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La rassegna di oggi
RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – mercoledì 13 gennaio 2016 (Gli articoli di questa rassegna, dedicata prevalentemente ad argomenti locali di carattere economico e sindacale, sono scaricati dal sito internet dei quotidiani indicati. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti) ATTUALITÀ, ECONOMIA, REGIONE (pag. 2) Fiom fa il pieno di Rsu. «E resteremo al tavolo» (M. Veneto) Fiom prima tra le tute blu con il 58% dei voti (Piccolo) L’industria alimentare resta senza contratto. Proclamato lo sciopero (M. Veneto) Urbani torna all’attacco del Comparto unico: va abolito (M. Veneto) Più aiuti sociali con nuove regole (Gazzettino) Bene export e Pil, ma il lavoro stenta (M. Veneto, 3 articoli) La riforma della casa incassa il primo sì (Piccolo) Lavori di pubblica utilità per 210 disoccupati (Piccolo) Mondiali Qatar, la Cimolai costruirà lo stadio avveniristico (Gazzettino) CRONACHE LOCALI (pag. 13) Eataly annuncia l'arrivo in primavera (Piccolo Trieste, 2 articoli La ricetta dei pensionati per San Giovanni (Piccolo Trieste) Caccia agli inquinanti nei terreni di Servola (Piccolo Trieste, 2 articoli) Mamme in rivolta: vogliono il Pronto soccorso pediatrico (Piccolo Gorizia-Monfalcone) «Il Tribunale? Per vivere deve allargarsi o aggregarsi» (Piccolo Gorizia-Monfalcone) Merci a Porto Nogaro: c’è la ripresina nonostante i dragaggi (M. Veneto Udine) Lignano verso lo sciopero dei dipendenti comunali (M. Veneto Udine) Sindacato alla Regione: smascheri Ideal Standard (Gazzettino Pordenone) Mazzer non “passa”. Il Pd sceglie la Giust (M. Veneto Pordenone) Nidolandia, dipendenti senza soldi (Gazzettino Pordenone) «L’asilo cerca iscritti in modo sleale» (Gazzettino Pordenone) Raccolta rifiuti, è polemica: «Problemi per la sicurezza» (M. Veneto Pordenone) ATTUALITÀ, ECONOMIA, REGIONE Fiom fa il pieno di Rsu. «E resteremo al tavolo» (M. Veneto) di Maura Delle Case PASIAN DI PRATO. È una platea di 40 mila i lavoratori metalmeccanici quella che in Fvg attende il rinnovo del contratto nazionale. Che non arriverà nè a breve nè agevolmente, stante le distanze “abissali” tra sindacati e Federmeccanica. Di questo ha discusso ieri la Fiom del Fvg che ha chiamato a raccolta i “suoi” all’Enaip di Pasian di Prato, per fare il punto della situazione in vista dei due nuovi incontri con Federmeccanica fissati per la fine del mese. «A quei tavoli Fiom ci sarà. Rafforzata - ha rivendicato il segretario regionale della categoria, Gianpaolo Roccasalva - da una schiacciante maggioranza ottenuta alle elezioni delle Rsu nelle 138 fabbriche dove si è andati al rinnovo delle rappresentanze sindali unitarie». Chiamati alle urne, il 58 per cento dei votanti (oltre 10.000 persone sulle 17.400 che si sono recate alle urne), si sono infatti espressi per i delegati in “quota” Fiom, eleggendone 342 su un totale di 545. Il maggior risultato in percentuale l’ha messo a segno la Fiom di Pordenone, che con il 63,7 per cento delle preferenze ha visto eletti 93 delegati, seguita da Udine con il 59,7% dei voti, da Gorizia con il 58,4% (89 delegati) e infine da Trieste con 46,4% (40 delegati). Davanti a una platesa di 150 delegati, Roccasalva, reduce da un recentissimo comitato romano, ha riepilogato le ultime novità relative alla piattaforma contrattuale proposta dalla Fiom e le controproposte avanzate da Federmeccanica. Posizioni al momento ancora molto lontane, «inconciliabili» a detta di Roccasalva che ieri ha comunque ribadito l'intenzione, ferma, della Fiom di restare seduta al tavolo contrattuale perché «pur consapevole dell'enorme distanza che c'è tra le nostre richieste e le proposte - ha garantito - solo restando sarà possibile ottenere dei risultati». La fine del mese sarà densa di appuntamenti per Fiom che dovrà far fronte ai due nuovi incontri con Federmeccanica fissati per il 21 e 28 gennaio così come, in Fvg, al rinnovo del segretario generale della categoria. Dopo due mandati Roccasalva è infatti arrivato a scadenza (in Cgil il terzo mandato non è infatti consentito) e dovrà essere sostituito a stretto giro. Con elezioni che potrebbero incoronare il segretario Fiom di Pordenone, Maurizio Marcon, per il quale fa il tifo lo stesso Roccasalva. Pronto a cedere il testimone dopo 8 lunghi anni trascorsi alla guida della categoria (per tornare stabilmente in forze alla Fiom di Udine, poi chissà). Non prima però d'aver organizzato, per l'ultima volta da leader regionale delle tute blu di Cgil, l'incontro con il segretario generale Maurizio Landini, a margine del suo intervento, previsto per il 4 di febbraio, al Future Forum di Udine. Fiom prima tra le tute blu con il 58% dei voti (Piccolo) di Massimo Greco TRIESTE Fincantieri, Abs, Lima Corporate... Fiom, storico sindacato di categoria della Cgil, annuncia di aver vinto quasi dappertutto nel rinnovo delle rappresentanze unitarie svoltosi nelle fabbriche metalmeccaniche del Friuli Venezia Giulia lungo il triennio 2013-15. Così ha portato i dati elettorali negli uffici provinciali del Lavoro di Udine e Pordenone per ottenere la debita certificazione. Perchè - spiega il segretario regionale Gianpaolo Roccasalva - non si tratta solo della soddisfazione politica della vittoria, ma di sottolineare come Fiom sia la prima sigla regionale (e nazionale) delle “tute blu”. Si va verso un duro confronto con la controparte datoriale Federmeccanica in materia di contratto, il sindacato si è spaccato e presenta due piattaforme distinte (una firmata Fiom, l’altra Fim e Uilm), è allora bene - precisa Roccasalva - che si sappia chi ha i numeri e quindi il consenso dei lavoratori, in una regione dove sono 40 mila le “tute blu” interessate al rinnovo del contratto. Fiom ne ha discusso ieri al centro congressi Enaip a Pasian di Prato, dove ha riunito 150 delegati provenienti dalla regione e dove è intervenuto Enzo Masini a nome della segreteria nazionale. E, parlando di numeri, quelli presentati dai metalmeccanici cigiellini sembrano non lasciar spazio a dubbi. Il rinnovo delle “rsu” ha interessato un corpo elettorale di quasi 30 mila dipendenti, di cui 16.700 operai e 11.400 impiegati. Hanno votato 17.360 lavoratori in 138 stabilimenti, più o meno il 60% degli aventi titolo. Prima classificata Fiom con 10.071 voti pari al 58% dei suffragi e 342 delegati eletti su un totale di 545 posti in palio. Al secondo posto Fim Cisl con 4269 voti (24,6%) e 123 delegati. Sale infine sul podio la Uilm con 2206 voti (12,7%) e 64 delegati. Sotto la generica “altri” figurano 814 voti (4,7%) che hanno espresso 16 delegati. Fiom vince in tutte e quattro le province ma con percentuali differenti. Il dato più basso riguarda Trieste, dove il sindacato cigiellino raccoglie il 46,4%, mentre il punto più alto di consenso è raggiunto nel Pordenonese con il 63,7%. Fim consegue il suo record a Udine con il 33,3% e scende a un modesto 15,1% nella Destra Tagliamento: a livello di grandi realtà industriali espugna Wärtsilä a Trieste. Uilm al meglio a Pordenone con il 18,5%, ma a Udine non va oltre un deludente 7%. E Fiom - rileva ancora Roccasalva - prevale anche fuori dal “circuito” delle imprese afferenti a Confindustria, come nel caso della Automotive Lighting, azienda del gruppo Magneti Marelli a sua volta inserito nella Fiat. Adesso i riflettori si spostano sui due prossimi incontri tra Federmeccanica e organizzazioni sindacali che si terranno il 21 e il 28 gennaio: le posizioni sono molto distanti. L’industria alimentare resta senza contratto. Proclamato lo sciopero (M. Veneto) di Michela Zanutto UDINE È sciopero nel settore alimentare: interrotte le trattative in corso sul contratto nazionale. Allo stop a straordinari e flessibilità si aggiunge, entro venerdì 22, un pacchetto di quattro ore di astensione dal lavoro più altre otto ore di sciopero nazionale in programma venerdì 29. Un settore, quello dell’industria alimentare, che in regione impiega 7 mila addetti distribuiti fra circa 800 imprese, pari al 9 per cento del manifatturiero. È nella notte fra lunedì e ieri che le parti sindacali, in trattativa nazionale per il rinnovo del contratto scaduto lo scorso 30 novembre, rovesciano il tavolo. «È inaccettabile il comportamento di Federalimentare che non vuole concedere nulla, malgrado il buon andamento del settore testimoniato anche dai dati economici più recenti – sottolinea Fabrizio Morocutti, segretario regionale della Flai Cgil –. Se solo guardiamo il Friuli Venezia Giulia, le imprese dell’industria alimentare e delle bevande rappresentano il 9 per cento del settore manifatturiero con circa 800 imprese attive e oltre 7 mila addetti e molte si distinguono per l’elevata qualità delle produzioni». Flai-Cgil, Fai-Cisl e Uila-Uil giudicano «insoddisfacenti» le risposte fornite dalla controparte sul tema del salario e su alcune richieste contenute nella piattaforma di contratto discussa, relative a istituti fondamentali. In particolare, «è inaccettabile la pretesa di Federalimentare di voler concludere un accordo basato esclusivamente sulla penalizzazione complessiva delle retribuzioni a partire dal blocco degli scatti di anzianità e dall’eliminazione dei premi di produzione congelati», spiegano i sindacalisti. L’altra sera, dopo 14 incontri tecnici, era in pieno svolgimento la seduta plenaria a oltranza di due giorni. Ma, proprio durante una di queste sessioni, nella notte dell’11 gennaio una parte della delegazione di Federalimentare si è resa irreperibile. Ecco perché la delegazione presente a tutela dei lavoratori, insieme con le rappresentanze nazionali di Flai, Fai e Uila, ha deciso di interrompere le trattative e di proclamare lo stato di agitazione del settore, con l’immediato blocco degli straordinari e di tutte le flessibilità e di programmare un calendario di assemblee nei luoghi di lavoro, più un pacchetto di quattro ore di sciopero ( a livello aziendale da effettuarsi entro il 22 gennaio) e altre otto ore di sciopero nazionale il 29 gennaio. Urbani torna all’attacco del Comparto unico: va abolito (M. Veneto) di Maura Delle Case UDINE Il video dura poco più di un minuto e immortala un incessante via vai dal bar della Regione in via Sabbadini a Udine. Andirivieni di dipendenti pubblici che in orario di lavoro, sono le 11 di un martedì mattina come tanti, passano dall’esercizio pubblico per un caffè, un aperitivo o per sfogliare il giornale. A proiettarlo nella puntata che andrà in onda questa sera, alle 21, sarà il salotto televisivo de “Il Perbenista” per capire se prima di lasciare le proprie scrivanie, quei dipendenti, il cartellino l’abbiano timbrato. Paolo Urbani, sindaco di Gemona, ne dubita. Mafalda Ferletti, segretaria generale della funzione pubblica di Cgil Fvg, ci mette invece la mano sul fuoco. Posizioni opposte quelle dell’amministratore locale e della sindacalista che stasera si confronteranno insieme all’avvocato Enrico Bulfone e al consigliere provinciale Alberto Soramel (Pd) moderati dal giornalista Marco Belviso. «Le poche volte che ho invitato qualcuno a prendere un caffè – assicura Soramel a proposito dei dipendenti di palazzo Belgrado – il cartellino l’ho sempre visto timbrare». «Sono arci-sicura che chi non timbra è una percentuale irrisoria. Il 2, massimo 3% del personale», afferma dal canto suo la sindacalista. Strano allora – lo fa notare Belviso a margine della clip – che l’orario della macchinetta in cui i dipendenti devono far passare il badge sia fermo all’ora solare. Dettagli? Non per Urbani. Solleticato su un tema a lui “caro”, torna all’attacco. In particolare del comparto pubblico: «Ci costa 60 milioni di euro in più l’anno e mi si deve spiegare perché un dipendente delle nostre amministrazioni debba prendere il 20% in più del suo omologo veneto senza essere chiamato ad alcuna contropartita». Ferletti salta sulla sedia. E rilancia. «Di milioni ne abbiamo risparmiati 75 grazie al blocco del turnover e al contratto, quanto poi al 20% di maggior spesa, la percentuale per la stragrande maggioranza dei dipendenti è largamente inferiore e non è vero che non c’è stata alcuna contropartita». Dalla pausa caffè agli assenteisti il salto è breve, ma Ferletti non molla spiegando che le assenze medie tengono conto anche dei periodi di maternità. Più aiuti sociali con nuove regole (Gazzettino) Maurizio Bait TRIESTE - Su reddito sociale e Carta famiglia la Regione è pronta a correggere il tiro dei sostegni messi in campo fin qui, in ragione di quelli analoghi previsti ora a livello nazionale. Lo annuncia al Gazzettino l’assessore regionale Maria Sandra Telesca, che premette: «Non si tratta di togliere sostegni, ma semmai di incrementarli sommando le risorse dello Stato con quelle della Regione in modo mirato, affinché i soldi siano spesi nel modo più utile possibile». Sarà il Piano sociale regionale prossimo venturo, da articolare nel nuovo anno, a doversi "integrare" con le misure varate a livello nazionale. Il reddito sociale, il cui successo è testimoniato dalle ormai quasi 9mila domande già presentate, potrebbe sommare i suoi 550 euro al mese a quelli che potrà rendere disponibili il Governo, andando ad erogare formazione e sperabilmente occupazione, ma intanto garantendo per almeno un anno una cifra mensile migliore per affrontare una quotidianità che resterà, comunque, difficile. Quanto alla Carta famiglia, il Governo ne mette in campo una di propria da destinare a famiglie con almeno tre figli con il "paletto" di un indicatore di reddito Isee. La Carta statale garantirà sconti con gruppi di acquisto organizzati o solidali, ma anche sconti sui mezzi di trasporto pubblico e altre agevolazioni varie. «Noi consentiamo sconti con catene commerciali convenzionate in base a operazioni che per la Regione è a costo zero - ricorda Telesca - ma soprattutto i contributi al pagamento dei consumi elettrici». Quindi «non dovrebbero manifestarsi sovrapposizioni indesiderabili», auspica l’assessore, sebbene resti sottinteso che il regime dei contributi alle bollette elettriche sia in ogni caso destinato a una revisione verso il basso, concentrando le risorse sulle famiglie con un più marcato livello di disagio sociale. Sempre sul fronte sociale, intanto, in Giunta regionale l’assessore Telesca ha portato la proroga per il 2016 della metodologia per la programmazione socio-sanitaria, portando i Piani di zona fino alla fine del 2017 in vista del varo prossimo venturo del nuovo Piano sociale regionale, che assumerà efficacia dal 2017. In particolare, «gli obiettivi riferiti alle misure di contrasto alla povertà - spiega Telesca all’integrazione con le politiche del lavoro e all'area per la famiglia e la genitorialità presentano una parziale modifica che integra la nuova misura attiva di sostegno al reddito». Prevista anche l’indizione di un bando regionale per l’associazionismo familiare. Bene export e Pil, ma il lavoro stenta (M. Veneto) di Maurizio Cescon UDINE La ripresa che verrà, e che tutti attendono come la pioggia nel deserto, camminerà su due gambe: esportazioni e produttività. Se il 2015 è stato l’anno della «positiva risalita» per l’economia del Friuli Venezia Giulia, il 2016 dovrà essere quello «della vera ripartenza, ma solo se il prodotto interno lordo rispetterà le previsioni e si assesterà a un più 1,4, più 1,5 per cento». Segnali positivi dall’occupazione, però, non prima della seconda metà del 2016. E proprio i senza lavoro, che nel 2015 hanno toccato la cifra record dell’8,5 per cento (comunque 3 punti sotto la media nazionale), rappresentano una sorta di “palla al piede”, di “madre di tutti i problemi”. E’ stato il presidente di Confindustria Udine Matteo Tonon, nella tradizionale conferenza stampa di inizio anno a palazzo Torriani, a “battezzare” questo 2016 agli albori. Un’analisi schietta, senza fronzoli, come è nel suo carattere di giovane imprenditore, ma che non deve prescindere da un elemento: «i fondamenti per uno scatto in avanti ci sono, ma il recupero consolidato sarà a medio termine». Cioè parliamo del 2018, tanto per buttare là una data realistica. Tonon, stilando una sorta di pagella, ha promosso Jobs act renziano e politiche regionali di Serracchiani, con un solo attrito riguardante l’elettrodotto montano e transfrontaliero Wurmlach-Somplago che per gli industriali sarebbe opportuno realizzare, mentre la giunta regionale preferisce chiudere nel cassetto. La congiuntura. La grande crisi che ci siamo appena lasciati alle spalle ha pesato e per certi versi pesa ancora su sistema produttivo e famiglie. «Il 2015 è stato un anno di assestamento - osserva Tonon -. Una serie di indicatori negativi si sono fermati. Siamo troppo timidi nel non definirlo anno di ripresa? No, se consideriamo che l’indice di produzione industriale, fatta 100 la base pre crisi, oggi tocca 76,5 punti, solo 3 punti in più del minimo storico e 23,5 punti meno dei massimi. Con un Pil che nel 2015 è cresciuto dello 0,9 per cento (un filo più di quello nazionale fermo allo 0,8) e che nel 2016 dovrebbe crescere dell’1.4, 1,5 per cento, potremo poi avere un effetto “moltiplicatore”. Il sistema produttivo di questa regione, pur colpito dalla crisi, ha saputo intraprendere sfide internazionali che portano a commentare il dato positivo dell’export, con un saggio positivo di circa il 6 per cento. Se le esportazioni verso il mercato tedesco, primo partner dell’interscambio commerciale per il Friuli Venezia Giulia, mostrano una flessione, questa è stata compensata dagli incrementi verso Austria, Francia, Spagna, Usa e Russia». Secondo Tonon questo è frutto di un positivo lavoro fatto dal sistema industriale in cui sono rappresentati tutti i settori merceologici. «Le componenti “buone” adesso vanno massimizzate e ottimizzate nel primo semestre 2016 per trasformare questa positiva risalita in effettiva ripresa». I posti “bruciati”. Sul fronte occupazione, il presidente ha parlato di una «doppia fotografia»: da un lato il numero degli occupati che continua a crescere (ma resta ancora sotto la soglia psicologica dei 500 mila lavoratori in fabbriche, uffici, studi professionali), dall’altro il dato Istat che accerta un tasso di disoccupazione passato dall’8 per cento nel 2014 all’8,5 per cento nel 2015, mentre nell’ultimo anno dell’era del benessere, il 2007, era ai livelli minimi del 3,4 per cento. «Allo stesso modo - ha aggiunto Tonon - le stime segnalano come questo indicatore dovrebbe essere in calo già dalla fine del primo semestre del 2016 e scendere sotto l’8 per cento all’inizio del 2017». Secondo il presidente di Confindustria Udine, «il nostro sistema ha ancora una componente di capacità produttiva inespressa, che è necessario saturare». Per Tonon, dunque, «le direttrici e le condizioni per un recupero stabile dell’occupazione ci sono, perchè è impossibile che l’economia riparta senza creare posti di lavoro. Nel 2016 comunque vi saranno ancora assestamenti: non tutti i tavoli di crisi si chiuderanno in modo positivo. Infine il ricorso agli ammortizzatori sociali resta accentuato». La politica. «Sulla riforma del mercato del lavoro è stato fatto uno sforzo in termini di riallineamento del mercato italiano con quello dei competitor europei - ha dichiarato Tonon plaudendo al Jobs Act -. Positivo il giudizio pure sulla manovra di Stabilità nazionale, con i nuovi strumenti a disposizione dell’impresa, come il super ammortamento che dovrebbe dare slancio alla propensione all’investimento, anche se è una manovra in deficit che si scontrerà con i vincoli dell’Unione europea» e sulla legge di stabilità regionale, «che consolida le risorse messe a disposizione del sistema industriale, in particolare attraverso Rilancimpresa e la programmazione di fondi comunitari. L’auspicio soprattutto per i fondi di derivazione comunitaria è che le norme attuative con relativi bandi siano definiti in tempi ravvicinati, affinché le risorse giungano velocemente nel sistema produttivo». La disputa sull’energia. I rapporti con la giunta Serracchiani continuano a segnare sereno, ma c’è un piccolo cruccio, da parte di Confindustria, sul piano energetico. «L’impianto complessivo è positivo - ammette Tonon - ma non condividiamo la bocciatura dell’elettrodotto Wurmlach-Somplago, che riteniamo necessario per le nostre industrie». Cautela riguardo il piano della tutela acque. «Abbiamo inviato le nostre osservazioni alla Regione - osserva ancora il presidente monitoreremo come si evolve la situazione». Il futuro high-tech. «La digitalizzazione sta cambiando ogni giorno e in modo veloce il mondo della produzione - conclude Tonon -. Noi abbiamo un’ambizione: vogliamo essere una regione “pilota” e dare positività a tutto il Paese. Non vogliamo subire le sfide dell’innovazione, ma prenderle in mano, per dare valore e supporto al sistema sociale e produttivo friulano».dignità salariale – ha concluso Bessega – e il rinnovo del parco macchine». «Il mio auspicio? Un solo nome dal Fvg per il dopo Squinzi» di Maurizio Cescon UDINE «Il mio auspicio è che si trovi un nome condiviso a livello regionale per il successore di Squinzi». Confindustria Udine, 4 anni fa, fu l’unica territoriale del Friuli Venezia Giulia che si spese per il patron della Mapei (e del Sassuolo che va forte in serie A), tutti gli altri erano per Bombassei. Adesso il presidente Matteo Tonon chiede unità, per evitare gli errori del passato. Sui nomi più graditi per viale dell’Astronomia, bocche cucite, anche perchè domani a Mogliano, nella riunione a porte chiuse di tutti i leader confindustriali del Nordest, si comincerà proprio a sfogliare la margherita. Tonon però ha chiare alcune cose. «Dobbiamo partire da metodo e regole - dice nella conferenza stampa di inizio anno -, poi fare sintesi con valutazioni semplici ma pragmatiche. L’identikit del nuovo presidente deve tenere conto di tre aspetti: dovrà mantenere le capacità di relazioni con il Governo, nel contempo dovrà essere interprete di quella matrice del capitalismo che ha le sue radici nella “familiarità”, infine dovrà avere una visione che interpreti politiche industriali di sviluppo capaci di attrarre capitali grazie al sistema Paese. Per quanto ci riguarda prima le regole, poi i nomi. Ogni area del Nordest dirà la sua opinione, sono convinto che riusciremo ad arrivare a una sintesi». Novità anche per un altro obiettivo primario della presidenza Tonon cioè la creazione di una sola Confindustria regionale. Dopo che Pordenone, a dicembre, ha acconsentito a percorrere questa strada vincendo antiche remore, adesso le cose dovrebbero essere più semplici. «Siamo passati dal “se” farla - ragiona il numero uno di Confindustria Udine - al “come” farla. E passi avanti ne abbiamo fatti, anche in queste ultime settimane. Del resto si tratta di un’esigenza condivisa dal sistema produttivo delle province, in un territorio che ha poco più di un milione di abitanti. Siamo nella fase operativa, partiremo subito con la razionalizzazione di alcuni strumenti. Tra un anno, a quest’ora, credo che potremo commentare una fase che sarà avviata a conclusione». Tonon infine ha difeso la Specialità regionale dagli attacchi che vengono dall’esterno. «Il modello Friuli - ha detto - brillò 40 anni fa in occasione della ricostruzione post terremoto grazie a uomini straordinari, ma anche per merito di un contesto normativo che fu agevolato dalla nostra Autonomia. Siamo delusi, oggi, quando sentiamo che qualcuno, a Roma, mette in discussione la Specialità del Fvg, che non ha mai pesato sul Paese. Non vogliamo difese nostalgiche, ma mantenere un prezioso valore aggiunto». Edilizia, addio ad altre 100 imprese: «Si sopravvive grazie alla Regione» UDINE Edilizia, ancora tante nubi all’orizzonte. Se il resto dell’economia regionale ha ripreso, seppur a fatica, la marcia, il comparto delle costruzioni, purtroppo, ha chiuso un 2015 ancora negativo. E solo nel 2016 «ci sarà un minimo di rilancio, perchè per fare meglio dell’anno appena concluso, ci vuole davvero poco», sentenzia il capogruppo di Ance Udine Roberto Contessi. Ed emerge un dato significativo, dalla sua relazione, di quanto grave sia la crisi: l’edilizia, in questi anni, sta sopravvivendo grazie agli incentivi regionali, ai “pacchetti”, agli aiuti che la giunta Serracchiani ha inserito nelle varie leggi di Stabilità. «Per noi il 2015 non ha significato alcun miglioramento - ammette Contessi -. Hanno chiuso più di 100 imprese e parecchie altre sono attive solo sulla carta, non hanno nemmeno un cantiere. La Regione ha cercato di venirci incontro con la legge sugli appalti fino al milione di euro. Ma ci sono pochi soldi sul territorio per gli appalti, un po’ per colpa degli strascichi della crisi, un po’ per il patto di stabilità che impedisce alcune spese alle amministrazioni pubbliche. E questo è un danno incredibile. L’edilizia privata è praticamente ferma. Anche in questo caso attendiamo la nuova legge regionale sulla casa con le norme riguardanti le Ater e l’edilizia popolare. Bene pure la legge sul riuso dei centri storici, sono arrivate oltre 1.600 domande per le ristrutturazioni e gli 11 milioni di finanziamenti regionali sono già andati esauriti. Infine puntiamo molto sugli interventi per ammodernare le strutture turistiche, in primis gli alberghi, che qua da noi sono molto vetuste. Lavorare per rimettere a posto hotel e case vacanze farebbe da volano, metterebbe in moto tutto un certo tipo di indotto che ha bisogno come l’aria di poter lavorare. Io credo che il 2016 avrà effetti positivi per il settore, fino a che punto si spingerà la crescita è difficile dirlo». Il Pil del settore costruzioni in Friuli Venezia Giulia nel 2015 ha segnato un meno 0,4 per cento, nel 2016 è previsto finalmente un più 1,6 per cento, mentre nel 2017 le stime restano ottimistiche con un più 2,4 per cento. Il presidente di Confidi Friuli Michele Bortolussi ha analizzato poi le questioni riguardanti credito e rapporti con le aziende. «Il sistema bancario ha attualmente 200 miliardi di sofferenze a livello nazionale - ha affermato Bortolussi -. Ritengo che gli istituti da noi più presenti, come le Bcc e le Popolari, debbano cercare maggiore efficienza al loro interno e supportare meglio, in modo più robusto, chi fa impresa. Ci sono state le criticità delle quattro banche di cui tanto si parla, ma a mio avviso il sistema non è in crisi, dovrebbe solamente adeguarsi e tagliare i propri costi. Nel 2015 abbiamo registrato una piccola ripresa di domanda del credito da parte delle aziende della regione, l’inversione di tendenza si è verificata. In particolare Confidi Friuli ha supportato un più 15 per cento di operatività in Fvg, mentre a livello nazionale c’è stata una flessione del 20 per cento. A breve poi ci sarà l’apertura di un nostro sportello nella sede udinese di Confindustria, infine lo strumento PorFesr (Programma operativo del Fondo europeo di sviluppo regionale 2014-2020) prorogato per tutto il 2016 ha tassi vantaggiosi e può essere utile per investimenti a favore di crescita e occupazione». Infine una nota davvero positiva. Nella nostra regione resta sostenuta la tensione a innovare. Il Friuli Venezia Giulia infatti è primo in Italia per tasso di innovazione del sistema produttivo (con un indice del 58,5 per cento di imprese che hanno introdotto innovazioni tecnologiche ed organizzative nell’ultimo triennio a fronte del 51,9 per cento a livello nazionale) e per tasso di innovazione di prodotto (con il 23,4 per cento delle imprese che hanno introdotto innovazioni di prodotto nell’ultimo triennio a fronte del 20,4 per cento a livello nazionale); risulta inoltre quinta in Italia per intensità di ricerca con un indice di 1,5 per cento di spesa in ricerca e sviluppo in rapporto al Prodotto interno lordo (la media nazionale è di 1,3 per cento). Significativo è il livello di propensione alla brevettazione che nel Friuli Venezia Giulia raggiunge l’indice di 184,9, il più elevato a livello nazionale in cui l’indice si attesta a 62,2. (m.ce.) La riforma della casa incassa il primo sì (Piccolo) di Diego D’Amelio TRIESTE È stata approvata ieri in commissione, con l’astensione delle opposizioni, la legge di riforma delle politiche abitative e riordino delle Ater. Nel riconoscimento del «valore primario del diritto all’abitazione», la giunta mette mano al settore, intervenendo su affitti, prima casa e funzionamento delle Ater, senza tralasciare l’introduzione di una regia regionale unica. Tra le principali novità figura la ridefinizione del bonus prima casa, davanti alla stretta del credito e alla caduta della richiesta di mutui per effetto della crisi. La riforma prevede allora che la Regione si faccia garante dei soggetti incapaci di ottenere dalle banche l’accesso al prestito. Se oggi l’ente già concede garanzie fino a 42.500 euro, esse aumenteranno per facilitare la concessione del mutuo, anche se la definizione di cifre, requisiti e obblighi è rimandata ai regolamenti attuativi, come d’altronde tutti gli altri interventi di una legge che, questa la principale critica delle opposizioni, racchiude in sé principi ispiratori più che norme puntuali. I contributi prima casa non spariranno comunque del tutto, ma si ridurranno drasticamente, secondo livelli ancora non resi noti. Chi si trova soggetto alle normative precedenti non tema: in questi casi tutto resterà invariato. A cavallo tra acquisto e affitto si porrà il “rent to buy”, la possibilità di entrare in un appartamento a canone calmierato, grazie a un accordo fra Regione e impresa proprietaria degli stabili costruiti o restaurati. L’inquilino potrà acquistare la casa dopo quattro anni, col vantaggio di vedersi detratta dal prezzo la maggior parte degli affitti versati. La misura si rivolge alla fascia grigia, troppo abbiente per accedere all’edilizia popolare, ma non in grado di acquistare sul libero mercato: lo stesso segmento sociale per cui la Regione ha pensato all’housing sociale per il recupero del patrimonio edilizio esistente. Un tema, quest’ultimo, che vede la legge intenzionata a incentivare recuperi, autorecuperi e manutenzioni straordinarie, soprattutto nel caso in cui possano rimettere sul mercato alloggi sfitti. Il ddl prevede inoltre novità nel campo della morosità incolpevole, ovvero nei casi in cui l’affittuario si trovi nell’impossibilità di pagare il dovuto, ad esempio per la perdita del lavoro. La norma estende la fattispecie anche ai titolari di un mutuo e prevede di intervenire senza attendere lo sfratto esecutivo, come stabilito invece dall’analoga misura statale, poco utilizzata proprio perché applicabile solo a casi estremi. La scelta di intervenire in anticipo punta a scongiurare l’abbandono dell’abitazione e la conseguente richiesta di alloggio popolare, con lunghissime liste d’attesa. Più in generale, il ddl mira a introdurre una regia regionale unica, basata sulla creazione della Commissione per le politiche abitative, dove gli assessorati di Edilizia e Politiche sociali agiranno di concerto fra loro e con Ater, sindaci dei capoluoghi e una rappresentanza delle Uti. Vi si affiancherà un Osservatorio incaricato di raccogliere dati su fabbisogno abitativo e consistenza del patrimonio immobiliare: informazioni che permetteranno di realizzare un programma triennale, che recepirà le indicazioni provenienti da Unioni territoriali e Comuni. Saranno questi ultimi il canale d’accesso alle misure, grazie alla realizzazione degli “Sportelli risposta casa”, che spiegheranno agli utenti le possibilità in campo, anche in collaborazione con le Ater, per le quali la riforma prevede invece la cancellazione dell’amministratore unico (resterà il solo direttore) e un processo di uniformazione di bandi, procedure e canoni. Gli Sportelli sono particolarmente cari alla maggioranza, che li considera strumento per integrare il diritto all’abitazione e l’assistenza socio-sanitaria, già attiva a livello comunale, nell’intenzione di intercettare i bisogni dei cittadini attraverso un unico strumento sul territorio, che possa peraltro supplire le Uti fino alla loro creazione. Lavori di pubblica utilità per 210 disoccupati (Piccolo) TRIESTE Una risposta importante ai disoccupati privi di ogni “salvagente”. Loredana Panariti ratifica la graduatoria relativa all’avviso sui lavori di pubblica utilità (Lpu) emanato lo scorso novembre, un progetto anticrisi finanziato dalla Regione per il 90% e per il 10% dai soggetti proponenti che vale 210 posti di lavoro, soprattutto per attività di custodia e vigilanza, a favore di donne di età superiore a 50 anni e di uomini over 55 anni in condizioni di disoccupazione di lunga durata. A disposizione di amministrazioni ed enti pubblici ci sono 4,1 milioni, la somma di 2,5 milioni di fondi regionali e di 1,6 milioni del Fondo sociale europeo, suddivisi tra Trieste (584.893,93 euro), Gorizia (523.732,85), Udine (2.085.642,17) e Pordenone (916.018,71). Le risorse sono sufficienti a finanziare 27 domande di altrettanti soggetti. Nel dettaglio in provincia di Trieste si contano 2 proponenti per 30 posti di lavoro e in provincia di Gorizia un proponente per 27 posti. Nell’Udinese si aggiungono 20 soggetti per 107 posti e nel Pordenonese 4 soggetti per 46 posti. L’iniziativa ha dei precisi paletti. L’intenzione è di sostenere l’inserimento lavorativo a tempo determinato per 6 mesi dei residenti nel Friuli Venezia Giulia, disoccupati da almeno 8 mesi, non percettori di ammortizzatori sociali né titolari di pensione assimilabile a reddito da lavoro, attraverso l’erogazione di finanziamenti alle pubbliche amministrazioni che presentano operazioni della durata di 6 mesi e con orario di lavoro di 32 ore settimanali. A individuare i lavoratori (per i quale è prevista un’attività di tutoraggio di 150 ore mirata a favorirne l’inserimento) sono chiamati i Centri per l’impiego regionali. Determinanti le graduatorie per ognuno dei tre settori di intervento. Il primo è quello della valorizzazione di beni culturali e artistici anche mediante l’attività di salvaguardia, promozione, allestimento e custodia di mostre, musei e biblioteche; il secondo riguarda custodia e vigilanza finalizzate a migliorare la fruibilità degli impianti sportivi, centri sociali, educativi o culturali gestiti dalle amministrazioni pubbliche; il terzo le attività ausiliarie di tipo sociale a carattere temporaneo. A far scalare le posizioni saranno lo stato di disoccupazione, l’età anagrafica, l’Isee e il fatto di essere eventualmente l’unico genitore presente nel nucleo con uno o più figli a carico. «L’insieme delle domande presentate e la diffusione territoriale dei finanziamenti concessi sono la migliore risposta alla polemica, manifestatasi con l’insinuazione di dubbi e interrogativi sull’Avviso, tentata da qualche consigliere di opposizione», commenta polemicamente l’assessore al Lavoro. Il target scelto quest’anno, quarta edizione del progetto, come aggiunge Panariti, «risponde a una reale e diffusa esigenza, sulla quale concentreremo ancora l’attenzione e il nostro pieno impegno». (m.b.) Mondiali Qatar, la Cimolai costruirà lo stadio avveniristico (Gazzettino) Davide Lisetto Tra gli stadi in cantiere per i mondiali di calcio del 2022 nel Qatar c’è anche quello della città di Al-Khor, 50 chilometri a nord della capitale Doha. L’impresa pordenonese Cimolai realizzerà l’intera struttura in acciaio: un’arena completamente coperta il cui design è ispirato alle tradizionali tende delle popolazioni nomadi del deserto. L’impresa - specializzata nella costruzioni di stadi, ponti, torri e mega-strutture in acciaio - si è aggiudicata parte dei lavori per la realizzazione di quello che sarà lo stadio più importante delle sfide calcistiche mondiali che il Paese arabo ospiterà tra sei anni. L’azienda pordenonese infatti fa parte del consorzio che si è aggiudicato l’appalto. La società capofila è la Salini Impregilo. Il gruppo italiano ha ottenuto un contratto da 770 milioni di euro per progettare e realizzare un impianto sportivo a circa 50 chilometri dalla capitale Doha. Lo stadio sarà in grado di accogliere settantamila spettatori e avrà una superficie di 200 mila metri quadri. Il termine dei lavori è previsto per il 2018. Singolare e avveniristico il progetto del mega-impianto sportivo: per la realizzazione ci si è ispirati alla Bayt Al Shàar, la tradizionale tenda nera e bianca, utilizzata dalle popolazioni nomadi del Qatar, considerata simbolo di ospitalità dai viaggiatori del deserto. «Siamo soddisfatti - ha dichiarato l’ingegnere Luigi Cimolai che guida il gruppo industriale di famiglia - di essere entrati nel pool di imprese che realizzerà l’importante opera. Il cantiere è stato avviato proprio in questi giorni e i lavori dovranno essere realizzati in tre anni». Non è il primo progetto dell’azienda pordenonese in Qatar: tra il 2006 e il 2008 ha realizzato lo Sport City Tower per i giochi olimpici asiatici oltre a un hangar e due terminal dell’aeroporto di Doha. Con questo i "gioielli d’acciaio" nell’ambito delle arene sportive firmate dalla Cimolai salgono a una decina. Tra i più importanti lo stadio olimpico di Atene, quelli di Dublino, Millenium Stadium di Cardiff, Varsavia, Brasilia e Johannesburg. Oltre a quelli "domestici" di Udine, Triste e Torino in occasione delle olimpiadi invernali dei primi anni Duemila. Ma non è finita. La Cimolai è impegnata - in sub-appalto con la friulana Rizzani-De Eccher - nella ricostruzione dello stadio della Dinamo-Mosca in vista dei mondiali del 2018. Inoltre sta lavorando alla realizzazione della nuova sede della Gazprom - il colosso energetico russo - a San Pietroburgo: la torre sarà quella più alta d’Europa. CRONACHE LOCALI Eataly annuncia l'arrivo in primavera (Piccolo Trieste) di Silvio Maranzana «Un fattore determinante per la crescita della città». Così Roberto Cosolini ha definito il nuovo Magazzino vini che a fatica si accinge a diventare la prima sede nel Nordest d’Italia di Eataly, la catena di punti vendita di medie e grandi dimensioni specializzati nei generi alimentari italiani di alta qualità. Passando lungo le Rive anche in questi giorni non si ha la percezione che i lavori stiano procedendo a spron battuto ma il sindaco, dopo una visita accurata al cantiere effettuata ieri mattina, assicura che non è così: «Sono parecchi i tecnici e gli operai indaffarati, la scadenza a metà maggio di fine lavori dovrebbe più o meno venir rispettata. Da quel momento basteranno 30 o 40 giorni per vedere quello che sarà il più bell’Eataly d’Italia aperto ai triestini e ai turisti». Sono le date che ribadisce anche Antonio De Paolo, immobiliarista di Gallery, portavoce della società di gestione: «A fine giugno, a meno di colpi di scena dell’ultima ora che al momento sembrano esclusi, potrà esserci l’inaugurazione perché l’allestimento porterà via un lasso di tempo compreso tra uno e due mesi. E, anche se i lavori slittassero di qualche settimana, potremo già cominciare ad arredare nella loro fase finale». Precisazione importante dal momento che sembra che vi sarà una proroga di trenta massimo quaranta giorni rispetto alla scadenza contrattuale di metà maggio perché sono intervenute una serie di varianti. Della riqualificazione del Magazzino Vini, come noto, si è incominciato a parlare già alla fine degli anni Ottanta. Ieri, nel suo sopralluogo per verificare lo stato di avanzamento dei lavori dell’ampio cantiere, il sindaco è stato accompagnato dallo stesso De Paolo e dall’architetto Raffaella Paoletti della Fondazione CrTrieste. È stato verificato che due piani sotto il livello del mare è già stato ultimato il garage che potrà ospitare una cinquantina di automobili. «L’affaccio sul mare grazie alle imponenti vetrate sarà prestigioso - ha commentato Cosolini - e permetterà a tutti di godere, non solo dal ristorante ma anche dagli altri settori, dello stupendo panorama sul nostro golfo». La facciata in vetro, in base a quanto è trapelato tra le fitte maglie di riservatezza intessute sia dalla Fondazione CrTrieste che da Eataly, è in esecuzione allo stabilimento Simeon di Noventa di Piave, la stessa ditta che sta eseguendo i lavori accanto alla Riccesi che si occupa della parte edile. Sarà una sorta di scatola vitrea che verrà realizzata all’interno per poter conservare i muri perimetrali originali esterni. La settimana prossima, sempre stando alle indiscrezioni, dovrebbero anche partire i lavori di pitturazione dei muri esterni. Niente giallo paglierino o ocra, come si sarebbe potuto dedurre dalle prove di colore fatte: il nuovo Magazzino vini sarà colorato in arenaria rosata scura come sarebbe stato prescritto dalla Sovrintendenza ai Beni architettonici. A seguire verranno fatte in particolare le pavimentazioni interne. Da tempo è possibile scorgere all’interno la scala elicoidale che sembra arrugginata ma in realtà è stata realizzata in acciaio cor-ten che proprio in virtù della sua patina superficiale bruna è protetto dalla corrosione. Per questa il patron di Eataly Oscar Farinetti e in particolare il progettista, l’architetto Marco Casamonti, si sono ispirati alla struttura esterna della Cantina dei marchesi Antinori nel Chianti classico. Per salire - vi saranno due piani interrati, il pianoterra e il primo piano - si potrà utilizzare anche una comoda scala mobile. «Farinetti sarà a Trieste prima dell’inizio della primavera - riferisce De Paolo - e annuncerà un importante novità nel lay-out interno rispetto allo schema già noto». Impossibile saperne qualcosa di più. «A me Trieste piace per quattro motivi - ha detto recentemente Farinetti al Piccolo - Primo, perché è una delle città più belle d’Italia. Secondo, è una città di mare e noi italiani dobbiamo tutto al mare. Terzo, è una città di confine, in grado di attrarre pubblico. Infine il Magazzino vini è un posto magico, incredibile, dalla fortissima memoria storica. Nella mission di Eataly c’è la volontà di ridare vita ai luoghi dimenticati. E il Magazzino lo era: l’idea della Fondazione CrTrieste è filantropica. Dobbiamo per forza realizzare una cosa bella. Parleremo del mare, del vento, dei vini. E del caffè. Combineremo tutto, in più aree ma senza discontinuità. Ristorazione, mercato, didattica: si va per mangiare, per acquistare e per imparare». Ciò che è certo è che al piano più basso c’è il garage e che all’ultimo vi saranno i ristoranti specializzati con la vista mozzafiato. Un’operazione da venti milioni di euro Il nuovo Magazzino vini significa un doppio investimento su Trieste prima della Fondazione di CrTrieste e poi di Eataly. L’operazione sfiora la ventina di milioni di euro, compreso l’acquisto dell’immobile, e pone fine a un tormentone che dura da quasi trent’anni. Il Magazzino fu costruito nei primi anni del Novecento. Era un deposito di vini per molto tempo al centro di un andirivieni di treni e automezzi che caricavano le botti. A inizio Novecento si arrivava con i carri a cavallo sul lato che dà sul Salone degli Incanti. In seguito i carri furono sostituiti dagli automezzi che per il carico-scarico delle botti si avvicinavano alle rampe e alle banchine in pietra. Sul lato Rive, invece, correva il binario ferroviario, che collegava il Porto Nuovo alla stazione, mantenuto fino a fine anni Settanta. Sui vagoni venivano caricate le botti di vino. La travagliata storia di un riutilizzo del Magazzino comincia già alla fine degli anni Ottanta del Novecento dopo che la struttura era stata progressivamente abbandonata dagli operatori commerciali. Per decenni fu proprietà dell’Ente porto (e poi dell’Autorità portuale) e a lungo rimase in balìa di se stesso prima di venir acquistato dalle Cooperative operaie intenzionate a trasformarlo in una struttura di punta della propria rete commerciale. Problemi di vario genere e conseguenti ripensamenti fecero però naufragare il progetto. Il degrado del Magazzino intanto proseguiva e si moltiplicavano polemiche e progetti. La svolta sembrava essere arrivata quando nel 2005 l’immobile venne acquistato dalla Fondazione CrTrieste per circa 3 milioni di euro, con lo scopo di farne un Centro congressi, di cui si iniziò il progetto. Di mezzo ci si mise però il piano per il Parco del mare, poi cassato, che avrebbe dovuto includere anche il vecchio magazzino. Inoltre l’impatto volumetrico della struttura congressuale destò perplessità, cosicchè il Comune invitò la Fondazione a rivedere il progetto originario. A quel punto il presidente Massimo Paniccia decise di andare avanti con l’idea di creare qualcosa per la Fondazione e la città. Il consiglio generale dell’ente diede indicazioni per creare un contenitore polifunzionale da destinare a un uso culturale, espositivo e direzionale, nel rispetto delle volumetrie originarie. Soltanto l’offerta di Eataly però ha messo fine al tormentone.(s.m.) La ricetta dei pensionati per San Giovanni (Piccolo Trieste) di Ugo Salvini Garantire maggiore rispetto per l’ambiente, il miglioramento dei servizi socio sanitari, del traffico e della viabilità, del dialogo con il territorio e con i soggetti che vi operano. Questi i punti del programma per il 2016 che lo Spi Cgil vuole attuare nel rione di San Giovanni «e che caratterizzeranno più un generale l’agire della nostra organizzazione - ha detto ieri Elio Gurtner, della segreteria provinciale della sigla sindacale - in tutta la città». Gurtner si è espresso nel corso del primo pubblico incontro che lo Spi Cgil ha voluto organizzare quest’anno nella nuova sala di via San Cilino, appuntamento al quale hanno partecipato numerosi residenti del popolare rione triestino. Stelio Ziviz, responsabile della Lega dello Spi Cgil a San Giovanni, ha illustrato nel dettaglio il progetto per il rione: «Diciamo innanzitutto no al riutilizzo della grande cava della strada per Basovizza quale impianto di macinazione di ruderi da demolizioni edili, perché si formerebbero polveri - ha sottolineato - che, data la direzione dei venti dominanti, andrebbero a coprire il rione e poi l’intera città. Siamo contrari anche alla proposta in base alla quale - ha aggiunto Ziviz - si vorrebbe spostare il capolinea dei mezzi pubblici accanto al campo di calcio, creando una nuova rotatoria davanti alla chiesa, eliminando quella storica che le gira attorno. Così facendo - ha spiegato - si perderebbero numerosi parcheggi e si allontanerebbe il capolinea dalle abitazioni». Secco infine anche il “niet” al progetto che prevede la costruzione di tre palestre, con campo di calcio a sette sul tetto, «per uno sviluppo in altezza di ben 18 metri - ha concluso il responsabile di zona - che rappresenterebbe un blocco di cemento che qui nessuno vuole». Adriana Causi, anche lei della Lega di San Giovanni, ha posto il problema del Distretto sanitario situato all’interno dell’ex Opp «che andrebbe potenziato e articolato e che potrebbe ospitare, in un paio di giornate alla settimana - ha proposto -, anche il servizio di assistenza sociale». Luciano Ferluga, del Comitato rionale, ha definito «un bubbone il problema del piazzale Gioberti. Auspico che il Comitato in futuro - ha aggiunto - sia preso in maggiore considerazione, anche perché rappresenta mezzo migliaio di persone. Uniti si può vincere - ha concluso Ferluga - perché il territorio va ragionato». Ester Olivo, coordinatrice della micro area, ha ricordato che «in via San Pelagio 6 c’e un centro di consulenza sanitaria, che è anche punto di riferimento per i poveri. Le micro aree, uniche nel loro genere in tutta Italia - ha proseguito - sono una decina in città, aperte nei punti più problematici e difficili. Si può migliorare e coprire ancora di più il territorio». Quando la parola è passata ai cittadini, il problema più urgente è apparso quello del traffico. Caccia agli inquinanti nei terreni di Servola (Piccolo Trieste) di Giuseppe Palladini La pineta di via di Servola, piazzale Rosmini e via Norma Cossetto (parallela di via Capodistria). Parte oggi, in queste tre aree di proprietà comunale, una prima fase, sperimentale, di campionamenti dei terreni per verificare l’eventuale presenza di inquinanti che potrebbero risalire all’attività della Ferriera, e non solo. Ad effettuare i test sarà l’Arpa, che ha individuato le tre zone assieme all’assessorato all’Ambiente. «Per attivare questi controlli - spiega l’assessore Laureni - c’era stata a suo tempo una nostra richiesta all’Arpa, anche su sollecitazione dell’Azienda sanitaria. È uno degli impegni - aggiunge - che abbiamo preso con la popolazione per verificare i segnali di un eventuale inquinamento». I prelievi di campioni delle parte superficiale dei terreni nelle tre aree costituiscono, come detto, l’inizio di una fase sperimentale. «Non ci fermiamo qui - sottolinea l’assessore -. Una volta che il metodo di campionamento e analisi sarà perfezionato estenderemo le valutazioni più nel dettaglio anche ad altri siti, da scegliere fra quelli che riterremo particolarmente importanti e sensibili, in particolare nell’abitato di Servola». Una prima valutazione dei risultati di questi campioni potrebbe avvenire entro febbraio. Va comunque rilevato che, più in generale, obiettivo di questa campagna è approfondire la qualità dei suoli nell’ambito urbano. E ciò in un’ottica che comprende tutte le fonti di inquinamento, traffico e impianti di riscaldamento inclusi. Si tratta, fanno capire i tecnici, di un approccio di carattere innovativo, che come tale richiederà un’attenta interpretazione dei risultati e una valutazione di carattere complessivo. Non c’è quindi da attendersi che decisioni relative alle fonti di inquinamento vengano prese nel giro di qualche settimana. Sul piano operativo, comunque, i risultati dei primi campionamenti potrebbero essere ottenuti nel giro di qualche settimana. Ma, proprio per disporre di una valutazione complessiva, alla prima serie di test ne seguirà una seconda, però in aree diverse da quelle relative alla fase iniziale. L’attenzione del Comune sulla qualità dell’ambiente (e della vita) a Servola e dintorni prosegue intanto su altri fronti. «Va avanti bene - osserva l’assessore Laureni - l’indagine commissionata all’Azienda sanitaria e all’Università sul possibile stress per gli abitanti di Servola, i cui risultati sono attesi fra un mese. Si sta poi avviando un’indagine sul livello degli odori che creano disagi nella zona, svolta dall’Università con fondi comunali. Da una settimana, inoltre, è stata riattivata la centralina di via Ponticello, i cui dati non sono influenzati dalla Ferriera come quelli della centralina di via San Lorenzo in Selva, che secondo le norme è troppo vicina allo stabilimento». In Ferriera si apre la trattativa sindacale per il rinnovo del contratto integrativo In mezzo alle costanti battaglie sul piano ambientale si apre anche il fronte interno alla Ferriera di Servola. Siderurgica Triestina, la società del Gruppo Arvedi che ne è proprietaria e i rappresentanti dei lavoratori incominceranno domani le trattative per il rinnovo del contratto integrativo che si prevedono né brevi né semplici. Sul piatto la parte flessibile dello stipendio e in particolare l’ammontare del premio di risultato per le annualità 2015, 2016 e 2017 dato che il corrispettivo per l’anno passato dovrebbe essere liquidato appena a febbraio. Pressoché parallelamente intanto stanno fervendo i lavori per l’allestimento del nuovo laminatoio a freddo e una serie di gru sono all’opera per sistemare i capannoni all’interno del perimetro del complesso siderurgico. Sistemate le questione dell’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) e completato l’acquisto della centrale Elettra, ad aprile potrebbero essere annunciate le 90 nuove assunzioni per il laminatoio. (s.m.) Mamme in rivolta: vogliono il Pronto soccorso pediatrico (Piccolo Gorizia-Monfalcone) di Francesco Fain «Vogliamo il Pronto soccorso pediatrico». È questa la richiesta forte e chiara formulata dalle mamme goriziane, veicolata attraverso telefonate alla redazione ma anche utilizzando i social network. La sensazione è di aver scoperchiato un pentolone in ebollizione con il nostro servizio dei giorni scorsi in cui segnalavano l’utilizzo (forzato) del Pronto soccorso a causa di un reparto di Pediatria “dimezzato”, che chiude alle 18. Lamentele a ripetizione «Noi abbiamo girato praticamente tutte le Pediatrie del Friuli. È una vergogna», lamenta una mamma su Facebook. «Sì, è una vergogna che nessuno, dico nessuno veda questo scempio di cui Gorizia è vittima. Siamo o no la città più importante della provincia? È qui che devono esserci tutti i servizi», lamenta un altro genitore imbestialito. «Hanno hanno declassato la sanità goriziana. E noi? Tutti zitti». Il reparto di Pediatria, è risaputo, chiude alle 18: qualsiasi cosa accada dopo questo orario ci si deve rivolgere al Pronto soccorso del San Giovanni di Dio, o al reparto di Pediatria di Monfalcone secondo i protocolli oppure a un altro ospedale regionale. Il più delle volte, ci si rivolge all’astanteria di Gorizia visto che è la più vicina. Il risultato? Bambini, magari con lievi ferite causate dalla loro esuberanza, si ritrovano in fila assieme ad anziani con la broncopolmonite o pazienti con ferite sanguinanti. Ci sono 4.092 bambini (solo a Gorizia) e sguarnire un presidio sanitario di riferimento rappresenta un vero e proprio rischio per la salute della fascia che, per antonomasia, è la più debole. «Mio figlio stava male con 39 di febbre e 2 ore di pianto inconsolabile - denuncia un’altra mamma su Facebook -, ero sola e in ansia e mi sono rivolta al Pronto soccorso ma siccome l’attesa era era lunga, ho optato per la Guardia medica. Non sarei mai andata in quelle condizioni fino a Monfalcone con il rischio di farci male». E via con altri esempi di mamme che hanno portato il proprio bimbo a Trieste, al Burlo. «Ci chiediamo perché pagare tante tasse per non avere alcun servizio». Il Tribunale del malato Sull’argomento interviene anche il Tribunale del malato, tradizionalmente attento a eventuali disservizi. Nelle parole del responsabile Sergio Trani prevale, però, il realismo. «Su due piedi, dico che è quasi impossibile pensare all’apertura di un Pronto soccorso pediatrico visto che ci sono voci sempre più frequenti di nuovi ridimensionamenti dell’astanteria che già c’è e opera. Figurarsi, immaginare nuovi investimenti... Per questo, propongo all’Aas Bassa Friulana-Isontina di dare vita a un monitoraggio. Visto che la sanità si sorregge su dati e statistiche, vediamo realmente qual è il fabbisogno. Monitoriamo per un periodo scientificamente congruo quanti bambini ricorrono al Pronto soccorso “normale” e poi troviamo una soluzione. Naturalmente, noi siamo favorevoli a un Pronto soccorso pediatrico h24 ma se non dovesse rivelarsi sostenibile, individuiamo delle alternative. Quali? Al limite prevedendo un pediatra a chiamata o organizzando un’ambulanza per portare a Monfalcone i casi più critici che riguardano i bambini. Mi sembrano suggerimenti di buonsenso», la conclusione del responsabile del Tdm. «Il Tribunale? Per vivere deve allargarsi o aggregarsi» (Piccolo Gorizia-Monfalcone) di Francesco Fain «Siamo rimasti in pochissimi». Giovanni Sansone, presidente del tribunale di Gorizia, allarga le braccia. «La situazione è terribile», aggiunge. «Abbiamo cercato di massimizzare al meglio le poche risorse che abbiamo. Nonostante tutto, nonostante le difficoltà che sono macroscopiche, non abbassiamo la guardia». Il suo è un messaggio che cerca di essere positivo ma la situazione degli organici sta presentando il conto a cadenza quotidiana. Il senatore Alessandro Maran, ieri, ha lanciato una proposta, provocatoria sin che si vuole ma che indica una soluzione: unirsi a Trieste e mettere insieme due dei Palazzi di giustizia più piccoli d’Italia. «È una bestemmia? Il servizio giustizia (e dunque gli interessi della gente) ne guadagnerebbe», il ragionamento del parlamentare. Il dilemma: Trieste o Bassa Friulana? Ma una simile prospettiva troverebbe l’appoggio di Sansone? O è meglio privilegiare la strada, caldeggiata dalla gran parte del mondo politico e dall’Ordine degli avvocati, di “inglobare” la circoscrizione della Bassa Friulana? «L’importante - scandisce il presidente del Tribunale - è non rimanere soli. Questo Tribunale, così com’è adesso, non è efficiente. O ci si allarga. O ci si aggrega. Tertium non datur. Trieste? Bassa Friulana? Tutte e due le soluzioni potrebbero andare bene. Non ci sono pregiudiziali da parte mia. Basta non rimanere soli». È chiaro, aggiunge Giovanni Sansone, che una volta scelta una delle due strade, ci vuole “unità d’intenti”. Ovvero: tutti devono remare nella stessa direzione, di modo che la via diventi davvero percorribile e coincida con la rinascita del Tribunale. «Non servono ansie e non servono i campanilismi. Messi assieme, i palazzi di giustizia potrebbero funzionare». Resta l’eroismo di chi è rimasto e che sta cercando in tutte le maniere di tamponare le falle. «Il Tribunale civile - aveva dichiarato non molto tempo fa lo stesso Sansone - rispetta standard di produttività molto buoni e la risposta alla domanda di giustizia è più che soddisfacente. Abbiano ridotto notevolmente gli arretrati. Pure nel penale i risultati ci sono e positivi: all’inizio dell’anno (si riferiva al 2015, ndr) gli arretrati erano 1954 oggi sono 1497. Abbiamo annullato il 25 per cento delle pendenze. Questo è frutto di organizzazione del lavoro, di scelte metodologiche precise». Ma oggi i nodi stanno arrivando tutti al pettine. La manutenzione dell’edificio Intanto, il Comune è corso in aiuto del Tribunale. «Anche se non più di competenza del nostro ente, ritengo giusto e doveroso che l’amministrazione si attivi per risolvere alcune criticità del Tribunale di Gorizia la cui presenza riteniamo tutelare in ogni modo». Così il sindaco Ettore Romoli ha commentato, qualche giorno fa, la sottoscrizione della convenzione con il presidente del tribunale Giovanni Sansone e il capo della Procura Massimo Lia in cui il Comune (che ha siglato l’atto con la dirigente dei servizi finanziari Anna Cisint) garantisce la continuità del servizio di vigilanza degli uffici giudiziari, mettendo a disposizione due agenti della Polizia locale. Non solo. È prevista anche l’esecuzione di piccoli lavori di manutenzione agli impianti, con una spesa complessiva di circa 100mila euro: soldi che saranno successivamente rimborsati dal ministero della Giustizia. Anche se con le ultime disposizioni legislative le spese per Tribunali e Procure sono passate dai Comuni al Ministero, Gorizia, in presenza di queste problematiche, ha deciso di continuare a fornire alcuni servizi, come in passato, per evitare disfunzioni dell’attività giudiziaria. «L’amministrazione comunale sta facendo la propria parte - aveva rimarcato il sindaco - ma siamo consapevoli che non basta, perché uno dei nodi fondamentali del Tribunale riguarda la cronica carenza di magistrati e di personale amministrativo e proprio su questo tema, annuncio che nei prossimi mesi darò vita a nuove iniziative di sensibilizzazione nei confronti del ministero affinchè il problema venga affrontato nel modo giusto». Il ruolo di “supplenza” Il Comune veste, adesso, i panni di supplente dello... Stato. La manutenzione e la gestione degli uffici giudiziari, infatti, non è più in carico al Comune. La novità venne ratificata nei mesi scorsi in una riunione del Consiglio dei Ministri in cui, su proposta del ministro della Giustizia Andrea Orlando, venne approvato un regolamento in cui si disponeva che a partire dall’1 settembre 2015 «le spese obbligatorie necessarie per il funzionamento degli uffici giudiziari dovranno essere sostenute dal Ministero della Giustizia e non più dai Comuni». Resta, però, il nodo cruciale (e tuttora irrisolto) degli organici che stanno mettendo in ginocchio la normale attività del Palazzo di giustizia. Merci a Porto Nogaro: c’è la ripresina nonostante i dragaggi (M. Veneto Udine) di Francesca Artico SAN GIORGIO DI NOGARO Piccola ripresa dello scalo friulano di Porto Nogaro: nel 2015 è stato superato, seppur di poco, il milione di tonnellate movimentate (1.044.000) dopo il “tragico” 2014 in cui per la prima volta da un decennio ci si era fermati al di sotto del milione (981.870) di tonnellate. Il peggior mese per i traffici è stato agosto, che ha fatto segnare un meno 30,89% dei traffici portuali, ma anche gennaio settembre e ottobre hanno avuto un forte segno negativo, attorno al dieci per cento. A riportare però in positivo la situazione sono stati novembre con quasi il 49% in più e poi dicembre con il +23,21 e giugno e luglio con, rispettivamente, il 25,19 e 23,11 % in più. Un segno positivo che, come commenta Ernesto Milan presidente della storica Impresa portuale Porto Nogaro (sul porto opera da alcuni anni anche l’impresa Midolini), non da certezze per il 2016: «I traffici persi a causa dei mancati dragaggi – dice – sono difficilmente recuperabili, anche nel momento in cui avremo il fondale sarà molto difficile. A questo dobbiamo aggiungere le problematiche relative alle guerre in atto nei Paesi del Mediterraneo che venivano serviti dal nostro porto: Siria, Libano e soprattutto l’Egitto verso il quale ci sono molte difficoltà per avere garanzie di esportazione. Va anche sottolineato la problematica con i Paesi dell’Est, in primis Russia, verso la quale vi è un embargo anche nei confronti del nostro Paese». Una situazione internazionale destabilizzante che si ripercuote sullo scalo friulano, sul quale però pesano anche le vicende legate al Consorzio Aussa Corno che, come spiega Milan, «negli ultimi due anni non si è più occupato del porto, sia nell’espletamento ordinario che nella politica promozionale della struttura, cosa quest’ultima che anche se poco tangibile ha sempre messo in evidenza la bontà dello scalo di Porto Nogaro, sia che nella mancata realizzazione e completamento delle infrastrutture portuali, piazzali, magazzini e raccordi ferroviari ha fatto il resto. Siamo molto competitivi a livello tariffario ma non basta». Il presidente dell’Impresa portuale ricorda anche l’importanza della crisi di alcune realtà locali come la Sangalli che ha diminuito l’importazione della materia prima e l’esportazione via mare. E poi anche la Evraz (Palini & Bertoli) passata a zero esportazione del laminato, ma anche degli altri impianti che soffrono la crisi dell’acciaio e quindi hanno ridotto le esportazioni. Poi nel 2015 si sono praticamente azzerati i traffici legati all’impiantistica: le due aziende leader nel settore, Danieli e Cimolai, hanno spostato altrove le spedizioni. La Cimolai in particolar modo si è trasferita a Monfalcone, anche per i problemi di pescaggio. Una situazione difficile, dunque che, seppur in segno positivo, non induce a trionfalismi gli operatori dello scalo: Porto Nogaro è più importante azienda dell’Aussa Corno, con circa 450 occupati tra imprese, case di spedizione, agenzie, dogana, ormeggiatori, piloti, e ditte varie, con un indotto pari a tre volte gli occupati diretti. Lignano verso lo sciopero dei dipendenti comunali (M. Veneto Udine) di Viviana Zamarian LIGNANO Hanno dato un “ultimatum” all’amministrazione Fanotto: se dal Comune non arriverà entro la fine di questa settimana una controproposta alle richieste relative agli straordinari e agli accordi contrattuali risalenti agli anni ’90 – negli ultimi due anni messi in discussione – loro, i sindacati, proclameranno lo sciopero generale di tutti i dipendenti. A metà dicembre, infatti, Beppino Michele Fabris e Fausto Niccolini delle segreterie regionali Cisal enti locali Fvg e Uil Fpl avevano inoltrato al prefetto la richiesta di attivazione della procedura di raffreddamento e conciliazione proprio al fine di evitare lo sciopero. Dopo un mese, da parte del Comune non c’è stato però alcun tentativo per arrivare a un accordo «e i tempi ora – affermano – sono ampiamente scaduti». «A partire dall’1 gennaio 2014, l’ormai ex dirigente dell’ufficio personale Giuseppe Mareschi, ex in quanto il contratto non gli è stato rinnovato – spiegano – non ha riconosciuto ai dipendenti gli straordinari fino ai 30 minuti e, per quelli maturati e recuperati dal 2006 al 2014, ha preteso il recupero del monte ore maturato». Da qui la richiesta al Comune «di rivedere l’accordo relativo alla produttività, di sbloccare il lavoro straordinario, di non procedere con la decurtazione del salario accessorio nei primi dieci giorni di malattia con effetto retroattivo e di riconoscere retroattivamente, a chi ne ha titolo, il mancato pagamento della maggiorazione della reperibilità festiva, del lavoro straordinario recuperato, sia festivo che ordinario, e delle maggiorazioni del giorno di riposo settimanale per i lavoratori turnisti». I sindacati non hanno alcuna intenzione di aspettare ancora. E se entro cinque giorni non ci sarà da parte dell’amministrazione un passo in avanti per giungere a una conciliazione sarà proclamata una giornata di sciopero generale del personale comunale e saranno avviate anche altre iniziative di protesta. Il sindaco Luca Fanotto non ci sta a quelle che definisce «delle strumentalizzazioni che continuamente vengono fatte da questa parte dei sindacati». «I sindacati hanno deciso di avviare una precisa procedura interpellando il prefetto – spiega –, per cui solo al tavolo che sarà convocato dal prefetto indicheremo la nostra controproposta di certo non prima. Cosa pensavano di attuare questo procedimento solo per mettere sotto pressione l’amministrazione? A che titolo, allora i sindacati hanno interpellato il prefetto?». Tra sindacati e amministrazione ormai è frattura. «Non condivido affatto questo continuo alzare la posta – conclude Fanotto –, questo buttare benzina sul fuoco da parte di questa parte di sindacati, privi dell’appoggio di Cisl e Cgil, che credo non porti alcun beneficio ai lavoratori ma sia mosso solo da ragioni di bassa politica». Sindacato alla Regione: smascheri Ideal Standard (Gazzettino Pordenone) (d.l.) Era lo scorso 23 dicembre quando - nell’ultimo incontro ministeriale sulla infinita vicenda dell’Ideal Standard - la società ha sostenuto che vi sono delle "manifestazioni di interesse" rispetto al sito di Orcenico che "potrebbero avere anche delle ricadute economiche". Dichiarazioni che non hanno impedito allo stesso ministero di stilare un verbale di incontro in cui si "condanna" l’azienda per l’inadempienza agli accordi siglati negli ultimi due anni. Quella dichiarazione lasciata in sospeso, però, richiede un chiarimento. Ed è per questo che il sindacato provinciale e quello di categoria nei giorni scorsi hanno sollecitato il vicepresidente della Regione, Sergio Bolzonello, affinché convochi l’azienda per chiarire se effettivamente ci siano queste manifestazioni e quali possano essere le ricadute occupazionali. Insomma, il sindacato chiede alla Regione di "stanare" la società. Il sindacato ha infatti l’impressione che dietro a quelle dichiarazioni possa nascondersi un bluff utilizzato dalla multinazionale solo per guadagnare ancora tempo. La Regione ha spedito una lettera, lo scorso 30 dicembre, chiedendo spiegazioni alla società. Ancora - complici le festività - non c’è stata alcuna risposta. È chiaro che se il silenzio proseguirà la Regione convocherà la società. «L’importante è che non si perda ulteriore tempo», sottolinea il sindacato. Che è pronto - fatta l’ultima verifica sulle dichiarazioni romane della società - ad avviare le cause legali. Mazzer non “passa”. Il Pd sceglie la Giust (M. Veneto Pordenone) di Martina Milia Daniela Giust la spunta. Supera il test più difficile, quello del suo partito. Il coordinamento comunale del Partito democratico ha dato mandato alla segretaria del circolo cittadino di portare la propria candidatura al tavolo della trattativa sul nome del futuro sindaco di Pordenone. Certo, come nella miglior tradizione del Pd, la decisione ha spaccato il partito, ma la minoranza si è trovata isolata. E non solo. Il circolo sembra avere espresso con forza il desiderio di un rinnovamento perché, di fronte all’ipotesi di mediazione ovvero alla candidatura istituzionale di Renzo Mazzer, la base ha risposto picche. La trattativa. Lunedì sera il coordinamento cittadino ha esaminato i nomi dei possibili candidati sindaco per arrivare a una sintesi e presentare un nome che possa essere accettato anche dalle liste civiche o che comunque possa affrontare la sfida delle primarie di coalizione. Il nome di Giust era sul piatto da un po’, ma la minoranza del partito, i cosiddetti riformisti, non l’hanno mai digerito ritenendolo un nome di parte, espressione dei renziani e quindi non garanzia di unitarietà nel partito. A sorpresa questa componente del circolo ha presentato la candidatura di Marcello Passoni, consigliere di lungo corso, diessino che si è sempre mostrato fedele alla sua storia politica e che ultimamente è nel mirino – assieme al consigliere Matteo Loro – per la “ribellione” attuata in consiglio comunale nei confronti delle decisioni del gruppo consigliare. Ipotesi mediazione. La mossa dei riformisti, però, si è rivelata quasi subito: l’obiettivo era far fare a Giust un passo indietro per proporre un candidato di mediazione, «il candidato più autorevole che il partito ha» rivendicano Loro e Passoni. E il nome è stato quello del vicesindaco Renzo Mazzer. Ma contrariamente a quanto ci si sarebbe aspettati, la maggioranza del partito non ha accettato quella soluzione e Mazzer alla fine ha ritirato la propria disponibilità evitando in questo modo di arrivare alla conta. I riformisti hanno a quel punto lasciato la riunione e il resto del partito – tra cui il capogruppo Fausto Tomasello ma anche la presidente dell’assemblea Velia Cassan e l’ex segretario Rosario Sisto – hanno avvallato la candidatura Giust. Fine primo round. Battaglia finita? Non per i riformisti che sono convinti che la partita sia ancora aperta. Nello specifico la componente è convinta che comunque non si arriverà a una candidatura unitaria da parte della coalizione di centrosinistra per cui annunciano già di essere pronti «a presentare un candidato alle primarie di coalizione. La scelta del circolo non è espressione di tutto il partito e il fatto che non si sia voluta trovare una sintesi è un fatto politicamente grave» sono convinti Loro e Passoni. «Si sono scatenate le tifoserie – proseguono i consiglieri – e questo non fa bene al partito». Morti e feriti. Ma la decisione del circolo ha ripercussioni che vanno oltre la dimensione del partito. La bocciatura del vicesindaco suona come una doppia bocciatura per l’amministrazione Pedrotti (dopo il gelo nei confronti del sindaco il partito ha fatto venir meno la fiducia nel suo più importante rappresentante in città) e allo stesso tempo come un segnale ai livelli superiori del Pd. Non è un mistero che nè Sergio Bolzonello nè Lodovico Sonego facciano il tifo per una candidatura di Daniela Giust a sindaco di Pordenone. Ora che però la base ha espresso la propria volontà sarà difficile giustificare una scelta diversa. Soprattutto una scelta calata dall’alto. Nidolandia, dipendenti senza soldi (Gazzettino Pordenone) Elisa Marini Le dodici dipendenti dell'asilo nido comunale Nidolandia, che hanno deciso di percorrere le vie legali per ottenere stipendi e tfr, non hanno potuto festeggiare il nuovo anno con gli arretrati in tasca, come pensavano. Infatti, dal tribunale di Catania ancora non è arrivato il via libera allo sbocco dei soldi pignorati per pagare l dovuto. La Cooperativa catanese che fino al dicembre 2013 aveva gestito l'asilo di via Montessori non aveva pagato - o non completamente - alle educatrici mensilità, tredicesime, Tfr; somme importanti, visto che alcuni riguardano dipendenti con alle spalle 7 anni di lavoro: in totale 65mila euro. «Stiamo attendendo che il giudice sblocchi i soldi che la Regione Sicilia avrebbe dovuto versare alla Cooperativa, ma che lo scorso giugno erano stati pignorati proprio perché la Coopertiva non aveva pagato le dipendenti - afferma l'avvocato Rosanna Rovere, che dal 2014 assiste le educatrici -. Attendiamo fiduciosi che il Tribunale di Catania emetta l'ordinanza di assegnazione de quei soldi, grazie ai quali verranno coperti tutti i 65 mila euro di arretrati: entro la metà dell'anno dovrebbe essere tutto finito». Il Comune di Azzano Decimo nei primi mesi dell'anno scorso aveva pagato direttamente alcune mensilità alle educatrici, invece che alla cooperativa. Poi erano stati fatti pignorare 37mila euro che la Regione Friuli e il Comune di Azzano avrebbero dovuto versare alla Cooperativa siciliana per il servizio svolto sul territorio. Ma con un’ordinanza provvisoriamente esecutiva del giudice del lavoro sono stati sequestrati perché la Cooperativa si era dimostrata insolvente nei confronti delle dipendenti. Soldi che sono stati ricevuti dalle dipendenti nei mesi scorsi. Il denaro che manca è proprio quello pignorato presso il Tribunale di Catania a giugno, circa 25mila euro. «Tre mesi fa è arrivata la sentenza favorevole del giudice, ma ancora non è stata resa esecutiva. Le dipendenti non possono fare altro che aspettare» afferma Mario Bellomo, segretario provinciale della Flc Cgil di Pordenone, che affianca le dipendenti. Nidolandia è ora gestito dalla cooperativa Gemeaz Elior, che ha vinto l'appalto comunale a gennaio 2014. «L’asilo cerca iscritti in modo sleale» (Gazzettino Pordenone) Marco Agrusti L'invio delle lettere, procedura che in questi casi pare nella norma, è stato letto come un affronto. E soprattutto come una mancanza di rispetto nei confronti di quelle scuole (le paritarie con sede nel territorio comunale) che si sentono minacciate dalla nascita del nuovo asilo pubblico. Nei giorni scorsi, infatti, l'Istituto comprensivo ha inviato alle famiglie il modulo con il quale iscriversi alla scuola pubblica. E fin qui, tutto normale. Ciò che ha acceso la protesta di un genitore, però, è stato il recapito di queste lettere nelle mani dei bambini che frequentano le due scuole paritarie. «L'Istituto comprensivo di Pasiano - ha scritto una madre - fa consegnare ai bambini frequentanti la scuola dell'infanzia paritaria una lettera in cui si informa sui termini per le iscrizioni al nuovo asilo statale. In pratica la fa consegnare al personale della scuola concorrente. A me sembra semplicemente di cattivo gusto». È l'ultimo strascico di una polemica innescata ormai a inizio autunno, quando il Comune ha comunicato la volontà di procedere alla realizzazione di un asilo statale, in aperta concorrenza con le due scuole materne parrocchiali presenti da decenni in paese. Protestando, alcuni genitori hanno voluto rimarcare una sorta di concorrenza sleale da parte dell'Istituto comprensivo, alla ricerca di iscrizioni nello stesso bacino d'utenza di cui si "nutrono" le paritarie. Una frattura che in paese ancora non si ricuce. Raccolta rifiuti, è polemica: «Problemi per la sicurezza» (M. Veneto Pordenone) di Giulia Sacchi MANIAGO Raccolgono rifiuti a bordo di mezzi con pneumatici consunti e telecamere che dovrebbero agevolare le manovre, ma non sempre funzionano. Si cambiano le divise in spogliatoi privi di docce e con un bagno soltanto e non mancano criticità nell’organizzazione oraria delle prestazioni. Lavorano da poco più di un mese per Aimeri-Pianeta, società che ha avuto la meglio su Snua nella gara d’appalto da 27 milioni per la gestione dei rifiuti in 21 comuni della montagna maniaghese e spilimberghese, e hanno già segnalato diverse problematiche soprattutto legate alla sicurezza. Prima la lettera all’azienda, poi la mail alla polizia municipale di Maniago, ma sinora nessuna risposta. I dipendenti della società ritengono, però, che tali questioni non possano essere rinviate: da qui la decisione del segretario nazionale Fiadel Maurizio Contavalli di rendere pubblica «una situazione grave». Il sindacato non esita a dichiarare di essere pronto «a mettere in campo iniziative per bloccare l’appalto, nel caso in cui l’azienda non ponga rimedio, in maniera tempestiva, ai problemi sollevati». Una battaglia, quella sindacale, che va ad aggiungersi a quella legale dichiarata ad Aimeri da Snua. La ditta di San Quirino ha infatti impugnato l’affidamento dell’appalto e depositato ricorso al Tar. Quest’ultimo, però, l’ha respinto. La sentenza ora potrà essere appellata al consiglio di Stato. «Stiamo parlando della sicurezza dei dipendenti – osserva Contavalli –. I mezzi utilizzati per la raccolta dei rifiuti sono vecchi, ci sono problematiche legate a spogliatoi e orari di lavoro. Alcuni addetti hanno fatto sapere che ci sono giri di raccolta che non si riescono a concludere in orario normale: sinora sono stati usati straordinari, ma è necessario aprire una discussione sull’organizzazione del lavoro». Tre settimane fa, il rappresentante sindacale per la sicurezza dei lavoratori Paolo Pontoni ha scritto una lettera ad Aimeri, corredata di foto, per denunciare «la problematica relativa alle gomme usurate dei mezzi, che mette a repentaglio la sicurezza di dipendenti e utenti della strada, oltre che esporre i conducenti al rischio di sanzioni. Pur capendo che siamo ancora in fase di avvio dell’appalto si legge nella missiva –, questo problema non è rinviabile di un giorno». Contavalli fa sapere che «in un caso, uno dei pneumatici usurati è persino esploso mentre il mezzo era in servizio. Abbiamo informato anche il sindaco di Maniago e commissario della Comunità montana Andrea Carli, in quanto legale rappresentante della gara d’appalto». Il sindacato pone interrogativi sul «rispetto del capitolato» e sostiene che «Carli avrebbe potuto effettuare ulteriori verifiche e non affidare dal 1ºdicembre il servizio ad Aimeri». Ma il sindaco ha precisato che «questo non era possibile. La Comunità montana non poteva attendere: l’azienda aveva dichiarato di essere in grado di partire dal 1º dicembre e, dato che l’aggiudicazione c’era ed erano trascorsi i tempi tecnici, il contratto è stato firmato. Quanto ai mezzi, è previsto l’acquisto di nuovi col cambio di modalità di raccolta e quindi in primavera». «Parliamo soltanto al tavolo con i sindacati» Aimeri risponderà alle questioni sollevate da sindacato e lavoratori nel faccia a faccia tra società e forze sociali in programma il 22 gennaio. Un incontro chiesto da Maurizio Contavalli (Fiadel) e Flavio Venturoso (Cgil) all'indomani delle assemblee coi lavoratori del 18 dicembre, in cui gli addetti avevano messo in luce diverse problematiche. L’azienda, interpellata per conoscere la sua posizione in merito a quanto denunciato da forze sociali e dipendenti, si è limitata a dichiarare che «ci riserviamo di rispondere in maniera ufficiale al sindacato nel tavolo di confronto che abbiamo messo a calendario per la prossima settimana – ha dichiarato, per conto dell’azienda, Luca Venturin –. Abbiamo comunque valutato tutti gli atti che ci sono stati trasmessi sui problemi relativi alla sicurezza. Faremo il punto in occasione del meeting». Contavalli ha precisato che «le questioni che porremo sul tappeto sono diverse e non riguardano solamente i mezzi, ma anche orari, straordinari e festività, nonché gli stipendi. Effettueremo le opportune verifiche sulla prima busta paga e valuteremo se ci sarà la necessità di aprire anche questa partita». Da parte sua, il commissario della Comunità montana e sindaco di Maniago Andrea Carli, pur non volendo entrare nel merito della «diatriba tra azienda, lavoratori e sindacato», ha dichiarato che rimarrà in attesa di «capire l’esito della vertenza. Se nell’ambito della discussione, si intende invitare anche il cliente, ossia la Comunità montana, non mi tirerò indietro. Mi preme chiarire, però, che l’unico ruolo del cliente è fare rispettare il contratto di servizio – ha precisato –. Se non saremo soddisfatti delle prestazioni, faremo valere il nostro diritto. Noi valutiamo la qualità, ossia che il servizio rispetti il livello previsto dal capitolato e su questo quindi agiremo. Se ci sono condizioni rivendicate dai lavoratori che pregiudicano l’esecuzione del servizio, è chiaro che ci interessa e ci faremo parte attiva». L’attenzione di Carli sulla vicenda, insomma, non manca. Da capire cosa emergerà nel prossimo confronto. (g.s.) Il 20 assemblea con i lavoratori per definire la strategia Maurizio Contavalli (Fiadel) e Flavio Venturoso (Fp Cgil) incontreranno i lavoratori di Aimeri in un’assemblea il 20 gennaio. L’obiettivo è verificare la situazione a quasi due mesi dall’avvio del nuovo appalto per la raccolta dei rifiuti in 21 comuni di Maniaghese e Spilimberghese. «All’ordine del giorno – hanno spiegato i sindacalisti – figurano organizzazione del lavoro, carenze d’organico, situazione di mezzi e spogliatoi, retribuzioni, orari e straordinari». Questioni sulle quali, nell’assemblea del 18 dicembre, sono state messe in evidenza diverse criticità. «Per una più completa valutazione sugli argomenti di cui si è discusso in precedenza – hanno aggiunto i sindacalisti –, l’assemblea ha deciso di attendere il pagamento della prima busta paga. In presenza di eventuali irregolarità, si valuteranno le iniziative da mettere in campo, a cominciare dal blocco degli straordinari». Per quanto riguarda l’organizzazione oraria del lavoro, «per evitare problemi, dai lavoratori è arrivato l’invito a rispettare l’orario di inizio e fine turno – si legge sul verbale dell’assemblea di dicembre –. Ai dipendenti è stato distribuito un modulo da compilare ogni giorno dove riportare orari e luogo di servizio, che funga da riscontro sulle attività svolte». In merito alle festività, «i lavoratori hanno rilevato la necessità che si avvii con una discussione con la direzione per definire i compensi». (g.s.)