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Utilizzo ed efficacia di in VulvoVagi ® spray nel trattamento

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Utilizzo ed efficacia di in VulvoVagi ® spray nel trattamento
MEDIATORE DI FUNZIONI FISIOLOGICHE
A RIPRISTINO DELLE ALTERAZIONI DELLA VULVA-VAGINA
IN CASO DI:
vulvovaginiti, vaginosi, prurito, secchezza vaginale,
riparazione tissutale
Classificazione delle infezioni a carico dell’apparato genitale femminile
La vagina è l’organo interno, in forma di canale elastico, che unisce il collo dell’utero ai genitali
esterni femminili. Il confine in basso verso la vulva è segnato dall’imene o dai suoi residui.
L’insieme delle specie microbiche che popolano la vagina costituisce l’ecosistema vaginale, un
insieme di microrganismi amici, utilissimi per il mantenimento del buono stato di salute. Fra questi
il ceppo più importante è quello appartenente alla famiglia dei bacilli di Doderlein di cui se ne
conoscono più di 40 ceppi. La funzione dei bacilli di Doderlein è quella di mantenere l’equilibrio
dell’intero ecosistema. Essi degradano il glicogeno e producono acido lattico e perossido di idrogeno
che contribuiscono a mantenere il pH vaginale tra 4 e 4,5. Tale valore di pH è ottimale per la
proliferazione dei Lattobacilli stessi che hanno il compito di mantenere sotto controllo la crescita di
tutte le altre specie microbiche e di evitare invasioni di patogeni esterni, anche grazie alla
produzione di batteriocine e lattocine, vere e proprie “munizioni biologiche” per il controllo della
proliferazione dei ceppi minoritari.
estrogeni
Glicogeno
cellula
vaginale
Inibizione
l’adesione
dei batteri
patogeni
citolisi
Enzimi
cellulari
Il ruolo del pH vaginale
Glicogeno
Monosaccaridi
Döderlein
Migliore
adesione
lattobacilli
Inibizione crescita
batteri anaerobi
pH<4.5
Inattivazione
Enzimi
batterici
(sialidasi)
Acido lattico
pH
Riduzione infettività
Clamidia
Riduzione infettività
Trichomonas
Sono pH e concentrazione di Ossigeno a regolare la popolosità degli abitanti dell’ecosistema,
perciò, quando si verificano innalzamenti del pH e l’ambiente diventa ipossico, i ceppi di Doderlein
subiscono una drastica riduzione, vengono prodotti molto meno acido lattico, perossido di
idrogeno, batteriocine e lattocine a vantaggio dei ceppi minoritari. Questi prendono il sopravvento
e innescano tutta una serie di competizioni negative che sono alla base di tutte le principali
alterazioni a carico della vulva-vagina.
Vaginosi e vaginiti sono fra le infezioni maggiormente diffuse a carico dell’apparato
genitale femminile. La loro incidenza sembra essere in continuo aumento. Infatti benché le
cause siano diverse e numerose, e non sempre di natura infettiva, la grande
maggioranza delle diagnosi si riferisce a:
 vaginosi batteriche, sindromi polimicrobiche caratterizzate da una radicale
modificazione dell’ecosistema vaginale con sostituzione della normale flora
lattobacilliare con flora patogena a prevalente composizione batterica
(Gardnerella, coliformi);
 vulvovaginiti da Candida albicans;
 vaginiti da Trichomonas vaginalis.
Vaginosi
Sindromi di origine batterica, sono polimicrobiche cioè caratterizzate da una radicale modificazione
dell’ecosistema vaginale con sostituzione della normale flora lattobacilliare con flora patogena a
prevalente composizione batterica. Ciò si verifica ad esempio quando a seguito di un innalzamento
del pH e/o di una riduzione dei livelli ottimali di ossigenazione tissutale, ipossia, un ceppo minoritario
come Gardnerella vaginalis, che prolifera in situazioni di ipossia, prende il sopravvento e causa uno
dei principali disturbi sintomatici corrispondente alla produzione di abbondanti secrezioni vaginali
maleodoranti. In questo caso non vi è la comparsa di un vero e proprio stato infiammatorio, vaginite,
bensì una alterazione della flora microbica locale causata soprattutto dalla competizione negativa
ad opera di ceppi anaerobi. Alterazioni a livello della flora microbica locale possono portare
all’insorgenza di vere e proprie patologie a carico dell’apparato genitale femminile, questo perché
una riduzione dei ceppi di Doderlein comporta un incremento del pH e il perdurare dello stato di
ipossia. In tali condizioni vengono a mancare le difese necessarie contro agenti patogeni esterni.
L’ecosistema vaginale diventa molto più vulnerabile alle invasioni di germi quali per esempio
Escherichia coli, Enterococcus fecalis, Candida halbicans etc, normali abitanti del colon che invadono
vagina e vescica provocando bruciore, prurito, infiammazione, cistite. Si può avere così il
sopraggiungere di una vaginite.
Vaginiti: tipologia e classificazione
Nella pratica ginecologica con il termine vaginite si intende descrivere un’infiammazione acuta o
cronica della vagina. Questa viene distinta in vaginite primaria quando l'infiammazione ha origine
nella vagina e vaginite secondaria quando l'infiammazione ha origine in una sede prossimale. Si
distingue inoltre in vaginite infettiva quando è identificabile un microrganismo specifico in quanto
agente eziologico del disturbo stesso e in vaginite non infettiva quando l’infiammazione non
riconosce una causa infettiva, potendo questa coincidere invece con alterazioni ormonali, ad
esempio legate alla menopausa, traumi, forte stress.
Quando l'infiammazione si estende anche alla vulva, fenomeno estremamente comune nelle
situazioni infettive, si parla più propriamente di vulvovaginite.
Le vaginiti infettive sono una condizione comunissima: 75 donne su 100 vanno incontro a
vulvovaginite da infezione micotica nel corso della propria vita, e nel 90% dei casi si tratta di
candidosi; in circa la metà di questi casi si va incontro ad almeno una recidiva e il 5% delle donne in
età adulta arriva a manifestare almeno 3 episodi di vulvovaginite da candida durante l'anno.
Le infezioni che portano a vaginite, vulvovaginite e vaginosi possono essere causate, come sopra in
parte già menzionato, da varie specie di microrganismi, tra i quali:
funghi, come Candida albicans oCandida glabrata (candidosi);
batteri, come Gardnerella vaginalis o Escherichia coli (vaginosi);
protozoi, come Trichomonas vaginalis (tricomoniasi).
Caratterizzati da minor incidenza, ma comunque presenti, abbiamo le vulvovaginiti da Neisseria
gonorhoeae e da Herpes simplex. Esistono poi alcuni agenti infettivi, ad incidenza più rara
(Haemophylus ducreyi), che possono arrivare a procurare ulcerazioni vulvovaginali o semplici
aderenze tra le pareti della vagina con successiva ulcerazione.
Fra le varie tipologie di vaginite va inoltre menzionata la vaginite atrofica, vaginite climaterica o
senile, una condizione morbosa tipica della menopausa e della post-menopausa, caratterizzata da
infiammazione della mucosa vaginale con progressiva diminuzione tissutale. La vaginite atrofica è
ad elevatissima incidenza in quanto è legata e determinata dal calo estrogenico tipico della
menopausa. Meno frequentemente una vaginite di origine atrofica può insorgere a causa del calo
estrogenico tipico del post-parto o dell'allattamento. Ovviamente anche la rimozione chirurgica
delle ovaie, con il conseguente calo estrogenico, può essere causa di vaginite atrofica. Conseguenze
della diminuzione degli ormoni circolanti in ambito vaginale sono una ridotta capacità di idratazione
della mucosa, assottigliamento di quest’ultima, perdita di elasticità delle pareti vaginali, riduzione
della capacità secretiva locale, incremento delle situazioni definibili come ‘dismicrobismi locali’,
alterazione del pH vaginale, tendenza all’infiammazione, all’irritazione, al bruciore e al prurito
localizzato. Fra i sintomi e i segni clinici a maggior incidenza si riscontrano distrofia, dispareunia,
ectropion, prurito vulvare, bruciore, xerosi, craurosi, reazioni atopiche e sanguinamento.
OZOILE® IN GINECOLOGIA
In questo quadro patologico si inserisce Ozoile® come valida alternativa alla terapia farmacologica.
“Senza farmaco, più del farmaco, nella prevenzione, come terapia”
Ozoile®, ozono topico stabilizzato in acido oleico con vitamina E acetato, grazie alla suà capacità di
liberare in loco Ozonidi, Bioperossidi, Ossigeno Molecolare, si presenta come mediatore di funzioni
fisiologiche a ripristino delle alterazioni a carico della vulva vagina. Non presenta controindicazioni,
non crea fenomeni di sensibilizzazione, non presenta problemi da sovradosaggio.
Ozoile® è particolarmente indicato non solo nella terapia, ma anche nel mantenimento e nella
prevenzione. Non agisce solo sullo spegnimento del sintomo, ma punta a riabilitare la funzione
danneggiata.
Ozoile® agisce sul sintomo perché contrasta infiammazione, prurito, sanguinamento.
Ozoile® riabilita la funzione danneggiata perché normalizza l’ecosistema vaginale, agisce sulla carica
microbica, contrasta l’ipossigenazione, ripristina il pH fisiologico, favorisce la riepitelizzazione del
pavimento pelvico.
Ozoile®: come si ottiene, processo brevettato
Ozoile® è il risultato di una innovazione di processo brevettato, ottenuto da gassificazione con Ozono
di olio di oliva da agricoltura integrata, estratto per spremitura a freddo da drupe parzialmente
invaiate ricche nella componente insaponificabile in cui i parametri della metodica di ozonizzazione
sono stati ampiamente controllati e monitorati ottenendo la stabilizzazione degli Ozonidi anche
tramite l’ausilio della Vitamina E acetato.
Si viene così a generare un pool di molecole altamente funzionali, che pur non essendo un farmaco
presenta una efficacia terapeutica immediata e/o a distanza che spinge a considerare Ozoile® come
un “farmaco” dotato di induzione biologica, dunque in grado di attivare le principali vie metaboliche
determinando risposte a livello cellulare.
Ozoile®: componenti principali
A contatto con cute e mucose gli Ozonidi stabilizzati di Ozoile®, grazie al basso peso molecolare,
alla breve lunghezza della catena degli acidi grassi saturati da Ozono e ad una parziale idrofilia
acquisita, attraversano con facilità la membrana plasmatica e una volta giunti nel citosol,
evolvono, ma solo in parte, in Bioperossidi ed Ossigeno molecolare. (1)
E’ al sinergismo d’azione di questo pool di sostanze (Ozonidi, Ossigeno Molecolare, Bioperossidi)
che potremmo definire derivati topici dell’Ozono in Ozoile®, che vanno attribuiti i successi
terapeutici nel trattamento di patologie a carico di cute e mucose quando sono in atto processi
infiammatori di diversa eziologia, infezioni da batteri, virus, miceti, disfunzioni dovute a condizioni
di ipossia o ischemia e più in generale a deficit del microcircolo.
Ozoile®: azione terapeutica

Incremento della produzione di ATP
Azione diretta sul metabolismo mitocondriale: in ambienti caratterizzati da un incremento
protonico, come quelli ischemici, ipossici, flogistici o più in generale in fase degenerativa, gli Ozonidi
da Ozoile® liberano Ossigeno molecolare evolvendo in Bioperossidi. L’Ossigeno molecolare ha una
azione diretta sull’attivazione della catena respiratoria mitocondriale con conseguente incremento
della produzione di ATP e regolazione dello stato di ipossia.
Accelerazione dello shunt dei pentosi: Ozoile® riversatosi nel citosol, grazie alla sua azione sui
coenzimi scatena un ciclo di reazioni legate alla trasformazione dei perossidi in alcoli. Questa
reazione combinata con la rottura dell’equilibrio GSH-GSSG produce una notevole accelerazione
dello shunt dei pentosi e quindi della glicolisi. (2)

Azione antinfiammatoria, lenitiva del rossore e del prurito
Gli Ozonidi da Ozoile® intervengono nella regolazione dei mediatori dell’infiammazione.
Attivano le COX-2 portando all’inibizione della sintesi delle prostaglandine, attivano MAO e
DAO nella demolizione di Istamina e Serotonina agendo sul dolore, rossore, prurito (3,4,5).

Induzione dei meccanismi di difesa aspecifica e degli enzimi scavenger
I Bioperossidi ottenuti per dissoluzione parziale in ambiente acquoso degli Ozonidi da Ozoile® sono
in grado di attivare i sistemi antiossidanti endogeni, enzimatici e non, coinvolti nella difesa aspecifica
sia a livello intra che extra-cellulare. E’ noto che bassi livelli di stress ossidativo indotto sono in grado
di agire da secondo messaggero in varie vie di segnaling cellulare promuovendo una risposta
biologica in grado di fronteggiare lo stress ossidativo per mantenere l’omeostasi (6).
Per esempio la dissoluzione degli Ozonidi in ambiente acido genera Bioperossidi, metaboliti che sono
in grado di attivare il sistema antiossidante endogeno inducendo la produzione di enzimi scavenger
(ossidoreduttasi):
 Catalasi
 Superossidodismutasi
 Glutatione ossidasi
e di comportarsi essi stessi da scavenger (spazzini) concorrendo alla «neutralizzazione» delle ROS
Ciò consente un abbattimento della carica radicalica legata ai processi flogistici.

Azione battericida, fungicida, virustatica
I Bioperossidi da Ozoile® presentano una elevata attività battericida e fungicida dovuta ad un’azione
ossidativa diretta con un meccanismo molto simile a quello utilizzato dai leucociti durante la
fagocitosi batterica. L’azione germicida causata dai Bioperossidi liberati da Ozoile® è dovuta
all’attacco diretto di questi ultimi verso numerosi costituenti cellulari quali proteine, enzimi
respiratori nella membrana cellulare, peptidoglicani nella parete cellulare, enzimi e acidi nucleici nel
citoplasma, proteine e peptidoglicani negli involucri delle spore (7,8,9). L’azione virustatica è dovuta
alla disattivazione dei recettori presenti sulla superficie virale, più precisamente a carico dell’Nacetilglucosammina, impedendo il riconoscimento virus-cellula bersaglio. Ne consegue che tutto il
ciclo replicativo viene arrestato.

Azione rigenerante, riepitelizzante dei tessuti tramite stimolazione di fattori di crescita
associati alla sintesi di Collagene e alla proliferazione dei fibroblasti
L’azione riepitelizzante e rigenerante dei tessuti danneggiati è ampiamente documentata da diversi
lavori sia in vitro che in vivo. Alcuni di questi riguardano studi istopatologici condotti sul dorso di
ratti cui son state praticate ferite trattate con oli vegetali sottoposti a processo di ozonizzazione
(10,11).
Lo studio dimostra che il numero medio di fibroblasti e neovasi è significamente più elevato
(ANOVA, Student -Newman-Keuls test, p<0.0002) nelle ferite degli animali trattati con olio
ozonizzato (70 e35mg/giorno) rispetto ai gruppi di controllo trattati con solo olio vegetale. Inoltre
negli animali trattati solo tre volte/settimana (cioè a giorni alterni) si evidenzia un ulteriore
incremento. I risultati elaborati tramite analisi statistica con il test di t Student (p<0.05) hanno
evidenziato una differenza significativa al settimo giorno di trattamento per quanto riguarda il
numero di fibroblasti e vasi neoformati, ma non per quanto riguarda il numero medio di macrofagi
e neutrofili. In tale lavoro si ipotizza dunque il possibile ruolo di modulazione sulle citochine e si
pensa che tale ruolo sia in qualche modo legato alla quantità di perossidi prodotti, cosicché la
somministrazione a dì alterni sembra essere quella migliore per una maggiore funzionalità della
concentrazione bassa dei perossidi.
Sembra giungere alle stesse conclusioni anche Roy Sashwati, qualche anno dopo, che dimostra che
il perossido di idrogeno potenzia l’espressione del VEGF e del suo recettore [VEGFR1] sui
cheratinociti umani (12). In un successivo lavoro (13) è dimostrato il significato del H2O2 nel regolare
i processi di cicatrizzazione in vivo. Usando la metodica del cilindro di Hunt–Schilling viene riportata
la prima evidenza che il sito lesionale contiene concentrazioni micromolari di H2O2 e che basse
concentrazioni di H2O2 supportano il processo di guarigione; infatti, nei topi con alterazioni dei geni
p47phox- and MCP-1 in cui la produzione endogena di H2O2 è assente, vi è alterazione della guarigione
delle ferite.
Un altro studio molto significativo riguarda gli effetti terapeutici dell’applicazione di olio ozonizzato
nella cicatrizzazione cutanea (14). Sono state utilizzate cavie di ratto sul cui dorso sono state create
lesioni cutanee con biopsia di 6mm di profondità, 4 lesioni per ogni cavia, trattate rispettivamente
due con 0,1ml di olio ozonizzato, una con solo olio, l’altra, il controllo, non trattata. Sono state
effettuate analisi clinica del grado di chiusura della ferita tramite elaborazione digitale, studi
istologici tramite colorazione con ematossilina-eosina e Massontrichrome, studi di
immunoistochimica. Questi hanno evidenziato che l’impiego di olio ozonizzato migliora in modo
significativo la guarigione cutanea acuta della ferite indotte mostrando un significativo
ridimensionamento della ferita rispetto al gruppo in cui era stato utilizzato il solo olio, nei giorni 5
(P <0.05) e 7 (P <0.01).
Gli studi istologici hanno consentito di associare l’accelerazione di chiusura della ferita con la sintesi
di collagene e proliferazione dei fibroblasti nel letto della lesione e nella zona perilesionale. Gli studi
di immunoistochimica hanno consentito di verificare che fattori di crescita quali PDGF, fattore di
crescita piastrinico, TGF, fattore di crescita trasformante beta, VEGF, fattore di crescita endoteliale
vascolare svolgono un ruolo importante per la chiusura della ferita nell’accelerazione associata alla
proliferazione dei fibroblasti e delle fibre di collagene.
RICERCA & SVILUPPO ERBAGIL SRL
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