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I concetti di base della soft proof
colore g di Mauro Boscarol I concetti di base della soft proof Come ottenere una replica fedele dell’originale che sarà stampato attraverso una soft proof? Per ottenere buoni risultati è necessario che le conversioni da profilo stampante a profilo monitor siano fatte con molto scrupolo, altrimenti la simulazione non sarà efficace. f Figura 1 Struttura di una tipica prova colore di una stampa offset, realizzata con tre profili Icc e due conversioni di colore. La prima conversione va dal profilo dell’immagine al profilo della macchina da stampa. La seconda conversione va da questo profilo al profilo di un monitor (soft proof) o al profilo di una stampante (hard proof). 22 italiagraFica settembre 2006 L e prove colore che si basano sulla simulazione di una macchina da stampa (quindi non Cromalin o Approval, ma quelle basate su profili Icc e fatte con una stampante a getto d’inchiostro e un Rip) possono essere classificate in due principali categorie (figura 1): f soft proof: le prove colore fatte con un monitor; hard proof: le prove colore f fatte con una stampante. Poiché si tratta di effettuare una simulazione, cioè una replica fedele dell’originale che sarà stampato sulla periferica finale, la prova colore può dare buoni risultati se ogni colore producibile con la macchina da stampa è riproducibile con il monitor o la stampante. In altre parole è necessario che il gamut di quest’ultima periferica contenga tutto il (o gran parte del) gamut della macchina da stampa. Prova colore in termini di profili e intenti Una prova colore basata sui profili Icc consiste di due conversioni di colore, una successiva all’altra (figura 1). La prima conversione (di separazione) La prima conversione replica quella che sarà fatta durante la stampa effettiva, ed è determinata dai seguenti parametri: f profilo di origine: il profilo dell’immagine originale (per esempio Adobe RGB); f profilo di destinazione: il profilo di una macchina da stampa da simulare (per esempio Euroscale coated); intento di rendering: la scelta f dipende dalle caratteristiche dell’immagine; normalmente cade su colorimetrico relativo (con o senza compensazione del punto nero), oppure su percettivo; motore di colore: quello scelto f nelle «Impostazioni colore.» Questo primo passaggio è la conversione in quadricromia se l’immagine è RGB (da RGB dell’immagine a CMYK della macchina da stampa) o il repurposing (riseparazione) se l’immagine è CMYK (da CMYK dell’immagine a CMYK della macchina da stampa). Come risultato di questa prima conversione i numeri dell’immagine sono convertiti nei numeri (CMYK) della macchina da stampa. Naturalmente se l’immagine è già nel profilo finale questa prima conversione non ha effetto. La seconda conversione (di simulazione) A questo punto è necessario simulare i colori della periferica finale mediante la periferica con la quale si simula, e questo si realizza con una seconda conversione (conversione di simulazione) che parte da dove è arrivata la prima, ed è determinata da questi parametri: f profilo di origine: il f Figura 2 Il menù della soft proof in Photoshop CS2 profilo della macchina da stampa (per esempio Euroscale coated); f profilo di destinazione: il profilo della periferica di prova (cioè il profilo di un monitor o di una stampante); f intento di rendering; f motore di colore: quello scelto nelle «Impostazioni colore». In questa seconda conversione si può usare come intento di rendering il colorimetrico relativo (con o senza compensazione del punto nero) oppure il colorimetrico assoluto. Poiché il risultato deve essere una simulazione, gli altri intenti di rendering (cioè percettivo e saturazione) non sono utilizzabili. In particolare, se si usa l’intento di rendering colorimetrico assoluto si avrà una corrispondenza «colorimetricamente» esatta, cioè i colori della macchina da stampa, in particolare il colore della carta e il colore dell’inchiostro nero (cioè il colore più chiaro e il colore più scuro) sono esattamente simulati sulla periferica di simulazione (nei limiti di gamut in cui ciò è possibile). Se viene usato l’intento di rendering colorimetrico relativo, il colore dell’inchiostro nero è ancora simulato, ma il colore della carta della periferica da simulare non f Figura 3 La finestra delle impostazioni di soft proof. La linea rossa divide le impostazioni della prima conversione di colore dalle impostazioni per la seconda conversione. è ricreato sulla periferica di simulazione, è invece utilizzato il bianco di questa periferica. Anche gli altri colori si modificano di conseguenza. Infine se si è usato l’intento di rendering colorimetrico relativo con compensazione punto nero, non sono simulati né il colore della carta né il colore dell’inchiostro nero, ma usati rispettivamente il bianco e il nero della periferica con cui si simula. «Visualizza» > «Prova colori». La soft proof di Photoshop è window specific. Ciò significa che è possibile fare la soft proof nella stessa finestra dell’immagine, ma è anche possibile aprire diverse finestre dello stesso documento (con il comando «Finestra» > «Ordina» > «Nuova finestra») a ognuna delle quali si può applicare una diversa impostazione di soft proof. Soft proof in Photoshop Parametri di impostazione della soft proof Photoshop è un’applicazione che consente di fare soft proof di immagini raster. La tecnica utilizzata è in principio comune a tutte le applicazioni (per esempio XPress e InDesign). La possibilità di fare una soft proof è un’importante applicazione dei profili Icc in Photoshop, forse la più importante. Attivare la soft proof dà la possibilità di agire interattivamente con l’immagine, correggendola durante la fase di design, senza la necessità di trasferirla materialmente a una periferica di output. È possibile fare la soft proof di qualunque immagine RGB, CMYK, Lab, a scala di grigi o a scala di colori. La soft proof si imposta (figure 2 e 3) con il comando «Visualizza» > «Imposta prova» e si attiva e disattiva con il comando I parametri per la soft proof si impostano in «Visualizza» > «Imposta prova» (figura 2) e si riferiscono all’immagine attiva (cioè in primo piano) nel momento in cui sono impostati. Per creare una prova colore personale (le altre sono prove predefinite, le vedremo più avanti) si sceglie «Personale» nel submenù «Imposta prova» e appare la finestra «Personalizza condizione di prova». I parametri da impostare riguardano le due conversioni che compongono la prova (figura 3). Parametri della prima conversione Qui vanno impostati i parametri che si sceglieranno quando l’immagine sarà effettivamente stampata (o in generale trasferita alla macchina da stampa). Ma è possibile anche agire in senso inverso, cioè impostare diverse opzioni di conversione per decidere quali sono le più adatte per la stampa finale. Nel menù «Dispositivo da simulare», si seleziona il profilo della periferica finale che si vuole simulare su monitor: di solito si tratta di una macchina da stampa, ma si può scegliere una periferica qualunque. Nel menù compaiono tutti i profili RGB, CMYK e a scala di grigi noti a Photoshop. L’opzione «Mantieni i valori numerici» è disponibile solo se il file aperto è della stessa modalità di colore (RGB o CMYK) della periferica finale indicata in «Profilo»: se l’immagine è RGB l’opzione è disponibile se la periferica è RGB e se l’immagine è CMYK è disponibile se la periferica è CMYK. Questa opzione va attivata se in fase di stampa effettiva non sarà fatta una conversione colore (cioè se si sceglierà «Nessuna gestione del colore» nel menù «Trattamento del colore» della finestra «Stampa con anteprima» > «Gestione colore»). In caso contrario deve essere disattivata. È interessante sperimentare con l’opzione «Mantieni valori numerici». Se si attiva, Photoshop semplicemente non esegue la prima conversione e simula la trasmissione dei settembre 2006 italiagraFica 23 colore f Figura 4 La struttura di una soft proof in Photoshop. A sinistra l’immagine originale, che può essere in una delle modalità indicate. Al centro la conversione alla periferica finale, che può essere in una delle modalità indicate. A destra le possibili simulazioni effettuate da Photoshop: senza simulazione né del bianco né del nero (cioè in colorimetrico relativo + Bpc), con simulazione del nero (cioè in colorimetrico relativo), con simulazione sia del nero che del bianco (cioè in colorimetrico assoluto). numeri (RGB o CMYK) alla periferica di destinazione senza alcuna modifica, simulando l’aspetto che avrebbe l’immagine se fosse spedita alla periferica finale senza conversione. Può essere opportuno farlo in alcuni casi, tra i quali: f quando si desidera fare una dimostrazione didattica di quello che succederebbe nel trasmettere i valori dell’immagine alla periferica finale senza conversione; f quando il profilo dell’immagine e quello della periferica finale sono simili e non vale la pena fare conversioni di colore; f quando si sta visualizzando una soft proof di grafica per Web; f quando il proprio flusso di lavoro consiste nell’ignorare il profilo e conservare i numeri dei file CMYK (Photoshop chiama «CMYK sicuro» questo flusso di lavoro). Se «Mantieni i valori numerici» non è stata attivata, nel menù «Intento di rendering» va selezionato l’intento che si userà 24 italiagraFica settembre 2006 f Figura 5 nella stampa finale effettiva (quello proposto è quello di default del profilo appena scelto). La compensazione punto nero va attivata o disattivata a seconda che la si attivi o disattivi nella stampa finale effettiva (se l’intento è colorimetrico assoluto è sempre disattivata). A questo punto sono stati impostati tutti i dati necessari a Photoshop per eseguire la prima conversione di colore dal profilo dell’immagine al profilo scelto in «Profilo con l’intento di rendering» scelto in «Intento». Quando si tratterà di stampare effettivamente l’immagine con la macchina da stampa, dovrà essere convertita al profilo assieme all’intento qui scelti, affinché corrisponda alla prova colore. La conversione di simulazione L’origine della seconda conversione di colore è il profilo precedentemente selezionato in «Profilo» mentre la destinazione è il profilo del monitor (che Photoshop Colorimetrico relativo con compensazione punto nero Colorimetrico relativo (senza compensazione punto nero) Colorimetrico assoluto ottiene dal sistema operativo). L’intento di rendering di questa seconda conversione è controllato dai due checkbox «Opzioni di visualizzazione» (a video). Quando nessuno dei due checkbox è attivato, il monitor riproduce il colore della carta di stampa mediante il bianco del monitor (anche se i due colori sono diversi: probabilmente il bianco del monitor avrà una luminanza maggiore e una diversa cromaticità rispetto al colore della carta) e il colore dell’inchiostro nero mediante il nero del monitor (anche se sono diversi: il nero del monitor avrà una luminanza inferiore e forse una diversa cromaticità rispetto al colore dell’inchiostro). In altre parole, per la seconda conversione si utilizza l’intento di rendering colorimetrico relativo con compensazione punto nero. Quando è attivato «Simula inchiostro nero» (ma non «Simula colore carta») Photoshop modifica la simulazione in modo che il colore dell’inchiostro nero della stampante finale sia riprodotto f Figura 5 Corrispondenza tra simulazione del colore della carta e del colore dell’inchiostro nero e intento di rendering. su monitor esattamente (cioè con gli stessi valori colorimetrici), mentre il colore della carta sia riprodotto con il bianco del monitor. In termini tecnici l’intento di rendering utilizzato per la seconda conversione è ancora colorimetrico relativo, ma questa volta senza compensazione del punto nero. Infine quando è attivato «Simula colore carta» è attivato automaticamente anche «Simula inchiostro nero». In questo caso oltre al colore dell’inchiostro nero si simula anche il colore della carta: l’intento di rendering è colorimetrico assoluto. L’intero schema della soft proof è nella figura 4 Soft proof di un’immagine nel profilo finale È diffusa l’errata convinzione che aprendo in Photoshop una immagine CMYK che ha il profilo (assegnato esplicitamente o implicitamente) di una macchina da stampa, si vedano a monitor i colori che si vedrebbero stampando l’immagine con quella macchina da stampa. Per esempio, aprendo a monitor un’immagine CMYK con profilo Swop, i colori che si vedono a monitor sono gli stessi che si vedranno stampando l’immagine su una macchina da stampa Swop. Questa affermazione è vera o falsa? L’affermazione è falsa. Vediamo come stanno le cose. All’apertura di un’immagine CMYK con un determinato profilo, Photoshop esegue, come sempre, una compensazione monitor, cioè una conversione dal profilo CMYK dell’immagine al profilo RGB del monitor con motore di colore Adobe Ace e con intento di rendering colorimetrico relativo + Bpc. La simulazione dei colori che si otterranno in stampa si ottiene invece con una soft proof che è realizzata come segue. Il profilo dell’immagine CMYK è uguale al profilo da simulare, dunque la prima conversione della prova colore non viene eseguita, e ha effetto solo la seconda, cioè la conversione dal profilo CMYK dell’immagine al profilo RGB del monitor con motore di colore Adobe Ace e uno di questi tre intenti di rendering: colorimetrico assoluto; colorimetrico relativo; colorimetrico relativo + Bpc. Dunque la differenza è negli intenti di rendering, cioè nella simulazione del colore dell’inchiostro e del colore della carta (figura 7). La compensazione monitor non simula né il bianco della carta né il nero dell’inchiostro, mentre la soft proof dà la possibilità (oltre a non simulare, e in tal caso ha la stessa resa della compensazione monitor) di simulare inchiostro e carta (colorimetrico assoluto) oppure solo l’inchiostro (colorimetrico relativo). La differenza tra compensazione monitor e soft proof con simulazione di inchiostro e carta è particolarmente importante quando il tipo di stampa ha un basso «range dinamico» (cioè è qualitativamente scadente, per esempio rotooffset su carta di giornale o stampa inkjet su normale carta da ufficio). In tal caso la simulazione dell’inchiostro e della carta ha un impatto significativo sulla resa dell’immagine a monitor (vedi figura 5). Se invece il processo di output dell’immagine è di buona qualità (con alto range dinamico) la differenza tra immagine visualizzata con compensazione monitor e immagine visualizzata in soft proof con simulazione di carta e inchiostro sarà meno evidente (anche se sempre presente). Suggerimenti per realizzare una soft proof Questi suggerimenti riguardano principalmente l’uso della soft proof in un ambiente di stampa industriale (come offset e rotocalco) ma possono essere adattati per la simulazione di altre periferiche di stampa (stampanti PostScript CMYK, stampatrici PostScript RGB, stampanti a getto d’inchiostro PostScript CMYK o non PostScript RGB). Profili I profili coinvolti in una soft proof sono tre: il profilo dell’immagine, quello della periferica da simulare e quello del monitor. Per ottenere una buona simulazione è necessario che il profilo della periferica da simulare e il profilo del monitor siano stati creati accuratamente. La buona qualità del profilo della periferica da simulare è forse la cosa più importante in una soft proof. Ricordare che se l’immagine non ha un profilo, viene assunto, cioè assegnato implicitamente, il profilo di default (che Photoshop chiama spazio di lavoro). Aprire una nuova finestra Invece di fare la soft proof direttamente nella finestra dell’immagine, è opportuno aprire una nuova finestra («Finestra» > «Ordina» > «Nuova finestra») e fare una soft proof su questa. Anche se si può lavorare nella finestra di soft proof, se si devono apportare correzioni all’immagine è opportuno farle nella finestra originale e controllare la resa nella finestra di soft proof. Cosa simulare Tipicamente la periferica da simulare è la macchina da stampa (o la stampante o stampatrice) finale. Tuttavia, nel caso si abbia a disposizione un proofer (tipo Digital Cromalin o Kodak Approval) sul quale si può fare affidamento, cioè che simuli correttamente la macchina da stampa, può essere più opportuno simulare questo proofer. Scelta dell’intento di rendering Fare una soft proof può essere un’occasione per scegliere l’intento di rendering da applicare in fase di stampa effettiva dell’immagine. I candidati sono l’intento colorimetrico relativo e quello percettivo, ma conviene dare un’occhiata anche all’intento di saturazione, che può essere pensato come una variante del percettivo e talvolta dà risultati anche migliori di quest’ultimo. Tutti e tre questi intenti di rendering possono essere applicati con o senza compensazione del punto nero. Simulazione del bianco carta e del nero inchiostro I comandi di simulazione della carta e dell’inchiostro sono attivi solo se la periferica da simulare è CMYK. È sempre consigliabile attivare la simulazione dell’inchiostro f Figura 6 Un’immagine in Adobe RGB (a sinistra) e tre soft proof: la prima simula la stampa offset su carta di quotidiano a colori, con simulazione dell’inchiostro nero; la seconda su carta da quotidiano in scala di grigi; la terza simula la visualizzazione mediante un videoproiettore. settembre 2006 italiagraFica 25 colore (simula inchiostro nero), mentre è opzionale la simulazione della carta (simula colore carta). Quale delle tre simulazioni è quella corretta? Tutte lo sono e nessuna lo è. Una regola pratica, comunque, è che se la stampa finale è di buona qualità (con alto range dinamico, per esempio stampa offset o inkjet su carta patinata) è accettabile disattivare le simulazioni, o attivare solo quella del nero per avere una resa più realistica dei dettagli. Se invece la stampa finale non è di buona qualità (cioè con basso range dinamico, per esempio stampa offset su carta di quotidiano o stampa inkjet su carta normale) attivare entrambe le simulazioni è più importante perché altrimenti la soft proof sarebbe troppo ottimistica. Per esempio può aver senso non attivare nessuna simulazione, o solo la simulazione dell’inchiostro per un’immagine da stampare in «Iso coated». Se invece è da stampare in «Iso newspaper» le simulazioni dell’inchiostro e della carta sono entrambe importanti (figura 7). Si noti che, per ogni profilo, l’immagine in compensazione monitor (prima colonna) e quella in soft proof senza simulazione (seconda colonna) sono uguali. Quelle con simulazione (terza e quarta colonna) appaiono simili alle prime due se il tipo di stampa è di qualità (Iso coated, riga in alto), appaiono diverse se il tipo di stampa è scadente (Iso newspaper, riga in basso). migliori hanno tubi fluorescenti D50 e consentono di regolare l’intensità della luce. Viewing boot (display boot, print viewer) Non è consigliato sistemare monitor e viewing boot fianco a fianco, in modo che lo stampato e il monitor possano essere osservati Per confrontare uno stampato con una soft proof è opportuno utilizzare un viewing boot. I 26 italiagraFica settembre 2006 Monitor Il monitor deve essere di ottima qualità, con visualizzazione uniforme su tutto lo schermo, calibrato e profilato. Meglio se la cromaticità del bianco è regolabile mediante slider RGB che possono essere regolati a mano (non solo mediante cromaticità preimpostate). Cromaticità del bianco del monitor Se si osserva uno stampato in un viewing boot e una sua soft proof su monitor, per confrontare l’aspetto delle due immagini è importante che il bianco del monitor corrisponda visivamente al bianco del viewing boot. Di solito la migliore corrispondenza visiva tra il bianco della carta nel viewing boot (5.000 K) e il bianco del monitor si ottiene quando quest’ultimo è attorno a 6.0006.500 K. Non fidatevi delle indicazioni del monitor tipo D50 e D65, è meglio regolare a mano la corrispondenza con gli slider del monitor, fino a che i due bianchi corrispondano precisamente. Naturalmente se modificate il bianco del monitor dovete creare un nuovo profilo. Posizionamento del monitor e del viewing boot f Figura 7 La stessa immagine CMYK, nella riga in alto nel profilo «Iso coated», nella riga in basso nel profilo «Iso newspaper». Nella prima colonna c’è solo la compensazione monitor. Nella seconda, terza e quarta colonna ci sono le soft proof, rispettivamente senza simulazione, con simulazione del nero, e con simulazione di bianco e nero. Poiché la soft proof è fatta sullo stesso profilo dell’immagine, la prima conversione non viene effettuata e le relative opzioni (dispositivo da simulare, mantieni i valori numeri di CMYK, intento di rendering, compensazione punto nero) sono ininfluenti. Agiscono invece i tre tipi di simulazione: nessuna, inchiostro, carta + inchiostro. contemporaneamente. Si tratta di una cattiva idea perché in questo modo l’occhio non ha la possibilità di adattarsi cromaticamente a entrambi i bianchi. È invece opportuno posizionare monitor e viewing boot a 90° in modo che sia visibile solo lo stampato o solo la sua soft proof. In questa configurazione la testa deve spostarsi per vedere l’uno o l’altro, e in quel breve tempo l’occhio ha modo di adattarsi cromaticamente e compensare le piccole differenze tra i due bianchi. Sotto e attorno allo stampato nel display boot si può mettere un foglio nero, ma non è strettamente necessario. È invece necessario isolare la soft proof su monitor, in modo che le parti più luminose dell’immagine siano le parti più luminose del monitor. In Photoshop questo si fa premendo due volte il tasto F (per entrare in modalità schermo intero) e poi una volta il tasto Tab (per nascondere le palette). Norma Iso per il soft proofing La norma Iso 3664:2000 (Viewing Conditions: Graphic Technology and Photography) specifica le condizioni consigliate per un viewing boot. In particolare suggerisce che la temperatura colore debba essere D50 e che il boot debba avere due intensità di luce: f P1, 2000 lux, per confronti critici; P2, 500 lux, per confronti f in condizioni normali. La norma Iso 12646:2004 (Graphic Technology: Displays for Colour Proofing, Characteristics and Viewing Conditions) tratta il problema di far corrispondere un’immagine su monitor con uno stampato in un viewing boot. Secondo questa norma il monitor, quando usato per confronto e valutazione del colore, dovrebbe emettere una luminanza attorno alle 100 cd/m2, comunque non meno di 75 cd/m2. In pratica è utile che il viewing boot abbia un regolatore di intensità, in modo da far corrispondere l’intensità con quella del monitor. g