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1/2005 - EGERIA Centro Ricerche Sotterranee
Considerations on water flow regulation in ancient time in the Alban Hills Considerazioni sulla regolazione delle acque in epoca antica nell’area dei Colli Albani Pio Bersani Geologist, free-lance professional E-mail: [email protected] Vittorio Castellani INAF Observatory of Rome, Accademia dei Lincei E-mail: [email protected] A B S T R A C T The Alban Hills, situated only a few kilometres east of Rome, represented the cradle of the civilisation of Latium which subsequently originated the very city of Rome. The Alban Hills host two age-old and grandiose waterworks: the underground outlets of the Albano and Nemi lakes. The significance, age and vicissitudes of these outlets cannot be alienated either from the context of the other waterworks present throughout the territory of the Alban Hills or from the geological and historical-religious context in which they were built. These ancient waterworks not only comprise other outlets but also aqueducts and cisterns regulating reservoirs, in addition to the extended reclamation and drainage of previously marshy lands. There are many indications as to the fact that in the Roman and pre-Roman age there was a much greater flow of surface water in the Alban Hills. The hydraulic network was started in very ancient times, almost certainly in the pre-Roman age. Indeed, the building technique used in the two major outlets presents close analogies with the waterworks built on the Greek island of Samos in the VI Century B.C. Moreover, the extensive reclamation and drainage works similarly recall the vast system of underground channels built to the same aim by the Etruscans in Veii. This system of underground channels, still noticeable on the farthest slopes of the Alban Hills reaching out onto the Pontine plains, is among the most incisive and ancient transformations in the hydro-geological arrangement of the Italian Central Tyrrhenian territory. Here, several minor ditches were routed into underground channels dug into the tufaceous banks and conveyed into larger trenches, at times also by diverting their course from the original valley to an adjacent one. One of the main difficulties met in studying ancient waterworks entails their dating as many of them have been modified, extended and re-used, especially during the Roman Empire, when many emperors erected their villas on the Alban Hills, thus still frequently contributing to the water management of the area even now. A major waterworks in the Alban Hills, not recognised as such up to now, is the drainage of the ancient lake of Doganella, located on the north-eastern rim of the Tuscolana-Artemisia caldera. Said lake, up to the VI-V Century B.C., was very likely to have had a surface area of approximately 2 km2, larger therefore than the present-day Lago di Nemi, when an anthropical cut was made into the enclosure of the Tuscolano-Artemisio complex, through which the Mola ditch now runs. Since then, the water level of the lake, and consequently also its surface, was first probably regulated by artificial dykes and subsequently drained only in the 4th Century B.C., as appears to be proven by the fact that the Via Latina was only prolonged over the area formerly covered by the lake in 370 B.C. Now, the only one still existing is the residual basin of the Doganella lake, with a surface area of approximately 50 hectares, is located south of the Via Latina and constituted the spring of the upper aquifer until 1938, when it was definitely drained by means of an artificial canal flowing into the Mola ditch and subsequently into the Sacco River basin. The Alban Hills constitute an example of the large-scale hydro-geological network put in place in the Archaean era. They therefore deserve to be more thoroughly studied and understood while simultaneously requiring timely and urgent action aimed at safeguarding and protecting the many known archaeological landmarks present which are now unfortunately often left abandoned and prey to an accelerated degradation process. Key words: hydro-geological network, underground water channels, Alban Hills. t&a 1/2005 GEN NAIO/MARZO 59 Considerations on water flow regulation in ancient times in the Alban Hills Considerazioni sulla regolazione delle acque in epoca antica nell’area dei Colli Albani Pio Bersani, Vittorio Castellani R I A S S U N T O Il rilievo dei Colli Albani, ubicato poco km ad oriente di Roma, è stato la culla della Civiltà Laziale, da cui ha avuto successivamente origine la stessa città di Roma. I Colli Albani ospitano due antiche e grandiose opere idrauliche: gli emissari sotterranei dei laghi di Albano e di Nemi. Significato, età e vicissitudini di questi emissari non possono peraltro essere separati dal contesto delle altre opere idrauliche presenti nel territorio dei Colli Albani, né dal contesto geologico e storico-religioso in cui furono realizzate. Tali antiche opere sono rappresentate non solo da ulteriori emissari, ma anche da acquedotti e cisterne per la gestione dei bacini idrici, cui si aggiungono vaste opere di bonifica e drenaggio di aree un tempo paludose. Vi sono molti indizi che fanno ritenere che sia in epoca romana che pre-romana vi fosse nell’area dei Colli Albani una molto maggiore disponibilità d’acqua superficiale. La sistemazione idraulica fu iniziata in epoca molto antica, quasi sicuramente pre-romana. La tecnica costruttiva dei due maggiori emissari presenta infatti strette analogie con opere idrauliche realizzate nell’isola greca di Samo nel VI secolo a.C. . E la vasta opera di bonifica e drenaggio richiama da vicino il vasto sistema di condotti sotterranei a ciò predisposto dagli Etruschi di Veio. Questo sistema di cunicoli, tuttora riconoscibile sulle ultime pendici dei Colli Albani fino alla Pianura Pontina, va annoverato tra le trasformazioni più incisive e più antiche dell’assetto idrogeologico del territorio dell’Italia centro-tirrenica. Qui infatti numerosi fossi minori furono incanalati sottoterra in cunicoli scavati nei banchi tufacei e condotti a sboccare in fossi maggiori, a volte anche attraverso la diversione del loro percorso dalla valle originale ad una contigua. Una delle maggiori difficoltà nello studio delle antiche opere idrauliche è costituita dalla datazione delle stesse, infatti molte opere antiche sono state modificate, ampliate e riutilizzate soprattutto in epoca romana imperiale, quando molti imperatori eressero sui Colli Albani le loro ville, contribuendo ancora oggi in molti casi alla regolazione idrica dell’area. Una grande opera idraulica nei Colli Albani, sinora non riconosciuta come tale, è la bonifica dell’antico lago della Doganella, ubicato al margine nord-orientale della caldera TuscolanaArtemisia. Con ogni probabilità tale lago è esistito con una superficie di circa 2 km2, superiore quindi a quella dell’attuale lago di Nemi, fino al VI – V sec a.C., quando fu realizzato un taglio antropico nel Recinto Tuscolano-Artemisio, dove oggi scorre il fosso della Mola. Da allora il livello del lago, e quindi anche la sua superficie, è stato dapprima probabilmente regolato con delle chiuse artificiali e poi è stato prosciugato solo nel IV secolo a.C., come sembrerebbe dimostrare il fatto che la via Latina è stata prolungata nell’area dell’ex lago solo nel 370 a.C. Da allora infatti è rimasto il bacino residuale della Doganella di circa 50 ettari di superficie, ubicato a sud della via Latina, che costituiva l’emergenza della falda idrica superiore fino al 1938, anno in cui è stato definitivamente bonificato con un canale artificiale che giunge nel fosso della Mola e quindi nel bacino del fiume Sacco. I Colli Albani costituiscono un esempio di sistemazione idrogeologica su vasta scala realizzato in epoca arcaica. Meritano quindi di essere maggiormente studiati e compresi e contemporaneamente necessitano di una tempestiva ed urgente azione di salvaguardia e tutela delle tante testimonianze archeologiche presenti già conosciute, che purtroppo attualmente sono spesso abbandonate e sottoposte a rapido degrado. Parole chiave: sistemazione idrogeologica, cunicoli idraulici, Colli Albani. 1. FOREWORD The Alban Hills (Fig. 1), situated only a few kilometres east of Rome, represented the cradle of the civilisation of Latium which subsequently originated the very city of Rome. The Alban Hills host two age-old and grandiose waterworks: the underground outlets of the Albano and Nemi lakes. The significance, age and vicissitudes of these outlets cannot be alienated either from the context of the other waterworks present throughout the territory of the Alban Hills or from the geological and historical-religious context in which they were built. These ancient waterworks not only comprise other outlets but also aqueducts and cisterns regulating reservoirs, in addition to the extended reclamation and drainage of previously marshy lands. JUDSON and 60 t&a 1/2005 GENNAIO/MARZO LEGEND 1) Ancient Gabii lake in the Castiglione crater. 2) Prata Porci (Lago Regina) Crater. 3) Pantano Secco (Lago Regillo). 4) Valle Marciana. 5) Ancient Doganella lake. 6) Campi di Annibale. 7) Malafitto Alto, Malafitto Basso and Cento Bocche aqueducts. 8) Albano lake outlet. 9) Fontana Tempesta tunnel. 10) Giuturna lake basin or Lacus Turni in the Pavona crater. 11) Hydraulic works in the Via Appia viaduct in the Ariccia Valley. 12) Nemi lake outlet. 13) Arician tunnel. 14) Lago di Giulianello. LEGENDA 1) Antico lago di Gabii nel cratere di Castiglione. 2) Cratere di Prata Porci (Lago Regina). 3) Pantano Secco (Lago Regillo). 4) Valle Marciana. 5) Antico lago della Doganella. 6) Campi di Annibale. 7) Acquedotti di Malafitto Alto, di Malafitto Basso e delle Cento Bocche. 8) Emissario del lago di Albano. 9) Cunicolo di Fontana Tempesta. 10) Bacino lacuale di Giuturna o Lacus Turni nel cratere di Pavona. 11) Opere idrauliche nel Viadotto della Via Appia a Valle Ariccia. 12) Emissario del lago di Nemi. 13) Cunicolo aricino. 14) Lago di Giulianello. Fig. 1 - Planimetry of the Alban Hills showing the geolocation of the hydraulic works discussed in the text. Planimetria dei Colli Albani con l’ubicazione di opere idrauliche discusse nel testo. t&a 1/2005 GENNAIO/MARZO 61 Considerations on water flow regulation in ancient times in the Alban Hills Considerazioni sulla regolazione delle acque in epoca antica nell’area dei Colli Albani Pio Bersani, Vittorio Castellani KAHANE [1963] reported the presence of over 45 km of underground channels in the southern part of the Alban Hills with the two large outlets of the Lago Albano and Lago di Nemi (Fig. 2) upstream. The hydraulic network in the area was started in very ancient times, almost surely in the pre-Roman age. Indeed, the building technique used in the two major outlets presents close analogies with the Eupalino tunnel, which was built on the Greek island of Samos in the VI Century B.C. Moreover, the extensive reclamation and drainage works similarly recall the vast system of underground channels built to the same aim by the Etruscans in Veii. This system of underground channels, still noticeable on the farthest slopes of the Alban Hills reaching out onto the Pontine plains,1 is among the most incisive and ancient transformations in the hydrogeological arrangement of the Italian Central Tyrrhenian territory. Here, several minor ditches were routed into underground channels dug into the tufaceous banks and conveyed into larger trenches, at times also by diverting their course from the original valley to an adjacent one. A great number of the ancient waterworks were subsequently modified, extended and re-used, especially during the Roman Empire, when many emperors erected their villas on the Alban Hills, thus still frequently contributing to the water management of the area even now. Generally speaking, as in the case of the reclamation works at the foot of the Alban Hills, the guiding principle applied was to withhold water at higher altitudes, where the rate of evaporation is lower, and later to release it in the summer period towards basins at lower altitudes (Albano, Nemi and Giuturna basins) or towards waterways downstream, principally in order to irrigate croplands. After portraying the geological and historicalreligious setting of the area, this paper shall aim to briefly illustrate current knowledge on the Albano and Nemi lake outlets and shall subsequently examine some of the waterworks comprising a more general hydraulic network: – – – – Minor lake basins; The Fontana Tempesta tunnel; Hydraulic works on the Ariccia Valley viaduct; The Upper and Lower Malafitto and Cento Bocche aqueducts; – The Doganella-Vivaro basin. The above examples only represent only a few token situations in a much broader picture comprising many other and equally important hydraulic works. The principal aim of this paper is to promote a unitary approach to the study of the ancient hydraulic networks on the Alban Hills, keeping in mind that there are many indications as to the fact that in the Roman and preRoman epochs there was a much greater flow of surface water in the area and also that one of the greatest difficulties met in the study of ancient waterworks is represented by their dating process. 2. BACKGROUND INFORMATION ON THE GEOLOGY, HYDRO-GEOLOGY AND GEOMORPHOLOGY OF THE LATIAN VOLCANO 2.1. Geology Fig. 2 - The underground tunnels in the Alban Hills area (taken from Judson and Kahane, 1963). I cunicoli nell’area dei Colli Albani (da Judson e Kahane 1963). (1) See, for example, Quilici-Gigli, 1999. The Alban Hills volcanic complex is characterised by the presence of a mixed-activity central edifice.2 Most of the volcanism developed between 0.53 and 0.36 million years ago. During this period, a first central edifice, known under the name of Tuscolano-Artemisio edifice, erupted approximately 150 km3 of magma scattered over an area of about 1500 km2. The activity of the Tuscolano-Artemisio edifice can be broken down into 4 main cycles, each of which is characterized by the emplacement of a pyroclastic flow and thick pyroclastite depositions interspersed with rare lava flows. Approximately 0.36 million years ago, a paroxystic (2) De Rita et al., 1988. 62 t&a 1/2005 GENNAIO/MARZO Considerations on water flow regulation in ancient times in the Alban Hills Considerazioni sulla regolazione delle acque in epoca antica nell’area dei Colli Albani Pio Bersani, Vittorio Castellani explosive activity of both the central edifice and of circum-caldera cracks determined the end of the volcanism event and the final collapse of the TuscolanoArtemisio edifice, thus forming the present-day homonymous Tuscolo-Artemisia caldera with a diameter of approximately 10 km. About 0.30 million years ago, the volcanic activity resumed within the collapsed area giving rise to a new central edifice, the volcano of Campi di Annibale. This volcano’s activity was mainly effusive with the formation of extended leucititic flows like the Capo di Bove outflow of approximately 0.26 million years ago which reached Rome around the present whereabouts of the tomb of Cecilia Metella. The volcanic activity of Campi di Annibale ended around 0.20 million years ago and it emitted very small volumes (approximately 2 km3) compared to the Tuscolano-Artemisio edifice (approximately 150 km3). The last phases of activity of the Alban Hills volcanic complex were of a hydromagmatic nature, i.e. determined by the encounter between the magma and phreatic water. Said activity produced a number of eccentric craters located in the Western section of the volcanic complex, such as the Albano, Giuturna, Nemi and Ariccia craters. Among these, the Ariccia crater is the oldest, later followed by the two hydromagmatic explosions that generated the present-day Albano crater through four events that generated an equivalent number of coalescent craters. The activity of the Giuturna crater alternated with the last two explosions of the Albano crater. Other eccentric craters, similarly generated by hydromagmatic explosions, are located in the northern section of the Latian Volcano: Castiglione, Valle Marciana, Prata Porci and Pantano Secco. The end of the hydromagmatic activity is estimated to date back to approximately 20,000 years ago. Moreover, the Alban Hills have continued to be subjected to a light, albeit continuous, seismic activity that manifested itself at varying time intervals.3 Secondary volcanism events perhaps also occurred in historical times which some correlate to the to the delayed release of gas from the magmatic chamber [ANDRETTA et al., 1988]. In relation to this, GALLI [1906] listed a whole set of historical records such as the legend of the destruction of the royal palace of Alba Longa, on the slopes of the Albano lake, following an eruption (and concomitant earthquake) that occurred around 900 B.C.: “an eruption of stones and rumbles on the Alban Hills” in 642 B.C. quoted from Titus Livius 4 Shaft stratographies,6 performed in the N-E section of the Tuscolana-Artemisia caldera in the area of the formerly existing Pantano della Doganella, at a depth of 40-45 m and at a ground level of approximately 525 m above sea-level, show an impermeable layer of clay of lacustrine origin with an average thickness of (3) Amato, 1999; Bersani, 1994. (4) Ab Urbe Condita, Book I, Chap. 31. (5) Ab Urbe Condita, Book XXIV, Chap. 7. (6) Camponeschi et al., Regione Lazio, 2002. t&a 1/2005 GENNAIO/MARZO and lastly “a last eruption of stones on the Alban Hills” in 216 B.C., again according to the same author.5 In much more recent times, BULLARD [1978] reported the news of a small eruption that was presumed to have occurred in 290 B.C. in the Alban Hills area although he does not quote the source. According to GHINI [1999], the institution of the novendial rites around the middle of the 7th Century B.C., which would later give rise to the Ferie Latinae, represents an act of expiation following the “falling of stones” that occurred at Lanuvio and on the Alban Hills and that was interpreted as a divine sign. Other stone-falls were also reported in Pometia [OSSEQUIENTE, 1992] and in Palestrina. GHINI [1999] also reports the probable activity in the solfatara lying between the Appian Way and Pratica di Mare as a possible post-volcanic activity of the Alban Hills complex, where the Latin peoples sited the infernal seat of the nymph Albunea. The stone-falls, considered by ancient populations as a real prodigy, were located in too many places (Alban Hills, Lanuvio, Pometia, Palestrina) to be caused by a volcanic phenomenon so they may be assumed to have been stones rolled down from the steep hill slopes after earthquakes or after forest fires and subsequently incorporated into a myth. In fact, just to make an example, after the violent fires that recently struck the area (during the ’70s and ’80s), the road leading from the town of Nemi down to the homonymous lake was entirely “invaded” by large lava stone boulders that rolled downhill. Lastly, we would like to recall how ancient populations correlated the excavation of the underground outlet of the Albano lake with a sudden and unexplainable rise in the water level of this lake around 399-398 B.C., during the war between the city of Rome and the Etruscan city of Veii. Recently, GIORDANO et al. [2004] suggested that the Albano Lake crater might have undergone the possible rising and subsiding of its water level (even by several tens of meters) concomitantly to endogenous processes affecting the hydrothermal system underlying the Albano crater. 2.2. Hydro-geology 63 Considerations on water flow regulation in ancient times in the Alban Hills Considerazioni sulla regolazione delle acque in epoca antica nell’area dei Colli Albani Pio Bersani, Vittorio Castellani approximately 20 m, with tuff products from the Latian Volcano at lower depths from ground level. This proves that, throughout the eruptive record of the Latian Volcano, there were long pauses during which the craters hosted even considerably large lake basins that became permanently established once the volcanic activity stopped. Fig. 3 shows the Alban Hills’ hydrogeological network taken from BONI et al. [1995], indicating the principal directions of underground water flows. A common feature of the underground water of volcanic landforms is that it directly follows the relief morphology.7 This is due to the fact that the Alban Hills comprise a stratovolcano, i.e. an edifice alternatively built with different materials: pyroclastic flows, lava flows and tuff products in general, which therefore also reflect a different degree of permeability. This entails the presence of several superimposed and isolated layers of underground water beds [REGIONE LAZIO, 1999]. For example, in the N-E section of the TuscolanoArtemisia caldera, in the Pantano della Doganella area, thick and practically impermeable layers composed of lacustrine deposits from paleo-lakes separate permeable layers of volcanic origin. In the Latian Volcano, it is thus possible to single out up to 5 superimposed and isolated water tables. The upper-most water table is the one that surfaces exactly in the aforesaid Pantano della Doganella area with springs at around 525 m above sea-level that collect the topmost water tables circulating in the landforms of the external enclosure (Artemisio). Instead, the deepest-set water table lies at altitudes below sea-level. Moreover, the water beds that convey water into the Albano and Nemi lakes (where the groundwater springs to the surface) are hydraulically separated even if they lie at a short distance the one from the other. On the Alban Hills, some of the present-day springs result from water table catchment works by means of horizontal underground channels, as is the case with the Acqua Acetosa spring on the N-E shore of the Albano lake where [CAPELLI et al., 1998] a tunnel furrows 20m into the slope, as well as with the Fontana Tempesta spring where a tunnel digs well over 100 m into the northern slope of the Nemi lake. It is interesting to note that the horizontal excavation of tunnels in order to reach the water bed is an age-old technique, certainly pre-Roman, that is widely used throughout the Mediterranean. LOMBARDI [1975] examined the water from the Latian Volcano springs. The cited work placed in a single group, and kept separate from other groups, the water from Fontana Tempesta (Nemi), Fonte dei Verbiti (Nemi), Carpinello (Rocca Priora) and Vivaro (Rocca di Papa). These waters were classified as “carbonate-bicarbonate-alkalineearthy waters” indicating a surface flow that is sufficiently rapid and/or linked to the drainage of a restricted area, exactly like that of the “Atrium” of the TuscolanaArtemisia caldera. Historical and geological records indicate that numerous Latian Volcano craters previously hosted lake surfaces while now only the Lago di Albano (or Lago Fig. 3 - Hydro-geological layout of the Latian Volcano (taken from Boni et al., 1985). Schema idrogeologico del Vulcano Laziale (da Boni et al. 1995). (7) Celico, 1982. 64 t&a 1/2005 GENNAIO/MARZO Considerations on water flow regulation in ancient times in the Alban Hills Considerazioni sulla regolazione delle acque in epoca antica nell’area dei Colli Albani Pio Bersani, Vittorio Castellani di Castel Gandolfo), the Lago di Nemi and the small Lago di Giulianello are still present at the eastern foothills of the Alban Hills, in addition to two little remnant lake basins simply called “Laghetto” (“Little Lake”): the first – the ancient Lacus Turni or Lago di Giugurta – in the Pavona crater, only a short distance from the Lago di Albano, and the second on the Via Casilina, north of Colonna. On the “Rome” geological sheet n. 150 of the Carta Geologica Italiana, the “alluviallacustrine tuff” formations are marked with the letters “av”, thus situating them in the Doganella, Ariccia, Prata Porci and the Marciana valley craters. These, like other craters, are drained by artificial channels while the remaining three larger lakes are all drained by artificial underground outlets. The last lake to have been drained was the Lago della Doganella in 1938. Said lake was situated in the municipality of Rocca Priora, in the N-E section of the Tuscolano-Artemisia caldera, and had a surface area of approximately 0.5 km2 and a maximum depth of 3 m. This was probably the remaining part of a larger lake that extended south towards the present-day area of Vivaro which had been partially drained in ancient times. The lake located in the Ariccia Valley crater was drained concomitantly with, or immediately prior to the construction of the Lago di Nemi outlet around the VI Century B.C. Pope Paul V Borghese had the Lago di Giuturna or Laghetto or Lacus Turni in the Pavona crater drained in 1611 and rehabilitated an old, probably Roman, outlet that had been made by excavating from the two extremes by means of a series of shafts, which still bears the signs of the beginning of a manway on the lake side. The lake located in the Castiglione crater, a short distance from the pre-Roman city of Gabii, was drained by Prince Francesco Borghese in 1838 although it had already been endowed with an outlet for the regulation of the water level in the Archean era; the marsh and wetland area of Pantano Borghese was reclaimed by Princes of the Borghese family in the 19th Century and the lake of Pantano Secco (Lago Regillo), near Frascati, was drained by Cardinal Scipione Borghese at the beginning of the 17th Century by re-converting an ancient tunnel probably dating back to the late Republican Roman era. Other lakes were drained in the Prata Porci crater above Frascati and in the Marciana Valley, between Frascati and Ciampino. Lastly, a lake probably also existed in the central part of the Latian Volcano, in the inner or Faete Enclosure, in the area now called “Campi di Annibale”. The draining of ancient lakes, which occurred in t&a 1/2005 GENNAIO/MARZO different historical periods, has contributed to lowering the underground water tables in the Alban Hills relief. Indeed, there are many indications that lead us to think that there was much more running water in the Alban Hills in ancient times than there is now. For example, important Roman aqueducts started off from the Malafitto (or Pescaccio) springs on the eastern shore of the Albano lake as well as from the Facciate di Nemi springs in the crater of the homonymous lake, which certainly carried an abundant flow of water. Even more recently, the capacity of many of the springs on the Alban Hills further dropped due to the overexploitation of groundwater with wells, to the point of reaching the water crisis of the early 1990s, which produced a considerable lowering of the Albano and Nemi lakes water level and the complete drying up of several springs. By way of example, mention should be made of the fact that in BONI et al., 1998, the flow rate of the already mentioned spring called Facciate di Nemi was indicated to be of 150 l/s and the Doganella spring’s flow rate was reported to amount to 100 l/s, both of which have now dropped considerably, in fact to the extent that the aqueduct (built in the early ’70s) that carried water from the Facciate di Nemi spring to the Ariccia Valley by partially exploiting the course of the Nemi lake outlet, has now been completely abandoned. At present, there are still numerous croplands throughout the territory of the Alban Hills and they are only confined by the presence of woodlands and urban infrastructures. They continue to be fertile lands, thanks to the volcanic nature of the soil, which were once irrigated with surface running water and that instead now almost entirely rely on groundwater pumped up from increasingly deeper wells. Until very recently, marshes and wetlands were merely considered to represent a hindrance for agriculture and grazing and were normally completely drained, also because of a general unawareness of the hydro-geological importance of the fact that they represented the areas with the highest rate of storm water infiltration, subsequently contributing to recharging the aquifers. 2.3. Geomorphology As indicated on Fig. 4, there are three, apparently man-made, “cuts” in the external Tuscolano-Artemisio Enclosure in the north-eastern section of the Alban Hills: a) around the Mola ditch, in the municipality of Palestrina, along the road leading to Carchitti from the Via Tuscolana; 65 Considerations on water flow regulation in ancient times in the Alban Hills Considerazioni sulla regolazione delle acque in epoca antica nell’area dei Colli Albani Pio Bersani, Vittorio Castellani b) along Via Tuscolana around the Algido pass; c) in the Passo del Broscione, between Colle Sarazzano to the north and Poggio Broscione to the south. Again, Fig. 4 also shows the presence, in the area around the Albano and Nemi lakes, of several gorges that are amazingly gullied by the effects of water if compared to the limited extension of the watershed: I: The Ariccia quarry gorge – Parcho Chigi, roundabout the Ponte di Ariccia – Km 26.6 of Via Appia (watershed of approximately 3 km2); II: The Galloro gorge, roundabout the Ponte di Galloro – Km 27.3 of Via Appia (watershed of approximately 2.5 km2); III: The gorge of the Genzano Chain, roundabout the Ponte della Catena – Km 28.2 of Via Appia (watershed of approximately 1.5 km2) which joins up with the Galloro gorge in the northeastern section of the Ariccia Valley crater; IV: The Fontana Tempesta gorge in the northern part of the Lago di Nemi (watershed of approximately 2 km2); V: The Nemi gorge (with two branches in the mountain area), between Via dei Laghi (roundabout Km 15) and the town of Nemi (watershed of approximately 3 km2); VI: The gorge located in the district of Quarto La Villa, between Genzano and Lanuvio (watershed of approximately 1.5 km2 at an elevation of 350 m on sea-level); VII: The gorge of Fosso delle Ferrovie between Genzano and Lanuvio (watershed of approximately 2.0 km2 at an elevation of 370 m on sea-level); VIII: The gorge of Fosso del Peschio on the external slopes of the Artemisio crater, uphill of Velletri (watershed of approximately 2.5 km2). 3. BACKGROUND HISTORY, RELIGION AND MYTHS OF THE AREA 3.1. History The favourable climate, the abundance of water and the morphological configuration of this area fostered the settlement and the permanence of human populations as early as pre-historic times. Indeed, the oldest record [GHINI, 1999] of human settlements in this area date back to the Lower Palaeolithic, between 300,000 and 200,000 years ago, which then became more substantial in the Middle Palaeolithic between 60,000 and 35,000 years ago. Traces of the presence of the Neanderthal Man in the Alban Hills area date back to at least 80,000 to 60,000 years ago [CHIARUCCI, 1988]. The Latian Volcano’s eruptive activity ceased around 20,000 years ago in a period corresponding to the cultural facies of the Upper Palaeolithic. The oldest settlement known up to now, in the Albano district of Colle Cappuccini, dates back to the Ancient Neolithic (5,000 – 4,500 B.C.) [CHIARUCCI, 1988] while the settlements in the Marciana valley, in the municipality of Grottaferrata, and in the area of Albano, in the districts of Montagnano and Campoleone, date back respectively to the Middle Neolithic (4,000 – 3,000 B.C.) and to the Final Neolithic (3,000 – 2,800 B.C.). Both in Albano and Grottaferrata, in the burial grounds of Villa Schiboni, there are records of human presence during the neo-Neolithic period (or Age of Copper) around 2000 – 1800 B.C. The lake dwellings dating back to the Middle Bronze Age [CHIARUCCI, 1988] were found at 11/12 metres of depth in the waters along the south-western shore of the Albano Lake and were named “Villaggio delle macine” (“The Millstone Village”) because of the large number of volcanic rock millstones found there. The settlement can be dated at between the 18th and 16th Centuries B.C. and it underwent different phases, also linked to the level of the lake’s water, with its economy being based on farming, hunting, fishing and metallurgy, as witnessed by the numerous bronze objects found (axes, knives and daggers). Contemporary of the Albano lake village is also the peri-lacustrine village in the municipality of Albano, in the district of Paluzzi in the Ariccia Valley which, at that time, was certain to host a lake basin and probably also a piledwelling settlement on the Lago di Nemi where more millstones made of local lava stone were found. These lake villages seem to correspond to a climatic phase in the 16th Century B.C. that was characterised by persisting drought, probably extending throughout most of Italy and Europe [CHIARUCCI, 1988]. The Colle della Mola settlement dates back to the middle and recent Bronze Age (15th – 12th Century B.C.) and lies in the present-day municipality of Rocca Priora, on a hill having an altitude of 640 m on sea-level, overlooking the underlying Valle Latina (through which Via Latina was later built in the 4th Century B.C.) and the volcanic lake called Pantano della Doganella (which, however, was considerably large at the time). This was a seasonal settlement whose occupation was linked to the 66 t&a 1/2005 GENNAIO/MARZO Reliefs of archaeological interest: 1) Colonna. 2) Monte Porzio Catone. 3) Monte Compatri. 4) Tuscolo. 5) Rocca Priora. 6) Monte Fiore. 7) Colle della Mola. 8) Monte Castellaccio. 9) Colle Jano. 10) Monte Tagliente. 11) Castel Gandolfo. 12) Monte Cavo (Monte Albano). 13) Colle Sarazzano. 14) Monte delle Grotticelle. 15) Maschio d’Ariano. 16) Colle Vescovo. 17) Albano. 18) Cappuccini di Albano. 19) Tofetti. 20) Monte Gentile. 21) Colle dell’Acero. 22) Colle delle Vacche. 23) Monte Peschio. 24) Monte Savello. 25) Ariccia. 26) Colle Pardo. 27) Monte dei Ferrari. 28) Maschio dell’Artemisio. 29) Monte Alto. 30) Monte Spina. 31) Monte Due Torri. 32) Colli di Monte Giove . 33) Lanuvio. 34) Velletri. Anthropic cuts: a) Fosso della Mola cut. b) Passo dell’Algido cut. c) Passo del Broscione cut. Deeply-cut gullies: I) Cava di Ariccia – Parco Chigi gully. II) Galloro gully. III) Genzano Range gully. IV) Nemi’s Fontana Tempesta gully. V) Nemi gully. VI) Gully in the Quarto La Villa area, between Lanuvio and Genzano . VII) Fosso delle Ferrovie gully between Lanuvio and Genzano. VIII) Fosso del Peschio gully upstream from Velletri. Rilievi di interesse archeologico: 1) Colonna. 2) Monte Porzio Catone. 3) Monte Compatri. 4) Tuscolo. 5) Rocca Priora. 6) Monte Fiore. 7) Colle della Mola. 8) Monte Castellaccio. 9) Colle Jano. 10) Monte Tagliente. 11) Castel Gandolfo. 12) Monte Cavo (Monte Albano). 13) Colle Sarazzano. 14) Monte delle Grotticelle. 15) Maschio d’Ariano. 16) Colle Vescovo. 17) Albano. 18) Cappuccini di Albano. 19) Tofetti. 20) Monte Gentile0. 21) Colle dell’Acero. 22) Colle delle Vacche. 23) Monte Peschio. 24) Monte Savello. 25) Ariccia. 26) Colle Pardo. 27) Monte dei Ferrari. 28) Maschio dell’Artemisio. 29) Monte Alto. 30) Monte Spina. 31) Monte Due Torri. 32) Colli di Monte Giove . 33) Lanuvio. 34) Velletri. Tagli antropici: a) Taglio del fosso della Mola. b) Taglio del Passo dell’Algido. c) Taglio del Passo del Broscione. Valloni molto incisi: I) Vallone della cava di Ariccia – Parco Chigi. II) Vallone di Galloro. III) Vallone della Catena di Genzano. IV) Vallone di Fontana Tempesta di Nemi. V) Vallone di Nemi. VI) Vallone in località Quarto La Villa tra Lanuvio e Genzano . VII) Vallone del fosso delle ferrovie tra Lanuvio e Genzano. VIII) Vallone del fosso del Peschio a monte di Velletri. Fig. 4 - Planimetry of the Alban Hills with the geolocation of the valley gorges, the man-made cuts and the hilly reliefs of archaeological interest. Planimetria dei Colli Albani con l’ubicazione dei valloni incisi, dei tagli antropici e dei rilievi collinari d’interesse archeologico. t&a 1/2005 GENNAIO/MARZO 67 Considerations on water flow regulation in ancient times in the Alban Hills Considerazioni sulla regolazione delle acque in epoca antica nell’area dei Colli Albani Pio Bersani, Vittorio Castellani phenomenon of transhumance, as evidenced by the following findings: hut foundations and materials of daily use such as stoves, loom weights, whorls, kneading bowls. Notice should also be taken of the fact [ANZIDEI, 1985] that the huts of the Bronze Age villages found in the Alban Hills are the same as the ones found on the Palatine Hill in Rome. Up to the end of the Bronze Age, the peoples of Latium lived in simple hut villages. The first urban layouts (including Rome) were started in the middle of the 8th Century B.C. and subsequently created the need to build aqueducts. Lastly, in Latium, the Age of Iron (XI-VII Century B.C.) is documented by the presence of necropoles and settlements scattered along the border of the Albano volcanic crater. Among these settlements, mention should be made of the famous settlement of Alba Longa, the mother-city of Rome lying on the eastern shore of the lake, in the proximity of the Palazzola convent and marked as SE “Albano” on the I.G.M. table 150 III. More recent surveys [CHIARUCCI, 1988; GHINI, 1999] instead seem to place it in correspondence with the present-day city-centre of Castel Gandolfo or in the Tofetti and Colle dei Cappuccini districts in the municipal area of Albano, on the crest of the southern slope of the lake. Others instead place Alba Longa in the area of Prato Fabio, in the proximity of the present-day town of Rocca di Papa. Still others [CAPRI et al., 1996; CAPRI, 2004] prefer siting the settlement on the ridge of the Artemisio crater, indicating the lake near Alba Longa to be the Lago della Doganella and not Lago Albano.8 It was exactly at this time that the Latin League was established: a confederation of towns in which Alba Longa (while it still existed) played a dominant role. Dionysius of Alicarnasso listed the thirty towns that comprised the Latin League, amongst which the following were located on the Alban Hills: Alba Longa, Aricia, Corilla, Tusculum, Lanuvium, Castrimoenium (the present-day Marino), Labicum (now Montecompatri or Colonna), Cabum (now Rocca di Papa), Corbium (now Rocca Priora), Velitrae (now Velletri). The Latin towns located on the border of the Alban Hills were: Tibur (now Tivoli), Fregellae, Gabii, Bovillae, Praenestae (now Palestrina), Cora (now Cori), Politorium (in the roundabouts of present-day Castel di Decima), Artena and the present-day Lariano. Lastly, other Latin towns located on the coast or in the adjacent (8) Information on the latest findings on the Bronze and Iron Age in the Alban Hills area is contained il the proceedings of the Workshop titled “Il territorio Veliterno nell’Antichità” organized in 2001 and 2003 by the “Oreste Nardini” Civic Archaeological Museum of Velletri. regions that had significant trade activities with the ones sited on the Alban Hills were: Ardea, Satricum, Pometia (or Suessa Pometia, located in the area of present-day Cisterna di Latina), Lavinium and Antium. During the reign of the Tarquinii [COARELLI, 1991] in the VI Century B.C., Rome probably played a leading role in the Latin League. The Foedus Cassianum, the Latin League and the Arician League reflect the Latin populations’ attempt to keep at bay the newly emerging city: Rome. The seat of the Latin League was in Aricia until 504 B.C. when the Romans and their Etruscan allies (led by Arruns, the son of Porsenna) were defeated by the Latins and their Cumaean allies in the battle of Aricia. After the battle, the Shrine of Diana was moved to the territory of Aricia, on the northern shores of the Nemi lake, where the construction of the Nemi lake outlet around 500 B.C. probably coincided with the building of the new shrine for the goddess Diana. The Latins were instead defeated [COARELLI, 1991] by the Romans in 499 (or 496) B.C. in the battle of Lago Regillo, generally considered to be the ancient basin of the Pantano Secco, near Frascati, which was subsequently drained at the beginning of the 17th Century. However, other authors [VENTRIGLIA, 1990] retain it to instead coincide with the ancient basin of the Pantano Borghese. The Latin League was subsequently dissolved in 338 B.C. after the final defeat suffered by the Latins against the Romans in the battle that took place near the Astura River. In 396 B.C. Rome, after engaging in a 10-year war, had already conquered the Etruscan city of Veii thanks to the underground tunnel excavated by Furius Camillus. According to Titus Livius, this is the date at which the outlet of the Albano lake was built; legend has it that the construction of the outlet was simultaneously requested by the Oracle of Delphi (History of Rome, Book V, 16) and by an Etruscan haruspex in Veii (History of Rome, Book V, 15) as the necessary conditon for a Roman victory. During the Roman era, the Alban Hills underwent a new phase of major developments: settlements and large villas mushroomed. Towards the end of the Republic, Pompeus Magnus had a large villa built west of the Appian Way, in the whereabouts of present-day Albano, which was later used by a host of emperors, including Tiberius and Domitian. Julius Caesar had a villa of his own built near the outlet of the Nemi lake and Octavianus Augustus probably had a villa built on the shores of the Albano lake, near the present-day Palazzolo Convent, as he had spent part of his youth in the villa owned by Octavianus’ family near Velletri. Mention should also be made of the villas owned by Tiberius on Colle Tuscolo, by Caligula on the Nemi lake, 68 t&a 1/2005 GENNAIO/MARZO Considerations on water flow regulation in ancient times in the Alban Hills Considerazioni sulla regolazione delle acque in epoca antica nell’area dei Colli Albani Pio Bersani, Vittorio Castellani by Vitellius in the area of Monte Gentile overlooking the present-day town of Ariccia, by Domitian in the presentday Castel Gandolfo, by Antoninus Pius in the area of Monte Cagnoletto between Velletri and Lanuvio, by Commodus in the area of Lanuvium, by Clodius in the area around Castel Gandolfo. Also other eminent Romans were closely related with the Alban Hills, like Cicero who had a villa on the Tuscolo hills near the present-day town of Frascati and Horace, the poet, who had a special liking for Aricia. Furthermore, Septimius Severus deployed approximately six thousand legionaries belonging to the II Parthian Legion at Castra Albana (currently occupied by the hill-top part of the town of Albano). 3.2. Religion Initially, the religion of the Latin populations was very likely to comprise autochthonous deities that were gradually assimilated to the divinities of the Etruscan and Greek cultures and that unquestionably also reflected the influence of the Orient and especially of Egypt. Among the divinities of the ancient Latin populations inhabiting the Alban Hills, two stand out the most: Jupiter Latiaris and Diana of Aricia or Diana Nemorensis (the Artemis of the Greeks). Ever since proto-historic times [GHINI, 1999], Monte Cavo 9 (the ancient Mons Albanus) was chosen by the Latin populations as the confederation’s place of worship dedicated to Jupiter Latiaris, the sacred and political centre of peoples sharing the sense of their common origin. The Shrine was likely to simply feature a clearing on top of the Monte Cavo, surrounded by a square masonry enclosure – of which several blocks of tuff found on the site can still be seen – which perhaps contained sacella (votive chapels) and altars but surely not a monumental type of temple. The Shrine was reached by means of a via Trionfalis, a paved road that passed over the Colle di Cappuccini and the Colle di Tofetti [CHIARUCCI, 1988]. The Shrine of Jupiter Latiaris was visible also to seafarers and could thus be taken as a point of reference as was the case with the temple of Jupiter Anxur at Terracina, the temple of the Fortuna Primigenia at Preneste and probably also the temple of Juno Sospita in Lanuvium. Instead, the goddess Diana was the deity of woodlands, of vegetation and of hunting but also of the (9) Monte Albano (present-day Monte Cavo) owes its name to the ancient city of Alba or Alba Longa while the name of Monte Cavo (or Cave) very probably derives [Chiarucci, 1988] from the name of the city of Cabum (present-day Rocca di Papa) which almost spread up to the top of the hill. t&a 1/2005 GENNAIO/MARZO moon and of developing life and was later identified with the Greek goddess Artemis. The cult of Diana was associated with the Latin cult of Virbius, later assimilated to the Greek god Hippolytus, and with the cult of the nymph Egeria [CHIARUCCI, 1988]. In addition to having a strong confederate pull until the dissolution of the Latin League in 338 B.C., the Sanctuary of Diana on the shores of Lago di Nemi was also closely associated with health, as testified by the numerous votive offerings found on the site. According to TOMASSETTI [1925], there was an important sanctuary dedicated to Diana on Monte Algido, in correspondence with the present-day Maschio di Lariano, which still hosts the remains of a medieval castle partly built with archaeological salvage material. Moreover, many other deities were worshiped in Latium: by way of example, we should recall the already mentioned temple of Juno Sospita in Lanuvium as well as the famous Temple of Hercules. After the defeat of the Latin League in 338 B.C. [GHINI, 1999], the cult of Juno Sospita was moved from Lanuvium to the Palatine Hill in Rome. Of considerable relevance was also the temple of Caput Aquae Ferentinae in the Pavona crater, in the proximity of the Lago di Giuturna or Lacus Turni, which was located for a given period of time near the “Lucus Ferentinae”, the political seat of the Latin League. Apollo was worshiped in the city of Velitrae, presentday Velletri, which was probably also the site of a temple dedicated to Apollo and Diana [MELIS and QUILICI-GIGLI, 1972]. The water of many of the waterways coming from the Alban Hills were considered to be sacred at the time of the Romans. The Numico river originates from near Lanuvium and its waters were used for the sacred rituals performed in Rome. The waters of the Almone river [MANEGLIER, 1991] were the setting of the “lavatio” of the statue of the goddess Cybele, a goddess of oriental origin that was the protector of maternity and which was carried in a procession on a cart drawn by heifers. Once purified, the simulacrum was then returned to its temple on the Palatine Hill. Many of the landforms on the Alban Hills, especially if morphologically isolated, were important places of cult and worship or the site of necropoles or tombs dating back to the Latian civilization. The Colle Jano (938 m on sea-level) is a name-place that recalls the name of Janus, the god of beginnings and therefore the creator of the world, the “father of gods”, an archetypical divine figure, the first king in Latium’s myth and ancestral tradition [DEL NERO, 1990]. The hills that hosted ancient civilizations are still the backdrop for towns like Colonna (n. 1 in Fig. 4), Monte 69 Considerations on water flow regulation in ancient times in the Alban Hills Considerazioni sulla regolazione delle acque in epoca antica nell’area dei Colli Albani Pio Bersani, Vittorio Castellani Porzio10 (n. 2), Monte Compatri (n. 3), Rocca Priora (n. 5), Ariccia (n. 25), Lanuvio (n. 33) and Velletri (n. 34). The following contains a list of the most significant sites: b) Inside the Tuscolano-Artemisio Enclosure: a) on the external Tuscolano-Artemisio Enclosure, in particular on the ridge of Monte Artermisio: - Colle Jano (n. 9) (938 m on sea-level), place of worship of the god Janus, the “father of gods”; - the Colle Tuscolo (n. 4 in Fig.4) (670 m on sealevel), where the Latin town of Tusculum was located; - Monte delle Grotticelle (n. 14) (781 m on sealevel), where a necropolis, a hill-top settlement and prehistoric piling material were found; - Monte Fiore (n. 6) (722 m on sea-level), where prehistoric pilings, bronze items and Achaean materials were found; - Colle dell’Acero (n. 21) (635 m on sea-level), with findings of prehistoric piling material; - Colle della Mola (n. 7) (640 m on sea-level), with settlements dating back to the middle and recent Bronze Age; - Monte Albano (n. 12), now Monte Cavo (949 m on sea-level) with the Sanctuary of Jupiter Latiaris on its summit; - Colle delle Vacche (n. 22) (632 m on sea-level), with findings of prehistoric piling material; c) In the area of the Albano and Nemi lakes: - Monte Castellaccio (n. 8) (622 m on sea-level), with continuous settlements starting from the Iron Age; - the hill on which Ariccia presently lies (n. 25) (412 m on sea-level), which was once the site of the Acropolis of ancient Aricia; - Monte Tagliente (n. 10) (635 m on sea-level), with findings of prehistoric piling material; - Monte Savello (n. 24) (325 m on sea-level), on the summit of which Castel Savelli presently lies and the site of the sacred wood “Lucus Ferentinae” which was located in the proximity of the Lago di Giuturna or Lacus Turni; - Colle Sarazzano (n. 13) (633 m on sea-level), with remains of rock tombs and prehistoric piling material; - Maschio d’Ariano (n. 15) (891 m on sea-level) where a megalithic necropolis and an Alban Sanctuary were found; - Colle del Vescovo (n. 16) (775 m on sea-level) where a prehistoric settlement was found; - Monte Peschio (n. 23) (954 m on sea-level), with findings of Archean walls and prehistoric piling material; - Monte dei Ferrari (n. 27) (900 m on sea-level) with findings [ANGLE et al., 2003] of pottery dating back to the early Iron Age and of the remains on an ancient enclosure wall made of tuff blocks; - Maschio d’Artemisio (n. 28) (812 m on sea-level) where Archean walls and remnants of prehistoric piling material was found; - Monte Spina (n. 30) (730 m on sea-level), with findings of prehistoric piling material; (10) Following the habitat of progressively transforming the old and original name-place of Mons Porcius (translator’s note: in Latin, “pig”) into a softer version: in the same area, for example, Prata Porci was recently converted into Pietra Porzia. - Colle dei Cappuccini (n. 18), on the rim of the Lago di Albano (515 m on sea-level), was perhaps the location of the ancient villages that comprised the nucleus of Alba Longa; - Colle Tofetti (n. 19), on the rim of the Lago di Albano (555 m on sea-level), was perhaps the location of one of the ancient villages that comprised the nucleus of Alba Longa; - the hilly relief on which the present-day town of Castel Gandolfo lies (n. 11) (426 m on sea-level), was perhaps the location of one of the ancient villages that comprised the nucleus of Alba Longa; - the hilly relief on which the present-day town of Albano lies (n. 17) (425 m on sea-level), was perhaps the location of one of the ancient villages that comprised the nucleus of Alba Longa; - Colle di Monte Giove or Corioli (n. 32) (247 m on sea-level); - Monte Gentile (n. 20) (560 m on sea-level), is located half-way between the Albano and Nemi lakes, along a proto-historic passage, especially because it is also referred to as the Monte Gentile Pass; - Monte Due Torri (n. 31) (415 m on sea-level); 70 t&a 1/2005 GENNAIO/MARZO Considerations on water flow regulation in ancient times in the Alban Hills Considerazioni sulla regolazione delle acque in epoca antica nell’area dei Colli Albani Pio Bersani, Vittorio Castellani - Colle Pardo (n. 26) (490 m on sea-level) – erroneously marked on the 1990 C.T.R. of Latium with a scale of 1:10,000 as “Colle Lardo” – located between the Lago di Nemi and the Ariccia Valley crater. It is crossed by the Lago di Nemi outlet and it is the location where Bronze Age tombs were found (see the Civic Museum of Albano). - Monte Alto (n. 29) (676 m on sea-level) where prehistoric piling material and hydraulic undergrounds channels were found. Further archaeological research projects on these and other “hill-top” sites will surely contribute more and important information on the Latian Civilization. 3.3. Myths Lastly, we shall briefly sketch the many myths that have been handed down and that indicate alternative forms of religion: Rex Nemorensis: According to an Achaean tradition, perhaps of Greek origin [CHIARUCCI, 1988; DRUSIANI, 2003], a fugitive slave would become priest (rex nemorensis) of the goddess Diana after having killed his predecessor and especially not before having torn a branch of mistletoe from an oak tree and having given it to him. In the 2nd Century B.C., the deadly duel for the temporary conquest of that altar was transformed into a symbolic event [DRUSIANI, 2003]. Turno Herdonio: The Arician chief Turno Herdenico was killed in the little lake lying in the Pavona crater (Lago di Giuturna or Laghetto) by means of a particular “sub grata” ordeal consisting in tying a basket full of stones to the head of the condemned and then throwing him into the water and letting him drown to death. In Rome, said punishment was only applied in case of parricide or of perduellium (attack against the security of the State). This form of punishment [GHINI, 1999] was also recorded over a century later at the Lago Regillo, where the historical battle between the Romans and the Latins took place in 499 (or 496) B.C., according to the report given by Titus Livius and contained in the History of Rome, Book IV, 50. The Lanuvium snake: In the Sanctuary of Juno Sospita (or Sopita) in Lanuvium there was, at the end of the processional portico, a cave in which the sacred snake at the goddess’ feet received the offerings of maidens dressed in white who went to the feast of the people, at the beginning of the agricultural year, to pray and asked to be blessed with abundant crops and t&a 1/2005 GENNAIO/MARZO harvests. However, according to a very ancient Barbarian ritual,11 the maidens who had lost their chastity were sacrificed to appease the wrath of the snake, the “genius” of Juno herself. The cult of the Lanuvium snake or dragon, which emitted terrifying sounds from his cave situated within the sanctuary and which demanded the sacrifice of the maidens of Lanuvium, might be the reflection of memory-old unsettling events [GHINI, 1999]. 4. THE LAGO DI ALBANO OUTLET (ALBANO – GIUTURNA SYSTEM) Tradition has it that the outlet of the Lago di Albano 12 was built at the beginning of the IV Century B.C., during the Roman siege of the Etruscan city of Veii, which fell in 396 B.C. Several historic authors 13 report that during this summer-time siege, the lake water level had risen abruptly. The Delphic Oracle, interrogated on the meaning of such a prodigy, gave the same reply as the Etruscan haruspex who had been abducted by the Romans from Veii in order to know what they were to do to conquer the Etruscan city: Veii would fall only if the water of the lake were regulated. This was when the underground lake outlet was excavated which has remained in function for over two thousand years ever since without ever being submitted to maintenance or repair work for as long as man can remember (Fig. 5). COARELLI [1991] suggested that the outlet might have existed before then and that, on that occasion, the possibly obstructed underground channel might only have been restored and put back into operation. This clogging might have been at least partly caused by the already mentioned rising of the water level. However, there are no traces of such an intervention on the channel therefore making this suggestion merely hypothetical. Leaving the myths aside, the excavation of the outlet achieved a two-fold advantage: to control and regulate the water level of the lake while simultaneously providing a perennial source of water with which to irrigate the fields downhill from the lake lying closer to the sea. This latter advantage was perhaps hinted at in (11) Cited by Propertius, Elegiae IV, 8; by Claudius Elianus, On the Nature of Animals; and by the Pseudo-Plutarch, Parallela Minora, II. (12) For an in-depth study of the outlets of the Albano and Nemi lakes, reference should be made to a specific bibliography [CARDINALI et al., 1978; COARELLI, 1991; CASTELLANI and DRAGONI, 1991; CASTELLANI, 1999] as this paper only provides general information. (13) Valerius Maximus, Liber 1, cap. 6; Plutarch, Life of Camillus; Cicero, Divinatione, Lib. 1 and 2 and Dionysus, Lib. XII; Titus Livius, Ab Urbe Condita, Lib. V, cap. 15. 71 Considerations on water flow regulation in ancient times in the Alban Hills Considerazioni sulla regolazione delle acque in epoca antica nell’area dei Colli Albani Pio Bersani, Vittorio Castellani Fig. 5 - The Albano and Nemi lakes with their relative outlets (taken from Castellani and Dragoni, 1991). I laghi di Albano e Nemi con i relativi emissari (da Castellani e Dragoni, 1991) the response of the Delphic Oracle, according to the report of Titus Livius (History of Rome, Book V, 16): “See to it, Roman, that the rising flood At Alba flow not o'er its banks and shape Its channel seawards. Harmless through thy fields Shalt thou disperse it, scattered into rills”. After centuries, the Lago di Albano outlet course was followed and in part surveyed in 1955 by the Roman Speleological Club while the first complete survey was performed by CARDINALE et al. [1978]. It was subsequently submitted to a detailed study in the ’80s [CASTELLANI and DRAGONI, 1991; CASTELLANI, 1999]. Unfortunately, at present it can no longer undergo inspection due to the lowering of the lake’s water level which started in the beginning of the ’90s and which has put a stop to its draining activity. The lack of maintenance has given rise to the presence of stagnating waters to the point that the decision was taken to wall up the outlet downstream for hygienic purposes. The Albano lake outlet channel is approximately 1450 m long and has a difference in depth of about 2 m (293 m on sea-level at the inlet and 291 m on sea-level at the outlet), with a corresponding gradient of around 0.14 per thousand, in line with the gradient of the oldest Roman aqueducts. Fig. 6 shows the relief profile, map and cross-section of the outlet taken from Castellani and Dragoni, 1991. The channel’s original size was of 1 m in width and 2.5 m in height, thus roughly making it into a tunnel. The entrance to the tunnel on the lake side presents a number of interesting structures, which were incidentally also illustrated by Piranesi, albeit in a somewhat imaginative way, in a famous series of prints dating back to 1762. Piranesi in fact never actually walked through the entire tunnel but nonetheless depicted a number of non-existent structures on his prints by drawing an analogy with the Lago del Fucino outlet. The analysis of the tunnel made it possible to track the designing and operating techniques used in its construction. The direction and the elevation of the outlet channel were most probably established by applying the straight-line “coltellatio” technique with the use of a “groma” (a Roman surveyor’s cross) and ranging poles. This technique was based on the line-ofsight positioning and levelling of a number of externally aligned vertical poles whose lines were projected above the ridge and joined the inlet and outlet of the future tunnel. With this technique it was therefore possible to establish the axis of a tunnel; the sum of the horizontal distances measured corresponded to the length of the tunnel while if the sum of the vertical distances was equal to zero, the excavation axis would be levelled off (see Fig. 7). In the outlet channel there are two rectangular vertical shafts respectively at 80 m (3 m deep) and at 400 m (34 m deep) from the valley-side outlet. The latter shaft is so perfectly joined to the tunnel walls that it could lead one to think that it might have been excavated, at least in part, from the tunnel itself. The function of two shafts near the channel outlet [CASTELLANI, 1999] was: the first, only a short distance away (and rather shallow), was aimed at projecting underground a first rough estimate of the direction of the work in progress, while the second, considerably further away, was aimed at more accurately establishing the final direction thanks to the greater range of measurement. This is to say that the excavations began from the two extremities by means of a blind bore hole and directly on the valley-side outlet channel while on the lake side (due to the problem raised by the presence of 72 t&a 1/2005 GENNAIO/MARZO Considerations on water flow regulation in ancient times in the Alban Hills Considerazioni sulla regolazione delle acque in epoca antica nell’area dei Colli Albani Pio Bersani, Vittorio Castellani Fig. 6 - Planimetry and cross-section of the Albano lake outlet. Planimetria e sezione dell’emissario del lago di Albano Fig. 7 - Model showing the Coltellatio technique (taken from Castellani, 1999). Schema della Coltellazione (da Castellani, 1999). water), work began with a sloping adit which started off at an elevation higher than the lake’s water level and which would subsequently reach the set altitude at the bottom of the shaft upstream. The direction of excavation in the downstream section probably followed the beam of sunlight coming through the relative bore hole and was subsequently adjusted with slight deviations of the tunnel as required (the so-called “svirgolo”). Once the two excavation fronts met up [CASTELLANI and DRAGONI, 1991], the rock diaphragm separating the shaft closest to the lake and the lake was knocked down and the monumental entrance was built. The present-day entrance is a reconstruction dating back to the time of Silla. The meeting point between the two tunnels excavated from opposite directions probably occurred at approximately 740 m from the inlet. t&a 1/2005 GENNAIO/MARZO According to Titus Livius, the outlet had been built in approximately 2 years, a time span that appears to be more than likely if compared to the excavation timeframes established on the basis of the progress made by the different work shifts that can be inferred from the walls of the tunnel. On these same grounds, CASTELLANI and DRAGONI [1991] calculated a minimum time span of only 4 months, in consideration of the fact that the tunnel was excavated from two opposite fronts, thus estimating an advancement of 6 m per day, equal to 1.5 m for every 6-hour work shift. The outlet of the channel is located in the district of Mole di Castelgandolfo, where the “rivus albanus” originated in ancient times and where Pope Benedict XIII Orsini (or Pope Clement XII Orsini) commissioned the construction of a series of large cisterns and channels in 1730 which operated mills with the water drawn from the lake. From here the waters flow down a long series of ditches (“marane”) and finally into the Fosso di Vallerano, a tributary of the Tiber River. Along this course, the flow comes close to the Pavona crater where, according to some, it might have been deviated through an additional tunnel. One thing is certain and it is that this crater once contained the Lago di Giuturna or Laghetto or Lacus Turni, which was drained by Pope Paul V Borghese in 1611 [FORNASERI et al., 1963], by re-using an ancient drainage channel that had probably fallen in disuse. The water flowing out of this channel through the Fosso di Malafede also joined the Tiber at approximately 8 km upstream from the meeting point with the Vallerano ditch. 73 Considerations on water flow regulation in ancient times in the Alban Hills Considerazioni sulla regolazione delle acque in epoca antica nell’area dei Colli Albani Pio Bersani, Vittorio Castellani Due to the lowering of the lake’s water level, remnants of polygonal walls have surfaced at about 2 m from the elevation of the mouth of the outlet (293 m on sea-level) in the areas of Palazzola, Romitorio, Vecchiaccia and Pentima della Vecchia, as well as the remains of Roman walls in opus reticulatum in the proximity of a Roman port on the southern shore of the lake. This means that the lake’s water level dropped to below the elevation of the mouth of the outlet for purely climatic reasons, also in relatively recent historical times (in the Roman period), with the outlet already constructed. More recently, and more specifically in 1683 [ESCHINARDI, 1750], the level of the lake dropped by 5 hands (a bit over one metre, as a hand amounts to approximately 25 cm) because of a drought. Also in 1834 [GIORNI, 1842], the level dropped to below the elevation of the mouth of the outlet for approximately 6 months, from spring to autumn. However, also before the construction of the outlet, the Albano lake underwent considerable drops in water level, as highlighted by underwater archaeological research studies that showed the existence of two levels that are now below water level: 14 a) at around 11/12 m from the elevation of the mouth of the outlet, where the remains of a lake village dating back to the middle Bronze Age were found [GHINI, 1999]; b) at around 5/6 m from the elevation of the mouth of the outlet, evidence was found of another hill-side level probably dating back to the Age of Iron. 5. THE LAGO DI NEMI OUTLET (NEMI – VALLE ARICCIA SYSTEM) Unlike the case of the Albano lake, the Nemi lake outlet is entirely ignored in ancient sources: this is normally considered to prove that the work dates back to the pre-Roman period. The possible correlation between the regulation of the lake and the construction of the Temple of Diana on the northern shore, would seem to suggest it dating back to the end of the 6th – beginning of the 5th Century B.C., in the lapse of time between the battle of Aricia in 504 B.C., during which the Latins defeated the Romans (and decided to move the seat of the Sanctuary of Diana from Aricia to the northern shores of the Nemi lake), and 499 or 497 B.C. (14) In connection to this, see the room set up by Angelo Capri’s Gruppo Latino di ricerca Subacquea in the Museo Civico of Albano, displaying all the exhibits found in the Lago di Albano in the ’80s. when the Latin League was instead defeated in the battle of lake Regillo and the hegemony over Latium returned in the hands of the Romans. After the archaeological recovery of Caligula’s ships in 1929, which entailed clearing the outlet in order to empty out the lake, the outlet was only reopened in the ’80s and subjected to studies that disclosed a large number of problematic structures.15 The outlet, whose planimetry is shown on Fig. 8, is approximately 1650 m long and it was built with techniques entirely similar to those found in the Albano lake outlet. The excavation was performed by means of blind bore holes starting from the two opposite ends, with the meeting point at slightly over 300 m from the valley-side outlet, revealing a minimum computation error: a difference in level of about 2 m in the same direction. The two excavation fronts met [CASTELLANI, 1999] thanks to a technique whereby the two tunnels were deviated in the proximity of the meeting point in order to favour the juncture on a level plain while also adjusting the height of the tunnels to favour their meeting at the required elevation. This technique took hold in the 6th Century B.C. in the construction of the aqueduct on the island of Samos in Greece. The assumed presence [COARELLI, 1991] of Ionic technicians in the construction of the Nemi lake outlet is endorsed by the alliance between Latins and Cumaeans in the abovementioned battle of Aricia in 504 B.C. It was indeed the Samians who, between 531 and 528 B.C., founded the city of Dicearchia (the future Puteoli, now Pozzuoli) near Cuma, the city linked to the microasian area ever since its foundation. The Nemi lake outlet as we now know it is certainly the fruit of subsequent reiterated interventions. The present-day branch that leads into the outlet (Photo n. 1) on the Nemi lake side quite evidently results from [CASTELLANI et al., 2003] the overdeepening which still preserves traces of the original tunnel close to the vault of the main conduit which appears to be an adjustment made to further lower the lake’s water level by approximately another 2 m. Slightly further south, it is still possible to see the shaft that was made for the excavation of the main tunnel. (15) For an in-depth study of the Nemi lake outlet, reference should be made to a more specific bibliography (Ucelli, 1940; Coarelli, 1991; Castellani and Dragoni, 1991; Castellani, 1991; Castellani et al., 2003). This paper, as for the Albano lake outlet, shall be limited to only providing general background information. 74 t&a 1/2005 GENNAIO/MARZO Considerations on water flow regulation in ancient times in the Alban Hills Considerazioni sulla regolazione delle acque in epoca antica nell’area dei Colli Albani Pio Bersani, Vittorio Castellani Fig. 8 - Planimetry and cross-section of the Nemi lake outlet. Planimetria e sezione dell’emissario del lago di Nemi 1. The weir chamber and the stone screens in the Nemi lake outlet. (photo by P. Bersani) 1. La camera di manovra ed i diaframmi in pietra nell’emissario del lago di Nemi. (Foto P. Bersani) Recent studies conducted by a Danish archaeological mission confirmed this fact by showing how the mouth of the first outlet, sited along the axis of the tunnel in correspondence with the sloping adit like in the Albano lake outlet, was closed and backfilled with debris around 300 B.C. This further lowering may have been performed either after a period of drought that made the outlet inoperative or simply in order to dispose of more space on which to build a villa right next to the outlet, in the present-day district of Santa Maria. t&a 1/2005 GENNAIO/MARZO The tunnel presents two deviations, the first at around 800 m from the mouth on the Nemi lake side and the second at approximately 1100 m, about 200 m before the meeting point. The first of these bypasses was manifestly aimed at clearing the collapsed section of the tunnel. The second is connected to the fact of meeting up with a bank of solid lavic rock. This gave rise to a set of deviations and new tunnels that still need to be interpreted, nor can it be excluded that the present-day end part of the tunnel, which was mostly excavated in solid lava, is a later adjustment to the overly tortuous course of the first outlet channel. Towards the end, the outlet channel crosses and interrupts a previously existing tunnel, thus highlighting the existence in the area of water-regulation works built prior to the outlet. The cross-section of the Nemi lake outlet is mostly rectangular, with varying dimensions of around 2 m in height and 1 m in width and the vault of the tunnel is ogival in shape, perhaps due to problems of stability. These dimensions are essentially constant from the Nemi lake to the onset of the second bypass (at around 1150 m) while this consistency is lost in the end-part excavated in the lava, where mean dimensions prove to be smaller than the ones described above. Notice should be taken of the fact that here, just as in the case of the Albano lake, the inlet threshold was placed on a lower elevation than the natural level of the lake. This made it possible to tap the aquifer thus guaranteeing a continuous and perennial outflow of 75 Considerations on water flow regulation in ancient times in the Alban Hills Considerazioni sulla regolazione delle acque in epoca antica nell’area dei Colli Albani Pio Bersani, Vittorio Castellani water independently from seasonal fluctuations. In the 1960-1980 twenty-year period [CASTELLANI et al., 2003], the Nemi outlet drew out an average of 150 l/s and it must have had a similar flow also in Roman times. The Nemi lake outlet was part of a complex system, probably arising from a comprehensive design, that reached all the way to the Tyrrhenian Sea. In fact, the outlet must have necessarily flowed into another crater, the Ariccia crater: after a segment comprising an openair channel approximately 2100 m long, it runs over the southern rim of this crater through a new tunnel, the “Arician tunnel”, which is 600 m long and connects the Ariccia Valley with the ditch presently known as the Fosso di Fontana di Papa and, after changing name several times, it reaches the sea after crossing the towns of Cecchina, Fontana di Papa and Ardea, under the name of Fosso Grande or Fosso dell’Incastro. The limited height of the mountains crossed by the Ariccia tunnel thus enabled the excavation of the conduit starting from the baseline of a series of shafts (12 to be exact). The Ariccia tunnel [CASTELLANI, 1999] was necessarily built prior to the Nemi lake outlet because otherwise the water from the lake would have hindered the excavation work. A third 315 m long section of the tunnel containing 5 shafts was recently discovered in the district of Fontana di Papa. 16 Furthermore, some reference is made in literature [RATTI, 1797] to a legend on the existence of a second outlet which actually never did and never could exist. Perhaps this legend was started because, in this same area, the Facciate di Nemi aqueduct was diverted, whose course (see Fig. 9) was recently retraced by the Egeria Centre for Underground Research [DOBOSZ et al., 2003]. The stamps placed on the bricks of only the second section, now viable for around 300 m, date this aqueduct at the 2nd Century A.D. [FILIPPI, 2003] but they could of course only represent the restoration performed by Romans of an ancient aqueduct dating back to the Achaean era. Fig. 9 - The course of the Facciate di Nemi aqueduct (from Centro Ricerche Egeria, 2003). Percorso dell’acquedotto delle Facciate di Nemi (da Centro Ricerche Egeria, 2003). Until 1938, the north-eastern part of the Tuscolano-Artemisia caldera contained the little Doganella lake that, with a surface of approximately 50 hectares, represented the spring of the upper aquifer. The depression in which this lake lay continues in a south-western direction with slightly higher elevations, into the area known as Pratoni del Vivaro. The threshold of this basin is now established at an approximate altitude of 520 m on sea-level by means of a man-made cut in the Tuscolano-Artemisia Enclosure in correspondence with the road leading to Carchitti, a borough in the municipality of Palestrina. The threshold of the cut must have initially been at a higher altitude, thus enabling the regulation of the flow downstream from the water and was then deepened over time until it reached the present-day altitude. Moreover plentiful evidence, both geological 17 and archaeological, indicated that there must have existed an even more extensive lake in this area in ancient times, with its surface at an altitude of approximately 540 m on sea-level. As illustrated on Fig. 10, this ancient lake would have had a surface larger than 2 km2 and a maximum depth of around 15 m. Conversely, the Nemi lake has a surface of 1.8 km2 and a maximum depth of around 30 m. (16) Dobosz et al., 2003, pages 140-142. (17) See Camponeschi et al., 1992. 6. THE DOGANELLA AND VIVARO BASIN 76 t&a 1/2005 GENNAIO/MARZO Fig. 10 - The ancient Doganella lake at an altitude of 540 m above sea-level. L’antico lago della Doganella a quota 540 m s.l.m. t&a 1/2005 GENNAIO/MARZO 77 Considerations on water flow regulation in ancient times in the Alban Hills Considerazioni sulla regolazione delle acque in epoca antica nell’area dei Colli Albani Pio Bersani, Vittorio Castellani Leaving aside the cut described above as well as a similar man-made cut in the near-by Passo dell’Algido, the maximum surface enclosed within the area might correspond to the contour line at an altitude of 580 m on sea-level, corresponding to a hypothetical lake with a surface area of approximately 10 km2 (see Fig. 11), one of whose branches would have extended right into the Valle Latina and another one into the Pratoni del Vivaro. More or less natural outlets of this lake would have been the present-day Passo del Broscione and another pass almost 300 m north, in the proximity of Colle Sarazzano, both of which were part of the Artemisio range and lay at an altitude of around 575580 m on sea-level. This larger lake might perhaps even have existed but in very remote times as the remnants of a kingly tomb of the end of the 8th Century B.C. as well as historic piling material were found exactly in the southern part of the basin [ARIETTI and MARTELLOTTA, 1998) between the contour lines at an elevation of 540 and 550 m on sea-level, thus indicating the presence of dry land. The lake at 540 m of altitude probably existed until the cut was made into the Tuscolano-Artemisio Enclosure that, by lowering the ground threshold to about 520 m on sea-level, paved the way to major drainage works over the entire area. These works might be contemporary to the works on the larger lakes and date back to the 6th – 5th Century. Indeed, it was not until the first half of the 4th Century that the area covered by the ancient lake was crossed by the Via Latina that, in the deeper part of the ancient lake basin, appears to have been built on a relief, probably to defend it from the waters of what must have been little more than a marsh in Roman times and probably used as a “vivarium” for fish-breeding. Photo n. 2 shows the anthropic cut made into the Tuscolano-Artemisio Enclosure from which the aforesaid Fosso della Mola begins. In the light of its geological, archaeological and paleo-hydraulic importance, this is a valuable geosite [CASTO and ZARLENGA, 1996] that is currently being catalogued [BERSANI and CASTELLANI, 2004] and that deserves to be preserved and upgraded. CAPRI et al., 1996, put forward an original hypothesis according to which the Doganella lake and the depression in the land around the Vivaro basin represented the remnants of a large-sized lake that extended N-SW for several kilometres, stretching from the north, from the foot of Monte Fiore and Colle della Mola in the present-day municipality of Rocca Priora, southward to the present-day Via dei Laghi, and also succeeded to detect a number of sluices in the lake. However, the hypothesis of such a large lake does not 2. The man-made cut in the Tuscolano-Artemisio Enclosure at around the road leading to Carchitti, a borough of Palestrina. (photo by P. Bersani) 2. Il taglio antropico nel recinto Tuscolano-Artemisio all’altezza della strada per Carchitti, frazione di Palestrina. (Foto P. Bersani) seem to be realistic in terms of the morphology of the area but nonetheless has the merit of trying to interpret far-distanced hydraulic works and morphological landforms (gullies and man-made cuts) as part of a single water regulation system in the Alban Hills. These authors also suggest to site the city of Alba Longa at the foot and on the crest of the Artemisio and Maschio d’Ariano craters, supporting this assumption with the finding of a very ancient necropolis. Even if this heretic suggestion did not receive widespread support, notice should be taken of the fact that ancient sources conceal some obscure spots. As a matter of fact, Dionysus of Alicarnasso wrote: “Alba Longa was located in the proximity of a mountain and of a lake […] the lake is deep and wide: the plain receives its waters when the weirs are opened so that the inhabitants (of the city) can control the supply at will”. This description is obviously incompatible with the deep craters of Albano and Nemi, unless the weir indicated is not referred to the pre-existence of an underground outlet. The propounders of this theory also site the historical Regillo lake inside the ancient Doganella lake. In relation to this, it might be noticed that around km 15 of the Via dei Laghi, there is a gully running towards Nemi and continuing downhill, separating the side on which lies the town of Nemi from the other side with the impressive church of the Crucifix. This entire gully, from the Via dei Laghi to the Nemi lake, appears to be deeply cut if compared to the watershed uphill (with an area of around 3 km2); an aspect [CAPRI et al., 2002] that might actually lead one to consider the possibility of an erosion generated by the discharge of a large quantity of water from a retention basin through a spillway or a weir (see Photo n. 3). 78 t&a 1/2005 GENNAIO/MARZO Fig. 11 - Maxim extension possible of the Doganella lake at an altitude of 575 m above sea-level in prehistoric times (picture by Arch. Daniele Moretti). Massima possibile estensione del lago della Doganella in epoca preistorica a quota 575 m s.l.m. (disegno: Arch. Daniele Moretti) t&a 1/2005 GENNAIO/MARZO 79 Considerations on water flow regulation in ancient times in the Alban Hills Considerazioni sulla regolazione delle acque in epoca antica nell’area dei Colli Albani Pio Bersani, Vittorio Castellani – Valle Marciana; – Laghetto (on the Via Casilina); – Prata Porci crater (Lago Regina); – Pantano Secco (Lago Regillo); – Campi di Annibale; – Lago di Giulianello. All these works were aimed at acquiring land for farming by draining the natural lakes. 3. The Nemi lake with the deep valley gorge passing through the town of Nemi. (photo by P. Bersani) 3. Il lago di Nemi con la profonda incisione valliva che passa per l’abitato di Nemi. (Foto P. Bersani) Notice should also be taken of the fact that until the beginning of the 20th Century, the Doganella lake, albeit quite small in size, still functioned as an infiltration basin for the stormwaters collected over a surface area of more than 30 km2. It was only recently, following the drainage of the residual Pantano della Doganella in 1938 and the increase in the water pumped by wells, that the water shortage crisis set in at the beginning of the ’90s, which later led to a continuous lowering of the water level of the Albano and Nemi lakes. As in the Gabii lake in the Castiglione crater, there is now an on-going project [BERSANI and PIOTTI, 2001; REGIONE LAZIO, 2002; BERSANI et al., 2005] aimed at recreating the Doganella lake of the same size (approximately 50 hectares) it was before it was ultimately drained in 1938 and at providing the option to create a wetland that might in any case operate as a stormwater infiltration basin and as a protected area for the Doganella wells. The hydro-geological system shown on Fig. 3 helps us to better understand why the Alban Hills springs previously had a greater outflow and consequently also a larger amount of surface running water when the lake still existed. 7. MINOR LAKE BASINS Alongside the lake basins dealt with up to now (the Albano-Giuturna, Nemi-Ariccia and Doganella basins), also the minor basins feature hydraulic works deserving of a brief mention: – Lago di Gabi (in the Castiglione crater); – Pantano Borghese; The Lago di Gabi (or Lacus Gabinus), located in the Castiglione crater, has taken on different names over time: Lago di Burrano, Lago di S. Prassede, Pantano di Grifi. The extremely ancient Latin city of Gabii was located on its shores. The lake was drained [ASHBY, 1920] by Prince Francesco Borghese in 1838 but one of his forefathers, Cardinal Scipione Borghese, had already started regulating the water level at the beginning of the 17th Century by probably re-utilizing conduits of Roman times. As a matter of fact, the lake was probably endowed with an outlet regulating its water level already in Achaean times.18 This conduit is seen to comprise two rectilinear sections that join up in correspondence with the foot of an adit slightly over 500 m long. The method used was probably to establish the two conduit inlets and to excavate a shaft in an intermediate position in a place where the land subsided so that the excavation might be as shallow as possible. The tunnel was then excavated from the shaft towards the inlets and vice versa. Towards the end, the tunnel crosses and destroys a pre-existing tunnel. The Municipality of Rome now seems to have the intention to recreate the ancient lake even if such a project is made all the more difficult by the general lowering of the underground water tables in the area and also by the presence of unlicensed settlements along the shores of the ancient lake. The Pantano Secco lake, which is often also identified as the ancient Lago Regillo, once occupied a little crater north of Frascati (see Fig. 12). It was drained by Cardinal Scipione Borghese at the beginning of the 17th Century by re-using an ancient tunnel, probably dating back to the late Republic era, that was excavated from the two opposite ends with 4 intermediate shafts. The tunnel outlet was discovered in 1991 following a fire in the brushwood that concealed it. The exploration of the tunnel proved that it crosses the rim of the crater and that it is approximately 400 m long. (18) Caloi, Cappa and Castellani, 1994; Castellani, 1999. 80 t&a 1/2005 GENNAIO/MARZO Considerations on water flow regulation in ancient times in the Alban Hills Considerazioni sulla regolazione delle acque in epoca antica nell’area dei Colli Albani Pio Bersani, Vittorio Castellani Lastly, also the central part of the inner or Faete Enclosure of the Latian Volcano perhaps contained a lake in the area now known as “Campi di Annibale”. This lake basin was reported by different authors 20 and is now difficult to detect as it was silted up over time and no stratographic sounding has been performed on the area. It might perhaps have been softly sloping valley and not a basin capable of containing a lake. Nonetheless, some scholars located a possible natural spillway of this hypothetical ancient lake basin. Furthermore, in the Augustan age, the Pentina Stalla springs [LUGLI, 1917] carried water (known as “Augustan Water”) to the villa of the Emperor Augustus, in the present-day location of Palazzolo, thus confirming the existence of a lake basin or at least of a sub-surface aquifer at very high altitudes (approximately 600 m on sea-level). Fig. 12 - Planimetry of the Pantano Secco crater (taken from Castellani, 1999). Planimetria del cratere di Pantano Secco (da Castellani, 1999). The tunnel inlet was placed in the deepest part of the crater while the outlet was located in accordance with the need to carry water in the proximity of the receiving ditch (Fosso del Cavaliere), thus avoiding too large a difference in level with the inlet. The course plotted seems to be a good compromise between the need to limit to the extent possible the depth of the shafts and the need to keep the section underground as short as possible. Still now, the tunnel continues to perform its draining function despite the presence of conspicuous lime deposits due to the prolonged lack of maintenance. The Pantano Borghese basin comprises a natural depression that was also drained by the Borghese family in the 19th Century. According to Ventriglia,19 this ancient lake should be identified as the ancient Lago Regillo. Other ancient lakes located in ancient craters and drained by means of man-made channels can be found in the district of Prata Porci above Frascati and in the Valle Marciana, between Frascati and Ciampino. Moreover, in a quarry area along the Via Casilina above Colonna, there is a small lake called “Laghetto” representing the spring of the aquifer that surfaced either because of the quarry excavations or because it is what remains of a larger lake that might have been drained in ancient times. This situation however requires further studies and in-depth analyses. (19) Ventriglia, 1990. t&a 1/2005 GENNAIO/MARZO The still existing Giulianello Lake, located on the external slopes of the Artemisio Enclosure east of Velletri, is part 21 of a broader drainage and water regulation system installed in this area. A channel upstream of the lake collects the water flowing from a channel draining a depression (Piana dei Cioccati) at approximately 222 m above sea-level while another channel downstream of the lake regulates the overflow of the lake by discharging the water into the Fosso del Posso. The drainage work [CASTELLANI, 1999] has mainly made it possible to reclaim the vast and fertile territory still used as cropland around the lake basin. The two channels described above are comprehensively 1 km long and were excavated with the traditional technique envisaging a sequence of shafts. Although severely lacking in maintenance, they still operate today. JUDSON and KAHANE [1963] report that the channels were built according to a typical Etruscan technique: the shafts upstream of the lake are located along the slopes and not in the valley bottom so as to avoid that they be affected by rainwater or by the sediments that it might carry. 8. HYDRAULIC WORKS ON THE VALLE ARICCIA VIADUCT The Ariccia Valley, in addition to the drainage channel of the Nemi lake waters, features in northen part the traces of a little known hydraulic work: a hydraulic channel reported by LILLI [2002] and recently (20) Castellani and Dragoni, 1991; Castellani, 1999. (21) Caloi, Cappa and castellani, 1994; Castellani, 1999. 81 Considerations on water flow regulation in ancient times in the Alban Hills Considerazioni sulla regolazione delle acque in epoca antica nell’area dei Colli Albani Pio Bersani, Vittorio Castellani explored and detected by the authors of this paper together with their colleagues from the “Egeria” Underground Research Centre. In this valley the Via Appia, around where it crosses Via della Polveriera, passes over a large viaduct approximately 250 m long and made with variable-height square tuff blocks that, in the last section, finishes against the foot of Colle Pardo. There are contrasting views as to the age of this viaduct: some interpret it as a mere substructure of Via Appia Antica therefore dating it at the end of the 4th Century B.C.; instead QUILICI-GIGLI [1999] places it in the late Republican era and CHIARUCCI [1988] in the Gracchi era, around 174 B.C., followed by MARCIANO [1991] who instead relies on the Plutarch’s testimony. At present, the area north of the viaduct is buried, thus concealing one of the original walls of the construction. Photo n. 4 shows the viaduct in a picture taken at the beginning of the 20th Century and taken from CHIARUCCI, 1988. Today unfortunately the vegetation, especially of the creeping type, conceals the wall from sight, with roots causing severe damage thereto. At the beginning, the viaduct presents some internal structures like two consecutive underpasses with a barrel vault and a water drainage channel. It is not entirely known if the viaduct originally contained other structures because, in more recent times (perhaps in the Middle Ages or even later), a new wall was built with square blocks salvaged from the original wall a few metres beyond the channel, at the foot of and leaning against the original wall, surely for problems of stability at the point in which the height of the viaduct was greatest. The tunnel (see Photo n. 5), which was patently designed and built at the same time as the viaduct, crosses the entire substructure in a north-south direction and at an angle of approximately 70°. The inlet, now partially buried, is at present 1 m wide and 1.4 m high although the original height was at least of about 1.8 m. For the entire length of the Via Appia which lies above it, the tunnel is entirely covered with large square tuff blocks and is endowed with a barrel vault. A few tens of metres from the inlet, the tunnel splits into 3 branches, one to the left and two to the right. About 20 m inwards, the left-hand branch is seen to be clogged with debris. The two right-hand branches are instead entirely undamaged and, towards the end, present drainage works comprising niches and horizontal holes excavated in the end vertical wall (see Photo n. 6) that still now perfectly fulfill the task of capturing and draining the groundwater. In front of the tunnel still stands a plastered cistern, dating back to an unspecified 4. The Valle Ariccia aqueduct in a picture taken at the beginning of the 20th Century (taken from Chiarucci, 1988). 4. Il viadotto di Valle Ariccia in una foto d’inizio ’900 (da Chiarucci, 1988). 5. The Ariccia Valley tunnel segment underlying the Valle Ariccia viaduct. (photo by P. Bersani) 5. Il tratto del cunicolo di Valle Ariccia sottostante il viadotto di Valle Ariccia. (foto P. Bersani) period of time, into which the water carried by the tunnel flows before being dispersed in the croplands downstream. This proves that, at the time the viaduct was built, there was an irrigation channel in the northern section of the Ariccia crater, evidently conveying water to the croplands on the northern part of the crater which could not receive the water from the Nemi lake outlet. However, it is not clear if the present-day water catchment system is contemporary or subsequent to the construction of the channel. If the viaduct had been built contemporarily to the Via Appia, this would prove that this road was built when advanced underground water channel systems were already in place, thus shedding new light on a long-debated issue. Conversely, if the viaduct dates back to the 2nd Century B.C., then it would only bear witness to the architectonic method used. 82 t&a 1/2005 GENNAIO/MARZO Considerations on water flow regulation in ancient times in the Alban Hills Considerazioni sulla regolazione delle acque in epoca antica nell’area dei Colli Albani Pio Bersani, Vittorio Castellani 7. The stormwater underpass with a vaulted ceiling located inside the Valle Ariccia viaduct. (photo by P. Bersani) 7. Il sottopasso per l’acqua meteorica con volta a botte, ubicato all’interno del Viadotto di Valle Ariccia. (foto P. Bersani) 9. THE FONTANA TEMPESTA TUNNEL 6. The water-intake system at the end of a branch of the Ariccia Valley tunnel. (photo by P. Bersani) 6. Le opere di presa dell’acqua in fondo ad una diramazione del cunicolo di Valle Ariccia. (foto P. Bersani) The first underpass (Photo n. 7) is approximately 2 m high and appears to have been destined to enable the discharge of water. The second is about 4.5 m high and was probably used by pedestrians and by animal-hauled carts. The outflow of water at the height of the foot of the viaduct (325 m above sea-level) is very significant as this water could have irrigated the northern section of the Ariccia crater which was not supplied by the Nemi outlet channel as its outlet is at an altitude of 310 m above see-level. t&a 1/2005 GENNAIO/MARZO The Fontana Tempesta tunnel, which supplies the homonymous fountain, is located on the northern shores of the Nemi lake crater at an approximate altitude of 600 m above sea-level. In 1535, De Marchi refers to a “spring (Fontana Tempesta) that would drive a mill if it were funneled into a channel”. Instead the well-head is now often dry for prolonged periods of time. The fountain was probably built in the 18th century with archaeological salvage material made up of large square blocks of tuff. Moreover, this area was frequented since the Bronze Age, as testified by the remains of a proto-Villanovian settlement on the hill on the left of the fountain where there is also a smallersized tunnel. The Fontana Tempesta rectilinear tunnel was excavated in the tuff in a NE – SW direction towards Monte Cavo. It is now viable for only 100 m as it was interrupted by a landslide perhaps fallen from the road running through the forest between the fountain and State Road 217 (“Via dei Laghi”). Just before the landslide, there is a tunnel on the right that is of more recent construction, is entirely lined with a mortar wall and lava boulders and appears to have been built with the intent to bypass an obstacle but comes to an end only a few metres further on. 22 The Fontana Tempesta fountain is situated at the foot of Monte Cavo, in a strategic position in respect of both ancient and modern pathways, and in the area (22) Detailed information on this and on other tunnels in the area is contained in the study by the “Egeria” Underground Research Centre cited in Dobosz et al. (2003). 83 Considerations on water flow regulation in ancient times in the Alban Hills Considerazioni sulla regolazione delle acque in epoca antica nell’area dei Colli Albani Pio Bersani, Vittorio Castellani lying between the Albano and Nemi lakes. In more recent times this site, exactly because it is at the crossroads of important paths and because it supplies drinking water, has long been and continues to be a landmark for tourists. The mouth of the tunnel is now partially obstructed by the collapse of some of the tuff blocks used to make the vault while the first few metres of the tunnel show signs of recent restoration works. Inside, the tunnel presents the traditional rectangular cross-section already found in the Albano and Nemi lake outlet tunnels although slightly smaller (about 70 cm in width and with a variable height between 1.8 and 2.0 m). At a short distance from the mouth stands a rectangle-shaped well that is now obstructed at the top but that was free of debris up to about twenty years ago. A few metres from the first well there appears to be a second well with a different shape with conic form. Just as in the Nemi lake outlet, where the rock is more brittle, the vault of the tunnel is ogival in shape in order to guarantee greater stability. The dimensions and shape of the Fontana Tempesta tunnel and the presence of the rectangular well seem to justify dating this tunnel at the same period as the Nemi lake outlet. The Fontana Tempesta tunnel might also have carried water to the underlying sacred area of the Temple of Diana and this hypothesis is endorsed by the presence of cisterns in the Fontana Tempesta gully, in the section between the tunnel and the lake. According to LENZI [2000], the water from Fontana Tempesta was instead used to supply the settlements (villas and other buildings) on the western shore of the lake, in Le Piagge district and the same can be inferred from another section of the tunnel that is visible at Monte Gentile, standing behind the upland Le Piagge plain. The Egeria Underground Research Centre of Rome has recently conducted extensive research in the area where it discovered numerous tunnels and disclosed the existence of other tunnels of the Roman period that reached the area of Fontana Tempesta (where there probably stood another fountain); a fact that reiterates the great hydraulic interest of the area. In order to understand the age and the exact function of Fontana Tempesta, it would be necessary to explore the tunnel and remove the landslide. The exploration might also provide information as to why the chemical tests performed on the water from Fontana Tempesta [LOMBARDI, 1975] and from the near-by Fontana dei Verbiti in Nemi resulted being of the same type as the water from the atrium of the TuscolanaArtemisia caldera (Doganella, Carpinello and Vivaro). Might there be some still unknown connection between them? In any case, it is a proven fact that the two major lake outlets are far from being isolated works and are only a patent manifestation of a closely-knitted hydrogeological regulation network that involved the entire territory. 10. THE MALAFITTO ALTO, MALAFITTO BASSO AND CENTO BOCCHE AQUEDUCTS The Malafitto or Pescaccio springs are located on the western slope of the Albano lake, in the gully at Ponte di Nemi, at the cross-roads between State Road 217 (Via dei Laghi) and State Road 218 (the road that joins Ariccia to Rocca di Papa). From these springs stem three ancient aqueducts: Malafitto Alto, Malafitto Basso and Cento Bocche. Fig. 13, taken from LUGLI [1919], shows the layout of the three aqueducts. During the Imperial period, the two Malafitto (Alto and Basso) aqueducts both reached Domitian’s villa whereas the Cento Bocche aqueduct supplied the large cistern (“cisternoni”) of Albano, a large 10,000 m3 capacity reservoir, commissioned by the emperor Septimius Severus at the end of the 2nd Century B.C. in order to supply water to the 6000 legionaries of the II Parthian Legion that he had position in the Castra Albana which later originated the present-day town of Albano. The reservoir water was used for drinking purposes up to 1912 while at present the municipality of Albano only uses it to water its public gardens. According to LEONI [1999], also a secondary branch of the Malafitto Alto aqueduct supplied the Albano reservoir. The following description of the three aqueducts is taken from the works published by Lugli: – The Cento Bocche aqueduct also collects extremely small amounts of seepage water over the distance of 150 m between Palazzolo and Malafitto. It is the lowest and the oldest of the three aqueducts. After covering around 3 km from the spring along the Albano crater, it reaches Colle dei Cappuccini and, after forming a sharp right-angle bend, it runs underground in a semi-circle beneath the hill for half a kilometer and ends up on piazza San Paolo in Albano, with the support of only three pits, one of which is 43 m deep. The specus is 60 cm wide and 135 cm high and it has a vaulted ceiling. It is very ancient and its original endpoint is not known. – The Malafitto Basso aqueduct had its springs in the already-mentioned gully in the area of Ponte di Nemi: it reached further than Domitian’s villa, perhaps 84 t&a 1/2005 GENNAIO/MARZO Considerations on water flow regulation in ancient times in the Alban Hills Considerazioni sulla regolazione delle acque in epoca antica nell’area dei Colli Albani Pio Bersani, Vittorio Castellani Fig. 13 - The Albano lake with the layout of the Malafitto Alto, Malafitto Basso and Cento Bocche aqueducts (taken from Lugli, 1919). Il lago di Albano con l’ubicazione degli acquedotti di Malafitto Alto, di Malafitto Basso e delle Cento Bocche (da Lugli, 1919). to supply Clodius’ villa. It was excavated by boring pits directly into the rock and there were only a few pits as it runs very shallow and sometimes almost at surface level. The first segment of the aqueduct is only a few hundred metres long and it was excavated underground towards the springs. The dimension of the specus is of approximately 60 cm in width and 160 cm in height. The ceiling is vaulted. The aqueduct is internally endowed with a drainage canal that is shaped differently from the one present in the similar Malafitto Alto aqueduct. – The Malafitto Alto aqueduct dates back to the times of Domitian, it is 3.7 km long and it is entirely excavated in tuff, from the Malafitto springs all the way to the Propaganda piscinae limariae in Domitian’s villa. According to Tomassetti, there are 53 pits, almost all of which are semi-circular and the deepest of which is rectangular and 57 m deep. It runs over a first 1 km t&a 1/2005 GENNAIO/MARZO section in a straight line and then bores through the Colle dei Cappuccini at considerable depth and from here departs a secondary branch, perhaps built subsequently, that delivered water to the Amphitheatre. Lugli deems all 3 aqueducts to be of Roman times and thinks that the oldest one (dating to the period of the Claudii – at the beginning of the 1st Century A.D.) is the aqueduct running at the lowest altitude (Cento Bocche), then followed by the Malafitto Basso aqueduct, which is attributed to the period of Domitian (at the end of the 1st Century A.D.), whose last section was extended under Hadrian while he considers the most recent (again built by Domitian at the end of the 1st Century A.D.) to be the Malafitto Alto aqueduct. Moreover, Domitian might have restored and prolonged already existing aqueducts as his villa indeed required a vast quantity of water to supply water for his fountains and pools. 85 Considerations on water flow regulation in ancient times in the Alban Hills Considerazioni sulla regolazione delle acque in epoca antica nell’area dei Colli Albani Pio Bersani, Vittorio Castellani The exploration of these underground tunnels only began recently [GALEAZZI et al., 1999; LEONI, 1999] as it was also made difficult by the long succession of manipulations that the aqueducts underwent, many sections of which are still used to supply water to Albano. The Malafitto Alto aqueduct, standing on what is now the property of the Casa del Divin Maestro, is located on the western border of the Albano lake and it is connected to several pits that are still present and visible and of which some (Photo n. 8) present the typical rectangular shape (approximately 140 cm x 60 cm) of the pits previously found in the Albano and Nemi lake outlets and in the Fontana Tempesta tunnel. These pits [GALEAZZI et al., 1999] are placed at a distance of one actus (35.32 m) the one from the other, according to a rule found in Vitruvius. The pit shown on the figure starts from an altitude of approximately 570 m above sea-level and lies at an approximate depth of 58 m from ground level. The Malafitto Alto and Malafitto Basso aqueduct water intake channels show traces of circular excavations that are very similar to analogous traces detected in the near-by Nemi lake outlet.23 It is difficult to say if these similarities in the excavation technique also correspond to an analogous frame of time in which they were built. A pit over 40 m deep [LEONI, 1999], located on the grounds of the Casa del Divin Maestro, indicates the branching off of the Malafitto Alto aqueduct that reached Ariccia by running through the deep gully that ends up at the place known as “Cava di Ariccia”, situated below the Ariccia cemetery. Several manholes are still detectable along this gully and this is surely the water that continued to supply Ariccia at the very beginning of the 20th Century, as recalled by Lucidi. It seems likely that in ancient times this branch of the Malafitto aqueduct in the Cava di Ariccia – Parco Ghigi gully supplied irrigation water to the northern part of the Ariccia Valley west of the town of Ariccia. At present, it might be possible to consider bringing the Malafitto or Pescaccio spring waters back into the Albano lake [with an estimated flow estimated of 50 l/s in BONI et al., 1988] in order to offset the lowering of the water level recorded in these last few years. 11. THE DEGRADATION OF ANCIENT WORKS Unfortunately, in these last decades, the state of neglect and degradation of many of the ancient hydraulic (and non-hydraulic) works on the Alban Hills has dramatically worsened due to a relentless urbanization process. The ensuing risk is to definitely lose precious and irreplaceable tokens of our past that deserve to be further investigated and understood. By way of example, the following is a brief list of situations requiring urgent intervention: – The inlet of the Ariccia tunnel that passes under the Ariccia Valley crater was once formed by a vertical trench covered up with slates of tuff that was preserved intact up to the ‘80s (Castellani, 1999); however, during the ‘90s, first the tuff covering was destroyed, thus exposing the tunnel to the open air, and then the entire channel was destroyed after having opened a wide trench with motor scrapers. 8. A 58 m-deep rectangular pit in the Malafitto Alto aqueduct on the southern rim of the Albano lake crater. (photo by P. Bersani) – The Albano lake outlet, consequently to the lowering of the lake’s water level, contained stagnating 8. Pozzo rettangolare nell’acquedotto di Malafitto Alto sul bordo meridionale del cratere del lago di Albano, profondo 58 m (foto P. Bersani) (23) Galeazzi et al., 1999. 86 t&a 1/2005 GENNAIO/MARZO Considerations on water flow regulation in ancient times in the Alban Hills Considerazioni sulla regolazione delle acque in epoca antica nell’area dei Colli Albani Pio Bersani, Vittorio Castellani waters over prolonged periods of time. The inflow of water from a water treatment plant has exacerbated the situation by transforming the channel into a biological breeding-ground up to the point of making it necessary to wall off its downstream outlet, in the “Le Mole” district in the municipality of Castel Gandolfo, for purposes of hygiene. It is absolutely essential to drain and recover the viability of this channel which, in any other country, would be considered to be a great tourist and cultural attraction. – At the beginning of the ’70s, a modern aqueduct pipe was installed in the Nemi outlet. The pipe is no longer operating although it is still installed in the outlet and obstructs its course, thus further deteriorating its appearance. The “unhealthy habit” of installing new piping in the course of ancient aqueducts is an age-old tradition as, already in 1917, the archaeologist Giuseppe Lugli reported the re-utilization of the ancient aqueducts of Cento Bocche, Malafitto Alto and Malafitto Basso by running modern cast-iron aqueducts along their course. – In the area above the inlet of the Nemi lake outlet, there are majestic vaulted spaces dating back to the Roman Empire which bear witness to the existence of an important archaeological site. These amazingly beautiful spaces continue to be largely ignored and inaccessible, completely abandoned and therefore subjected to rapid deterioration. – The hydraulic channels draining the ancient lake basins of Giulianello, Gabii, Pantano Secco and Pavona, all of which are still in operation, are in a state of abandonment and subjected to all types of manipulations. The Pantano Secco outlet was recently destroyed by a cement artifact and the Pavona outlet is presently buried under the debris from near-by land developments. – The Ariccia Valley viaduct constitutes one of the most important archeological landmarks on the Alban Hills. It is currently in a state of abandonment with its underpass, which was once viable, closed off with a modern masonry wall and used as a deposit for farming equipment. The roots of the mainly creeping vegetation (see Photo n. 9) furrow into the tuff slate coating on the Ariccia Valley side, pushing them down from their original position. The state of degradation of the ancient hydraulic works that we have been dwelling upon is but one of the aspects of a more extended degradation of which the following are additional examples: t&a 1/2005 GENNAIO/MARZO 9. The Appia Antica Viaduct in the Ariccia Valley. (photo by G. Bersani) 9. Il Viadotto dell’Appia Antica a Valle Ariccia. (foto G. Bersani) – Monte Castellaccio in the municipality of Palestrina, is a site of utmost archaeological interest with remains of pre-historic settlements, of a Roman fortification (castrum), of the extremely important Passo dell’Algido as well of medieval ruins [CAPRI, 2002; MENGARELLI, 2003]. Ever since the ’70s, Monte Castellaccio has been excavated with a quarry of tuffaceous material and there is now a project to use it as the location for a landfill,24 with all the dangers that this might entail for the area’s hydro-geological network and for the pollution of its aquifers. – The Colle Pardo relief (490 m on sea-level) in the municipality of Ariccia, on the border with the municipality of Genzano – erroneously marked as “Colle Lardo” on the 1:10,000 scale 1990 C.T.R. of the Region of Latium – comprises the first hilly relief encountered while traveling inland from the coast. It hosts the Nemi lake outlet and on its southern slopes lies the Via Appia aqueduct described above. Until the mid-80s, there was a little Franciscan monastery sitting on its summit. This building was inexplicably torn down (while leaving the rubble on the site) about 20 years ago and several reinforced concrete constructions fitted with huge antennas (for RAI’s radio and TV broadcasting and for cell phone transmissions) were built a few metres away and now sit on the summit of Colle Pardo. These are but a few examples of a situation that is visible to anybody wanting to take the time to (24) Del Nero, 1990, writes in his book on the Latin Valley: “ever since the 1970s, the environment of the Latin Valley has been inflicted increasingly frequent and severe wounds which might well be symbolised by the destruction of (Monte) Castellaccio, which was perpetrated on repeated occasions before the total inertia of both the political and cultural authorities and the utmost indifference of the local inhabitants”. 87 Considerations on water flow regulation in ancient times in the Alban Hills Considerazioni sulla regolazione delle acque in epoca antica nell’area dei Colli Albani Pio Bersani, Vittorio Castellani notice. The growing sensitivity of many municipal administrations, if supported by the diligent intervention of supervisory authorities – such as the Superintendence for Archaeology – can and must reverse the current trend. Let us only be allowed to say that, in our experience, much of the manipulating also stems from the ignorance of the historical and cultural value of the constructions destroyed. For example, the Ariccia tunnel dating back to the 6th Century B.C., was locally considered to be a relatively recent construction not deserving of being preserved. Simply raising local awareness on its historical value might already be a great step forward towards its preservation. 12. FINAL CONSIDERATIONS In this paper we have given a brief overview of some of the most significant hydraulic works present on the Alban Hills, by attempting to pool together information drawn from different cultural sources such as geology, hydro-geology, archaeology, history, history of religions, etc. because only a multi-disciplinary study can lead us to fully understand the ancient and recent history of these hills, by relying on a closely-knit collaboration with professionals representing each one of the aforesaid disciplines. The examples mentioned, although they are necessarily limited, unarguably show that not only the Alban Hills relief but also the vast plain outstretched at its foot are the result of a comprehensive and capillary hydro-geological network dating back to a very remote past. The two Albano and Nemi lake outlets fit into the context of major land reclamation works envisaging the draining of the Tuscolano-Artemisio (Lago della Doganella) basin, the emptying of the many closed off basins still remaining in the volcano complex and the thorough draining of wetlands by means of an extensive network of underground channels. Finally, the drainage network was optimized by careful water regulation and distribution by means of a large number of aqueducts and cisterns. This network has its origins in the Archaean age, between the 6th and 5th Century B.C., and it is not by chance that it is also networked with the major waterworks reported at the time of the Etruscan kings of Rome such as the excavation of the Cloaca Maxima and the drainage of the Pontine marshlands. Moreover, we are convinced that much still remains to be discovered and investigated about these hydraulic works. By way of example, mention should be made of the study currently being conducted on a complex of at least five aqueducts of Archaean age which drew water from the Fosso di Ponte Terra, in the proximity of S. Vittorino in the municipality of Tivoli, which probably supplied water to towns in Latius Vetus long before it fell under the domination of Rome. 25 We are therefore hopeful that targeted archaeological excavations might be resumed on sites of particular paleo-hydraulic interest, starting with the many springs scattered around the Alban Hills and the Roman countryside. However, these studies will prove to be aimless unless parallel action is urgently taken to protect and safeguard already known archaeological landmarks. From the hydro-geological perspective, after so many years of draining marshlands to be converted into croplands, now plans are being made to rebuild some of the lake basins drained in the past, especially in view of the water shortage that has been affecting the Alban Hills ever since the ’90s. This especially applies to the plan to re-establish the Lago della Doganella in the north-eastern section of the Tuscolana-Artemisia caldera with the same size (approximately 50 hectares) it had before it was definitely drained in 1938 or, alternatively, to recreate a wetland in the same area which would entail a higher degree of stormwater seepage which would subsequently flow south-west, along the already well-known underground hydraulic network, and supply the Albano and Nemi lake aquifers. REFERENCES AMATO A. (1999): Terremoti, struttura crostale e deformazioni ai Colli Albani. Atti della I conferenza Archeologia, Vulcanismo e Telerilevamento. Roma 26/28 maggio. ANDRETTA D., VOLTAGGIO M. 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Significato, età e vicissitudini di questi emissari non possono peraltro essere separati dal contesto delle altre opere idrauliche presenti nel territorio dei Colli Albani, né dal contesto storico e religioso in cui furono realizzate. Tali antiche opere sono rappresentate non solo da ulteriori emissari, ma anche da acquedotti e cisterne per la gestione dei bacini idrici, cui si aggiungono vaste opere di bonifica e drenaggio di aree un tempo paludose. JUDSON E KAHANE [1963] riportano la presenza nella parte meridionale dei Colli Albani di oltre 45 km di cunicoli, con a monte i due grandi emissari dei laghi di Albano e di Nemi (Fig. 2). La sistemazione idraulica dell’area fu iniziata in epoca molto antica, quasi sicuramente pre-romana. La tecnica costruttiva dei due maggiori emissari presenta infatti strette analogie con il tunnel di Eupalino, nell’isola greca di Samo, risalente al VI secolo a.C. E la vasta opera di bonifica e drenaggio richiama da vicino il vasto sistema di condotti sotterranei a ciò predisposto dagli Etruschi di Veio. Questo sistema di cunicoli, tuttora riconoscibile sulle ultime pendici dei Colli Albani fino alla Pianura Pontina,1 va annoverato tra le trasformazioni più incisive e più antiche dell’assetto idrico del territorio dell’Italia centrotirrenica. Qui infatti numerosi fossi minori furono incanalati sottoterra in cunicoli scavati nei banchi tufacei e condotti a sboccare in fossi maggiori, a volte anche attraverso la diversione del loro percorso dalla valle originale ad una contigua. (1) See, for example, Quilici-Gigli, 1999. Molte opere sono state poi modificate, ampliate e riutilizzate soprattutto in epoca romana imperiale, quando molti imperatori eressero sui Colli Albani le loro ville, contribuendo ancora oggi in molti casi alla regolazione idrica dell’area. In linea generale, a fianco dei lavori di bonifica alle falde dei Colli troviamo attuato il principio guida di trattenere le acque alle quote superiori, dove l’evaporazione è inferiore, per rilasciarla poi nel periodo estivo ai bacini a quota inferiore (bacini di Albano, Nemi e Giuturna) o a corsi d’acqua a valle, al fine principale di irrigare i campi. La presente memoria, dopo un inquadramento geologico e storico-religioso dei luoghi, descrive brevemente lo stato delle conoscenze degli emissari di Albano e Nemi e quindi prende in esame alcune opere idrauliche che si inquadrano in un discorso idraulico più generale: – Bacini lacuali minori – Cunicolo di Fontana Tempesta – Opere idrauliche nel viadotto di Valle Ariccia – Acquedotti di Malafitto Alto, di Malafitto Basso e delle Cento Bocche – Bacino della Doganella – Vivaro Tali esempi rappresentano soltanto alcune situazioni, esemplificative di un quadro molto più esteso, con molte altre opere idrauliche di non minore importanza. Scopo principale della presente memoria è quello di stimolare un approccio unitario agli studi sull’idraulica antica dei Colli Albani, tenendo presente che vi sono molti indizi che sia in epoca romana che pre-romana vi fosse nell’area una molto maggiore disponibilità d’acqua superficiale ed inoltre che una delle maggiori difficoltà nello studio delle antiche opere idrauliche è costituita dalla datazione delle stesse. 90 t&a 1/2005 GENNAIO/MARZO Considerazioni sulla regolazione delle acque in epoca antica nell’area dei Colli Albani Considerations on water flow regulation in ancient times in the Alban Hills Pio Bersani, Vittorio Castellani 2. CENNI SULLA GEOLOGIA, L’IDROGEOLOGIA E LA GEOMORFOLOGIA DEL VULCANO LAZIALE 2.1 Geologia Il complesso vulcanico dei Colli Albani è caratterizzato dalla presenza di un edificio centrale ad attività mista.2 La maggior parte del vulcanismo si è sviluppata tra 0,53 e 0,36 milioni di anni fa. Durante questo periodo un primo edificio centrale, noto con il nome di edificio Tuscolano-Artemisio, ha eruttato circa 150 km3 di magma sparsi su un’area di circa 1500 km2. L’attività dell’edificio Tuscolano-Artemisio può essere suddivisa in 4 cicli principali, ciascuno dei quali è caratterizzato dalla messa in posto di una colata piroclastica e di spessi coltri di piroclastiti a cui si intercalano rare colate di lava. Circa 0,36 milioni di anni fa un’attività parossistica esplosiva sia dall’apparato centrale che da fratture circumcalderiche ha determinato la fine del vulcanismo e il definitivo crollo dell’edificio TuscolanoArtemisio, con la formazione dell’omonima caldera Tuscolano-Artemisia di circa 10 km di diametro, tuttora esistente. Circa 0,30 milioni di anni fa l’attività vulcanica è ripresa all’interno dell’area collassata edificando un nuovo edificio centrale, il vulcano dei Campi di Annibale. L’attività di tale vulcano è stata di tipo soprattutto effusivo con formazioni di estese colate leucititiche, come la colata di Capo di Bove circa 0,26 milioni di anni fa, che arriva a Roma all’altezza dell’attuale Tomba di Cecilia Metella. L’attività dei Campi di Annibale è terminata circa 0,20 milioni di anni fa ed ha emesso volumi molto ridotti (circa 2 km3) rispetto all’edificio Tuscolano-Artemisio (circa 150 km3). Le ultime fasi del Complesso vulcanico dei Colli Albani sono di natura idromagmatica, determinate cioè dall’incontro del magma con l’acqua di falda. Tale attività ha prodotto una serie di crateri eccentrici localizzati nel settore occidentale del Complesso vulcanico, quali i crateri di Albano, Giuturna, Nemi ed Ariccia. Tra questi Ariccia è il cratere più antico, seguito poi dalle due esplosioni idromagmatiche che hanno generato l’attuale cratere di Albano con quattro episodi che hanno generato altrettanti crateri coalescenti. L’attività di Giuturna si intercala alle ultime due esplosioni di Albano. Altri crateri eccentrici, generati ugualmente da esplosioni idromagmatiche, sono ubicati nella parte settentrionale del Vulcano Laziale: Castiglione, Valle Marciana, Prata Porci e Pantano secco. La fine dell’attività idromagmatica si fa risalire a circa 20.000 anni fa. I Colli Albani sono peraltro rimasti sede di una lieve ma continua sismicità che si manifesta ad intervalli di varia durata. 3 Manifestazioni di vulcanismo secondario si sono forse avute anche in epoca storica, da taluni collegate al rilascio tardivo di gas dalla camera magmatica [ANDRETTA et al., 1988]. GALLI [1906] elenca al riguardo una serie di notizie storiche, quali la leggenda della distruzione della reggia di Albalonga sulle pendici del lago di Albano a causa di un’eruzione (e concomitante terremoto) circa nell’anno 900 a.C., “un’eruzione di pietre e boati sul monte Albano” nel 642 a.C. citata da Tito Livio 4 e infine “un’ultima eruzione di pietre nel monte Albano” nel 216 a.C. ancora dallo stesso autore.5 Molto più recentemente BULLARD [1978] riporta la notizia di una piccola eruzione che sarebbe avvenuta nel 290 a.C. nell’area dei Colli Albani, senza però citarne la fonte. Secondo GHINI [1999], l’istituzione delle feste novendiali intorno alla metà del VII sec. a.C., da cui avrebbero poi avuto origine le Ferie Latinae, rappresentano un’espiazione a seguito del- (2) (3) (4) (5) De Rita et al., 1988. Amato, 1999; Bersani, 1994. Ab Urbe Condita, Lib. I, cap. 31. Ab Urbe Condita, Lib. XXIV, cap. 7. t&a 1/2005 GENNAIO/MARZO le “piogge di pietre” avvenute a Lanuvio e sul Monte Albano ed interpretate come un segno divino. Altre piogge di pietre sono riportate anche a Pometia [OSSEQUIENTE, 1992] e a Palestrina. GHINI [1999] riporta anche come possibile attività postvulcanica nei Colli Albani la probabile attività della solfatara tra la via Appia e Pratica di Mare ove le popolazioni latine posero la sede infernale della ninfa Albunea. Le cadute di pietre, considerate dagli antichi un evento prodigioso, si ritrovano in troppe località (Monte Albano, Lanuvio, Pometia, Palestrina) per essere causate da un fenomeno vulcanico, così che si può ipotizzare che si tratti di pietre rotolate dai versanti acclivi dei rilievi a causa di terremoti oppure a causa di incendi nei boschi e poi divenute parte di un mito. Infatti, solo per fare un esempio, la strada che dall’abitato di Nemi scende all’omonimo lago dopo i violenti incendi avvenuti nel passato recente (anni ’70 e ’80) si presentava completamente “invasa” da grandi massi di pietra lavica rotolati dal versante a monte. Ricordiamo infine come lo scavo dell’emissario sotterraneo di Albano è dagli antichi posto in relazione con un improvviso e inspiegabile innalzamento del livello delle acque di tale lago, che sarebbe avvenuto nel 399-398 a.C., durante la guerra tra Roma e la città etrusca di Veio. Recentemente GIORDANO et al. [2004] hanno ipotizzato per il cratere del lago Albano possibili fenomeni di abbassamento e sollevamento del livello delle acque del lago (anche di parecchie decine di metri), in corrispondenza di processi endogeni che interessano il sistema idrotermale sottostante il cratere di Albano. 2.2 Idrogeologia Dalle stratigrafie dei pozzi 6 nella zona nord-orientale della caldera Tuscolana-Artemisia nell’area dell’ex Pantano della Doganella, a partire dalla profondità di circa 40-45 m dal piano campagna di circa 525 m s.l.m., è presente uno strato di argilla impermeabile di origine lacustre dello spessore medio di circa 20 m, mentre a profondità minori dal piano campagna si riscontrano i prodotti tufacei del Vulcano Laziale. Ciò testimonia che nel corso della storia eruttiva del Vulcano Laziale vi sono stati lunghe pause durante le quali i crateri hanno ospitato bacini lacustri anche di dimensioni notevoli, bacini che vi si insediano stabilmente al termine dell’attività vulcanica. Nella figura 3 è riportato lo schema idrogeologico dei Colli Albani, tratto da BONI et al. [1995], in cui sono indicate le principali direzioni del deflusso sotterraneo. Caratteristica delle falde idriche contenute nei rilievi vulcanici è di seguire direttamente la morfologia dei rilievi. 7 Poiché i Colli Albani sono costituiti da uno stratovulcano, cioè un edificio costruito dall’alternanza di materiali differenti: colate piroclastiche, colate laviche e tufi in genere, anche la permeabilità risulta differente. Ciò comporta l’esistenza di più falde idriche sovrapposte ed isolate tra di loro [REGIONE LAZIO, 1999]. Ad esempio nella parte nord-orientale della caldera Tuscolano-Artemisia, nell’area della Doganella, potenti coltri prettamente impermeabili costituite da depositi lacustri di paleolaghi, separano livelli permeabili di origine vulcanica. Nel Vulcano Laziale è così possibile individuare fino a 5 falde idriche sovrapposte ed isolate tra loro. La falda più superficiale è quella che emerge proprio nell’area citata della Doganella con sorgenti a circa 525 m s.l.m., che raccolgono la circolazione idrica superiore presente nei rilievi del recinto esterno (Artemisio). La falda idrica più profonda invece giunge fino a quote inferiori alla zero marino. Del resto le stesse falde idriche che alimentano i laghi di Albano e di Nemi (che rappresentano le emergenze a giorno di dette falde) sono tra loro idraulicamente separate anche se si trovano a brevissima distanza. (6) Camponeschi et al., 1992; Regione Lazio, 2002. (7) Celico, 1982. 91 Considerazioni sulla regolazione delle acque in epoca antica nell’area dei Colli Albani Considerations on water flow regulation in ancient times in the Alban Hills Pio Bersani, Vittorio Castellani Nei Colli Albani alcune delle attuali sorgenti sono il risultato di opere di captazione della falda idrica tramite cunicoli orizzontali, è questo il caso ad esempio della sorgente Acqua Acetosa sulle rive nord-orientali del lago di Albano, dove [CAPELLI et al., 1998] una galleria si addentra per circa 20 m nel versante ed è anche il caso della sorgente di Fontana Tempesta sul versante settentrionale del lago di Nemi, dove una galleria si addentra attualmente nel versante per oltre 100 m. È interessante notare che la tecnica dello scavo orizzontale tramite cunicoli per raggiungere la falda idrica è una tecnica molto antica, sicuramente pre-romana, utilizzata in molte altre aree del Mediterraneo. LOMBARDI [1975] ha esaminato le acque delle sorgenti del Vulcano Laziale. In tale lavoro sono state riunite in un unico gruppo, ben distinto dagli altri gruppi, le acque di Fontana Tempesta (Nemi), Fonte dei Verbiti (Nemi), Carpinello (Rocca Priora), Doganella (Rocca Priora) e Vivaro (Rocca di Papa). Tali acque sono state classificate come “acque a carbonati e bicarbonati alcalino-terrosi” che indicano una circolazione superficiale sufficientemente rapida e/o legata al drenaggio di un’area limitata quale appunto “l’Atrio” della Caldera Tuscolana-Artemisia. Testimonianze storiche ed evidenze geologiche indicano che numerosi crateri del Vulcano Laziale hanno nel passato ospitato specchi lacustri mentre attualmente sono presenti soltanto il lago Albano (o di Castel Gandolfo), il lago di Nemi ed il piccolo lago di Giulianello, alle falde orientali dei Colli, oltre a due piccoli bacini lacustri residuali denominati con lo stesso nome di “Laghetto”, il primo – l’antico Lacus Turni o lago di Giugurta – nel cratere di Pavona vicino il lago di Albano ed il secondo sulla via Casilina a nord di Colonna. Il foglio geologico n. 150 “Roma” della Carta Geologica Italiana riporta con la sigla “av”, la formazione delle “tufiti alluvio-lacustri”, ubicandola nei crateri di Doganella, Valle Ariccia, Prata Porci e Valla Marciana. Questi, come anche altri crateri, risultano drenati da condotti artificiali, mentre i tre specchi d’acqua maggiori residui risultano tutti regolati da emissari artificiali sotterranei. L’ ultimo lago ad essere stato prosciugato è stato il lago della Doganella nel 1938. Tale specchio lacustre era ubicato nel comune di Rocca Priora, nella zona nord-orientale della caldera TuscolanoArtemisia, aveva un’estensione di circa 0,5 km2 ed una profondità massima di circa 3 m. Tale lago era probabilmente quanto rimaneva di un lago di maggiore estensione che si estendeva verso sud verso l’attuale zona del Vivaro, parzialmente prosciugato in epoca antica. Lo specchio lacustre nel cratere di Valle Ariccia è stato prosciugato contemporaneamente o subito prima della costruzione dell’emissario del lago di Nemi, quindi circa nel VI secolo a.C. Nel cratere di Pavona Papa Paolo V Borghese ha prosciugato nel 1611 il lago di Giuturna o Laghetto o Lacus Turni, riadattando un antico emissario, con ogni probabilità romano, realizzato con scavo attuato dai due estremi tramite una serie di pozzi, con evidenza di una iniziale discenderia dal lato del lago. Lo specchio lacustre nel cratere di Castiglione, vicino la città preromana di Gabii, è stato prosciugato dal principe Francesco Borghese nel 1838, ma già in epoca arcaica era dotato di un emissario per la regolazione del livello dell’acqua; l’area paludosa e acquitrinosa di Pantano Borghese è stata bonificata dai principi Borghese nell’800 ed lo specchio lacustre di Pantano Secco (il Lago Regillo) vicino Frascati è stato bonificato dal cardinale Scipione Borghese agli inizi del ’600, riutilizzando un cunicolo antico, probabilmente di età romana tardorepubblicana. Altri specchi lacustri prosciugati si trovano nei crateri di Prata Porci sopra Frascati e nella Valle Marciana tra Frascati e Ciampino. Infine anche nella parte centrale del Vulcano Laziale nel Recinto interno o delle Faete vi era probabilmente uno specchio lacustre nell’area ora denominata “Campi di Annibale”. Il prosciugamento degli antichi bacini lacustri, avvenuto in diversi periodi storici, ha concorso all’abbassamento delle falde idriche nel rilievo dei Colli Albani. Vi sono infatti molti indizi che fanno ritenere che in epoca antica vi fosse nei Colli Albani una disponibilità di acqua molto maggiore rispetto a quella attuale. Ad esempio dalle sorgenti di Malafitto (o Pescaccio) nel versante orientale del cratere albano e dalle sorgenti delle Facciate di Nemi nel cratere dell’omonimo lago si dipartivano in epoca romana importanti acquedotti, sicuramente con notevole portata. Anche recentemente la portata di molte sorgenti dei Colli Albani è ulteriormente diminuita a causa dell’eccessivo prelievo di acqua sotterranea da pozzi, fino a giungere alla crisi idrica dell’inizio degli anni ’90 del secolo appena terminato, che ha portato al forte abbassamento dei livelli dei laghi di Albano e di Nemi e al completo essiccamento di diverse sorgenti. A titolo di esempio si ricorda che in BONI et al. [1988] la portata della citata sorgente delle Facciate di Nemi è indicata in 150 l/s e la portata della sorgente della Doganella è riportata pari a 100 l/s, portate che sono ora notevolmente diminuite, tanto che l’acquedotto (costruito all’inizio degli anni ’70) che portava l’acqua dalle Facciate di Nemi alla Valle Ariccia, utilizzando anche il percorso dell’emissario del lago di Nemi, ora è completamente abbandonato. Attualmente nei Colli Albani i terreni coltivati sono ancora numerosi ed estesi su tutto il territorio, limitati soltanto dalla presenza di boschi e di infrastrutture urbane. Si tratta sempre di terreni ancora oggi fertili proprio per la natura vulcanica dei suoli, che in epoca antica venivano irrigati con acqua superficiale e che oggi invece sono coltivati quasi esclusivamente con acqua di falde sotterranee prelevata da pozzi sempre più profondi. Fino ad un passato recente le aree acquitrinose e paludose erano considerate soltanto un ostacolo all’agricoltura e al pascolo e si operava per la loro completa bonifica, anche perché non si comprendeva la loro importanza idrogeologica, costituendo esse infatti delle zone di maggiore infiltrazione delle acque meteoriche e quindi di ricarica delle falde idriche sotterrane. Attualmente invece vi sono dei progetti nell’area dei Colli Albani per il ripristino degli antichi bacini lacustri (lago di Gabii e lago della Doganella), o quantomeno per la realizzazione di zone umide, in entrambi i casi con beneficio per la ricarica delle falde idriche. 2.3 Geomorfologia Come indicato in figura 4, nella parte nord-orientale dei Colli Albani vi sono tre “tagli” nel Recinto esterno Tuscolano-Artemisio, che appaiono di natura antropica: a) all’altezza del fosso della Mola, lungo la strada che dalla via Tuscolana conduce a Carchitti, nel comune di Palestrina b) lungo la via Tuscolana all’altezza del passo dell’Algido c) nel Passo del Broscione, compreso tra il Colle Sarazzano a nord e il Poggio Broscione a sud La stessa figura 4 riporta la presenza nella zona dei laghi Albano e di Nemi di alcuni valloni che risultano sorprendentemente incisi dalle acque in rapporto alla limitata estensione del bacino idrografico: I: Vallone della cava di Ariccia – Parco Chigi, all’altezza del Ponte di Ariccia – via Appia km 26,6 (bacino idrografico pari a circa 3 km2); II: Vallone di Galloro all’altezza del Ponte di Galloro – via Appia km 27,3 (bacino idrografico pari a circa 2,5 km2); III: Vallone della Catena di Genzano all’altezza del Ponte della Catena – via Appia km 28,2 (bacino idrografico pari a circa 1,5 km2) che si unisce nella parte nord-orientale del cratere di Valle Ariccia con il Vallone di Galloro; IV: Vallone di Fontana Tempesta nella parte settentrionale del lago di Nemi (bacino idrografico pari a circa 2 km2); V: Vallone di Nemi (con due bracci nella parte di monte), tra la via dei Laghi (km 15 circa) e l’abitato di Nemi (bacino idrografico pari a circa 3 km2); 92 t&a 1/2005 GENNAIO/MARZO Considerazioni sulla regolazione delle acque in epoca antica nell’area dei Colli Albani Considerations on water flow regulation in ancient times in the Alban Hills Pio Bersani, Vittorio Castellani VI: Vallone in località Quarto La Villa tra Genzano e Lanuvio (bacino idrografico pari a circa 1,5 km2 a quota 350 m s.l.m.); VII: Vallone del fosso delle Ferrovie tra Genzano e Lanuvio (bacino idrografico pari a circa 2,0 km2 a quota 370 m s.l.m.); VIII: Vallone del Fosso del Peschio sulle pendici esterne dell’Artemisio a monte di Velletri (bacino idrografico pari a circa 2,5 km2). 3. CENNI SULLA STORIA, LA RELIGIONE E I MITI DEI LUOGHI 3.1 Storia Il clima favorevole, l’abbondanza di acqua e la configurazione morfologica dei luoghi hanno favorito l’insediamento e la permanenza dei gruppi umani sin dalla più lontana preistoria. Le testimonianze più antiche [Ghini, 1999] della frequentazione umana in quest’area risalgono infatti al paleolitico inferiore, 300.000-200.000 anni fa, per divenire più consistenti nel paleolitico medio 60.000-35.000 anni fa. Tracce della presenza del passaggio dell’uomo di Neanderthal nel territorio albano risalgono almeno ad 80.000-60.000 anni fa [CHIARUCCI, 1988]. L’attività eruttiva del Vulcano Laziale cessò circa 20.000 anni fa in un periodo corrispondente alla facies culturale del paleolitico superiore. Il più antico insediamento oggi conosciuto, in località Colle Cappuccini di Albano, risale al neolitico antico (5.000-4.500 a.C.) [CHIARUCCI, 1988], mentre gli insediamenti nella valle Marciana, comune di Grottaferrata, e ad Albano, località Montagnano e Campoleone, risalgono rispettivamente al neolitico medio (4.000-3.000 a.C.) e al neolitico finale (3.000-2.800 a.C.). Sia ad Albano che a Grottaferrata, nella sepoltura di villa Schiboni, vi sono poi testimonianze di frequentazione dei luoghi nel neo-eneolitico (o età del rame) circa nel 2.000-1.800 a.C. Alla media età del bronzo [CHIARUCCI, 1988] risale l’insediamento palafitticolo, rinvenuto a 11/12 metri di profondità nelle acque del lago Albano, lungo la riva sud-occidentale e denominato “Villaggio delle macine” per il gran numero di macine in pietra vulcanica rinvenute. L’insediamento databile tra il XVIII e il XVI secolo a.C. ha avuto diverse fasi, collegate anche al livello dell’acqua del lago, con un’economia basata sull’agricoltura, la caccia, la pesca e sulla pratica della metallurgia, come testimoniano i numerosi oggetti in bronzo rinvenuti (asce, coltelli e pugnali). Contemporaneo al villaggio sul lago di Albano è anche il villaggio palafitticolo perilacustre nel comune di Albano in località Paluzzi nella Valle Ariccia, a quel tempo sede sicuramente di un bacino lacustre, e probabilmente anche un villaggio palafitticolo sul lago di Nemi, dove sono state ritrovate anche qui macine in pietra lavica locale. Tali villaggi palafitticoli corrisponderebbero ad una fase climatica del XVI sec. a.C. caratterizzata da grande siccità, estesa probabilmente a gran parte dell’Italia e dell’Europa [CHIARUCCI, 1988]. Risale al bronzo medio e recente (XV-XII sec. a.C.) l’abitato di Colle della Mola, nell’attuale comune di Rocca Priora, posto su un colle alto 640 m s.l.m., che controllava la sottostante Valle Latina (con la via Latina costruita successivamente nel IV secolo a.C.) e il laghetto vulcanico di Pantano della Doganella (che però all’epoca aveva probabilmente dimensioni considerevoli). Si tratta di un insediamento a carattere stagionale che ha restituito testimonianze di un’occupazione legata alla transumanza: fondi di capanne e materiale di uso quotidiano, quali fornelli, pesi da telaio, fuseruole, vasi d’impasto. Da notare che [ANZIDEI, 1985] le capanne dei villaggi dell’età del Bronzo ritrovati nei Colli Albani sono analoghe a quelle ritrovate a Roma sul Colle Palatino. Sino al termine dell’età del bronzo le genti del Lazio abitavano in semplici villaggi di capanne. Intorno alla metà dell’VIII t&a 1/2005 GENNAIO/MARZO secolo a.C. cominciarono le prima strutture urbane (tra cui anche Roma) e quindi nacque la necessità di costruire acquedotti. L’età del ferro laziale (XI-VII sec. a.C.) è infine documentata da necropoli e abitati sparsi lungo il confine del cratere vulcanico di Albano. Tra questi abitati quello famoso di Albalonga, la città-madre di Roma, segnalato nella tavoletta I.G.M. 150 III SE “Albano” sul bordo orientale del lago, in prossimità del convento di Palazzola. Indagini più recenti [CHIARUCCI, 1988; GHINI, 1999] lo porrebbero invece in corrispondenza dell’attuale centro di Castel Gandolfo o ad Albano, località Tofetti e Colle dei Cappuccini, sulla cresta della sponda meridionale del lago. C’è invece chi pone Albalonga in località Prato Fabio presso l’attuale abitato di Rocca di Papa. Altri [CAPRI et al., 1996; CAPRI, 2004] vorrebbero peraltro spostare quell’abitato sulla dorsale dell’Artemisio, individuando nell’antico lago della Doganella e non nel Lago Albano lo specchio lacustre vicino ad Albalonga.8 In questo periodo si sviluppa la Lega Latina, una confederazione di città con Albalonga (fintanto esistente) in posizione predominante. Dionigi di Alicarnasso annovera le trenta città che facevano parte della Lega Latina, tra queste quelle ubicate sui Colli Albani erano: Albalonga, Aricia, Corilla, Tusculum, Lanuvium, Castrimoenium (l’attuale Marino), Labicum (l’attuale Montecompatri o l’attuale Colonna), Cabum (l’attuale Rocca di Papa), Corbium (l’attuale Rocca Priora), Velitrae (l’attuale Velletri). Città latine ubicate ai margini dei Colli Albani erano: Tibur (l’attuale Tivoli), Fregellae, Gabii, Bovillae, Praenestae (l’attuale Palestrina), Cora (l’attuale Cori), Politorium (nei pressi dell’attuale Castel di Decima), Artena e l’attuale Lariano. Infine altre città latine ubicate sulla costa o in sua prossimità con importanti scambi con quelle ubicate sui Colli Albani erano: Ardea, Satricum, Pometia (o Suessa Pometia, ubicata nei pressi dell’attuale Cisterna di Latina), Lavinium, Antium. Durante il regno dei Tarquini [COARELLI, 1991] nel VI secolo a.C. Roma ha probabilmente avuto un ruolo egemonico nella Lega Latina. Il Foedus Cassianum, la Lega Latina e la Lega Aricina rappresentano i tentativi dei Latini di arginare la nuova città emergente: Roma. La Lega Latina ebbe sede ad Ariccia fino all’anno 504 a.C., quando nella battaglia di Ariccia i Romani con gli alleati Etruschi (comandati da Arruns, figlio di Porsenna) furono sconfitti dai Latini alleati con i Cumani. Dopo tale battaglia il Santuario di Diana fu spostato dal territorio di Ariccia sulle coste settentrionali del lago di Nemi, ed è probabilmente proprio alle opere collegate alla costruzione del nuovo Santuario di Diana che si deve la realizzazione dell’emissario del lago di Nemi intorno al 500 a.C. I Latini furono invece sconfitti [COARELLI, 1991] dai Romani nel 499 (o 496) a.C. nella battaglia del Lago Regillo, ritenuto comunemente l’antico bacino di Pantano Secco presso Frascati, bonificato agli inizi del ’600; ma c’è anche chi [VENTRIGLIA, 1990] invece lo ritiene coincidente con l’antico bacino di Pantano Borghese. La Lega Latina fu poi sciolta nel 338 a.C. dopo la definitiva sconfitta dei Latini contro i Romani nella battaglia presso il fiume Astura. Nel 396 a.C. Roma dopo 10 anni di guerra aveva già espugnato la città etrusca di Veio, grazie allo scavo di un cunicolo sotterraneo ad opera di Furio Camillo. Secondo Tito Livio a tale epoca risalirebbe la costruzione dell’emissario del lago di Albano, costruzione che sarebbe stata richiesta, secondo la leggenda, contemporaneamente dall’oracolo di Delfi (Storia di Roma, Libro V, 16) e da un aruspice etrusco di Veio (Storia di Roma, Libro V, 15), come condizione necessaria per la vittoria dei Romani. In epoca romana i Colli Albani conobbero un nuovo grande sviluppo: e si moltiplicarono gli insediamenti e le grandi ville. Pompeo Magno costruì verso la fine della Repubblica una grande villa sotto (8) Informazioni sulle ultime scoperte relative all’età del bronzo e all’età del ferro nel territorio dei Colli Albani sono contenute negli Atti delle Giornate di studi: “Il Territorio Veliterno nell’Antichità” tenute nel 2001 e nel 2003 dal Museo Civico Archeologico “Oreste Nardini” di Velletri. 93 Considerazioni sulla regolazione delle acque in epoca antica nell’area dei Colli Albani Considerations on water flow regulation in ancient times in the Alban Hills Pio Bersani, Vittorio Castellani l’Appia all’altezza dell’odierna Albano, utilizzata poi da molti imperatori tra cui Tiberio e Domiziano. Giulio Cesare ebbe una sua villa sul lago di Nemi in prossimità dell’emissario e Ottaviano Augusto ebbe probabilmente una villa sulle sponde del lago Albano, in prossimità dell’attuale Convento di Palazzolo, avendo trascorso parte della sua giovinezza nella villa degli Ottavi presso Velletri. Si ricordano anche le ville di Tiberio sul Colle Tuscolo, di Caligola sul lago di Nemi, di Vitellio sopra l’attuale Ariccia nei pressi di Monte Gentile, di Domiziano nel luogo dell’attuale Castel Gandolfo, di Antonino Pio in località Monte Cagnoletto tra Velletri e Lanuvio, di Commodo nell’ager di Lanuvium, di Clodio in prossimità di Castel Gandolfo. Anche altri uomini romani importanti ebbero uno stretto legame con i Colli Albani, come ad esempio Cicerone che aveva la sua villa al Tuscolo presso l’odierna Frascati ed il poeta Orazio che prediligeva Ariccia. Settimio Severo infine ubicò nei Castra Albana (dove attualmente vi è la parte alta dell’abitato di Albano) circa seimila legionari della II Legione Partica. 3.2 Religione Con ogni probabilità la religione dei popoli latini aveva inizialmente divinità autoctone, che furono nel tempo assimilate alle divinità delle culture etrusca e greca, anche se non mancheranno le influenze orientali provenienti soprattutto dall’Egitto. Due divinità emergono sulle altre negli antichi popoli latini dei Colli Albani: Iuppiter Latiaris e Diana Ariccina o Nemorense (la Artemide dei greci). Fin dall’età protostorica [GHINI, 1999] il Monte Cavo 9 (l’antico Mons Albanus) venne scelto dai popoli latini come luogo di culto dedicato a Iuppiter Latiaris, con valenza federale, centro sacrale e politico di popoli che si riconoscevano in una unica origine comune. Il Santuario era probabilmente un semplice spiazzo sulla sommità del Monte, circondato da un recinto in opera quadrata, di cui sono ancora oggi visibili alcuni blocchi di tufo rinvenuti in loco, forse dotato di sacelli e altari, ma senza un tempio monumentale. Al Santuario si giungeva attraverso la via Trionfalis, una strada basolata che passava sul Colle di Cappuccini e di Tofetti [CHIARUCCI, 1988]. Il Santuario di Iuppiter Latiaris era visibile ai naviganti, per i quali poteva costituire un punto di riferimento, come punti di riferimento erano il tempio di Giove Anxur a Terracina, il tempio della Fortuna Primigenia a Preneste e probabilmente anche il tempio di Giunone Sospita a Lanuvio. La dea Diana invece era la divinità dei boschi, della vegetazione e della caccia, ma anche della luna e della vita nascente, poi identificata con la dea greca Artemide. Al culto di Diana erano connessi i culti latini di Virbius, assimilato poi al greco Ippolito, e quello della ninfa Egeria [CHIARUCCI, 1988]. Il Santuario di Diana, sulle sponde del Lago di Nemi, oltre ad avere fino allo scioglimento della Lega Latina del 338 a.C., una forte valenza federale, aveva una forte connotazione salutare, come testimoniano i numerosi ex voti rinvenuti negli scavi. Secondo TOMASSETTI [1925] sul Monte Algido vi era un altro importante santuario dedicato a Diana, in corrispondenza dell’odierno Maschio di Lariano, dove sono tuttora presenti i resti di un castello medievale in parte costruito con materiale di recupero archeologico. Nel Lazio erano peraltro venerate anche molte altre divinità: a solo titolo di esempio ricordiamo a Lanuvio, oltre al già menzionato tempio di Giunone Sospita, anche un famoso tempio di Ercole. Dopo la sconfitta della Lega Latina nel 338 a.C. [Ghini, 1999] il culto di Giunone Sospita fu spostato da Lanuvio a Roma sul Colle Palatino. Di una certa rilevanza era anche il tempio “Caput Aquae Ferentinae” nel cratere di Pavona in prossimità del lago di Giuturna o Lacus Turni, ubicato vicino al “Lucus Ferentinae” per un certo periodo, sede po- (9) Monte Albano (l’attuale Monte Cavo) deve il suo nome all’antica città di Alba o Albalonga, mentre il nome di monte Cavo (o Cave) deriva con ogni probabilità [Chiarucci, 1988] dalla città di Cabum (l’attuale Rocca di Papa), che arrivava sin quasi alla cima del monte. litica della Lega Latina. Nella città di Velitrae, oggi Velletri, era venerato Apollo e probabilmente vi era un tempio dedicato ad Apollo e Diana [MELIS e QUILICI-GIGLI, 1972]. Le acque di molti corsi d’acqua provenienti dai Colli Albani erano considerate sacre al tempo dei Romani. Presso Lanuvium ha origine il fiume Numico, le cui acque dovevano essere utilizzate per i riti sacri a Roma. Nelle acque del fiume Almone [Maneglier, 1991] avveniva ogni anno la “lavatio” della statua della dea Cibele, divinità di origine orientale protettrice della maternità, trasportata in processione su un carro tirato da giovenche. Una volta purificato il simulacro ritornava poi nel suo tempio sul Palatino. Nei Colli Albani molti rilievi, soprattutto quando morfologicamente isolati, sono stati importanti luoghi sacri e di culto o sede di ritrovamenti di necropoli o tombe della Civiltà Laziale. L’altura di Colle Jano (938 m s.l.m.) è ad esempio un toponimo che tramanda il ricordo di Janus (Giano), dio degli inizi e perciò creatore del mondo, “padre degli dei”, figura divina archetipa, primo re del Lazio mitico e ancestrale [DEL NERO, 1990]. Colli abitati sin da epoca molto antica sono ancor oggi sede di centri quali Colonna (n.1 in figura 4), Monte Porzio10 (n. 2), Monte Compatri (n. 3), Rocca Priora (n. 5), Ariccia (n. 25), Lanuvio (n. 33) e Velletri (n. 34). Qui di seguito segnaliamo alcune tra le più rilevanti evidenze: a) sul Recinto esterno Tuscolano-Artemisio, in particolare sulla dorsale del monte Artermisio: - il Colle Tuscolo (n. 4 in figura 4) (670 m s.l.m.), dove era ubicata la città latina di Tusculum; - il Monte Fiore (n. 6) (722 m s.l.m.), dove sono stati ritrovati materiali fittili preistorici, reperti in bronzo e materiali arcaici; - il Colle della Mola (n. 7) (640 m s.l.m.) con insediamenti del bronzo medio e recente; - il Monte Castellaccio (n. 8) (622 m s.l.m.) con insediamenti continui a partire dall’età del ferro; - il Monte Tagliente (n. 10) (635 m s.l.m.) con ritrovamenti di materiali fittili preistorici; - il Colle Sarazzano (n. 13) (633 m s.l.m.) con resti di tombe rupestri e materiali fittili preistorici; - il Maschio d’Ariano (n. 15) (891 m s.l.m.) dove sono stati rinvenuti una necropoli megalitica ed un Santuario albano; - il Colle del Vescovo (n. 16) (775 m s.l.m.) dove è stato rinvenuto un insediamento preistorico; - il Monte Peschio (n. 23) (954 m s.l.m.) con ritrovamenti di mura arcaiche e materiali fittili preistorici; - il Monte dei Ferrari (n. 27) (900 m s.l.m.) con ritrovamenti [ANGLE et al., 2003] di materiale ceramico della prima età del Ferro e resti di un’antica cinta muraria in scheggioni di tufo; - il Maschio d’Artemisio (n. 28) (812 m s.l.m.) dove sono stati rinvenuti mura arcaiche e resti di materiali fittili preistorici; - il Monte Spina (n. 30) (730 m s.l.m.) con ritrovamenti di materiali fittili preistorici; b) all’interno del Recinto Tuscolano-Artemisio: - il Monte Albano (n. 12), oggi Monte Cavo (949 m s.l.m.) con in cima il Santuario di Juppiter Latiaris; - il Colle Jano (n. 9) (938 m s.l.m.) sacro al dio Janus, “padre degli dei”; (10) Forma ingentilita dell’originale Mons Porcius, secondo un vezzo che vede progressivamente trasformare l’antica e originale toponomastica. Vedi nella zona, ad esempio, la recente trasformazione di Prata Porci in Pietra Porzia. 94 t&a 1/2005 GENNAIO/MARZO Considerazioni sulla regolazione delle acque in epoca antica nell’area dei Colli Albani Considerations on water flow regulation in ancient times in the Alban Hills Pio Bersani, Vittorio Castellani - il Monte delle Grotticelle (n. 14) (781 m s.l.m.), dove sono stati ritrovati una necropoli, un abitato di sommità e materiali fittili preistorici; - il Colle dell’Acero (n. 21) (635 m s.l.m.) con ritrovamenti di materiali fittili preistorici; - il Colle delle Vacche (n. 22) (632 m s.l.m.) con ritrovamenti di materiali fittili preistorici; c) nella zona dei laghi di Albano e Nemi: - il colle dove sorge attualmente Ariccia (n. 25) (412 m s.l.m.), un tempo sede dell’Acropoli dell’antica Aricia; - il Monte Savello (n. 24) (325 m s.l.m.), con attualmente in cima il Castel Savelli, e dove vi era il bosco sacro “Lucus Ferentinae”, ubicato in prossimità del lago di Giuturna o Lacus Turni; - il Colle dei Cappuccini (n. 18) sul bordo del lago di Albano (515 m s.l.m.) forse sede di uno degli antichi villaggi che costituivano il nucleo di Albalonga; - il Colle Tofetti (n. 19) sul bordo del lago di Albano (555 m s.l.m.) forse sede di uno degli antichi villaggi che costituivano il nucleo di Albalonga; - il rilievo collinare su cui sorge attualmente l’abitato di Castel Gandolfo (n. 11) (426 m s.l.m.) forse sede di uno degli antichi villaggi che costituivano il nucleo di Albalonga; - il rilievo collinare su cui sorge attualmente l’abitato di Albano (n. 17) (425 m s.l.m.) forse sede di uno degli antichi villaggi che costituivano il nucleo di Albalonga; - il Colle di Monte Giove o Corioli (n. 32) (247 m s.l.m.); - il Monte Gentile (n. 20) (560 m s.l.m.), ubicato a metà strada tra i laghi di Albano e Nemi, su antico percorso protostorico tanto che si parla anche del valico di Monte Gentile; - il Monte Due Torri (n. 31) (415 m s.l.m.); - il Colle Pardo (n. 26) (490 m s.l.m.) – riportato erroneamente sulla C.T.R. del Lazio del 1990 in scala 1:10.000 come “Colle Lardo” – ubicato tra il lago di Nemi e il cratere di Valle Ariccia. Al suo interno passa l’emissario del lago di Nemi ed è stato sede di ritrovamenti di tombe dell’età del bronzo (vedi Museo Civico di Albano); - Il Monte Alto (n. 29) (676 m s.l.m.) dove sono stati ritrovati materiali fittili preistorici e cunicoli idraulici. Ricerche archeologiche mirate su questi ed altri luoghi “alti” potranno sicuramente fornire ancora importanti informazioni sulla Civiltà Laziale. 3.3 Miti Accenniamo infine ad alcuni tra i molti miti tramandatici che ci lasciano intravedere forme di religiosità alternative. Il Rex Nemorensis. Secondo una tradizione arcaica, forse di origine greca [CHIARUCCI, 1988; DRUSIANI, 2003], diveniva sacerdote (rex nemorensis) della dea Diana uno schiavo fuggitivo che avesse ucciso il suo predecessore, non prima però di aver strappato un ramo di vischio da un albero di quercia e averglielo consegnato. Nel II sec. d.C. il duello mortale per la temporanea conquista di quell’altare venne trasformato in un evento di carattere simbolico [DRUSIANI, 2003]. Turno Herdonio. Il capo ariccino Turno Herdonio fu ucciso nel laghetto presente nel cratere di Pavona (lago di Giuturna o Laghetto) con un particolare supplizio “sub grata”, che consisteva nel legare alla testa del condannato una cesta piena di pietre e gettarlo in acqua lasciandolo morire affogato. Si tratta di una pena prevista a Roma solo in caso di parricidio o perduellio (attentato alla sicurezza dello Sta- t&a 1/2005 GENNAIO/MARZO to). Tale punizione [GHINI, 1999] si ritrova oltre un secolo dopo al Lago Regillo, dove avvenne nel 499 (o 496 a.C.) la storica battaglia tra Romani e Latini, secondo quanto riporta Tito Livio in Storia di Roma, IV, 50. Il serpente di Lanuvium. Nel santuario di Giunone Sospita (o Sopita) a Lanuvio vi era in fondo al porticato processionale la spelonca dove il sacro serpente ai piedi della dèa riceveva le offerte di fanciulle vestite di bianco, che si recavano tra la festa del popolo, all’inizio dell’anno agrario a pregare e a propiziare per ottenere messi e raccolti abbondanti. Ma secondo un barbaro rito antichissimo 11 le fanciulle che avevano perso la castità venivano immolate per placare l’ira del serpente, “genius” della stessa Giunone. Il culto del serpente o del drago lanuvino, che emetteva suoni terrificanti dalla sua grotta situata nel santuario e che esigeva il sacrificio delle fanciulle lanuvine potrebbe essere un riflesso di eventi inquietanti di cui si aveva memoria [GHINI, 1999]. 4. L’EMISSARIO DEL LAGO DI ALBANO (SISTEMA ALBANO – GIUTURNA) La tradizione vuole che l’emissario del lago di Albano 12 sia stato costruito all’inizio del IV sec. a.C. durante l’assedio da parte di Roma della città etrusca di Veio, caduta nel 396 a.C. Diversi antichi autori 13 ci tramandano che durante tale assedio, nel periodo estivo, le acque del lago si fossero subitaneamente innalzate. L’oracolo di Delfo, interrogato sul significato di tale prodigio, dà lo stesso responso di un aruspice etrusco, rapito a Veio dai Romani per sapere cosa dovessero fare per espugnare la città etrusca: Veio sarebbe caduta solo quando le acque del lago fossero state regolate. Si scavò allora l’emissario sotterraneo che, da quei lontani tempi, è rimasto per ben oltre duemila anni in funzione senza che, a memoria d’uomo, sia intervenuta una qualche opera di ripristino o manutenzione (Fig. 5). COARELLI [1991] ha suggerito che l’emissario potrebbe essere preesistente, e in quella occasione il condotto sotterraneo, ostruitosi per qualche motivo, potrebbe essere stato solo restaurato e reso nuovamente funzionante. A tale ostruzione potrebbe essere attribuito, almeno in parte, il già ricordato innalzamento delle acque. Nel condotto mancano peraltro tracce di un tale intervento, che resta quindi ipotetico. Al di là del mito, con lo scavo dell’emissario si raggiungeva un duplice vantaggio: controllare e regolare il livello del lago e, nel contempo, disporre di una perenne fonte di acque per irrigare le campagne sottostanti il lago verso il mare. Vantaggio, quest’ultimo, forse adombrato nel responso dell’oracolo di Delfo, come riportato da Tito Livio (Storia di Roma, V,16): “O Romano, bada di non far rimanere l’acqua di Albano entro il lago, bada di non lasciarla scorrere al mare per il suo corso naturale; la farai defluire incanalandola per i campi e la disperderai dividendola in ruscelli”. L’emissario del lago di Albano, dopo secoli, fu percorso e in parte rilevato nel 1955 dal Circolo Speleologico Romano, mentre il primo rilievo completo è di CARDINALE et al. [1978]. È stato poi studiato in maniera dettagliata negli anni ’80 [CASTELLANI e DRAGONI, 1991; CASTELLANI, 1999]. Purtroppo attualmente non è più ispezionabile, perché a causa dell’abbassamento del livello del lago, avvenuto a partire dall’inizio degli anni ’90, il condotto ha perso la sua (11) Citato da Properzio, Elegie IV, 8; da Eliano, Sugli Animali; e dallo Pseudo-Plutarco, Parallela minora, II. (12) Per uno studio approfondito degli emissari dei laghi di Albano e di Nemi si rimanda ad un bibliografia specifica [Cardinale et al., 1978; Coarelli, 1991; Castellani e Dragoni, 1991; Castellani, 1999], qui ci si limiterà a dare qualche informazione di carattere generale. (13) Valerio Massimo, lib. 1, cap. 6; Plutarco, Vita di Camillo; Cicerone, Divinatione lib. 1 e 2 e Dioniso, lib. XII; Tito Livio, Ab Urbe Condita, Lib. V, cap.15. 95 Considerazioni sulla regolazione delle acque in epoca antica nell’area dei Colli Albani Considerations on water flow regulation in ancient times in the Alban Hills Pio Bersani, Vittorio Castellani funzione drenante. La mancata manutenzione ha prodotto la presenza di acque stagnanti talché recentemente, per motivi igienici si è giunti a doverne murare lo sbocco di valle. L’emissario del lago di Albano ha una lunghezza di circa 1450 m ed un dislivello di circa 2 m (293 m s.l.m. all’imbocco e 291 m s.l.m. allo sbocco), cui corrisponde una pendenza di circa lo 0,14 per mille, in linea con le pendenza degli acquedotti romani più antichi. Nella figura 6 è riportato il rilievo con profilo, pianta e sezione dell’emissario, da CASTELLANI e DRAGONI, 1991. Le dimensioni originarie del cunicolo dell’emissario sono di un metro di larghezza per due metri e mezzo di altezza, si tratta quindi più propriamente di una galleria. L’ingresso alla galleria, dalla parte del lago, presenta una serie di interessanti strutture, illustrate tra l’altro dal Piranesi, anche se in maniera talora fantastica, in una famosa serie di stampe del 1762. Il Piranesi infatti non percorse mai l’intero cunicolo, ma basandosi per analogia sull’emissario del lago del Fucino, disegnò nelle sue stampe una serie di strutture in realtà inesistenti. Dall’analisi del condotto è stato possibile risalire alle tecniche progettuali ed operative poste in essere nella sua realizzazione. Direzione e quota dell’emissario furono con ogni probabilità stabilite utilizzando la tecnica della coltellazione (“coltellatio”) rettilinea mediante groma e paline. Tale tecnica è basata sul traguardo e la livellazione di una serie di pali verticali allineati all’esterno, che superavano il crinale congiungendo ingresso ed uscita della futura galleria. Con questa tecnica quindi si poteva definire l’asse di una galleria, la somma delle distanze orizzontali misurate corrisponde alla lunghezza della galleria, mentre la somma delle distanze verticali uguale a zero livella l’asso di scavo (vedi figura 7). Nell’emissario sono presenti due pozzi verticali a sezione rettangolare rispettivamente ad 80 m (profondo 3 m) e a 400 m (profondo 34 m) dallo sbocco di valle. Quest’ultimo pozzo si raccorda perfettamente con le pareti della galleria, tanto da far pensare che possa essere stato scavato, almeno in parte, risalendo dalla galleria. I due pozzi presso lo sbocco [CASTELLANI, 1999] hanno avuto la funzione il primo dopo breve tratto (e con breve scavo) di riportare nel sottosuolo in prima approssimazione la direzione di avanzamento, ed il secondo sensibilmente più distante, di fissare con maggiore precisione, stante la maggiore “base” della misurazione, la direzione definitiva. Gli scavi iniziarono quindi dalle due opposte estremità a foro cieco, direttamente con il condotto per lo sbocco a valle, mentre a monte (per il problema costituito dalla presenza dell’acqua) iniziarono con una discenderia inclinata che partendo da un livello superiore a quello delle acque del lago, raggiungesse la quota predeterminata, alla base del pozzo a monte. La direzione dello scavo nel tratto a valle fu probabilmente guidata dal pennello di luce solare proveniente dal relativo imbocco di scavo, collimato da opportune lievi deviazioni del condotto (lo “svirgolo”). Una volta avvenuto il ricongiungimento dei due fronti di scavo [CASTELLANI e DRAGONI, 1991] fu abbattuto il diaframma di roccia tra il pozzo più vicino al lago ed il lago stesso e fu costruito l’ingresso monumentale. L’ingresso attuale è un rifacimento di età Sillana. L’incontro tra i due cunicoli scavati dalle opposte direzioni è avvenuto probabilmente a circa 740 m dall’incile. Secondo Tito Livio l’emissario è stato costruito in circa 2 anni, tempo che appare più che verosimile se confrontato con i tempi di scavo ricavati dalla progressione dei turni di lavoro ricavabili dalle pareti del condotto. Su tali basi CASTELLANI e DRAGONI [1991] calcolano addirittura un tempo minimo di soli 4 mesi, in considerazione del fatto che il cunicolo è stato scavato da due opposti fronti, stimando per la sua realizzazione un avanzamento di 6 m al giorno, pari a 1,5 m per turno di lavoro di 6 ore. Lo sbocco dell’emissario si colloca in località Mole di Castelgandolfo, dove in antico nasceva il “rivus albanus” e dove nell’anno 1730 furono realizzati da papa Benedetto XIII Orsini (o da papa Clemente XII Corsini) una serie di vasconi e canali, su cui funzionavano molini azionati dall’acqua proveniente dal lago. Da qui le acque percorrono una lunga serie di fossi (“marane”), confluendo infine nel Fosso di Vallerano, affluente del Tevere. In tale tragitto approssimano il cratere di Pavona ove, secondo alcuni, potrebbero in antico essere state deviate con un ulteriore cunicolo. Certo è che in tale cratere si ricorda un lago di Giuturna o Laghetto o Lacus Turni, bonificato da papa Paolo V Borghese nel 1611 [Fornaseri et al., 1963], riutilizzando peraltro un antico cunicolo di drenaggio probabilmente andato in disuso. L’acqua che fuoriusciva da questo emissario, attraverso il Fosso di Malafede confluiva anch’essa nel Tevere, circa 8 km a monte della confluenza del fosso di Vallerano. A circa –2 m dalla quota d’imbocco dell’emissario (293 m s.l.m.) sono recentemente emersi, a causa dell’abbassamento del livello del lago, resti di mura poligonali nelle zone di Palazzola, Romitorio, Vecchiaccia e Pentima della Vecchia, e sono emersi anche resti di mura romane in opus reticulatum in prossimità di un porto romano nella sponda meridionale del lago. Il livello del lago è quindi sceso al di sotto della quota d’imbocco dell’emissario per motivi puramente climatici, anche in tempi storici relativamente recenti (nel periodo romano) con l’emissario già presente. In tempi più recenti come nel 1683 [ESCHINARDI, 1750] il livello del lago si è abbassato di 5 palmi (poco più di un metro essendo un palmo pari a circa 25 cm) a causa della siccità. Anche nell’anno 1834 [GIORNI, 1842] il livello è sceso per circa sei mesi dalla primavera all’autunno sotto la quota d’imbocco dell’emissario. Ma anche in tempi precedenti alla costruzione dell’emissario il lago Albano era soggetto a forti abbassamenti di livello, ricerche archeologiche subacquee hanno infatti messo in evidenza due livelli oggi sommersi: 14 a) a circa –11/12 m dalla quota d’imbocco dell’emissario, dove sono stati ritrovati i resti di un villaggio palafitticolo della media età del bronzo [GHINI, 1999]; b) a circa –5/6 m dalla quota d’imbocco dell’emissario sono state ritrovate testimonianze di un altro livello di costa probabilmente risalente alla età del ferro. 5. L’EMISSARIO DEL LAGO DI NEMI (SISTEMA NEMI – VALLE ARICCIA) Contrariamente al caso del Lago Albano, l’emissario del Lago di Nemi è totalmente ignorato dalle fonti antiche: ciò viene comunemente riguardato come evidenza che l’opera sia pre-romana. La possibile correlazione tra regolazione del lago ed erezione del tempio di Diana sulla sponda settentrionale suggerirebbe una datazione fine VIinizio V secolo a.C., nel periodo che intercorre tra la battaglia di Ariccia del 504 a.C., dove i Latini sconfissero i Romani (e decisero di spostare la sede del Santuario di Diana da Ariccia alle sponde settentrionali del lago di Nemi), e il 499 o 497 a.C., quando la Lega Latina fu invece sconfitta nella battaglia del lago Regillo e l’egemonia del Lazio tornò nelle mani di Roma. Dopo il recupero archeologico delle navi di Caligola avvenuto nel 1929, che ha comportato il ripristino dell’emissario per lo svuotamento del lago, solo a partire dagli anni ’80 l’emissario è stato ripercorso e sottoposto a indagini che hanno portato alla luce tutto un insieme di problematiche strutture.15 L’emissario, la cui planimetria è riportata in figura 8, è lungo circa 1650 m ed è stato realizzato con tec(14) Vedi a questo riguardo nel Museo Civico di Albano la sala allestita dal Gruppo Latino di Ricerca Subacquea di Angelo Capri, con tutti i ritrovamenti effettuati nel lago Albano negli anni ’80. (15) Per lo studio dell’emissario del lago di Nemi si rimanda ad una bibliografia specifica [Ucelli, 1940; Coarelli, 1991; Castellani e Dragoni, 1991; Castellani, 1999; Castellani et al., 2003], qui ci si limiterà, come per l’emissario albano, a dare qualche informazione di carattere generale. 96 t&a 1/2005 GENNAIO/MARZO Considerazioni sulla regolazione delle acque in epoca antica nell’area dei Colli Albani Considerations on water flow regulation in ancient times in the Alban Hills Pio Bersani, Vittorio Castellani niche assolutamente analoghe a quelle testimoniate dall’emissario albano. Lo scavo avvenne a foro cieco dalle due opposte estremità, con punto di incontro a poco più di 300 m dallo sbocco di valle con un errore di calcolo minimo: un dislivello di circa 2 m lungo la medesima direzione. I due fronti di scavo si sono incontrati [CASTELLANI, 1999] grazie ad una tecnica che prevede di deviare i due cunicoli in prossimità del congiungimento per favorire l’incontro in pianta, innalzando nel contempo anche l’altezza dei due cunicoli per favorire l’incontro in quota. Tecnica attestata nel VI secolo in Grecia nella realizzazione dell’acquedotto nell’isola di Samo. L’ipotesi [COARELLI, 1991] della presenza di tecnici ionici nella costruzione dell’emissario di Nemi è rinforzata dall’alleanza tra Latini e Cumani nella ricordata battaglia di Ariccia del 504 a.C. Infatti furono proprio i Samii a fondare tra il 531 e il 528 a.C. la città di Dicearchia (la futura Puteoli, oggi Pozzuoli) nei pressi di Cuma, città legata fin dalla fondazione all’area microasiatica. L’emissario del lago di Nemi, come giunto ai nostri giorni è certamente il frutto di successivi e reiterati interventi. L’attuale diramazione che funge da ingresso dell’emissario (Foto n.1) dalla parte del lago di Nemi, è con ogni evidenza il risultato [CASTELLANI et al., 2003] di una sottoescavazione che conserva ancora nel condotto principale, presso la volta, le tracce del primitivo condotto e appare quindi come una modifica per consentire un ulteriore abbassamento del livello del lago di circa 2 m. Poco più a sud sono visibili anche la discenderia e il pozzo di attacco per lo scavo della galleria principale. Recenti indagini di una missione archeologica danese hanno confermato questo dato, mostrando come l’ingresso del primo emissario, collocato come nell’emissario albano lungo l’asse del condotto in corrispondenza della discenderia, sia stato chiuso e riempito di detriti attorno al 300 a.C. Questo ulteriore abbassamento può essere stato realizzato o in seguito ad un periodo di siccità con conseguente cessazione del funzionamento dell’emissario oppure semplicemente per disporre di maggior spazio per una villa ubicata proprio in prossimità dell’emissario, nell’attuale località Santa Maria. Il cunicolo presenta due deviazioni, la prima a circa 800 m dall’imbocco sul lago di Nemi e la seconda a 1100, circa 200 m prima del punto di incontro. Il primo di tali bypass è manifestamente un’opera per il ripristino di un tratto di condotto franato. Il secondo è collegato all’incontro di un banco di solida roccia lavica. Ne seguì un insieme di deviazioni e di nuovi cunicoli in parte ancora da decifrare, né si può escludere che l’attuale parte terminale del condotto, ricavata in gran parte in solida lava, sia una modifica posteriore al più tortuoso percorso di un primo emissario. Nella parte terminale, l’emissario intercetta ed interrompe un precedente cunicolo, dimostrando l’esistenza nella zona di opere di regolazione idrauliche precedenti l’emissario stesso. La sezione dell’emissario di Nemi è per lo più rettangolare con dimensioni variabili ma dell’ordine di 2 m di altezza ed un metro di larghezza, talvolta [CASTELLANI et al., 2003] per problemi di stabilità la volta della galleria assume forma ogivale. Tali dimensioni sono sostanzialmente stabili dal lago di Nemi fino all’inizio del II bypass (circa 1150 m), mentre tale uniformità non viene più recuperata nel tratto finale nella lava, dove le dimensioni medie risultano inferiori a quelle ora descritte. Si noti che qui, come nel caso del Lago Albano, la soglia dell’incile fu portata ad una quota inferiore al livello naturale del lago. Si realizzava così un sistema di emungimento della falda che garantiva un corso d’acqua continuo e perenne indipendente dalle fluttuazioni stagionali. Nel ventennio 1960-1980 [CASTELLANI et al., 2003] l’emissario di Nemi ha emunto in media 150 l/s e simile portata doveva avere anche in epoca romana L’emissario del lago di Nemi faceva parte di un sistema complesso probabilmente progettato in maniera unitaria, che giungeva fino al mar Tirreno. L’emissario deve infatti necessariamente sboccare in un altro cratere, il cratere di Ariccia: dopo un tratto di canale all’a- t&a 1/2005 GENNAIO/MARZO perto lungo circa 2100 m supera il bordo meridionale di tale cratere con una nuova galleria, il “cunicolo ariccino” lungo 600 m che collega la Valle Ariccia col fosso attualmente chiamato Fosso di Fontana di Papa e, dopo aver cambiato il nome diverse volte, giunge al mare dopo aver incontrato gli abitati di Cecchina, Fontana di Papa e Ardea, col nome di Fosso Grande o Fosso dell’Incastro. La limitata altezza dei rilievi attraversati dal cunicolo di Ariccia ha qui consentito lo scavo del condotto a partire dalle basi di una sequenza di pozzi (12 per l’esattezza). Il cunicolo arriccino [CASTELLANI, 1999] è stato necessariamente realizzato precedentemente all’emissario del lago di Nemi perché altrimenti le acque provenienti dal lago di Nemi ne avrebbero impedito lo scavo. Recentemente in località Fontana di Papa ne è stato scoperto un terzo tratto in galleria, con sviluppo di 315 metri e 5 pozzi.16 Aggiungiamo che talora la letteratura [RATTI, 1797] riporta la leggenda di un secondo emissario che non è mai esistito né poteva esistere. Forse tale leggenda è nata perché nell’area è stato intercettato l’acquedotto delle Facciate di Nemi, il cui percorso (vedi figura 9) è stato recentemente ricostruito dal Centro Ricerche Sotterranee Egeria [DOBOSZ et al., 2003]. I bolli sui laterizi nel solo tratto oggi percorribile lungo circa 300 m, datano questo acquedotto al II secolo d.C. [FILIPPI, 2003], ma potrebbe naturalmente anche trattarsi di un restauro romano di un antico acquedotto di età arcaica. 6. IL BACINO DELLA DOGANELLA E DEL VIVARO Fino al 1938 la parte nord-orientale della caldera tuscolano-artemisia ospitava il piccolo lago della Doganella che, con una superficie di circa 50 ettari, rappresentava l’emergenza della falda acquifera superiore. La depressione in cui si collocava tale lago prosegue verso sud-ovest, con quote leggermente superiori, nell’area nota col nome di Pratoni del Vivaro. La soglia di tale bacino è oggi fissata circa a quota 520 m s.l.m. da un taglio antropico nel Recinto Tuscolano-Artemisio in corrispondenza della strada per Carchitti, frazione del comune di Palestrina. La soglia del taglio doveva peraltro essere inizialmente a quota superiore, consentendo di regolare l’efflusso a valle delle acque, ed è stata poi approfondita nel tempo fino a giungere alla quota attuale. Numerose evidenze, sia geologiche17 che archeologiche, indicano peraltro che in epoca antica dovesse esistere nella zona uno specchio d’acqua ancor più esteso, con la superficie ad una quota di circa 540 m s.l.m. Come mostrato in figura 10 tale antico lago avrebbe avuto una superficie superiore a 2 km2 ed una profondità massima di circa 15 m Per confronto il lago di Nemi ha una superficie di 1,8 km2 ed una profondità massima di circa 30 m. Se si prescinde dal taglio ora descritto e da un analogo taglio antropico al vicino passo dell’Algido, la massima superficie chiusa nell’area potrebbe corrispondere alla isoipsa di quota 580 m s.l.m., corrispondente ad un ipotetico lago di circa 10 km2 di superficie (vedi fig. 11), che si sarebbe esteso con un braccio fin dentro la Valle Latina e con un altro braccio fino ai Pratoni del Vivaro. Emissari più o meno naturali di questo lago sarebbero stati l’attuale Passo del Broscione e l’altro Passo circa 300 m a nord in prossimità del Colle Sarazzano entrambi nella catena dell’Artemisio e circa a quota 575-580 m s.l.m. Questo lago di dimensioni maggiori è forse anch’esso esistito, ma in periodi remoti, perché proprio nella parte meridionale del bacino [ARIETTI e MARTELLOTTA, 1998] tra le isoipse di quota 540 e 550 m s.l.m. sono stati ritrovati i resti di una tomba principesca della fine dell’VIII secolo a.C. e materiali fittili preistorici, che indicano l’esistenza di un terreno asciutto. (16) Dobosz et al., 2003, pagg. 140/142. (17) Vedi Camponeschi et al., 1992. 97 Considerazioni sulla regolazione delle acque in epoca antica nell’area dei Colli Albani Considerations on water flow regulation in ancient times in the Alban Hills Pio Bersani, Vittorio Castellani Il lago a quota 540 è probabilmente esistito fino al taglio del Recinto Tuscolano-Artemisio, che abbassando la soglia del terreno a circa 520 m s.l.m. ha permesso una grande opera di bonifica e drenaggio di tutta l’area. Tale opera potrebbe essere coeva con le opere sui laghi maggiori, e risalire al VI-V secolo. Infatti solo nella prima metà del IV secolo l’area dell’antico lago viene attraversata dalla Via Latina, che nella parte più ribassata dell’antica conca lacustre appare costruita su un rilevato, probabilmente per difendersi dalla acque di quello che già al tempo dei Romani doveva essere poco più di un acquitrino ed utilizzato probabilmente come “vivarium” per l’allevamento dei pesci. La foto n. 2 riporta il taglio antropico nel recinto Tuscolano-Artemisio, da cui inizia il prima citato fosso della Mola. Per la sua importanza sia geologica che archeologica e di paleoidraulica siamo di fronte ad un importante geosito [CASTO e ZARLENGA, 1996] da conservare e valorizzare, attualmente in corso di catalogazione [BERSANI e CASTELLANI, 2004]. CAPRI et al., 1996 hanno presentato una originale ipotesi secondo cui lo specchio lacustre della Doganella e la depressione del terreno nell’area del Vivaro rappresentavano i relitti di un lago di grandi dimensioni allungato in direzione nordest-sudovest lungo diversi chilometri, che andava da nord dall’altezza delle pendici di Monte Fiore e Colle delle Mola nell’attuale comune di Rocca Priora fino a sud circa all’altezza dell’attuale via dei Laghi, individuando tra l’altro diverse chiuse di questo lago. L’ ipotesi del lago con tali dimensioni non appare peraltro verosimile a fronte della morfologia dell’area, ma ha comunque il merito di volere interpretare opere idrauliche anche distanti fra loro e forme morfologiche del territorio (valloni e tagli antropici) come facenti parte di un unico sistema per la regolazione delle acque nei Colli Albani. Questi autori suggeriscono inoltre di collocare la città di Albalonga sulle pendici e sulla cresta dell’Artemisio e del Maschio d’Ariano, riportando come supporto il ritrovamento di necropoli di età molto antica. Anche se tale eretico suggerimento ha avuto poco seguito, notiamo che nelle fonti antiche esistono alcune oscurità. Scrive infatti Dionigi di Alicarnasso: “Albalonga era ubicata nei pressi di una montagna e di un lago […] il lago è profondo e largo: la pianura riceve le sue acque quando gli sbarramenti vengono aperti, così che gli abitanti (della città) possono controllare a loro piacere la fornitura”. Tale descrizione non è ovviamente compatibile con i profondi crateri di Albano o Nemi, a meno che la chiusa indicata non faccia riferimento alla preesitenza di un emissario sotterraneo. Gli autori di questa teoria identificano inoltre nell’antico lago della Doganella la posizione dello storico lago Regillo. In tale contesto si può osservare che nei pressi del km 15 della via dei Laghi si incontra un vallone che porta verso Nemi. proseguendo verso valle separando il lato con l’abitato di Nemi dall’altro lato con la suggestiva chiesa del Crocefisso. L’intero vallone descritto, dalla via dei Laghi al lago di Nemi, appare molto inciso, rispetto alla superficie del bacino idrografico a monte (pari a circa 3 km2), la qual cosa [CAPRI et al., 2002] potrebbe effettivamente fare pensare ad un’erosione generata dallo scarico di una grande quantità d’acqua proveniente da un bacino di ritenuta tramite uno scolmatore o una chiusa (vedi foto n. 3). È da notare che il lago della Doganella, sebbene di dimensioni ridotte, fino all’inizio del ’900 ancora assolveva alla funzione di bacino di infiltrazione delle acque meteoriche di una superficie di oltre 30 km2. Solo in epoca recente con la bonifica del residuo Pantano della Doganella nel 1938 ed i crescenti prelievi di acque sotterranee tramite pozzi si è arrivati alla crisi idrica dell’inizio degli anni ’90 che ha portato ad un continuo abbassamento del livello dei laghi di Albano e Nemi. Attualmente, così come per il lago di Gabii nel cratere di Castiglione, vi è un progetto [BERSANI e PIOTTI, 2001; REGIONE LAZIO, 2002; BERSANI et al., 2005] per ripristinare il lago della Doganella nelle dimensioni (circa 50 ettari), che aveva prima della sua de- finitiva bonifica avvenuta nel 1938, il progetto prevede in alternativa di creare una zona umida, che comunque funzionerebbe come area di infiltrazione delle acque meteoriche e zona di salvaguardia per il campo pozzi della Doganella. Lo schema idrogeologico di figura 3 aiuta a comprendere perché in passato, con il lago presente, vi fosse una maggiore portata delle sorgenti nei Colli Albani e quindi anche una maggiore quantità di acqua nei fossi. 7. I BACINI LACUALI MINORI A fianco dei bacini sin qui trattati (Albano-Giuturna, Nemi-Ariccia e Doganella) anche tutti gli altri bacini minori risultano interessati da opere idrauliche di cui conviene dare almeno breve notizia. Tali sono: - Il lago di Gabi (nel cratere di Castigione), Pantano Borghese, Valle Marciana, Laghetto (sulla via Casilina), Il cratere di Prata Porci (Lago Regina), Pantano Secco (Lago Regillo), Campi di Annibale, Il lago di Giulianello. In ogni caso si è in presenza di opere volte ad acquisire terreni alle coltivazioni, drenando i relativi specchi d’acqua naturali. Il lago di Gabi (o Lacus gabinus) nel cratere di Castiglione, ha nel tempo assunto varie denominazioni: lago di Burrano, lago di S. Prassede, pantano di Grifi. Sul suo bordo era collocata l’antichissima città latina di Gabii. Il lago è stato prosciugato [ASHBY, 1920] dal principe Francesco Borghese nel 1838, ma già in precedenza il suo antenato il cardinale Scipione Borghese ne aveva regolato il livello al principio del 1600, riutilizzando probabilmente condotti di epoca romana. Già in epoca arcaica infatti 18 il lago dovette esser dotato di un emissario per la regolazione del livello dell’acqua. Il condotto risulta formato da due tratti rettilinei che si congiungono in corrispondenza al piede di una discenderia, con un sviluppo di poco superiore a 500 metri. La metodologia utilizzata è stata probabilmente quella di fissare i due ingressi del condotto e di scavare un pozzo in posizione intermedia in un luogo dove vi era un avvallamento del terreno in modo da eseguire lo scavo meno profondo possibile. Lo scavo del cunicolo fu poi operato dal pozzo verso gli ingressi e viceversa. Nel suo tratto terminale il condotto intercetta e distrugge un preesistente cunicolo. Attualmente il Comune di Roma sembrerebbe intenzionato a ripristinare l’antico specchio lacustre, anche se tale opera è resa difficile dal generale abbassamento delle falde idriche nell’area e dalla alla presenza di insediamenti abusivi al margine dell’antico lago. Lo specchio lacustre di Pantano Secco, spesso identificato come l’antico Lago Regillo, occupava un piccolo cratere a nord di Frascati (vedi Fig.12). È stato bonificato dal cardinale Scipione Borghese agli inizi del ’600, riutilizzando un cunicolo antico, probabilmente di età tardo-repubblicana, scavato dai due estremi con l’ausilio di 4 pozzi intermedi. Lo sbocco del cunicolo fu scoperto nel 1991, a seguito di un incendio delle boscaglie che lo occultavano. L’esplorazione ha mostrato che il condotto attraversa il bordo del cratere, con uno sviluppo di circa 400 m. L’imbocco del cunicolo fu fissato nella parte più profonda del cratere, mentre lo sbocco è stato determinato dalla necessità di portare acqua in prossimità del fosso recettore (il fosso del Cavaliere) (18) Caloi, Cappa e Castellani, 1994; Castellani, 1999. 98 t&a 1/2005 GENNAIO/MARZO Considerazioni sulla regolazione delle acque in epoca antica nell’area dei Colli Albani Considerations on water flow regulation in ancient times in the Alban Hills Pio Bersani, Vittorio Castellani evitando eccessivi dislivelli rispetto all’imbocco. Il tracciato realizzato appare come un buon compromesso tra l’esigenza di contenere per quanto possibile la profondità dei pozzi e l’esigenza di non allungare eccessivamente il tragitto sotterraneo. Il condotto assolve ancor oggi la sua funzione di drenaggio nonostante la presenza di cospicui depositi di limo, dovuti alla lunghissima assenza di ogni manutenzione. Il bacino di Pantano Borghese costituisce una depressione naturale, anch’essa bonificata dai Borghese nell’800. Secondo Ventriglia,19 è invece in questo antico specchio lacustre cha deve essere identificato l’antico lago Regillo. Altri antichi specchi lacustri impostati su antichi crateri e prosciugati per mezzo di drenaggi artificiali si trovano in località Prata Porci sopra Frascati e nella Valle Marciana tra Frascati e Ciampino. Inoltre sulla via Casilina, sopra Colonna, in una zona di cava esiste un piccolo specchio d’acqua denominato “Laghetto”, che rappresenta o l’emergenza della falda idrica venuta a giorno a causa degli scavi della cava oppure costituisce quanto rimane di uno specchio lacustre più grande forse prosciugato in antico. È una situazione che attende di essere meglio studiata ed approfondita. Infine anche nella parte centrale del Vulcano Laziale nel Recinto interno o delle Faete vi era forse uno specchio lacustre nell’area ora denominata “Campi di Annibale”. Tale bacino lacustre, riportato da diversi autori, 20 risulta attualmente di non facile individuazione, perché probabilmente nel tempo colmato di sedimenti, e non si conoscono nell’area sondaggi con una ricostruzione stratigrafica. Potrebbe forse trattarsi di una vallata con scarsa pendenza e non di una conca capace anche di trattenere un bacino lacuale. Tuttavia alcuni studiosi individuano in località Pentima Stalla, un possibile scolmatore naturale di questo possibile antico bacino lacustre. Inoltre in età augustea le sorgenti di Pentima Stalla [LUGLI, 1917] portavano acqua (nota con il nome di “Acqua Augusta”) nella villa dell’imperatore Augusto nell’attuale sito di Palazzolo, a conferma dell’esistenza di un bacino lacustre o comunque di una falda acquifera sub-affiorante a quote molto elevate (circa 600 m s.l.m.). Il lago di Giulianello, tuttora esistente sulle pendici esterne del Recinto Artemisio ad est di Velletri, fa parte 21 di un più ampio sistema di bonifica e regolazione idrogeologica della zona. Un cunicolo a monte del lago raccoglie le acque provenienti da un canale che drena una depressione (la Piana dei Cioccati) a circa 222 m s.l.m., mentre un secondo cunicolo a valle del lago regola per sfioro il livello del lago scaricando le acque nel fosso del Posso. L’opera di bonifica [CASTELLANI, 1999] ha permesso anche e soprattutto di recuperare la vasta e fertile porzione di territorio, che ancora oggi contorna coltivata il bacino del lago. I due cunicoli descritti sono lunghi in tutto circa 1 km e sono stati scavati con la tecnica classica della sequenza di pozzi. Sebbene in pessimo stato di manutenzione sono tuttora funzionanti. JUDSON e KAHANE [1963] notano che i condotti furono realizzati con tecnica tipicamente etrusca: i pozzi a monte del lago sono ubicati lungo il pendio e non nel fondovalle per evitare che siano interessati dall’acqua di pioggia e dai sedimenti da essa trasportati. 8. OPERE IDRAULICHE NEL VIADOTTO DI VALLE ARICCIA l’incrocio con via della Polveriera, passa su un grande viadotto di circa 250 m di lunghezza, costituito da blocchi di tufo squadrati di altezza variabile che nell’ultimo tratto vanno ad appoggiarsi sulle pendici di Colle Pardo. Circa l’età del viadotto di Valle Ariccia i pareri sono discordi: c’è chi lo interpreta come un’opera di semplice sostruzione alla via Appia Antica e quindi lo pone alla fine del IV sec. a.C.; QUILICI-GIGLI [1999] lo colloca in epoca tardo-repubblicana, e CHIARUCCI [1988] all’epoca dei Gracchi verso il 174 a.C., seguito da MARCIANO [1991] che si rifà alle testimonianze di Plutarco. Attualmente l’area a nord del viadotto risulta interrata, nascondendo una delle originali pareti del manufatto. La foto n. 4 riporta il viadotto in un’immagine dell’inizio del ’900, tratta da CHIARUCCI, 1988. Purtroppo oggi la vegetazione, soprattutto di piante rampicanti, nasconde la visione del muro, con radici che arrecano gravi danni allo stesso. Nei pressi dell’inizio il viadotto presenta al suo interno alcune strutture quali due consecutivi sottopassi con volta a botte e un cunicolo per il trasporto di acque. Non è dato sapere con certezza se all’interno del viadotto vi fossero originalmente altre strutture, perché pochi metri oltre il cunicolo al piede del muro è stato costruito in epoca più recente (forse medievale o successiva) un nuovo muro, con blocchi squadrati di recupero provenienti dal muro iniziale, al piede e a contatto di quello originario, sicuramente per problemi di stabilità dove l’altezza del viadotto era maggiore. Il cunicolo (vedi foto n. 5), palesemente progettato ed eseguito in contemporanea al viadotto, attraversa l’intera sostruzione esattamente in direzione nord-sud, formando con essa un angolo di circa 70°. L’ingresso, parzialmente interrato, ha larghezza di un metro ed altezza attuale di circa 1,4 m, ma altezza originale di circa almeno 1,8 m. Per tutta la lunghezza della sovrastante Appia è interamente rivestito con grandi blocchi di tufo squadrati e volta a botte. Dopo alcune decine di metri dall’entrata il cunicolo si divide in 3 rami, uno a sinistra e due a destra. Il ramo di sinistra dopo circa 20 m risulta occluso da detriti. I due rami sulla destra sono invece tuttora completamente integri e mostrano alle loro rispettive terminazioni opere di drenaggio costituite da nicchie e fori orizzontali scavati nella parete verticale di fondo (vedi foto n. 6), che ancora oggi svolgono perfettamente la funzione di presa e drenaggio dell’acqua di falda. Davanti al cunicolo vi è tuttora una vasca intonacata, di epoca imprecisata, in cui si riversa l’acqua proveniente dal cunicolo, prima di disperdersi poi nel terreno agricolo a valle. Questo dimostra che all’epoca della erezione del viadotto, nella parte settentrionale del cratere di Ariccia era attivo un condotto di acque dedicato con ogni evidenza ad irrigare le coltivazioni della porzione settentrionale del cratere, laddove non potevano arrivare le acque dell’emissario del lago di Nemi. Non è peraltro chiaro se le attuali captazioni siano coeve o posteriori al condotto. Se il viadotto fosse coevo all’Appia, se ne trarrebbe in ogni caso l’evidenza che tale via ha incontrato già sviluppati sistemi di condotte idriche sotterranee, portando luce su una dibattuta questione. Se il viadotto risale invece al II sec. a.C. resta solo l’evidenza di un tale accorgimento architettonico. Il primo sottopasso (foto n. 7) ha altezza di circa 2 m e sembra destinato a consentire il deflusso di acque. Il secondo ha altezza di circa 4,5 m, ed è probabilmente un passaggio per uomini e carri trainati da animali. La presenza di un deflusso di acque alla quota del piede del viadotto (325 m s.l.m.) è di grande rilevanza, potendosi con tali acque irrigare la parte settentrionale del cratere di Arccia, non servita dal condotto dell’emissario di Nemi, il cui sbocco è a quota 310 m s.l.m. La Valle Ariccia, oltre al cunicolo esautore delle acque di Nemi, contiene nella sua parte settentrionale una poco nota testimonianza di opera idraulica: un cunicolo idraulico, segnalato da LILLI [2002] e recentemente esplorato e rilevato dagli scriventi con i colleghi del Centro Ricerche Sotterrenee “Egeria”. Ivi la via Appia, all’altezza del- 9. IL CUNICOLO DI FONTANA TEMPESTA (19) Ventriglia, 1990. (20) Castellani e Dragoni, 1991; Castellani, 1999. (21) Caloi, Cappa e Castellani, 1994; Castellani, 1999. Sulle coste settentrionali del cratere di Nemi, ad una quota di circa 600 m s.l.m. si trova il cunicolo di Fontana Tempesta, che alimenta l’omonimo fontanile. Nel 1535 il De Marchi riferisce di “capo d’acqua (Fontana Tempesta), che farebbe macinare un molino se t&a 1/2005 GENNAIO/MARZO 99 Considerazioni sulla regolazione delle acque in epoca antica nell’area dei Colli Albani Considerations on water flow regulation in ancient times in the Alban Hills Pio Bersani, Vittorio Castellani fosse ristretta in una condotta”. Attualmente la fonte resta invece per lunghi periodi a secco. Il fontanile è stato costruito probabilmente nel XVIII secolo con materiale archeologico di recupero costituito da grossi blocchi di tufo squadrati. L’area è peraltro frequentata sin dall’età del bronzo, come testimoniano i resti di un insediamento proto-Villanoviano nel colle sulla sinistra del fontanile, ove appare un altro cunicolo di dimensioni più ridotte. Il cunicolo di Fontana Tempesta è scavato nel tufo ed ha andamento rettilineo in direzione nordest-sudovest verso Monte Cavo. Attualmente è percorribile per soli 100 m, perché interrotto da una frana, collegata forse dall’apertura della strada boschiva tra il fontanile stesso e la SS 217 (“Via dei Laghi”). Poco prima della frana vi è sulla destra una galleria, più recente ed interamente rivestita con un muretto a calce e schegge di lava, che sembra essere stata costruita con l’intento di aggirare un ostacolo, ma termina dopo pochi metri. 22 Il fontanile di Fontana Tempesta è situato in un punto chiave dei sentieri sia antichi che moderni, sulle pendici di Monte Cavo e nell’area compresa fra i due laghi di Albano e Nemi. In tempi più recenti il luogo, proprio perché situato all’incrocio di importanti sentieri e perché in grado di offrire acqua potabile, è stato per molto tempo ed è ancora rimasto luogo di ritrovo per i visitatori del luogo. L’ingresso al cunicolo risulta attualmente parzialmente ostruito dal crollo di alcuni blocchi di tufo della volta, mentre i primi metri del cunicolo mostrano i segni di recenti restauri. All’interno il cunicolo mostra la tipica sezione rettangolare, già incontrata negli emissari dei laghi di Albano e di Nemi, con dimensioni leggermente inferiori (larghezza circa 70 cm ed altezza variabile da 1,8 a 2,0 m.) A breve distanza dall’ingresso vi è un pozzo di forma rettangolare ora ostruito in alto, ma che era libero fino a circa una ventina di anni fa. A pochi metri di distanza dal pozzo descritto sembra esservene un secondo, anche questo ostruito, di forma differente (del tipo a bocca di lupo). Dove la roccia è più friabile, così come nell’emissario del lago di Nemi, la volta del cunicolo assume la forma ogivale per garantire maggiore stabilità. Dimensioni e forma del cunicolo di Fontana Tempesta e la presenza del pozzo rettangolare sarebbero conciliabili con una attribuzione allo stesso periodo dell’emissario del lago di Nemi. Il cunicolo di Fontana Tempesta poteva forse portare acqua alla sottostante area sacra del tempio di Diana, ipotesi avvalorata dalla presenza di cisterne nel vallone di Fontana Tempesta nel tratto tra il cunicolo ed il lago. Secondo LENZI [2000] l’acqua di Fontana Tempesta serviva invece a rifornire gli insediamenti (ville ed altro) del versante occidentale del lago in località Le Piagge, come farebbe supporre un altro tratto di cunicolo visibile a Monte Gentile a ridosso del pianoro delle Piagge stesse. Recentemente il Centro Ricerche Sotterranee Egeria di Roma, ha svolto nei luoghi un’intensa campagna di ricerche, con la scoperta di numerosi condotti e portando tra l’altro alla luce l’esistenza di altri acquedotti di età Romana che giungevano nell’area di Fontana Tempesta (probabilmente vi era anche una fontana), che quindi si conferma luogo di grande interesse idraulico. Per comprendere l’età e l’esatta funzione di Fontana Tempesta, il cunicolo dovrebbe essere esplorato rimuovendo il materiale franato. L’indagine potrebbe anche fornire indicazioni sul perché le analisi chimiche sull’acqua di Fontana Tempesta [LOMBARDI, 1975] e sull’acqua della vicina Fontana dei Verbiti a Nemi sono risultate dello stesso tipo di quelle provenienti dall’atrio della caldera Tuscolana-Artemisia (Doganella, Carpinello e Vivaro). Vi è forse qualche collegamento non ancora noto? Resta in ogni modo l’evidenza che i due maggiori emissari dei laghi, lungi dall’essere opere isolate, sono solo le manifestazioni più evidenti di una intensa opera di regolazione idrogeologica che ha interessato tutto il territorio. (22) Notizie dettagliate su questo come su altri condotti dell’area sono contenute nelle indagini del Centro Ricerche Sotterranee “Egeria” riportate in Dobosz et al., (2003). 10. GLI ACQUEDOTTI DI MALAFITTO ALTO, MALAFITTO BASSO E DELLE CENTO BOCCHE Le sorgenti di Malafitto o Pescaccio sono ubicate nel versante occidentale del lago Albano nel vallone in località Ponte di Nemi, all’incrocio tra SS 217 (la via dei Laghi) con la SS 218 (la strada che congiunge Ariccia con Rocca di Papa). Da queste sorgenti hanno origine ben tre antichi acquedotti: Malafitto Alto, Malafitto Basso e delle Cento Bocche. La fig.13, tratta da LUGLI [1919], riporta il tracciato dei tre acquedotti. In epoca imperiale i due acquedotti di Malafitto (Alto e Basso) giungevano ambedue alla Villa di Domiziano, mentre l’acquedotto delle Cento Bocche andava ad alimentare i “Cisternoni” di Albano, un serbatoio di circa 10.000 m3, fatto costruire dall’imperatore Settimio Severo alla fine del II sec. d.C. per il rifornimento idrico dei 6.000 legionari della II Legione Partica, da lui ubicata nei Castra Albana dai quali prese origine l’attuale cittadina di Albano. L’acqua dei cisternoni è stata utilizzata per uso potabile fino al 1912, mentre attualmente il comune di Albano la utilizza per innaffiare i giardini pubblici. Secondo LEONI [1999] anche un braccio secondario dell’acquedotto di Malafitto Alto alimentava i cisternoni di Albano. Di seguito si riporta la descrizione dei tre acquedotti tratta dai lavori del Lugli. – L’acquedotto delle Cento Bocche raccoglie acqua anche da piccolissime infiltrazioni del terreno, per una lunghezza di circa 150 m tra Palazzolo e Malafitto. È il più basso ed il più antico dei tre acquedotti. Dalle sorgenti dopo un percorso di circa 3 chilometri lungo il cratere albano giunge al Colle dei Cappuccini, formando un gomito ad angolo retto si interna sotto il Colle, che percorre a semicerchio per circa mezzo chilometro, sboccando ad Albano nella piazza San Paolo, con l’ausilio di soli 3 pozzi, uno dei quali profondo 43 m. Lo speco è largo 60 cm ed alto 135 cm, con copertura a volta. Molto antico non è noto dove arrivasse in origine. – L’acquedotto di Malafitto Basso aveva le sue sorgenti nel Vallone già ricordato in località Ponte di Nemi; oltrepassava la villa di Domiziano, forse per arrivare alla villa di Clodio. È stato scavato col sistema dei pozzi direttamente nel masso, i pozzi sono pochi in quanto tutto il percorso è a piccolissima profondità e talvolta rasenta quasi il suolo. Il primo tratto di questo acquedotto lungo alcune centinaia di metri è stato scavato dall’interno verso le sorgenti. Le dimensioni dello speco sono circa 60 cm di larghezza per 160 cm di altezza. La copertura è a volta. L’acquedotto presenta al suo interno un canale di scolo di forma differente da quello presente nel pur simile acquedotto di Malafitto Alto. – L’acquedotto di Malafitto Alto è di età domizianea, è lungo 3,7 km interamente scavati nel tufo dalle sorgenti di Malafitto fino alla piscina limaria di Propaganda nella villa di Domiziano. Secondo Tomassetti vi sono 53 pozzi quasi tutti semicircolari, il più profondo (con forma rettangolare) di 57 m circa. Percorre un primo tratto di quasi un km in linea retta, trafora il Colle dei Cappuccini a notevole profondità, da qui si distaccava un braccio secondario, forse posteriore, che portava acqua all’Anfiteatro. Lugli considera tutti i 3 acquedotti di epoca romana ritenendo più antico (periodo dei Claudii – inizio I sec. d.C.) l’acquedotto a quota più bassa (Cento Bocche). Segue poi l’acquedotto di Malafitto Basso attribuito al periodo di Domiziano (fine I sec. d.C.) con l’ultimo tratto prolungato sotto Adriano e ritiene infine più recente (costruito ancora da Domiziano – fine I sec. d.C.) l’acquedotto di Malafitto Alto. Domiziano potrebbe peraltro aver restaurato e prolungato acquedotti già esistenti. La villa di Domiziano infatti richiedeva una grandissima quantità d’acqua per le sue fontane e le sue piscine. 100 t&a 1/2005 GENNAIO/MARZO Considerazioni sulla regolazione delle acque in epoca antica nell’area dei Colli Albani Considerations on water flow regulation in ancient times in the Alban Hills Pio Bersani, Vittorio Castellani Solo in tempi recenti è iniziata l’esplorazione di tali condotti sotterranei [GALEAZZI et al., 1999; LEONI, 1999], resa peraltro difficile dalle molte manomissioni che si sono succedute nel tempo in acquedotti che per lunghi tratti sono tuttora utilizzati per il servizio idrico di Albano. Per quanto riguarda l’acquedotto di Malafitto Alto nella attuale proprietà della Casa del Divin Maestro, ubicata sul bordo occidentale del lago di Albano, sono presenti e visibili diversi pozzi collegati a questo acquedotto, tra cui alcuni (foto n. 8) mostrano la tipica forma rettangolare (circa 140 cm x 60 cm) dei pozzi già incontrati negli emissari dei laghi di Albano e Nemi e nel cunicolo di Fontana Tempesta. Questi pozzi [GALEAZZI et al., 1999] sono posti l’uno dall’altro alla distanza di un actus (35,32 m), secondo una norma attestata in Vitruvio. Il pozzo della figura parte da una quota del terreno di circa 570 m s.l.m. ed ha una profondità di circa 58 m dal piano campagna. Nei cunicoli di presa delle sorgenti degli acquedotti di Malafitto Alto e Basso sono state riscontrate tracce di scavo circolari del tutto simili a analoghe tracce segnalate nel vicino emissario di Nemi. 23 Difficile dire se a tale similarità nelle tecniche di scavo corrisponda anche una vicinanza temporale delle opere. Un pozzo profondo oltre 40 m [LEONI, 1999] nella Casa del Divin Maestro indica una diramazione dell’acquedotto di Malafitto Alto, che giungeva ad Ariccia passando nel profondo vallone che sbuca nel luogo conosciuto come con il nome di “la Cava di Ariccia” situato sotto il cimitero di Ariccia. Alcuni chiusini sono ancora rintracciabili in questo canalone ed è sicuramente questa l’acqua di cui usufruiva ancora Ariccia nei primi anni del ’900, come ricordava il Lucidi. Sembra probabile che in antico questa diramazione dell’acquedotto di Malafitto nel vallone della cava di Ariccia-Parco Chigi rifornisse per scopi irrigui la parte settentrionale della Valle Ariccia ad ovest dell’abitato di Ariccia. Attualmente si potrebbe pensare a riportare nel lago di Albano le acque della sorgente Malafitto o Pescaccio [con portata stimata in 50 l/s in BONI et al., 1988], per contrastare l’abbassamento di livello degli ultimi anni. 11. IL DEGRADO DELLE OPERE ANTICHE Purtroppo negli ultimi decenni lo stato di incuria e degrado in cui versano molte antiche opere idrauliche (e anche non idrauliche) nei Colli Albani, si è andato paurosamente aggravando, a fronte dell’incalzante processo di urbanizzazione. Si rischia così di perdere per sempre preziose e insostituibili testimonianze del nostro passato che attendono ancora di essere investigate e comprese. A titolo di esempio elenchiamo brevemente qui di seguito alcune situazioni su cui sarebbe necessario intervenire con urgenza: – Il cunicolo ariccino che sottopassa il cratere di Valle Ariccia al suo imbocco era formato da una trincea verticale ricoperta con tabelloni in tufo che si è mantenuta intatta fino agli anni ’80 (Castellani, 1999); negli anni ’90 dapprima è stata distrutta la copertura in tufo portando il cunicolo all’aperto, successivamente è stato distrutto l’intero canale aprendo con le ruspe una vasta trincea. – L’emissario di Albano a causa dell’abbassamento del livello del lago è rimasto a lungo sede di acque stagnanti. L’immissione delle acque di un depuratore ha fatto precipitare la situazione trasformando il condotto in una coltivazione biologica sino a costringere a murare per motivi igienici il suo sbocco a valle in località “Le mole” nel comune di Castel Gandolfo. È assolutamente necessario bonificare e rendere nuovamente percorribile un condotto che, sotto altri cieli, avrebbe anche una preziosa valenza turistico culturale. – Nell’emissario di Nemi all’inizio degli anni ’70 è stata immessa la tubatura di un acquedotto moderno. La tubatura ormai non (23) Galeazzi C. et al., 1999. t&a 1/2005 GENNAIO/MARZO più funzionante è rimasta all’interno dell’emissario ostacolandone il percorso e deteriorandone l’aspetto. Il “vizio” di utilizzare i percorsi di antichi acquedotti per porvi nuovi tubature è di vecchia data, visto che già nel 1917 l’archeologo Giuseppe Lugli constatava il riutilizzo degli antichi acquedotti di Cento Bocche e di Malafitto Alto e Basso per far passare al loro interno acquedotti moderni in ghisa. – Nella zona sovrastante l’incile dell’emissario del lago di Nemi vi sono dei grandiosi ambienti voltati di età Romana imperiale, che testimoniano la presenza di un importante sito archeologico. Questi bellissimi ambienti restano ignorati e inaccessibili, nel più totale abbandono e quindi soggetti a rapido deterioramento. – I cunicoli idraulici che drenano gli antichi bacini lacuali di Giulianello, Gabii, Pantano Secco e Pavona, tutti ancora in funzione, restano abbandonati e soggetti alle più varie manomissioni. Lo sbocco di Pantano secco è stato recentemente distrutto da un opera in cemento e quello di Pavona è ormai sommerso dai detriti delle vicine urbanizzazioni. – Il viadotto di Valle Ariccia costituisce una dei monumenti archeologici più importanti dei Colli Albani. Attualmente versa in stato di abbandono, il sottopasso un tempo carrabile è stato chiuso con un parete in muratura moderna ed è adibito a deposito di attrezzi agricoli. Le piante, soprattutto rampicanti (vedi Foto n. 9), con le loro radici si inseriscono fra i vari blocchi in tufo del rivestimento del lato verso Valle Ariccia, facendo cadere gli stessi blocchi dalla loro posizione originale. Il degrado delle antiche opere idrauliche, sul quale ci siamo qui soffermati, è peraltro solo un particolare di un più esteso degrado del quale vogliamo portare due esempi: – il Monte Castellaccio nel comune di Palestrina, è un sito di grandissimo interesse archeologico con resti di insediamenti preistorici, della fortificazione romana (castrum) dell’importantissimo Passo dell’Algido e con molti resti di età medievale [CAPRI, 2002; MENGARELLI, 2003]. Nel Monte Castellaccio dagli anni ’70 è stata aperta una grande cava per estrarre materiale tufaceo e oggi si parla di collocarvi una discarica,24 con tutti i pericoli derivanti per il regime idrogeologico dell’area e per l’inquinamento delle falde idriche. – Il rilievo collinare di Colle Pardo (490 m s.l.m.) nel comune di Ariccia al confine con il comune di Genzano – riportato erroneamente sulla C.T.R. del Lazio del 1990 in scala 1:10.000 come “Colle Lardo” – è il primo rilievo che si incontra procedendo dal mare verso l’entroterra. Al suo interno è ubicato l’emissario del lago di Nemi e sulle pendici meridionali è ubicato il Viadotto della Via Appia descritto in precedenza. Fino a circa metà degli anni ’80 sulla sommità vi era, circondato da pini secolari, un piccolo convento francescano. Tale edificio è stato inspiegabilmente abbattuto (lasciando le macerie ancora presenti sul posto) circa 20 anni fa e sul luogo sono sorti a pochi metri di distanza degli ambienti in cemento armato, muniti di grandi antenne (impianti Rai e per telefonia cellulare) che ora si elevano dalla sommità del Colle. Sono questi solo alcuni esempi di una situazione che è sotto gli occhi di tutti coloro che la vogliano vedere. La crescente sensibilità di molte amministrazioni comunali, se supportata dal diligente intervento delle altre autorità preposte – quali le Soprintendenze Archeologiche – può e deve invertire una tale tendenza. Qui ci si consenta solo di segnalare che – a nostra esperienza – molte manomissioni ori- (24) Del Nero, 1990 nel suo libro sulla Valle Latina scrive: “dagli Anni Settanta si contarono sempre più fitte e gravi le ferite inflitte all’ambiente (nella Valle Latina), delle quali ben può assurgere a simbolo lo scempio del (Monte) Castellaccio, perpetrato a più riprese tra la totale inerzia delle autorità politiche e culturali e l’indifferenza della popolazione locale”. 101 Considerazioni sulla regolazione delle acque in epoca antica nell’area dei Colli Albani Considerations on water flow regulation in ancient times in the Alban Hills Pio Bersani, Vittorio Castellani ginano anche dall’ignoranza della valenza storica e culturale dei beni distrutti. Il cunicolo aricino del VI secolo a.C., ad esempio, veniva ritenuto localmente opera relativamente recente e non meritevole di conservazione. La semplice segnalazione sul luogo della valenza storica potrebbe essere di grande aiuto nell’opera di salvaguardia. 12. CONSIDERAZIONI FINALI In questa memoria abbiamo brevemente esaminato alcune tra le molte e significative opere idrauliche presenti nei Colli Albani, tentando di riunire informazioni provenienti da diversi campi della cultura geologia, idrogeologia, archeologia, storia, religione, etc., perché solo uno studio multidisciplinare può portare alla comprensione della storia antica e recente dei Colli Albani. Studio che peraltro deve essere portato avanti in stretta collaborazione da più figure professionali ognuna con competenze specifiche nei settori citati. Gli esempi riportati, pur nella loro necessaria limitatezza, mostrano senza ambiguità come non solo l’intero comprensorio dei Colli Albani, ma anche la vasta piana che si estende ai piedi di quel rilievo siano ancor oggi il risultato di una estesa ed intensa pianificazione idrogeologica che risale ad un lontanissimo passato. I due emissari di Albano e Nemi si inquadrano infatti in un contesto di opere di bonifica che hanno visto il drenaggio del bacino TuscolanoArtemisio (Lago della Doganella), lo svuotamento dei tanti bacini chiusi residui nell’apparato vulcanico unitamente ad una capillare opera di risanamento dei suoli paludosi tramite una estesissima opera cunicolare. Opera di bonifica cui si è aggiunta una oculata gestione e distribuzione delle acque tramite numerosi acquedotti e cisterne. Tale opera affonda le sue origini in epoca arcaica, attorno al VIV secolo a.C., e non a caso si raccorda con le grandi opere idrauliche ricordate al tempo dei re etruschi di Roma, quali lo scavo della Cloaca Massima e la bonifica delle Paludi Pontine. Siamo peraltro convinti che di tale opera molto resti ancora da scoprire e moltissimo da indagare. Ne è un esempio lo studio attualmente in atto di un complesso di almeno cinque acquedotti arcaici che prendevano acqua nel Fosso di Ponte Terra, presso S. Vittorino nel comune di Tivoli, portati probabilmente a servire centri del Latius Vetus ancor prima che sul Lazio si stendesse la dominazione di Roma.25 È quindi auspicabile una ripresa delle ricerche e di scavi archeologici mirati in luoghi di particolare interesse paleo-idraulico, a partire dalle tante emergenze che si palesano per ogni dove sui Colli come nella campagna romana. Ricerche che sarebbero peraltro cosa vana se nel contempo non si proceda con urgenza ad una operazione di tutela e salvaguardia delle tante testimonianze archeologiche già conosciute. Dal punto di vista idrogeologico, dopo tanti secoli in cui si sono realizzate bonifiche dei terreni paludosi per permettere la coltivazione dei campi, attualmente a causa soprattutto della crisi idrica che ha colpito i Colli Albani dall’inizio degli anni ’90 si sta invece pensando a ricostituire alcuni bacini lacuali prosciugati in passato. In particolare il ripristino del lago della Doganella nella zona nord-orientale della caldera Tuscolana-Artemisia nelle dimensioni (circa 50 ettari), che aveva prima della sua definitiva bonifica avvenuta nel 1938 o in alternativa la creazione nella stessa area di una zona umida comporterebbe infatti una maggiore infiltrazione di acqua meteorica nel terreno, che scorrendo poi verso sud-ovest, secondo una circolazione idrica sotterranea ormai riconosciuta, andrebbe ad alimentare le falde dei laghi di Albano e Nemi. (25) Cappa et al., 1990. 102 t&a 1/2005 GENNAIO/MARZO