ha colto l’opportunità: “Riprendo con
passione tutte le attività di Meccaniche
Veloci e le porto a Ginevra. La personalità della marca sarà ancora più svizzera,
ma il cuore pulsante continuerà a essere
italiano. È l’inizio di una nuova epoca per
questa marca dalle enormi potenzialità. I
prossimi dodici mesi saranno ricchi di novità, sulle quali fonderemo la strategia di
lungo termine”.
La ripresa di Meccaniche Veloci passa anche attraverso un nuovo Chief Executive
Officer dall’esperienza assoluta nell’industria degli orologi: un altro italiano, Riccardo Monfardino, ex direttore commerciale di Franck Muller, dove ha lavorato
per oltre quindici anni, ora è il responsabile di tutta la strategia di distribuzione
di MV nel mondo. “Meccaniche Veloci è
pronta per nuove sfide - ha dichiarato
Monfardino - Una delle prime azioni del-
la nuova gestione - continua il manager
italiano - è quella di consolidare i mercati
asiatici, dove la marca è forte, e di sviluppare la rete di vendita in quei mercati
dove oggi non siamo presenti”.
La marca punta a ritrovare spazio in quei
luoghi di grande afflusso turistico come
Piazza San Marco a Venezia. Gli italiani
hanno le corse nel sangue. L’abbinamento
tra gli orologi e i motori è una tendenza
ormai classica nell’orologeria mondiale.
Le realtà italiane con le quali Meccaniche Veloci ha un’affinità elettiva sono
moltissime. Accordi straordinari in questo senso fanno parte della storia della
marca: Brembo, Dell’Orto, Spada vetture
sport e Suomy che produce caschi per
motociclisti.
Il cobranding con Suomy prevede che il
quadrante di alcuni modelli di orologi MV
riprenda la grafica di alcuni modelli di
caschi. In Giappone questa combinazione
è molto apprezzata. Grazie alla Brembo,
invece, MV ha potuto inserire nei propri
pezzi i materiali di altissima tecnologia
dell’azienda di Bergamo, leader mondiale nei sistemi frenanti per automobili. Le
casse di alcuni modelli sono in carboceramica e riprese direttamente da un disco
frenante della Brembo.
In occasione di Baselworld 2015, salone internazionale dell’orologeria, MV ha
presentato la collezione Corsacorta Evo
in versione solo tempo, senza cioè alcuna
complicazione da cronografo. La denominazione del nuovo modello s’ispira a
una particolare tipologia di motore, dove
la corsa dei pistoni è più corta rispetto
all’alesaggio (diametro) del cilindro, al
fine di sviluppare maggiore potenza agli
alti regimi: una peculiarità dei motori con
performance sportive di alto livello, e un
dettaglio che non sfuggirà agli appassionati del mondo della velocità. Il tratto stilistico che lo distingue dagli iconici Quattro Valvole e Due Valvole è il particolare
attacco del cinturino realizzato tramite
delle anse in contrasto cromatico, che
abbracciano la cassa, la quale diviene più
sottile pur mantenendo il richiamo delle
fasce elastiche tipiche del pistone. Completa l’operazione di re-design la proposta del cinturino in versione tessuto con
cuciture a contrasto. Il più noto modello
di Meccaniche Veloci è il Quattro Valvole
appunto, conosciuto in tutto il mondo per
il richiamo alla sezione di un pistone di
un motore.
La marca Meccaniche Veloci si prepara a
una nuova fase ricca di sfide che saprà
affrontare e vincere con lo spirito forte
e grintoso che l’ha sempre contraddistinta. La nuova società ginevrina è in realtà
un’officina creativa italiana che ha saputo unire l’ingegneria motoristica con
l’alta orologeria.
Informazioni: www.meccanicheveloci.com
aprile 2015 La Rivista - 25
Donne in carriera:
Maria Grazia Santini
Fondamentale è il carisma
di Ingeborg Wedel
A
capo della sicurezza dei tre aeroporti
lombardi: Orio al Serio – Malpensa
e Linate, troviamo rispettivamente
Maria Grazia Santini, Giuseppina Petecca e
Antonella Rossini : anche questo incarico di
grande responsabilità, abilità e costanza si è
tinto di rosa!
Per la nostra intervista con una donna in
carriera abbiamo scelto Maria Grazia Santini
che, inizialmente, ci illustra con parole sue il
percorso professionale che l’ha portata a diventare dirigente dell’Ufficio Polizia di Frontiera aerea a Orio al Serio.
Dopo il conseguimento della Laurea in Giurisprudenza (con 110 e lode alla Cattolica di
Milano) ho scelto un’attività professionale con risvolti nel “sociale” partecipando a
concorsi pubblici per: magistrato, poliziotto
e consigliere parlamentare superando, per
ciascuno, gli esami scritti ma optando, infine,
per la carriera nella Polizia di Stato, ove sono
entrata dopo un corso di nove mesi – alla
Scuola di Polizia di Roma – con la qualifica di
Vice Commissario.
Sono stata assegnata alla Questura di Milano ove ho ricoperto tutti gli incarichi previsti:
“Sono nata in Toscana, nella Maremma, a
Grosseto e all’età di 15 anni mi sono trasferita
a Milano per studio e lavoro ove mi sono sposata e laureata. Sono divorziata da 21 anni ,
attualmente, convivente.
Ho una figlia di 19 anni, di nome Federica,
studentessa in Medicina all’estero.
Durante il corso di laurea, quale studentessa/
lavoratrice, prestavo attività in Milano, presso studi di avvocati specializzati in diritto penale e del lavoro.
ufficio di gabinetto, amministrativa, commissariato, Digos sino alla possibilità di svolgere
attività di polizia giudiziaria “in missione”
attraverso altri Uffici del Territorio Nazionale:
Servizio Centrale Operativo (S.C.O.) e CRIMINALPOL (Sicilia/Umbria) per le indagini sulle
stragi di “Falcone/Borsellino” nonché degli
omicidi del cosiddetto “Mostro di Foligno”.
Per una migliore risposta investigativa, in
questa fase dell’attività professionale, ho
ritenuto opportuno specializzarmi in “Crimi-
26 - La Rivista aprile 2015
nologia Clinica” presso l’Università Statale
di Milano, Facoltà di Medicina, Istituto di
Medicina Legale, Cattedra di Antropologia
Criminale, qualifica risultata utilissima nelle
indagini intraprese per i risultati ottenuti.
La percezione che, dopo l’11 Settembre 2001, la
tutela della sicurezza pubblica fosse da focalizzare sul terrorismo internazionale e gli aeroporti, mi ha determinato ad intraprendere un nuovo
cammino professionale in questo campo, in cui
ritenevo – per l’esperienza pregressa acquisita –
di poter dare un costruttivo contributo.
Dal 1996 ho iniziato ad acquisire, per studio
e molta pratica, un diverso know-how, molto
particolare, tipico ed istituzionale degli Uffici di Polizia di Frontiera Aerea: le specialità
della frontiera e della security aeroportuale, quali organismi dipendenti e decentrati
della Direzione Centrale dell’Immigrazione
e della Polizia delle Frontiere, Servizio Polizia delle Frontiere e degli Stranieri, presso
gli scali aerei di Linate Milano (in qualità di
Vice Dirigente) e Orio al Serio Bergamo (come
Dirigente) nonché di responsabile del Coordinamento della Security Aeroportuale e della
Polizia Giudiziaria presso la 2^ Zona Regionale (Compartimento) della Polizia di Frontiera
per la Lombardia (Linate (Mi), Malpensa (Va)
Orio al Serio (Bg) e Montichiari (Bs)).
Nel corso dell’attività specialistica di Frontiera ho svolto indagini di polizia giudiziaria
dell’immigrazione (dal contrasto all’immigrazione clandestina al traffico di esseri umani)
e della sicurezza aeroportuale (dalla security
(armi e terrorismo) alla safety (crash aerei).
L’organizzazione della Polizia di Stato è dal
1984 (sono passati 30 anni) una struttura
civile (benché ad organizzazione gerarchica:
i gradi sono nella forma equivalenti a quelli
militari ma sono nominati in maniera diversa:
tenente/vice commissario, capitano/ commissario, maggiore/comm.rio capo, tenente
colonnello/vice questore aggiunto, colonnello/1^ dirigente) in cui l’accesso alle donne
ha precorso ogni altra struttura delle Forze di
Polizia (Carabinieri e Guardia di Finanza sono
ancora organismi militari e per questo l’ac-
cesso al sesso femminile è più limitato nei numeri e nei gradi) permettendone l’equiparazione all’altro sesso sin dall’emanazione della
norma. Ciò non ha significato che, nell’immediato, le posizioni fossero equivalenti, ma, sin
da quella data, è stato possibile alla donna
– con le medesime opportunità – accedere a
qualunque posizione lavorativa (dall’agente
al funzionario), previo concorso e scuola di
specializzazione.
Ciò ha permesso, nel corso degli anni una
maggiore facilità d’ingresso alle donne “nei
ranghi” della struttura lavorativa”.
Finita la presentazione Maria Grazia ha poi
risposto alle nostre domande, integrandole
con le sue esaurenti risposte.
Nel suo percorso professionale, si è
sentita in qualche modo discriminata in quanto donna?
Allo stato attuale, dopo il percorso trentennale, una donna può impiegare lo stesso tempo
di un uomo per farsi apprezzare come manager dipende ovviamente “come per un uomo”
dal suo impegno, capacità, professionalità,
carisma, intraprendenza … insomma, tutte
quelle caratteristiche che si richiedono ad un
“leader”. Non è difficile comprendere che per
la donna che abbia anche l’intenzione di costruire una famiglia, sarà necessario – a differenza di un uomo – profondere maggiori energie, nelle fasi più delicate della maternità, per
mantenere costante la qualità professionale.
La struttura gerarchica comporta
discriminazione di genere?
Il mondo della Polizia di Stato è composto da
uomini e donne, anche se non nella stessa
misura. Le modalità di approccio verso il “dipendente” o il “sottoposto” sono mutevoli, a
secondo del tipo di attività svolte. Il manager
deve essere “multitasking” e saper cogliere in
ciascun collaboratore le attitudini e le capacità necessarie alla finalità richiesta, richiedendone la giusta performance per il miglior
risultato e sapendo trovare, a questo scopo,
le opportune gratificazioni per ciascuno di
essi. Nel mio mondo, le difficoltà di gestione
possono presentarsi – allo stesso modo - per
dipendenti di entrambi i sessi, in considerazione che ogni funzione e grado può essere
ricoperta sia da uomini che da donne: un criterio di base per la scelta lavorativa è che, in
genere, l’operatore di sesso maschile ha una
maggiore attitudine ai servizi operativi mentre quello femminile è meglio inserito nei
gangli delle attività analitiche e metodologiche. L’aderenza a ciò permette di superare le
difficoltà pratiche e le diffidenza del mondo
reale verso il “capo della struttura lavorativa”.
Quali ostacoli ha dovuto superare?
Gli ostacoli di una donna manager sono gli
stessi di un collega dell’altro sesso, soprat-
tutto, a livello apicale. Io sono un colonnello,
un primo dirigente. Vi sono, tuttavia, ancora
dei residui “sessisti” in un campo della Polizia
di Stato, il cui accesso è precluso alle donne
“dirigenti”: i Reparti Mobili, organizzazioni
mobili della Polizia di Stato movimentate a
seconda delle esigenze di Ordine Pubblico sul
territorio (stadio, manifestazioni pubbliche,
etc). La preclusione (alla direzione dei Reparti
Mobili) in ogni caso, appare in contraddizione con l’impiego delle donne (sia come agenti che come funzionari) “in ordine pubblico” .
Credo sia un retaggio di un vecchio concetto
di Polizia che le generazioni femminili future
sapranno superare.
Dal suo ruolo le derivano privilegi?
Di privilegi strictu senso non parlerei. Vi sono
delle posizioni di interesse legittimo riconosciute dalla legge alla donna in maternità
o come madre, che sono riconosciute nella
sua interezza alla donne (e, ora, anche agli
uomini).
Le donne sono più intuitive degli
uomini?
Sulla base dell’esperienza lavorativa trascorsa posso affermare che l’intuizione non è
una prerogativa solo femminile. Semmai, nel
mio lavoro, la donna dimostra una maggiore
capacità di equilibrio tra la sfera emotiva e
quella decisionale.
Che peso ha, se ce l’ha, la seduzione?
Non parlerei di seduzione ma di carisma. Un
leader deve possedere, anche se allo stadio
minimale, una capacità di influenza. Deve
avere capacità di trascinamento e per fare
questo deve riuscire a divenire il simbolo in
cui il gruppo si riconosce: stima, condivisione
e coinvolgimento sono necessari per il raggiungimento dell’obiettivo, che proprio perché espresso in quei termini dal leader diviene scopo comune e facilmente raggiungibile.
Il carisma è fondamentale.
Qual è la maggiore soddisfazione
per una donna manager?
Non saprei rispondere per le altre. Ognuno,
presumo, è gratificabile secondo criteri e
principi diversi. Io posso solo raccontare di
aver provato una certa soddisfazione quando
al termine di una complessa attività investigativa (tratta di esseri umani minori) realizzata anche unitamente alla Polizia di Tokio,
con la quale avevo avuto soltanto contatti
“documentali”, nella fase finale in Italia. Il
Responsabile (che mai avevo incontrato) mi
fece pervenire, come presente, un paio di gemelli per camicia che confermò anche quando seppe che si trattava di una donna.
Quali hobby riesce a coltivare?
Sempre più raramente per i troppi impegni di
lavoro, riguardano l’atletica leggera, la visita
a mostre d’arte, l’ascolto di buona musica e
la lettura.
Si chiude qui la nostra intervista, in coda alla
quale segnaliamo gli interventi effettuati ad
Orio al serio, anche in vista dell’EXPO 2015.
Infatti ,l’aeroporto ha ora una nuova zona
ARRIVI di ben 10.000 mq, allestito con personale supplementare, la cui formazione è stata effettuata con fondi europei, tra cui molto
importante i corsi di lingua inglese. Infatti,
durante il periodo dell’Expo – solo per l’aeroporto di Orio – sono previsti punte di 60mila
passeggeri al giorno. Un lavoro impegnativo
attende la nostra donna in carriera.
aprile 2015 La Rivista - 27
Burocratiche
di Manuela Cipollone
Riforma del Lavoro
Responsabilità civile dei magistrati
Legge antiterrorismo
I decreti attuativi del Jobs Act, la nuova legge sulla responsabilità civile dei
magistrati e quella sull’antiterrorismo. Non si può certo dire che non fossero
attesi i provvedimenti pubblicati in Gazzetta Ufficiale nell’ultimo mese.
Sono entrati in vigore all’inizio di marzo i decreti attuativi del Jobs Act, cioè la riforma del lavoro
del Governo Renzi.
I decreti definiscono il Contratto a tutele crescenti che si applicherà soltanto ai nuovi assunti, per i
quali stabilisce una nuova disciplina dei licenziamenti individuali e collettivi.
Viene introdotta la Naspi, nuova assicurazione sociale per l’impiego, di cui potrà beneficiare il
lavoratore dipendente che perderà il lavoro dopo il 1° maggio 2015. L’ammontare dell’indennità
è commisurato alla retribuzione e non può eccedere i 1.300 euro. Solo per il 2015, invece, viene
introdotto in via sperimentale l’Asdi, cioè assegno di disoccupazione che verrà riconosciuto a chi,
scaduta la Naspi, non ha trovato impiego e si trovi in condizioni di particolare necessità.
Per i co.co.co (collaboratori coordinati e continuativi, iscritti alla Gestione separata INPS) che perdono il lavoro c’è la l’indennità di disoccupazione Dis-Col (Disoccupazione per i collaboratori).
Presuppone tre mesi di contribuzione nel periodo che va dal primo gennaio dell’anno precedente al
momento in cui si è perso il lavoro. Anche in questo caso, il suo importo è rapportato al reddito e
diminuisce del 3% a partire dal quarto mese di erogazione.
Riordino delle tipologie contrattuali
Il decreto, poi, riordina le tipologie contrattuali, eliminando i contratti di collaborazione a progetto
per i nuovi assunti. A partire dal 1° gennaio 2016 a tutti i co.co.co ancora in essere si applicheranno
le norme del lavoro subordinato, con alcune eccezioni (collaborazioni regolamentate da accordi
collettivi, stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano
nazionale, che prevedono discipline specifiche relative al trattamento economico e normativo in
ragione delle particolari esigenze produttive ed organizzative del relativo settore e poche altri tipi
di collaborazioni).
Vengono superati i contratti di associazione in partecipazione con apporto di lavoro ed il job sharing, mentre vengono confermati i contratti a tempo determinato; di somministrazione; quello a
chiamata, il lavoro accessorio (voucher), l’apprendistato e il contratto part-time.
Conciliazione dei tempi di vita e di lavoro
Con le “Disposizioni in materia di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro”, invece, si vuole sostenere chi deve prendersi cura di parenti malati e tutelare la maternità delle lavoratrici. Il decreto
contiene anche disposizioni sul telelavoro - prevedendo benefici per i privati che vi facciano ricorso
28 - La Rivista aprile 2015
per venire incontro alle esigenze di cure parentali dei loro dipendenti – e introduce il congedo per le
donne vittime di violenza di genere ed inserite in percorsi di protezione debitamente certificati, che
potranno astenersi dal lavoro, per un massimo di tre mesi, per motivi legati a tali percorsi, avendo
garantita l’intera retribuzione, la maturazione delle ferie e degli altri istituti connessi.
Molto dibattuto il tema-giustizia, su cui il mese scorso è intervenuto anche il Presidente Mattarella.
La nuova legge - Disciplina della responsabilità civile dei magistrati – in vigore dal 19 marzo scorso,
riforma la legge Vassalli, datata 1988, per cui l’Italia era incappata in una condanna della Corte di
Giustizia europea nel 2011.
Clausola di salvaguardia
La nuova legge punisce il giudice che provoca un danno patrimoniale e non patrimoniale con “dolo”
o “colpa grave” nell’esercizio delle sue funzioni, ovvero di un “diniego di giustizia”, “il rifiuto, l’omissione o il ritardo del magistrato nel compimento di atti del suo ufficio quando, trascorso il termine di
legge per il compimento dell’atto, la parte ha presentato istanza per ottenere il provvedimento e sono
decorsi inutilmente, senza giustificato motivo, trenta giorni dalla data di deposito in cancelleria. Se
il termine non è previsto, debbono in ogni caso decorrere inutilmente trenta giorni dalla data del
deposito in cancelleria dell’istanza volta ad ottenere il provvedimento”.
Altra importante novità riguarda la clausola di salvaguardia: con essa si punisce il magistrato che,
durante l’attività di interpretazione di norme di diritto e di valutazione del fatto e delle prove, agisce con dolo o colpa grave oppure se viola la legge e il diritto dell’Unione Europea.
Rimanendo in tema-giustizia, è entrato in vigore a fine marzo la legge che esclude la concessione
di benefici penitenziari ai condannati per il reato di scambio elettorale. Con le nuove disposizioni, il
condannato per voto di scambio non potrà più accedere al lavoro esterno, ai permessi premio e alle
misure alternative (affidamento in prova, detenzione domiciliare e semilibertà).
Facilitare il lavoro di intelligence delle forze di polizia
La legge antiterrorismo aggiorna le misure di prevenzione e contrasto del terrorismo e introduce
un nuovo reato che punisce con la reclusione da tre a sei anni chi “organizza, finanzia e propaganda viaggi per commettere condotte terroristiche”; prevede la punibilità di chi viene “reclutato con
finalità di terrorismo anche fuori dai casi di partecipazione ad associazioni criminali operanti con le
medesime finalità” e di chi si “auto-addestra” alle tecniche terroristiche. Sul piano degli strumenti
di prevenzione, la legge prevede la possibilità di applicare la misura della sorveglianza speciale di
pubblica sicurezza ai potenziali “foreign fighters”; di ritirare il passaporto agli indiziati di terrorismo.
Le nuove norme, inoltre, aggravano le pene stabilite per i delitti di apologia e di istigazione al terrorismo commessi attraverso internet; consentono all’Autorità Giudiziaria di ordinare agli internet
provider di inibire l’accesso ai siti utilizzati per commettere reati con finalità di terrorismo, compresi
in un elenco che deve essere costantemente aggiornato dal Servizio Polizia Postale e delle Telecomunicazioni della Polizia di Stato; allargano le maglie del diritto alla privacy in vari modi e gradi
così da facilitare il lavoro di intelligence delle forze di polizia, attribuendo, infine, al Procuratore
Nazionale Antimafia il compito di coordinare, su scala nazionale, le indagini relative a procedimenti
penali e di prevenzione in materia di terrorismo.
Cambio della guardia alla
segreteria generale del Quirinale
Tra gli accordi internazionali entrati in vigore quelli con lo Stato di Jersey, il Baliato di Guernsey e
il Governo dell’Isola di Man sullo scambio di informazioni in materia fiscale; con l’Afghanistan in
materia di prevenzione e contrasto al traffico illecito di stupefacenti, sostanze psicotrope e loro
precursori; con la Bosnia nel campo della cultura e dell’istruzione e dello sport. Due le intese con il
Brasile: la prima per lo svolgimento di attività lavorativa da parte dei familiari conviventi del personale diplomatico, consolare e tecnico-amministrativo; l’altra – molto attesa - sul trasferimento
delle persone condannate.
Segnaliamo infine un altro cambio della guardia al Quirinale dove, dopo nove anni, Donato Marra
ha lasciato la segreteria generale della Presidenza della Repubblica ora occupata, per volere del
Presidente Mattarella, da Ugo Zampetti.
aprile 2015 La Rivista - 29
Normative allo specchio
di Carlotta D’Ambrosio
con la collaborazione di Paola Fuso
La scelta di eliminare il tasso di cambio
minimo CHF vs Euro: scenari possibili
Alla notizia che la Banca Nazionale Svizzera (BNS) ha deciso di non mantenere il suo “cap” di S.FR
a 1,20 sull’euro è seguito un fiume di commenti sia di natura politica sia di natura economica.
Le motivazioni della decisione di eliminare la soglia minima di cambio (introdotta nel 2011 per
aiutare il franco a far fronte al deprezzamento dell’euro in conseguenza della crisi economica e
finanziaria globale) sono state quanto mai diverse. In prima battuta la BNS ha riferito del deprezzamento del franco sul dollaro notato nelle settimane precedenti tale decisione e del conseguente
calo dei timori di importare la deflazione.
In realtà, sin dalla sua introduzione, questa soglia di cambio è stata – a parere di molti – un fattore destabilizzante
per l’economia immobiliare elvetica: ha impedito l’uso dei tassi di interesse per limitare l’aumento dei prezzi in
questo campo di attività, necessario soprattutto per evitare il rischio di una crisi bancaria in Svizzera. Non manca
chi ritiene che la scelta della BNS avrà delle conseguenze negative nella misura in cui aumenta i rischi nel mercato
ipotecario per gli immobili residenziali e spinge persone e istituzioni ad assumersi dei rischi incalcolabili acquistando diversi prodotti finanziari con la speranza di ricavarne dei rendimenti altrimenti irrealizzabili, dato che i tassi di
interesse sui risparmi depositati nelle banche in Svizzera sono vicini a zero. Questa serie di comportamenti potrebbe
comportare un aumento dell’instabilità finanziaria nell’insieme dell’economia elvetica.
Sin d’ora le PMI, a cominciare da quelle orientate all’esportazione nei paesi limitrofi alla Svizzera, sono in una situazione di grande incertezza per quanto riguarda i loro sbocchi e dunque i progetti di investimento per i prossimi mesi.
Questo perché, fino a pochi giorni prima dell’annuncio da parte della BNS dell’eliminazione del tasso di cambio
minimo, per queste società detta soglia di cambio era il pilastro principale della loro politica monetaria.
Passando ad un livello di analisi più approfondito, forse il problema non riguarda solo le dimensioni delle società,
ma anche la tipologia di prodotti: l’economia svizzera è molto diversificata, sia in termini di ciò che produce - con
prodotti che spaziano dal farmaceutico all’alimentare, agli orologi ed alla meccanica - sia in termini di mercati di
esportazione. Anche in tal caso è indubbio che alcuni settori saranno colpiti più duramente e ciò dipenderà anche
dalla natura del mercato in cui operano: più il mercato è di nicchia, più ci sarà la possibilità ad evitare ripercussioni
negative. A risentirne saranno maggiormente l’industria di esportazione, il settore turistico e le attività commerciali
soprattutto nelle regioni di frontiera per il turismo degli acquisti.
La situazione potrebbe diventare difficile, se la discesa dell’euro dovesse accentuarsi. La Svizzera sarebbe in tal caso
destinata a sperimentare un periodo di stagnazione economica e di deflazione (ossia di discesa dei prezzi), al pari
dei Paesi che la circondano. Secondo gli esperti, altro problema è dettato dalle decine di miliardi di franchi stampati
dalla BNS negli scorsi mesi ancora in circolazione e che non sarà facile riassorbire (un loro riacquisto da parte della
BNS farebbe impennare il franco).
Da un punto di vista “interno” – ossia per chi vive in Svizzera – il divorzio dall’euro, seppur costoso, era inevitabile.
Pur ammettendo la necessità di smaltire le conseguenze della politica di cambio degli ultimi anni, appare evidente la soddisfazione per aver preso le distanze da un’area economica ancora in forte crisi. Per quanto riguarda
il mercato italiano lo sganciamento del franco dall’euro può essere visto in maniera positiva: aumenta il potere
d’acquisto dei residenti in Svizzera quando si trovano in Italia, inducendoli a spendere maggiormente sia per i beni
di consumo di ogni genere sia nel mercato immobiliare italiano. Se a questi fenomeni aggiungiamo le importazioni
di prodotti italiani per le famiglie o per le imprese situate in Svizzera, come pure i servizi turistici consumati in Italia
dai residenti svizzeri, lo sganciamento del franco dall’euro avrà in definitiva diversi effetti positivi per l’economia
italiana. Se ciò si avverasse, la ripresa economica in Italia avrà delle conseguenze favorevoli anche in Ticino e nel
resto della Svizzera, dimostrando che due nazioni confinanti, oltretutto con una lingua comune, tendono generalmente ad avere maggiori relazioni economiche e finanziarie tra loro, rispetto a paesi più distanti geograficamente
e culturalmente.
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30 - La Rivista aprile 2015
Angolo Fiscale
di Tiziana Marenco
La fata morgana della Revisione della Convenzione sulla
Doppia Imposizione tra la Svizzera e l’Italia
Il 23 febbraio u.s. è stato firmato a Milano un Protocollo di modifica alla Convenzione tra la Confederazione Svizzera e la Repubblica Italiana in materia di doppia imposizione fiscale del 9 marzo
1976 (CDI CH-IT), il cui ultimo emendamento datava del lontano 28 aprile 1978.
In termini di fiscalità internazionale il lasso di tempo 1978-2015 non costituisce decenni, ma ere. Tra tutte le convenzioni in materia di doppia
imposizione stipulate dalla Svizzera con i paesi europei più avanzati, quella con l’Italia è l’unica a non aver mai conosciuto veri progressi negli ultimi
30 anni, con il risultato che gli investimenti tra i nostri due paesi, se sono da fare, si fanno per vie traverse, cioè attraverso una centrale intermedia
in un paese solitamente europeo al di fuori dell’Italia. Le concause di quello che oseremmo definire un vero e proprio disastro in termini di cultura
fiscale sono molteplici, ma una menzione speciale meritano in questo contesto le black lists italiane atte al disconoscimento di alcuni benefici fiscali
per movimenti di persone o transazioni dalla o per la Svizzera, i tassi antidiluviani di imposizione alla fonte di dividendi (fortunatamente bypassati
dalla Direttiva Europea Madre-Figlia che nei confronti dell’Italia potrebbe fare le veci della CDI CH-IT) e di interessi, l’imposizione dei frontalieri, le
disposizioni anti-abuso e la disposizione sullo scambio di informazioni, unica disposizione quest’ultima per la quale il desiderio di modernizzazione
chiaramente proviene dall’Italia. I più si stupiranno nell’apprendere che i tassi delle imposte alla fonte vigenti tra Svizzera e Italia sono meno favorevoli o al più uguali a quelli negoziati per esempio tra la Svizzera e il Kuwait, la Costa d’Avorio, l’Egitto, l’Ecuador, il Cile o il Perù!
Visto in quest’ottica un po’ più globale, il Protocollo firmato il 23 febbraio u.s. è un passo da formichina. L’unico emendamento negoziato è infatti la
modifica dell’articolo sullo scambio di informazioni. Lo stesso prevede non solo l’introduzione dello standard dello scambio di informazioni rilevanti
per l’imposizione di un contribuente su domanda dell’altro stato, standard che sta peraltro per esser superato dallo scambio automatico al quale la
Svizzera aderirà a partire dal 2018 per dati raccolti nel 2017, ma anche la possibilità di domande raggruppate per fatti insorti a partire dal 23 febbraio
2015. Fin qui nulla di veramente nuovo, tant’è vero che anche la comunicazione ufficiale del Dipartimento delle Finanze svizzero con il relativo testo
del Protocollo che sarà presentato al Parlamento svizzero per approvazione sono redatti come al solito nella lingua ufficiale comune dei due Stati
contraenti, l’italiano, con traduzioni nelle altre lingue ufficiali svizzere.
Dietro al documento ufficiale spunta però sul sito del Dipartimento delle Finanze anche un documento in inglese (sic!): una prima assoluta nei rapporti tra i due Stati. Tale “Roadmap on the Way Forward in Fiscal and Financial Issues”, pure firmata dai due Stati il 23 febbraio u.s. a Milano, definisce
il processo di modifica della CDI CH-IT in toto come segue:
1. L’Italia e la Svizzera si accordano di aderire al principio dello scambio automatico di informazioni secondo i principi elaborati e adottati
dall’OCSE. Fin qui nulla di nuovo.
2. Regolarizzazione del passato e scambio di informazioni su domanda nel periodo di transizione: gli Stati si dichiarano d’accordo di firmare entro
60 giorni dall’entrata in vigore del programma di voluntary disclosure italiano un Protocollo di emendamento della Convenzione italo-svizzera
che preveda in particolare lo scambio di informazioni su domanda per fatti potenzialmente rilevanti e riconoscono in particolare la possibilità di
domande raggruppate, ammettendo con riferimento al commentario OCSE che una domanda raggruppata giustificata è data allorquando uno
stato chiede informazioni riguardanti contribuenti residenti in uno Stato che hanno chiuso o sostanzialmente prosciugato i conti bancari esistenti nell’altro Stato in una data posteriore alla firma del Protocollo. Lo stesso vale per quei contribuenti che alla domanda di istituti finanziari
a sapere se gli averi depositati erano regolarmente dichiarati non hanno dato risposta o hanno dato risposta negativa. Gli Stati si metteranno
d’accordo sull’handling di tali domande raggruppate. Per la verità non esiste alcun commentario OCSE che concretizzi come sopra esposto la
domanda raggruppata giustificata. Più si legge e più si ha l’impressione che la “Roadmap” sia stata scritta dall’OCSE o da Bruxelles, per questo in
lingua inglese, e non certo su domanda della Svizzera. Dal punto di vista puramente giuridico è legittimo chiedersi anche per chi mai sarà vincolante questa interpretazione, dato che non è inclusa negli atti che saranno trasmessi al Parlamento per approvazione. E ciò a differenza di tante
altre modifiche che furono esplicitamente integrate nel testo del Protocollo da ratificare. Ricordiamo tuttavia che in ambito di Convenzioni la
concessione di un trattamento preferenziale non è permessa o comunque fa sì che altri Stati possano immediatamente domandare la modifica
analoga della loro Convenzione (cosa che pacificamente ci attenderemmo anche in questo caso). Oltre all’aspetto formale, inutile soffermarsi
su un problema che al più tardi nel 2018 verrà definitivamente risolto con lo scambio automatico di informazioni.
3. Sotto il titolo informale “Convenzione sulla doppia imposizione – other issues” la Roadmap prevede che in un secondo tempo sia negoziato un
secondo Protocollo. A questo proposito le parti “avranno come scopo di trovare un’intesa” sui seguenti punti (e finalmente si arriva al nocciolo):
– Riduzione del tasso residuo di imposta alla fonte per dividendi ed interessi;
– Questione della residenza fiscale per casse pensioni per contributi obbligatori;
– Adattamento della disposizione anti-abuso;
– Inclusione di una disposizione arbitrale.
Cosa mai si intenderà, dopo 30 anni e una modifica minore all’articolo sullo scambio di informazioni, per “in un secondo tempo”? Considerato il passo
fatto e quanto resta da fare - da parte di entrambi gli Stati (con la benedizione dell’OCSE) - la revisione della CDI CH-IT assomiglia sempre più ad una
fata morgana, anche dopo il Protocollo del 23 febbraio 2015. (continua)
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aprile 2015 La Rivista - 31
Angolo legale Svizzera
di Massimo Calderan
La procura, in particolare
la procura bancaria
post mortem
Il diritto svizzero distingue e ammette vari tipi di procure (spesso chiamate “delega”):
(i) la procura “normale”, valida fino al momento della morte del mandante o intestatario di un conto bancario;
(ii) la procura valida anche oltre la morte del mandante o intestatario di un conto bancario; (iii) la procura
“post mortem”, valida soltanto dal momento della morte del mandante o intestatario di un conto bancario;
(iv) la procura valida anche oltre la morte del procuratore o mandatario. Le prime due sono ampiamente
utilizzate, mentre le altre due sono molto rare.
Per quanto riguarda la forma della procura, di regola non vi è nessun obbligo. Onde avere una prova certa, la procura
scritta ovviamente è preferibile, in particolar modo se la procura deve essere valida anche oltre la morte del mandante
e/o del procuratore. Le banche richiedono il deposito sia della procura scritta con la firma originale dell’intestatario del
conto, autenticata dalla banca al momento dell’apertura del conto, sia della firma originale del procuratore (il cosiddetto
“specimen”), autenticata dalla banca al momento del suo deposito. Per quanto riguarda la procura “post mortem”, a seconda del contenuto, eventualmente si rende necessaria la forma del testamento (testamento olografo o atto pubblico)
o del contratto di successione (atto pubblico).
Il procuratore deve attenersi alle istruzioni ricevute dal mandante o intestatario del conto per iscritto o anche solo oralmente, salvo in caso esse non siano conformi con la legge. Il mandante o intestatario del conto ha il diritto di revocare
la procura in qualsiasi momento. Per le procure che hanno validità oltre la morte del mandante o intestatario del conto
o soltanto da quel momento in poi, il procuratore dal momento della morte del mandante o intestatario del conto deve
agire nell’interesse degli eredi. Il procuratore deve preoccuparsi di ottenere le istruzioni dagli eredi o dall’esecutore testamentario(se ve n’è uno). Essi hanno il diritto di contravvenire le istruzioni date dal mandante o intestatario del conto,
ad eccezione delle sue predisposizioni testamentarie fatte nella forma corretta e in rispetto della legge (in particolare
della legittima di ciascun erede). Gli eredi o l’esecutore testamentario hanno il diritto di revocare (o dare) una procura
in qualsiasi momento. Di regola, gli eredi devono essere unanimi nel dare istruzioni e nel revocare (o dare) una procura.
Le banche di regola utilizzano moduli che prevedono in modo esplicito la validità della procura oltre la morte dell’intestatario del conto. Per contro, i loro moduli non prevedono una procura “post mortem”, perché i rischi di difetti di forma
(eventuale necessità di testamento olografo o atto pubblico) e/o di abusi sono piuttosto alti.
Quando riceve istruzioni del procuratore a eseguire certe operazioni, la banca deve accertarsi che siano conformi alla
legge e nell’interesse di chi ha diritto alle somme depositate presso di lei, normalmente tutti gli eredi. La banca ha il
dovere di analizzare la relazione che vi era tra il defunto intestatario del conto e il procuratore; se, quanto spesso e come
il procuratore agiva prima e dopo la morte dell’intestatario del conto; se le istruzioni del procuratore sono in linea con le
istruzioni del defunto prima della sua morte e quelle del procuratore prima e dopo la morte del defunto; se le istruzioni
paiono regolari o irregolari (irregolari potrebbero essere, ad esempio, la chiusura del conto o il trasferimento di fondi in
favore del procuratore stesso); se le istruzioni sono in linea con gli interessi, conosciuti o presunti, di tutti gli eredi del
defunto; se l’operazione riguarda una somma cospicua o comunque una parte importante dei fondi depositati presso
la banca; se lo scopo dell’operazione è trasparente e plausibile (ad esempio, il pagamento delle spese funerarie); ecc.
Laddove la banca riconosce, crede o deve riconoscere che le istruzioni date dal procuratore sono contro gli interessi di
tutti o almeno alcuni eredi del defunto, può e deve rifiutare l’operazione oppure deve revocare un’operazione già eseguita, se ciò fosse ancora possibile, e deve ottenere ragguagli e le necessarie istruzioni da parte degli eredi o dell’esecutore
testamentario (se ve n’è uno). La banca che esegue operazioni richieste dal procuratore in mala fede o che, anche se
in buona fede, non ha adempiuto i propri obblighi di diligenza, è responsabile nei confronti degli eredi e risponde di
eventuali danni causati.
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aprile 2015 La Rivista - 33
Convenzioni Internazionali
di Paolo Comuzzi
Guardiamo un attimo
la “voluntary disclosure”
L’uscita, in data 13 Marzo 2015, della circolare (N.10/E del 2015) sulla cd Voluntary disclosure ci spinge
a formulare qualche considerazione al riguardo di una materia certamente ostica ma importante.
In primis diciamo che la problematica nasce dal principio della tassazione “world – wide” del soggetto
residente, in quanto è solo questo tipo di soggetto che può ovviamente nascondere un reddito di
capitale prodotto all’estero alla tassazione italiana.
Di conseguenza il soggetto non residente in linea di principio non viene interessato dalla problematica
(anche se resta da valutare la situazione del soggetto che diviene oggi non residente ed ha nascosto
fino a ieri) e per lui il problema è ovviamente inferiore.
In ogni caso la Circolare stabilisce quanto segue “ … per aderire alla presente procedura non è necessario che il soggetto interessato sia fiscalmente residente nel territorio dello Stato al momento della
presentazione della richiesta di accesso alla procedura, ma è sufficiente che questi fosse fiscalmente
residente in Italia in almeno uno dei periodi d’imposta per i quali è attivabile la procedura …”.
Insomma diciamo che chi ha barato in anni anteriori può mettersi a posto e che questa procedura
non gli è preclusa1.
I punti essenziali
La Circolare Ministeriale è chiara nel dire che la norma “ …risponde alla necessità di promuovere, attraverso l’adozione di una
procedura straordinaria, la collaborazione volontaria del contribuente per consentirgli di riparare alle infedeltà dichiarative
passate e porre le basi per un futuro rapporto col Fisco basato sulla reciproca fiducia …”.
In buona sostanza siamo di fronte ad un ravvedimento operoso (non esiste altra parola per definire la collaborazione volontaria) del contribuente che deve aver posto in essere delle infedeltà nella dichiarazione dei redditi.
La normativa, dice sempre la Circolare, “…escludendo l’anonimato ed essendo informata ai princìpi della spontaneità, della completezza e della veridicità, contiene misure effettivamente strumentali alla futura compliance da parte di coloro ai quali è destinata …”.
A questo punto scatta la prima affermazione che da tempo abbiamo portato su questa rivista e che oggi viene esplicitamente
fatta propria dalla Amministrazione Finanziaria ovvero che “ … in primo luogo, infatti, nel futuro prossimo la lotta alla “fuga
dalle imposte nazionali” assumerà un carattere strategico e lo scambio di informazioni fiscali costituirà il mezzo determinante
per combatterla …” dove la parola magica consiste nel termine “scambio di informazioni” ovvero nel fatto che anche la Amministrazione Finanziaria supera la barriera “doganale” e quindi mette fine a quelle asimmetrie informative che il contribuente
aveva potuto sfruttare.
Lo scambio di informazioni è una cosa di tale importanza che “ … con la firma, tali Paesi sono considerati, ai fini della procedura, “non black list”, circostanza che consente ai cittadini italiani che ivi detengono in maniera illegale investimenti e attività
finanziarie di accedere alla procedura di regolarizzazione alle condizioni più favorevoli previste dalla legge …”.
Insomma la firma di un accordo di scambio delle informazioni si riverbera in modo positivo sul contribuente che vede ridursi
la sua “responsabilità” in modo sostanzialmente automatico.
Andando avanti nell’esame del documento possiamo vedere che la norma non si applica alle società (ie alle SNC, SaS ed
ovviamente alle società di capitali) mentre si applica alle società semplici.
Molto interessante a nostro modo di vedere è il tema del soggetto interposto (pensiamo al soggetto A che mediante una
società Z sita nello Stato N possiede beni nello Stato K), un tema che la circolare sviluppa sancendo che la questione del
soggetto interposto “… non può essere risolta in modo generalizzato, essendo direttamente connessa alle caratteristiche e alle
modalità organizzative del soggetto interposto. In tale sede, a titolo esemplificativo, è stato chiarito che si deve considerare soggetto fittiziamente interposto “una società localizzata in un Paese avente fiscalità privilegiata, non soggetta ad alcun obbligo di
tenuta delle scritture contabili, in relazione alla quale lo schermo societario appare meramente formale e ben si può sostenere
che la titolarità dei beni intestati alla società spetti in realtà al socio che effettua il rimpatrio …”.
In buona sostanza il cd interposto reale non dovrebbe entrare nella norma ma se costui è veramente un interposto reale
dovrebbe anche essere inutile la procedura in quanto il soggetto (A) del nostro esempio non riesce a dominare i beni (e questo
sembra apparire chiaro in un passo della circolare alla pagina 11 in alto).
34 - La Rivista aprile 2015
Circa il cosa si deve “dichiarare” la circolare indica che “ … gli investimenti oggetto della procedura sono quelli che il contribuente ha omesso di indicare nel quadro RW relativo ai periodi d’imposta per i quali non è decaduta la potestà di contestazione
delle violazioni in materia di monitoraggio fiscale. Questi sono costituiti da beni patrimoniali collocati o detenuti all’estero a
titolo di proprietà o di altro diritto reale, indipendentemente dalle modalità della loro acquisizione … ”.
In linea generale si ha che “ … che con la circolare n. 43/E del 10 ottobre 2009 è stato chiarito che gli investimenti all’estero da
indicare nel quadro RW sono quelli “… attraverso cui possono essere conseguiti redditi di fonte estera imponibili in Italia …” e
possiamo dire “ … le attività estere di natura finanziaria sono quelle da cui derivano redditi di capitale o redditi diversi di natura
finanziaria di fonte estera …”.
Sempre la Circolare fa presente che “ … Si ricorda, inoltre, che sono considerate “detenute all’estero” anche le attività finanziarie italiane detenute in Italia per il tramite di fiduciarie estere o soggetti esteri interposti. Ricorre tale caso, ad esempio, quando
un contribuente italiano soggetto agli obblighi di monitoraggio fiscale dispone di quote rappresentative del capitale sociale di
una società di capitali italiana, attraverso una struttura costituita da soggetti esteri anche reali (spesso in funzione di conduit),
al cui apice vi è uno o più soggetti interposti …”.
Stabiliti questi punti arriva la spiegazione importante ovvero che “ … Il principio generale valorizza la localizzazione dell’attività
ove è ubicata la stessa. Qualora, però, venga utilizzato un veicolo per garantire l’occultamento della reale disponibilità, è la sede
di quest’ultimo che determina il paese di detenzione dell’attività. Pertanto, anche in presenza di una detenzione effettiva dell’attività presso un paese collaborativo, quello che rileva ai fini del regime applicabile è lo stato in cui ha sede il veicolo interposto.
Tale criterio generale non opera però in tutte le ipotesi in cui la localizzazione dell’attività sia stata già idonea a garantire l’occultamento al fisco italiano della reale detenzione …” e quindi, per essere chiari, il conto corrente in Svizzera era già occultato
in quanto tale non per l’effetto di essere intestato alla società K che opera dal paese (lontano) Z.
Tuttavia si deve fare attenzione al caso specifico per cui “ … se un contribuente nel corso del 2004 ha costituito delle attività
finanziarie a Panama depositandole presso un intermediario locale e, nel 2008, ha trasferito dette attività presso un intermediario svizzero, dal momento che per le annualità dal 2004 al 2007 le attività sono state illecitamente detenute in un Paese che non
ha stipulato l’accordo, per tali periodi d’imposta le violazioni in materia di monitoraggio fiscale dovranno essere oggetto della
procedura, operando in tali casi il disposto di cui all’articolo 12, comma 2-ter del decreto legge n. 78 del 2009 …”.
Molto complessa è la parte connessa ai fatti impeditivi circa la adesione, fatti impeditivi che nella sostanza si devono connettere alla formale conoscenza da parte del contribuente dell’inizio di una verifica ai suoi danni per quanto riguarda gli
elementi che potrebbero essere oggetto di collaborazione volontaria e si ritiene importante evidenziare che “ … ne consegue
che il contribuente non potrà accedere alla procedura se altro soggetto (solidamente obbligato in via tributaria o concorrente
nel reato) abbia avuto formale conoscenza dell’inizio di una attività istruttoria amministrativa o penale nei suoi confronti, come
tale integrante una causa di inammissibilità per l’accesso alla procedura …”.
Sul punto ovviamente non si scherza in quanto “ … l’occultamento della formale conoscenza di una causa di preclusione
all’accesso alle procedure denota una volontà di utilizzare illecitamente le procedure stesse per godere indebitamente dei vantaggi premiali connessi al loro perfezionamento. Tale comportamento dovrà essere comunque oggetto di denuncia all’Autorità
giudiziaria per le valutazioni di competenza connesse alla ricorrenza del reato di cui all’articolo 5-septies del decreto legge …”.
Sul piano procedurale va detto che “ … il provvedimento ha previsto che il contribuente che accede alla procedura unisca
alla documentazione una relazione di accompagnamento, parte integrante della richiesta di accesso alla procedura, idonea a
rappresentare analiticamente, per ciascuna annualità d’imposta oggetto di collaborazione, i dati schematicamente riportati
nella richiesta e che fornisca tutte le notizie di supporto atte a rendere gli stessi intellegibili …”; insomma non si scappa ad una
spiegazione dettagliata e precisa della situazione.
E’ anche del tutto evidente che “ … il contribuente, infatti, procedendo alla richiesta di accesso alla procedura secondo le
modalità individuate dal provvedimento e sottoscrivendo il relativo modello di richiesta, dà atto della veridicità e della completezza delle informazioni e dei documenti forniti nell’ambito della medesima procedura nonché della assenza di cause di
inammissibilità alla stessa …”.
Presentata la richiesta si ha che “ … a seguito della presentazione della richiesta per l’accesso alla procedura e successivamente
della documentazione a corredo della medesima, la competente struttura dell’Agenzia delle entrate procede quindi ad invitare
al contraddittorio il contribuente il quale, se ritiene di aderire ai contenuti dell’invito, può definirlo versando le somme dovute
in base allo stesso, entro il quindicesimo giorno antecedente la data fissata per la comparizione e secondo le ulteriori modalità
indicate nell’articolo 5, comma 1-bis, del citato decreto legislativo n. 218 del 1997…”.
Qualche attenzione deve essere fatta sulle problematiche di carattere penale in quanto si ha che “ … la non punibilità non
copre tutte le fattispecie penali tributarie ma solo quelle dichiarative ed omissive espressamente individuate dalla norma e
soltanto con riguardo a coloro che hanno commesso o concorso a commettere le stesse. Ne consegue che, ad esempio, in caso
di reato ex articolo 2 del decreto legislativo n. 74 del 2000 (Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti
per operazioni inesistenti) non sarà punibile chi commette il reato di infedele dichiarazione utilizzando fatture false, mentre
permane la punibilità ex articolo 8 (Emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti) del terzo che emette fatture
false, nei riguardi del quale andrà pertanto inoltrata la corrispondente denuncia penale …” ed in aggiunta si ha che “ … è ovviamente rimessa alla Autorità giudiziaria la valutazione in merito alla rilevanza penale, anche agli effetti dell’articolo 5-septies,
comma 1, di ulteriori elementi emersi nell’ambito di attività di controllo successive al perfezionamento della procedura di collaborazione ma riferite ad annualità interessate dalla stessa, così come dell’emergere dell’esistenza di cause di inammissibilità
della procedura …”.
Conclusione
È cosa ovvia che non possiamo concludere su una materia così complessa ma quello che vogliamo dire nuovamente è che
“ ... nel futuro prossimo la lotta alla “fuga dalle imposte nazionali” assumerà un carattere strategico e lo scambio di informazioni fiscali costituirà il mezzo determinante per combatterla …” e questa affermazione è giusta e molto importante.
1
Ovviamente la situazione di residente e non residente deve essere giudicata tenendo conto della norma interna e delle convenzioni
contro le doppie imposizioni ove queste esistano in quanto in presenza di un conflitto sulla residenza è necessario agire mediante
l’utilizzo della convenzione.
aprile 2015 La Rivista - 35
BSI è orgogliosa di essere al fianco di Giovanni Soldini
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L’elefante Invisibile1
di Vittoria Cesari Lusso
A cosa serve il matrimonio?
L’analogia seguente è di quelle che avrei voluto saper inventare io.
La trovo carina ed efficace come entrata in materia sullo status attuale dell’istituzione matrimoniale.
Essa recita: oggigiorno il matrimonio è come una città assediata coloro che vi sono dentro vorrebbero uscirne, mentre
coloro che ne sono fuori (omosessuali e preti cattolici, in particolare) premono per entrarvi.
È davanti agli occhi di tutti che gli usi e i costumi in fatto di matrimonio hanno subito negli ultimi cinquant’anni una vera e propria
rivoluzione. Le persone della mia generazione (quella che gentilmente viene chiamata senior) hanno letteralmente l’impressione
di aver vissuto, nell’arco di pochi decenni, in due ere distanti tra loro anni luce. Un esempio banale tra tanti: nella prima epoca le
donzelle e giovanotti una volta convolati a nozze erano fieri di poter dire: ecco mio marito! ecco mia moglie! Nella seconda, si
ha quasi l’impressione di essere antiquati a usare tali espressioni. Tutt’intorno nessuno scommette più sulla durata a vita di una
relazione affettiva e i termini alla moda sono convivente, compagno/a, amico/a, partner, fidanzato/a, ex n° 1, ex n° 2, ecc.
La storia dell’istituzione matrimoniale è lunga e variegata. I rituali nuziali sono praticamente infiniti e strettamente
connessi al periodo storico, alle specifiche culture, alle classi sociali di appartenenza, ai gusti individuali. Il solo tratto
comune è stato per secoli l’esigenza di celebrare, appunto, un rito per dare visibilità e importanza giuridica o sociale o
religiosa alla nascita di un nuovo nucleo familiare.
Fin dall’epoca romana il rito contemplava una pluralità di elementi: offerta reciproca di doni tra i futuri sposi; sacrifico
di un animale (maiale, pecora o bue) con relativo esame delle viscere per verificare il favore degli dei; pronunciamento di
formule ad hoc quale Ubi tu Gaius, ibi ego Gaia (Dovunque tu sia, io lì sarò); festeggiamenti; cortei.
Il cristianesimo conservò gran parte di queste usanze, imponendo però la presenza del celebrante ed eliminando gli elementi ritenuti più pagani, quale il sacrificio animale. Nella stessa direzione si mosse il potere politico, che tuttavia fino all’epoca napoleonica
si limitava a prendere atto della cerimonia religiosa. Il Codice Napoleonico per contro stabilì che il matrimonio fosse valido a tutti
gli effetti solo se celebrato davanti a un ufficiale di stato civile. Chi sceglieva il rito religioso lo celebrava prima o dopo quello civile.
In Italia, come è noto, dal 1929 la doppia cerimonia non è più necessaria in quanto al matrimonio religioso cattolico sono
stati riconosciuti effetti civili. Prerogativa estesa poi dal 1984 a diverse altre Confessioni.
In sostanza per secoli i poteri religioso e politico hanno attribuito grande rilevanza al momento fondatore di una nuova
cellula familiare, considerandolo non un fatto meramente privato, bensì una questione di interesse collettivo. In modi
diversi le Istituzioni si sono sentite responsabili di regolamentare e proteggere il nucleo umano deputato alla soddisfazione di uno dei più arcaici e fondamentali bisogni (elefante invisibile spesso dimenticato): la continuazione della specie
e la trasmissione della cultura. La Chiesa lo ha fatto ammantando di sacralità l’unione fisica tra un uomo e una donna
e stabilendo ben definiti precetti. Gli Stati hanno emanato un susseguirsi di codici e leggi concernenti doveri, diritti e
responsabilità legati ai ruoli di genitore, coniuge e figlio. La stessa società civile ha espresso costumi, rituali e aspettative
che in un modo o nell’altro enfatizzavano la portata simbolica della decisione matrimoniale.
Per converso, negli ultimi decenni nelle società cosiddette occidentali si sta imponendo un’altra visione della finalità della
convivenza coniugale: la soddisfazione delle esigenze sessuali-amorose-narcisistiche dei singoli. Se questa c’è, bene.
Anche in caso di coppie omosessuali. Altrimenti, è normale divorziare.
Una vecchia leggenda indiana narra di un elefante che pur
muovendosi tra la folla con al
sua imponente mole passava
comunque inosservato. Come
se fosse invisibile…
1
Il matrimonio può servire dunque a due scopi basilari potenzialmente in conflitto tra loro: la cura della prole ovvero
l’appagamento prioritario dei bisogni e desideri erotico-affettivi degli adulti. C’è modo di conciliare questi due scopi?
Molte coppie di genitori ci provano. In tempi recenti si possono osservare tre nuovi fenomeni.
Il matrimonio posticipato di alcuni anni. Si tratta di coppie che hanno dapprima convissuto per lunghi periodi, rivendicando questa opzione in nome della libertà amorosa. In questo quadro hanno messo al mondo dei figli. Hanno percepito
poi a un dato momento l’importanza attribuita dalla loro prole alla stabilità familiare. Hanno infine deciso di approdare
al matrimonio, fieri di mostrare a figli, amici e parenti di essere stati capaci di vivere “felici e contenti”.
Il rinvio del divorzio fino alla maggiore età dei figli. Si tratta spesso di genitori che desiderano assicurare ai figli la continuità del loro ambiente familiare, malgrado il rapporto di coppia si sia ormai inaridito.
Le separazioni di coniugi anziani dopo 30-40 (e più) anni di matrimonio. La ragione spesso evocata in questi casi è: prima
ci siamo sopportati in nome del bene della famiglia; adesso vogliamo più libertà per goderci l’ultimo scampolo di vita.
Matrimonio e divorzio sono ormai due facce delle storie d’amore che alimentano un grande business nel mondo moderno.
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aprile 2015 La Rivista - 37
Per chi suona
il campanello
di Mirko Formenti
I vantaggi dell’assurdità
Papa Francesco condanna la persecuzione dei cattolici. E ha ragione.
Certo, viene un po’ da chiedersi se a questa stigmatizzazione il Santo Padre sia giunto unicamente per puro esprit de corp o per rivendicare al cattolicesimo il primato (se non l’appannaggio esclusivo) delle persecuzioni religiose nella storia.
D’accordo, d’accordo, questo era un colpo (molto) basso (mi ricorda una battuta di Doug Stanhope che fa più o meno così:
“ho sentito che l’ex-papa che era un nazista - sai che storia! Sarei molto più angosciato di scoprire che c’è in circolazione un
nazista che una volta è stato papa…”) – ma se pensate che ora attaccherò con un cruento e ultrapolemico resoconto di
crociate, inquisizione, antisemitismo pre-hitleriano, colonialismo religioso a colpi di sciabola e così via, vi sbagliate.
Questa volta, mettiamo il faro su un risvolto (paradossalmente) positivo: mi riferisco alla cosiddetta “epoca d’oro” della
cultura ebraica in Spagna, che coincide in molti aspetti con il “Rinascimento arabo”.
Nel VI secolo il regno cristiano dei visigoti cominciò ad applicare in Spagna una tremenda persecuzione ai danni degli
ebrei (detti “sefarditi”, da “Sefarad”, toponimo biblico allora identificato – forse erroneamente – con la Spagna), così che
questi ultimi finirono per favorire ed accogliere volentieri la conquista islamica che interessò gran parte della Spagna,
e che fondò il nuovo regno arabo, detto “al-Andalus” (il nome potrebbe derivare da “Vandalusia” per eponimia dai precedenti occupatori, i Vandali, oppure dal termine gotico “Landa-hlauts”, che indica le “porzioni di terra”, quindi i lotti
terrieri, i feudi dei visigoti, al quale gli arabi avrebbero apposto l’articolo “al”, adattando poi la pronuncia).
In questo nuovo regno la popolazione ebraica trovò libertà e tolleranza, e, sparsa la notizia di questa nuova situazione,
molti ebrei europei, perseguitati dai cristiani in patria, come tristemente comune attraverso tutto il Medioevo (…e ben
oltre!) furono spinti a cercare riparo presso il nuovo regno di al-Andalus: ed ecco come da una serie di terribili atti di
persecuzione emersero le basi per una delle pagine più felici della storia della pacifica convivenza interreligiosa e dell’evoluzione culturale europea.
Il popolo ebraico non fu infatti solo accettato o accolto, ma fu anche invitato ad inserirsi e confrontarsi con la sapienza
araba: il crogiuolo culturale che ne conseguì fu uno degli stimoli più importanti al progresso intellettuale dell’Occidente,
in particolare grazie all’atto di mediazione svolto appunto dagli studiosi ebraici che, oltre a contribuire largamente
allo sviluppo delle scienze (soprattutto naturali ed esatte, che al tempo erano incommensurabilmente più avanzate di
quelle dei nostri antenati) e dell’arte degli arabi, diedero man forte ai mori nella loro opera di traduzione in arabo dei
grandi testi della cultura greco-latina, e soprattutto, viceversa, in latino e nelle lingue romanze delle grandi opere della
sapienza araba, rendendole finalmente accessibili anche ai nostri occhi sinistrorsi (mi riferisco alla scrittura...), e contribuendo in maniera fondamentale al miglioramento delle condizioni di vita (principi di medicina, regole basilari di igiene,
matematica, ecc) e alla fioritura culturale del tardo Medioevo, lasciando in eredità un contributo non indifferente alla
futura civiltà umanistico-rinascimentale (ricordiamo per esempio che numerose opere greche andate perdute furono
riportate alla luce proprio dagli eruditi arabi ed ebrei, grossomodo mezzo millennio prima delle scampagnate europee di
Poggio Bracciolini e compagni alla ricerca di manoscritti e codici antichi).
Peccato che questi “califfati illuminati” (lontani anni luce dall’oscuro dogmatismo medievale made in Rome) non riuscirono a susseguirsi senza soluzione di continuità, nel senso che attraverso il Medioevo si avvicendarono diverse dinastie,
che non sempre mantennero saldi i virtuosissimi principi della tolleranza e della “collaborazione culturale” con gli ebrei.
La convivenza, nonostante questo andare altalenante dei rapporti, perdurò fino alla fine del XV secolo, quando il regno
cristiano dei cattolicissimi (di soprannome e di fatto) Ferdinando II d’Aragona e Isabella di Castiglia portò a termine la
Reconquista, cacciando in buona sostanza i mori dalla penisola iberica.
L’opera fu poi completata dalla ben nota Inquisizione (non ve l’aspettavate? Nessuno si aspetta l’inquisizione spagnola!),
che fece piazza pulita degli infedeli, prima cacciando gli ebrei dalla Spagna (e confiscandone le notevoli proprietà…), e
poi dedicandosi minuziosamente allo sradicamento di ogni rimasuglio arabo o ebraico, anche suscitando o imponendo
la conversione al cristianesimo (sotto chiara e purissima vocazione, come certo intuite), salvo poi perseguitare anche
questi neo-cristiani, sospettati di praticare ancora in segreto la loro religione originaria (si parla allora in generale di
conversos, che si distinguono in marrani per gli individui forzatamente convertiti dall’ebraismo e di moriscos per i convertiti di origine musulmana).
Grazie al cielo tutto ciò non avvenne prima che il riverbero dell’innovazione culturale avesse investito in maniera radicale gran parte dell’Europa – grazie al cielo! (il nostro o il loro: che poi è lo stesso).
aprile 2015 La Rivista - 39
Intervista al rettore Michel Hubli
“Il principio della diversità
deve essere salvaguardato”
Il progetto ‘più identità’ – la Settimana della Svizzera italiana
alla scuola cantonale di Sursee.
Da molti anni la Kantonsschule Sursee ha
messo l’accento, per quanto riguarda l’offerta delle lingue come opzioni specifiche, sulla
terza lingua nazionale, cioè sull’italiano. Ciò
che avrebbe potuto causare l’imbarazzo della scelta vista la grandezza della scuola, si è
dimostrata in realtà e alla lunga una buona
decisione: ogni anno c’è una ventina di studenti (o anche di più) che sceglie la lingua di
Dante. Le ragioni di questo interesse sono di
carattere economico e culturale: tra i partner
commerciali della Svizzera, l’Italia è al terzo
posto e la lingua e la cultura italiana godono
di una grande stima nella nostra regione.
Il vasto interesse per l’italiano può essere spiegato anche con la consapevole non offerta di
un’altra lingua moderna. Non c’è la concorrenza con lo spagnolo che viene offerto come
corso facoltativo e che come lingua mondiale
è molto seguito in tutti e tre i livelli linguistici. Non deve quindi sorprendere che l’iniziativa
dell’USI (Università della Svizzera italiana), del
prorettore Rolf Wirth e dei docenti d’italiano
Michael Nellen e Donato Sperduto, rappresentata dalla realizzazione del progetto +identità,
goda in tutto e per tutto del favore di Michel
Hubli, rettore della scuola cantonale di Sursee.
Com’è strutturata la Settimana ‘più
identità’ alla Kantonsschule Sursee?
La Settimana è preceduta da uno scambio tra la
nostra 5D e la classe 3G del Liceo di Lugano 1.
Inaugurerà la Settimana la cerimonia di apertura del 20 aprile cui parteciperanno Reto Wyss, il
Consigliere di Stato responsabile della formazione nel Canton Lucerna, il suo omologo del Canton Ticino Manuele Bertoli, il Presidente dell’USI
Piero Martinoli ed il coordinatore dei licei lucernesi Aldo Magno. Giovedì 23 aprile avranno
luogo le presentazioni su Lugano e dintorni preparate dalle classi coinvolte nello scambio.
Alla cerimonia di chiusura del 24 aprile interverranno il parlamentare federale Ignazio
Cassis, membro dell’Intergruppo parlamentare Italianità, il Direttore del Liceo di Lugano 1
Giampaolo Cereghetti ed il presidente dell’ASPI
(Associazione svizzera dei professori d’italiano)
Donato Sperduto. Loro prenderanno posizione in merito alle raccomandazioni fatte dalla
classe 5D del nostro liceo e della 3G di Lugano.
Delle nostre classi di disegno creeranno delle
opere d’arte evocanti la cultura italiana e della
Svizzera italiana. E, dulcis in fundo, la mensa
proporrà un menù appropriato.
Cosa L’ha spinta a realizzare questa
Settimana alla Sua scuola?
Michel Hubli, mag. oec. HSG, è rettore alla Kantonsschule Sursee dal 2001. In precedenza è stato
per 12 anni direttore della scuola svizzera di Barcellona. Da docente ha insegnato per tre anni alla
scuola svizzera di Roma.
40 - La Rivista aprile 2015
Per me, il plurilinguismo svizzero deve essere
assolutamente favorito e curato. La diversità è
un valore a cui non si può rinunciare. Al mondo
esistono specie diverse, nella Confederazione si
parlano diverse lingue ed in una scuola svizzera – che rappresenta una sorta di Svizzera in
miniatura – ogni docente è diverso dall’altro e
questo discorso vale anche per gli allievi. Affinché il principio della diversità possa essere
salvaguardato, occorre favorire l’identità tanto
a livello nazionale quanto a livello personale. I
temi della diversità e dell’identità costituiscono
due tasselli centrali per la crescita di una persona e di un popolo. E la crescita deve approdare
alla maturità che rappresenta l’obbiettivo da
raggiungere dai nostri liceali.
Qual è il posto dell’italiano alla Kantonsschule Sursee?
Al liceo di Sursee, la terza lingua nazionale ha una
lunga tradizione. Da noi, l’italiano viene insegnato
da almeno 40 anni: dapprima come materia facoltativa e dal 1995 – quando è entrato in vigore
il regolamento di riconoscimento degli attestati di
maturità – come opzione specifica.
L’italiano viene studiato durante i tre ultimi
anni del liceo: nel primo e nel secondo anno
con 4 lezioni settimanali, nel terzo anno con 6
lezioni settimanali. Alla nostra scuola, in media
abbiamo ad ogni livello tra 120 e 140 studenti
in sette classi; di questi tra 15 e 30 studenti o
circa il 15 per cento di loro scelgono l’italiano
come opzione specifica. Attualmente 75 studenti in cinque classi differenti frequentano i
corsi d’italiano. Con la maturità gli studenti
raggiungono il livello B2 (o persino C1) del quadro comune di riferimento europeo.
Perché c’è questo interesse per l’italiano?
Sursee è situata quasi al centro della Svizzera,
sull’asse di trasporto dall’Europa settentrionale
all’Europa meridionale, da Amburgo a Napoli.
All’epoca dei romani, c’era un cosiddetto “vicus”
– cioè una città romana con un mercato – vicino
alla Sursee di oggi. Anche nel medioevo Sursee era
città-mercato. Per diversi monasteri era un centro
amministrativo sull’importantissimo percorso del
San Gottardo e così la città offriva delle condizioni favorevoli per artigiani e commercianti. Oggi
ci sono l’autostrada e la ferrovia. Perciò la nostra
regione è ricca d’industrie e di commercio. Siamo
dunque in contatto con l’Italia e ci sono anche
cittadini italiani che lavorano nella nostra regione.
Questa vicinanza anima molti studenti ad imparare – accanto al francese e all’inglese – anche la
lingua italiana. E soprattutto: molti studenti – di
cui la maggior parte sono studentesse – amano
le lingue e in particolare la dolce lingua.
Giornata della Memoria
Riflettere sulla banalità
del male
Quest’anno la Giornata della memoria
delle vittime della Shoah ha coinciso
con il settantesimo anniversario della liberazione di Auschwitz: la Sezione
italiana dell’Institut auf dem Rosenberg
ha ricordato l’evento con una conferenza del Professor Arnaldo Benini che già
in altre occasioni ha onorato della sua
presenza la scuola.
Alla conferenza hanno presenziato il
Console Generale di Zurigo Francesco
Barbaro e il Dirigente scolastico Professor Marco Tovani.
Oltre agli allievi della Sezione italiana,
erano presenti anche diversi membri
dell’Associazione anziani di San Gallo.
Nel suo intervento di saluto la direttrice
dell’Istituto Monika Schmid ha sottolineato la piena consonanza della ricorrenza con i valori di accoglienza e di
tolleranza a cui si è da sempre ispirato
l’Istituto anche nell’epoca buia della dittatura nazista, quando ospitò studenti
ebrei che si poterono in tal modo sottrarre alle persecuzioni antisemite.
La Professoressa Camilla Cafagna, Coordinatrice didattica della Sezione italiana,
nel salutare gli ospiti, ha ricordato che la
Giornata della Memoria è stata istituita nel 2005 per volontà dell’Assemblea
generale delle Nazioni Unite: per la Sezione Italiana del Rosenberg questa data
è diventata ormai un appuntamento fisso che si inserisce perfettamente nella
programmazione didattica ed educativa
della nostra scuola.
Dal canto suo il Console ha richiamato
il carattere non rituale né puramente
commemorativo della Giornata. Il ricordo dell’Olocausto deve servire come
insegnamento per evitare il ripetersi di
simili crimini. Per questo bisogna esercitare una continua vigilanza anche sui
nostri stessi impulsi irrazionali che sono
all’origine del male. Bisogna insomma
prima di tutto fare i conti con l’inferno
Il Console Generale di Zurigo Francesco barbaro e il professor Benini durante al conferenza
che, come ci ha insegnato Carl Gustav
Jung, è dentro di noi. Il miglior antidoto
alla barbarie è la difesa della democrazia, unico ambito in cui i diritti dell’uomo
possono essere garantiti. Per noi questo
significa anche difesa a e allargamento
dell’esperienza dell’Europa unita che ha
consentito al nostro continente il periodo di pace più lungo degli ultimi secoli.
Ricordando Primo Levi
Ha quindi preso la parola il professor
Benini ricordando innanzitutto le pagine
con cui Primo Levi ne La tregua descrive l’arrivo dei soldati dell’Armata Rossa
ad Auschwitz la mattina del 27 gennaio
1945. Sul volto dei liberatori era dipinta
la vergogna di cui essi si facevano carico
per le offese che in quel luogo venivano
inferte all’essenza più intima dell’umanità, quella vergogna di cui i carnefici
non erano mai stati capaci.
Il Professore ha poi ricordato la visita
compiuta al lager di Auschwitz nel1962
che gli lasciò un ricordo e un’impres-
sione indelebili e che lo ha spinto nel
corso degli anni ad occuparsi non solo
del mondo ebraico e delle persecuzioni
di cui è stato oggetto ma anche della
natura stessa del male di cui l’uomo è
capace come nessun altro essere vivente
La trattazione del Professor Benini ha
dunque preso in considerazione i meccanismi e le modalità culturali e psichiche che portano l’uomo a esercitare la
crudeltà verso i propri simili e che possono produrre singoli episodi individuali
di malvagità o veri e propri genocidi.
Homo homini lupus
Nella sua analisi il Professore, a questo
proposito, ha messo a confronto il comportamento della specie umana con quello
di altri esseri viventi. Le feroci belve carnivore uccidono essenzialmente per nutrirsi
(o per marcare il territorio), ma non progettano azioni crudeli al fine di ottenere
un godimento solamente dalla sofferenza
di un altro essere vivente; l’uomo, invece,
è l’unico animale capace di esercitare la
aprile 2015 La Rivista - 41
crudeltà verso i propri simili, a volte, così
pare insegnarci la storia, per fini addirittura ludici. Il ricordo della Shoah ci induce
a una riflessione particolare sulla genesi
del male in quanto esso si è manifestato nel cuore della civilissima Europa e ha
avuto come protagonista principale una
buona parte di quel popolo tedesco che
allora esprimeva la cultura più avanzata
del mondo, cosa che tuttavia non fu sufficiente a preservare dall’orrore.
Se dunque l’Olocausto ci interroga particolarmente in quanto europei e ci induce a una riflessione profonda sull’essenza più intima del nostro essere uomini, purtroppo quel male radicale che si
manifestò nei campi di concentramento
non solo verso gli ebrei ma anche verso rom, sinti, omosesessuali, oppositori
politici, portatori di handicap, ha avuto
numerosi altri riscontri in tutte le epoche e in tutte le civiltà.
Splendore e crudeltà
Nell’essere umano e dunque in ognu-
42 - La Rivista aprile 2015
no di noi esiste un istinto irrazionale al
male e alla crudeltà che lotta continuamente con la tendenza al bene che finora ha complessivamente prevalso e ha
dunque garantito la sopravvivenza della
specie, che in caso contrario sarebbe
compromessa.
La civiltà romana ci fornisce un esempio
evidente di questa coesistenza del bene
con il male in quanto accanto a opere
grandiose ci ha lasciato, fra gli altri, anche l’esempio, testimoniato dallo storico
Polibio, della crudeltà dei romani contro
i cartaginesi sconfitti che furono uccisi o
deportati in massa.
Il poeta Marziale, a sua volta, ci ha descritto con dovizia di particolari la crudeltà dei cosiddetti giochi del circo in
cui esseri umani venivano uccisi da altri
uomini o sbranati dalle belve fra il tripudio degli spettatori.
Rivisitando poi alcuni momenti della storia moderna e contemporanea, ci
imbattiamo purtroppo in innumerevoli
esempi di inaudita crudeltà.
Il colonialismo europeo, ad esempio,
causò direttamente o indirettamente un
numero di morti che può essere stimato
fra i trecento e i cinquecento milioni.
La pressoché totale distruzione degli
aborigeni del Nord America o dell’Australia può essere considerata alla stregua di un vero e proprio genocidio.
Si calcola poi che le repressioni staliniane causarono all’incirca cento milioni di morti.
Genocidio e pulizia etnica
Nel XX secolo si può parlare di genocidio degli armeni da parte dei turchi e dei
Tutsi in Ruanda, ma anche gli episodi
di cosiddetta “pulizia etnica” commessi
prevalentemente dai serbi dopo la dissoluzione della Jugoslavia hanno avuto le
caratteristiche di atti di genocidio.
Secondo la definizione adottata dall’Onu, con genocidio si intendono “gli atti
commessi con l’intenzione di distruggere
in tutto o in parte un gruppo nazionale,
etnico razziale o religioso“.
Il termine genocidio fu coniato nel 1944
da Raphael Lemkin, un giurista polacco
di origine ebraica, per fornire alla comunità internazionale uno strumento
giuridico adeguato a inquadrare quanto stava avvenendo nei lager nazisti. Lo
stesso Lemkin aveva ben presente anche
il genocidio degli armeni da parte dei
turchi durante la prima guerra mondiale.
Oggi si sta diffondendo nell’opinione pubblica democratica e nello stesso
mondo ebraico l’idea che l’olocausto
degli ebrei non possa essere considerato
un caso isolato nella storia dell’umanità,
ma che lo stesso termine possa definire anche altri crimini avvenuti nel corso
della storia.
Hannah Arendt
Fra coloro che hanno indagato con
maggiore acume le cause della distruttività umana va senz’altro ricordata
Hannah Arendt.
L’intellettuale ebrea tedesca rifugiatasi
negli Stati Uniti per sfuggire alla persecuzione nazista, seguì come inviata
dell’americano New Yorker il processo Eichmann svoltosi a Gerusalemme
e conclusosi con la condanna a morte
dell’imputato, considerato uno dei massimi responsabili della Shoah.
La Arendt definì nei suoi articoli con
l’espressione “banalità del male“ l’atteggiamento di tutti coloro che, a partire
dallo stesso Eichmann, diedero il loro
contributo allo sterminio compiuto nei
lager nazisti con lo stesso spirito di impegno e di abnegazione con cui si svolge
un qualsiasi lavoro subalterno.
“Ho solo obbedito agli ordini“ affermò
Eichmann per giustificare la sua attività
criminale e questa non andrebbe secondo la Arendt considerata una giustificazione inventata ad arte, ma l’espressione
dell’intima convinzione che di fronte agli
ordini superiori non resti che obbedire,
anche se la mansione che si è chiamati a
svolgere consiste nel guidare un treno di
deportati o nell’ aprire i rubinetti del gas
per sterminare i reclusi.
Da qualunque punto di vista lo si consideri il male, che è alla base di tanti
crimini, non ha nessuna possibile spiegazione razionale.
L’orrore della Shoah ha colpito profondamente anche i credenti di varie religioni e qualcuno di loro si è chiesto
come Dio abbia potuto permettere una
simile atrocità senza intervenire a difesa
di tante vittime innocenti, mentre il cardinale Martini si è spinto addirittura ad
affermare che di fronte al male riusciva
a comprendere l’ateismo.
Come tutti questi esempi testimoniano,
la ragione e la cultura da soli non appaiono talvolta sufficienti a frenare il male.
Il funzionamento del cervello
In conclusione il Professore ha accennato alla propria esperienza nel campo dei
suoi studi sul funzionamento del cervello.
Il cervello dell’uomo ha sviluppato, a
partire dagli ultimi 2 milioni anni, una
parte, il lobo frontale, che gli permette
di porsi al centro del proprio pensiero.
Questo organo così sviluppato (considerato stabile a partire dagli ultimi 50.000
anni) sembrerebbe essere in grado di
dirigere azioni e impegno verso fini costruttivi. Se cosi fosse, le persone potrebbero incanalare verso la razionalità
positiva l’emotività e l’affettività che si
sviluppano nella parte interna del cervello, in particolare nell’amigdala.
Purtroppo, allo stato attuale delle teorie
delle neuroscienze, i segnali elettrici che
si propagano attraverso le cellule cerebrali sembrano procedere con una modalità assolutamente casuale. Anche per
questo motivo risulta seriamente problematico costruire o pianificare un’opera di prevenzione nei confronti delle
azioni umane violente o crudeli.
È seguito un interessante e partecipato
dibattito che ha consentito di approfondire le interessanti tematiche trattate.
La Giornata della Memoria rappresenta
ogni anno un’importante occasione per
rinnovare il nostro impegno a combattere il male dentro di noi e nell’ambito sociale in cui ognuno è chiamato ad operare. Solo con questa presa di coscienza
possiamo sperare che simili crimini un
giorno non si ripetano più. La presa di
coscienza individuale e la difesa della
democrazia sono le uniche difese valide
che possiamo erigere di fronte al male.
Giuseppe Ribera
Alessandro Vaccari
La sede dell’Institut auf dem Rosenberg, sopra San gallo
aprile 2015 La Rivista - 43
Dalla Svizzera degli Stati a quella federale
Gli Svizzeri alle Guerre d’Italia
di Tindaro Gatani
Ingresso delle truppe francesi a Napoli, il 22 febbraio 1495, dalla Cronaca figurata del Quattrocento di Melchionne o Melchiorre Ferraiolo (1443 circa – 1498 circa),
con la raffigurazione dei primi pezzi di artiglieria.
Dopo la sconfitta di Giornico, la Leventina fu definitivamente riconosciuta
possesso di Uri. Di lì a breve il Ducato
sarebbe stato sconvolto dalle trame di
Ludovico Maria Sforza detto il Moro
(1452-1508). Suo fratello, Galeazzo
Maria Sforza, aveva lasciato quattro figli legittimi da Bona di Savoia e sei figli
naturali, due avuti da Lucia Marliani e
quattro da Lucrezia Landriani, di cui una,
Caterina Sforza (1463-1509), sposando
Girolamo Riario, divenne dapprima signora di Forlì e Imola e poi, in seguito al
terzo matrimonio con il fiorentino Giovanni de’ Medici il Popolano, fu la madre
del famoso condottiero Giovanni (de’
Medici) dalle o delle Bande Nere.
44 - La Rivista aprile 2015
Le trame di Ludovico il Moro
Dei quattro figli legittimi di Galeazzo Maria, il primogenito, Gian Galeazzo Maria
(1469-1494) succedeva al padre; il secondogenito Ermes Maria Sforza (1470-1503)
divenne marchese di Tortona; la terzogenita, Bianca Maria Sforza (1472-1510)
avrebbe sposato prima Filiberto I di Savoia
(1465-1482) e, in seconde nozze, l’imperatore Massimiliano I d’Asburgo; la quartogenita, Anna Maria Sforza (1473-1497)
sarebbe andata sposa ad Alfonso I d’Este
duca di Ferrara.
Alla morte del padre, Gian Galeazzo Maria aveva appena sette anni e al momento
della successione ne contava solo nove. Egli
divenne sesto duca di Milano sotto la reg-
genza della madre Bona di Savoia, assistita
dal Cancelliere Francesco o Cicco Simonetta (1410-1480), che concentrò nelle sue
mani tutti i poteri. Lo zio paterno Ludovico
il Moro (1452-1508) si oppose alla reggenza di Bona di Savoia, entrando in conflitto
con il Simonetta, che, nel 1479, lo costrinse
all’esilio a Pisa. Il Moro riuscì, però, a riconciliarsi con la cognata, e, ritornato segretamente dall’esilio, prima fece arrestare, torturare e uccidere il Simonetta, e poi avocò
a sé la tutela dell’erede (1480), del quale
divenne correggente, facendo relegare Bona
nel castello di Abbiategrasso.
Il Moro continuò a tramare per estromettere il giovane duca dal potere anche dopo
il suo matrimonio con la cugina Isabella
d’Aragona (1470-1524), figlia di Alfonso II
d’Aragona ramo di Napoli (1448-1495) e
di sua sorella Ippolita Maria Sforza (14451488). L’impresa fu facilitata dal trasferimento degli sposi, ambedue, dunque, suoi
nipoti, non si sa fino a che punto volontario, dapprima a Vigevano e quindi al
Castello di Pavia, nella cui Cappella, il 17
gennaio 1491, il Moro prese in moglie Beatrice d’Este (1475-1497), figlia di Ercole I
d’Este di Ferrara e di Eleonora d’Aragona,
dal cui matrimonio sarebbero nati Ercole
Massimiliano Sforza (1493-1530) e Francesco Maria II Sforza (1495-1535).
Assente la coppia ducale, il Castello Sforzesco di Milano divenne una delle corti più
sfarzose d’Europa. Il Moro fece avviare, allora, anche i grandi lavori di ricostruzione nella Certosa di Pavia e dei castelli di Milano, di
Vigevano e della stessa Pavia. Fu lui a volere
la costruzione della chiesa di Santa Maria
delle Grazie di Milano, nel cui refettorio Leonardo da Vinci, su sua commissione, portò
a termine l’affresco parietale, a tempera
grassa (460 x 880 cm), della celebre Ultima
Cena. Sempre alla corte sforzesca, Leonardo
eseguì l’altrettanto celebre quadro della misteriosa Dama con l’ermellino.
Nelle sue trame di completa estromissione
del nipote e dei suoi eredi alla successione
sul Ducato, il Moro, temendo soprattutto la
dura reazione degli Aragonesi, cercò di indebolirli chiamando Carlo VIII re di Francia
(1470-1498) in Italia per rivendicare i suoi
presunti antichi diritti sul Regno di Napoli.
Carlo VIII, succeduto al padre Luigi XI nel
1483, - vantando, attraverso la nonna paterna Maria d’Angiò (1404-1463), moglie
di Carlo VII di Francia, un diritto ereditario
su quella Corona, il 3 settembre 1494 - con
un esercito di circa 30.000 soldati, di cui
8.000 mercenari svizzeri, partì per l’Italia.
Riassumendo: gli Sforza erano legati d’amicizia e di stretta parentela con gli Aragonesi
di Napoli. Nel 1464 Re Ferdinando o Ferrante
I di Napoli (1424-1494) aveva fatto dono del
Ducato di Bari prima a Sforza Maria Sforza
(1451-1479), e, dopo la sua morte, a suo
fratello Ludovico il Moro, figli di Francesco
I Sforza e di Bianca Maria Visconti. La moglie di Ludovico il Moro era Beatrice d’Este
(1475-1497), figlia di Ercole d’Este di Ferrara
e di Eleonora d’Aragona, figlia, a sua volta,
dello stesso Ferdinando o Ferrante I, il cui
figlio primogenito Alfonso II (1448-1495)
sposò Ippolita Sforza (1445-1484), sorella
di Ludovico il Moro. Da quest’ultima unione
nacque Isabella d’Aragona (1470-1524) andata in moglie a Gian Galeazzo Maria Sforza
(1469-1494), nipote dello stesso Moro.
Ludovico Maria Sforza il Moro, chiamando Carlo VIII in Italia per l’occupazione del
Regno degli Aragonesi di Napoli, commetteva una deplorevole azione contro una
famiglia regnante amica con l’aggravante
della strettissima parentela. Per il cinico
comportamento dei Visconti, prima, e degli Sforza, dopo, soprattutto di quello del
Moro, alcuni storici attribuirono al biscione gentilizio, emblema delle due famiglie,
il significato di vipera milanese «simbolo
della forza e della frode». Francesco Guicciardini, parlando di quell’impresa del Re
francese, scrive che «l’anno 1494 fu l’anno
primo delle miserie d’Italia». Iniziava, infatti, allora la decadenza del glorioso Bel Paese, che era stato artefice del Rinascimento
e massima espressione della potenza commerciale e finanziaria di tutta l’Europa.
La discesa di Carlo VIII in Italia
Accolto con tutti gli onori dai duchi di Savoia, Carlo VIII, il 15 luglio si accampò ad
Asti, dove nominò suo luogotenente Gian
Giacomo Trivulzio (1440-1518), figlio di
Antonio e di Francesca Visconti, già compagno di studi di Galeazzo Maria Sforza e
quindi valoroso condottiero, che divenne la
longa manus della Francia in Italia. Carlo
VIII riprese poi la marcia verso il sud, ricevuto ovunque festosamente dai regnanti
di tutti gli Stati italiani, che fecero a gara
nel tributargli la loro simpatia, dal cardinale Giuliano della Rovere a Ercole d’Este
e, naturalmente da Ludovico il Moro e dalla moglie Beatrice. Solo Isabella d’Aragona,
che lo ricevette nel suo Castello di Pavia, lo
esortò a interrompere la spedizione contro
la sua famiglia. Poco dopo quell’incontro, il 21 ottobre 1494, suo marito il duca
Gian Galeazzo Maria Sforza morì nel suo
Castello di Pavia, non si sa se per improvvisa malattia o per avvelenamento voluto
dallo stesso suo zio. La cosa certa è che
Ludovico il Moro si autoproclamò, subito,
duca e signore di Milano con l’approvazione dell’amico Carlo VIII. Ad accreditare
la tesi dell’avvelenamento di Gian Galeazzo Maria da parte dello zio, ci fu anche il
Re di Napoli Alfonso II d’Aragona (14441495), che minacciò di dichiarare guerra
al Moro per difendere i diritti dei nipotini
Francesco detto il Duchetto (1491-1512),
erede al Ducato, e Ippolita (1493-1524). La
terzogenita, Bona Sforza, futura regina di
Polonia per aver sposato Sigismondo I sovrano di quel Paese, sarebbe, infatti, nata
postuma il 13 febbraio 1495.
La minaccia di Alfonso II, che era succeduto al padre Ferdinando I o Ferrante I, morto
a Napoli il 28 gennaio 1494, cadde, però,
nel vuoto, perché tutte le potenze europee
e gli Stati italiani si stavano schierando
dalla parte di Carlo VIII che, intanto, proseguiva la sua marcia vittoriosa.
Dopo aver attraversato la Lombardia, l’Emilia, la Romagna e la Toscana, si avviò verso
Roma. Strada facendo espugnò Tuscania
(Viterbo), facendo massacrare 800 abitanti,
e, dopo aver occupato Civitavecchia, otten-
Luigi XII re di Francia (1462-1515), in un ritratto
eseguito da Jean Perréal nel 1524 circa. Collezione privata Windsor di S. M. la Regina d’Inghilterra.
ne da papa Alessandro VI (Rodrigo Borgia)
il permesso di entrare pacificamente in
Roma. Per fermare i saccheggi della città da
parte della soldataglia francese, il Papa gli
concesse il diritto di attraversare lo Stato
pontificio, facendolo accompagnare dal figlio Cesare Borgia, detto il Valentino, come
cardinale legato. Il 22 febbraio 1495, le
truppe francesi, dopo aver occupato il castello di Monte San Giovanni (Frosinone),
dove massacrarono 700 inermi abitanti, entrarono, praticamente senza combattere, in
Napoli. Alfonso II d’Aragona, preferì ritirarsi
e preparare la resistenza all’invasore. E fece
bene. I Napoletani, infatti, al grido di «ferro!
ferro!», insorsero, preparando il terreno al
rientro delle truppe aragonesi che, nel maggio dello stesso anno 1495, attaccarono i
Francesi. Nel frattempo papa Alessandro VI,
pentito dell’appoggio dato a Carlo VIII, era
riuscito a mettere insieme un unico fronte
antifrancese, fondando, il 31 marzo 1495,
la Lega Santa o di Venezia, alla quale aderirono il nuovo Re di Napoli Ferdinando II
(Ferrandino) d’Aragona (1469-1496), l’imperatore Massimiliano I d’Asburgo, la Repubblica fiorentina, la Repubblica veneta,
Enrico VII d’Inghilterra, la Spagna e lo stesso
Ludovico il Moro. Carlo VIII, per evitare di
restare intrappolato nel Napoletano, il 22
febbraio 1495, era intanto ripartito per la
aprile 2015 La Rivista - 45
La Battaglia di Dornach del 22 luglio 1499, particolare di una xilografia anonima d’epoca.
Francia. L’esercito della Lega Santa, di circa 20.000 uomini, al comando di Francesco
II Gonzaga, marchese di Mantova, sbarrò
la strada a quello francese, forte di circa
10.000 armati, al comando di Gian Giacomo
Trivulzio, a Fornovo di Taro (Parma). La battaglia, avvenuta il 6 luglio, aspra e con alterne vicende, ebbe esito incerto, tanto che
i due contendenti sostennero di aver vinto
entrambi. Carlo era riuscito, comunque, a
forzare il blocco e a far ritorno in Francia.
Sul campo restavano 3.500 morti della Lega
e un migliaio di francesi.
Sul trono di Napoli, a Ferdinando (Ferrandino) II d’Aragona, morto il 7 settembre 1496,
succedeva lo zio Federico I d’Aragona (14521504), che sperava di ottenere sostegno da
parte del potente ramo spagnolo del suo Casato. Non avrebbe, perciò, mai immaginato
che proprio il suo stretto parente Ferdinando
II il Cattolico si sarebbe spartito il suo Regno
con Luigi XII di Francia con il trattato segreto
sottoscritto a Granada l’11 novembre 1500:
Abruzzi e Campania con Napoli sarebbero
andati alla Francia; Puglia, Basilicata e Calabria alla Corona di Spagna. Quando Luigi
XII iniziò l’invasione della sua parte spettante
del Regno, Federico I, ignaro di tutto, chiese
soccorso agli Aragonesi di Spagna. che intervennero non per contrastare l’invasore, ma
per occupare le fortezze calabresi. Scoperto
il tradimento, Federico I preferì allora cedere il Regno a Luigi XII, ottenendo in cambio
una pensione vitalizia e la Contea ereditaria
del Maine in Francia, dove, a Tours, si sareb-
46 - La Rivista aprile 2015
be spento il 9 novembre 1504. Nello stesso
anno, dopo aver occupato l’Italia meridionale, Ferdinando II il Cattolico assunse il titolo
di Re di Napoli come Ferdinando III, restando,
nello stesso tempo Re Ferdinando II di Sicilia,
alleata della Spagna. Quattro anni dopo, il
10 dicembre 1508, Luigi XII e Ferdinando il
Cattolico si sarebbero trovati, come vedremo,
alleati nella Lega di Cambrai contro Venezia.
Luigi XII
Oltre alla carestia, alla fame, ai saccheggi
e agli stupri, per i quali Francesco Guicciardini (1483-1540) definì il 1494 «l’anno
primo degli anni miserabili» d’Italia, i Francesi di Carlo VIII, in ritirata, si lasciarono
dietro una lunga scia di una nuova terribile
epidemia. Dapprima si pensò a un nuovo
tipo di peste, ma dopo, poiché colpiva solo
gli individui adulti, si cominciò a capire
che si trattava di una malattia di carattere venereo, che gli Italiani avrebbero, poi,
battezzata mal francese e i Francesi mal
napoletano.
In effetti, la sua origine era spagnola. Nelle
truppe mercenarie francesi erano stati arruolati anche dei soldati di Barcellona che,
prima di partire, erano stati nello stesso
bordello nel quale erano passati alcuni
reduci delle prime spedizioni di Colombo
in America e alcuni indigeni portati dalle
isole caraibiche, dove quella malattia, che
sarebbe stata dopo chiamata sifilide, era
endemica. Lo stesso Carlo VIII, così come
molti nobili delle varie Corti italiane, fu
contagiato da quel terribile morbo. La trasmissione dell’infezione era facilitata dal
libertinaggio dei costumi e dalla carente
igiene delle truppe francesi, di cui facevano parte centinaia di allegre vivandiere.
Rientrato in patria, mentre preparava una
seconda spedizione in Italia, Carlo VIII morì,
il 7 aprile 1498, per un banale incidente nel
castello di Amboise. Passando, a cavallo,
sotto un architrave in pietra vi batté la testa, entrò in coma e spirò qualche ora dopo,
a soli 27 anni, senza lasciare eredi diretti,
essendo morti prima di lui i suoi tre figli
maschi (Carlo Orlando, Carlo e Francesco)
avuti da Anna di Bretagna. Con Carlo VIII,
nato dal secondo matrimonio di Luigi XI con
Carlotta di Savoia, si estingueva, dunque, il
cosiddetto ramo dei Valois diretti.
Gli succedeva sul trono, come parente maschio più prossimo, il duca Luigi II di Valois-Orléans (1462-1515), che regnerà sulla
Francia con il nome di Luigi XII il Padre del
Popolo (le Père du peuple). Oltre che stretto
parente, Luigi XII era cognato di Carlo VIII
per aver sposato Giovanna di Valois (14641505), la sorella zoppa e deforme, che il
padre, Luigi XI, nel 1464, aveva promesso
in sposa, a soli 26 giorni, a lui che di anni,
allora, ne aveva solo due. Dopo la salita al
trono di Carlo VIII (1483), sotto la reggenza
dell’altra sorella Anna di Francia o di Beaujeu (1461-1522), il futuro Luigi XII aveva
organizzato un complotto, la cosiddetta
guerra folle, contro la cognata reggente,
fu arrestato e, in seguito, per intercessione
della stessa moglie Giovanna presso il fratello, perdonato dal re, che lo volle al suo
seguito nella sua discesa in Italia. Appena
salito al trono, Luigi XII fece sciogliere il suo
legame coniugale con Giovanna di Valois e
sposò Anna di Bretagna, la vedova del defunto Re, per la quale, dopo quelli con Massimiliano I d’Austria e con Carlo VIII, questo
era il terzo matrimonio.
Se Carlo VIII aveva vantato i suoi diritti sul
Regno di Napoli, derivanti dalla nonna paterna Maria d’Angiò, Luigi XII fece altrettanto
rivendicando per sé il Ducato di Milano, rifacendosi al contratto matrimoniale, siglato
del 1389, tra Valentina Visconti (1371-1408),
figlia di Gian Galeazzo Visconti (1351-1402),
primo duca di Milano, e di Isabella di Valois,
con Luigi di Valois d’Orléans (1372-1407),
figlio cadetto di Carlo V Re di Francia e di
Giovanna di Borbone. Da quell’unione era
nato Carlo di Valois d’Orléans (1394-1465)
che si sposò tre volte: la prima con la cugina
Isabella di Valois (figlia di Carlo VI di Francia), la seconda con Bonne d’Armagnac e la
terza con Maria di Clèves (1426-1486), dalla
quale ebbe due figlie e un figlio, il secondogenito Luigi II d’Orléans, il futuro Luigi XII Re
di Francia. Il contratto matrimoniale di sua
nonna stabiliva chiaramente che, in caso di
estinzione della dinastia dei Visconti, il Duca-
to sarebbe dovuto ritornare ai legittimi eredi
di Valentina. Ebbene la dinastia viscontea,
secondo Luigi XII, si era estinta con Filippo
Maria Visconti, morto nel 1447 senza lasciare eredi né dal primo matrimonio, con Beatrice Lascaris di Ventimiglia, né dal secondo
con Maria di Savoia. La figlia naturale Bianca
Maria, nata da una relazione extraconiugale
con Agnese del Maino, anche se legittimata
dal padre, non avrebbe potuto avanzare nessun diritto sul Ducato né tantomeno, quindi, trasmetterlo al marito Francesco Sforza.
Il Ducato gli spettava quindi di diritto e lui
era pronto a tutto per cacciare via gli Sforza,
considerati degli usurpatori.
La Guerra sveva
In vista della sua calata in Italia, Luigi XII,
dopo aver firmato un trattato di amicizia
con Filiberto duca di Savoia, che gli garantiva il libero transito delle sue truppe,
tramò abilmente in cerca di alleati. Fece
concessioni e promesse: alla Serenissima
Repubblica Veneta promise la concessione
di Cremona e di Ghiara o Gera d’Adda, cioè
la pianura lombarda tra i fiumi Adda e Serio con il Fosso bergamasco; a Cesare Borgia, figlio di papa Alessandro VI, che aveva
accompagnato Carlo VIII a Napoli, concesse il Ducato di Valentinois e la mano di
Carlotta d’Albret, sorella del Re Giovanni III
di Navarra e sua stretta parente; agli Svizzeri promise Bellinzona con tutto il Ticino.
In cambio del loro sostegno alla spedizione milanese, gli Svizzeri ottennero anche
l’appoggio di Luigi XII contro l’imperatore
Massimiliano I d’Asburgo e la Lega sveva,
nel conflitto che stava per scoppiare per il
possesso dei territori che si trovavano alla
periferia nord della Confederazione. Il re
di Francia diede ben volentieri il suo appoggio contro gli Asburgo, con i quali era
in guerra per il possesso della Borgogna e
per gli interessi nelle Fiandre, già domini di
Carlo il Temerario. Forti del sostegno francese, gli Svizzeri aprirono allora un nuovo
conflitto con Massimiliano I.
La Guerra sveva, ma anche Guerra svizzera o Guerra dell’Engadina, che durò da
gennaio a settembre del 1499, vide contrapposti la Confederazione degli Otto
Cantoni e le Tre Leghe (Grigia, Caddea e
Dieci Giurisdizioni), contro gli Asburgo e
la Lega sveva. Gli aderenti alla Lega sveva,
composta da 22 città libere della Svevia
e da altre istanze con una forza militare
di circa 13.000 uomini, erano preoccupati soprattutto dalle continue acquisizioni
territoriali dei Confederati sul loro fronte
meridionale. Una minaccia che li aveva
sempre più spinti a una più forte alleanza con l’Impero del quale facevano parte.
Gli scontri, già fomentati da diversi focolai di tensione, ebbero inizio quando, per i
contrasti con la Lega Caddea, il reggente
Gian Giacomo Trivulzio (1440-1518), Luogotenente e Maresciallo di Francia, da un’incisione i rame di
Raphael Morghen (1758-1833), conservata al Rätisches Museum Chur.
asburgico del Tirolo, fece occupare la Val
Venosta e la Val Monastero, che erano la
via di comunicazione diretta tra Milano e
Innsbruck. Poiché la soluzione pacifica, auspicata dal vescovo di Coira, non ebbe successo, il conflitto si allargò: la Lega Caddea
chiese, allora, l’intervento degli Svizzeri
e gli Asburgo quello della Lega sveva. La
guerra fu allora senza quartiere, con furibondi scontri in diverse località, che videro
gli Svizzeri invadere e saccheggiare più
volte la Svevia meridionale.
Lega sveva e Massimiliano I decisero allora di spostare lo scontro verso ovest, che
pensavano di trovare sguarnito. Dopo una
prima insignificante vittoria su un contingente elvetico presso Soletta, l’ultimo e
decisivo scontro avvenne, il 22 luglio 1499,
a Dornach, nei pressi di Basilea, dove 6.000
svizzeri attaccarono i circa 10.000 uomini avversari, costringendoli alla fuga. La
Lega sveva lasciava sul campo 3.000 morti,
tutta l’artiglieria e le vettovaglie, gli Svizzeri ebbero la perdita di circa 500 uomini.
Quando la Guerra sveva, dopo quasi nove
mesi di duri e sanguinosi scontri, sembrava ormai senza una soluzione, intervenne,
come mediatore, Ludovico il Moro che, con
le truppe di Luigi XII che gli avevano invaso il Ducato, si era trovato nell’impossibilità di reclutare nuovi mercenari svizzeri
e lanzichenecchi svevi, impegnati su quel
fronte. Volendo portare sia l’Impero sia la
Confederazione dalla sua parte, il Moro,
condusse serrate trattative con i belligeranti, senza badare a spese e servendosi
anche dell’arma della corruzione per convincere Massimiliano I e i Cantoni a depor-
aprile 2015 La Rivista - 47
re le armi e a unirsi al Ducato nella guerra
contro l’invasore francese.
La Pace di Basilea
Il Moro non ebbe certo molte difficoltà a
convincere Massimiliano I, al quale egli
aveva dato, come terza moglie, nel 1494,
la nipote Bianca Maria Sforza, figlia di suo
fratello Galeazzo Maria e di Bona di Savoia,
accompagnandola con una ricca dote onde
ottenere il riconoscimento ufficiale alla
successione al Ducato. Le pressioni di Luigi
XII sui belligeranti avevano avuto lo scopo
di ritardare la fine della Guerra sveva. Così,
quando, il 22 settembre 1499, fu firmata la
Pace di Basilea tra Massimiliano I e la Lega
sveva da una parte e il vescovo Heinrich di
Coira, i Confederati e le Tre Leghe dall’altra, i Francesi, con una poderosa armata di
25.000 uomini, al comando di Gian Giacomo Trivulzio, avevano già occupato Milano.
Il 13 agosto avevano preso la Rocca d’Arazzo (Asti), poi avevano espugnato Tortona,
Voghera, Valenza, Castelnuovo e, quindi,
presa anche Alessandria (25 agosto), avevano proseguito per Mortara e Pavia, mentre
i loro alleati veneziani, sul fronte est, presa
Caravaggio, passavano il Po e si spingevano fino a Lodi. Per non cadere prigioniero,
il Moro, lasciava Milano, in rivolta contro
di lui, per riparare a Innsbruck alla corte
imperiale. Il 6 settembre 1499, i Francesi
entravano da trionfatori in Milano, dove il 6
ottobre, accolto con tutti gli onori spettanti
a un nuovo duca, sarebbe arrivato Luigi XII,
che, subito dopo, richiamato da impellenti
affari in patria, lasciava la guida del Ducato
a Gian Giacomo Trivulzio appena nominato
Maresciallo d’Italia.
La Pace di Basilea era stata siglata sulla
base dello status quo ante, cioè lasciando
le cose come stavano prima della guerra. L’Impero s’impegnava a sospendere le
ostilità, gli sfavori, i bandi, i processi e le
oppressioni contro i Confederati e i loro alleati (vechden, ungnad, acht, processen und
beschwärungen, nel testo ufficiale tedesco)
in atto prima o nel corso del conflitto e «che
in tutte le altre cose, di cui non si è trattato,
ambedue le parti debbano rimanere come
erano prima dello scoppio della guerra».
Poiché il testo della Pace di Basilea non
menzionava esplicitamente l’osservanza del
Trattato di Worms, del 7 agosto 1495, che
prevedeva la riforma dell’Impero, con un rafforzamento dell’autorità in senso centralistico e l’istituzione di un tribunale supremo, i
Cantoni si sentirono sciolti da ogni impegno.
In verità, quella Pace fu a tutto vantaggio
degli Svizzeri, che si videro riconosciuta de
facto la loro Confederazione e la loro indipendenza all’interno dell’Impero, del quale
sarebbero, tuttavia, rimasti a farne parte, per
quanto riguardava, però, solo i privilegi e i
diritti, sino alla Pace di Westfalia del 1648.
48 - La Rivista aprile 2015
Massimiliano I «aveva perso da tutti i punti
di vista». I Cantoni non sarebbero stati più
«obbligati a prender parte alle Diete né a
pagare il Reichspfenning [cioè l’imposta
imperiale], restando liberi di regolarsi in
proposito a loro piacere». La Confederazione era, dunque, libera «da ogni soggezione
ai tribunali dell’Impero. I diritti di Costanza sulla Turgovia sono cancellati, le cause
pendenti davanti alla Camera regia rinviate
sine die. Eventuali questioni con l’Austria e
la Lega sveva saranno risolte da un arbitrato, escludendo l’appello ad altri giudizi, dunque qualsiasi ingerenza imperiale.
La crisalide è diventata farfalla». Restava
«solo un bozzolo vuoto», che sarebbe stato,
anche quello, disfatto, appunto, nel 1648
con le risoluzioni della Pace di Westfalia.
Nelle due guerre di Borgogna e di Svevia, gli
Svizzeri avevano «raggiunto il vertice della
loro potenza», trionfando sulla cavalleria e
sull’artiglieria degli avversari. Stava, però,
per essere raggiunto «il culmine di una parabola e, segno dei tempi, il comandante
urano Heinrich (Heini) Wolleb», il 20 aprile
1499, nella battaglia di Frastanz, un episodio
della Guerra sveva, «era stato ucciso da una
palla [di archibugio] e non da una freccia di
balestra» (MORARD Nicolas, op. cit., pp. 301-
303).
Fu proprio
seguito a quella
Mercenari
svizzeriinattraversano
le Alpipace
dalla che,
Luzerner Chronik, fol. 327 v, di Diebold Schilling il
Giovane, 1513.
nel 1501, le città di Basilea e di Sciaffusa
entrarono a far parte della Confederazione.
Massimiliano I d’Asburgo (1459-1519). Ritratto immaginario di Peter Paul Rubens (1519), conservato al
Kunsthistorisches Museum di Vienna.
Scaffale
Elena
Ferrante
L’amica geniale
(Edizioni e/o pp. 400; € 18,00)
Carlo
Rovelli
Sette brevi lezioni
di fisica
(Adelphi pp. 88; € 10,00)
Andrea
Vitali
Massimo
Picozzi
La ruga del cretino
(Garzanti pp. 368, € 16,40)
L’amica geniale comincia seguendo le due protagoniste bambine, e poi adolescenti, tra le quinte di
un rione miserabile della periferia napoletana, tra
una folla di personaggi minori accompagnati lungo il loro percorso con attenta assiduità. L’autrice
scava intanto nella natura complessa dell’amicizia
tra due bambine, tra due ragazzine, tra due donne,
seguendo passo passo la loro crescita individuale,
il modo di influenzarsi reciprocamente, i buoni e
i cattivi sentimenti che nutrono nei decenni un
rapporto vero, robusto. Narra poi gli effetti dei
cambiamenti che investono il rione, Napoli, l’Italia, in più di un cinquantennio, trasformando le
amiche e il loro legame. E tutto ciò precipita nella
pagina con l’andamento delle grandi narrazioni
popolari, dense e insieme veloci, profonde e lievi,
rovesciando di continuo situazioni, svelando fondi
segreti dei personaggi, sommando evento a evento senza tregua, ma con la profondità e la potenza
di voce a cui l’autrice ci ha abituati...
Elena Ferrante, con il suo nuovo romanzo, torna a
sorprenderci, a spiazzarci, regalandoci una narrazione-fiume cui ci si affida come quando si fa un viaggio con un tale piacevole agio, con un tale intenso
coinvolgimento, che la meta più è lontana e meglio è.
Elena Ferrante è autrice di un romanzo, L’amore molesto, da cui Mario Martone ha tratto il
film omonimo. Dal romanzo successivo, I giorni
dell’abbandono, è stata realizzata la pellicola di
Roberto Faenza. Nel volume La frantumaglia racconta la sua esperienza di scrittrice. Nel 2006 le
Edizioni E/O hanno pubblicato il romanzo La figlia oscura e nel 2007 il racconto per bambini La
spiaggia di notte.
«Ci sono frontiere, dove stiamo imparando, e brucia il nostro desiderio di sapere. Sono nelle profondità più minute del tessuto dello spazio, nelle origini del cosmo, nella natura del tempo, nel fato dei
buchi neri, e nel funzionamento del nostro stesso
pensiero. Qui, sul bordo di quello che sappiamo, a
contatto con l’oceano di quanto non sappiamo,
brillano il mistero del mondo, la bellezza del mondo, e ci lasciano senza fiato». Tale è il presupposto di queste «brevi lezioni», che ci guidano, con
ammirevole trasparenza, attraverso alcune tappe
inevitabili della rivoluzione che ha scosso la fisica
nel secolo XX e la scuote tuttora: a partire dalla
teoria della relatività generale di Einstein e della
meccanica quantistica fino alle questioni aperte
sulla architettura del cosmo, sulle particelle elementari, sulla gravità quantistica, sulla natura del
tempo e della mente.
La fisica è da sempre una materia ostica, ma tutto
dipende da come viene insegnata. I concetti presi
in esame dovrebbero trascendere il loro aspetto
“formale” e sintetizzarsi in esempi pratici, di cui
tutti possiamo avere più o meno un’idea. Niente
è più vero del fatto che la scienza ci doni gli strumenti per comprendere il mondo, ma metta in
evidenza anche quanto di esso ancora ignoriamo.
E soprattutto, cosa che nessuno sospetta, quanto le leggi della fisica siano sempre in relazione
a qualcosa, e quasi mai assolute. In realtà, ci si
stupisce di quanto essa utilizzi le probabilità.
Queste lezioni condividono una serie di articoli
pubblicati dall’autore nel supplemento “Domenica” del Sole 24 Ore, a testimoniare come scienza e
cultura rappresentino un connubio ben affiatato.
La terza figlia di Serpe e Arcadio si chiama Birce,
ed è nata storta. Ha una macchia sulla guancia
sinistra e ogni tanto si perde via e dice e fa cose
strane. Chi la vuole una così? Chi la prende anche
solo come servetta di casa? È l’agosto del 1893
e per i due coniugi, lavoranti presso il rettorato
del santuario di Lezzeno, poco sopra Bellano, è
arrivata l’occasione giusta. Perché una devota,
Giuditta Carvasana, venuta ad abitare da poco
a villa Alba, è intenzionata a fare del bene, per
esempio aiutare una giovane senza futuro. Per
Birce non sarebbe cosa da poco, perché la vita
non pare riservarle un destino felice.
Come a quella povera fioraia di Torino massacrata per strada. A dire il vero, in quell’estate lontana, non è la prima vittima. I loro corpi sono a
disposizione della sala anatomica dell’università
torinese, dove il dottor Ottolenghi, assistente
del noto alienista Cesare Lombroso, li analizza
con cura, convinto che dalla medicina possa
venire un aiuto alle indagini. Oltretutto, dalle
tasche delle sventurate, salta fuori un biglietto
con incomprensibili segni matematici. Indicano
un collegamento tra quelle morti? E nel mirino
dell’omicida può esserci finito lo stesso Lombroso, che già aveva ricevuto un analogo foglietto
insidiosamente anonimo?
Nella Ruga del cretino, il mondo di Andrea Vitali,
esilarante e pittoresco, si colora con le tinte del
giallo, portando le lancette del tempo all’epoca
degli albori della psichiatria e della nascente criminologia moderna. Una prova letteraria che alla
felicità narrativa unisce un desiderio di esplorazione che avvince il lettore.
aprile 2015 La Rivista - 49
Anker, Hodler, Vallotton…
Capolavori della Fondazione per l’arte,
la cultura e la storia
I tesori di un collezionista, che ama l’arte e quella svizzera in particolare,
esposti alla Fondazione Pierre Gianadda di Martigny fino al 14 giugno 2015.
di Augusto Orsi
B
runo Stefanini collezionista di Winterthur, che quest’anno compie 90
anni, ha trascorso la sua esistenza a
riunire capolavori d’arte. Nel 1980 ha creato la sua Fondazione in collaborazione con
il Museo di belle Arti di Berna.
Oggi, con più di ottomila opere (dipinti,
sculture, libri d’arte, oggetti preziosi), è la
collezione più ricca di opere d’arte elvetica. Una piccola parte delle sue opere sono
state già esposte con successo a Berna.
Su richiesta di Matthias Frehner, direttore del Museo di Belle Arti della stessa
città, Stefanini ha acconsentito che una
selezione molto concisa sia presentata al
pubblico alla Fondazione Pierre Gianadda
di Martigny.
La mostra nel suo meticoloso ed elegante
allestimento riscuote un grande successo
di pubblico per il valore non solo artistico, ma soprattutto storico delle opere. L’importante avvenimento culturale
- espositivo evidenzia i numerosi aspetti
della storia dell’arte e della cultura elvetica tra la fine del XVIII secolo e l’inizio
del XX mettendoci a contatto con artisti
che sono l’emblema della Confederazione
Albert Anker, Les soeur Gugger tricontant, vers
1885, olio su tela 51,5 x 63 cm
50 - La Rivista aprile 2015
Ferdinadn Hodler, Las de vivre, dopo 1892, olio su tela 110,5 x 221 cm
quali Albert Anker, Ferdinand Hodler, Felix Vallotton, Giovanni Segantini, Arnold
Böcklin, Cuneo Amiet, Giovanni e Augusto Giacometti, Ernest Biéler, Edouard
Vallet e numerosi altri.
Data la grande varietà dei temi il percorso espositivo si divide in dieci sezioni che
riflettono l’evoluzione storico-sociale della
Svizzera. Dipinti storici, di genere, i paesaggi, il simbolismo nei pittori elvetici, il nudo,
le scene d’infanzia, i ritratti, gli autoritratti,
le rappresentazioni d’animali e per finire le
nature morte. Un panorama di 130 opere
molte delle quali memorabili.
I diversi Anker, dai personaggi di un’estrema
dolcezza emotiva quali Gli allievi sul cammino della scuola o le altre scene di quotidianità. Impareggiabili i paesaggi di Hodler
e i suoi grandi dipinti di partecipazione all’
angoscia umana in Las de vivre . Nutrita
la galleria dei nudi dove Hodler tratta la
donna come paesaggio e Vallotton in Baigneuse au rocher dipinge in modo realistico
una donna che è anche Venere uscita dalle
acque. E poi i ritratti e gli autoritratti che
sono capitoli di sociologia e saggi sull’uso
del colore. Una mostra da non perdere nel
modo più assoluto.
Félix Valloton, Baigneuse aux rocher, 1909, olio
su tela 116 x 89 cm
Benchmark
di Nico Tanzi
I gattini in salotto e il telespettatore pigro:
fenomenologia di una rivoluzione
Quanti anni sono passati? Non moltissimi, in realtà. Non sono poi così lontani, in
fondo, i tempi del “focolare domestico”, in cui la vita familiare ruotava attorno al
più potente degli elettrodomestici. Posizionato in bell’evidenza nel salotto di casa. A
catalizzare gli sguardi e l’attenzione dell’intera famiglia, riunita davanti al televisore
in un rito che sembrava eterno. Il telegiornale, per conoscere i fatti del giorno, e poi
un film, un varietà, a volte la partita di calcio, un talk show: per trascorrere la serata
in una compagnia condivisa.
Incredibile quanto quei tempi, in realtà, sembrino oggi ormai lontani. Da quando è arrivato internet a cambiare per
sempre le nostre abitudini, la sera ha smesso di essere il baricentro simbolico della giornata. Chi ha più bisogno di
piazzarsi davanti al tg per sapere cos’è accaduto nel mondo? Non solo le informazioni ci raggiungono durante tutta la giornata: abbiamo addirittura cominciato a guardare video – di ogni genere – lontani dalla tv. Li guardiamo
sul computer in ufficio, sul telefonino (pardon, sullo smartphone), sul tablet. In qualsiasi momento.
Quella che è in corso – ci dicono gli esperti – è la personalizzazione del consumo. Chissà cosa penserebbe oggi Karl
Marx se potesse vedere con quale scientifica precisione il suo motto “a ciascuno secondo i propri bisogni” è stato
adattato alle esigenze di un intrattenimento che si fa sempre più onnipervasivo.
Mentre l’umanità si trasforma in una massa di intrattenuti che su Facebook e su Youtube si appassionano e si
commuovono fra gattini buffi, neonati dai dentini aguzzi e improbabili ballerini coreani, le televisioni – nel senso
di quelli che la tv la producono – cominciano a sudare freddo e a inventarsi un modo di correre ai rimedi, prima
che il pubblico li abbandoni.
Per adesso i vecchi modelli tengono ancora. Oggi siamo in una fase di passaggio: quelli che guardano la tv in modo
tradizionale, con orari fissi e palinsesti rigidi, sono ancora la maggioranza. Ma The Times They Are A-changin’. Molto, molto rapidamente. In alcuni paesi più che in altri, certo. In Italia il sistema radiotelevisivo, tuttora ancorato al
duopolio Rai-Mediaset, non è certo fra quelli che spingono di più sulla via del cambiamento. Diversa la situazione
in Svizzera, dove sempre più persone hanno una smart tv collegata a internet. Soprattutto fra i più giovani.
Tradotto in soldoni, questo significa che sempre più persone sono in grado di guardare un programma a prescindere dall’orario di diffusione. Ormai è questione di tempo: quando Swisscom e Cablecom inseriranno nei loro
pacchetti la cosiddetta tv connessa, tutto ciò che si trova su internet si potrà vedere anche sul televisore di casa.
E senza dover trafficare con cavetti, adattatori e scatolette varie.
Sarà interessante vedere in che direzione evolveranno, a quel punto, i gusti dei telespettatori. C’è chi dice che per
le tv tradizionali rischia di essere una catastrofe (e, infatti, dalla BBC in giù, tutte stanno cercando di capire come
reagire a una sfida che non possono permettersi di prendere sottogamba).
Al di là degli aspetti tecnologici, però, fin d’ora si può prevedere una ulteriore divisione del pubblico. Fra gli “attivi”
– quelli che i programmi e i contenuti che gli interessano se li vanno a cercare – magari su Netflix – senza farsi
influenzare più di tanto dall’“offerta”. E i “passivi”, per i quali guardare la tv in fondo non è tanto questione di
scegliere quanto quella di farsi intrattenere senza fare fatica: al massimo un po’ di zapping. E che probabilmente
continueranno a essere legati alle tv che hanno sempre guardato. È da questo, in fondo, che dipenderà se la
televisione come l’abbiamo sempre conosciuta (quella “lineare” legata a orari e palinsesti) sopravviverà, o cederà
il passo definitivamente a quella “non lineare” che ti permette di guardare tutto ciò che vuoi a qualsiasi ora e su
qualsiasi schermo. Affaire à suivre.
aprile 2015 La Rivista - 51
L’olandese Escher,
la moglie svizzera
e le suggestioni italiane
di Giuseppe Muscardini
S
i è conclusa il 22 febbraio scorso a
Roma una mostra antologica dedicata a Maurits Cornelis Escher (1898–
1972). Curata da Marco Bussagli e sostenuta
dalla Fondazione Escher con il patrocinio di
Roma Capitale, l’esposizione è stata inaugurata il 20 settembre 2014 presso il Chiostro
del Bramante per sottolineare le valenze figurative del geniale artista olandese. L’iniziativa culturale romana ci permette qui di posare la lente sugli influssi ricevuti da Escher
in Italia, che diedero all’artista l’opportunità
di inaugurare la stagione dei celebri studi
sulle illusioni prospettiche.
Le diverse interpretazioni della realtà di
Escher e le potenzialità della sua singolare
mente creativa, trenta anni fa fornirono lo
spunto a Douglas Richard Hofstadter (già
figlio del Premio Nobel per la Fisica Robert
Hofstadter) per studiare un possibile legame fra le discipline filosofiche, artistiche e
musicali. «Mi resi conto che Gödel, Escher e
Bach erano solo ombre proiettate in diverse
direzioni da una qualche solida essenza centrale. Ho solo tentato di ricostruire l’oggetto
centrale», chiarì all’epoca lo studioso. E qui
gli intrecci si sprecano, perché le influenze
di Rudolf Carnap su Kurt Gödel, così come
quelle di Nicholas Bruhns su Johann Sebastian Bach, sono state ampiamente indagate.
Se invece è all’artista che prestiamo attenzione, non si può pensare a Maurits Cornelis
Escher senza richiamare alla mente la figura
del suo connazionale Samuel Jesserum de
Mesquita, che indirizzò il promettente giovane alla grafica e alla pratica dell’incisione su
legno, conoscenze poi sviluppate dall’allievo in
modo tutto personale e con felici esiti intuitivi.
L’ampio catalogo di opere attribuite ad Escher
rivela una costante produzione di xilografie,
litografie, acquerelli, pitture murali e mezzetinte realizzate tra il 1920 e il 1969. La
frequentazione dell’ambiente artistico italiano, dapprima come occasionale turista e poi
come residente nella Capitale a far data dal
1922 (l’anno della Marcia su Roma), ne fece
52 - La Rivista aprile 2015
Autoritratto di Maurits Cornelis Escher, 1943 - Credits: © MC Escher Foundation.
un estimatore dei paesaggi meridionali e delle località più sperdute delle regioni centrali,
soggetti di molte litografie e xilografie di efficace impatto visivo. Fu a Ravello, durante una
delle sue escursioni al Sud, che in quegli stessi
anni conobbe Jetta Umiker, la giovane donna
svizzera a cui si unì in matrimonio nel 1924
e dalla quale ebbe due figli, George e Arthur.
Non fu coup de foudre, ma gradualmente si
sviluppò un vivo interesse dell’uno per l’altra, complice la comune passione per l’arte.
Entrambi pittori per diletto, i due giovani
avevano un’innata curiosità per i modi di raffigurare il reale. Inoltre, le vicende della giovane esistenza di Jetta, affascinò da subito
l’artista olandese: di padre svizzero e madre
italiana, all’epoca si trovava in vacanza a Ravello, ma viveva a Zurigo. A tre anni di vita si
era trasferita con la famiglia nella città russa
di Nakhabino, nel distretto di Mosca, dove
il padre aveva avviato una fiorente attività
commerciale. La Rivoluzione d’Ottobre del
1917 aveva travolto l’esistenza degli Umiker,
costretti a fuggire e ad affrontare i pericoli
di un avventuroso viaggio di ritorno a Zurigo,
percorrendo a piedi lunghi tratti di territorio
finlandese e svedese. Quando nel 1923 Jetta
conobbe Escher in Italia, tutto questo era ben
sedimentato nella sua memoria. L’amore tra i
due si consolidò con l’assenza, perché subito
dopo aver incontrato il giovane artista olandese, Jetta rientrò a Zurigo con la famiglia.
E a Zurigo Escher si recò il 28 agosto 1923
insieme al padre, alla madre e al fratello per il
fidanzamento ufficiale con Jetta.
La data è significativa, perché ci consente
di contestualizzare un particolare momento
della sua vita: superato il battesimo che lo
consacrò artista, rivolse attenzione ai sentimenti autentici progettando una serena vita
coniugale con la donna svizzera. Il 26 agosto
1923 si concluse a Siena la sua prima mostra personale d’arte intitolata Bianco e nero,
allestita nei locali espositivi del Circolo Artistico Senese, e nei giorni immediatamente
successivi si portò a Zurigo per incontrare
Jetta e la famiglia di lei. Il matrimonio fu poi
celebrato in Italia, a Viareggio, il 12 giugno
dell’anno successivo, alla presenza dei genitori degli sposi e di George e Nina, i rispettivi
fratelli di Maurits e Jetta.
Soffermarsi sulla rapida evoluzione di quell’amore, nato in seguito ad un fortuito incontro
nel cortile dell’Hotel Toro di Ravello, con la
splendida costiera amalfitana come sfondo,
aiuta di fatto a ricostruire un tassello biografico non accessorio dell’intera stagione creativa
di Escher. La dolce fisionomia della moglie è
ben delineata in una xilografia del 1925, dove
è raffigurata in atteggiamento meditativo, il
volto lievemente inclinato verso il fiore che
tiene con delicatezza nella mano destra.
Erano gli anni della residenza romana, del clima
stimolante e vagamente surreale impregnato
di quelle epidermiche sensazioni che sono utili
all’arte. Eppure Escher gradualmente avvertì
i segni del dissolvimento di una feconda fase
produttiva, minacciata dalle logiche asfittiche e
nazionaliste del regime di Mussolini. Decidendo
nel 1935 di lasciare l’Italia per trasferirsi con la
famiglia a Châteaux-d’Oex, nel Vaud, Escher
operò una scelta niente affatto istintiva, ben
sapendo che lo spostamento in Svizzera equivaleva ad abbandonare le ispiranti atmosfere
notturne di Roma che tanto lo attraevano e
che aveva saputo tradurre in splendide opere
di grafica, con le vedute su Santa Maria del Popolo, sul Colonnato di San Pietro e gli anfratti
labirintici del Colosseo. Ma, nel contempo,
aveva intuito che troppi cambiamenti di ordine
politico erano intervenuti ad inquinare (e non
ad esaltare) quel mondo di ombre e chiarori di
cui la sua arte si alimentava.
La frequentazione in Italia del pittore svizzero Robert Schiess, originario di Cham ma
al servizio della Guardia Svizzera Pontificia
negli anni romani di Escher, valse a far comprendere all’artista che una momentanea residenza nella Confederazione era auspicabile. Nel settembre 1935 lasciò pertanto Roma
con la famiglia e partì per Châteaux-d’Oex.
Anche nei suggestivi luoghi del Vaud fu raggiunto da potenti ispirazioni. Qui avviò una
nuova fase artistica in cui privilegiò lo studio
della percezione della realtà partendo dai fe-
Maurits Cornelis Escher, Occhio, 1946, mezzatinta, 139 x 86 mm,
Collezione privata M.C. Escher works © 2014 The M.C. Escher Company
nomeni ottici. La sovrapposizione ipnotica di
poliedri e forme uguali che negli spazi da riempire e negli interstizi generano altre forme
diverse o identiche, è la cifra estetica della
produzione di Escher dopo il 1935, come ci
ricorda anche un curioso aneddoto biografico. In una limpida giornata dell’immediato dopoguerra, si avventurò insieme ai figli
nelle montagne attorno a Verbier, nel Vallese,
per una camminata nei boschi. La bandiera
cantonale issata sul tetto di una delle case
di Verbier, richiamò alla mente di Escher una
precedente esperienza creativa: ai figli raccontò come i motivi presenti nel vessillo cantonale, “perfetto esempio di scambio di colori
tra stelle bianche e rosse”, avessero influenzato grandemente l’esecuzione della celebre
stampa intitolata Giorno e notte, realizzata
nel 1938 a Châteaux-d’Oex.
Colte da un sguardo sensibile come quello
dell’artista olandese, tali anticipazioni espressive talvolta disorientano chi si dispone davanti alle sue opere. Ma in fatto di smarrimento percettivo, è al notissimo Occhio di Escher
che dobbiamo fare riferimento concludendo
questo articolo. Un occhio all’interno del quale, avvicinandosi, si intravede l’immagine inquietante di un teschio. Un richiamo “filosofico” precisato con rassegnata naturalezza che
si incontra nell’opera grafica di Escher come
contrappeso alle immagini più gaie e spensierate dei paesaggi del Mezzogiorno, scenario di
una stagione edificante in cui l’estro si coniugò felicemente con l’amore per Jetta Umiker.
Agosto 1924. Jetta Umiker e Maurits Cornelis Escher due mesi dopo il matrimonio
aprile 2015 La Rivista - 53
31ma edizione del Festival du Film d’Amour di Mons
All’italiano De Matteo
Le Prix du Public de la ville de Mons
di Augusto Orsi
N
el Palmarès della 31ma edizione del
Festival du Film d’Amour di Mons figura anche I nostri ragazzi di Ivano de
Matteo per il Prix du public de la ville de mons.
Il cinema italiano ha segnato la sua partecipazione sia con i 9 validi lungometraggi del Panorama Italiano, sia con l’apprezzata presenza
di Carlo Verdone, ospite d’onore con i suoi tre
ultimi lungometraggi.
Il regista ha oggi alle spalle 40 anni di carriera e una carrellata di 25 film che hanno,
quasi tutti, riscosso successo di pubblico
e consenso dei critici. Nel pieno della sua
maturità si esprime cinematograficamente
dandoci film brillanti e comici di riflessione.
Posti in piedi in paradiso, Io, loro e Lara e
Sotto una buona stella, sono commedie
sociali, uno spaccato della società italiana d’oggi osservata e portata allo schermo
con partecipazione ed affetto, ma anche
con disincanto. In questo senso Carlo Verdone può essere considerato il regista italiano che meglio interpreta lo spirito dei
grandi autori della commedia all’italiana
da Fellini a De Sica, da Germi a Monicelli a
Scola, a Risi, a Comencini.
A Mons, nell’incontro con il pubblico, ha
tra l’altro affermato ”Come attore sono me
stesso”. A proposito della professione di regista ha detto : “Il nostro mestiere è essere
un pedinatore della realtà. Bisogna osservarla e sapersi stupire continuamente. Se
non conoscete il passato, non potete vivere
il presente e programmare il futuro”.
In I nostri ragazzi Ivano De Matteo continua l’esplorazione della famiglia italiana
d’oggi e lo fa con acutezza e sensibilità
partendo dalla libera adattazione di La
cena, provocatorio romanzo di Herman
Kock e della sua esperienza di genitore di
un figlio quasi adolescente. Michele e Beatrice (Benny) sono due tipici ragazzi d’oggi,
più a loro agio nel mondo dei videogame
che nella vita quotidiana. In parte estranei
dal mondo della scuola e completamente
da quello della famiglia vivono superficialmente e spensieratamente la loro non
54 - La Rivista aprile 2015
facile esistenza. I genitori, professionisti
stimati e impegnati nel loro lavoro, sono
rassegnati a queste situazioni, quasi estreme di ingovernabilità e hanno dimissionato dal loro ruolo educativo. Non sapendo
che pesci prendere si lasciano andare al
tran tran della vita.
Nella messa a fuoco della situazione del
rapporto tra padri e figli De Matteo riesce
con perizia, realismo e abilità documentaristica a darci un quadro veritiero e reale
di tante famiglie d’oggi in società borghesi ed agiate. Da una parte gli adolescenti,
dall’altra i genitori. Due nuclei di separati
in casa. Il clash avviene quando i due adolescenti, brillante, superficiale e alla moda
Benny, musone, timido ed introverso Michele, per irresponsabilità, si cacciano in
guai irreparabili provocando la morte di
una vagabonda. Nell’affrontare e gestire
il drammatico caso i dissapori e la vecchia ruggine, già esistenti tra i genitori dei
due adolescenti, (il padre di Michele e di
Benny sono fratelli), riaffiorano e si fanno
conflitto e non solo verbale. Nello scontro
dialettico tra gli adulti il film, passando
dalla commedia al dramma, ci dà tutto il
suo spessore narrativo e la sua forza visiva coinvolgendo la sensibilità e lo spirito
civico dello spettatore. Sul piano attoriale i protagonisti adulti sono credibili e di
rara forza espressiva e “portano veramente il film”. Giovanna Mezzogiorno, esperta
di storia dell’arte, è una madre moderna,
sensibile ed affettuosa che vive e sa far vivere allo spettatore il caso del suo Michele, che per lei è il dramma dell’onorabilità.
Barbora Bobulova, la raffinata matrigna di
Benny, vive con partecipazione ma pragmaticamente l’incidente. Luigi Lo Cascio,
chirurgo pediatra dal carattere gioioso e
comprensivo, padre di Michele, è il genitore che è stravolto in modo più emotivo
dal fatto. Alessandro Gassmann, padre di
Benny, nelle vesti di un avvocato affermato, corrucciato e non molto comunicativo
interpreta il suo ruolo alla perfezione. I due
adolescenti, anche per una scelta del regista, appaiono sfocati e non tanto convincenti anche perché non si sa se sono privi
di senso morale oppure non consapevoli
dalla gravità di quanto hanno fatto.
Carlo Verdone con Elio Di Rupo già primo ministro belga e fondatore del Festival du Film d’Amour di Mons
Sequenze
di Jean de la Mulière
Les
A Most
The Second
Combattants Violent Year Best Marigold
di Thomas Cailley
di J.C. Chandor
Hotel
di John Madden
Arnaud ha 17 anni. Dopo la morte del padre,
aiuta il fratello maggiore nella gestione della
piccola azienda a conduzione familiare che si
occupa della costruzione di tettoie da giardino. La sua estate sembra andare in questa
determinata direzione, tra il lavoro e le serate
di svago con gli amici di sempre.
Le cose cambiano quando Arnaud conosce Madeleine, coetanea tanto affascinante quanto
misteriosa, con il fisico scolpito e strambe idee
orientate verso apocalittiche idee di morte e distruzione. La ragazza sta per iscriversi a un corso
di preparazione militare: il suo obiettivo è diventare sempre più forte e preparata, per affrontare
al meglio le imminenti disgrazie che porteranno
al probabile collasso della razza umana.
Arnaud comprende di essere attratto da questa bizzarra creatura perennemente in guerra
con il mondo, anche se non ne comprende
fino in fondo i gesti e i pensieri; per restarle vicino, o forse inconsciamente per proteggerla,
si iscrive anche lui allo stage di 15 giorni con i
paracadutisti, un’esperienza formativa durante la quale all’improvviso i due si troveranno a
dover realmente lottare per la sopravvivenza,
da soli nella foresta, senza cibo né medicine.
Nel 2014 Les Combattants, L’opera d’esordio di
Thomas Cailley, classe 1980, è stato in assoluto
il film rivelazione dell’anno in Francia. Presentato alla Quinzane des Réalisateurs a Cannes
ha portato a casa svariati premi; è poi uscito
nelle sale transalpine a fine agosto ottenendo
l’applauso del pubblico e un quasi totale plebiscito da parte della critica francesi, ed è arrivato
a conquistare ben nove nominations ai César,
inclusa quella come miglior film.
A New York durante l’inverno del 1981, uno
degli anni statisticamente più violenti della
storia della città, l’intraprendente Abel Morales, proprietario di una compagnia distributrice di carburante, oltre a non essere ben
accetto dalla concorrenza, si ritrova a subire
i colpi di alcuni criminali che dirottano i suoi
autocarri per carpirne l’olio combustibile.
In questo quadro si inserisce anche l’inchiesta
in corso del procuratore Lawrence, determinato a stilare capi d’accusa sulla compagnia
per evasione fiscale, concorrenza sleale e altri
illeciti contabili, nonché l’intimidazione alla
famiglia, esercitata da un avventore che si
introduce furtivamente nella casa. La moglie
di Abele, Anna Morales, stanca di tutta questa tensione, esorta il marito a esercitare una
difesa armata dei suoi camionisti, ricorrendo
anche a autorizzazioni illegali, ma Abel non
cede, perché teme che un’iniziativa del genere
metterebbe a repentaglio la compagnia da un
punto di vista giudiziario.
Non a caso le cose si complicano quando il
giovano Julian, di fronte all’ennesimo tentativo di dirottamento, usa per difendersi una
pistola e fugge all’inseguimento della polizia.
Non a caso le cose si complicano quando il
giovano Julian, di fronte all’ennesimo tentativo di dirottamento, usa per difendersi una pistola e fugge all’inseguimento della polizia. Di
fronte a questi nuovi eventi, e una procura che
diventa sempre più pressante, anche la banca
decide di non eseguire il prestito già accordato
ad Abel per l’acquisto di un terminale per olio
combustibile. Ecco dunque che gli usurai sembrano diventare l’unica via d’uscita…
Sequel del precedente The Best Exotic Marigold
Hotel, è una commedia brillante che racconta le
vicende dell’hotel, tra l’imminente matrimonio di
Sonny e il suo sogno di ingrandire l’attività con
tutte le complicazioni del caso. Tra l’altro, nuovi
ospiti, interpretati da un cast di all-star incredibile, si avvicenderanno nelle stanze e i posti vacanti
sono pochi. Dulcis in fundo, la “minaccia” di un
matrimonio in stile indiano sembra far precipitare
la situazione nel caos finché una nuova soluzione
si presenterà inaspettata.
Ora che il Best Exotic Marigold Hotel è ben avviato e pieno di clienti che si trattengono per periodi prolungati, i due co-direttori Muriel Donnelly
(Maggie Smith) e Sonny Kapoor (Dev Patel) pensano di ingrandirsi, e hanno appena trovato il posto ideale per realizzare il secondo Marigold Hotel.
Dal canto loro, Evelyn e Douglas (Judi Dench e Bill
Nighy) si avventurano a Jaipur con un piano di lavoro in mente, chiedendosi a cosa porterà il loro
appuntamento fisso a colazione. Norman e Carol (Ronald Pickup e Diana Hardcastle) navigano
nelle acque vorticose di una relazione esclusiva,
mentre Madge (Celia Imrie) si destreggia tra due
corteggiatori entrambi molto allettanti,e Guy
Chambers (Richard Gere), arrivato da poco, trova
nella madre di Sonny, Mrs. Kapoor (Lillete Dubey),
una musa per il suo prossimo romanzo.
Il matrimonio con l’amore della sua vita Sunaina
(Tina Desai) è alle porte e Sonny si accorge che i
suoi progetti per il nuovo hotel gli rubano più tempo di quanto non ne abbia a disposizione. Forse l’unica ad avere le risposte è Muriel, che custodisce i
segreti di tutti. Con l’avvicinarsi del grande giorno la
famiglia, così come gli ospiti, si ritrovano risucchiati
dall’irresistibile ebrezza di un matrimonio indiano.
aprile 2015 La Rivista - 55
Intervista con Edoardo Bennato
“Fatalismo, vittimismo, assistenzialismo
è questo il male di Napoli”
Testo e foto: Salvatore Pinto
E
doardo Bennato, oramai settantenne, non è stanco di alzare la voce e di
puntare il dito verso il ceto politico.
La sua denuncia è rivolta anche alle masse
italiane, che “con la loro passività danno
legittimità ad una classe dirigente che non
fa altro che pensare al bene proprio; una
classe a cui non importa un bel niente l’interesse comune.”
Il cantante di Bagnoli-Napoli a marzo è
stato in Svizzera per una tournée che comprendeva sei tappe, tra cui il Volkshaus di
Zurigo, la Mühle Hunziken di Rubigen e il
Theater Palace di Bienne, dove La Rivista
ha avuto l’occasione di uno scambio di
battute con l’artista.
Una filosofia di vita che comprende anche Napoli. La tua città d’origine, dove tuttora vivi.
Nonostante l’età, non hai perso la
tua carica ribelle. Prossimamente
uscirà il tuo album Pronti A Salpare. In che direzione stai andando?
Quindi un confronto con la Svizzera non regge?
Vado sempre avanti! Il passato conta poco.
Soprattutto in questo ambito della musica
del rock, in cui mi muovo. È il futuro che ci
emoziona ed è quello che possiamo cambiare. Il passato non possiamo modificarlo.
Come tensione emotiva la musica rock riguarda il presente e l’immediato futuro. È
una filosofia di vita.
Per me è importante vivere a Napoli. Per
il mio tipo di musica che trae spunti dalle
tensioni sociali, Napoli è una scuola di vita
oltre ad essere la città più bella del mondo.
Un cittadino di Bienne, ad esempio, non
potrà mai fare quello che sto facendo io.
Qui tutto è più o meno perfetto. Ti dici,
“ma qui non succede niente!“ Invece Napoli è come una polveriera, e con lei un po’
tutta l’Italia. L’Italia è un paese particolare: da un lato bellissimo, dall’altro pieno
di tensioni e di stravolgimenti. Sembra che
non si possa governare questo paese.
Gli svizzeri non si limitano ad eleggere un
delegato, ma lo controllano. Il potere è in
mano alla gente comune. Invece per motivi
storici e geografici a Napoli prevale l’alibi: “vabbè, chilli ce vogliono tené accussi.“
Il potere è un comodo alibi che favorisce
una sorta di vittimismo. Secondo la gente
comune, al potere ci stanno tutti i delinquenti, mentre la povera gente invece deve
accettare ... Non è una novità, nel 1992
pubblicai il disco È asciuto pazzo o padrone sotto lo pseudonimo di Joe Sarnataro,
dove compare tra gli altri il brano A Gente
è Bona che parla proprio di questo.
Sento una certa rassegnazione
nella tua voce.
Fatalismo, vittimismo, assistenzialismo – è
questo il male di Napoli. Però chiaramente non tutti sono così. Ci vivono 200’000
persone con grandi doti e capacità, che
magari alla fine emigrano pure. Quanti napoletani stanno qui in Svizzera occupando
dei ruoli importanti? Nell’ingegneria, nella
tecnica, nella medicina e nella meccanica?
E non dimentichiamoci dei semplici operai che danno un importante contributo a
questo paese.
56 - La Rivista aprile 2015
Hai accennato il progetto Joe Sarnataro. Come mai nel 1992 hai
creato questo pseudonimo collegandolo al blues?
Lo pseudonimo è legato ad un film di Renzo Arbore. Racconta la storia di un giovane
ragazzo napoletano che per fare esperienza di blues va nella patria del blues,
l’America. Tornando in Italia scopre che i
suoi amici musicisti per sbarcare il lunario suonano ai matrimoni. Rimette insieme
la band e poi ha bisogno di testi. Scopre
che suo nonno ha dei testi in napoletano
… Insomma, l’album ripercorre l’intreccio
di questo film.
Attraverso il blues hai trovato un
mezzo perfetto per puntare il dito.
Ma anche con il rock. Entrambi mi servono
a evidenziare certi paradossi che sono davanti ai nostri occhi. Paradossi che spesso
non vogliamo vedere. Questo mio tipo di
musica invita a riflettere su certi meccanismi.
Il tuo centro di gravità rimane comunque il rock.
Io faccio rock proprio per puntare il dito.
Lo canto alla mia maniera e in italiano. Un
azzardo è vero e se non piace, si è liberi di
ascoltare un gruppo americano inglese più
bravo di me.
Notti Magiche con Gianna Nannini, invece, era tutt’altra cosa:
un inno mieloso. Gianna Nannini
in un’intervista per La Rivista ha
dichiarato di non essere stata entusiasta di fare una canzone per i
Mondiali di calcio. Avete avuto un
ripensamento?
(sorride) Soprattutto era Caterina Caselli,
la produttrice discografica, a insistere su
questo. Quando mi proposero di fare questa
cosa dissi “no, è una pazzia, non ci perdoneranno di fare una cosa così nazional-popolare.” Però Caselli, che tra l’altro era la
lavoro. Paradossalmente se chiedi alla gente
comune, ti risponderà che era una canzone
bellissima. Anche in questo caso sono gli
opinion leader a decidere se una canzone va
o meno. Sono come dei pastori. Ammettiamo che un pastore ha mille pecore e cinque
cani. Nel caso dovesse perdere i cinque cani,
rischia di perde l’intero gregge. È questo il
motivo per cui anche Gianna si è pentita di
aver fatto quella cosa. Ha perso il suo scettro
di eroina della musica rock europea.
Comunque sia, il brano ha riscontrato successo.
Sì, senz’altro. Nonostante questo successo, anch’io ho dovuto confrontarmi con i
critici. Qualche anno dopo i mondiali, un
intervistatore mi ha detto: “sai Edoardo,
non posso non dirtelo. Tu per noi eri un
mito, un’icona, un punto di riferimento. Ma
quando ti abbiamo visto sgambettare sul
campo dei mondiali con Gianna Nannini, è
crollato un mito.” Pensa un po’.
discografica amica di Gianna, ha insistito.
Io non lo volevo fare, insomma, perché conosco l’ambiente intellettuale della musica
rock in Italia, i giornalisti, i critici che se la
tirano, e via dicendo. Evidentemente anche
a lei quella cosa non ha entusiasmato tanto.
Non bisogna dimenticare che alla fine degli
anni Ottanta, Gianna era un’icona nel mondo del rock europeo. Facendo quella cosa, il
suo pubblico si è sentito come dire, tradito.
Avrà patito delle critiche.
Evidentemente! Comunque è stato il suo entourage ad insistere su questo. Innanzitutto,
ripeto, Caterina Caselli. Il clan era composto
da quest’ultima, da Nannini e Giorgio Moroder che ha composto il brano. Insomma: conoscendo l’ambiente, non volevo fare questo
Torniamo a Napoli: in che direzione sta andando la musica della tua città? Parliamo ad esempio
di Rocco Hunt e Clementino, due
rapper esordienti.
Sono tutti fortissimi. Anche Maurizio Capone
è un grande, che tra l’altro è mio amico.
È un bene che Napoli vada in
quella “nuova” direzione?
Sì. Napoli è un grande fermento, una vera
e propria scuola del rock. Poi ci sono anche
quelli che vivono un altro ambiente musicale, che non mi appartiene ma che ci sta
benissimo.
James Senese, intendi?
James Senese è il numero uno in assoluto
come sassofonista e come cantante. Nessu-
no può cantare come Senese e come Adriano
Celentano. Al livello musicale stimo Morgan,
che al momento è uno dei più forti in Italia.
Nel teatro dell’ex Nato a Napoli
nascerà l’Accademia Bennato per
laboratori di musica. Inviterai i
musicisti summenzionati a parteciparci?
Sicuramente li inviterò. l’Accademia avrà
come obiettivo di dare vitalità ai nuovi talenti e a quelli che al momento non
possono esprimersi. La discografia è ahimè
gestita da pochi personaggi che hanno in
mano le radio e il potere.
Quindi non sarai neanche tanto a
favore degli show dal tipo X-Factor.
Recentemente ho aiutato Piero Pelù all’interno di Voice Of Italy. Ci sono andato e ho
fatto quest’esperienza. Purtroppo in questo
momento è quella l’unica possibilità che
hanno i giovani di farsi notare ed emergere.
Prendo l’esempio di una ragazza di Palermo,
che suona una specie di arpa, o dello stesso
Rocco Hunt, di cui hai parlato prima, anche
lui uscito da lì. Diciamola così: se Rocco si
fosse presentato in una casa discografica,
sarebbe stato cacciato. I discografici non
capiscono niente. Rocco e Clementino sono
bravi, perché dietro i loro testi c’è tutto un
modo di pensare che ritengo giusto.
La loro è una forte critica contro
l’establishment.
E hanno ragione di farla. Anch’io ironizzo
su certe cose. In un mio pezzo parlo di Paperon De’ Paperoni, di Clarabella, di Paperino e Topolino. Sono personaggi provenienti
dai cartoni animati che però, a confronto
di certi personaggi reali, hanno più dignità.
Ha collaborato Luca D’Alessandro
aprile 2015 La Rivista - 57
Intervista a James Senese,
personaggio kult del jazz partenopeo
“Vivere a Napoli è come stare
nel triangolo delle Bermuda“
di Salvatore Pinto
G
aetano “James” Senese è un sassofonista e cantante di origine partenopea. È figlio di James Smith,
soldato statunitense afroamericano, e di
Anna Senese.
Esordisce negli anni sessanta con Vito Russo
e i 4 Conny, fondato dallo stesso Russo, i cui
componenti sono, oltre a Russo alla voce, al
pianoforte e alle chitarre e da Senese al sax,
da Mario Musella alla voce e al basso e da
Nicola Mormone alla chitarra e Ino Galluccio
alla batteria. Seguono poi diversi altri progetti importanti, tra l’altro la fondazione dei
gruppi Showmen e Napoli Centrale.
La gestione di quest’ultimo gruppo, di chiara impronta jazz-rock è tuttora importante
missione di Senese. In questo gruppo, tra l’altro, ha esordito Pino Daniele al basso, prima
di intraprendere la carriera da solista.
L’intervista che segue è un viaggio esclusivo
nei segreti della musica d’avanguardia firmata Senese.
James Senese è il sassofono, oppure
il sassofono è James Senese?
Beh, direi che è la stessa cosa. Insieme formiamo un’unità. Direi quasi che è James
58 - La Rivista aprile 2015
Senese a identificarsi attraverso il sassofono.
Ma senza Senese non ci sarebbe stato neanche il sax. (ride)
Musicalmente parlando, tu sei sempre alla ricerca di sonorità e accostamenti di stili per comporre i tuoi
brani. Pare che tu abbia un’anima
musicale irrequieta.
Non direi irrequieta ma creativa. Quando
uno stile di musica – come lo pratico io – è
all’avanguardia e tu stesso ti trovi avanti di
20 o 30 anni con le tue idee musicali, allora
vieni visto con una certa diffidenza, perché
la gente non capisce. La mia è una visione
personale di come vedo le cose e la società,
e quindi cerco con la musica di trasmettere
questa mia visione. Al primo impatto sembrerò strano e irrequieto – ma il motivo è
semplice: so quello che voglio!
Il tuo stile musicale è improntato
sul fusion jazz e rock. Eppure, c’è
un forte richiamo di arie popolari.
Come mai questa fusione di stili?
Quando nasci in una città come Napoli, è impossibile non essere attaccato a questa terra,
dove tutto può accadere nel bene e nel male.
Napoli è contaminata da tanti impulsi musicali che arrivano da fuori. Non dimentichiamo che ci troviamo a due passi dall’Africa,
dalla Grecia e dalla Spagna. È come stare nel
triangolo delle Bermuda. Napoli è una città
con un popolo aperto a tutto. Quindi quando
una cosa viene sentita, comincia a far parte
della nostra vita. Fare queste mescolanze o
fusioni di diversi stili di musica, per me è stata una cosa istintiva, sta nel mio DNA. Mettendo insieme Napoli, America e Africa, ho
fatto una fusione di culture. Poi le mie composizioni hanno dato forma alle mie radici.
Puoi essere definito un virtuoso del
tuo strumento, un progressista musicale. Ci sono dei musicisti a cui ti
sei accostato o ispirato nei tuoi inizi?
Dato che non sono così giovane – sono nato
nel 1945 – i primi suoni e sassofonisti che ho
ascoltato arrivavano dall`America negli anni
50. Te ne cito qualcuno: Charlie Parker, Gerry Mulligan, John Coltrane fino ad arrivare a
Miles Davis e i Weather Report. Questi ultimi
li amo talmente tanto da ascoltarli durante
la giornata per ore.
A proposito dell’America: ti definisci il figlio della guerra. C’è qualcosa
che ti unisce a questo continente?
Sì, tanto! Oltre alla musica, mio padre era
un militare di origine afro-americana sbarcato a Napoli ai tempi della guerra. Ha
conosciuto mia madre, poi sono nato io. A
quanto pare è stata una breve storia d’amore tra lui e mia madre. A dieci anni ho incominciato a confrontarmi con la mia pelle
scura. Ti assicuro che non è stata una cosa
bella da vivere. Sai, a scuola i ragazzi mi
facevano notare la differenza. Ormai è una
cosa passata, mi ci sono abituato. In quegli
anni eravamo quattro o cinque ragazzi di
pelle scura. Ecco perché mi vedo come figlio
della guerra.
In Italia hai fatto parte del famoso gruppo Showmen. Come mai vi
siete separati all’apice del successo?
La cosa è semplice. Il cantante leader, Mario
Musella, ha deciso di abbandonare il gruppo,
intraprendendo la strada da solista. Quindi,
non era possibile evitare la separazione, anche se la cosa ci è dispiaciuta. Probabilmente
il pubblico è rimasto un po’ disorientato.
Con gli Showmen avete segnato la
storia della musica a cavallo degli anni 1964-79. Che stile avete
adottato?
Il nostro era uno stile completamente diverso da quello praticato dagli altri musicisti.
Era una cosa che finora in Italia non era esistita. Nessuno ci provava. Abbiamo adattato
la canzone italiana agli arrangiamenti beat
e rhythm’n’blues, partecipando tra l’altro
anche al festival di Sanremo. Eravamo troppo bravi, e, forse ancora una volta, troppo
avanti nel tempo. Devo ammettere che non
ci siamo resi conto del nostro alto livello.
Se lo avessimo capito, forse oggi staremmo
ancora insieme.
cultura. Farò tutto il possibile per garantire
che Napoli Centrale continui a vivere anche
nel suo ricordo.
Con chi avresti voluto fare delle
collaborazioni musicali?
In America ho suonato con musicisti di spessore, ma ti devo dire che non è facile suonare con altri. Il mio genere di musica lo devo
praticare con persone con cui mi sento a mio
agio e che hanno gli stessi gusti musicali. In
Italia non penso che possa farlo con altri al di
fuori del mio supergruppo di cui fanno parte
Tullio de Piscopo, Toni Esposito, Joe Amoruso,
Rino Zurzolo e Franco del Prete. Con questa
formazione siamo ancora una volta l`unica
band in Italia nel suo genere. Di questo ne
vado fiero.
La seguente domanda probabilmente ti farà venire i brividi …
… ah sì? Fai sentire.
Perché James Senese non approda al
Festival di Sanremo? Anche solo in
veste di ospite alternativo e speciale, ad esempio. È per tuo rifiuto o
diffidenza?
No, no! Né lo rifiuto, né sono diffidente. Ho
un grandissimo rispetto e anche il Festival
ne ha di me. Il fatto è che io vivo in un’altra
dimensione musicale, quindi quando sento
parlare di Sanremo tendo a scappare da una
parte, anche se non sarebbe necessario. Hai
ragione, il Festival resta una vetrina importante per gli artisti. Mi rendo conto che devo
essere un po’ più aperto a quello che mi viene
offerto, anche se faccio molta attenzione su
dove andare. Allora a questo punto ti posso
anticipare che probabilmente l’anno prossimo sarò presente al Festival di Sanremo, se
questo ti fa piacere.
Farà sicuramente piacere a molti
lettori de La Rivista …
… che abbraccio di cuore. Vi ringrazio per il
vostro interesse al mio lavoro.
Quindi, ancora una volta ti sei rimboccato le maniche fondando Napoli Centrale, dove è comparso Pino
Daniele al basso.
E meno male che siamo ripartiti (ride). Con
Napoli Centrale stiamo facendo ancora cose
molto importanti e tra poco entrerò in Studio
per il nuovo album. Anche Napoli Centrale è
un gruppo all’avanguardia, e molti ci invidiano. Con Pino Daniele abbiamo avuto molto
successo e la sua prematura scomparsa ci ha
lasciato un vuoto incolmabile.
Chi era Pino Daniele per te?
Pe me è come se fosse scomparso un fratello
o un figlio. Pino Daniele era un grande autore. È riuscito a mettere su carta dei testi
davvero eccellenti. E poi è stato un grande
musicista. Ci lascia una bella eredità musicale che appartiene a Napoli e alla nostra
aprile 2015 La Rivista - 59
Stefano Bollani alla 40ma edizione
del Jazzfestival Bern
Il jazz è libertà
e improvvisazione
Testo e foto: Salvatore Pinto
E
quilibrio, spiritosità, flessibilità – sono
quelle le doti del pianista Stefano Bollani che il 16 marzo ha partecipato al
preludio della quarantesima edizione del Jazzfestival Bern, evento che si tiene ogni anno
in primavera.
La Rivista ha seguito i concerti di apertura di
questo festival di grande spessore, tenuti al Zentrum Paul Klee a Berna. I protagonisti: la coppia
Michel Camilo al pianoforte e Tomatito alla chitarra, e il duo Hamilton De Hollanda al mandolino e Stefano Bollani al pianoforte. In seguito
allo spettacolo, Stefano Bollani ci ha dedicato
qualche minuto per uno scambio di parole, dando una stoccata ad un suo famoso rivale.
Stefano Bollani, puoi essere definito
uno dei più noti pianisti del momento, come lo è tra l’altro anche
Giovanni Allevi, che – guarda caso
– proprio stasera sta dando un concerto a Zurigo* ...
... salta una domanda, per favore (ride).
Quella su Allevi?
Sì (ride più forte). Allevi non centra niente
con quello che faccio io.
Appunto: il tuo stile di musica è fortemente improvvisato. È un jazz teatrale.
Il jazz è una parola come tutte le altre, che
può essere usata e abusata. Io la intendo
come libertà e improvvisazione. Per me bastano questi due significati per definire il mio
lavoro. D’altronde, rappresentano due significati ampissimi, e quindi a me piace dire che
faccio jazz. Trovo che la storia di questa musica sia molto interessante.
Si può dire, che tu sei nato jazzista?
No, non sono nato jazzista. Da bambino
volevo addirittura fare il cantante pop. Ad
un certo punto mi sono entusiasmato per
il jazz degli anni cinquanta e per l’idea che
ogni sera potessi fare un concerto diverso. Questo privilegio ti spetta soltanto se
ti dedichi all’improvvisazione. La cosa più
bella nella musica è dipingere il quadro
in un determinato momento. È come fare
una foto.
Se due musicisti cominciano ad improvvisare, si pone la domanda di
chi sia il capo. Chi comanda tra te e
Hamilton De Hollanda?
Quando suono con qualcuno non amo essere
comandato. Tanto meno voglio comandare. Il
jazz ideale vive di proposte che si svelano nel
momento, sottoposte da musicisti in gamba.
Io ho avuto la fortuna d’incontrare solo musicisti favolosi – almeno fino adesso.
Con Hamilton De Hollanda, qui a
Berna hai avuto un interlocutore
straordinario.
Devo ammetterlo. E trovo che questo
festival sia molto caldo. La gente non si
stanca di ascoltarti. Quelli che prima avevano ascoltato il set di Michel Camilo e
Tomatito, erano di buon umore e volevano
sentire anche le nostre proposte. Una bella
esperienza.
Una bella esperienza l’hai fatta anche con Irene Grandi quest’anno al
Festival della Canzone.
Bollani e Hamilton De Hollanda
60 - La Rivista aprile 2015
Irene ci ha portato un pezzo che avevo suonato io. Ma io non ero lì con lei.
Stefano Bollani
Per un pianista come te, è interessante collaborare con un cantante pop?
Dipende sempre da quanto il cantante ha voglia di ascoltare il resto del mondo.
In che senso?
Se il cantante ha voglia di sentire quello che fa il pianista, e non solo di essere
accompagnato, io mi diverto molto. Ce ne
sono tanti con cui collaboro volentieri: Irene è una, ma ci sono anche Peppe Servillo,
Elio E Le Storie Tese, e Caetano Veloso del
Brasile. A me piacciono perché so che mi
stanno ascoltando.
Qui si parla di rispetto reciproco.
Non è rispetto, è più una sorta di narcismo
che uno sente in se stesso.
Ha collaborato Luca D’Alessandro
*Al momento dell’intervista non si sapeva che
il concerto di Zurigo sarebbe poi stato annullato per una leggera indisposizione di Giovanni Allevi (ndr)
Diapason
di Luca D’Alessandro
Jovanotti
2015 CC
Scollo
con
Cello
Tempo al Tempo
Indubbiamente, la nostra
epoca può essere considerata quella della riscoperta dei
suoni anni ottanta emessi
dai classici sintetizzatori
delle marche Roland e Korg.
Lo dimostrano il norvegese
Todd Terje, il tirolese Giorgio
Moroder (che in aprile dopo
una lunga mancanza dai
palcoscenici pubblicherà un
suo prossimo album) e altri
produttori favolosi, e lo dimostra anche Jovanotti, che in 2015 CC mette peso sull’elettronico, sui suoni forti e sintetici, restando comunque fedele a se stesso
e a quello che rappresentava da sempre. Jovanotti è sinonimo di
uno spirito di apertura verso il mondo e verso i vari stili musicali
che questo mondo gli propone. Insomma: Jovanotti è tutto, e quel
tutto lo dimostra in quest’album enorme di trenta titoli inediti,
anticipati dal singolo Sabato.
Etta Scollo, cantante catanese, si sente a suo agio in
vari generi musicali. Negli
anni passati ha affrontato
diversi stili, partendo dalla
musica pop, attraversando
il jazz ed il folk per arrivare alla lirica. Quest’ultima
pare essere principio-guida
nell’ultimo disco: un duetto tra Etta Scollo e Susanne
Paul al violoncello prodotto per la Jazzhaus Records
di Friburgo in Brisgovia. Oltre ad offrire un dibattito tra voce
e corde, nel presente progetto il duo si dedica alla ricerca del
tempo. “Il tempo è una sorta di terzo interlocutore”, spiegano le
protagoniste, “quindi, il nostro duo in verità è un trio.” Difatti,
l’intero corpus è un susseguirsi di elementi ritmici, che s’intrecciano e pongono accenti provocatori ai quali sia la cantante, sia
il violoncello devono cercare di rispondere in modo appropriato.
(Universal)
(Jazzhaus Records)
Fiorella Mannoia Marco Masini
Fiorella
(Sony)
Cronologia
(Sony)
È stato pubblicato in ottobre questo progetto
autobiografico della cantante romana. Fiorella
Mannoia si distingue nel
panorama musicale italiano per il suo timbro vocale
particolare, e si avvale di
uno dei più alti numeri
di riconoscimenti da parte del Club Tenco. Oltre a
raccogliere gran parte del
suo repertorio, su due cd
svela una serie di nuove registrazioni, qualche brano inedito
(Le Parole Perdute) e diversi brani cover di provenienza anni
sessanta. Comunque non è lecito parlare di banali cover: sono
invece duetti studiati con cantanti affermati, come Ligabue,
Pino Daniele, Tiziano Ferro, Laura Pausini, Renato Zero e Ivano Fossati. L’album può essere considerato un sopralluogo di
quarantasei anni di storia della musica italiana, esposta da
musicisti affermati.
Nell’oramai lontano 1990
Marco Masini esordì al
Festival della Canzone italiana con Disperato, brano
che fu un punto esclamativo di una generazione che
non voleva far altro che
dire basta. Basta alle bugie ed alla diffidenza, agli
intrighi ed alle ingiustizie.
Seguì tre anni dopo il non
plus ultra delle provocazioni: Vaffanculo. Quest’ultimo, T’Innamorerai e L’Uomo Volante sono i tre brani che tuttora danno un’identità inconfondibile a quest’artista, che con
il materiale raccolto e prodotto nel corso degli ultimi 25 anni è
in grado di riempire tre dischi. Cronologia s’intitola il giubileo
composto da trentasette brani noti e cinque inediti. Tra l’altro
contiene Che Giorno è, brano che Marco ha presentato al Festival di Sanremo, la cover Sarà per te di Francesco Nuti e la sigla
del manga Shaman King.
aprile 2015 La Rivista - 61
Turista per lavoro
I
l viaggio d’affari è quella particolare forma
di ‘turismo’ che si riferisce a viaggi di tipo
professionale. La gestione tecnica dei viaggi
d’affari è curata da agenzie specializzate con
personale qualificato, punto di riferimento
importante per le aziende e i loro dipendenti,
soprattutto per chi si sposta frequentemente
per lavoro. Il volume d’affari nel segmento
specifico è indicato in 3,5-4 miliardi di CHF
annui (fonte Business Travel Tip).
Tra le agenzie svizzere specializzate in questo
tipo di viaggi c’è la Kuoni, che può essere considerata tra i pionieri del settore. Ne abbiamo
parlato con Giovanni Kohler, responsabile
viaggi d’affari per Kuoni Ticino sin dal 1970.
Signor Kohler, quando un’azienda
si rivolge a un professionista per la
gestione dei propri viaggi d’affari?
Quando con un “One call” l’azienda vuole ricevere tutti i servizi necessari, dal volo, alla prenotazione dell’albergo, all’autonoleggio, alla
biglietteria ferroviaria, oltre che a tutte le disposizioni e formalità di
entrata nei vari paesi di destinazione.
Kuoni vuole essere
il miglior partner
per l’organizzazione dei viaggi
di lavoro. Noi garantiamo una consulenza professionale,
una
gamma completa di servizi, un’alta qualità
delle prestazioni e la massima discrezione.
A chi vi rivolgete?
Noi miriamo soprattutto alle PMI o Multinazionali con sede in Svizzera.
Cosa vi chiedono solitamente le
aziende?
In modo particolare di capire cosa è importante per ogni singolo viaggiatore e di trovare
soluzioni individuali e su misura. La garanzia
del “Best Buy” e importantissima, un’assistenza per le emergenze 7 giorni su 7 e 24 h su
24, cosa che noi offriamo con un nostro “call
center” dedicato. Inoltre, e sempre di più, visto le situazioni che si vengono a creare in
determinate zone del globo, sia ambientali
che politiche, anche un servizio di “tracking”
che permette all’azienda di conoscere l’esatta
posizione del proprio dipendente in qualsiasi
momento. (Security & Risk Manager)
Quali sono i vantaggi per il cliente?
Proprio il valore aggiunto che deriva dai servizi
sopraccitati. Inoltre, le aziende che si rivolgono a noi approfittano della lunga esperienza
e di una fitta rete internazionale di agenzie
presenti in ogni continente. Qualità, intransigenza per un servizio perfetto e personalizzato
che caratterizzano ogni aspetto del viaggio.
Vi occupate anche di organizzazione convegni, conferenze, seminari e
viaggi incentive, cosiddetti “MICE”?
Sì, i nostri specialisti saranno lieti di assistere
le aziende nella pianificazione e nell’organizzazione di eventi, congressi, meeting, assemblee e viaggi di gruppo in svizzera o all’estero.
La nostra lunga esperienza contribuisce a dare
a questi eventi un carattere fuori dal comune.
I punti miglia piuttosto che i vari
bonus “qualiflyer” legati al viaggio
vengono attribuiti in questo caso
all’azienda o ad personam?
Per la maggior parte vanno al dipendente e con-
62 - La Rivista aprile 2015
siderati come “Fringe Benefits”, anche se ci sono
eccezioni, oppure vengono utilizzati in “upgrading” per viaggi di lavoro. Parallelamente ai vari
programmi individuali ci sono anche programmi
di fidelizzazione, dove a beneficiarne è l’azienda.
L’evoluzione dei viaggi d’affari negli
ultimi anni e i vari trend, compresi
i vari portali web “fai da te?” in che
modo hanno inciso sul modo di prenotare viaggi – anche nel suo settore?
Molte innovazioni hanno segnato la storia
del viaggiare. La nostra grande esperienza, la
creatività e la passione per i dettagli ci rendono diversi. Oggi come in passato, considerate tutte le evoluzioni, il nostro obiettivo
è esaudire ogni desiderio dei nostri clienti e
rendere possibile l’impossibile.
Cosa è un “inplant” e quando conviene realizzarlo?
Un “inplant” è semplicemente un ufficio con
personale Kuoni insediato in un’azienda con
grossi volumi e che si occupa in modo esclusivo dei viaggi di quest’ultima. In Ticino siamo presenti con un “Business Travel Centre”
a Lugano e un “Inplant”. Altri BTC a Ginevra,
Losanna, Neuchâtel e Zurigo.
Nel tempo, immagino, si crea un
rapporto di fiducia con il singolo viaggiatore. Se ne conoscono le
abitudini, le preferenze alberghiere,
la selezione delle compagnie aeree,
e quindi il posto a sedere prescelto.
Certo, il valore aggiunto della collaborazione
con Kuoni, viene appunto dopo anni di reciproca collaborazione. Non da ultimo, grazie all’assegnazione di un “account manager” personale,
che conosce le preferenze e priorità del cliente.
Si rivolgono a voi anche per pianificare le loro vacanze?
Sì, ma essendo le esigenze per un viaggio “business” e quelle per un viaggio “Leisure” così
diverse, affidiamo la consulenza per le vacanze ai nostri colleghi delle filiali dedicate.
Una cartolina dalla…
Grande Barriera Corallina
di Claudia Spörndli
Fitzroy Island: dove la foresta pluviale incontra il Reef
La Grande Barriera
Corallina, situata lungo
la costa nord-orientale
dell’Australia è la barriera corallina più grande
del mondo. Consiste,
infatti, in oltre 2’900
barriere coralline separate, 300 isole coralline e centinaia di isole
tropicali. Si tratta della
destinazione d’eccellenza per gli amanti del
mondo sottomarino ed è
un vero paradiso per lo
snorkeling e le immersioni subacquee.
è una delle sette meraviglie naturali del
mondo e dal 1981 fa parte del patrimonio
naturale mondiale dell’Unesco.
L’affascinante mondo sottomarino
Una cartolina da Claudia dalla Grande Barriera Corallina
Il Reef si estende su una lunghezza di
2’300 chilometri dal punto più meridionale, la città di Bundaberg, fino al punto
più settentrionale, la punta di Cape York. È
situato tra i 15 e i 150 chilometri dalla costa australiana e in alcune parti raggiunge
una larghezza di 65 chilometri. Copre sorpendentemente una superficie di 350’000
km2, che corrisponde all’incirca alla super-
ficie riunita dell’Italia e della Svizzera. La
Gande Barriera Corallina è indubbiamente
uno degli ecosistemi più ricchi e diversificati del mondo ed è l’unico ecosistema
della terra visibile persino dallo spazio.
La maggior parte del Reef si trova all’interno del Great Barrier Reef Marine Park e
grazie a ciò gode di un particolare stato
di protezione. La Grande Barriera Corallina
Alcune delle specie marine più rare e
particolari sono di casa nella Grande
Barriera Corallina. Grazie alla straordinaria flora e fauna lì presenti, che non
hanno pari in nessun’altra parte del
mondo, è il più grande organismo vivente sulla terra. Il Reef è infatti un vero
paradiso per gli animali è anche l’habitat
di alcune specie a rischio di estinzione,
come i dugonghi e le tartarughe marine. In nessun’altra area del globo si trova una quantità così impressionante di
animali e coralli: 1’500 specie di pesci
tropicali (come ad esempio i pesci pagliaccio, diventati il simbolo della Gran-
aprile 2015 La Rivista - 63
de Barriera Corallina grazie al film Alla
ricerca di Nemo), oltre 400 coralli duri e
150 coralli molli, 3’000 tipi di molluschi,
100 specie di meduse, 6 delle 7 varietà
di tartarughe marine esistenti al mondo,
oltre 30 specie di balene e delfini, vongole giganti che possono vivere addirittura più di 120 anni, 17 specie di serpenti marini, numerose mante giganti, 330
specie di ascidie, molteplici echinodermi,
variegati microrganismi come alghe e
plancton e tante altre specie.
La formazione del Reef
Si presume che le barriere coralline originarie si svilupparono all’incirca 25 milioni di anni fa. L’attuale sistema corallino vivo, invece, si sviluppò solamente
tra i 6’000 e gli 8’000 anni fa (dopo l’ultima era glaciale) e si accumulò sopra i
coralli morti.
Le barriere coralline sono un organismo
molto complesso. Si formano grazie a
piccoli organismi viventi, denominati
polipi corallini, che assorbono i minerali dell’oceano e cercano di trasformarli
in piccole abitazioni calcaree. Quando i
polipi corallini muoiono, rimangono solamente le formazioni calcaree che, infatti, costituiscono la fondamenta della
barriera corallina, il cosiddetto corallo
duro. Anche alcuni tipi di alghe che vivono nelle cellule coralline contribuiscono alla costruzione del Reef e grazie alle
alghe, i coralli splendono in molteplici
colori vivaci. Le isole coralline, invece, si
formano quando sabbia e piccole pietre
si accumulano insieme a scheletri corallini, alghe e resti di altri microorganismi
e quando essi vengono spostati dal vento e dalle correnti del mare. Soltanto,
però, se l’ambiente è abbastanza stabile,
con il passar del tempo, si formano le
isole coralline.
Lo spettacolare mondo sottomarino del Reef
64 - La Rivista aprile 2015
Il Whitehaven Beach nelle Whitsundays
L’isola di Lady Musgrave nella parte meridionale del Reef
Le cinque zone del Reef
Vista la sua immensa superficie, la Grande
Barriera Corallina viene strategicamente
suddivisa in cinque zone diverse: il nord
selvaggio, la zona di Cairns, la zona di
Townsville, le Isole Whitsundays e la zona
meridionale. La parte più settentrionale del
Reef, denominata il nord selvaggio, finisce
nella punta di Cape York, che rappresenta
l’estremità più settentrionale dell’Australia. Si tratta di una vera e propria riserva
naturale marina incontaminata e remota.
È il posto ideale per la pesca sportiva e
per entrare in contatto con gli aborigeni
locali e scoprire la loro storia e cultura.
D’obbligo è immergersi nelle famose acque
di Cod Hole (uno delle migliori località per
immersioni subacquee) e scoprire i tesori
culturali nascosti delle Isole dello Stretto
di Torres (situate tra l’Australia e la Papua
Nuova Guinea).
La zona di Cairns è indubbiamente uno
delle highlights dell’Australia. Qui si incontrano addirittura due siti del patrimo-
nio naturale mondiale dell’Unesco: la foresta pluviale di Daintree, quella più grande
d’Australia, e la Grande Barriera Corallina.
Il mescolarsi tra la selvaggia foresta pluviale e l’immensa bellezza del Reef offre
esperienze indimenticabili. Assolutamente
da non perdere è una visita alle isole Green
Island e Fitzroy Island e un’escursione sub
oppure snorkeling nel Moore Reef.
La zona di Townsville è il sito per eccellenza delle navi affondate e delle isole
incontaminate. Il relitto della nave SS
Yongala, affondata 100 anni fa, è considerato uno dei siti migliori al mondo
per le immersioni subacquee grazie alle
sue dimensioni imponenti e l’incredibile
varietà di creature marine. Gli amanti
delle tartarughe, invece, dovrebbero visitare l’ospedale per tartarughe marine
nella cittadina di Townsville, specializzato nella riabilitazione degli animali
ammalati e feriti.
Nel cuore della Grande Barriera Corallina
si trovano le Isole Whitsundays, un insieme
di 74 isole dalle magnifiche acque turchesi
e dai fondali blu. La maggior parte delle
Whitsundays consiste in parchi nazionali, quindi non sono abitate e conservano
il loro stato naturale incontaminato. Le
Whitsundays sono un vero paradiso per gli
amanti della barca a vela e chi non soffre
di vertigini dovrebbe salire a bordo di un
elicottero per scoprire dall’alto la bellezza
della barriera corallina e il particolare Heart Reef, a forma di cuore.
La zona meridionale della Grande Bar-
I pesci pagliaccio: il simbolo del Reef
riera Corallina si estende tra la Capricorn Coast e la città di Bundaberg: ufficialmente il punto più meridionale del
Reef. Qui si trovano le famose isole Lady
Elliot e Lady Musgrave, particolarmente
adatte allo snorkeling e le immersioni
subacquee.
La Grande Barriera Corallina è indubbiamente un meraviglioso paradiso per gli
amanti del mondo sottomarino. È il luo-
go d’eccellenza dell’incontaminata flora
e fauna locale e sicuramente lascerà ogni
visitatore senza parole. Scoprire l’impressionante mondo sottomarino e nuotare
sopra i magnifici coralli del Reef insieme a
numerosi pesci è un’esperienza indimenticabile. Basta viverlo una volta per prenderci gusto e per volerci ritornare il più presto
possibile. In tal senso: arrivederci nella
Grande Barriera Corallina.
Una delle eleganti tartarughe marine
aprile 2015 La Rivista - 65
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A Zurigo il 20 Aprile
Benvenuto Brunello
P
er molti è una delle migliori annate di
sempre. Un’affermazione impegnativa
che è riferita all’annata 2010 di uno
dei vini tra i più attesi quest’anno.
A giudicare dalle anteprime americane e dai
commenti degli esperti di tutto il mondo, ci
sono buone ragioni per ritenere possa essere vero.
«Presentiamo un’annata che ha tutte le caratteristiche per entrare in quelle considerate memorabili –sostiene evidentemente
convinto il Presidente del Consorzio Fabrizio Bindocci. Saranno gli appassionati ed
il mercato a confermarcelo. I segnali in tal
senso sono tutti molto positivi. Ma quello
che più conta è che il sistema Montalcino
sta sviluppando la capacità di mantenere
standard di eccellenza sempre più elevati. Le
premesse per un 2010 di altissimo valore c’erano tutte ed abbiamo fatto in modo che si
concretizzassero. Vendiamo in tutto il mondo perché il Brunello è un vino unico, immediatamente riconoscibile. Ormai questo territorio ha raggiunto e può stare stabilmente
tra le migliori espressioni internazionali del
vino. Abbiamo portato il sangiovese ad una
qualità ed eleganza assolutamente incomparabili – continua Bindocci. Questo ormai
è il perimetro stabile in cui tutti i produttori
devono stare perché è su questo che ci confrontiamo. Ogni annata è un punto di riferimento da cui partire».
E i commenti arrivati nelle scorse settimana
da oltreoceano, nell’anteprima americana
di Benvenuto Brunello a New York e San
Francisco, dove oltre 1.600 tra wine master,
giornalisti, ristoratori, sommelier e importatori hanno assaggiato Brunello 2010 e Rosso 2013, non smentiscono le aspettative.
Per Dwight Casimere “thewinedoctor”, responsabile delle pagine food & wine del
Times Weekly, “il 2010 è un vino ‘food-friendly’ che esprime il gusto della regione da cui
proviene”, mentre per Joe Campanale, direttore esecutivo per il settore beverage del
prestigioso gruppo di ristoranti Epicurean,
“il Brunello 2010 avrà un’ampia finestra di
fruibilità, ottimo giovane ma con un’acidità
che lo renderà gradevole nel tempo”.
Per la giornalista e speaker, nonché Master
of Wine dal 2011, Christy Canterbury, “il
Brunello 2010 è straordinario. Conosco pochi vini invecchiati che sono già così pronti per essere gustati. Il frutto è morbido e
maturo, i tannini sono già pronti”. Per Ryan
Smith, dell’Enoteca La Storia (California) “il
2010 è un’annata fantastica per i consumatori americani e probabilmente la migliore
in assoluto per quelli californiani. La caratteristica più importante di questa annata è
la maturità dell’uva, che in vendemmia era
già perfettamente pronta”.
Provare per credere. Un‘occasione unica per
verificare in prima persona la offre la Camera di Commercio italiana per la Svizzera che
il prossimo 20 aprile a Zurigo (Zunfthaus
zur Safran) organizza una degustazione del
celebre vino toscano.
In rapido elenco questi i produttori presenti:
BELPOGGIO, Castelnuovo dell‘Abate (Siena),
BOTTEGA, Montalcino (Siena),
CAPARZO, Montalcino (Siena),
CASTELGIOCONDO, Montalcino (Siena),
CERBAIA, Montalcino (Siena),
COLLEMATTONI, Sant‘angelo in Colle (Siena),
IL GRAPPOLO - FORTIUS, Sant‘angelo in
Colle (Siena),
IL POGGIOLO, Montalcino (Siena),
IL POGGIONE, Sant‘angelo in Colle (Siena),
LA MANNELLA, Montalcino (Siena),
PARADISONE - Colle degli Angeli, Montalcino
(Siena),
POGGIO - IL CASTELLARE, Castelnuovo
dell‘Abate (Siena),
RIDOLFI, Montalcino (Siena),
SASSETTI LIVIO – PERTIMALI, Montalcino
(Siena)
aprile 2015 La Rivista - 67
La Mémoire des Vins Suisses
a Zurigo
a cura di Rocco Lettieri
L
a “Mémoire des Vins Suisses”, riconosciuta Associazione d’élite di produttori
di vini svizzeri, oltre che di giornalisti
ed esperti del mondo del vino, apre una volta
l’anno il suo scrigno di inestimabili tesori conservati in cantine climatizzate. L’Associazione
vanta una collezione completa di 56 vini di
qualità provenienti da tutta la Svizzera, composta da annate risalenti a più di dieci anni,
di qualche vendemmia di vini già esauriti. Lo
scopo di queste eccezionali degustazioni sta
nel fare riposare in luoghi adatti per condizioni climatici e per silenziosi invecchiamenti
i vini per poter poi scoprire così la potenzialità e la nobiltà di tenuta nel tempo di questi
generosi grandi prodotti delle uve (moltissime
autoctone) di vigne svizzere. Quest’anno, dopo
Losanna, è stata scelta la città di Zurigo come
luogo di incontro e per visite ai produttori nelle regioni confinanti. A noi giornalisti, nella
prima giornata è stata offerto una visita alla
Weingut zum Sternen di Andreas & Manuel
Maier di Würenlingen, anche proprietari del
vivaio di barbatelle Rebschulen Meier.
La nascita del vivaio Meier risale al 1921. Con
grande impegno personale Albert Meier ha
contribuito al successo dell’innesto delle viti.
Grazie ad una tecnica di innesto coscienziosa
e attenta nella selezione dei migliori cloni è
riuscito a ottenere rapidamente piante innestate di buona vigoria e sanità. Il vivaio, nel
giro di due generazioni, ha sviluppato una
società conosciuta a livello nazionale che si è
rapidamente espansa. Oggi l’alto livello generale della viticoltura svizzera si basa in larga
misura sulla meticolosa selezione e sul miglioramento clonale. La sua collezione arriva
a circa 220 varietà. Andreas Meier, 53 anni, è
anche un produttore di vino, da uve coltivate
su un’estensione di 12 ettari. Poi ha una terza
attività che lo porta vinificare i vini di dodici
produttori di vino che vengono venduti con
il marchio Besserstein. Dal vivaio siamo passati alla cantina di Andreas Meier nella Villa
Lang, dove si è anche tenuta una degustazione libera al bicchiere di ben 14 specialità
della casa. Eccezionali i vini: Höll, Pinot Noir,
Würenlingen 2013; Kloster Sion, Pinot Noir,
Klingnau 2013, e il Kloster Sion Réserve, Pinot
Noir, Klingnau 2011. A fine degustazione si è
cenato presso l’Hotel Restaurant zum Sternen.
Ha chiuso la serata un vino da dessert favoloso: Würenlingen Nives 2012.
Sulla sponda destra del Reno
Nella seconda giornata visita alla Weibau Urs
68 - La Rivista aprile 2015
Pircher che ha vigneti sulla sponda destra del
Reno, nel pittoresco paesino di Eglisau, situato tra Bülach e Schiaffusa. Una zona che per
secoli ha fatto parte del paesaggio dominato
da vigneti che si inerpicano sui ripidi pendii
meridionali del fiume Reno. La gestione non
consente lavorazioni meccanizzate e pertanto si punta solo a produrre uve di altissima
qualità. L’azienda produce i seguenti vini
bianchi: Räuschling, vino di lunga tradizione
in questi luoghi, da godere per freschezza e
acidità; Riesling x Sylvaner (Müller-Thurgau),
vino fine, elegante, fruttato con sottili sentori di erbe aromatiche e spezie (anice); Pinot
Gris, vino impegnativo, di frutta verde e gialla, con sentori agrumati, dal gusto rotondo
e di bella potenza e il Gewürztraminer, dal
naso potente di rosa, che con il suo bouquet
unico è uno dei vini bianchi più interessanti
di questi posti. Apprezzato per tanti abbinamenti, va bene anche con piatti con curry
e zafferano e piatti “Sweet and Sour”. A noi
sono stati dati in degustazione: Räuschling,
Pinot Gris e Gewürztraminer nelle tre annate
2013, 2012 e 2011. Tre belle espressioni di
vendemmie per conoscere la potenzialità di
questi bianchi di grande freschezza, acidità
e spessore. I vini rossi aziendali sono di uve
Pinot Noir (in quattro versioni).
Il nostro viaggio è proseguito su un battello della “Rhenania” che ci ha fatti scivolare
sul fiume da Eglisau sino a Rheinau. Pranzo
tipico a bordo con degustazione di altri due
vini di Urs Pircher. Ad accoglierci i responsabili della Staatskellerei Zürich con un Brut
mousseux: Ètat brut Methode Traditionnelle.
Visita al favoloso complesso Klosterkirche
Rheinau (aperto eccezionalmente per noi del
gruppo Le Memoire, ma chiuso ancora per un
po’ di tempo per lavori di restauro). Ha fatto
seguito nella immensa cantina della cittadina, una degustazione libera del vasto assortimento della cantina ospitante e a seguire
vini provenienti da cantine di diversi cantoni.
Per i vini della Casa eccezionali i bianchi: Solaris 2013 Bio Demeter, Pankraz Blanc Noble
2013, Akkurat Weiss 2013. Per i rossi: Pinot
Nero Tete du Cru 2009 (in vendita a 75 FRS),
Ěo Noir 2012 (Gamaret 75% e Merlot 25%),
il Gamaret Prestige Barrique 2011 e il Pankraz Pinot Noir Prestige Barrique 2011.
Risaliti sul bus, andati in visita alla Weingut
Baumann di Beatrice e Ruedi a Oberhallau.
Una modesta e piccola cantina, completa di
tutte le attrezzature, pulita, ordinata, razionale negli spazi. Ci è stata proposta una degustazione di 9 vini che nel complesso non sfigura-
vano affatto sia nei bianchi che nei prestigiosi
Pinot Noir. Quindi la cena al Bad Osterfingen
di Michael Meyer, ristoratore e produttore.
Una bell’accoglienza nell’antica cantina tipica
a volta con quiques alla cipolla (gustosissime)
e salame, con un ottimo Pinot Bianco 2013
di produzione Meyer. Poi una deliziosa cena
di 4 portate ci è stata servita in un ambiente di grande fascino con personale gentile e
professionale. In abbinamento due bianchi:
Zwaa Weiss 2004 e 2013 (Chardonnay e Pinot
bianco) prodotto con le uve di Ruedi Baumann
e di Michael Meyer due rossi da Pinot Nero (in
magnum), Zwaa rot 2004 e 2012 prodotti ancora dal duo Baumann/Meyer.Il 2004 anche a
sentire i commenti degli stessi produttori e di
qualche giornalista presente non aveva rivali. Un vino completo, pronto da bersi, ma che
può ancora stare tranquillamente in cantina
per qualche anno.
Pinot nero di qualità superiore alla
media
Terza giornata de La Memoire. Giornata
bellissima, piena di sole e di una luminosità incredibile. Il nostro primo incontro ad
Ottenberg, in visita alla famosa proprietà
di Schlossgut Bachtobel, sino al 2008 felicemente gestita con grandi conoscenze
vitivinicole da Hans Ulrich Kesselring, produttore e vinificatore indimenticabile. Dal
1784 di proprietà della famiglia, il dominio
Bachtobel è un unico insieme di alto valore
composto da edifici storici, boschi, vigneti e
prati. Otto generazioni, stesso obiettivo: la
qualità. Ora a portare avanti l’azienda c’è il
giovane Johannes Meier, con la collaborazione di quattro valenti personaggi che hanno
sposato la filosofia e la conduzione aziendale
dello scomparso Kesselring. Ines Rebentrost,
responsabile della produzione ed enologa,
gli agronomi Fazli Llolluni e Philipp Gfeller e
Lukas Gerber, in qualità di project manager.
A noi giornalisti e produttori in visita è stata
data l’opportunità di vedere la Casa Museo,
la cantina/barricaia, il reparto di imbottigliamento e il locale storico dove si trovano
due monumentali presse in legno. In seguito
è stata offerta una degustazione libera alla
presenza dei 4 produttori della collina di Ottenberg. Tutti vini di uve Pinot Nero di qua-
aprile 2015 La Rivista - 69
lità superiore alla media, tra quelli degustati
sin ad oggi nel giro de La Memoire. Questi
i produttori: Michael Burkhart, Schlossgut
Bachtobel, Martin Wolfer e Michael Broger.
In seguito siamo andati a Weinfelden per
pranzo tipico, nel locale davvero ancora più tipico, con bella cantina a vista nel sotterraneo,
il Winzerkeller Felsenburg, dove ai piatti sono
stati abbinati altri quattro vini dei quattro
produttori che hanno pranzato con noi. Nel
tardi pomeriggio degustazione libera nel locale prestigioso Wirtschaft Neumarkt di René
Zimmermann nella Zurigo vecchia. 7 Chasselas, 18 vini bianchi, 14 vini rossi di uve Gamay
e Pinot Noir, 15 vini rossi “spezialitäten” e 2
vini da dessert. Dopo una giornata abbastanza
impegnativa per gli spostamenti e per i numerosi assaggi. Non poteva mancare una rilassante e “gustosa” cena in uno dei templi della
ristorazione zurighese, il Grand Hotel Carlton
seguiti in sala dal bravissimo Markus Segmüller. In abbinamento altri sette vini e finalmente
anche un ottimo caffè all’italiana.
Una degustazione tra le più importanti mai tenute in Svizzera
Il nostro collaboratore Rocco Lettieri fra i vigneti sulla sponda destra del Reno
Anche la quarta giornata de La Memoire si
è aperta bellissima e soleggiata già dal mattino. Partenza in battello per Halbisel AU.
Mezz’ora di belle visioni di Zurigo con i suoi
vigneti che si distendono sino a Meilen. Conferenza di Jürg Gafner e dei suoi collaboratori
dell’Agroscope Changins-Wädenswill ACW:
dott.ssa Sonia Petignat-Keller e dott. Martin
Heiri, sull’importanza dei lieviti indigeni nella
vinificazione e nell’elaborazione di distillati
di frutta. Questo il titolo dell’incontro: “Einfluss der Hefen auf die Spirituosenaromatik”.
Per saperne di più: www.swiss-wineyeast.ch.
Alla fine del convegno è seguito un pranzo con
abbinamento di 3 vini dell’azienda Schwarzenbach Weinbau di Meilen, meta della nostra
prossima tappa. Infatti, alle 15.00, bicchieri
alla mano abbiamo fatto una degustazione tra
le più importanti mai tenute in Svizzera. Vitigno in osservazione, il Räuschling, un grande
vino svizzero sconosciuto in Europa e ancor
più nel mondo. Il Räuschling è un vitigno autoctono tedesco della regione Landau (Rheinland-Pfalz) selezionato per la prima volta nel
1546 dal famoso botanico Kreutterbuch Hieronymus Bock. Nel Medioevo questo vitigno
era anche diffuso nel Württemberg, in Alsazia
e nella Svizzera settentrionale. Il Räuschling è
elencato nel 1759 in una descrizione di Michael Sorg, che lo chiama “Zürirebe” (uva di
Zurigo), storicamente scambiato con il Completer. La sua etimologia potrebbe derivare dal
verbo Rauschen, riferendosi al rumore che fa
il vento tra il fogliame. Test effettuati hanno permesso di stabilire che la paternità del
Räuschling è un incrocio naturale tra Gouais
e Savagnin.
La Schwarzenbach Weinbau è uno dei più
grandi produttori di vino della zona, con 8 ettari di vigneti a pochi chilometri dalla città di
Zurigo. Coltivano 12 diverse varietà di uve, da
cui ricavano ogni anno circa 25 vini curati con
passione e professionalità. La cantina è ben
nota per i suoi eccezionali vini Räuschling, gli
onesti Müller-Thurgau (qui chiamato Riesling
x Sylvaner) e per l’elegante finezza dei Pinot
Noir. La degustazione prevedeva una verticale
di Räuschling dal 1935 al 2013 (20 annate);
degustazione di “R3 “ Räuschling AOC Zurichsee (6 annate) e Meilener Räuschling Spätlese
Leicht Restsuss (7 annate) più 3 Meilener Pinot Noir Sélection Pinot. Ci vorrebbero decine
di pagine per raccontare le emozioni. La giornata è terminata con una cena di gala presso
il Garden Restaurant, due stelle Michelin, del
The Dolder Grand con piatti di quattro regioni
(Vallese, Vodese, Ticino e Svizzera tedesca) e
i formaggi “Drei Seen Region” (Tête de moine, Fribouger Vacherin e la Brévine con noci
e cipolle). In chiusura una quark torte con
sorbetto di rabarbaro. I vini davvero strepitosi
venivano serviti a due alla volta.
La giornata ultima de La Memoire è si è svolta nel grande salone “pantheon” del Dolder
Grand. 56 i produttori presenti ed ognuno
con un minimo di tre vini e di diverse annate. Molte le persone ospiti paganti che hanno
affollato già dalle 11 del mattino la grande
sala. Molto professionale il servizio e il cambio
dei bicchieri. Impossibile fare appunti perché
mancava lo spazio per appoggiarsi a scrivere.
Un’altra bella giornata di sole che ha chiuso
magnificamente questa edizione de La Mémoire des Vins Suisses 2015. L’edizione 2016 si
terrà a Ginevra, stesso mese. Nel frattempo il
7 Marzo è stato nominato il nuovo presidente
dell’Associazione. Lui è Thierry Grosjean de la
Caves du Château d’Auvernier di Auvernier.
Auguri di buon lavoro. Un plauso agli organizzatori Susanne Scholl e Andreas Keller.
Informazioni su la “Mémoire”: www.mdvs.ch
70 - La Rivista aprile 2015
Convivio
di Domenico Cosentino
Ritorno al passato
La voglia di territorio
e dei sapori perduti
Grano, frutti, cicerchia, ma anche carni. Dimenticati
perché poco moderni, dismessi dopo averli avuti a
tavola troppo a lungo durante i tempi faticosi e di
fame; accantonati anche per dare più spazio ai prodotti industriali e, ormai precotti, gli alimenti d’antan si riaffacciano negli scaffali e nelle dispense,
tra memorie gustative e nuovi sapori sorprendenti.
Sono razze e varietà che la primavera glorifica, tra
nascite e semine, in un turbillon di chicchi, infiorescenze, grani, frutti, ma anche pulcini, lattanti
quattrozampe e formaggi a dir poco inconsueti.
Arrivano da un passato remoto, retrocessi da indispensabili a inutili, o comunque facilmente sostituibili, perché lenti nell’accrescimento e ribelli all’alimentazione forzata, allergici ai pesticidi e bisognosi
di sole vero, in una parola poco produttivi. Eppure
i sapori sono magnifici, la resistenza a malattie e
parassiti alta (a patto di allevarli e coltivarli in modi
salubri e biologici), l’impatto ambientale ridotto. La
rinascita ha la faccia dei nuovi contadini.
Di loro e dei loro prodotti Slow, si è parlato per
tre giorni a Milano, in un dibattito-convegno Oltre
l’Expo. Alleanze per nutrire il pianeta, organizzato dall’Associazione per l’agricoltura biodinamica
all’Università Bocconi.
C’è un tempo per seminare e uno
che…
Riscoprire vecchie ricette e antiche produzioni, questa sembra pian
piano essere diventata l’attività di tendenza di questi ultimi tempi.
Sempre più emergono studi o ricettari che riportano in auge prepa-
Farina di mais sponcio e integrale
razioni ormai scomparse, con materie prime e prodotti minacciati
dall’ attuale sistema alimentare.
Messa così, potrebbe sembrare che la riscoperta del past food, termine usato nei salotti bene sia una sorta di esercizio di archeologia
alimentare fine a se stresso,qualco a metà fra un frizzo e un hobby.
Ebbene, non è così. O almeno non è così per molti giovani presenti, intervenuti al dibattito tenutosi a Milano. Quasi tutti, parafrasando una vecchia canzone di Ivano Fossati, hanno sottolineato il
fatto che “c’è un tempo per seminare e uno che hai voglia di aspettare…”. E che riscoprire razze animali, specie di frutta, di verdura,
varietà di cereali, ricette tradizionali e antichi modi di conservare
il cibo è fondamentale per rendere più ricco e sicuro i mondo. La
biodiversità è patrimonio che ci è stato dato in dotazione e ciò che
ci ha reso quello che siamo e permetterà ai nostri figli di vivere
ancora a lungo su questo pianeta.
aprile 2015 La Rivista - 71
Gli Urban farmers
Al convegno meneghino, hanno presentato progetti per un’agricoltura dai ritmi più lenti e rispettosi della natura, ritrovata per merito di
una diversa coscienza ecologica, ma anche come reazione agli avvenimenti della crisi economica che sta impercettibilmente spostando
gli equilibri lavorativi tra campagna e città. Trentenni disoccupati, mai
occupati o soltanto insoddisfatti, diplomati e laureati, prepensionati in
cerca di una nuova dimensione quotidiana e neo genitori dubbiosi sulla qualità dell’alimentazione dei loro bimbi formano la pattuglia degli “urban farmers”, i contadini ( ex) cittadini, come li chiamano negli
Stati Uniti d’America. Ed eccoli, allora, questi giovani, uomini e donne
capaci di lasciarsi alle spalle gli affitti impossibili e la precarietà delle
metropoli per ritrovare se stessi altrove scegliendosi varietà antiche e
rustiche da crescere in modo naturale.
Dal Mulino di Cassano Belbo al
Riso Rosa Marchetti
Nasce così il Mulino di Cassano Belbo, dove sui colli dell’Alta Langa, si
semina l’Enkir, grano antichissimo naturalmente resistenti a parassiti e
infestanti. O quello di Villa Bruna, dove sotto le Dolomiti si coltiva e macina il Mais Sponcio, l’Orzo Agordino e il Mais Bianco Perla. Ma anche la
Sagra dei frutti dimenticati, che si svolge, in primavera, ogni anno a Casola Valsenio, Ravenna, dove si possono assaggiare e comprare varietà
di pesche salvate dall’estinzione. Oppure la Vacca Pezzata Rossa friulana, che produce latte eccellente da cui viene il Latteria, alla base del
formaggio frico. E poi l’allevamento del Tacchino Ermellinato di Rovigo,
che vive bene anche in montagna e ha carni sode e saporite, ottimo da
fare al forno. E ancora il pollo di razza Ancona, che ha piumaggio nero
macchiata di bianco, ottimo cotto allo spiedo; la Capra Cilentana, nera
sui pascoli montani e grigia in pianura, dal cui latte si ottengono magnifiche caciotte. Infine il Suino Nero: quello Romagnolo, dei Nebrodi, del
Pollino e la Cinta Senese. E come se non bastasse, Il grano miracolo, fusto alto e spiga verde che i Siciliani usano per “La Cuccia di Santa Lucia”,
una zuppa salata, ma esiste anche una variate dolce. E non mancano il
fagiolo nano, piccolo bianco, ottimo per una super zuppa e il Riso Rosa
Marchetti, dai chicchi scuri, piccoli e ottimo per i timballi.
Presidio Tre risi: Bianco, rosso e nero
vano e rischiano di scomparire. Ma forse ha ragione il giovane cuoco
siciliano, Pino Cuttaia, Patron del Ristorante la Madia a Licata di Agrigento, presente anche lui al Dibattito-Convegno di Milano. Nel Presentare la sua “Cuccia di Santa Lucia”, uno dei suoi piatti preferiti, fra tutti
quelli creati, che affondano le radici in una terra sana, ricca di prodotti
(ortaggi, frutta, verdura, pesce, Olio d’oliva) che hanno sapori profondi,
ha dichiarato: “Non si tratta di essere parassiti, romantici o nostalgici,
né di tornare ai bei tempi andati (ammesso che ci siano mai stati), ma di
guardare al futuro cercando di non precludere alcuna possibilità di nutrire con piacere me stesso, i miei clienti, la mia famiglia.
L’Arca del Gusto e Presidi Slow Food
Oggi, voluti da Carlo Petrini, fondatore dello Slow Food, su questa scorta,
ma anche su Piatti della Memoria, dimenticati come la già ciatata Cuccia di Santa Lucia o la Cassouela milanese, sono nati i progetti dell’Arca
del Gusto e i Presidi Slow Food, che hanno funzionato e funzionano per
ridare slancio e redditività a economie minori, proprio partendo dalla
coltivazione di prodotti e dall’allevamento di razze animali che rischia-
Vialone nano in barattolo
72 - La Rivista aprile 2015
Ciliege dei colli asolani sotto grappa di Caorera
La Ricetta
LA GASTRONOMIA ITALIANA IN SVIZZERA
Viva la cucina italiana!
Da noi vi offriamo le vere specialità italiane. Lasciatevi incantare
dal nostro ambiente mediterraneo, dalle nostre eccellenti pizze
con il marchio « vera pizza napoletana DOC », dalle tipiche pietanze
a base di carne o di pesce, nonché dalla nostra prelibata pasta
fresca e dai succulenti dolci. Il tutto accompagnato da una vasta
selezione di vini provenienti da tutte le regioni d’Italia.
Buon appetito!
I nostri 18 ristoranti pizzerie in Svizzera vi accolgono
7 giorni su 7, 365 giorni all’anno. Inoltre, offriamo a tutti
i membri su presentazione della tessera della Camera di
Commercio Italiana per la Svizzera uno sconto del
10% su tutte le consumazioni!
La Cuccia di Santa Lucia
(salata)
Di questa antichissima ricetta (ormai quasi scomparsa) si racconta in
una leggenda che narra che tanti secoli fa in Sicilia ci fu una grande
carestia e la gente moriva di fame. Con l’aiuto del prete si fecero voti
e preghiere al Divino per chiedere aiuto. Era proprio il giorno di Santa
Lucia, 13 di dicembre. Quel giorno una nave carica di grano arrivò a
Palermo. Distribuito fra la gente fu cucinato così intero. Ne nacque
una zuppa, che sfamò la gente. Da allora, il 13 di dicembre, in onore
alla Santa, non si cucina pasta né si mangia pane. Si cuccìa, dal verbo
cucciare, cuocere cose piccole, chicchi.
Ingredienti per 4 persone:
200 g di frumento,
80 g di ceci,
2 foglie di alloro,
4 cucchiai di olio extravergine d’oliva,
Sale e pepe nero.
Come la preparano:
Lasciano i ceci e il grano a bagnare in acqua fredda per 12 ore. Trascorso questo tempo, risciacquano il tutto e mettono a cuocere con
la foglia di alloro a fuoco lento in abbondante acqua salata per 2 ore.
Trasferiscono la cuccia in una terrina piuttosto capiente: condiscono
con l’olio d’oliva, un pizzico di sale e una manciata di pepe nero.
Di questa ricetta esiste anche una versione dolce!
Il vino:
bianco e siciliano, ad esempio: un Inzolia Delia Nivolella.
Molino Basilea
Steinenvorstadt 71
4051 Basilea
T 061 273 80 80
Molino Montreux
Place du Marché 6
1820 Montreux
T 021 965 13 34
Molino Berna
Waisenhausplatz 13
3011 Berna
T 031 311 21 71
Molino Thônex
Rue de Genève 106
1226 Thônex
T 022 860 88 88
Molino Crans-Montana
Rue de Pas-de-l’Ours 6
3963 Crans-Montana
T 027 481 90 90
Molino Uster
Poststrasse 20
8610 Uster
T 044 940 18 48
Molino Dietikon
Badenerstrasse 21
8953 Dietikon
T 044 740 14 18
Molino Vevey
Rue du Simplon 45
1800 Vevey
T 021 925 95 45
Molino Friborgo
93, rue de Lausanne
1700 Friborgo
T 026 322 30 65
Molino Winterthur
Marktgasse 45
8400 Winterthur
T 052 213 02 27
Molino Molard, Ginevra
Place du Molard 7
1204 Ginevra
T 022 310 99 88
Molino Zermatt
Bahnhofstrasse 52
3920 Zermatt
T 027 966 81 81
Molino La Praille, Ginevra
Centre Commercial La Praille
1227 Carouge
T 022 307 84 44
Molino Select, Zurigo
Limmatquai 16
8001 Zurigo
T 044 261 01 17
Molino Glattzentrum
Einkaufszentrum Glatt
8301 Glattzentrum
T 044 830 65 36
Molino Stauffacher, Zurigo
Stauffacherstrasse 31
8004 Zurigo
T 044 240 20 40
Le Lacustre, Ginevra
Quai Général-Guisan 5
1204 Ginevra
T 022 317 40 00
Frascati, Zurigo
Bellerivestrasse 2
8008 Zurigo
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aprile 2015 La Rivista - 73
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Motori
di Graziano Guerra
Al volante della nuova
Volvo XC90
Sin da quando è stata presentata per la prima volta a Stoccolma lo scorso agosto, Volvo XC90 ha continuato a suscitare elevato interesse, grazie
alla sua linea accattivante, alla sua gamma innovativa di propulsori e
alla sua ridefinizione del sistema di comandi con connessione in rete a
bordo. È stata presentata in sessione dinamica alla stampa internazionale in anteprima, a qualche giorno dall’apertura del Salone di Ginevra.
Si guida facilmente, segue con docilità gli impulsi del pilota, si muove sovrana in autostrada, come pure nel traffico cittadino, e fra i parcheggi utilizza una videocamera per una visione ad hoc. In test, pure la
pre-serie T8 Twin Engine. Il SUV di lusso si presenta con una linea molto
attraente, finiture degli interni di livello più che eccellente e una combinazione unica di potenza e consumi contenuti. L’architettura dei sedili
posteriori è in stile teatro, così da consentire una convivialità eccellente
e un’ottima visione d’insieme a tutti i passeggeri. È una vera e propria
sette posti, con sedili che lasciano maggiore spazio di movimento ai
passeggeri. Gli interni sono lussuosi. I materiali vanno dalla morbida
pelle nappata al legno, alla leva del cambio in cristallo di Orrefors sulla
T8. La nuova interfaccia utente “Sensus” è fra i più moderni sistemi di
controllo di bordo oggi disponibile sul mercato, e rivoluziona la gestione
dei comandi dell’auto. Tasti e manopole sono sostituiti dalla semplice e
intuitiva interazione con un grande schermo a sfioramento, da comandi
al volante e un efficiente sistema di controllo vocale. Sensus consente
l’accesso a molte applicazioni basate sul cloud e a servizi a bordo via
Internet; interessante la possibilità di usare dispositivi Apple e Android
attraverso lo schermo touch.
La T8 Twin Engine passa da 0 a 100 km/h in 6,1 secondi, ma non è pen-
sata per la velocità. In ogni caso, offre diversi modi di guida selezionabili
tramite una rotellina sulla console centrale, oppure con uno sfioramento
sul display nel cruscotto: Hybrid, Pure Electric, Power, AWD e Save. In modalità “Power” abbina le prestazioni di entrambe i motori. All’avvio sfrutta
l’eccellente risposta e la curva di coppia istantanea del motore elettrico,
in attesa che quello a combustione acquisti velocità. Questa combinazione garantisce una migliore coppia motrice ai bassi regimi, equivalente a
quella di un motore di grossa cilindrata come un V8. È possibile utilizzare il
motore a combustione per ricaricare la batteria fino a un certo livello, così
da poterla usare in un secondo tempo in modalità Pure Electric.
L’equipaggiamento standard di sicurezza è fra i più completi e avanzati
oggi disponibili, con due tecnologie in anteprima mondiale: la protezione in caso di uscita di strada e la frenata automatica agli incroci.
La produzione di serie è iniziata nello stabilimento di Törslanda in Svezia: a fine gennaio le T6 AWD e le D5 FWD, a maggio la T8 Twin Engine, mentre le T5 AWD e le D4 FWD partiranno a novembre. Le prime
consegne della XC90 sono previste questa primavera. La nuova XC90,
che sarà disponibile con motori Drive-E a quattro cilindri da 2 litri, con
cambio automatico a 8 rapporti, ha un ventaglio prezzi fra CHF 69’600
e 104’000, euro-bonus escluso, nei 4 allestimenti Kinetic, Momentum,
Inscription e R-Design.
aprile 2015 La Rivista - 75
Nuovo Fiat Doblò
Il nuovo Active Family Space di Fiat ha l’abitacolo più grande del
suo segmento, offre fino a sette posti passeggeri, e una capacità di
carico fino a 3.200 litri. Si presenta con un design, esterno e interno,
rinnovato e capace di esprimere dinamismo e personalità. La dotazione tecnologica è stata arricchita con contenuti innovativi, ma di
facile utilizzo. Come l’Uconnect, il sistema multimediale con touchscreen a colori da 5” che, a richiesta, può essere dotato di navigatore
integrato e radio digitale (DAB). Nuovo Doblò mette a disposizione
la grande modularità dello spazio interno, con l’ampio bagagliaio
da 790 litri (ai vertici del segmento), i numerosi vani portaoggetti e
l’utile sedile posteriore sdoppiato (60/40). La nuova vettura rappresenta la quarta generazione di un modello che, lanciato alla fine del
2000 e rinnovato nel 2005 e nel 2010, ha registrato oltre 1 milione
e 400mila unità immatricolate, complessivamente fra versione automobilistica e veicolo commerciale. Un progetto vincente che negli
anni ha saputo rispondere alle diverse esigenze di mobilità, comfort
e rispetto ambientale che si sono succedute nella società odierna.
Il nuovo modello è disponibile in Svizzera con tre motorizzazioni a
scelta, benzina, diesel e metano con potenze da 90 a 120 CV, i prezzi
partono da CHF 23’700.
Jeep da record
Nel 2014 Jeep è stato il marchio con la più alta crescita nel panorama europeo. In Svizzera sono state vendute in totale 3.274
vetture, cifra che rappresenta un aumento del 50 percento nelle
immatricolazioni. A livello internazionale Jeep ha raggiunto un
record storico, l’anno scorso ha venduto per la prima volta più
di un milione di veicoli. Meglio non dormire sugli allori avranno
pensato in tipi della Jeep, e allora, a rafforzare la gamma 2015,
ecco che arriverà in estate la nuova serie speciale Jeep Wrangler
Black Edition II (presentata al salone di Ginevra). Sarà disponibile
nelle due varianti Wrangler e Wrangler Unlimited con due motori
a scelta: il turbodiesel da 2,8 litri, 200 CV di potenza e 460 Nm
di coppia e il potente 3,6 litri V6 Pentastar a benzina da 284 CV
e 347 Nm di coppia. Entrambe le motorizzazioni sono abbinate a
un cambio automatico a 5 marce.
76 - La Rivista aprile 2015
I pizza-kurier più ecologici della Svizzera
guidano Fiat Panda CNG
La ditta Dieci AG ha scelto modelli ecologici per la sua flotta, consegna, infatti, ai suoi clienti utilizzando Fiat Panda CNG
alimentate a metano. Anche i forni per la pizza integrati nei
veicoli funzionano a metano, grazie a un’invenzione svizzera.
Fiat Group Switzerland supporta questo progetto fornendo un
contributo importante alla causa ambientale. I corrieri della
pizza della ditta Dieci percorrono ogni anno migliaia di chilometri: consegnano da oltre 20 sedi con 90 veicoli. Per la sua
flotta Dieci AG ha scelto di utilizzare Fiat Panda CNG, e sostituirà progressivamente tutte le Panda convenzionali con Panda
a metano. La Fiat Panda TwinAir Natural Power si distingue per
un consumo medio di appena 3,1 chilogrammi di metano ogni
100 chilometri, corrispondenti a un valore record di emissioni
di CO2 pari a 86 grammi per chilometro. Il metano rappresenta il combustibile energetico fossile più pulito ed economico a
disposizione.
Mantenere la temperatura con il calore dei gas di scarico
Le Fiat Panda CNG di Dieci possono fare molto di più. Infatti, le
vetture sono dotate di un forno per il trasporto della pizza ideato dall’azienda Pizzatech. Questa invenzione svizzera permette
di mantenere calde le pizze durante il trasporto e di raggiungere
una temperatura di oltre 100 gradi,
sfruttando il calore dei gas di scarico, circolanti ovviamente in
un sistema isolato. In tal modo le pizze restano croccanti e calde anche durante il trasporto.
Trofei Abarth
ultime sono previsti un montepremi e una classifica separati.
Il calendario prevede 6 appuntamenti di 2 gare ciascuno in
entrambe le serie. L’inizio è fissato per il 19 aprile sul circuito
italiano di Monza.
Sono stati consegnati presso le Officine Abarth di Torino i
premi del Trofeo Abarth Selenia Europa e del Trofeo Nazionale Aci-Csai Selenia Italia 2014, che hanno visto vincitore in
entrambe le classifiche il giovane italiano Alex Campani. Per
lui, che conta 4 titoli continentali consecutivi e 3 nazionali,
una Abarth 695 Competizione nuova e un premio in denaro.
Il giovane finlandese Juuso Pajuranta ha invece ricevuto una
Abarth 500 Custom nuova per il successo tra le Abarth 500
Assetto Corse nel Trofeo Nazionale Aci-Csai Selenia Italia e
una Abarth 695 Assetto Corse Evoluzione per la vittoria di
categoria nel Trofeo Abarth Selenia Europa. La stagione 2014
è stata entusiasmante e il titolo europeo si è deciso solo
nell’ultima gara, disputata a Monza, nella quale Campani ha
preceduto sul filo di lana lo svedese Niklas Lilja.
Stagione 2015
Dopo il successo di presenze nella scorsa stagione, il 2015
vede confermati il Trofeo Abarth Europa e il Trofeo Nazionale Aci Sport Italia, secondo la collaudata formula che vede
competere nella stessa gara sia le Abarth 695 Assetto Corse Evoluzione, sia le Abarth 500 Assetto Corse. Per queste
aprile 2015 La Rivista - 77
Starbene
Ignorati gli effetti
del fumo passivo
Nel Lazio il tumore al polmone colpisce ogni anno circa 4.350 persone (40.000
in tutta Italia). È la terza neoplasia più frequente, ma i cittadini non sembrano
essere ben informati sulle cause. 8 italiani su 10 non sanno che il fumo passivo provoca la malattia. E infatti il 71% fuma regolarmente in luoghi chiusi,
mentre per il 43% smettere con le sigarette non riduce il rischio di sviluppare questa patologia. Una diffusa ignoranza che preoccupa, visto che il 49%
dichiara di fumare in presenza di bambini. Sono alcuni dei dati emersi dal
sondaggio condotto dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) su
oltre 3.000 cittadini che fa parte della campagna nazionale di sensibilizzazione sul tumore del polmone.
Il 59% degli intervistati ritiene che chi è colpito dalla malattia, soprattutto se
si tratta di un tabagista, sia ‘colpevole’ della sua condizione. E, in ogni caso,
respirare sigarette, proprie e altrui, determina il 90% del totale dei decessi per
tumore del polmone. E il fumo passivo è un importante fattore di rischio, che
aumenta fino al 30% le probabilità di sviluppare la malattia. Ma, come risulta
dal sondaggio, troppi ignorano le regole fondamentali della prevenzione.
Il bisogno d’informazione è molto alto: l’89% degli intervistati vorrebbe, infatti, ricevere maggiori notizie sulla malattia e per il 72% servono più campagne
di prevenzione. Il fumo passivo rappresenta il principale fattore inquinante
degli ambienti chiusi e provoca nel mondo oltre 600.000 morti l’anno. Il 25%
della popolazione italiana è esposto ai suoi rischi. Secondo l’AIOM Sarebbe
opportuno estendere i divieti antifumo a tutti gli ambienti chiusi o troppo affollati come automobili, spiagge, stadi e parchi. Solo così è possibile difendere
la salute di tutti i cittadini, specialmente delle persone più a rischio, come le
donne in gravidanza e i bambini. In Inghilterra a partire dai prossimi mesi sarà
vietato fumare nell’abitacolo dell’auto in presenza di minori. Speriamo, auspica l’AIOM, che il nostro Paese segua l’esempio d’Oltremanica.
78 - La Rivista aprile 2015
Rischioso abusare delle
indagini radiologiche
La Radiologia è la disciplina medica che più di ogni altra ha vissuto e sta
vivendo una continua evoluzione tecnologica. Non esiste patologia che
non abbia bisogno di un corretto inquadramento diagnostico mediante
esami radiologici. La necessità di ottenere diagnosi sempre più precoci
tali da poter mettere in atto trattamenti mirati e meno invasivi ha determinato un incremento significativo del numero degli esami radiologici
eseguiti. Negli ultimi 20 anni, negli USA, si è passati da circa 3 milioni
a 63 milioni di esami TAC eseguiti ogni anno. Questo aumento è spesso determinato anche da un “uso inappropriato” di tali indagini, con la
possibilità di una crescita del rischio potenziale, seppur basso, di danni
indotti dalle radiazioni ionizzanti.
La Società Europea di Radiologia, ha lanciato un piano chiamato “EUROSafe Imaging”, per sensibilizzare a tale problematica i medici richiedenti
esami radiologici, gli operatori dell’area radiologica (medici radiologi, fisici
sanitari e tecnici di radiologia) nonché le associazioni dei pazienti. Il principio che dovrebbe giustificare gli esami radiologici si riassume nei vantaggi
ed i benefici attesi dai risultati dell’esame radiologico che devono superare
i potenziali rischi, con particolare attenzione a categorie quali i bambini
e le donne in età fertile. Tale principio va applicato in maniera congiunta
dal medico curante richiedente e dal medico radiologo, quest’ultimo con
l’obbligo di valutare l’opportunità dell’esame richiesto ed eventualmente
proporre al paziente una metodica alternativa e meno rischiosa.
L’“ottimizzazione” dell’esame radiologico è un altro principio su cui si
basa la radioprotezionistica: l’esecuzione dell’esame con la più bassa dose
possibile di radiazioni ionizzanti. Tale risultato richiede collaborazione tra
medico radiologo, tecnico radiologo e fisico sanitario. L’ottimizzazione
tecnica degli esami radiologici non può prescindere dalla necessità di utilizzare apparecchiature radiologiche “sicure” ed aggiornate. Gli esami radiologici e di conseguenza le radiazioni ionizzanti “fanno bene” se utilizzati con criterio e con le dovute precauzioni tecniche, in quanto consentono diagnosi precoci, scelte terapeutiche ottimali ed efficaci controlli.
Il morbo di Parkinson
e le diversità di genere
Il morbo di Parkinson aggredisce uomini e donne in maniera diversa: gli
uomini colpiti, infatti, sono più numerosi del 50%, mentre tra le donne è tre
volte più frequente la comparsa di quei movimenti involontari che costituiscono gli effetti indesiderati del farmaco più usato per tenere sotto controllo
i tremori tipici della malattia, la levodopa.
Anche rispetto alla progressione della malattia ci sono importanti differenze: nei maschi, infatti, a farne le spese sono soprattutto le capacità di
comprensione e di ragionamento mentre nel genere femminile sono più
frequenti ansia e depressione. Per le donne sono anche più gravi le ricadute
sociali: oltre alla compromissione della propria capacità lavorativa, perdono
anche il ruolo all’interno della famiglia.
Vi è differenza, inoltre, nell’età in cui compare la malattia: nel genere femminile vi è un esordio ritardato in media di circa 2 anni, con un’età di 66
anni per gli uomini a fronte di 68 anni per le donne. La maggiore resistenza del genere femminile è dovuta alla funzione protettiva che gli ormoni
femminili, gli estrogeni, esercitano contro l’insorgenza e la progressione
della malattia. Questi ormoni, infatti, prevengono la distruzione dei neuroni
che producono la dopamina, una sostanza indispensabile per controllare
con precisione i movimenti del corpo, senza tremori. Queste cellule sono
il principale bersaglio delle neurotossine che causano la malattia. Si stima
che una maggiore esposizione agli estrogeni, sia naturali, sia dovuti alle
terapie ormonali, riduca il rischio di Parkinson di circa il 43%. Non vi sono,
invece, differenze per quanto riguarda la durata media di malattia che è di
circa dieci anni. Al contrario, il trattamento con la stimolazione cerebrale
profonda, cioè l’utilizzo di piccoli elettrodi per ridurre il tremore, ha una
maggiore efficacia sulle donne e porta a un miglioramento delle capacità
nelle azioni quotidiane.
Le donne ci sentono
meglio
Le donne hanno un udito migliore degli uomini: gli studi scientifici
rivelano come la sensibilità uditiva peggiori con una velocità doppia
nel sesso maschile e come in generale le donne abbiano, almeno fino
ai 50 anni, una soglia uditiva superiore alle frequenze del parlato
(circa 1.000 Hertz). Questa migliore capacità di ascolto femminile
potrebbe in parte spiegare, secondo alcuni esperti, le diverse doti
linguistiche e di apprendimento delle donne, notoriamente maestre
nell’“arte del chiacchierare”.
L’ipoacusia o diminuzione delle capacità uditive colpisce in misura
maggiore gli uomini. Già nel 1994 un ampio studio longitudinale
americano aveva messo in luce, per la prima volta, come le donne
abbiano una migliore capacità uditiva, dato confermato più recentemente da uno studio italiano condotto sulla popolazione veneta.
I dati a disposizione ci dicono che il sesso femminile ha una soglia
uditiva superiore a circa 1.000 Hertz e in generale alle frequenze del
parlato. La spiegazione del miglior udito delle donne va ricercata
in parte, come detto, nell’azione ormonale protettiva che nel sesso
femminile interviene tra i 30 e i 50 anni, ma anche nella maggiore
esposizione al rumore del sesso maschile nelle attività ludiche e in
quelle lavorative, inoltre, bisogna considerare che il sesso maschile
è statisticamente più coinvolto in eventi traumatici sul lavoro, incidenti stradali, scontri e colpi violenti, oltre che essere più esposto al
fumo e a fattori di rischio metabolici.
aprile 2015 La Rivista - 79

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Mondo in Fiera
Crea Moda Expo:
Bologna, 8-10 Aprile
Fiera internazionale
dell’accessoristica per
abbigliamento, pelletteria
e calzature
Eurocarne:
Verona, 10 - 13 maggio
Fiera sull’industria della
carne
Tutto Food:
Fiera Milano, 3 - 6 Maggio
Milano World Food Exhibition
Sì Sposa Italia Collezioni:
FieraMilanoCity, 22-25 Maggio
International Leading Exhibition
Verona Legend Cars:
Verona, 8 - 10 Maggio
Fiera delle Auto d’Epoca
Basilea: 18 - 21 giugno
Art Basel
aprile 2015 La Rivista - 81
Crea Moda
Expo:
Bologna,
8-10 Aprile
Fiera internazionale
dell’accessoristica
per abbigliamento,
pelletteria e calzature
Si è tenuta a Bologna, dal 29 al 31 Ottobre
2014, la prima edizione di Creamodaexpo,
evento fieristico dedicato a componenti e accessori per Pelletteria , Abbigliamento e Calzature. Una manifestazione unica e innovativa
sotto ogni punto di vista, che ha fatto registrare la presenza di quasi diecimila addetti
del settore nei padiglioni di Bolognafiere.
All‘evento erano presenti operatori specializzati, stilisti e studenti di alcune tra le più
importanti scuole di moda: circa il dieci per
cento dei visitatori proveniva da Paesi stranieri, tra cui Spagna, Francia, Portogallo, Germania ma anche dagli Stati Uniti ed Etiopia,
passando per Russia e Cina.
Creatività, innovazione e alta qualità dei
prodotti esposti hanno caratterizzato questa
prima edizione di Creamodaexpo, facendone
un punto di riferimento importante per il
comparto della componentistica e dell’accessoristica, da sempre fondamentale per il
Made in Italy.
Soddisfatti i circa cento espositori presenti in
fiera, che hanno concluso importanti affari
82 - La Rivista aprile 2015
e trovato nuovi contatti per il loro business:
molte già ora le conferme per il prossimo appuntamento, previsto a Bologna dall’ 8 al 10
aprile 2015, con ulteriori adesioni da parte di
aziende ”visitatrici“, a ulteriore testimonianza del buon esito della manifestazione.
Infatti, a visitare gli oltre cento espositori presenti, anche importanti brand che danno ancora più lustro alla rassegna: Bata, Guess, Calvin Klein, Hugo Boss, Tod’s, Ferragamo e altri.
Tanti infine gli eventi inseriti nel nuovo format Vivimoda, curato da Map Comunication,
che ha accompagnato i tre giorni in fiera:
sessioni di live painting, realizzazioni dal vivo
di modelli di borse e cappelli, creazione di
opere attraverso la pittura batik su seta e su
altri tessuti pregiati.
Gli studenti di scuole importanti come il
Poliarte o USM School hanno presentato a
Bologna il meglio della loro creatività.
Quella che si prospetta essere una delle manifestazioni più attese del settore ospiterà
nel corso delle tre giornate eventi, mostre e
iniziative parallele all’esposizione merceologica, che metteranno in luce non solo il valore della creatività bensì anche l’espressione
di una vivacità di cui soprattutto le aziende
italiane possono dirsi orgogliose.
“Quello che stiamo mettendo in atto con
CREAMODAEXPO è un nuovo modo di “fare
fiera” – afferma il Presidente di CREAMODA EXPO srl Luigi Lucentini – Avvertendo la
necessità di rivalutare l’aspetto fieristico, in
particolare quello di settore, abbiamo voluto
mettere a disposizione le nostre esperienze
offrendo un momento concreto di incontro
e di dialogo fra operatori, italiani e stranieri.
CREAMODAEXPO rappresenterà anche l’occasione giusta per promuovere e sviluppare
ai massimi livelli la creatività del “Made in
Italy” e dare ampio spazio al mondo degli
stilisti, delle scuole di ogni livello, dei giovani
laureati e delle istituzioni operanti nell’ambito della moda”.
Per ulteriori informazioni:
Camera di commercio italiana
per la Svizzera
Seestrasse 123; CH-8002 Zurigo
[email protected]
www.ccis.ch
I primi 100 anni di Maserati
Inizia un anno di celebrazioni per il centenario
Inizia un anno di celebrazioni per il
Inizia un anno l centenario
Tutto Food:
Fiera Milano,
3 - 6 Maggio
Milano World Food
Exhibition
Il Salone dell’Agroalimentare organizzato da
Fiera Milano in programma dal 3 al 6 maggio
2015, vede già completamente assegnata e
opzionata la superficie totale di 180 mila metri
quadri distribuita su 10 padiglioni. Saranno circa
2.500 le aziende provenienti da tutta Italia. Manifestazioni come TUTTOFOOD raccolgono e anticipano le tendenze del mercato. Lo dimostrano
le performance dei comparti del Salone: infatti,
tra i settori che hanno avuto trend più vitali
per la presenza di aziende espositrici durante le
varie edizioni di TUTTOFOOD si segnalano quelli
dedicati a Carne e Salumi, in forte crescita anche quest’anno e con aziende leader come Rovagnati, Beretta, Citterio, Fiorucci e Golfera.
Interessante si preannuncia anche il comparto
del dolciario, Dolce Italia, a cui parteciperanno
tra gli altri Caffarel, Galbusera, G.Cova, Balocco,
Corsini Biscotti. Ma all’interno dei comparti ormai “classici” per TUTTOFOOD sono numerose le
conferme di leader come Parmareggio, Galbani,
Latteria Montello, Latteria Soresina, Parmalat e
Zanetti per il Lattiero Caseario, mentre il Multiprodotto (che occupa tre padiglioni, il doppio
rispetto al 2013) presenterà tra i suoi protagonisti Noberasco, Petti, Gruppo Lo Conte, Saclà,
Pedon, Urbani Tartufi, Divella, Olio Dante, Amica
Chips. Tra i tanti nomi di spicco si possono anche segnalare McCain, Fresystem, Surgital, Italpizza, Rispo, presenti tra le aziende del settore
Surgelati e Metro, Partesa e Marra tra i grandi nomi della distribuzione. Anche l’Ho.re.ca.,
comparto già molto sviluppato nelle edizioni
precedenti, vedrà aziende leader come Riso
Gallo, Conserve Italia, Sammontana, Galbusera,
Illy, Nestlè, (Nestlè Professional, Nespresso, S.
Pellegrino), San Benedetto Kimbo, Forst, Sammontana e metterà in campo un interessante
ampliamento dell’offerta grazie alla collaborazione con Venditalia.
Se poteva essere prevedibile il successo e la
crescita di comparti già presenti e “fidelizzati”
a TUTTOFOOD, hanno invece dimostrato una
risposta importante le aziende ospitate in spazi nuovi o meno presenti nelle scorse edizioni
della manifestazione: così, il settore Greenfood
ha triplicato i volumi, grazie ad un’area dedicata
che verrà completata da uno spazio showcooking e che vedrà tra gli espositori protagonisti
Alce Nero, Riso Viazzo, Demeter e Bontà Viva.
Infine, novità assoluta, ma importante per un
Paese come il nostro che vede nella pesca una
risorsa tradizionale e ancora significativamente
presente, il debutto dell’area dedicata ai prodotti ittici, con realtà come Fiorital, Finpesca,
La Nef, Riunione e Laberie e la presenza di uno
spazio showcooking che ospiterà interessanti
dimostrazioni.
Sul versante dei visitatori, in manifestazione, oltre
ai 1.200 hosted top buyer, scelti attraverso un’attenta profilazione che garantirà incontri produttivi direttamente allo stand, con ottimizzazione
dei tempi e il massimo rendimento dei contatti, si
aggiungeranno più di 11.000 buyer attesi.
Occasione unica di visibilità internazionale per
le aziende e i visitatori presenti in manifestazione sarà quella offerta da Expo Milano 2015,
che aprirà il primo maggio e sorgerà a pochi
passi dal quartiere espositivo. Proprio domenica
3 maggio, TUTTOFOOD sarà presente all’interno
del Padiglione Italia di Expo Milano 2015, dando
il via a un legame profondo che caratterizzerà
tutta la manifestazione. Infatti, grazie alla collaborazione con Expo Milano 2015, gli espositori in fiera, dopo la chiusura serale nei giorni
di manifestazione, avranno l’opportunità esclusiva di visitare l’Esposizione Universale. Inoltre,
Fiera Milano, offrirà alle aziende espositrici la
possibilità di incontrare direttamente in fiera
le delegazioni commerciali che nel corso dei
mesi visiteranno l’Esposizione Universale con il
progetto “Expo Business Matching”, che selezionerà i profili più interessanti per le aziende
di TUTTOFOOD, creando un’agenda di incontri
mirati che concentrerà nei giorni di manifestazione le occasioni di matching possibili nei sei
mesi di Expo Milano 2015.
Per ulteriori informazioni:
Camera di commercio italiana
per la Svizzera
Seestrasse 123; CH-8002 Zurigo
[email protected]
www.ccis.ch
aprile 2015 La Rivista - 83
Verona
Legend
Cars:
Verona,
8 - 10 Maggio
Fiera delle Auto
d’Epoca
Grande successo per Verona Legend Cars,
il Concorso d’Eleganza che ha portato in
città il meglio delle auto d’epoca italiane.
23 “capolavori straordinari”, come li ha
definiti il Sindaco Flavio Tosi a passeggio
tra le auto esposte in “una delle piazze più
belle del mondo. È stata una manifestazione internazionale: adatta alla nostra città”.
“Verona - ha sottolineato il Sindaco salendo per un saluto sul tappeto rosso dove
sfilavano i modelli unici in concorso - ha
la vocazione di mettere assieme le grandi
manifestazioni motoristiche con una città
che si sposa perfettamente con queste iniziative. Sappiamo che ce ne saranno altre
e ne siamo orgogliosi”.
Verona Legend Cars, infatti, è solo l’anteprima di una nuova e importante manifestazione fieristica che si terrà tra l’8 e
il 10 Maggio 2015. Per tre giorni Verona
accoglierà migliaia di collezionisti, espositori e appassionati del mondo dell’auto
“La Fiera di Verona sta abbracciando con
84 - La Rivista aprile 2015
entusiasmo il comparto della motorizzazione - dice il suo Vicepresidente Guidaberto di Canossa -. Il passato si ripropone
come futuro con oggetti stupendi che generano grandi passioni. La Fiera di Verona
saprà coinvolgere non solo i veronesi, non
solo i veneti ma tutti gli Italiani”.
Con un’aria espositiva coperta di 40.000
mq ed una scoperta per raduni, test drive
e usato sicuro di 50.000 mq, Verona Legend Cars ospiterà molti espositori e visitatori appassionati di un settore, quello
dell’Heritage, che continua a crescere.
Hanno infatti già confermato la loro
presenza i migliori commercianti italiani
ed europei e, con loro, i più importanti
club del vecchio continente con raduni ed anniversari d’eccezione, a partire
dai sessant’anni della Giulietta Spider e
dagli ottanta di Jaguar. Di fondamentale importanza, per gli organizzatori, è
raggiungere il cuore dei sempre più numerosi appassionati. Per questo Verona
Legend Cars inaugurerà con un prima
assoluta: 100 equipaggi e 100 tra le più
belle auto d’epoca della Mille Miglia parteciperanno ad una gara di regolarità tra
i padiglioni. Un’anteprima ufficiale mai
tenutasi prima in un contesto fieristico,
frutto della collaborazione tra Aci Brescia e Aci Verona. Per celebrarla è prevista una cena di gala e la proiezione del
film dedicato a quella che, dal 1927, è la
gara più bella del mondo.
Secondo la stessa filosofia, che vede la
passione per l’auto al centro della manifestazione, Verona Legend Cars offrirà,
all’interno del quartiere fieristico, spazi
park gratuiti in aree riservate per le vetture storiche di club, scuderie, collezionisti e
appassionati che vogliano organizzarsi in
raduni e partecipare alla fiera.
Hanno già confermato la loro partecipazione anche i migliori ricambisti delle
principali case automobilistiche. Tra questi, in onore agli anniversari, gli specialisti
nei ricambi di Alfa Romeo e Jaguar.
Per ulteriori informazioni:
Camera di commercio italiana
per la Svizzera
Seestrasse 123; CH-8002 Zurigo
[email protected]
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I primi 100 anni di Maserati
Inizia un anno di celebrazioni per il centenario
Inizia un anno di celebrazioni per il
Inizia un anno l centenario
Eurocarne:
Verona,
10 - 13 maggio
Fiera sull’industria
della carne
Incontrare gli operatori delle filiere delle
carni sul territorio e favorire una riflessione
sui bisogni e le prospettive, per migliorare
la redditività complessiva e stimolare nuove
opportunità di business. Ci pensa Eurocarne,
che in vista della 26ª edizione, in programma
a Verona dal 10 al 13 maggio 2015, organizza un Road Show in tre città, con approfondimenti specifici.
«Questi focus su tematiche specifiche della filiera sono uno dei vantaggi dell’organizzazione
diretta di Eurocarne da parte di Veronafiere -
dichiara il presidente di Veronafiere, Ettore Riello - che può contare dalla prossima edizione
del 2015 su una più forte internazionalità e su
soluzioni a misura degli espositori, dei visitatori
e delle diverse filiere della carne».
Numerose le novità in programma per la 26ª
edizione di Eurocarne, che per la prima volta
coinvolge tutte le filiere verticali delle carni,
un comparto che genera complessivamente
un valore economico dell’ordine di 30 miliardi di euro. Una grande attenzione sarà dedicata all’internazionalizzazione, con pacchetti
per incontri “b2b” ritagliati su misura per i
visitatori e le delegazioni estere. Eurocarne
mette al centro anche le dinamiche del “trade”. Sarà, infatti, presentata un’analisi multi-prospettica mirata a divulgare i trend in
atto nel settore per le varie tipologie di carne
e il percepito vissuto dal consumatore in fase
di acquisto, soprattutto nell’ambito della
grande distribuzione.
Tra gli obiettivi dell’evento il rilancio dei consumi di carni e il sostegno alle aziende espositrici nell’individuare nuove opportunità di
mercato, facendo leva su due aspetti determinanti: la forza del Made in Italy, percepito
come elemento distintivo sia in termini di
affidabilità, design, creatività e funzionalità
nel settore delle macchine, delle attrezzature
e delle tecnologie, ma anche come aspetto di
rilievo in chiave di “food security” e “food safety”. Altra novità di questa edizione sono le
degustazioni comparate di “Meat Experience”, il primo banco di assaggio della carne
bovina in cui i potenziali buyers (macellerie,
ristorazione, gastronomie, hotellerie e Gdo)
possono conoscere e confrontare la qualità
percepita delle carni secondo parametri oggettivi. Eurocarne si avvale della collaborazione dell’Istituto italiano assaggiatori carne-De Gustibus Carnis e del Centro studi assaggiatori-Italian Tasters, fra i più qualificati
operatori nell’attività di analisi sensoriale dei
prodotti agroalimentari, e per la prima volta
sono stati coinvolti i consorzi di produzione e
tutela italiani ed esteri che distribuiscono le
proprie carni anche in Italia.
Eurocarne, nata nel 1969, è cresciuta nel
corso degli anni, diventando l’unico punto di
riferimento in Italia per le tecnologie e i prodotti dedicati alle carni dal food processing
fino alla distribuzione al consumatore.
Per ulteriori informazioni:
Camera di commercio italiana
per la Svizzera
Seestrasse 123; CH-8002 Zurigo
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aprile 2015 La Rivista - 85
Sì Sposa
Italia
Collezioni:
FieraMilanoCity,
22-25 Maggio
International Leading
Exhibition
Benvenuti a Sì Sposaitalia Collezioni, appuntamento di riferimento internazionale del
bridal fashion, dove trovare marchi, eccellenze
del settore con innovative proposte di stile,
che presenteranno le loro collezioni ai numerosi buyer nazionali e internazionali attesi.
L’edizione 2014 di Sposaitalia Collezioni si è
conclusa con successo, confermando la voglia del settore di rispondere con dinamismo
e qualità all’andamento globale dei mercati. I
dati d’affluenza finali hanno fatto registrare
un più che positivo 7.273 (erano stati 6.798
un anno fa). Il dato estero, migliore come
andamento rispetto alle presenze italiane, ha
superato i 2.000 buyer totali (provenienti da
più di 50 Paesi), a rappresentare il 28% del
totale delle presenze. A trainare le presenze
estere, le ottime performance di Giappone con quasi 300 buyer in manifestazione,
molto buoni i numeri dal Medio Oriente, con
ottimi risultati da Arabia Saudita, Israele e
Giordania; bene anche le presenze da Corea
del Sud e Stati Uniti: questi ultimi tornano a
86 - La Rivista aprile 2015
incrementare la loro presenza dopo qualche
edizione in diminuzione.
Tra i mercati europei di peso, si confermano Austria, Germania, Portogallo e Spagna;
soffrono invece le presenze dall’Est Europa e
dalla Russia.
Sì Sposaitalia Collezioni conferma quindi il
suo ruolo di punto di riferimento in un settore che resiste alla crisi solo se caratterizzato da massima qualità nella produzione.
Lo si è visto nelle collezioni dei 170 marchi
di quest’ultima edizione, che hanno raccolto
commenti più che positivi tra buyer e stampa internazionale. I numeri finali riflettono
chiaramente l’andamento dei mercati: quello
italiano che sta ancora soffrendo, e quelli
esteri che continuano a trainare il Made in
Italy, in particolare i Paesi che hanno un prodotto interno lordo più tonico e in crescita. In
generale è stata un’edizione di grande concretezza: i buyer - e i più importanti c’erano
tutti - sono arrivati con la voglia di vedere
le novità e fare acquisti, e le aziende hanno
dato il meglio di sé, nelle collezioni e nelle
presentazioni.
Dal 22 maggio 2015 a Fieramilanocity, l’eleganza sarà di nuovo il linguaggio che accomunerà abiti e accessori in mostra in un percorso
esclusivo, dove lo stupore sarà protagonista.
Le aziende che partecipano come espositori
potranno trarre vantaggio dalla continua at-
tività di scouting buyer messa in campo dalla
manifestazione, sia verso i mercati affermati,
ma con particolare riferimento a quelli emergenti. In manifestazione sarà possibile scoprire il meglio degli abiti da Sposa, di quelli da
Cerimonia, degli Accessori e del sempre più
interessante mondo del Men’s Wear.
Novità di quest’anno è il lancio del Vip Club
di Sposaitalia al quale potranno accedere
solo buyer di qualità ed affidabilità rodata a
cui sarà offerta una serie di servizi premium.
Per il settore sposa confermano la loro partecipazione Giuseppe Papini, Valentini, Tosca
Spose, Dalin, Nicole Spose, lo spagnolo Raimon Bundò e l’inglese David Fielden. Per il
settore Men’s wear saranno presenti Archetipo, Andrea Versali Cerimonia, Maestrami
Cerimonia, Petrelli Uomo Cerimonia.
Per il settore di cerimonia donna ci saranno in
fiera Musani, Gatti Nolli Couture, Silva Ernesti,
Bagatelle e Isabel Sanchis. Per il settore degli
accessori invece esporranno Guido La Rocca,
Acconciature Carla, Loriblu, Anna Bella.
Per ulteriori informazioni:
Camera di commercio italiana
per la Svizzera
Seestrasse 123; CH-8002 Zurigo
[email protected]
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I primi 100 anni di Maserati
Inizia un anno di celebrazioni per il centenario
Inizia un anno di celebrazioni per il
Inizia un anno l centenario
Basilea:
18 - 21 giugno
Art Basel
Art Basel organizza le fiere d’arte dedicate
all’arte moderna e contemporanea più famose al mondo, che si svolgono a Basilea,
Miami Beach e Hong Kong. Ogni manifestazione è unica ed è influenzata dalla località e dalla regione in cui si svolge, il che si
rispecchia nelle gallerie partecipanti, nelle
opere esibite e nel contenuto dei programmi concomitanti organizzati in cooperazione con le istituzioni locali. Art Basel offre ai
visitatori nuove idee, ispirazioni e contatti
del mondo dell’arte.
Sezione gallerie 2015
Galerie Michael Haas
Oskar Kokoschka
Elza Temary, 1926-27
Courtesy the artist and the gallery
La 46esima edizione della manifestazione
avrà luogo a Basilea dal 18 al 21 giugno
2015. Quest’anno 283 gallerie di fama internazionale presentano opere dalla modernità
classica del primo XX secolo fino all’arte più
contemporanea. Ad Art Basel espongono gallerie provenienti da 39 paesi e 5 continenti.
Mentre continuano ad essere rappresentate in gran numero le gallerie europee, Art
Basel ospita una selezione di prima qualità
di espositori di tutto il mondo. L’edizione di
quest’anno comprende un’ampia scelta di
gallerie provenienti dall’America e dall’area
asiatico-pacifica.
Nel settore Galleries si presentano
quest’anno 222 gallerie, che espongono
opere di altissima qualità tra dipinti, sculture, disegni, installazioni, fotografie, video
e riproduzioni.
Il settore Feature ospita gallerie che presentano progetti focalizzati, allestiti da
STATEMENTS
The Third Line
Abbas Akhavan Study for a Hanging Garden, 2014 Courtesy of the artist and The Third Line
aprile 2015 La Rivista - 87
FEATURE 2015
Galleria Raffaella Cortese
James Welling
A124, 1977-86
Courtesy the artist and Galleria
Raffaella Cortese, Milano
curatori, riguardanti sia opere storiche che
contemporanee. L’edizione 2015 propone
30 gallerie di 12 Paesi:di queste 6 espongono per la prima volta.
Le presentazioni di singoli artisti nel settore
Statements offrono a visitatori e collezionisti
una piattaforma di prima qualità per scoprire nuovi artisti e nuove gallerie. Quest’anno
8 delle 16 gallerie che espongono in questo
settore partecipano per la prima volta.
Il Baloise Art Prize viene assegnato a due
artisti che espongono in Statements. I vincitori vengono resi noti nel corso di Art Basel
in giugno. Il Baloise Group acquista le opere
degli artisti premiati e le dona a due musei
europei. Queste istituzioni ospiteranno mostre personali degli artisti premiati.
Il settore Unlimited è una piattaforma unica
per progetti che superano le limitazioni poste dagli stand fieristici tradizionali. Anche
quest’anno è curato da Gianni Jetzer, direttore dello Hirschhorn Museum e dello Sculpture Garden in Washington DC. Unlimited
include circa 70 opere che spaziano da maxi
sculture e dipinti a videoproiezioni, installazioni e performance.
Ricordiamo che nel corso di Art Basel, i musei di Basilea propongono un’offerta unica
di esposizioni. È possibile avere una panoramiche dell’offerta proposta su:
www.museenbasel.ch
Il programma dettagliato è disponibile sul
sito www.artbasel.ch
Parcours night
Eva Rothschild | This and This and This, 2013
Galerie Eva Presenhuber, Stuart Shave, Modern Art
Art Basel in Basel 2014 | Parcours Night | Galerie Eva Presenhuber, Stuart Shave,
Modern Art | This and This and This, 2013 | Eva Rothschild
MCH Messe Schweiz (Basel) AG
88 - La Rivista aprile 2015
Mondo in Camera
Benvenuto Brunello
Degustazione a Zurigo
il 20 aprile
Expo e territori a Zurigo il 15 …
…e a Lugano il 29 aprile
Successo per la serata
con Fiat e Maserati
al Salone di Ginevra
Monza ospite a Zurigo
del trade turistico
Contatti commerciali
Nuovi soci
Servizi camerali
aprile 2015 La Rivista - 89
®
Mondo in Camera
Expo e territori a Zurigo il 15…
Cos’è?
• Presentazione di promozione turistica del proprio territorio
• Offerta turistica generale e pacchetti
turistici già pronti alla vendita
• Nell’arco di 15 minuti nell’ambito di
una presentazione di altri territori
italiani che durerà circa 75 minuti
• Attività di networking al termine
della presentazione con assistenza
del personale della CCIS
Pubblico target
• Aziende
• Privati
• Stampa
Quando si tiene?
Il 16 aprile 2015 alle ore 17.30
Agenda
17.30 – 18.00 Registrazione invitati
18.00 – 19.15 Presentazioni (4-5 slot)
19.15 – 20.00 Aperitivo e networking
Dove si tiene?
• Agenzie viaggio
A Zurigo presso il Zürich Marriott Hotel
- Neumuehlequai 42, 8006 Zürich
Perché questo evento?
Sfruttare l’effetto traino generato
da Expo su pubblico ed operatori
ticinesi, per intercettare fruitori di
destinazioni italiane agevolmente
raggiungibili da Milano e ricche di
interesse turistico.
Come partecipare?
Inviare una e-mail a:
[email protected]
[email protected]
…e a Lugano il 29 aprile
Cos’è?
• Presentazione di promozione turistica del
proprio territorio
• Offerta turistica generale e pacchetti turistici già pronti alla vendita
• Nell’arco di 15 minuti nell’ambito di una
presentazione di altri territori italiani che
durerà circa 75 minuti
• Attività di networking al termine della
presentazione con assistenza del personale della CCIS
Pubblico target
• Agenzie viaggio
• Aziende
• Privati
• Stampa
Quando si tiene?
Il 29 aprile 2015 alle ore 17.30
Agenda
17.30 – 18.00 Registrazione invitati
18.00 – 19.15 Presentazioni (4-5 slot)
19.15 – 20.00 Aperitivo e networking
Dove si tiene?
A Lugano presso la Sala Cattaneo del
Consolato Generale d’Italia: Via Ferruccio
Pelli, 16 – 6900 Lugano.
Perché questo evento?
Sfruttare l’effetto traino generato da Expo
su pubblico ed operatori ticinesi, per intercettare fruitori di destinazioni italiane agevolmente raggiungibili da Milano e ricche di
interesse turistico.
Come partecipare?
Inviare una e-mail a:
[email protected] (CCIS Lugano)
[email protected] (Centrale CCIS)
aprile 2015 La Rivista - 91
Mondo in Camera
Successo per la serata
con Fiat e Maserati
al Salone di Ginevra
Grande interesse e foltissima partecipazione hanno caratterizzato, lo
scorso 5 marzo a Ginevra, in occasionedell’85° Salone internazionale
dell’Auto Ginevra, l’incontro organizzato dalla Camera di Commercio
Italiana per la Svizzera con Piergiorgio Cecco, Direttore generale Maserati (Suisse) SA, Alessandro Paolucci, Direttore generale Fiat Chrysler
Automobiles Switzerland SA.
I due esponenti dei gradi marchi della
tradizione italiana sono intervenuti illustrando come intendono affrontare le sfide che riserva loro il mercato automobilistico svizzero e come le stesse possono
divenire delle vere proprie opportunità.
Entrambi hanno sottolineato come
l’anno 2014 sia stato segnato da due
grandi primati: da un lato, nell’anno del
centenario, l’ottimo andamento delle
vendite della Maserati Ghibli. Dall’altro, il record delle vendite fatto segnate
dalla Jeep. La serata è stat l’occasione
92 - La Rivista aprile 2015
per sottolineare come in casa Fiat l’ecosostenibilità dei motori non sia solo un
obiettivo, ma in parte almeno un traguardo già raggiunto.
Mondo in Camera
Monza ospite a Zurigo
del trade turistico
Monza grande protagonista dell’incontro informativo al trade turistico
denominato “Expo Mondiale Milano 2015”, che si è svolto a Zurigo
lo scorso mercoledì 18 marzo 2015
nella grande sala del Buffet della
Stazione «Au Premier».
Nel corso della serata - organizzata con
la consueta efficienza da Hans Peter
Leu, responsabile comunicazione per il
traffico passeggeri delle Ferrovie Federali Svizzere (FFS), in collaborazione con
la Camera di Commercio Italiana per la
Svizzera (CCIS) - in una sala gremita
all’inverosimile da operatori del settore
turistico, Monza e il suo territorio sono
stati il focus su cui si è concentrata l’attenzione dei presenti.
Un’occasione per mostrare le eccellenze
di una realtà spesso disconosciuta o al
massimo nota come la fermata che precede quella di Milano.
Nel corso della sua presentazione, Maria Pia Marini, della Camera di Commercio Industria Agricoltura e Artigianato
di Monza, ha avuto modo di illustrare
un territorio ricco di storia e di cultura,
Peter Ackermann della FFS con Marina Pia Marini (a destra)
ma anche di attrazioni naturali e per il
tempo libero oltre che per opportunità di
business.
Interessante, nel periodo di EXPO, anche
il fatto che, oltre ad essere un’opzione
alternativa per il soggiorno dei numerosi
visitatori, possa essere considerata anche
una destinazione tutta da scoprire.
Giovani operatici del settore turistico a tavola durante l’incontro
Hans Peter Leu con Stefani Casprini collaboratrice della CCIS
aprile 2015 La Rivista - 93
CONTATTI
COMMERCIALI
Dal mercato italiano
OFFERTE DI MERCI E SERVIZI
Miele e confetture
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Fax +39 0332 487597
E-mail: [email protected]
www.automazionielettriche.it
Vestiti usati
Reusamode Enterprise SL
Via P. Antonelli 194
I – 51100 Pistoia
Tel: +39 3391337626
E-mail: [email protected]
Progettazione e realizzazione stampi
STAMPYTAL S.R.L.
Via Mazzini 68/B
I – 21020 Ternate (VA)
Tel. 0039/0332 961576
Fax. 0039/0332 1800147
E-mail: [email protected]
Logistica integrata
Carminati depositi e trasporti srl
Via Orio al Serio, 21
I – 24050 Grassobbio (BG)
Tel: +39 035335315
E-mail: [email protected]
www.carminatilogistica.it
Cablaggi elettronici ed elettrici
ELETTROMECCANICA TRE EFFE S.n.c
Via Valle Nuova 18
I - 21013 Gallarate (VA)
Tel: 0039/ 0331 799227
E-mail: [email protected]
www.treeffe3f.it
Lingerie
GLOBOTEX SRL
Via Fogazzaro, 20 I - 25016 Ghedi (BS)
Tel. 0039 030 9032233
Fax 0039 030 9961539
E-mail: [email protected]
www.elenaditalia.it
Lavorazioni tubi in metallo
Ta-mec Off. Meccanica
di Paolo Tagliabue e C. snc
Via Novellina 25/E
I – 21019 Somma Lombardo (VA)
Tel. 0039/0331 254465
Fax 0039/ 0331 254465
E-mail: [email protected]
www.tamec.it
Lavorazione a freddo della lamiera
MAGNONI FRANCESCO
Via Piave 16 I – 21041 Albizzate (VA) Tel.
0039 0331 993051
Fax. 0039 0331 993051
E-mail: [email protected]
www.magnoni.it
Settore plastico e gomma
ELECTRONIC CONTROL S.R.L.
Via Quintino Sella 147
I – 21052 Busto Arsizio (VA)
Tel. 0039 0331 382140
E-mail: [email protected]
www.electroniccontrol.it
Progettazione hardware e software
TEA ELETTRONICA S.R.L.
94 - La Rivista aprile 2015
Pezzi forgiati in acciaio
ACSA Steel Forgings Spa
Via per Solbiate 43
I – 21040 Oggiona con Santo Stefano (VA)
Tel. 0039 0331712011
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Prodotti antiusura in metallo duro
Harditalia srl
Via genova 9
I – 21040 Oggiona con Santo Stefano (VA)
Tel. 0039 3403393639
Fax 0039/0331 215024
E-mail: [email protected]
www.harditalia.com
Industria cartotecnica
Nuovo Scatolificio Valtenna srl
Contrada Girola Valtenna 43
I – 63900 Fermo FM
Tel. 0039/0734 64791
Fax 0039/0734 647990
[email protected]
www.valtenna.it
RICHIESTE DI RICERCA
AGENTI-RAPPRESENTANTI
• Maser Group srl è una realtà affermata nel
settore edile in grado di offrire “Soluzioni Chiavi
In Mano” oltre alle lavorazioni in cartongesso, termico ed acustico, dipinture interne ed
esterne, nonché finiture, decorazioni particolari, ristrutturazioni e isolamento a cappotto.
L’azienda rappresenta una delle realtà più significative della propria categoria realizzando sia in
ambito nazionale che internazionale: ambientazioni per catene di negozi, lavori di risanamento
edile, edifici ex-novo e ristrutturazioni.
• Azienda italiana leader nella produzione e
progettazione di manufatti in fibra di carbonio ed altri materiali compositi (carbon-kevlar
e fibra di vetro), per svariati settori ( robotica,
nautico, aerospaziale, automotive, biomedicale, industriale e design ) e certificata ISO
9001:2008, è alla ricerca di potenziali partner
e clienti in Svizzera, per ampliare la propria rete
commerciale estera.
• Azienda italiana leader nella produzione
di soluzioni innovative e tecnologicamente
avanzate per il settore edilizio come guaine
traspiranti, freni vapore, guaine speciali, colmi ventilati, accessori per il tetto ventilato
ed insonorizzanti, è alla ricerca di potenziali
partner e clienti in Svizzera, per ampliare la
propria rete commerciale estera.
• Azienda sudtirolese specialista nella produzione di abbigliamento da lavoro per i settori
industria, gastronomia, medicale/sanitario
nonché abbigliamento freetime/outdoor, è alla
ricerca di potenziali partner e clienti in Svizzera,
per ampliare la propria rete commerciale estera.
Per le richieste di cui sopra rivolgersi a:
Camera di Commercio
Italiana per la Svizzera
Seestr. 123, casella postale,
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Fax 044/201 53 57
e-mail: [email protected]
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Camera di Commercio Italiana per la Svizzera
Seestr. 123, casella postale,
8027 Zurigo
Tel. 044/289 23 23 Fax 044/201 53 57
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CH-6900 LUGANO
TEL. 0041 (0)91 910 17 10
FAX 0041 (0)91 910 17 19
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VIA DIE GORINI 2 - CP 5167
CH-6901 LUGANO
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CH-8001 ZURIGO
0041 (0)79 786 45 71
[email protected]
ANTONIO D’ETTOLE
SP 231 KM 42,460
IT-76123 ANDRIA (BT)
TEL. 0039 0883 56 56 62
[email protected]
MASSIMO MADERNA
VIA SAN GIORGIO 13
IT-26020 PALAZZO PIGNANO (CR)
[email protected]
ANDREA MENARDI
CHEMIN DES LAURELLES 54
CH-1196 GLAND (VD)
TEL. 0041 (0)79 930 61 41
[email protected]
LUCA SECCI MRC
LUCA SECCI
DORFSTRASSE 42
CH-8802 KILCHBERG (ZH)
TEL. 0041 (0)43 810 80 14
[email protected]
TALENTURE SA
UBERTO MERAVIGLIA MANTEGAZZA
RIVA ALBERTOLLI 1
CH-6900 LUGANO
TEL. 0041 (0)91 912 64 80
FAX 0041 (0)91 922 56 01
[email protected]
TOMASINI PROFESSIONAL PARTNERS
LUCA LUIGI TOMASINI
VIA EDMONDO DE AMICIS 19
IT-20123 MILANO
TEL. 0039 02 835 81 07
FAX 0039 02 871 63 144
[email protected]
WWW.STUDIOTPP.COM
ZANNI & PARTNERS
ROBERTO ZANNI
ROUTE DE CHENE 124/E
CH-1224 GINEVRA
TEL. 0041 (0)22 348 61 79
[email protected]
aprile 2015 La Rivista - 95
ATTIVITÀ E SERVIZI
PUBBLICAZIONI
RECUPERO IVA ITALIANA E SVIZZERA
Con i suoi circa 700 Soci la Camera di
Commercio Italiana per la Svizzera, fondata nel 1909, è un‘associazione indipendente ai sensi del Codice Civile Svizzero.
Il suo compito precipuo consiste nella assistenza alle imprese dedite all‘interscambio tra Italia, Svizzera ed il Principato del
Liechtenstein. La gamma dei suoi servizi,
certificati ISO 9001, è molto variegata e
comprende tra l‘altro:
• La Rivista periodico ufficiale
mensile (11 edizioni all‘anno)
• Annuario Soci
• Indicatori utili Italia-Svizzera
• Analisi settoriale – Abbigliamento
• Analisi settoriale – Arredamento
• Analisi settoriale – Energie
Rinnovabili
• Analisi settoriale – Vino
• Guida per i lavoratori distaccanti in
Svizzera
• La realizzazione di lavori in Svizzera
– Focus Edilizia
Il servizio, offerto a condizioni molto
vantaggiose, è rivolto sia ad imprese svizzere
che recuperano l’IVA pagata in Italia, sia alle
imprese italiane che desiderano recuperare
l’IVA pagata in Svizzera.
• Incontri BtoB massimizzando
il ritorno commerciale derivante
dall’incontro tra la domanda svizzera e
l’offerta italiana
• Organizzazione di incontri e
workshop tra operatori, con l‘ausilio di
servizi di interpretariato e segretariato
• Colloqui di consulenza individuale
• Recupero dell‘IVA svizzera in favore
di operatori italiani, nonché dell‘IVA
italiana e tedesca per imprese elvetiche
• Ricerche e consegne semplici di
contatti italiani e svizzeri (produttori,
importatori, grossisti, commercianti, agenti/
rappresentanti)
• Ricerca e mediazione di partners
commerciali italiani e svizzeri
• Ricerca di prodotti, marchi di
fabbricazione e reperimento di brevetti
• Recupero di crediti commerciali
• Investire in Svizzera: servizio
dedicato all’accompagnamento di
investimenti in svizzera
• Azioni promozionali e di direct
marketing
• Assistenza e consulenza in materia
doganale e commerciale
• Informazioni statistiche ed import/
export
• Informazioni relative
all‘interscambio, normative riguardanti gli
insediamenti in Svizzera ed in Italia
• Informazioni riservate su aziende
italiane: visure, bilanci, assetti societari,
protesti, bilanci, rapporti commerciali, ecc.
• Informazioni riservate su aziende
svizzere: estratto dal registro di commercio,
statuto legalizzato, atto di costituzione,
rapporto commerciale (informazioni sulla
solvibilità)
• Traduzioni ed interpretariato
• La CCIS fornisce informazioni
su Fiere e Mostre italiane. Rappresentanza
ufficiale di Fiera Milano e di Verona Fiere
96 - La Rivista aprile 2015
Seestrasse 123,
Casella postale, 8027 Zurigo
Tel.: +41 44 289 23 23
Fax: +41 44 201 53 57
E-mail: [email protected]
www.ccis.ch
CHE-107.821.234 IVA
Rue du Cendrier 12-14,
Casella postale, 1211 Ginevra 1
Tel.: +41 22 906 85 95,
Fax: +41 22 906 85 99
E-mail: [email protected]
CHE-107.821.234 IVA
Via Nassa 5
6900 Lugano
Tel.: +41 91 924 02 32
Fax: +41 924 02 33
E-mail: [email protected]
CHE-107.821.234 IVA
RICERCA DI PARTNER COMMERCIALI
Grazie alla propria rete di contatti
e alla conoscenza delle esigenze
e dei bisogni del mercato elvetico
e di quello italiano, la Camera di
Commercio offre ad imprese sia
svizzere che italiane intenzionate ad esportare i propri servizi e
prodotti all’estero un’accurata
ricerca di controparti commerciali. Attraverso un’analisi sistematica del mercato obiettivo ed
identificati i partner commerciali
Grazie agli accordi di reciprocità tra l’Italia e
la Svizzera, è consentito ai soggetti titolari
di partita iva di ottenere il rimborso dell’IVA
pagata nello Stato estero. La CCIS:
• fornisce la necessaria documentazione;
• esamina la documentazione compilata;
• recapita l’istanza di rimborso
all’ Autorità fiscale competente;
• avvia e controlla l’iter della Vostra pratica;
• fornisce assistenza legale.
Siamo a vostra completa disposizione per ottenere maggiori informazioni e richiedere la
documentazione sul servizio per il rimborso
dell’IVA italiana, tedesca e/o di quella svizzera.
(Tel. +41 44 289 23 23)
RAPPRESENTANZA FISCALE IN
SVIZZERA PER IMPRESE ITALIANE
Le imprese che realizzano su territorio svizzero
operazioni imponibili all’iva svizzera per un
valore superiore a CHF 100’000 sono obbligate
a registrarsi ai fini iva in Svizzera. La Camera di
Commercio supporta in questo caso le imprese
italiane divenendo il loro rappresentante fiscale
occupandosi di aprire partita iva in Svizzera,
registrare le fatture in entrate ed uscita e
predisporre il rendiconto iva trimestrale.
Inoltre ogni assistenza fiscale legata alla
fatturazione di operazioni commerciali in
Svizzera è compresa nel servizio.
ritenuti più idonei per le imprese
a diventare affidabili interlocutori nel settore di riferimento, viene
organizzato un incontro presso le
aziende target così selezionate
permettendo alle imprese italiane
o svizzere un rapido ed efficace
ingresso sui rispettivi mercati di
riferimento.
Per ulteriori informazioni ed un
preventivo sul servizio, potete contattarci al seguente indirizzo mail
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