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VETRI ROTTI di Arthur Miller Traduzione di Masolino D

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VETRI ROTTI di Arthur Miller Traduzione di Masolino D
VETRI ROTTI
di Arthur Miller
Traduzione di Masolino D’Amico
Bologna
ARENA DEL SOLE
28 febbraio 1995
Sylvia
Dottor Hyman
Philip
Sorella di Sylvia
Margaret
Il Boss
Valeria Moriconi
Stefano Santospago
Roberto Herlitzka
Anita Bartolucci
Daniela Vitale
Gabriele Martini
Scene e costumi Enrico Job
Musiche Benedetto Ghiglia
Regia Mario Missiroli
Arredamento
di scena
188
Siamo nel 1938. Le notizie delle persecuzioni naziste in Germania sconvolgono una benestante signora americana di origine ebrea e le provocano una paralisi motoria alle gambe. Coscientemente lei escluderebbe tale causa, ma non
guarirà fino a quando non avrà trasmesso il proprio panico al marito, ebreo
laico anche lui, che finirà con l’immaginarsi emarginato dal padrone a causa
della propria appartenenza ebraica. Colto da infarto, sarà obbligato a lasciare il
lavoro. A casa, un secondo infarto lo ucciderà. Nel tentativo di soccorrerlo sua
moglie, involontariamente, si alza dalla sedia a rotelle e riprende a camminare.
I Broken Glass del titolo sono quelli dei negozi degli ebrei frantumati dalle SS.
La scena di Job era un ambiente nero e argento che ricordava lo smaltato bianco e nero di un film degli anni ’30. I frequenti cambi di luogo dell’azione venivano indicati dai mobili che, grazie a due girevoli, apparivano e sparivano facilmente. Sulla grande finestra ovale dell’impianto fisso, in realtà un grande schermo, erano alternativamente proiettate diapositive di vedute di Manhattan e,
durante i cambi di scena, immagini della persecuzione nazista, mentre un violinista attraversava il palcoscenico eseguendo motivi ebraici (n. d. r.).
“L’allestimento italiano di Vetri rotti… si vale del dispositivo scenico di Enrico
Job che, grazie a un impianto girevole, consente rapidi mutamenti di ambiente, come richiesto dal copione, entro una cornice decorativa nel gusto dell’epoca: sul fondo, un grande schermo ovale accoglie immagini fisse degli orrori di cui si parla, alternate, a contrasto, con classici paesaggi della metropoli statunitense. Il tutto in rigoroso bianco e nero, ciò che accentua i richiami al
cinema d’anteguerra, riscontrabili nella condotta generale dell’azione…”
(Aggeo Savioli, L’Olocausto scoperto dall’America, l’Unità, 4 marzo 1995).
“Grandi diapositive dei progrom antisemiti s’alternano così alle vedute di
Manhattan nel grande ovale di fondo, chiuso dal nero legno, che si avvicenda
al biancore delle fasciature d’acciaio nella bella scena di Enrico Job e nei
mobili di foggia art-decò che vanno e vengono sul doppio girevole” (Franco
The year is 1938. A well-to-do American lady of Jewish origin is appalled by the
news of the Nazi persecution in Germany and as a result becomes paralysed in both
legs. Consciously, she excludes such a cause, but she does not recover until she has
transmitted her panic to her husband, also a non-practising Jew, who ends up
imagining that he is being sidelined by his boss because he is Jewish. He suffers a
heart attack and has to leave his job.At home, another heart attack kills him. In her
attempt to rush to his aid, his wife involuntarily gets up from her wheelchair and
starts walking again.The broken glass of the title is that of the Jews’ shop windows,
smashed by the SS. Job’s set was a black and silver setting reminiscent of the black
and white varnish of a thirties film.The frequent changes of the place of the action
were indicated by the furniture which, thanks to two rotating platforms, appeared
and disappeared effortlessly. On the big oval window of the fixed set, actually a big
screen, there were alternate projections of slides of Manhattan and, during the scene
changes, images of Nazi persecution, while a violinist crossed the stage, playing
Jewish motifs (ed.).
“The Italian production of Broken Glass... makes use of Enrico Job’s set which,
thanks to a rotating device, allows for rapid changes of setting as required by the
script, within a decorative frame after the fashion of the period: at the back, a big
oval screen projects fixed images of the horrors referred to, alternating, in contrast,
with classic views of the US metropolis.This is all strictly in black and white, which
accentuates the atmosphere of pre-war cinema, which may also be identified in the
general conduct of the action...” (Aggeo Savioli, L’Olocausto scoperto
dall’America, l’Unità, 4 March 1995).
“Big slides of the anti-Semitic pogroms therefore alternate with the views of
Manhattan in the big oval at the back, surrounded by black wood, which alternates
with the whiteness of the steel plates in Enrico Job’s beautiful set and in the art deco
style furniture which comes and goes on the double rotating platform” (Franco
Quadri, Quanto fa male a volte la memoria, la Repubblica, 5 March 1995).
Quadri, Quanto fa male a volte la memoria, la Repubblica, 5 marzo 1995).
“Missiroli per rendere plausibile, almeno in parte, il caso clinico da Miller
desunto dalla politica, ha sottolineato gli sregolamenti psichici della protagonista e, a onde concentriche, dell’entourage con struggenti motivi yiddish suonati in palcoscenico da un violino e inquadrando nel grande ovale di una suggestiva, semiastratta scena a trasformazione di Job, in bianconero e argento,
gigantografie dei progrom nazisti e della Brooklyn roosveltiana” (Ugo Ronfani, Svastiche a Brooklyn per Herlitzka, Il Giorno, 5 marzo 1995).
“Enrico Job ha ideato un ambiente in bianco e nero come un film Anni Trenta... una cornice indubbiamente suggestiva ed elegante... Belle le scene di Job,
prudente la regia di Missiroli” (Osvaldo Guerrieri, L’Olocausto secondo Miller,
La Stampa, 9 marzo 1995).
“Vetri rotti è un lungo scavo nelle coscienze che riverberano le oscurità private e quelle della storia. La verità viene a galla piano piano, attraverso un dialogo serrato e intenso, dove al colpo di scena segue il disvelamento a tappe di un
percorso intimo. Il titolo della commedia se da un lato allude alla notte dei
Cristalli – gli episodi si svolgono nel 1938 – dall’altro lato fa riferimento alla
rottura delle certezze interiori, ai fallimenti tragici di una coppia… La bella
scena rigorosamente in argento e nero di Enrico Job, ci fa vedere attraverso
una grande finestra ovale immagini sia metropolitane che dell’olocauto ebraico” (Dante Cappelletti, Vetri Rotti, scavando nelle coscienze a poco a poco la verità
viene a galla, Il Tempo, 27 aprile 1995).
“In order to render this clinical case which Miller has derived from politics at least
semi-plausible, Missiroli has underlined the psychological disturbances of the main
characters and, in concentric circles, of their entourage, with melancholy Yiddish motifs
played on stage by a violin, and with the projection in the big oval of Job’s suggestive,
semi-abstract, changing setting in black, white and silver: blown-up photographs of
the Nazi pogroms and of Roosevelt’s Brooklyn” (Ugo Ronfani, Svastiche a
Brooklyn per Herlitzka, Il Giorno, 5 March 1995).
“Enrico Job has devised a setting in black and while, like a thirties film... an
undoubtedly evocative and elegant frame... Job’s scenery is beautiful, and Missiroli’s
direction careful” (Osvaldo Guerrieri, L’Olocausto secondo Miller, La Stampa,
9 March 1995).
“Broken Glass digs deep into consciousnesses which reverberate with private and
historical darknesses. Only gradually does the truth come to the surface, through a
close and intense dialogue, in which the ‘coup de théâtre’ is followed by the gradual
revelation of the stages of an intimate journey. The play’s title is an allusion to
Kristallnacht (the events take place in 1938), but it also refers to the destruction
of internal certainties, to the tragic failures of a couple... Enrico Job’s set, in rigorous
silver and black, shows us images of the city and of the Jewish holocaust through a
big oval window” (Dante Cappelletti, Vetri Rotti, scavando nelle coscienze a
poco a poco la verità viene a galla, Il Tempo, 27 April 1995).
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Vetri rotti. Prospetto della scena
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