Il «cervello» delle cose è piantato nella Rete «Internet
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Il «cervello» delle cose è piantato nella Rete «Internet
18 E C O N O M I A & L AV O R O indice positivo «C hiuderemo il primo anno di lavoro in Francia con un fatturato di oltre un milione di euro, che rappresenta il 10% dei nostri ricavi totali. Cresce anche la nostra presenza sul mercato inglese, tedesco e russo e pure in Oriente: l’ascensore interamente "made in Italy" comincia a essere il più richiesto a livello mondiale e ci porta alla sfida con colossi come Kone, Schindler e Domenica 23 Agosto 2015 Punta in alto la griffe degli ascensori più esclusivi Otis»: così Piero Mosanghini, presidente di Gruppo Millepiani, racconta l’evoluzione globale della sua azienda. All’inizio degli anni Duemila, il Gruppo Millepiani ha aggregato l’esperienza di mercato e la competenza tecnologica di una trentina di piccoli produttori di ascensori, dando vita a un competitor prima nazionale e ora anche internazionale. È la quinta azienda sul mercato italiano come numero di impianti gestiti in manutenzione (oltre 25mila). «La nostra mission è progettare e realizzare soluzioni di movimentazione verticale che altre imprese, multinazionali comprese, non riescono o non vogliono trovare». Non è un caso che clienti top come Armani, Prada, Ferragamo e Diesel si siano affidati a Gruppo Millepiani per costruire e gestire gli ascensori dei loro stores in tutto il mondo. O che l’azienda brianzola abbia vinto con netto distacco in termini di punteggio tecnico le gare per la realizzazione degli impianti presso la Reggia di Venaria Reale di Tori- no, la Borsa di Milano e l’aeroporto internazionale di Milano Malpensa. «L’eccellenza della nostra proposta tecnica nasce proprio dalla fabbricazione interamente "home made": è la cultura tecnica di un tessuto di imprese che ha dato vita al più importante mercato mondiale dell’ascensoristica, cioè l’Italia con i suoi 850mila impianti installati». Il made in Italy di Gruppo Millepiani affascina anche i nuovi ricchi, ad esempio i magnati russi che ordinano i mega yacht da Il «cervello» delle cose è piantato nella Rete «Internet of things», il nuovo ecosistema che entro 10 anni varrà 25mila miliardi CLAUDIA LA VIA D ispositivi tecnologici che si possono indossare, cartelloni pubblicitari capaci di mostrare a ogni osservatore un’immagine personalizzata e auto che si guidano da sole. Elementi di uno scenario futuristico raccontato già anni fa al cinema e che ora sta diventando realtà. Benvenuti nell’era dell’Internet of things, l’Internet di tutte le cose, – chiamata anche, per brevità, "IoE" o "IoT" – dove, grazie a chip e sensori inseriti all’interno di qualsiasi oggetto e connessi alla rete, il mondo fisico può essere (quasi) interamente digitalizzato, monitorato e, in molti casi, cuni mesi rilasciato HomeKit, uno strumento per aiutare gli sviluppatori a realizzare applicazioni che possano comunicare con accessori connessi e con la casa, e stessa cosa ha da poco fatto Microsoft con il suo nuovo sistema opera- «IoT», quell’acronimo coniato nel consorzio di ricerca del Mit L’Internet delle cose è vista come una possibile evoluzione dell’uso della Rete. Gli oggetti si rendono riconoscibili e acquisiscono intelligenza grazie al fatto di poter comunicare dati accedere ad informazioni aggregate da parte di altri dispositivi. L’Internet degli oggetti o IoT, acronimo dell’inglese Internet of Things, è un neologismo coniato probabilmente nel 1999 presso l’Auto-ID Center, un consorzio di ricerca con sede al MIT. Il concetto fu in seguito sviluppato dall’agenzia di ricerca Gartner. tivo Windows 10. Anche Qualcomm, azienda californiana produttrice di microprocessori, già da un po’ di anni ha iniziato a diffondere capillarmente i suoi chip per donare un’intelligenza informatica a qualsiasi oggetto inanimato: LA RICERCA I vantaggi della società che si sviluppa in network Una società sempre più connessa può contribuire a migliorare la qualità della vita e, al tempo stesso, favorire la crescita economica del Paese. Ne sono convinti più di due italiani su tre: a dirlo è la recente ricerca «Gli Italiani e la Società Connessa», condotta da Ericsson e dall’Università Luiss di Roma. Fra gli ambiti © RIPRODUZIONE RISERVATA da sapere Dispositivi da indossare, frigoriferi che fanno la spesa, cartelloni pubblicitari capaci di mostrare a ogni osservatore un’immagine personalizzata e auto che si guidano da sole: i colossi tecnologici puntano forte sulla frontiera digitale virtualizzato. Novità che aprono possibilità pressocché infinite. Si tratta di un ecosistema fondamentale e profittevole, tanto che un recente rapporto realizzato dal McKinsey Global Institute stima che abbia un potenziale impatto economico che, entro il 2025, sarà compreso fra i 4mila e gli 11mila miliardi di dollari. Le aziende tecnologiche hanno iniziato da tempo a lavorare per non farsi trovare impreparate. Lo ha fatto Samsung che, oltre ad avere acquistato Smart Things, un’azienda che sviluppa soluzioni per la casa "intelligente", dove tutti gli oggetti sono connessi e dialogano tra loro, ha annunciato che entro il 2020 tutti i suoi prodotti, dai telefoni ai frigoriferi, saranno connessi. Google starebbe lavorando a Brillo, una piattaforma dedicata all’IoT, e nel frattempo ha acquistato per 3,2 miliardi di dollari la startup Nest Labs che crea termostati e sensori smart per la casa. Apple ha da al- 70 metri e quattro ponti: su queste meraviglie del mare sono installati gli ascensori più lussuosi fabbricati da Gruppo Millepiani. «Possiamo progettare e costruire qualunque tipo di impianto, concepito non come mero mezzo di trasporto verticale ma come elemento integrato in un più ampio contesto architettonico e con un’attenzione speciale all’eco-sostenibilità, utilizzando materiali riciclabili al 98%. Daniele Garavaglia che più di altri, secondo l’indagine, potranno beneficiare degli effetti positivi della connettività diffusa ci sono soprattutto i servizi pubblici (per il 31% degli intervistati), con l’egovernment e la digitalizzazione della Pubblica amministrazione, ma anche l’istruzione (29%), grazie all’innovazione digitale applicata ai metodi di insegnamento, e la sanità (27%) dove sarà possibile sperimentare nuove frontiere della medicina grazie all’informatica e alla robotica spinta. (C.L.V.) Aggregando trenta imprese specializzate «Millepiani» è diventato il numero uno degli elevatori di lusso Expo 2015 Un laboratorio a cielo aperto di connettività P dalle lampade, all’aria condizionata e le lavatrici, fino alle automobili e ai dispositivi medici. L’Internet delle cose già oggi rappresenta il 10% del fatturato dell’azienda. Nel mondo dell’automotive l’azienda conta 20 milioni di auto connesse e alleanze con 16 produttori nel mondo. Sta già partecipando a più di 20 progetti sulle smart city e, grazie all’iniziativa Qualcomm life, è una delle aziende di riferimento anche nel settore della Iot applicata alla sanità, dove collabora con oltre 500 partner. A questo si aggiunge il cosiddetto "ecosistema" AllJoin che fa capo alla All seen Alliance: 150 aziende che lavorano assieme per costruire «uno standard per la comunicazione fra dispositivi, una "lingua comune" per Internet», precisa Fabio Iaione, country manager di Qualcomm in Italia. «In questo mondo – spiega – fanno il loro ingresso ora anche aziende che non hanno competenze tecnologiche specifiche, quindi avere un contesto già costituito è fondamentale». In parallelo Qualcomm lavora sull’evoluzione delle reti, cioè la fondamenta dell’Internet delle cose, che richiede una connettività sicura, veloce e continuativa. «Entro il 2018 ci saranno 5 miliardi di dispositivi connessi», spiega Iaione. Per questo «una connessione univoca non può più essere sufficiente». Da una parte, spiega il manager Qualcomm, bisogna continuare a spingere sulla connettività mobile del futuro (la tecnologia 5G), ma dall’altra occorre anche dare nuova "dignità" alla tecnologia wireless e al bluetooth, oggi strategici per la connettività diffusa in ambienti chiusi e all’aperto. La combinazione di più reti sarà l’unico modo per essere costantemente connessi. Il prossimo passo è lavorare sulla latenza, ossia il tempo di risposta impiegato da una connessione per inviare un segnale, ancora in alcuni casi troppo lungo. A restare aperti sono però i temi della privacy e della sicurezza, nonostante la crescente attenzione da parte delle aziende del settore. Soprattutto per quanto riguarda la vulnerabilità dei dispositivi stessi: router casalinghi, smart tv e frigoriferi sono infatti l’ultima frontiera degli attacchi dei cyber criminali. er capire quale potrebbe essere il volto della città intelligente del futuro basta fare un giro a Expo 2015, laboratorio a cielo aperto di connettività e informatizzazione spinta. All’interno dell’esposizione la tecnologia è onnipresente e fondamentale per creare una migliore esperienza per i visitatori e ridurre la complessità di gestione del sito. Il sistema funziona ed è stato realizzato a partire da una preziosa collaborazione fra le aziende fornitrici: «Ognuna ha collaborato in un progetto integrato» spiega Fabio Florio, Manager of Business development di Cisco Italia e responsabile per l’azienda del progetto Expo 2015. Cisco è il principale partner tecnologico assieme a Telecom Italia e il responsabile per le reti e le soluzioni Ip all’interno dell’area espositiva. Un ruolo strategico, considerato che che non esiste un servizio o una applicazione a Expo che non giri su rete Ip. A partire dai tornelli, dove gli accessi sono gestiti grazie a un sistema di Qr Code (codice a barre intelligente, ndr) che invia le informazioni al datacenter di Cisco, fino all’energia, con il sistema di smart metering di Enel che distribuisce la corrente in maniera "intelligente" a ciascun padiglione, in base all’effettivo consumo e fabbisogno. Poi ci sono le soluzioni per la sicurezza fisica, come le 2mila telecamere Ip o i sistemi di rilevazione fumi realizzati da Selex, del Gruppo Finmeccanica, connessi al sistema di controllo centrale. A questo si sommano 100 totem interattivi e una ventina di e-wall, oltre alle diverse applicazioni di realtà aumentata e servizi aggiuntivi presenti nei padiglioni. Anche "l’Albero della Vita" è dotato di soluzioni Cisco per gestire lo spettacolo di luci, musica e acqua. Alla base c’è un’infrastruttura costruita su 70 chilometri di rete in fibra ottica su cui ogni giorno viaggia in media un terabyte di informazioni, oltre alla rete wifi che gestisce quotidianamente circa 40mila connessioni, con picchi anche di 70mila. «In un mese abbiamo realizzato una città da 250mila abitanti e un modello espandibile ed esportabile di smart city» spiega l’amministratore delegato di Cisco in Italia, Agostino Santoni. Che ora vorrebbe "replicare" questo successo anche altrove. Intanto il colosso informatico sta già pensando come "riciclare" tutta la tecnologia installata a Expo: l’obiettivo è trasformare il sito espositivo in una Silicon Valley italiana dove università, aziende, centri di ricerca e start up possano trovare un ambiente favorevole per insediarsi. «Un patrimonio straordinario che può funzionare da acceleratore sia per l’industria It, sia per il comparto manifatturiero e per nuovi modelli di business» dice Santoni. Claudia La Via © RIPRODUZIONE RISERVATA © RIPRODUZIONE RISERVATA AUTOMOTIVE La frontiera è quella della guida grazie al sistema dei sensori CITTÀ E FABBRICHE Illuminazione stradale, parcheggi e gestione energetica i servizi chiave SALUTE Interventi chirurgici da remoto e controllo dei parametri a distanza Auto che si guidano da sole, intelligenti, dotate di sensori e capaci di gestire e far "dialogare" tutta la tecnologia montata a bordo con l’ambiente circostante e gli altri veicoli. Quando si parla di automotive l’Internet delle cose è già un elemento strategico perché, oltre agli strumenti di intrattenimento e di connettività a bordo, il tema caldo rimane la guida e tutti i servizi accessori. Grazie ai sensori montati sull’auto, per esempio, sono già stati realizzati sistemi automatici in grado di parcheggiare l’auto senza la presenza del guidatore, o in grado di "prevedere" i guasti attraverso una tecnologia di prognostica. Inoltre, secondo un recente studio della società di telecomunicazioni Usa Verizon, l’Internet delle cose porterà a un risparmio del 20-25% del costo del carburante dei veicoli commerciali. Questo sarà possibile attraverso l’implementazione di un sistema di gestione del parco veicoli legato proprio a sensori e connessioni wireless. (C.L.V.) Se sono gli oggetti connessi della "smart home" quelli di cui si sente più parlare, a spingere la domanda nel prossimo futuro – secondo un recente studio di Juniper Research – saranno soprattutto l’industria, dove l’automazione spinta abiliterà quella che da molti è già chiamata la "fabbrica 4.0", ma anche le città in cui, grazie alla connettività diffusa, sarà possibile gestire al meglio la sicurezza pubblica e la viabilità. Illuminazione stradale, parcheggi e gestione energetica intelligente sono solo alcuni dei servizi chiave delle smart city del futuro. Dopo essere state condivise in rete, tutte le informazioni vengono analizzate per garantire una gestione ottimale di infrastrutture e sistemi. Da un recente studio condotto dall’Osservatorio Internet of Things del Politecnico di Milano emerge che, grazie a una adozione dell’IoT in tutto il Paese, l’Italia potrebbe risparmiare complessivamente circa 4,2 miliardi di euro all’anno. (C.L.V.) L’internet delle cose ha aperto importanti novità anche nel campo della medicina soprattutto grazie alle tecnologie "indossabili". Sensori installati su braccialetti o indumenti e capaci di dialogare con un semplice smartphone (su cui è installato un programma specifico), permettono per esempio a un medico, anche a distanza, di rilevare e monitorare costantemente parametri di salute essenziali del paziente e nel caso intervenire. A questi si aggiungono gli strumenti evoluti di telemedicina che permettono interventi chirurgici da remoto grazie a un robot, i cui movimenti riproducono quelli di un medico che simula l’operazione al di là dello schermo. Secondo un’analisi condotta dal McKinsey Global Institute, nel 2025 il monitoraggio da remoto potrebbe creare valore economico pari circa a 1,1 mila miliardi di dollari all’anno grazie al potenziale miglioramento delle condizioni di salute di pazienti affetti da disturbi cronici. (C.L.V.)