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"Oscar Levi" Chieri
CODICE: B00131 I.C. Chieri I Scuola Secondaria di I grado Plesso “Oscar Levi” Classe II F “COLTIVANDO LA STORIA” Il racconto è composto da quattro parti, ciascuna elaborata da un gruppo di studenti: • Con gli occhi di un bambino del Neolitico (Alessandro Chiosso, Marcello Costa, Gaia Roccati, Marta Spinello, Alice Trapani) • La dura vita del contadino romano Quinto (Mirela Andreev, Matteo Comba, Naomi Damian, Vittorio Merlicco, Riccardo Zingariello) • Voci di una famiglia del Medioevo (Maria Cristina Casalegno, Nicola Cernogal, Riccardo Damone, Sara Minotti, Francesca Matilde Santoro, Gregorio Savio) • Coltivare il presente e il futuro (Gloria Bellotti, Lorenzo Castelli, Simone Cotta, Lucia Rachele Pompei, Alessio Tufarulo, Ilaria Vidotto) CON GLI OCCHI DI UN BAMBINO DEL NEOLITICO Girando per il nostro villaggio, ho imparato molte cose sull’agricoltura. Ad esempio su come è iniziata, molti anni fa. Mio padre mi ha detto che un tempo si cacciava soltanto e, quando mancavano gli animali, ci si spostava in un altro luogo. Oggi però non uccidiamo più gli animali, ma li alleviamo e li curiamo. Facciamo lo stesso con la verdura e la frutta, che prima prendevamo solo dagli alberi. Ora c’è molto più cibo che in passato e noi stiamo meglio. Anche se sono piccolo, aiuto già la mia famiglia nei campi. Coltiviamo frumento, legumi, olive e miglio. Abbiamo scoperto anche che il letame prodotto dagli animali aiuta le piante a crescere. Abbiamo anche imparato a costruire le prime case. Siamo una grande tribù. Mio nonno è il capo del villaggio. Cresciamo di numero e dobbiamo disboscare per avere più terra da coltivare. E bruciamo il fogliame e la legna di scarto, per fertilizzare il terreno. LA DURA VITA DEL CONTADINO ROMANO QUINTO Nell’Italia del nord, sotto il regno dell’imperatore Costantino, un contadino di nome Quinto aveva iniziato a lavorare. Era un uomo magro come uno scheletro, di media statura, stempiato e di colore grigio come la cenere. Lavorava per il senatore Caio, molto ricco, colto, un latifondista. Quinto coltivava grano, barbabietole, cipolle e anche pesche. Era molto povero e non poteva contare su uno stipendio fisso: la sua vita dipendeva dalla quantità di raccolto che consegnava al padrone. La sua famiglia era composta da quattro persone. La vera risorsa di Quinto era la sua esperienza. Egli sapeva che per rendere fertili le terre bisognava dividerle in due parti: una la si poteva coltivare, mentre l’altra si doveva lasciare a maggese, cioè a riposo. L’anno dopo, occorreva invertire le parti. Era questo il modo migliore. Poi c’era il concime: il più buono era quello di gallina, il peggiore quello di mucca. Il letame prodotto dai cavalli poi non andava bene per il grano, si doveva utilizzare per i pascoli. Il vicino acquedotto rendeva più facile l’irrigazione, ma anche così la vita di Quinto era terribile. Era stanco, tanto stanco. “La vita – pensava – è un insieme di piccole cose. Ma se queste cose non funzionano, o ti vengono tolte, la vita non ha più senso…” VOCI DI UNA FAMIGLIA DEL MEDIOEVO Gregorio: Salve, sono Gregorio, ho quattordici anni e sono il quinto di sei fratelli. Vengo da una famiglia di contadini, ma non piace questo lavoro. Riccardo: Sono Riccardo, ho diciotto anni, sono il più grande. Lavoro nel campo con mio padre e con mio fratello Nicola, che ha sedici anni. Francesca: Io sono la più piccola, ho tredici anni. Tutti mi vogliono bene. Maria Cristina: Io sono la secondogenita, ho diciassette anni. Sara: Salve, sono Sara. Ho sedici anni e sono la quarta di sei fratelli. A casa mi occupo del nostro piccolo orto: coltivo erbe benefiche per creare unguenti e insaporire le pietanze. Mi ha insegnato tutto mia madre. Bado anche a Francesca, che per ora sa solo cucire un po’ e mungere la nostra mucca. È piccola, non può ancora lavorare molto. Gregorio: Io sono un pastore come mio zio. Mi piace molto questo lavoro perché sono libero, lontano dai dolori del campo. Tutti i giorni porto al pascolo le mie pecore e le mie capre. Devo sorvegliarle sempre. Nicola: Mio padre ha insegnato a me e a mio fratello a coltivare in modo che la terra dia buoni frutti. Dobbiamo sfamare tutta la famiglia. Maria Cristina: Sono una femmina, perciò lavoro in casa. Sono la sorella maggiore; adesso che mia madre sta invecchiando, mi devo saper prendere cura della casa e dei miei familiari. Cucino, pulisco la casa e do da mangiare alle bestie, ma devo sempre controllare le mie due sorelle. Nicola: Oggi è avvenuto un incidente che mi ha fatto spaventare molto. Riccardo: Proprio oggi, mentre zappavo, ho colpito mio padre alla gamba con la zappa. Giuro che non volevo, è stato un incidente! Francesca: Abbiamo bisogno di soldi, perciò oggi accompagno mia mamma alla fiera per vendere la nostra mucca. Sara: Oggi Maria Cristina mi sta insegnando un nuovo punto di cucito per rammendare il mio vestito. Maria Cristina: Sono fuori con Sara. Mentre cuciamo, guardiamo i nostri fratelli lavorare. Gregorio: Il sole sta calando. Tra poco dovrebbe arrivare mia sorella a portarmi una lanterna per orientarmi al buio. Sara: Sentiamo un urlo. Non capisco cosa sia accaduto. Maria Cristina: È mio padre! Eccolo, lo vedo! Sara: Avanza sostenuto da Nicola. È ferito! Gregorio: Non è arrivato nessuno. Cerco di accendere un fuoco, ma inizia a piovere, quindi cerco un riparo. Francesca: Dopo aver venduto la mucca, facciamo un giro per il mercato. Riccardo: Sono tutti arrabbiati con me, ma io non l’ho fatto apposta! Sara: Non possiamo permetterci un medico, perciò tutti contano su di me e sulle mie erbe. Ma io riuscirò a curare mio padre? Francesca: Io e mamma torniamo che è già buio. Ma cosa succede in casa? C’è una grande confusione, sono tutti agitati… Gregorio: Trovo una grotta per ripararmi assieme agli animali. Sono stanco e il sonno prende il sopravvento. Riccardo: Io capisco di aver sbagliato, ma non dovrebbero essere tutti così duri con me. Prego che papà si salvi. Sara: Da una parte sono sollevata di poter fare qualcosa per mio padre, dall’altra sono preoccupata perché ho paura di non riuscire a guarirlo. Ecco, così dovrebbe andare. Spero che l’unguento curi la ferita e che la fasciatura regga. Tra un mese o due papà dovrebbe stare bene. Gregorio: Mi sveglio nella grotta e corro a casa. Trovo tutti preoccupati per me, ma anche per papà. Mi raccontano dell’incidente… Padre: È passata una settimana, ma i dolori continuano. Non l’ho detto a nessuno per non dare preoccupazione. In più non vorrei deludere Sara e farla sentire in colpa. Cercherò di insegnare tutti i miei segreti di coltivatore ai miei figli, in modo tale che quando arriverà il mio momento potrò andarmene in pace. Riccardo: Papà sembra stare meglio. Pensavo che dopo l’incidente non mi avrebbe più perdonato, invece mi segue sempre di più nel mio lavoro. Nicola: Papà vuole che io e Riccardo lo seguiamo ogni giorno dei campi. Lavora e parla molto. Ci insegna tutti i suoi segreti. Dice che bisogna dividere il campo in tre parti per avere un buon raccolto. Una parte va coltivata a grano, una a legumi e l’ultima lasciata a riposo. I legumi arricchiscono il terreno e in più ci danno dei pranzi più vari. La terra a riposo naturalmente prende nuova energia, e con il grano noi facciamo il pane che mangiamo tutti i giorni. Ogni anno i terreni vanno alternati, in modo tale da riuscire contemporaneamente ad avere una terra ben coltivata e riposata a sufficienza. Francesca: Come ogni sera dopo l’incidente ho portato la cena a mio padre, ma quando ho bussato nessuno ha risposto… Maria Cristina: Oggi è il giorno del funerale. Devo essere forte anche per la mamma, che è disperata, e per le mie due sorelle. Mamma: Poveri figli miei… Gregorio: Smetterò di fare il pastore, la mia famiglia ha bisogno di me nei campi. Riccardo: Speriamo di farcela senza papà. Se il raccolto non sarà abbondante, la mia famiglia morirà di fame. Sara: Oggi sono particolarmente triste. Meno male che c’è mia sorella Maria Cristina. È così forte, da grande spero di diventare proprio come lei… COLTIVARE IL PRESENTE E IL FUTURO Mi chiamo Primo, sono un contadino. Sono le sei, mi sono appena alzato. Ora sveglio anche mia moglie Rosita, così facciamo colazione con latte e biscotti fatti con il nostro grano. Poi mi occupo dei campi. Ne abbiamo tre: grano, mais e patate. Sono venti ettari di terreno; visto che c’è tanta produzione un po’ del raccolto lo teniamo per noi. Prendo la mietitrebbia. È una macchina gigante che raccoglie il grano. Il campo che taglio oggi è grande, ma riesco a fare tutto da solo. Ah, che giornata! Mi piace coltivare sotto questo bel sole! È tutto più facile con i macchinari moderni. Se penso solo a qualche secolo fa, quando si doveva fare tutto a mano… Una volta questo campo aveva bisogno di una trentina di persone per essere mietuto, ora posso fare tutto io. Il raccolto è cresciuto molto velocemente. Un tempo bisognava aspettare molto e certe volte addirittura non cresceva niente. Dal 1800 invece abbiamo i concimi chimici: i campi crescono più rapidamente e non perdiamo la produzione. Dopo la semina infatti aggiungo al terreno dei fertilizzanti di diverso tipo: quelli che danno elementi nutritivi al terreno; o gli ammendanti, che servono a migliorare le proprietà della terra; o i correttivi, che cambiano la reazione dei terreni alle piante. Per esempio, il campo di mais ha bisogno di potassio; glielo aggiungo ogni volta che concimo. Uso anche degli ammendanti, perché il terreno è un po’ sabbioso e io lo voglio far diventare più argilloso (è meglio per il raccolto). Anche per concimare uso delle macchine. Ne esistono di vari tipi: lo spandiconcime, lo spandiletame, lo spandiconcime irrorante e il carrobotte spandiliquame. Io per esempio per spargere il concime uso uno spandiletame. È un carro molto grande: all’interno ci metto il letame, al fondo ci sono delle pale che girando spargono il concime. Credo che l’uso dei fertilizzanti sia molto importante, perché così non distruggiamo le foreste per allargare le coltivazioni. Poi oggi è molto più facile coltivare, perché non si spreca più molto tempo, come una volta. Grazie ai fertilizzanti, un giorno potremo produrre abbastanza per tutte le persone che ci sono nel mondo. Nessuno soffrirà più la fame…