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Essere servi per obbedire al Regno

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Essere servi per obbedire al Regno
Essere servi per obbedire al Regno
La testimonianza dei novelli diaconi del Seminario diocesano:
U
n anziano raccontava che san
Basilio, recatosi un giorno in un
cenobio, dopo aver fatto ai monaci la consueta istruzione, chiese al superiore: “Hai qui un fratello ubbidiente?”.
Gli disse: “Sono tutti servi tuoi, Signore,
e s’impegnano per conseguire la salvezza”. Ma egli insistette: “Ne hai davvero
uno ubbidiente?”. L’altro gli presentò un
fratello, e da lui san Basilio si fece servire a tavola. Dopo il pranzo, il fratello
gli porse l’acqua per lavarsi, e san Basilio
gli disse: “Vieni, ora ti porgo io l’acqua
perché tu ti lavi”. Il fratello acconsentì a
lasciarsi versare l’acqua da lui. Gli disse ancora il vescovo: “Quando entro nel
santuario, vieni, che ti farò diacono”. E,
avendo colui fatto così, lo ordinò prete e,
per la sua obbedienza, lo prese con sé nel
palazzo episcopale (Basilio Magno, Vita
e detti dei padri del deserto)
dando già prova della tua ubbidienza.
Mentre fai questo, piano piano, scopri
che, stranamente, non ti basta più. Non
è più un servire occasionale che dipende
dal fatto che tu ne abbia voglia oppure
no; che ci sia o non ci sia quella ragazza
per cui saresti disposto a fare follie; non
ti basta fermarti al tuo povero gruppetto che rispetto al mondo intero non è
che una sua parte infinitesimale. Ora c’è
qualcosa che si è mosso dentro, al quale
Allora torni indietro, da quel tuo parroco rompi scatole di prima e gli dici che è
tutta colpa sua, che ti sei speso un sacco
e che ora ti trovi in braghe di tela perché
tutte le tue certezze sono crollate, tutto il
tuo mondo già scritto è da gettare via e
da riscrivere daccapo. E lui è li, a nome
di tutta la Chiesa, pronto a dirti: “Vieni,
ora ti porgo io l’acqua perché tu ti lavi”. E
tu, un po’ sconvolto da questa cosa dici
il tuo sì. Un sì che ti porterà molto lon-
improvvisamente non puoi più rinunciare: è Lui, è il suo Vangelo, è il Regno
che Dio ti chiede di costruire sputando
lacrime e sangue, ma che ti affascina da
morire.
tano, ben di più del palazzo episcopale.
Un sì che ti chiede di diventare ‘servo
qualificato’, immagine del servire a cui è
chiamato ogni cristiano. Ed è bello pensare che, come ai tempi di Basilio, può
Per un attimo chiudo gli occhi: immagino il nostro vescovo che in visita pastorale chiede ad un parroco: “hai qui
un fratello ubbidiente?”. E intravvedo lo
sguardo desideroso del prete indicargli
un capo scout, o un animatore, o la direttrice del coro … magari anche solo
per fare bella figura. Poi vedo il pastore mettersi a servire questi giovanotti, e
proprio perché capaci non solo di spendersi per gli altri, ma di lasciarsi servire a loro volta, chieda loro di diventare
diaconi.
Forse, fare paralleli con la vicenda di Basilio è fuori luogo, o quanto meno anacronistico. Ma il meccanismo con il quale una vocazione si fa strada nella nostra
vita non è per nulla cambiato. Alla base
c’è quel desiderio di ogni uomo e donna, di “conseguire la salvezza”; una vita
bella, che realizzi in pienezza il nostro
battesimo. La vita di chi come te, come
me, si mette alla sequela della croce di
Cristo nella semplicità di ogni giorno,
anche senza sapere bene che cosa stia
cercando. Poi, un giorno, arriva qualcuno (di solito è il parroco) che come
sempre ha bisogno di una nuova leva
che faccia qualcosa per questa comunità
dove i giovani sembrano non esistere. Si
è avvicinato, ormai ti ha preso: ti chiede
di metterti a servizio degli altri, di prenderti un impegno, una responsabilità.
E tu ci pensi, ci ripensi, perché non sei
tanto ‘uno di chiesa’ anzi, fai di tutto per
non diventarlo; ma … alla fine ci stai,
10
Manuel Loreni, Enrico Posenato, Carlo Sandonà,
Enrico Destrini, Michele Giuriato, Marco Ferrari, Christian Corradin, Roberto Viero
essere vero diacono solo chi è disposto
non solo a chinarsi ai piedi degli altri,
ma ha l’umiltà di lasciarsi lavare i piedi.
Perché talvolta la fatica più grande non
è tanto quella di amare, ma di lasciarci amare così come siamo. Nonostante
siano passati circa settecento anni, il
meccanismo non fa cilecca. Ancora lo
Spirito, per voce della Chiesa, ci chiama
a scoprire il senso più profondo della
vocazione cristiana: mettersi a servizio
affollate di impegni, mai stanchi di essere disponibili, come della quiete dolce
di un caffè, nella cucina della canonica,
passato condividendo con chi suona il
campanello, semplicemente, la vita. E
ancora, trascorsi ormai sei anni di formazione, torno a chiedermi che cosa
spinge otto giovani ragazzi, ed altri cinque padri di famiglia, ad assumere la veste del servo. Sì, perché il diacono, senza
nessun romanticismo, è un servo.
lì per ricordarci il senso della vita cristiana, di ogni uomo e donna che è stato
immerso nella Pasqua di Cristo: dall’alto, scendere verso il basso, dalla spalla ai
piedi, passando per il cuore.
Per gli ordinandi della comunità di Teologia
Manuel Loreni
I prossimi diaconi Christian, Michele, Roberto, Marco, Manuel, Enrico, Carlo, Enrico
degli altri, in particolare dei poveri e dei
lontani, che hanno sepolto nel cuore il
desiderio di una Buona Notizia.
Se chiedessi a ciascuno dei miei compagni che cosa significa per loro essere
ordinati diaconi, credo che potrebbero
andare avanti come me per ore a parole
e racconti, esperienze e sogni … ma nonostante questo, non finirei di stupirmi
del silenzio che avvolge questa risposta.
Un silenzio che racchiude in sé un tempo di duro discernimento, fatto di lacrime e conquiste, di desideri e delusioni;
un tempo di notti insonni, per cercare
di capire se davvero è questo ciò che la
Chiesa ci sta chiedendo e se siamo pronti ad assumere un mistero così grande
e definitivo; un tempo fatto di giornate
Un misero schiavo, ai piedi della sua
comunità, e attraverso essa, ai piedi del
suo unico Signore. Piedi talvolta sporchi, feriti, maleodoranti, o al contrario
perfino troppo curati, vuoti della loro
sterile perfezione. Piedi che chiedono di
essere guardati senza giudizio, accolti,
lavati e baciati. Spesso mi sento chiedere: “ma allora, da diacono, cosa puoi
fare?”: … prendo un attimo di tempo,
in silenzio e rispondo che non è quello
che un diacono “può fare” che fa la differenza; è quello che è: un servo. Non c’è
bisogno di dire che cosa può o non può
fare. Deve servire e basta. E quella stola,
portata di traverso, che spesso ci incuriosisce, quasi ad essere un ‘errore’, perché
non siamo abituati a vederla, in realtà è
Seminario vescovile
(Minore e Teologico)
Comunità del Mandorlo
Borgo Santa Lucia, 43 - Vicenza
Tel. 0444 501177
Indirizzo web: http://seminariovicenza.org
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Il diaconato “permanente”
In Cristo al “servizio” della Chiesa.
10 maggio 2015 fine di un percorso, inizio di un’avventura
Può battezzare, benedire matrimoni,
portare il viatico ai malati, presiedere funerali, celebrare la Liturgia della
Parola, predicare, evangelizzare e catechizzare, ma non è un sacerdote. Allora che cos’è e chi è un diacono “permanente”?
Il ministero ecclesiastico, che è il ministero degli uomini dediti al servizio
di Dio, comprende tre gradi differenti
remo quest’incarico. … Li presentarono,
quindi, agli apostoli i quali, dopo aver
pregato, imposero loro le mani”.
Diakonia è la parola greca che definisce la funzione dei diaconi. Significa
servizio, ed è di tale importanza per la
Chiesa che viene conferita con un atto
sacramentale definito “ordinazione”.
Ma qual è il servizio che i diaconi prestano alla Chiesa?
sa latina sono uomini credenti che
vivono celibi e hanno il proposito di
mantenere il celibato per il Regno dei
Cieli, i diaconi “permanenti” possono
essere sposati, ma qualora fossero celibi sono chiamati anch’essi al voto di
celibato.
Il 10 maggio 2015 sarà la fine di un
percorso, ma l’inizio di un’avventura, che durerà per sempre, per cinque
“I diaconi partecipano, in una maniera
particolare, alla missione e alla grazia di
Cristo. Il sacramento dell’Ordine imprime
in loro un sigillo (‘carattere’) che nulla
può cancellare e che li configura a Cristo, il quale si è fatto ‘diacono’, cioè servo
di tutti. Compete: assistere il Vescovo e i
presbiteri, assistere e benedire il Matrimonio e il battesimo, proclamare il Vangelo
e predicare, presiedere ai funerali e dedicarsi ai vari servizi della carità” (CCC n.
1570).
Inteso in questo modo, il diaconato offre alla Chiesa la possibilità di
contare su una persona per i compiti
pastorali e ministeriali, è un arricchimento importante per la sua missione.
Mentre i sacerdoti ordinati della Chie-
candidati al diaconato della Diocesi di
Vicenza:
Gianfranco Avataneo, 46 anni, sposato con Cristina e padre di tre figli,
impegnato nell’ UP Veronella-Zimella
nell’ambito Caritas.
Pio Claudio Dalla Valeria, 57 anni,
sposato con Donatella, ha una figlia
e un nipote, presta servizio nella comunità di san Paolo di Alte di Montecchio Maggiore.
Giuseppe Marcheluzzo, 50 anni, opera nella comunità di sant’Andrea di
Cologna Veneta, dove si occupa di Acr;
dei cinque candidati è l’unico celibe.
Francesco Stropparo, 57 anni, sposato
con Emanuela, ha due figli e due nipoti, presta servizio nella unità pasto-
I nuovi diaconi permanenti con le loro famiglie.
del sacramento dell’ordine: i vescovi,
i sacerdoti e i diaconi. L’ordine del diaconato, secondo il catechismo della
Chiesa Cattolica, “è destinato ad aiutare
e a servire i vescovi e i presbiteri”.
La dottrina cattolica stabilisce che il
diaconato è un grado di servizio istituito fin dall’epoca degli apostoli, come
testimoniano gli Atti degli Apostoli:
“In quei giorni, mentre aumentava il numero dei discepoli, sorse un malcontento fra gli ellenisti verso gli Ebrei, perché
venivano trascurate le loro vedove nella
distribuzione quotidiana. Allora i Dodici
convocarono il gruppo dei discepoli e dissero:... Cercate dunque, fratelli, tra di voi
sette uomini di buona reputazione, pieni
di Spirito e di saggezza, ai quali affide-
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rale di Cresole e Rettorgole in ambito
Caritas.
Valter Zantedeschi, 60 anni, sposato
con Luisa, ha tre figlie e due nipoti; è
impegnato nella parrocchia di sant’Ulderico di Creazzo ed è campanaro.
In viaggio dal 2008, sostenuti e guidati
da don Gianni Trabacchin e dai diaconi Antonio Castagna e Bruno Angelo
Fontana con la moglie Anna Maria,
prima di tutto, nel sacramento del matrimonio. Piace, anche se il Sacramento
dell’Ordine e solo per noi mariti, definirci “coppia diaconale”, non possiamo
immaginare una scelta senza la condivisione e l’appoggio delle nostre spose.
Per questo siamo grati alla Diocesi vicentina di aver fatto, sin dal suo nascere
della comunità diaconale, la scelta condivisa del cammino al diaconato.
missione: la vita della gente. Ci viene
chiesto di abitare soprattutto in mezzo
a coloro che non vivono la chiesa, occorre, perciò, sviluppare questo gusto
spirituale fino al punto di scoprire che
tutto ciò diventa fonte di gioia, andare nelle periferie tanto amate da papa
Francesco con misericordia e carità.
Questa è la vera e originaria vocazione
di ogni uomo, questo è essere segno
e strumento che rivela il volto di Dio
che è Amore.
Un augurio di pace e bene.
I candidati al diaconato permanente e le mogli
Un breve pensiero
dei nostri figli
I nuovi diaconi permanenti con don Gianni e il vescovo Beniamino.
abbiamo camminato insieme nel discernimento di una vita al servizio di
Cristo e della sua Chiesa.
Scelta maturata negli ambienti familiari e di vita quotidiana, ha richiesto un
ciclo di studi serali di teologia. Il percorso, attraverso incontri, ritiri spirituali, gite, momenti di riflessioni e conviviali, colloqui con il Vescovo, ingresso
nella comunità diaconale, ci ha aiutati
a crescere e a discernere ancora meglio
la vocazione al servizio e la figura del
diacono che si radica nella scelta sacramentale di Cristo servo per Amore,
ad essere segno visibile di quel Cristo,
ad essere strumento che lo attiva e lo
rende fecondo nelle comunità in quella
corresponsabilità della “gratuità dell’inutile”.
Il cammino ha visto coinvolti noi futuri diaconi e le nostre mogli, insieme
per una scelta condivisa e maturata,
Un viaggio che ha avuto inizio sette
anni fa, che con le tappe intermedie di
lettorato e accolitato, ci vedrà presto
“protagonisti” di una nuova avventura
secondo gli incarichi che ci verranno
assegnati dal Vescovo. Presteremo il
nostro servizio a fianco del Vescovo e
dei sacerdoti, nutrendoci alla Mensa
della Parola e del Pane spezzato e trovando forza e sostegno negli incontri
di condivisione mensile della comunità diaconale, che si propone come formazione permanente, ma anche con
la funzione di “confronto e valvola di
sfogo”.
La missione, che ci è affidata da Gesù,
è riportata da Marco nel suo vangelo
quando Gesù, salendo su una “piccola
barca”, lascia i discepoli in mezzo alla
folla. I suoi discepoli devono restare
nella mischia. Il discepolo è tale in
mezzo al suo popolo; luogo della sua
Quando nel 2005 papà ci riunì attorno
al tavolo perché voleva dirci una cosa
importante, tutto avremmo potuto
pensare fuorché quella notizia, tanto
che il solo pensiero ancora oggi ci lascia increduli. “Ragazzi, il Signore mi
chiama a servire Lui e il suo popolo” e
dopo averci spiegato cosa volesse dire,
ci chiese: “Cosa ne pensate voi?”... Lui
un uomo, che negli anni precedenti
la vocazione, era stato così lontano da
questa famiglia, la Chiesa, viene chiamato a diventare diacono. Questo a
dimostrazione di quanto immense siano le opere del Signore e infinita la
ricchezza del suo amore per gli uomini. Scossi e commossi lo abbiamo comunque sostenuto, abbiamo sostenuto
lui e nostra mamma, affinché potesse
accompagnarlo nel migliore dei modi.
Da lì ebbe inizio un lungo cammino
di studi, di impegni, di riflessioni, di
riscoperta di sè e della propria fede. Un
cammino che non ha segnato solo la
sua vita, ma ha coinvolto tutta la nostra
famiglia, con numerosi impegni e sacrifici. Un cammino spesso non facile.
Ma oggi tutto ciò trova soddisfacimento nel volto commosso del nostro papà
che, su quell’alto presbiterio e con la
sua candida veste bianca, dice il suo
definitivo “SI” a Dio
Alessio, Valentina e Ilaria Avataneo
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Chiamati a stupirci
La comunità di Teologia in giornata di fraternità.
“Abbiamo bisogno di prenderci del
tempo, di fare una sosta e parlarci”.
Q
ueste le parole che ultimamente
sento dai gruppi sposi della parrocchia in cui sono in tirocinio
il fine settimana. Coppie giovani e altre
più mature che riconoscono di aver bisogno di darsi del tempo per poter coltivare il loro rapporto. Queste parole ben
si adattano anche a quanto abbiamo vis-
da questa comune vocazione, ritrovare il
senso di una fraternità allargata, riconciliata. Abbiamo deciso insieme di passare una giornata a Ravenna, che anche se
ci ha visti partire presto, circa alle 6 di
mattina (circa, perché come in tutte le
famiglie capita che qualcuno si prenda a
letto…)ha avuto dei ritmi molto distesi
che hanno permesso di non avere il fiato
sul collo e di rallentare un po’ il ritmo
quotidiano. La mattinata l’abbiamo pas-
La comunità di Teologia in gita a Ravenna.
suto giovedì 12 marzo noi ragazzi della
Comunità di Teologia. Ci siamo presi
una giornata per poter stare tutti insieme
e coltivare le nostre relazioni, la nostra
amicizia, la fraternità. Si, proprio fraternità, perché ci ricorda che non ci siamo
scelti in base alle simpatie, ma che condividiamo un cammino che dovrebbe sempre più avere al centro la comune chiamata di Gesù Cristo, e proprio a partire
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sata con il naso all’insù, la bocca aperta
e gli occhi attenti…proprio a dire lo stupore che ci avvolgeva. Ma, stupore per
cosa? Per i bellissimi mosaici della chiesa di S. Apollinare Nuovo e del mausoleo di Galla Placidia. Mosaici risalenti a
1500 anni fa, quando in Italia regnavano i Goti e i Bizantini; tessere coloratissime, in modo particolare blu e verdi, che
creavano personaggi a dir poco stupendi,
come ad esempio le due lunghe processioni di vergini e di santi che si trovano
a S. Apollinare Nuovo. Nel pomeriggio,
dopo un tempo disteso per il pranzo a
pic-nic e qualche chiacchierata o pennichella nel parco dove ci siamo fermati,
siamo partiti di nuovo in autobus per un
piccolo spostamento. Siamo andati sulla
costa, non per fare il bagno al mare visto
il tempo nuvoloso, ma comunque per
godere anche di questo paesaggio. Qualcuno si è divertito a improvvisare una partitella di calcio sulla spiagga,
altri hanno passeggiato
sul lungomare. Sono nate
chiacchierate serene, risate contagiose, confidenze
reciproche non minate
dalla fretta di dover fare
altro…il tutto culminato
poi con la preghiera del
Vespro in spiaggia, con
gli sguardi un po’ stupiti dei pochi passanti che
vedevano dei giovani pregare attorno ad una croce,
improvvisata sul momento. Penso che anche il Signore Dio sia stato volentieri in nostra compagnia
e ci abbia fatto il dono
di poterci stupire davanti a mosaici bellissimi…
ma la sua compagnia di
Maestro ha colto anche
il punto su cui farci lavorare e darci dei ‘’compiti per casa’’. Ci consegna
un compito affascinante ed esigente allo stesso tempo: ritornare sempre ad avere uno sguardo
che sa stupirsi sulla vita
dei fratelli con cui siamo
in cammino, un cuore
paziente che sa rispettare le fatiche proprie e altrui, tessere relazioni il più possibile libere e liberanti e
a ridonarci senza fretta misericordia gli
uni per gli altri. Lo stupore è qualcosa di
bello e di gratuito e il Signore ci invita
con forza a provarlo non solo per le tessere di un mosaico, ma per ciascuno di noi
e per tutti coloro che incontriamo nelle
nostre città e nelle nostre parrocchie.
Andrea Pernechele
La comunità “Il Mandorlo” in condivisione…
S
i è conclusa sabato 28 marzo la
seconda settimana di condivisione
presso la Comunità “Il Mandorlo”, occasione in cui la nostra casa si
apre all’accoglienza di altri giovani in
cammino per un tempo di confronto,
di scambio, di preghiera e formazione. Grati al Signore per questa esperienza diamo la parola a due amici che
l’hanno vissuta con noi.
Alberto, Nicola, Nicolò, don Andrea
io per intraprendere un’altra strada.
Questa settimana è stata molto bella
in quanto ci siamo trovati con giovani
più grandi di noi e che abitualmente
vivono diversamente da noi in quanto,
coloro che sono al Mandorlo hanno
vissuto una parte della loro vita lavorando o studiando all’università e ad
un certo punto hanno preso una pausa dalla loro vita abituale per entrare
in Comunità vocazionale e vedere se
mune, cioè il porsi delle domande su
ciò che Dio vuole veramente da noi;
questo porsi delle questioni vuol dire
avere la capacità mettere dei punti di
domanda nella propria vita e capire
cosa va messo al primo posto e cosa è
secondario.
Un momento molto forte di questa
settimana è stato l’adorazione del Santissimo che è iniziata il venerdì sera ed
è finita il sabato mattina.
L’esperienza della settimana di condivisione nella comunità “il Mandorlo”
è una delle più significative che abbia
mai sperimentato. La prima cosa che
ho provato è stato il sentirmi a casa,
anzi, più che a casa: non si è trattato
solo di “accoglienza”, ma piuttosto di
un senso di intima comunione che sin
dal secondo giorno mi ha trasmesso un
grande calore. Nei momenti più semplici della giornata, nella preghiera, lavando i piatti, nel silenzio, ho ricevuto
la testimonianza viva di don Andrea,
Nicolò, Nicola e Alberto, una testimonianza fatta di sguardi, piccoli gesti e
sorrisi, che per me sono stati espressione della bellezza profonda che dimora in quanti scelgono di amare Dio
e di avvicinarsi a Lui. In questi giorni
è stato prezioso il confronto mediato
dalla condivisione delle storie personali di ognuno, poiché ha messo in
luce spiritualità e sensibilità diversissime che mi hanno permesso di interrogarmi sulla mia relazione con Dio.
Torno a casa con molti punti interrogativi, ma anche con la pace nel cuore,
la pace di chi ha avuto il privilegio di
esperire la tenerezza della fraternità.
Emanuele, Gruppo Sichem
Ciao a tutti, sono Sebastiano frequento il quinto anno delle superiori del
Seminario nella Comunità giovanile
e assieme ai miei compagni di V abbiamo vissuto una settimana con i
giovani del “Mandorlo” e alcuni del
gruppo “Sichem” per vivere dei giorni
di condivisione.
Per noi ragazzi di V, questi giorni
sono stati di aiuto per la decisione
che dovremo prendere alla fine di
quest’anno scolastico, ovvero se entrare in Teologia o se uscire dal Seminar-
I partecipanti alla settimana di condivisione.
questo è il cammino per loro; invece
i ragazzi del “Sichem” stanno ancora
maturando la scelta se entrare o no
nel cammino del Mandorlo; invece
noi siamo in Seminario dalle medie e
questi giorni sono stati un metterci in
discussione e un condividere ciò che
ognuno vive nella propria vita e come
ogni persona, con il proprio stile, vive
il Vangelo. Tra noi c’è un punto in co-
Ognuno di noi si prendeva come impegno un’ora della notte per andare
a pregare in adorazione. A me piace
chiamare questo momento come
Notte di Luce perché il Signore è quella Luce che illumina il cammino nella
notte e ci indica la giusta via, per poi
avere la forza di metterci in cammino.
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Fly UP