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EMORRAGIA SUBARACNOIDEA: FISIOPATOLOGIA, DIAGNOSI E

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EMORRAGIA SUBARACNOIDEA: FISIOPATOLOGIA, DIAGNOSI E
Acta Medica Mediterranea, 2008, 24: 41
EMORRAGIA SUBARACNOIDEA: FISIOPATOLOGIA, DIAGNOSI E TRATTAMENTO
NUNZIO ATTINA’- E LEONORA MAGLIA - GIOVANNI LUCA DI BARTOLO - AGOSTINO MESSINA - SOFIA ANANIADOU - RITA
AZZOLINA
Università degli Studi di Catania - Dipartimento di Chimica Biologica, Chimica Medica e Biologia Molecolare - Sezione di
Anestesiologia e Rianimazione (Direttore: Prof.ssa Rita Azzolina)
[Subarachnoid haemorrhage: pathophysiology, diagnosis and management]
RIASSUNTO
SUMMARY
L’approccio terapeutico nei pazienti con emorragia subaracnoidea è alquanto complesso per la pluralità dei fattori patogenetici coinvolti. In questo lavoro, gli Autori, si soffermano
sull’importanza della conoscenza della fisiopatologia, sull’iter
diagnostico, nonché sull’approccio rianimatorio al fine di
migliorare l’outcome di tali pazienti.
In particolare, analizzano le conseguenze dell’ipertensione endocranica che, tramite una riduzione del flusso cerebrale,
causa danno cerebrale secondario.
The management of subarachoid haemorrhage is very dif ficult because many pathogenetic factors are involved.
In this paper, the Authors evidence that the familiarity with
pathophysiological, diagnostic, and therapeutic issues is impor tant for improving the outcome of the patients.
Especially, they analyse the consequences of increased
intracranial pressure, which causes the secondary cerebral
damage, through the riduction of cerebral blood flow.
Parole chiave: emorragia subaracnoidea, aneurisma cerebrale,
ipertensione endocranica, danno cerebrale, iter diagnostico
terapeutico
Key words: subarachnoid haemorrhage, cerebral aneurysm,
intracranial pre s s u re, brain damage, diagnostic tests and
management
Introduzione
Fisiopatologia
L’emorragia subaracnoidea (ESA) è una raccolta di sangue nello spazio compreso tra l’aracnoide e la pia madre. L’incidenza stimata di ESA è di
8-10 casi per 100.000 per anno. È più frequente nei
soggetti di età compresa tra 55-60 anni.
Approssimativamente nei 3/4 dei casi la causa
più frequente è la rottura spontanea di un aneurisma,
nel 20% è idiopatica, nei restanti è causata da rari
disordini quali malformazioni artero-venose, vasculiti, dissezioni e tumori. La maggior parte degli aneurismi sono localizzati nel circolo anteriore (80-90%):
arteria comunicante anteriore, arteria comunicante
posteriore e arteria cerebrale media; nel 10-20% nel
circolo posteriore (arteria vertebro-basilare).
Considerando che la prognosi dell’ESA rimane quasi sempre infausta, risulta, a questo giudizio,
fondamentale per l’anestesista la conoscenza della
fisiopatologia, delle indagini diagnostiche e dell’approccio terapeutico al fine di migliorare l’outcome
di tali pazienti.
La fuoriuscita di sangue che consegue alla rottura dell’aneurisma, determina un danno diretto sul
cervello per distruzione e fenomeni di compressione e spostamento.
Inoltre, l’edema, l’ingresso del calcio intracellulare, il rilascio di neurotrasmettitori eccitotossici,
il cambiamento del flusso ematico cerebrale (CBF),
l'aumento della pressione intracranica, l’infiammazione, la disfunzione mitocondriale e l’apoptosi
sono i componenti patogenetici principali del danno
cerebrale secondario.
Il cervello, a differenza di altri organi, non tollera incrementi, non compensati, di pressioni,
essendo racchiuso in un involucro rigido, quale la
scatola cranica. Secondo la legge di Monro, noi
possiamo assimilare il contenuto endocranico come
la sommatoria di tre compartimenti in equilibrio
dinamico tra loro: il parenchima (1300 ml), il liquido cefalorachidiano (150 ml) e il volume ematico
cerebrale (150 ml).
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Se uno aumenta, o se ne aggiunge uno nuovo
(sangue, ematoma, edema), deve necessariamente
ridursi un altro per prevenire un incremento esponenziale dell’ICP.
Le principali conseguenze dell’ipertensione
endocranica sono due: la perdita dell’autoregolazione che provoca vasodilatazione dei vasi cerebrali
predisponendo ad ischemia le zone di confine in caso
di ipotensione sistemica e ad un ulteriore incremento
dell’ICP per aumento del volume plasmatico cerebrale (CBV); in secondo luogo, una riduzione della
pressione di perfusione cerebrale (CPP), essendo la
risultante della differenza tra MAP e ICP.
In aggiunta, in molti pazienti il CBF si riduce
drasticamente entro le prime ore per occlusione dei
vasi a causa di compressione da masse, di vasospasmo (contrattura delle fibre muscolari liscie vasali
indotta dai prodotti di degradazione dell’emoglobina e delle modifiche biochimiche) o di riduzione
del metabolismo cerebrale.
Fattori intracranici, come elevata ICP, edema
cerebrale, lesioni occupanti spazio, ernie, infezioni,
crisi comiziali, nonché fattori sistemici, quali ipotensione marcata (PAS <50 mmHg), ipossemia,
anemia, ipertermia, iperglicemia, iper-ipocapnia,
squilibri elettrolitici, infezioni, possono con vari
meccanismi contribuire all’istaurarsi dell’ischemia.
L’ischemia è mal tollerata dalle cellule neuronali per le loro elevate richieste energetiche: per cui,
quando il CBF scede a livelli critici si verificano gli
eventi necrotici. Ovviamente, l’infarto ischemico è
correlato al grado di riduzione del flusso, ma anche
alla durata dell’ipoperfusione.
Ma il processo non si limita all’area infartuata
in quanto attorno si delinea la zona penumbra, costituita da cellule con ridotta attività, che nelle ore e nei
giorni successivi, può essere sede di amplificazione
del danno. I prodotti di degradazione dell’eme e le
alterazioni biochimiche intra e extracellulare sono
responsabili del riassorbimento della raccolta ematica e dell’intensa proliferazione gliale che si
instaura nelle settimane successive all’evento acuto.
N. Attinà - E. Maglia et Al
Persiste per giorni ma occasionalmente può
essere transitoria. In un 1/3 dei pazienti la cefalea
può essere l’unico sintomo;
• segni di meningismo: nausea, vomito, fotofobia,
rigidità nucale, segno di Kernig e di Brudzinski, ecc;
• perdita di coscienza transitoria o persistente;
• convulsioni;
• segni neurologici focali: disfasia, deficit
motori e/o sensitivi;
• morte improvvisa.
Scale cliniche come quella di Hunt e Hess o
quella della World Federation of Neurological
Surgeons sono utilizzate per pianificare il trattamento e definire la prognosi.
Pazienti con Hunt e Hess di grado I e II hanno
generalmente una ICP normale e preservano una
reattività vascolare normale; pazienti con Hunt e
Hess di grado III e IV hanno ICP aumentata e perdita dell’autoregolazione. Un GCS <8 è espressione
di un danno neurologico severo.
Nel sospetto di ESA è indispensabile eseguire
in urgenza la TAC encefalo senza mezzo di contrasto. La sensibilità diminuisce nel tempo (entro 12
dall’evento acuto non individua il 2% di casi di ESA,
dopo 24h il 7%). La scala di Fisher è il migliore predittore di vasospasmo e dell’outcome del paziente.
Nel caso in cui la TAC sia negativa ma il
sospetto clinico è fondato si procede alla puntura
lombare (generalmente è preferibile eseguirla dopo
12h) e si effettuano esami chimico-clinici, citologici, batteriologici del liquor (permette di confermare
la diagnosi se il liquor è xantocromico per la presenza dei prodotti di degradazione dell’eme e di
escludere un’eventuale meningite).
Durante l’iter diagnostico si eseguono gli
esami di laboratorio (emocromo con conta, prove di
coagulazione, glicemia, creatininemia, azotemia,
elettroliti), l’ECG e l’Rx del torace.
Se l’ESA è confermata dalla TAC o dalla puntura lombare si esegue l’angioTAC per studiare l’anatomia degli aneurismi intracranici; in alternativa
si procede all’angioRM o all’angiografia con cateterismo.
Diagnosi
Terapia
I pazienti con ESA presentano una caratteristica combinazione di sintomi:
• una severa cefalea, insorta improvvisamente
a livello nucale irradiata alla regione interscapolare,
che raggiunge la massima intensità istantaneamente
nel 50% dei casi o entro 5 min nel 20% e solo nel
restante dei casi in un tempo maggiore.
I pazienti ammessi nei reparti di Te r a p i a
Intensiva richiedono un’attenta valutazione dei
parametri vitali. Si monitorizzano PA, Fc, ECG,
SaO2, diuresi, temperatura.
Inoltre, si richiede un attento monitoraggio
neurologico che ha l’obiettivo di individuare la
Emorragia subaracnoidea: fisiopatologia, diagnosi e trattamento
comparsa di alterazioni patologiche, espressione di
un peggioramento neurologico.
Attualmente distinguiamo sistemi che misurano la ICP e il flusso sanguigno (cateterismo intraventricolare, Doppler transcranico (TCD), ossimetria venosa giugulare, near-infrared spectroscopy) e
sistemi che valutano l’attività elettrica cerebrale
(elettroencefalogramma (EEG), potenziali evocati
(evoked potentials) come i SSEP, i VEP, e gli AEP).
La microdialisi permette non solo di misurare
l’osmolalità, ma anche di guidare la terapia infusionale, cioè sia il tipo che la quantità di liquidi da
somministrare nel trattamento dell’edema cerebrale.
La Nimodipina (60 mg ogni 4 ore per 3 settimane) previene il vasospasmo e migliora l’outcome.
L’ipertensione intracranica può essere trattata
nel modo seguente:
• riduzione del contenuto d’acqua interstiziale
con terapia osmotica (mannitolo e/o soluzioni ipertoniche saline);
• drenaggio del CSF;
• iperventilazione, che, inducendo vasocostrizione arteriolare cerebrale, riduce il CBV;
• trattamenti chirurgici atti a rimuovere
neoformazioni patologiche.
In aggiunta, bisogna correggere fattori sistemici
quali l’ipervolemia, l’iper e l’ipotensione, l’ipossemia, la febbre, l’iperglicemia, l’ipotermia, il dolore
che contribuiscono ad amplificare il danno cerebrale.
Si trattano le complicanze quali il vasospasmo
(nimodipina), le alterazione cardiache (aritmie, alterazione ecografiche, ischemia e necrosi miocardica)
e i disordini elettrolitici (iponatremia, ipomagnesemia, ipokalemia e ipocalcemia).
Il trattamento chirurgico ha lo scopo di prevenire il rischio di risanguinamento.
Criteri di inclusione si basano sull’età del
paziente, World Federation of Neurological
Surgeons grade, comorbilità, onset dell’ESA e anatomia dell’aneurisma.
Il clipping è la procedura standard; tuttavia,
attualmente si preferisce il coiling endovascolare
che è gravato di minore mortalità e morbilità secondo i risultati riportati dallo studio ISAT.
E’ indicato nei pazienti più giovani con piccoli
aneurismi del circolo anteriore.
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Conclusioni
I pazienti con ESA devono essere trattati da un
team multidisciplinare.
Futuri sviluppi nel trattamento dell’aneurisma
e nella gestione delle complicanze mediche
dell’ESA dovranno essere confermati in vari trials
clinici. Infatti la ricerca scientifica si pone l’obiettivo di migliorare l’outcome ma sopratutto gli studi
clinici potranno fornire delle risposte.
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Lancet 2005; 366: 809–17.
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Dott. NUNZIO ATTINA’
Via Fidia, 40
95034 Bronte (CT)
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