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`Evidentemente il sapiente ha studiato medicina`.
‘Evidentemente il sapiente ha studiato medicina’. Per una revisione dei rapporti fra i cosiddetti presocratici e la medicina ippocratica. L’esempio di Democrito M. LAURA GEMELLI MARCIANO Riassunto I presupposti teorici che hanno indotto a postulare una relazione di dipendenza unidirezionale degli scritti ippocratici da dottrine presocratiche vanno rivisti alla luce dell’analisi del contesto culturale del V sec. a. C. e dei casi specifici. La diffusione del sapere medico presso i profani colti e i ‘sapienti’ (sophistai) è molto più capillare e incisiva di quanto sembri e avviene non solo attraverso la lettura di trattati specifici, ma anche oralmente attraverso l’ascolto di conferenze pubbliche, la presenza a dibattiti fra medici o i dialoghi individuali. Questa acquisizione di sapere tecnico da parte dei ‘sapienti’ porta, soprattutto negli ultimi decenni del V sec. a.C., all’insorgere di una figura di sophistes a tutto campo che invade il territorio delle varie arti e scrive trattati specifici mettendosi in concorrenza con gli specialisti. Sulla base di queste considerazioni va ribaltato il modello secondo cui il medico ‘dipende’ sempre e comunque in qualche modo dalle teorie dei filosofi della natura. Il caso di Democrito è paradigmatico in questo senso. L’entusiasmo per la sua teoria atomica e per le sue articolate eziologie dei più svariati fenomeni ha fatto dimenticare proprio i suoi debiti nei confronti della letteratura tecnica e in particolare della tradizione medica. Questo contributo cerca di riportare alla luce questo sottofondo in relazione a punti cruciali delle sue dottrine e di chiarire il rapporto da una prospettiva opposta a quella tradizionale. 1. Il sapiente ‘studia medicina’. Diffusione del sapere medico nell’ultimo terzo del V sec. a.C. Il rapporto fra la medicina ippocratica e i cosiddetti presocratici non è stato posto, soprattutto da parte degli storici della filosofia, in modo problematico per lo meno fino a qualche decennio or sono perché si è partiti da una prospettiva squisitamente moderna secondo cui medicina e ‘filosofia’ intese, l’una come 129 MEDICINA & STORIA - SAGGI disciplina pratica, l’altra come speculazione teorica, sono non solo nettamente distinguibili, ma subordinate l’una (la medicina) all’altra (alla filosofia). Laddove vi fossero tesi analoghe, era chiaro che i medici, poveri di dottrina, dovevano aver attinto dai ‘filosofi’. Ci si è affannati spesso con notevoli sforzi a far quadrare le teorie idiosincratiche di certi autori del Corpus hippocraticum come ad esempio quello del De carnibus o del De victu con le dottrine di uno o più presocratici. Secondo questo filone interpretativo è sempre il medico che studia ‘filosofia’. Oggi, tuttavia, tutta una serie di studi sia nel campo dei cosiddetti presocratici, sia nell’ambito della medicina ippocratica, ha ridimensionato drasticamente questa prospettiva. La rigida barriera fra ‘filosofi della natura’ e medici è caduta1 e la maniera unidirezionale di concepire i rapporti fra questi due gruppi ha subito grosse revisioni. Si è constatato che spesso teorie apparentemente simili presenti negli uni e negli altri non implicano una necessaria dipendenza dei medici da determinati ‘filosofi’, ma rimandano invece o ad un sostrato comune di esperienze e di dottrine2 o addirittura ad una utilizzazione di sapienza medica da parte di questi ultimi3. Nel V sec. a. C., i confini fra medici e sapienti (questo termine è senz’altro più adeguato per i cosiddetti presocratici di quello di filosofi che evoca scenari speculativi di matrice aristotelica piuttosto lontani dalle caratteristiche di questi personaggi4), per lo meno nella percezione dei profani, erano piuttosto labili e questi ultimi in effetti ‘avevano studiato medicina’, come si esprimeva Illberg riguardo ad Asclepio, pur non avendola probabilmente mai praticata attivamente5. Essere ammessi al discepolato presso un medico, come si può ricavare dal giuramento ippocratico, comportava infatti una vera e propria adozione e una totale dedizione al ‘padre’ adottivo e alla sua famiglia oltreché un lungo periodo di apprendistato presso di lui. Tuttavia c’erano vari gradi e possibilità di assimilazione di un sapere Cf. i numerosi studi di Lloyd, in particolare Lloyd, 1987. Cf. Jouanna, 1988, 26-29; 1992b; 2003, LXII-LXX; Orelli, 1996. 3 Perilli, 2007. 4 Per una revisione dei concetti che hanno guidato dall’ ‘800 ad oggi l’interpretazione dei cosiddetti presocratici come filosofi, cf. Gemelli Marciano, 2007b, in particolare ‘Einführung’. 5 Da questo gruppo devono essere esclusi naturalmente i guaritori praticanti come Empedocle che si situano su un altro piano rispetto ai meteorologoi (come vengono chiamati ad Atene nell’ultimo quarto del V sec. a. C. quelli che noi definiamo filosofi della natura) del tipo ad esempio di Anassagora, Diogene di Apollonia o Democrito. Su Empedocle ‘guaritore’ cf. in particolare Kingsley, 1995 e 2003; cf. anche Gemelli Marciano, 2009. 1 2 130 M. LAURA GEMELLI MARCIANO - EVIDENTEMENTE IL SAPIENTE HA STUDIATO MEDICINA medico sia generale, sia più particolare6. Come si sa ad esempio dal trattato ippocratico Sulle malattie acute (ultimo terzo del V sec. a. C.), le famose Sentenze cnidie, già soggette ad una seconda redazione e dunque risalenti per lo meno già alla metà del V sec. a.C., offrivano una classificazione delle malattie con le relative indicazioni sintomatologiche e terapeutiche. Questo, come afferma all’inizio l’autore, è un sapere a cui chiunque, anche un non medico, può arrivare7 se impara a memoria la lezione. Anche un profano, inoltre, può apprendere facilmente i nomi dei rimedi che si somministrano abitualmente nei casi di malattie acute, ma il medico valente si vede nella prescrizione della dieta e nella somministrazione esatta e individualizzata dei rimedi8. L’insistenza sulla necessità di applicare le terapie in base alle costituzioni individuali, e non a generalizzazioni sulla composizione generale dell’ ‘uomo’, che richiede una lunga base di osservazione ed esperienza sul campo, è un motivo ricorrente non solo nello scritto-manifesto di questa tendenza come il De vetere medicina, ma anche in diversi altri trattati. Dunque una fonte di conoscenza della medicina da parte dei ‘sapienti’ di questo periodo in cui cominciano a circolare con più facilità e frequenza i libri sono proprio i testi medici. Questi, soprattutto quelli più tecnici, vengono scritti principalmente per allievi e colleghi, talvolta sono diretti anche ad un pubblico più vasto, ma non sono utilizzabili praticamente senza un lungo periodo di apprendistato presso un medico; i profani possono leggerli, ma non possono cavarne altro che teoria secondo molti autori ippocratici9. Il fatto stesso, però, che questi ultimi ripetano insistentemente questo ritornello fa nascere il sospetto che essi vogliano dissuadere da tentativi di plagio, peraltro esercitato con grande libertà e senza particolare biasimo nella letteratura tecnica fino alla tarda antichità10. Il messaggio implicito è questo: se anche si appropriassero di quanto sta scritto nel libro, gli utenti profani non potrebbero mai tradurre in pratica le loro conoscenze perché privi della necessaria esperienza acquisita presso un ‘tecnico’. Anche l’autore di un trattato come il De affectionibus (risalente probabilmente ai primi decenni del IV sec. a. C.), che esordisce affermando di voler Per una panoramica generale sulla formazione del medico e sulla diffusione del sapere medico è ancora utile Kollesch, 1979. 7 Acut. 1,1 (36,1 Joly = II,224 Littré). 8 Acut. 6,1 (38,11 Joly = II,238 Littré). 9 Il fatto che attraverso lo scritto si possano dare solo indicazioni imprecise e parziali e che questo non possa in alcun modo sostituire la pratica presso un medico è sottolineato a più riprese in diversi trattati ippocratici. Cf. su questo punto in particolare Dean-Jones, 2003, pp. 108-111, che riporta anche il brano aristotelico citato più oltre nel testo. 10 Cf. Langholf, 2004, p. 221 e 256 n. 38. 6 131 MEDICINA & STORIA - SAGGI offrire ai profani gli strumenti per poter giudicare la competenza e l’efficacia delle cure dei medici, stila in realtà un prontuario piuttosto sconnesso di malattie, diete e farmaci11 che sembra più utile ad un medico che ad un profano12. Egli puntualizza comunque che quest’ultimo può imparare quei rimedi che si scoprono per caso e che sono alla portata di tutti, ma non quelli che si scoprono nell’arte medica in virtù di una riflessione cosciente. Se uno vuole imparare qualcosa in questo campo, deve farlo da quelli che si intendono dell’arte13. Anche le sue informazioni non fanno il medico, ma forniscono solo nozioni talvolta criptiche di medicina ad un pubblico più vasto riciclando probabilmente uno scritto o note destinate agli specialisti. Queste caratteristiche dei manuali di medicina facevano dire più tardi ad Aristotele, alla fine dell’Etica Nicomachea (1181b 1-12), laddove polemizzava con i sofisti che volevano insegnare a far politica attraverso i discorsi, lo studio delle leggi e delle costituzioni, che non sembra che neppure dallo studio dei manuali [di medicina] si divenga esperti in medicina. Eppure i manuali cercano di descrivere non solo i rimedi, ma anche come si guarisca e come si debbano trattare i singoli casi, distinguendo le diverse costituzioni. Queste nozioni, però, sembrano sì utili agli esperti, ma inutilizzabili per gli inesperti14. Al di là dei vari caveat tutti questi testi ci informano comunque sulla diffusione della letteratura medica presso i profani colti negli ultimi decenni del V sec. a.C. Un altro importante canale di acquisizione del sapere medico è la trasmissione orale attraverso i dialoghi individuali, le conferenze e le dispute pubbliche. L’autore di Prorrhetikos II afferma che, per scrivere il suo trattato, ha utilizzato degli scritti, ma si è anche basato su dialoghi con medici le cui prognosi sono state lodate per la loro esattezza, con i loro figli e con i loro discepoli15. Come Cf. Langholf, 2004, pp. 229s. Questo risulta chiaro ad es. nel cap. 37, quando l’autore dà espressamente istruzioni al medico che arriva a casa del paziente su come interrogare quest’ultimo (58,19 Potter = VI,246 Littré) εϕπανεϖρεσθαι χρη; α} παϖσχει...) e su come arrivare alla diagnosi e poi alla terapia. Potter 1988, 4s. ipotizzava giustamente che le poche frasi riguardanti i destinatari fossero il risultato della ‘ristrutturazione’ di uno scritto destinato originariamente ai medici. Cf. anche Althoff, 1993, p. 222 e Wittern 1998, pp. 31s. 13 Aff. 45 (68,14 Potter = VI,254 Littré). 14 ouj ga;r faivnontai oujd∆ ijatrikoi; ejk tw’n suggrammavtwn givgnesqai. kaivtoi peirw’ntaiv ge levgein ouj movnon ta; qerapeuvmata, ajlla; kai; wJ” ijaqei’en a]n kai; wJ” dei’ qerapeuvein eJkavstou”, dielovmenoi ta;” e{xei”: tau’ta de; toi’” me;n ejmpeivroi” wjfevlima ei\nai dokei’, toi’” d∆ ajnepisthvmosin ajcrei’a. 15 Prorrh. II 4 (234,17 Potter = IX,20 Littré). 11 12 132 M. LAURA GEMELLI MARCIANO - EVIDENTEMENTE IL SAPIENTE HA STUDIATO MEDICINA si può poi vedere agevolmente dal Corpus hippocraticum, alcuni trattati del quale sono la redazione scritta di conferenze orali, i medici si producono anche in ‘dimostrazioni’ pubbliche (epideixeis)16 sulla validità delle loro teorie e terapie. L’autore dei trattati chirurgici Sulle fratture e Sulle articolazioni, redatti negli ultimi decenni del V sec. a. C., è particolarmente critico nei confronti di queste esibizioni che, se nell’immediato procurano fama e lode a chi le fa, sono però spesso dannose al malato e di conseguenza all’arte stessa. Egli accenna didatticamente a epideixeis sul modo di ‘ridurre’ un braccio rotto da parte di quei medici che si sono lasciati trascinare dalla ‘moda’ e teorizzano su terapie per cui sono sufficienti un occhio esperto e la pratica17, o stigmatizza la spettacolare messa in scena della succussione con la scala per ridurre una gobba invece incurabile18, o ancora l’inutile e perniciosa esibizione di abilità tecnica di coloro che applicano bendaggi ‘artistici’ ad un naso rotto19. È lo stesso medico poi ad informare di aver fatto fatica una volta a ‘convincere’ medici e profani al capezzale di un malato che la spalla può essere lussata solo verso l’ascella e non verso l’alto o all’infuori20. L’autore del Prorrhetikos II, dal canto suo, cita interventi diagnostici e prognostici estemporanei e quasi oracolari di medici contro altri medici in casa del malato21, e quello del De natura hominis accenna a veri e propri agoni pubblici sulla natura dell’uomo da parte di ‘sapienti’ e medici22. In conseguenza di questa divulgazione il sapere tecnico medico, nell’ultimo terzo del V sec. a.C., diviene praticamente patrimonio comune e diffuso dei profani colti, in particolare dei cosiddetti sophistai e dei loro discepoli e lettori. I riflessi del fenomeno sono evidenti non solo nella famosa descrizione della peste tucididea23, ma anche nelle escursioni comiche aristofanee24 e nella Sulle epideixeis dei medici cf. in particolare Demont, 1993. Fract. 2 (II,47,6 Kühlewein = III,416 Littré). 18 Art. 42 (II,167,7 Kühlewein= III,182 Littré). 19 Art. 35 (II,155,3 Kühlewein= III,158 Littré). 20 Art. 1 (II,111,12 Kühlewein = IV,78 Littré). 21 Prorrh. II 1 (218 Potter = IX,6 Littré). 22 Nat. hom. 1 (165,1ss. Jouanna = VI,32ss. Littré). 23 La bibliografia sui rapporti fra Tucidide e la medicina è immensa. Per una sintesi e relativa bibliografia, cf. Rechenauer, 1991; cf. anche Craik, 2001. Dato che egli sottolinea l’impossibilità di scoprire la causa scatenante del morbo, Tucidide utilizza significativamente nella descrizione della peste non un modello ‘eziologico’, ma un modello descrittivo riportandone solo la sintomatologia e il decorso secondo il tipico schema dei trattati nosologici più antichi come ad esempio la seconda parte di De Morbis II. 24 Su Aristofane e la terminologia medica, cf. il datato, ma ancora in parte utile, studio di Miller, 1945 e quello più recente e più prudente di Zimmermann 1992. 16 17 133 MEDICINA & STORIA - SAGGI precisa caratterizzazione delle sintomatologie dei personaggi tragici euripidei come Oreste nella tragedia omonima, come è già stato notato25. Il prototipo del sapiente polymathes che spazia in ogni campo dello scibile invadendo ampiamente il dominio delle technai è Ippia26. Anche Dionisodoro e il fratello Eutidemo vengono definiti da Socrate nell’Eutidemo platonico παϖσσοφοι e insegnano di tutto (271d-272a). Democrito, cui sarà dedicato ampio spazio più oltre, è a sua volta un sapiente a tutto campo che scrive di astronomia, di tattica militare, di agricoltura e, appunto, di medicina27. Per quanto riguarda questo versante specifico, Gorgia nell’omonimo dialogo platonico si vanta di poter battere un medico in un ‘concorso’ per medico pubblico, soprattutto con la sua arte retorica, ma anche con le sue conoscenze specifiche della materia28. La presentazione di Platone è naturalmente caricaturale, ma dà le dimensioni del fenomeno della diffusione del sapere medico presso i ‘sapienti’. Lo stesso Diogene di Apollonia, nella sua descrizione molto dettagliata del sistema sanguigno, fa capo senza ombra di dubbio alla tradizione medica pur elaborando una sua particolare teoria sul sistema circolatorio29. È difficile dire esattamente come si presentasse un testo ‘sofistico’ su temi medici, scritto da un profano, perché nessun trattato di questo genere si è tramandato se si escludono scarsi frammenti decontestualizzati di Diogene di Apollonia o di Democrito, ma qualcosa si può dedurre, per converso, dalle polemiche o dalle dichiarazioni d’intento degli scritti medici stessi. Gli autori ippocratici infatti non perdono mai di vista l’ambito piu specificamente medico e, se aprono alla cosmologia e alla cosidetta ‘meteorologia’, si ritengono in dovere di giustificarsi come se questi temi non fossero pertinenti ad uno scritto medico30. Per contro, molto probabilmente gli scritti di marca sofistica, anche quando trattavano soggetti tipicamente medici come ad esempio la natura dell’uomo, partivano da lontano e spaziavano piuttosto in un ambito considerato marginale dai medici, quello appunto dell’origine remota e della composizione elementare del corpo Smith, 1967. Cf. e.g. Pl. Hipp. min. 368b (DK 86 A 12). 27 La negazione a Democrito della paternità di opere di agricoltura e tattica militare è condizionata dal presupposto che Democrito è un filosofo e non può come tale essersi occupato di queste discipline ‘inferiori’ (e.g. Oder, 1890, p. 76; Wellmann, 1921, p. 4). Lo stesso ingiustificato scetticismo viene applicato alle sue opere di carattere medico. Cf. su questo Gemelli Marciano, 2007b. 28 Pl. Gorg. 456b. 29 Cf. su questo punto Lloyd, 2006. 30 Aer. 2,3 (189,4 Jouanna = II,14 Littré). 25 26 134 M. LAURA GEMELLI MARCIANO - EVIDENTEMENTE IL SAPIENTE HA STUDIATO MEDICINA umano fondandosi comunque su conoscenze tecniche derivate loro dalla lettura e dall’ascolto degli specialisti. Del resto l’abbondante utilizzazione della letteratura tecnica in generale che Platone attribuisce a Socrate e che utilizza poi egli stesso non nasce con lui, ma ha le sue radici ben più lontano, nella prassi di età sofistica. Il Socrate che troviamo in Senofonte seduto a conversare presso le botteghe degli artigiani non è un’immagine fantastica, ma offre una dimensione reale delle dinamiche dei rapporti fra tecnici e sapienti nell’Atene dell’ultimo quarto del V sec. a. C. Se dunque si prova a rovesciare la prospettiva e a prendere in considerazione non solo ciò che i medici hanno assunto a livello di teorie e di metodi dai ‘sapienti’, ma anche quello che questi ultimi hanno appreso ‘studiando medicina’, si potrà ristabilire un equilibrio e valutare con mente più libera e con risultati per certi versi sorprendenti anche aspetti teorici delle loro dottrine che affondano le radici proprio in un contesto culturale ‘fluido’ senza rigide barriere e senza gerarchie fisse. Si può illustrare con un esempio come il sapiente ‘studi medicina’, come ne rielabori principi guida e infine come il confronto con gli scritti ippocratici, gli unici testi ‘scientifici’ contemporanei ai cosiddetti presocratici che siano giunti per intero, costituisca un prezioso strumento per interpretare punti controversi delle loro dottrine. Democrito è a questo proposito un buon modello perché è proprio uno di questi sophistai. Alcuni titoli dei trattati tecnici riportati nel catalogo di Trasillo come ad esempio il Peri diaites (o Diaitetikon) e la Ietrike gnome31 rimandano inequivocabilmente a contenuti di tipo medico. Come autore di scritti medici Democrito ha del resto goduto di grande autorità nella tradizione medica fino all’età imperiale e oltre, come testimonia la fioritura di opere spurie a lui attribuite32. Vorrei dunque a questo proposito procedere come segue: innanzitutto illustrare l’importanza del sostrato di concezioni mediche soggiacente a quello che è considerato il cardine della dottrina democritea e cioè la concezione dell’atomo, in seguito mostrare come, anche per altri temi più specifici quali l’eziologia degli aborti, le forme atomiche dei succhi e le percezioni in generale, Democrito si sia ispirato alla letteratura medica, infine chiarire attraverso il confronto con gli scritti medici apparenti contraddizioni nella gnoseologia democritea33. Diog. Laert. 9,48 (DK 68 A 33, XII, 2-3). Cf. su questo tema Gemelli Marciano 2007a con relativa bibliografia. 33 Alcuni dei punti trattati qui di seguito riprendono aspetti esposti in modo più riassuntivo e in un contesto più generale in Gemelli Marciano 2007c, cap. VII. 31 32 135 MEDICINA & STORIA - SAGGI 2. Democrito e la medicina A. Atomi indistruttibili e corpi ‘morbidi’. Un aspetto della relazione Democrito-medici sempre trascurato perché la tradizione antica è marcata dai resoconti aristotelici che vedono l’atomismo come un risultato della riflessione sul problema della divisibilità all’infinito, consiste proprio nella fondamentale concezione dell’atomo e dei corpi in generale. Non si deve infatti dimenticare che l’assunzione di indivisibili come limite ultimo della divisione e come misura del reale e riflesso dell’uno è un assunto squisitamente accademico e che Aristotele, quando critica gli indivisibili, non solo ha come obiettivo principale Senocrate e le sue linee indivisibili, ma ha dietro di sé la terminologia e la problematica sviluppata proprio nell’Accademia platonica34. Se noi abbandoniamo per un momento la prospettiva aristotelica e ci spostiamo sul fronte del paragone con i testi medici più o meno contemporanei a Democrito, possiamo invece situare la problematica dell’atomismo su un altro sfondo più vicino alla realtà dei corpi e alle concezioni mediche. Nei testi ippocratici il corpo è concepito come qualcosa di estremamente instabile, suscettibile alle pressioni e alle variazioni interne ed esterne e dunque sostanzialmente predisposto alla malattia. I pori che lo attraversano, le cavità e gli interstizi lo rendono non solo permeabile ai flussi provenienti dall’esterno, ma facilitano anche il movimento di fluidi al suo interno creando sconvolgimenti e squilibri35. Il suo grado di predisposizione alla malattia è determinato dalla sua ‘resistenza’ e ‘compattezza’: come afferma l’autore del trattato De morbis mulierum I, i maschi in generale sono più sani perché hanno un corpo più compatto, con pori stretti che non permettono l’assorbimento e la ritenzione di liquidi, mentre le femmine, con il loro tessuto poroso e la loro conseguente sovrabbondanza di fluidi, hanno un equilibrio estremamente instabile e sono per la loro stessa natura più soggette alle malattie36. Il medico talvolta si serve proprio di questa predisposizione ‘morbida’, di questa debolezza congenita Per una dettagliata trattazione delle testimonianze aristoteliche e della tradizione antica sull’indivisibilità dell’atomo democriteo cf. Gemelli Marciano 2007c.14 35 Sulla concezione dei corpi come strutture permeabili e attraversate da ‘canali’ nel Corpus hippocraticum, cf., in particolare in relazione ai corpi femminili, Hanson, 1991, p. 85 e p. 105, n. 75-76; 1992, pp. 39s. e p. 61 n. 49; Dean-Jones, 1996, pp. 55-57; 72s. Sul movimento dei fluidi all’interno del corpo in seguito alla ‘trazione’ esercitata dalle cavità microscopiche e macroscopiche, cf. Orelli, 1996, pp. 69-79. 36 Mul. I 1,11-19 (88,24-89,17 Grensemann = VIII,12-14 Littré); cf. anche il testo quasi simile in Gland. 16,2 (121,20 Joly = VIII,572 Littré). 34 136 M. LAURA GEMELLI MARCIANO - EVIDENTEMENTE IL SAPIENTE HA STUDIATO MEDICINA dei corpi per esercitare su di loro delle α’ϕνα’ϖγκαι, per forzare in qualche modo la natura a dargli quei segni di cui egli ha bisogno per la diagnosi delle malattie invisibili37. La concezione dei corpi in generale, ma anche degli atomi in Democrito, che in definitiva sono pur sempre corpi, sebbene di un genere particolare, è fortemente marcata da questa visione medica oltre che da altre socio-politiche tipiche della cultura di età sofistica. Anche per lui, infatti, i corpi sono entità estremamente instabili e vulnerabili perché derivati da aggregazioni casuali e forzate di ‘individui’ rimasti in qualche modo impigliati e intrecciati gli uni agli altri, ma tendenti per loro natura a liberarsi e a ‘fuggire’ come l’individuo ‘naturalmente’ egotista delle dispute sofistiche su physis e nomos38. Poiché tutti i corpi sono disseminati di pori, di vie più o meno larghe, più o meno numerose, non formano mai una vera unità e si distruggono quando una ananke più forte di quella che li tiene insieme sopravvenga a separare e a disperdere le componenti elementari39. Dunque nel momento in cui i corpi sono sottoposti ad una pressione dall’esterno o dall’interno o emettono o accolgono effluvi, subiscono alterazioni commisurate alla loro maggiore o minore compattezza e resistenza e al grado di ‘costrizione’ esercitato su di essi o ai rispettivi effluvi ed afflussi. Anche l’introduzione o lo spostamento di un un piccolo corpuscolo ne modifica la struttura40. I corpi, anche quelli più duri, sono caratterizzati dunque, come nei trattati medici, da una predisposizione congenita all’alterazione e alla distruzione che li rende estremamente instabili e vulnerabili. I processi corporei sono talvolta percepiti come stati patologici: il coito è una piccola apoplessia (DK 68 B 32)41, la percezione stessa, come si vedrà più oltre, è una condizione di squilibrio permanente. De arte 12,3 (240,10 Jouanna = VI,24 Littré) o{tan de; tau’ta ta; mhnuvonta mhd∆ aujth; hJ fuvs i” eJkou’sa ajfih’i, ajnavgka” eu{rhken (scil. hJ tevcnh) h|isin hJ fuvs i” ajzhvmio” biasqei’sa meqivhsin: ajneqei’sa de; dhloi’ toi’si ta; th’” tevcnh” eijdovs in a} poihteva. Cf. anche Prorrh. II 30 (278 Potter = IX,60 Littré) wjfelevousi de; kai; ptarmoi;, kai; blevnnai ejn th’isi rJisi; ginovmenai, ma’llon me;n ajpo; tou’ aujtomavtou, eij de; mh;, ejx ajnavgkh”. 38 Sulle immagini ‘politiche’ nella rappresentazione dell’atomo, cf. Gemelli Marciano 2007c, cap. VII. 3 con bibliografia. 39 Arist. fr. 208 Rose (DK 68 A 37) stasiavzein de; kai; fevresqai ejn tw’i kenw’i diav te th;n ajnomoiovthta kai; ta;” a[lla” eijrhmevna” diaforav”, feromevna” de; ejmpivptein kai; periplevkesqai periplokh;n toiauvthn, h} sumyauvein me;n aujta; kai; plhsivon ajllhvlwn ei\nai poiei’, fuvs in mevntoi mivan ejx ejkeivnwn katæ ajlhvqeian oujdæ hJntinaou’n genna’i ª...º ejpi; tosou’ton ou\n crovnon sfw’n aujtw’n ajntevcesqai nomivzei kai; summevnein, e{w” ijscurotevra ti” ejk tou’ perievconto” ajnavgkh paragenomevnh diaseivshi kai; cwri;” aujta;” diaspeivrhi. 40 Arist. De gen. et corr. 315b 11 (DK 67 A 9), v. infra n. 79. 41 Cf. su questo frammento e sulla sua trasmissione nella tradizione medica Gemelli Marciano, 37 137 MEDICINA & STORIA - SAGGI Il medico, il cui scopo è il controllo dell’instabilità dei corpi e il ristabilimento dell’equilibrio attraverso la terapia, non si pone la domanda più generale della ragione della persistenza del mondo a fronte di questa estrema vulnerabilità e fluidità. Si tratta di un quesito che esula dalla disciplina stessa. Il sophistes, più teorico, parte invece proprio dalla costatazione della ‘morbidità’ dei corpi e procede all’indietro, a ricercare le cause in ‘ciò che è invisibile e controverso’ come l’autore del De vetere medicina rimprovera a questa categoria. Per Democrito la persistenza del mondo è garantita dalla indistruttibilità delle particelle primordiali e primigenie: l’atomo è diverso dagli altri corpi in quanto assolutamente compatto (ναστο’ν) e duro (σκληρο’ν), secondo le denominazioni originali. Questi termini sono sicuri perché uno è riportato come democriteo da Aristotele nel famoso frammento dell’opera su Democrito42 ed è molto specifico (indica un dolce infarcito e assolutamente compatto43 ed è in consonanza col linguaggio ricco di immagini di Democrito), l’altro si trova ancora in Aristotele, e compare in una citazione letterale di Seneca insieme a nastovn nella loro traduzione latina (duriora et pressiora)44. L’atomo è semplicemente un corpo non attaccabile da nessuna ajnavgkh, un corpo che può essere spinto qua e là, ma non ‘compresso’ o disgregato, è il corpo sterile sì, ma anche privo di pori che non emana effluvi né li riceve, non ‘si ammala’, non subisce alterazione e non percepisce. Il tema del corpo indistruttibile e inattaccabile dalle malattie è estremamente attuale negli ultimi decenni del V sec. a. C. quando guerre, discordie intestine, morbi e pestilenze sempre più frequenti distruggono non solo i corpi fisici, ma anche il tessuto sociale delle città, in particolare di Atene e di quelle che le orbitano intorno. Questo tema ritorna infatti in un testo contemporaneo a Democrito che non ha niente a che fare con la fisica o la medicina, ma definisce un individuo ideale e inesistente incapace comunque da solo di resistere alla pressione del gruppo. È l’Anonimo di Giamblico a descriverlo come ‘invulnerabile’, inattaccabile dalle malattie, impassibile, eccezionale e duro come il diamante nel corpo e nell’anima: 2007a, pp. 215-218. 42 Arist. Fr. 208 Rose (DK 68 A 37) Dhmovkrito” hJgei’tai th;n tw’n ajidivwn fuvs in ei\nai mikra;” oujs iva” to; plh’qo” ajpeivrou” ª...º tw’n de; oujs iw’n eJkavsthn (scil. prosagoreuvei) tw’i te de;n kai; tw’i nastw’i kai; tw’i o[nti. 43 Etym. magn. s.v. nastov”: oJ pepilhmevno” a[rto”, oJ mestov”, plhvrh”, kai; mh; e[con ti; kou’fon: ajpo; tou’ navssesqai ajrtuvmasin h] traghmasiv tisi. 44 Sen. Nat. quaest. 4,9,1 His, inquit (scil. Democritus), corporibus quae duriora et pressiora sunt necesse est minora foramina esse. Per questo passo e per la terminologia riportata da Aristotele cf. Gemelli Marciano, 2007c, cap. V. 4. 138 M. LAURA GEMELLI MARCIANO - EVIDENTEMENTE IL SAPIENTE HA STUDIATO MEDICINA Anon. Iambl. DK 89,6 se nascesse qualcuno che avesse da principio una tale natura, che fosse invulnerabile nella pelle, immune da malattie, impassibile, eccezionale e duro come il diamante [...]45 Se si prescinde dal fatto che si tratta di un essere umano, e si considerano solo le caratteristiche fisiche, gli stessi epiteti potrebbero adattarsi perfettamente anche agli atomi democritei. Quando pensano al corpuscolo eterno tetragono a qualsiasi colpo, pressione o ananke gli atomisti hanno dunque come modello, non una ‘materia’ generica, astratta e indistinta nella quale si possono operare ‘divisioni’, ma i corpi fisici concreti e specifici con la loro varia compattezza e vulnerabilità. Rivedere Democrito significa sottrarre l’esclusiva ad Aristotele e volgere l’occhio anche ai testi a lui più o meno contemporanei in particolare a quelli medici. B. L’embrione e i venti: le cause dell’aborto Le relazioni tra embriologia democritea e scritti embriologici ippocratici sono state ampiamente esplorate e, fino a qualche decennio or sono, spiegate ipotizzando una dipendenza unidirezionale degli ippocratici da Democrito46. Oggi, invece, si tende ad individuare in molti casi un sostrato comune di conoscenze47 o ad ipotizzare piuttosto una relazione inversa: sarebbe Democrito, il profano, ad essersi ispirato alla letteratura e alla tradizione medica48. Io vorrei qui esplorare in particolare un resoconto che mi sembra rimasto al margine delle trattazioni di questo tema e che rafforza quest’ultima ipotesi, e cioè la descrizione delle cause degli aborti in base al clima. Eliano riferisce che Democrito collegava al clima la frequenza degli aborti naturali. L’aborto è un tema tipicamente medico della cui trattazione presso i cosiddetti presocratici sembrano essere rimaste tracce unicamente nelle testimonianze su Democrito. Può essere un caso, ma anche un fatto indicativo: di tutti gli altri temi embriologici, compresa la sterilità delle mule, ci sono infatti anche testimonianze riguardanti altri autori. Ma c’è di più, perché l’eziologia democritea collega le possibilità di aborto al clima, un tema tipico della meeij me;n dh; gevnoitov ti” ejx ajrch’” fuvs in toiavnde e[cwn, a[trwto” to;n crw’ta a[nosov” te kai; ajpaqh;” kai; uJperfuh;” kai; ajdamavntino” tov te sw’ma kai; th;n yuchvn... 46 Lonie, 1981, Stückelberger, 1984. Per una rassegna e una discussione di queste posizioni con relativa bibliografia, Perilli, 2007, p. 165 n. 33. 47 Orelli, 1996. 48 Cf. in particolare l’articolata e cogente argomentazione in questo senso di Perilli, 2007, pp. 164-172. 45 139 MEDICINA & STORIA - SAGGI dicina meteorologica rappresentata nel trattato De aeribus aquis et locis. Qui l’autore, che scrive per i medici itineranti, fornisce una casistica delle malattie che possono insorgere in base all’orientamento delle città verso i quattro punti cardinali. L’influsso del clima sul corpo e sul conseguente sviluppo di malattie è un tema tipicamente ippocratico e specifico dei medici itineranti, come dimostrano le catastasi in Epidemie I e III, e rimerge con simili o diversi orientamenti teorici in altri trattati come il De victu e il De humoribus49. Non ha dunque senso parlare di un influsso di Democrito sull’autore ippocratico anche perché il trattato è molto verosimilmente anteriore agli scritti democritei50. Il medico accenna al tema dell’aborto in relazione alle città esposte al vento da sud: In primo luogo le donne sono malaticce e soggette a flussi; in secondo luogo molte sono sterili in seguito a malattia e non per natura e abortiscono frequentemente51. Egli ha già premesso che la costituzione degli abitanti di queste città è piuttosto lasca52. È evidente quindi che gli aborti sono causati proprio da questo rilasciamento del corpo provocato a sua volta dal vento caldo da sud. Nelle città esposte al vento da nord, invece, le donne sono sì sterili, ma a causa delle acque dure, crude e fredde che hanno conseguenze anche sul flusso mensile scarso e di cattiva qualità, in secondo luogo partoriscono con difficoltà, ma non abortiscono eccessivamente53. Anche in questo caso la premessa generale è che gli abitanti di queste città hanno un corpo ben tonificato e secco54 che evidentemente tiene saldo anche all’embrione impedendogli di scivolare via. L’autore non si dilunga sui dettagli perché il suo scopo non è qui quello di fornire un’eziologia dei singoli fenomeni, bensì una panoramica sommaria delle costituzioni generali e delle Cf. Jouanna, 1996, pp. 73-79. Sulla inconsistenza delle ipotesi di dipendenza da Democrito di questo trattato formulate a suo tempo da Diller, 1934 per la parte etnografica, cf. Stückelberger, 1984, pp. 80s. con relativa bibliografia. Cf. anche Perilli, 2007, pp. 168s. 51 Aer. 3,2 (190,14 Jouanna = II,18 Littré) prw’ton me;n ta;” gunai’ka” nosera;” kai; rJowvdea” ei\nai: e[peita polla;” ajtovkou” uJpo; nouvsou kai; ouj fuvsei titrwvskesqaiv te puknav. 52 3,2 (190,10 Jouanna = II,16 Littré) tav te ei[dea ejpi; to; plh’qo” aujtw’n ajtonwvtera ei\nai. 53 4,4 (195,4 Jouanna = II,22 Littré) e[peita tivktousi calepw’” titrwvskousiv te ouj sfovdra. 54 4,2 (193,1 Jouanna = II,18 Littré) tou;” de; ajnqrwvpou” ejntovnou” te kai; skelifou;” ajnavgkh ei\nai. 49 50 140 M. LAURA GEMELLI MARCIANO - EVIDENTEMENTE IL SAPIENTE HA STUDIATO MEDICINA possibili malattie che possono insorgere nelle città così orientate. Democrito, interessato invece specificamente all’eziologia, tratta il tema medico ampliandolo in questa direzione ed esprimendosi in un linguaggio ricercato ricco di immagini lontano dallo stile sobrio dei medici ippocratici. Democrito dice che nelle regioni meridionali gli embrioni abortiscono più facilmente che nelle regioni settentrionali, e a ragione; infatti i corpi delle femmine gravide si rilasciano e si dilatano per effetto del vento del sud. Essendo dunque il corpo rilasciato e non ben connesso anche i feti vagano qui e là e, riscaldati, scivolano e abortiscono facilmente; se invece c’è ghiaccio e soffia il vento del nord, l’embrione si compatta ed è difficile da smuovere e non viene agitato come dal flutto poiché non ondeggiando ed essendo in bonaccia si rinforza ed è vigoroso e resiste fino al tempo naturale del parto. Dunque al freddo, dice l’Abderita, l’embrione rimane, al caldo invece nella maggioranza dei casi, abortisce. Dice che, quando il caldo è eccessivo, è necessità che anche le vene e le membra si dilatino55. Come nel testo ippocratico, anche per Democrito il vento del sud rende i corpi laschi, mentre quello del nord li compatta e li rinsalda. Che il caldo dilati e il freddo restringa è un principio scontato, ma non è altrettanto frequente che questo sia applicato specificamente ai venti caldi e freddi. C’è inoltre un’immagine particolare dell’embrione che rimanda ancora a concezioni mediche. Il feto infatti viene implicitamente paragonato ad una nave che beccheggia su un mare in burrasca o che procede in bonaccia. L’immagine è sicuramente democritea perché ricorre anche in relazione alla pittoresca definizione del cordone ombelicale in un frammento letterale come “un ancoraggio contro violenta burrasca e vagare errabondo”56. Queste immagini del fetonave vagante Aelian. Hist. nat. 12,17 (DK 68 A 152) ejn toi’” notivoi” ma’llon ejkpivptein ta; e[mbrua Dhmovkrito” levgei h] ejn toi’” boreivoi”, kai; eijkovtw”: caunou’sqai ga;r uJpo; tou’ novtou ta; swvmata tai’” kuouvsai” kai; diivstasqai. a{te toivnun tou’ skhvnou” diakecumevnou kai; oujc hJrmosmevnou plana’sqai kai; ta; kuovmena deu’ro kai; ejkei’se kai; qermainovmena diolisqavnein kai; ejkpivptein rJa’ion: eij de; ei[h pavgo” kai; borra’” katapnevoi, sumpevphge me;n to; e[mbruon, duskivnhton dev ejsti kai; ouj taravttetai wJ” uJpo; kluvdwno”, a{te de; a[kluston kai; ejn galhvnhi o]n e[rrwtaiv te kai; e[sti suvntonon kai; diarkei’ pro;” to;n kata; fuvs in crovnon th’” zwiogoniva”. oujkou’n ejn krumw’i mevn, fhsi;n oJ ∆Abdhrivth”, summevnei, ejn ajlevai de; wJ” ta; polla; ejkptuvetai. ajnavgkhn de; ei\nai levgei th’” qevrmh” pleonazouvsh” diivstasqai kai; ta;” flevba” kai; ta; a[rqra. 56 Plut. De amore prol. 495E (DK 68 B 148) “oJ” ga;r “ojmfalo;” prw’ton ejn mhvtrhisin”, w{“ fhsi Dhmovkrito”, “ajgkurhbovlion savlou kai; plavnh” ejmfuvetai, pei’sma kai; klh’ma tw’i gennwmevnwi karpw’i kai; mevllonti”. Anche il secondo paragone che emerge da questo frammento, quello con il viticcio, si richiama ad un modello di confronto fra piante e corpo umano frequente negli scritti ippocratici e presente in particolare in un lungo excursus nel De natura pueri (22-27); cf. anche Octim. 1,2 (164,13 = VII,436 Littré); Hum. 11 (82 Jones = V,490 Littré). 55 141 MEDICINA & STORIA - SAGGI su un mare in burrasca presuppongono la concezione dell’utero instabile e peregrinante frequente nei trattati ginecologici ippocratici sulla cui origine si è sbizzarrita la critica57. A questo utero, già di per sé instabile, nel quale il feto si trova a beccheggiare pericolosamente quando il corpo si rilascia lasciandogli la possibilità di vagare si riferisce l’immagine democritea. Anche in questo caso non si può naturalmente affermare che Democrito derivi le sue concezioni da trattati ippocratici specifici, ma si può ribadire con un certo grado di probabilità che la sua trattazione di questi aspetti dell’embriologia non è certamente una sua trovata originale cui gli ippocratici avrebbero fatto capo, ma affonda al contrario le sue radici nelle concezioni mediche del corpo58. C. Dietetica e forme atomiche: la dottrina dei succhi Abbiamo detto che Democrito ha scritto un trattato Sul regime (Peri; diaivth”). Su questo tema si è dunque necessariamente confrontato con la tradizione medica in cui la dietetica è un soggetto preminente soprattutto nella seconda metà del V sec. a.C. Non è dunque sicuramente un caso che sia proprio lui il primo fra i cosiddetti presocratici ad aver trattato diffusamente dei succhi e delle loro proprietà perché le dynameis dei succhi e dei cibi e il loro effetto sulle costituzioni individuali dei singoli pazienti sono un tema tipico della dietetica. L’autore del De vetere medicina critica le tesi assolutizzanti sulla composizione dell’uomo e sulle proprietà dei cibi basandosi sulla relatività degli effetti dei succhi sulle varie costituzioni e regimi alimentari. Egli nega che si possa attribuire una sola ipotetica dynamis (caldo, freddo, astringente ecc.) a determinati alimenti in quanto la stessa sostanza, ingerita da soggetti diversi, produce differenti effetti. Procede poi a spiegare che la malattia è determinata da uno squilibrio fra i succhi all’interno del corpo: VM 14,4 (136,10 Jouanna = I,602 Littré) ci sono infatti nell’uomo salato, amaro, dolce, acido, astringente, insipido e altri innumerevoli [succhi] con svariate proprietà sia rispetto alla quantità che alla forza. Queste, finché sono mescolate e temperate l’una con l’altra non sono né manifeste né provocano Cf. e.g. Manuli, 1980, pp. 153-158 e 187-189; Hanson, 1991, pp. 81-87; Dean-Jones, 1996, pp. 69-76; King, 1998, p. 36. 58 Del resto il fatto che venti da nord e da sud influiscano sulla consistenza dei corpi e conseguentemente anche sul concepimento e la generazione è un tema tipico delle arti pratiche che presuppongono anche conoscenze di biologia: Aristotele, nel De generatione animalium (767a 8; cf. anche HA 574a 1), riferisce l’opinione degli allevatori secondo cui, quando l’accoppiamento avviene col vento da sud, nascono femmine, quando si verifica invece con vento da nord, maschi. Aristotele lo spiega col fatto che il vento da sud rende il corpo più rado, quello da nord più compatto. 57 142 M. LAURA GEMELLI MARCIANO - EVIDENTEMENTE IL SAPIENTE HA STUDIATO MEDICINA sofferenza all’uomo, quando però qualcuna di loro si separa e si isola, allora diventa manifesta e provoca sofferenze all’uomo59. A questi succhi interni si mescolano quelli provenienti dai cibi che non provocano grandi danni se ingeriti abitualmente, ma sono fonte di disturbi se penetrano in una costituzione non abituata ad un determinato regime. Quello che l’ippocratico riferisce alla possibile insorgenza di una malattia a causa di uno squilibrio fra i succhi, Democrito lo dice a proposito del prodursi delle sensazioni di determinati succhi in seguito alla prevalenza di una specifica forma atomica. Anche la relazione fra le forme che penetrano nei corpi e le strutture individuali gioca però un ruolo nella percezione: Theophr. De sens. 67 (DK 68 A 135) nessuna figura si trova allo stato puro e non mescolata con le altre, ma in ogni cosa ce ne sono molte e la stessa cosa contiene il liscio e lo scabro, il rotondo e l’acuto e le rimanenti forme. La forma preponderante è quella che massimamente prevale ai fini della sensazione e della [relativa] proprietà [dell’oggetto], e inoltre [è importante] in quale costituzione le forme si introducano; infatti anche questo è di non poca importanza perché talvolta la stessa proprietà produce sensazioni contrarie e proprietà contrarie producono la stessa sensazione60. Democrito, dunque, nega, come l’autore del De vetere medicina, che una sostanza possa possedere una sola proprietà e che produca la stessa sensazione in tutti e riconduce la sensazione prodotta da un determinato succo ad uno squilibrio nelle forme atomiche, applicando così alla percezione il modello che l’ippocratico applica al regime e alla malattia. Il medico, però, ha dietro di sé tutta una tradizione e non deve dipendere da Democrito per questo. Non bisogna infatti dimenticare che le riflessioni sulle proprietà e gli effetti dei cibi non doveva certamente essere suggerita ai medici da profani sophistai e[ni ga;r ejn ajnqrwvpwi kai; aJlmuro;n kai; pikro;n kai; gluku; kai; ojxu; kai; strufno;n kai; pladaro;n kai; a[lla muriva pantoiva” dunavmia” e[conta plh’qov” te kai; ijscuvn: tau’ta me;n memigmevna kai; kekrhmevna ajllhvloisin ou[te fanerav ejstin ou[te lupei’ to;n a[nqrwpon, o{tan dev ti touvtwn ajpokriqh’i kai; aujto; ejfæ eJwutou’ gevnhtai, tovte kai; fanerovn ejsti kai; lupei’ to;n a[nqrwpon. Cf. anche Nat. hom. 4 (172,23 Jouanna = VI,38 Littré); Vict. II,69,2 (202,1 Joly = VI,606 Littré). Su questo Jouanna, 1992a, 457-459. 60 aJpavntwn de; tw’n schmavtwn oujde;n ajkevraion ei\nai kai; ajmige;” toi’” a[lloi”, ajllæ ejn eJkavstwi polla; ei\nai kai; to;n aujto;n e[cein leivou kai; tracevo” kai; periferou’” kai; ojxevo” kai; tw’n loipw’n. ou| dæ a]n ejnh’i plei’ston, tou’to mavlista ejniscuvein prov” te th;n ai[sqhsin kai; th;n duvnamin, e[ti de; eij” oJpoivan e{xin a]n eijsevlqhi: diafevrein ga;r oujk ojlivgon kai; tou’to dia; to; aujto; tajnantiva, kai; tajnantiva to; aujto; pavqo” poiei’n ejnivote. 59 143 MEDICINA & STORIA - SAGGI come Democrito e che la tesi secondo cui squilibrio e malattia sono dovuti alla predominanza di un elemento nel corpo si può seguire nella tradizione medica fino ad Alcmeone61. C’è però un campo molto specifico in cui la teoria democritea dei succhi mostra analogie ancora più strette con un un testo ippocratico: quello della descrizione delle forme atomiche delle sostanze piccanti e dolci e dei loro effetti sul corpo. La testimonianza di Teofrasto su Democrito relativa a questo tema ricorda infatti il resoconto sugli alimenti nel secondo libro del De victu ippocratico una cui parte considerevole è dedicata alla descrizione dei cibi e delle loro proprietà. Così si esprime il medico sulle sostanze dolci, aspre, acide e simili: Vict. II,56,6 (180,14 Joly = VI,568 Littré) le sostanze dolci, grasse e oleose provocano pienezza in quanto, partendo da un piccolo volume, si espandono molto; scaldandosi e diffondendosi, integrano il calore del corpo ed hanno un effetto calmante. Le sostanze acide, aspre, agre, astringenti, grezze e secche non riempiono perché aprono gli orifizi delle vene e li purificano; e disseccando una parte, pungendo e contraendo l’altra, fanno fremere e contrarre in una piccola massa l’umido della carne; e nel corpo si crea molto vuoto. Quando dunque si voglia riempire partendo da pochi cibi o vuotare partendo da una maggior quantità, si usino queste sostanze62. Democrito descriveva in maniera analoga gli effetti delle forme dell’acido e del dolce: Theophr. De sens. 65 (DK 68 A 135) L’acido è, in quanto alla sua forma, angoloso e sinuoso, piccolo e sottile. Infatti per la sua acidità penetra velocemente e dovunque, d’altra parte, essendo ruvido e angoloso, astringe e contrae; per questo riscalda il corpo creando dei vuoti; infatti ciò che contiene più vuoto si riscalda massimamente. Il dolce è composto di figure tondeggianti non troppo piccole; perciò si diffonde per tutto il corpo e lo attraversa tutto senza violenza e non a gran velocità; provoca però sconvolgimento negli altri Cf. e.g. Alcmaeon DK 24 B 4; cf. anche Morb. sacr. 18,1 (31,16 Jouanna = VI,394 Littré). Ta; glukeva kai; ta; pivona kai; ta; lipara; plhrwtikav ejsti, diovti ejx ojlivgou o[gkou poluvcoav ejsti: qermainovmena de; kai; diaceovmena plhroi’ to; qermo;n ejn tw’i swvmati kai; galhnivzein poiei’. ta; de; ojxeva kai; drimeva kai; aujsthra; kai; strufna; kai; sugkomista; kai; xhra; ouj plhroi’, diovti ta; stovmata tw’n flebw’n ajnevwixev te kai; diekavqhre: kai; ta; me;n xhraivnonta, ta; de; davknonta kai; stuvfonta fri’xai kai; susth’nai ej” ojlivgon o[gkon ejpoivhse to; uJgro;n to; ejn th’i sarkiv: kai; to; keneo;n polu; ejgevneto ejn tw’i swvmati. o{tan ou\n bouvlhi ajp∆ ojlivgwn plhrw’sai h] ajpo; pleiovnwn kenw’sai, touvtoisi crh’sqai. 61 62 144 M. LAURA GEMELLI MARCIANO - EVIDENTEMENTE IL SAPIENTE HA STUDIATO MEDICINA [succhi] perché, penetrando attraverso le altre forme, le fa spostare e le umidifica; queste, umidificate e smosse dal loro assetto abituale, si riversano nel ventre; infatti questo è il luogo più facilmente accessibile perché qui c’è la maggior quantità di vuoto63. Sia per Democrito che per il medico l’acido ha la proprietà di contrarre e di creare vuoto, il dolce di diffondersi nel corpo e di riempire il ventre. Il medico è interessato soprattutto agli effetti dei succhi sul corpo, ma anche del corpo sui succhi (così ad esempio il dolce e grasso viene riscaldato dal calore del corpo e integra a sua volta questo calore) e all’impiego terapeutico di queste sostanze. Democrito, invece, da eziologo qual è, è concentrato sulla descrizione delle forme e dei meccanismi che producono questi effetti. I due passi, pur nella loro somiglianza, divergono anche nei dettagli e non possono essere considerati l’uno la fonte dell’altro. Il medico è uno specialista di dietetica e conosce da fonti mediche e dalla sua stessa pratica le proprietà dei succhi. Questi sono infatti temi ricorrenti nei trattati dietetici o che comprendono anche sezioni dedicate alla dietetica non solo nel Corpus hippocraticum64, ma anche in altri autori lievemente posteriori del IV sec. a. C. come Mnesiteo di Atene e Diocle di Caristo65 e non c’è certamente bisogno di far risalire queste osservazioni a sapienti presocratici. Molto più verosimilmente è Democrito ad attingere al patrimonio della dietetica del tempo rimaneggiandolo in direzione di un’eziologia atomista. To;n me;n ou\n ojxu;n ei\nai tw’i schvmati gwnoeidh’ te kai; polukamph’ kai; mikro;n kai; leptovn. dia; ga;r th;n drimuvthta tacu; kai; pavnthi diaduvesqai: tracu;n dæ o[nta kai; gwnoeidh’ sunavgein kai; suspa’n: dio; kai; qermaivnein to; sw’ma kenovthta” ejmpoiou’nta: mavlista ga;r qermaivnesqai to; plei’ston e[con kenovn. to;n de; gluku;n ejk periferw’n sugkei’sqai schmavtwn oujk a[gan mikrw’n: dio; kai; diacei’n o{lw” to; sw’ma kai; ouj biaivw” kai; ouj tacu; pavnta peraivnein: tou;” ãdæà a[llou” taravttein, o{ti diaduvnwn plana’i ta; a[lla kai; uJgraivnei: uJgrainovmena de; kai; ejk th’” tavxew” kinouvmena surrei’n eij” th;n koilivan: tauvthn ga;r eujporwvtaton ei\nai dia; to; tauvthi plei’ston ei\nai kenovn. Per la terminologia cf. anche Aff. 55 (82,23 Potter = VI,264 Littré) ta; de; strufna; xhraivnei kai; xunavgei to; sw’ma kai; stavs ima: ta; ojxeav lhptuvnei, dh’xin ejmpoievonta: [...] ta; lipara; kai; ta; pivona kai; ta; glukeva uJgrasivhn me;n kai; flevgma parevcei, komistika; dev. 64 Sulle proprietà e gli effetti dei cibi, a parte il secondo libro del De victu ippocratico, cf. gli excursus specifici in Aff. 40-43; 48-49; 52-54; 56-58. 65 Mnesiteo Fr. 22 Bertier; Diocle di Caristo Fr. 176 van der Ejik che critica le eziologie generalizzanti sulle proprietà dei succhi. Su questo passo cf. Van der Ejik, pp. 323-326. Smith 1979, p. 187 ricollega le osservazioni di Diocle a una tradizione medica piuttosto che specificamente ‘ippocratica’. 63 145 MEDICINA & STORIA - SAGGI D. Meccanismi percettivi e terminologia medica in un frammento ‘scettico’ (DK 68 B 9) Se si legge la descrizione dello sconvolgimento provocato dalla penetrazione delle forme atomiche del dolce nel corpo si può notare che la percezione di questo succo avviene a prezzo di un vero e proprio cataclisma anche se gli atomi si diffondono in maniera non violenta creando una sensazione gradevole. Infatti queste forme sconvolgono e disturbano le altre scardinandole dal loro ordine e facendole affluire al ventre. Lo stesso vale però per le forme dell’acido che, al contrario, ne agganciano e ne assemblano altre producendo un effetto astringente e creando dei vuoti. Dalle testimonianze dirette e indirette sulla concezione democritea delle percezioni emerge l’immagine di uno stato patologico permanente dei corpi in continua balia di flussi esterni ed interni che ne sconvolgono l’assetto e ne modificano la struttura. Non sorprende dunque che la terminologia di un frammento importante che descrive le sensazioni nei termini suddetti richiami specifiche espressioni del lessico medico e in particolare della dietetica: Sext. Emp. Adv. Math. 7,135 (DK 68 B 9) ma noi in verità non comprendiamo nulla di incontrovertibile, ma qualcosa che muta secondo la disposizione del corpo e delle cose vi penetrano e di quelle che oppongono resistenza66. La ‘disposizione del corpo’ è già di per sé un’espressione caratteristica. ∆ιαθη’κη è infatti una forma ricercata, tipica dello stile democriteo, per δια’θεσζ”. Quest’ultimo sostantivo è ovviamente usato da solo in una pluralità di contesti nella letteratura del V sec. a. C., ma nei testi medici è quasi constantemente inteso come disposizione del corpo67. Molto specifico è però anche il participio sostantivato τα’; επεισιο’ντα; un simile participio senza hJmei’” de; tw’i me;n ejovnti oujde;n ajtreke;” sunivemen, metapi’pton de; katav te swvmato” diaqhvkhn kai; tw’n ejpeisiovntwn kai; tw’n ajntisthrizovntwn. Cf. anche Theophr. De sens. 63-64 (DK 68 A 135) shmei’on dæ wJ” oujk eijs i; fuvsei to; mh; taujta; pa’si faivnesqai toi’” zwvioi”, ajllæ o} hJmi’n glukuv, tou’tæ a[lloi” pikro;n kai; eJtevroi” ojxu; kai; a[lloi” drimu; toi’” de; strufnovn, kai; ta; a[lla dæ wJsauvtw”. e[ti dæ aujtou;” metabavllein th’i krivsei kata; ta; pavqh kai; ta;” hJlikiva”: h|i kai; fanero;n wJ” hJ diavqesi” aijtiva th’” fantasiva”. Mantengo il testo tràdito dei manoscritti th’i krivsei contro le varie correzioni apportate dagli editori (th’i kravsei Wimmer, Diels Dox.: th’i krhvsei Schneider, Diels Vors.) in quanto qui Teofrasto si riferisce non al temperamento del corpo, ma al giudizio espresso sulle qualità dell’oggetto che muta in base alle affezioni e all’età. 67 L’espressione completa diaqevs ie” tou’ swvmato” si incontra solo in Morb. III 15 (32,15 Potter = VII,138 Littré), ma è frequentissima nei testi medici posteriori in particolare in Galeno (cf. De const. art. med. I,273; De temp. I,634 Kühn et al.). Gli ippocratici usano generalmente solo diavqesi”, cf. VM 6,2 (125,10 Jouanna = I,582 Littré); 7,2 (126,12 Jouanna = I,584 Littré); Octim. 12,1 (176,3 Joly = VII,456 Littré), v. n. 69. 66 146 M. LAURA GEMELLI MARCIANO - EVIDENTEMENTE IL SAPIENTE HA STUDIATO MEDICINA preposizione τα; ει’σιο’ντα è infatti nei testi ippocratici espressione corrente per indicare gli alimenti che penetrano nel corpo68. I due termini τα; εισιοντα e διαθεσζ” compaiono poi appaiati in un passo dello scritto Sul feto di otto mesi in cui si parla di un cambiamento di regime o di respirazione nel feto generatore di squilibrio e malattia: alimenti o aria ingeriti in quantità superiore all’usuale, sono costretti dalla loro massa stessa e dalla disposizione del corpo del bambino ad uscire dal di sopra o dal di sotto modificando l’equilibrio precedente che non comportava queste emissioni69. La stessa accoppiata di termini, in un diverso contesto, compare anche in un testo aristotelico sulle cause della generazione di maschi e femmine che riflette sicuramente la tradizione medica (ricorda le tesi del trattato ippocratico De aeribus, aquis et locis e De victu): la disposizione del corpo, come il nutrimento, dipendono dal clima, dagli alimenti e soprattutto dall’acqua presente in tutti i cibi. Per questo acque dure e fredde producono sterilità o nascita di femmine70. Non c’è nessuna relazione diretta ovviamente fra i testi succitati e il frammento democriteo, ma ciò dimostra che le due espressioni che compaiono in tutti sono parte di un lessico medico corrente che probabilmente veniva attivato per automatismo quando si parlava di regime o di temi che lo ricordavano. Ad una terminologia medica di diversa provenienza rimanda comunque anche l’altro participio sostantivato τα; αντιστηριζοντα. Il verbo αντι− Cf. e.g. Prorrh. II 4 (232,3 Potter = IX,18 Littré) toi’si de; sucna; ejsqivousin h[dh kai; polla; talaipwrevousi th;n dievxodon crh; malqakh;n ejou’san xhrh;n ei\nai, plh’qov” te tw’n eijs iovntwn kata; lovgon ãkai;à th’” talaipwrivh”. Cf. anche Morb. I 15 (132,23 Potter = VI,168 Littré) et al. Per l’uso verbale del participio, sempre correlato ai cibi cf. VM 14,6 (137,6 Jouanna = I,604 Littré) kai; ajpo; touvtwn (scil. tw’n brwmavtwn) pleivstwn ejs iovntwn ej” to;n a[nqrwpon tavracov” te kai; ajpovkrisi” tw’n ajmfi; to; sw’ma dunamivwn h{kista givnetai; Nat. puer. 26,2 (75,16 Joly = VII,526 Littré) et al. 69 Octim. 12,1 (176,3 Joly = VII,456 Littré) ai{ te trofai; kai; aiJ ajnapnoai; sfalerai; metallassovmenai: h[n ti ga;r noshro;n ejsavgwntai, kata; to; stovma kai; kata; ta;” rJi’na” ejsavgontai: kai; ajnti; tou’ tosau’ta ei\nai ta; ejs iovnta o{sa ejxarkevei kai; mh; perigivnesqai, pollw’i plevw eijsevrcetai, w{ste ajnagkavzesqai uJpo; tou’ plhvqeo” tw’n ejs iovntwn kai; uJpo; th’” diaqevs io” h|” diavkeitai to; sw’ma tou’ paidivou h[dh ta; me;n kata; to; stovma te kai; ta;” rJi’na” pavlin ejxievnai, ta; de; kata; to; e[nteron kai; th;n kuvstin kavtw peraiou’sqai, provsqen oujdeno;” toutevwn ou{tw genomevnou. 70 Arist. GA 767a 28 diafevrei de; kai; cwvra cwvra” eij” tau’ta kai; u{dwr u{dato” dia; ta;” aujta;” aijtiva”: poia; gavr ti” hJ trofh; givgnetai mavlista kai; tou’ swvmato” hJ diavqesi” diav te th;n kra’sin tou’ periestw’to” ajevro” kai; tw’n eijs iovntwn, mavlista de; dia; th;n tou’ u{dato” trofhvn: tou’to ga;r plei’ston eijsfevrontai, kai; ejn pa’sivn ejsti trofh; tou’to, kai; ejn toi’” xhroi’”. dio; kai; ta; ajtevramna u{data kai; yucra; ta; me;n ajteknivan poiei’ ta; de; qhlutokivan. 68 147 MEDICINA & STORIA - SAGGI στηριζω (come il sostantivo αντιστηριγµα) è infatti attestato nel V sec. a.C. solo nei testi ippocratici, per lo più nei trattati chirurgici in relazione agli strumenti di trazione71, ma negli scritti nosologici anche in termini più generali72. Una tale concentrazione di terminologia medica in un frammento sulle sensazioni non è dunque un caso e non è escluso che Democrito abbia concepito la relatività delle percezioni proprio sul modello della medicina a lui contemporanea che adattava alimentazione e terapie alle diverse costituzioni e ai diversi stati del corpo. I medici ‘gestiscono’ variazioni e squilibri per ottenere un effetto terapeutico e ristabilire l’equilibrio nel corpo e non si producono certamente in considerazioni sulle percezioni che esulano dal loro scopo immediato e che non avrebbero senso per chi fa dell’esercizio delle stesse un’arte. Il ‘sapiente’, invece, che si limita ad osservare i processi percettivi e a ricercarne le cause ultime, sviluppa il tema dell’instabilità dei corpi e della relatività delle percezioni in un contesto teorico generale concludendo che esse non possono fornire alcuna conoscenza sicura della qualità dei loro oggetti. Infatti lo stesso viene avvertito ora come come dolce, ora come amaro a seconda della persona, della condizione, dell’età e così via73. Tuttavia, come per gli ippocratici le percezioni dei pazienti74, ma anche le proprie danno al medico segni sul carattere della malattia nascosta, così per Democrito le sensazioni forniscono indicazioni più generali, nella fattispecie sulle forme degli atomi che le generano in quanto ogni sensazione di dolce, amaro e così via si presenta sempre con le stesse caratteristiche. Per arrivare a cogliere ciò che sta dietro al fenomeno e che è celato al profano in balia delle sue percezioni cangianti, ci vuole però una forma di conoscenza più sottile capace di dedurre l’invisibile dal visibile. È qui che entra in scena per Democrito la γνωµη γνησιη, la capacità di giudizio legittima, superiore a quella ‘bastarda’ (skotivh) dei sensi (che, per inciso, non vengono definiti con il termine comprensivo Cf. per ajntisthrivzw Art. 47 (II,178,7 Kühlewein= IV,204 Littré); per ajntisthvrigma Ibid. 9 ((II,125,3 Kühlewein= IV,100 Littré); 16 (II,141,13 Kühlewein= IV,130 Littré). 72 Cf. Morb. I 26 (166 Potter = VI,192 Littré) oJkovtan ou\n, touvtwn kekinhmevnwn te kai; diugrasmevnwn, xugkurhvshi w{ste rJigw’sai mequvonta h] nhvfonta, a{te ejo;n to; pleuro;n yilo;n fuvsei sarko;” mavlista tou’ swvmato”, kai; oujk ejonv to” aujtw’i e[swqen tou’ ajntisthrivzonto” oujdeno;”, ajlla; koilivh”, aijsqavnetai mavlista tou’ rJivgeo”; cf. anche Morb. IV 57,5 (123,16-18 Joly = VII,612 Littré) Anche in seguito il verbo si incontra soprattutto nei testi medici. 73 Theophr. De sens. 63 (DK 68 A 135) tw’n de; a[llwn aijsqhtw’n oujdeno;” ei\nai fuvs in, ajlla; pavnta pavqh th’” aijsqhvsew” ajlloioumevnh”, ejx h|” givnesqai th;n fantasivan. ª...º shmei’on dæ wJ” oujk eijs i; fuvsei to; mh; taujta; pa’si faivnesqai toi’” zwvioi”, ajllæ o} hJmi’n glukuv, tou’tæ a[lloi” pikro;n kai; eJtevroi” ojxu; kai; a[lloi” drimu; toi’” de; strufnovn, kai; ta; a[lla dæ wJsauvtw”. 74 Cf. VM 9,4 (128,15-17 Jouanna = I,590 Littré) e Jouanna, 1990, p. 174 n. 8, infra n. 82. 71 148 M. LAURA GEMELLI MARCIANO - EVIDENTEMENTE IL SAPIENTE HA STUDIATO MEDICINA aijsqhvsei”, ma, come negli scritti ippocratici, enumerati singolarmente75) in quanto non condizionata dalla mutevolezza delle apparenze e rivolta a ciò che non cambia, gli atomi e le loro forme. Quest’ordine gerarchico della conoscenza riproduce quello fra corpi composti, sottoposti ad alterazione e atomi inalterabili e introduce un giudizio di valore sconosciuto agli ippocratici che invece annoverano la γνωµη o il λογισµοζ”, la capacità di ‘calcolare’, accanto a quella di vedere, sentire, odorare, toccare, come naturale complemento della loro pratica quotidiana senza operare alcuna gerarchizzazione76: gli organi di senso sono per loro imprescindibili e la lunga pratica e gli insegnamenti del maestro forniscono loro la necessaria esperienza per l’uso sicuro e corretto delle percezioni. Democrito lo fa sostanzialmente perché non ha alle spalle questa pratica e questo esercizio e perché formula principi generali e delinea scenari cosmici che vanno al di là dell’ambito medico facendo pendere la bilancia dalla parte della ‘theoria’. La sua gerarchia riflette sì l’orgoglio del meteorologos che ‘vede’ quell’invisibile celato agli uomini comuni, ma nel contempo anche l’insicurezza generata da una teoria senza pratica che porta a trascurare e a svalutare percezioni e sensi, avvertiti come deboli perché non continuamente allertati e allenati. Forse anche in questo distacco progressivo della ‘teoria’ dalla ‘pratica’ sta la radice dell’aperto divorzio fa sensibile e intellegibile che sfocia nella dottrina platonica. E. Il cosiddetto scetticismo Alla luce di queste considerazioni sui metodi e i mezzi per conoscere ciò che è nascosto e sui rapporti fra percezioni e intelligenza presso i medici e in Democrito, si può affrontare ora il terzo e ultimo punto e cioè la chiarificazione, attraverso il confronto con la tradizione medica, di aspetti controversi della dottrina democritea in questo ambito. Uno dei risultati più illuminanti di questo procedimento concerne infatti la possibilità di conciliare il presunto Sext. Emp. Adv. Math. 7,139 (DK 68 B 11) levgei de; kata; levxin: “gnwvmh” de; duvo eijs i;n ijdevai, hJ me;n gnhsivh, hJ de; skotivh: kai; skotivh” me;n tavde suvmpanta, o[y i”, ajkohv, ojdmhv, geu’si”, yau’si”. hJ de; gnhsivh, ajpokekrimevnh de; tauvth””. ei\ta prokrivnwn th’” skotivh” th;n gnhsivhn ejpifevrei levgwn: “o{tan hJ skotivh mhkevti duvnhtai mhvte oJrh’n ejpæ e[latton mhvte ajkouvein mhvte ojdma’sqai mhvte geuvesqai mhvte ejn th’i yauvsei aijsqavnesqai, ajllæ ejpi; leptovteronã....Ô. 76 Cf. e.g. Off. 1 (I,30,1 Kühlewein = III,272 Littré) h] o{moia h] ajnovmoia, ejx ajrch’” ajpo; tw’n megivstwn, ajpo; tw’n rJhivstwn, ajpo; tw’n pavnth pavntw” gignwskomevnwn, a} kai; ijdei’n kai; qigei’n kai; ajkou’sai e[stin, a} kai; th’i o[yei kai; th’i aJfh’i kai; th’i ajkoh’i kai; th’i rJini; kai; th’i glwvsshi kai; th’i gnwvmhi e[stin aijsqevsqai, a{, oi|” ginwvskomen a{pasin, e[stin gnw’nai. Sull’uso dei sensi e l’osservazione dei segni significativi da parte degli ippocratici, cf. Jouanna, 1992a, 409-434; Gemelli Marciano 2007c, VII. 6. 2. 2. 75 149 MEDICINA & STORIA - SAGGI scetticismo di Democrito con la sua asserzione della verità dei fenomeni e la sua massima secondo cui essi sono una vista dell’invisibile. C’è infatti da tener presente che questa immagine bifronte è il riflesso di due interpretazioni seriori contrastanti: quella dell’accademia scettica e di una parte dei neopirroniani da una parte e quella di Aristotele e Teofrasto dall’altra. I primi fanno di Democrito uno scettico ante litteram riportando frasi decontestualizzate sull’impossibilità di conoscere: Diog. Laert. 9,72 (DK 68 B 117) in realtà non sappiamo nulla; La verità sta nel profondo77. o ancora Sext. Emp. Adv. Math. 7,136 (DK 68 B 10) ora che noi in realtà non comprendiamo come ciascuna cosa è veramente o non è si è mostrato in molti modi78. Alcune testimonianze aristoteliche e teofrastee ci rimandano invece l’immagine di un Democrito ‘protagoreo’ che vede ciò che appare come l’unica verità: Arist. De gen. et corr. 315b 6 (DK 67 A 9) poiché credevano che la verità sta in ciò che appare e i fenomeni sono contrari e infiniti, hanno posto infinite figure, in modo tale che a causa dei cambiamenti del sostrato la stessa cosa sembra essere a uno il contrario di ciò che sembra all’altro e cambia aspetto se anche un piccolo corpuscolo vi si mescola, e in generale appare differente se anche uno solo di essi cambia posizione79. Ambedue queste rappresentazioni contengono un fondo di verità, ma non si escludono a vicenda. Se è vero infatti che Democrito sembra esprimersi in maniera piuttosto pessimistica sulle possibilità di conoscere, è anche vero che approva il detto “i fenomeni sono la vista dell’invisibile”80 e utilizza le sensazioni comuni a tutti come pisteis, prove concrete, punti di appoggio da cui dedurre ejteh’i de; oujde;n i[dmen: ejn buqw’i ga;r hJ ajlhvqeia. ejteh’i mevn nun o{ti oi|on e{kaston e[stin ãh]à oujk e[stin ouj sunivemen, pollach’i dedhvlwtai. Cf. anche Sext. Emp. Adv. Math. 7,136 (DK 68 B 9), supra n. 66; 137 (68 DK B 6-8). 79 ejpei; dæ w[ionto tajlhqe;” ejn tw’i faivnesqai, ejnantiva de; kai; a[peira ta; fainovmena, ta; schvmata a[peira ejpoivhsan, w{ste tai’” metabolai’” tou’ sugkeimevnou to; aujto; ejnantivon dokei’n a[llwi kai; a[llwi, kai; metakinei’sqai mikrou’ ejmmignumevnou kai; o{lw” e{teron faivnesqai eJno;” metakinhqevnto”. 80 Sext. Emp. Adv. Math. 7,140 (DK 68 A 111) Diovtimo” de; triva katæ aujto;n e[legen ei\nai krithvria, th’” me;n tw’n ajdhvlwn katalhvyew” ta; fainovmena o[y i” ga;r tw’n ajdhvlwn ta; fainovmena, w{“ fhsin ∆Anaxagovra”, o}n ejpi; touvtwi Dhmovkrito” ejpainei’. 77 78 150 M. LAURA GEMELLI MARCIANO - EVIDENTEMENTE IL SAPIENTE HA STUDIATO MEDICINA le forme degli atomi che le producono. Allora come possono conciliarsi con questo sostanziale ottimismo le sue presunte dichiarazioni scettiche? Qui ci viene in aiuto la tradizione medica. Già ad Alcmeone un esordio apparentemente pessimista sulla possibilità di conoscere ciò che è nascosto non impediva di offrire un insegnamento professionale sulla costituzione del corpo e sulle cause delle malattie81. Presso i medici ippocratici poi l’affermazione della difficoltà di conoscere quanto è celato, si accoppia costantemente con un diffuso orgoglio corporativo che porta a sottolineare come, nonostante ciò, il buon medico sia in grado di individuare e interpretare i segni e di risalire alle cause anche delle malattie invisibili. L’autore del De vetere medicina dichiara esplicitamente di lodare quel medico che commette solo piccoli errori in quanto la perfezione è raramente osservabile, ma lo fa in un contesto che mette in luce sia la difficoltà dell’individuazione e dell’interpretazione esatta dei sintomi nei singoli individui82, sia la portata dell’impresa del medico che deve arrivare a riconoscerli senza sbagliare, a risalire alle cause e a proporre conseguentemente il rimedio adeguato per ogni singolo caso. La prima massima degli Aforismi ippocratici sottolinea ancora sia le insidie dell’esperienza diretta, sia le difficoltà del giudizio83, ma lo scopo della raccolta è proprio quello di fornire gli strumenti per superarle. Anche nel De arte emerge il problema della conoscenza esatta delle malattie nascoste, ma anche qui, non solo viene addotto a giustificazione delle eventuali dilazioni di una diagnosi, ma si accoppia con una assoluta fiducia nella capacità tecnica del medico di individuare e di curare queste malattie84 o di riconoscere quale sia incurabile per poter rifiutare la terapia. Si ha dunque Alcmaeon DK 24 B 1. Sui problemi interpretativi e il significato di questo frammento cf. Gemelli Marciano 2007d, pp. 18-22. 82 VM 9,4 (128,15-17 Jouanna = I,590 Littré) diovti pollo;n poikilwvterav te kai; dia; plevono” ajkribeivh” ejstiv. dei’ ga;r mevtrou tino;” stocavsasqai: mevtron de; oujde; ajriqmo;n ou[te staqmo;n a[llon pro;” o} ajnafevrwn ei[shi to; ajkribe;”, oujk a]n eu{roi” a[llæ h] tou’ swvmato” th;n ai[sqhsin. dio; e[rgon ou{tw katamaqei’n ajkribw’”, w{ste smikra; aJmartavnein e[nqa h] e[nqa. ka]n ejgw; tou’ton to;n ijhtro;n ijscurw’” ejpainevoimi to;n smikra; ajmartavnonta, to; de; ajtreke;” ojligavki” e[sti katidei’n. Il problema di interpretazione di hJ tou’ swvmato” th;n ai[sqhsin (si tratta della sensazione del paziente o di quella del medico?) va risolto nel contesto generale del passo che riguarda la dieta per la pletora e per gli stati di vacuità. Il medico deve infatti saper riconoscere se l’individuo in questione si trova in uno stato o nell’altro per non prescrivere un regime troppo scarso che ne indebolisca ulteriormente il fisico. Deve quindi avere come metro di valutazione i sintomi (cioè ciò che il paziente sente) che egli infatti più oltre elenca per ogni singolo stato in relazione al regime abituale del paziente, cf. 10,3-4 (130,9-131,10 Jouanna = I,592-94 Littré). 83 Aph. 1 (98,1 Jones = IV,458 Littré) ... hJ de; pei’ra sfalerhv, hJ de; krivs i” calephv. 84 De arte 11,1-4 (237,4-238,7 Jouanna = VI,18-20 Littré); 12 (240,1-241,11 Jouanna = VI,2226 Littré). 81 151 MEDICINA & STORIA - SAGGI l’impressione che il richiamo alla difficoltà di conoscenza faccia parte di una strategia comunicativa tesa ad esaltare le capacità del medico e a sottolinearne l’autorità. L’impresa è difficile, ma il medico esperto è comunque in grado di portarla a compimento. La stessa impressione si ha leggendo le testimonianze non ‘scettiche’ su Democrito85. Aristotele, nella Metafisica, riferisce che, di fronte alla relatività delle percezioni in base agli individui e alle loro condizioni fisiche, Democrito avrebbe dichiarato che o nulla è vero o la verità è invisibile, ma la sua rappresentazione come assertore della verità dei fenomeni qui e altrove86 e la massima già accennata di Democrito stesso secondo cui ciò che appare è una visione dell’invisibile sono complementari a questa dichiarazione: se la vera essenza dei fenomeni è invisibile, bisogna servirsi delle pisteis fornite dalle apparenze e colte dalle sensazioni, per arrivare a conoscerla. La γνωµη γνησιη, la capacità di giudizio legittima, di Democrito fa proprio questo, individua e interpreta correttamente, come presso gli ippocratici la γνωµη o il λογισµο‘ζ” del medico provetto, i segni giusti per arrivare all’invisibile. Egli non si mostra dunque pessimista sulla possibilità di descrivere questo ambito (del resto è questa una delle prerogative tipiche del meteorologos87), al contrario, se si considerano le dettagliate descrizioni delle cause invisibili delle sensazioni e dei fenomeni riportate dalle testimonianze indirette, si può concludere che, come gli ippocratici, anche Democrito, sottolineando la difficoltà dell’impresa di conoscere l’invisibile, mette tuttavia in rilievo la sua capacità di interpretare i segni e di penetrare nei minimi particolari in questo ambito nascosto alla maggior parte degli altri uomini. Viste in questo contesto e nella stessa ottica di quelle ippocratiche anche le presunte dichiarazioni scettiche di Democrito assumono dunque un’altra fisionomia: esse sottolineano in realtà le difficoltà di un’impresa comunque brillantemente superata. L’aspetto positivo delle presunte dichiarazioni scettiche è stato intravvisto anche, sebbene in una prospettiva ‘filosofica’, da Sassi, 1978, pp. 192s. in relazione a Senofane e Alcmeone. 86 Arist. Metaph. 1009b 7 (DK 68 A 112) dio; Dhmovkritov” gev fhsin h[toi oujqe;n ei\nai ajlhqe;” h] hJmi’n gæ a[dhlon. o{lw” de; dia; to; uJpolambavnein frovnhsin me;n th;n ai[sqhsin, tauvthn dæ ei\nai ajlloivwsin, to; fainovmenon kata; th;n ai[sqhsin ejx ajnavgkh” ajlhqe;” ei\naiv fasin: ejk touvtwn ga;r kai; ∆Empedoklh’” kai; Dhmovkrito” kai; tw’n a[llwn wJ” e[po” eijpei’n e{kasto” toiauvtai” dovxai” gegevnhntai e[nocoi. Cf. anche De gen. et corr. 315b 6 (DK 67 A 9), supra n. 79. 87 Le facoltà del meteorologos di far apparire come un illusionista l’invisibile davanti ai suoi ascoltatori sono ben sintetizzate da Gorgia nell’Encomio di Elena (DK 82 B 11, 13) o{ti dæ hJ peiqw; prosiou’sa tw’i lovgwi kai; th;n yuch;n ejtupwvsato o{pw” ejbouvleto, crh; maqei’n prw’ton me;n tou;” tw’n metewrolovgwn lovgou”, oi{tine” dovxan ajnti; dovxh” th;n me;n ajfelovmenoi th;n dæ ejnergasavmenoi ta; a[pista kai; a[dhla faivnesqai toi’” th’” dovxh” o[mmasin ejpoivhsan. 85 152 M. LAURA GEMELLI MARCIANO - EVIDENTEMENTE IL SAPIENTE HA STUDIATO MEDICINA Conclusione Da queste osservazioni sparse si può dunque concludere che la conoscenza della tradizione medica in generale (non necessariamente di trattati ippocratici specifici, anche se noi abbiamo solo questi come termini di confronto) ha svolto un ruolo fondamentale nell’opera di Democrito: nella formulazione di ipotesi centrali quali quelle sulla natura dell’atomo e sulla relatività delle percezioni, nella trattazione di argomenti biologici specifici e nell’apparato lessicale stesso. La tesi, della dipendenza unilaterale di scritti ippocratici da Democrito, basata sul presupposto del ‘primato’ della ‘filosofia della natura’ sulla medicina, va dunque profondamente rivista. Gli spunti interpretativi in questo senso forniti qui offrono naturalmente una visione parziale e circoscritta del problema, ma anche uno stimolo a reimpostare un discorso più generale sui rapporti fra i ‘sapienti’ e i medici nella seconda metà del V sec. a. C., un discorso che non sia viziato da residui ideologici e che tenga conto del carattere fluttuante del dare e dell’avere in relazione ai singoli casi e alle tematiche specifiche. Summary The belief in the dependence of the Hippocratic works on pre-Socratic doctrines will be reconsidered not only in relation to the fifth-century cultural context, but also in relation to specific cases. Medical knowledge was spread among both amateur scholars and among the ‘sapienti’ (Sophists) through treatises and public symposia. By the end of the last decades of the 5th century B.C., a new type of Sophist appeared as a result of the spread of this technical knowledge; who started writing treatises in parallel to the specialists. Consequently, we must reconsider the view that physicians always depended on the theories of natural philosophers. The case of Democritus is paradigmatic. The enthusiasm engendered by his anatomical theory and the aetiology of several phenomena has obscured his debt to the technical literature, in particular to the medical tradition. This essay seeks to underline the importance of that background to some crucial aspects of his doctrines and thus provides an alternative viewpoint to the traditional approach. 153 MEDICINA & STORIA - SAGGI BIBLIOGRAFIA Althoff Jochen, 1993, ‘Formen der Wissensvermittlung in der frühgriechischen Medizin’ in Kullmann Wolfgang, Althoff Jochen (Hrsgg.), Vermittlung und Tradierung von Wissen in der griechischen Kultur, Tübingen, Gunter Narr Verlag, pp. 211-223. Craik Elisabeth M., 2001, ‘Thucydides on the Plague: Physiology of Flux and Fixation’, Classical Quarterly 51, pp. 102-108. 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