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Fondi patrimoniali come scudi

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Fondi patrimoniali come scudi
14
Lunedì 24 Gennaio 2011
IMPRESA
L’orientamento recente della Corte di cassazione e di alcune Commissioni tributarie
Fondi patrimoniali come scudi
Sempre più difficile per il Fisco aggredire i beni conferiti
DI
Pagine a cura
LUCIANO DE ANGELIS
R
isulta sempre più difficile per il fisco aggredire e iscrivere ipoteche
su immobili conferiti in
fondi patrimoniali. Con diverse
sentenze, infatti, negli ultimi
mesi, le commissioni tributarie sono orientate a negare a
Equitalia azioni cautelari, per
debiti fiscali, su beni conferiti in fondo patrimoniale. Tale
orientamento, appare sempre
più seguito, seppur con qualche
eccezione, dalle Commissioni tributarie a seguito di due
sentenze della Cassazione del
luglio 2009 e di giugno 2010.
Il vincolo di destinazione. Attraverso la costituzione
di un fondo patrimoniale,
come avviene in genere
per tutte le fattispecie dei
patrimoni destinati, si deroga all’art. 2740 c.c., in
merito alla responsabilità
patrimoniale generale del
debitore. In pratica con
l’istituto in commento,
si crea una eccezione al
principio della par condicio creditorum, prevedendo su determinati beni
(di norma immobili) un
vincolo speciale a favore
degli interessi familiari.
L’apposizione del suddetto vincolo non incide
in alcun modo sulla titolarità della proprietà dei
beni e non fa sorgere posizioni di diritto soggettivo
in favore dei singoli componenti il nucleo familiare. Pur
non creandosi, tuttavia, alcun
soggetto giuridico dotato di autonomia patrimoniale e nessun
ente dotato di personalità giuridica, è pur vero che il distacco
dal resto del patrimonio di un
bene, per riservarlo ad alcuni
creditori con esclusione degli
altri può comportare effetti
economici di rilievo, con rischio
di danneggiare alcuni di questi
a favore di altri.
Fra i creditori potenzialmente danneggiabili da tale vincolo si annovera, in particolare,
l’erario, che potrebbe trovarsi
nella impossibilità di escutere
i suoi crediti avvalendosi dei
beni di uno o entrambi i coniugi
qualora questi siano «scudati»
da un fondo.
Ai sensi della seconda parte
dell’art. 170 c.c. affinché i coniugi possano evitare l’azione
esecutiva sui beni del fondo
patrimoniale è necessario:
1) che i debiti siano contratti
dai coniugi per beni estranei ai
bisogni della famiglia;
2) che al momento del perfezionamento della fonte dell’obbligazione il creditore fosse
consapevole della estraneità
del debito rispetto alle esigenze familiari.
In un’ottica probatoria, peraltro, è da evidenziare come
in sede di opposizione al pi-
Le pronunce delle commissioni
Consenso alla iscrivibilità di ipoteca
sui beni immobili
Comm. Tributaria regionale di Venezia,
sez. 6 sent. n. 4 del 10/11/2009
Contro l’iscrivibilità di ipoteca
sui beni del fondo
Comm. Trib. Prov. Milano, sez. XXI,
n. 437 del 20/12/2010
Comm. Trib. Reg. Piemonte
del 18 maggio 2010
Comm. Trib. Prov. Pisa, sez. VI,
18 marzo 2009, n. 74
T
Trib. Grosseto, n. 280
del 30 novembre 2009
d
Comm. Trib. Prov. Treviso, sez. II,
22 dicembre 2008, n. 112
Comm. Trib. Prov. Torino
C
del 18 novembre 2009 Comm.
d
Comm. Trib. Prov. Treviso, sez. III,
11 dicembre 2008, n. 94,
C
Comm. Trib. Prov. Treviso, sez. III,
5 febbraio 2009, n. 22
Comm. Trib. Prov. Bari,
14 aprile 2008, n. 373
gnoramento spetti al debitore
(coniuge) provare che il creditore conoscesse l’estraneità del
credito rispetto ai bisogni della
famiglia.
In merito all’aggredibilità
fiscale del fondo patrimoniale
«legittimo» (cioè non artatamente costituito per sottrarre
beni al fisco), si confrontano, ormai da anni, due diverse scuole
di pensiero sia in dottrina che
in giurisprudenza.
Secondo un primo movimento
di opinione, il fondo patrimoniale non può essere opposto alla
legittima riscossione dei crediti
tributari. Dette obbligazioni (ex
lege), infatti, nascono indipendentemente dalla volontà del
debitore e non consentono per
la loro stessa natura di stabilire se il creditore conosceva lo
scopo per il quale il debito era
stato contratto, poiché l’ente
impositore non può desumere
dall’esistenza del debito tributario la destinazione o meno
di esso alla soddisfazione dei
bisogni della famiglia. In altri
termini, facendo riferimento, la
disposizione legislativa, ai debiti che il creditore conosceva
esser stati contratti per scopi
estranei ai bisogni di famiglia,
farebbe presupporre che le
obbligazioni di cui si discute
provengano da un’attività negoziale, mentre l’obbligazione
tributaria, avendo natura le-
C
Comm. Trib. Prov. Mantova, sez. 1,
1
10 giugno 2008, n. 71
Comm. Trib. Provinciale di Caserta,
n. 429 del 17 novembre 2007
gale, prescinde dalla volontà
delle parti. Gli assertori della
inopponibilità del fondo alle
pretese tributarie, concludono
il loro ragionamento ritenendo,
il risparmio fiscale delle imposte non versate, senz’altro destinato, a soddisfare, oltre che
i bisogni personali, anche e soprattutto quelli della famiglia,
a cui il coniuge è tenuto.
Altra corrente, prevalente, di
pensiero, ritiene che l’estraneità della costituzione di un fondo patrimoniale, al debito fiscale, adempiute tutte le formalità
previste dalla legge (iscrizione
a margine dell’atto matrimoniale e trascrizione, per i beni
immobili, nei libri immobiliari), è di fatto sempre conosciuta
dal fisco. Ma, soprattutto, che
ai fi ni della validità del vincolo di destinazione costituito
con un fondo patrimoniale, il
criterio identificativo dei crediti il cui soddisfacimento può
essere realizzato in via esecutiva non va ricercato nella natura (ex contractu o ex delicto)
delle obbligazioni, bensì nella
relazione esistente fra il fatto
generatore di esse e i bisogni
della famiglia. In pratica, secondo tale teoria i debiti tributari non sarebbero collegati in
modo «immediato e diretto» con
le esigenze familiari e quindi
non legittimerebbero l’esecutività.
La posizione della Cassazione. Posto che l’esecuzione
dei beni confluiti nel fondo è
consentita soltanto per crediti inerenti ai bisogni della
famiglia, l’iscrizione ipotecaria (intesa quale procedura
prodromica all’esecuzione) su
di essi è possibile solo in quanto il credito risulti avere una
inerenza diretta e immediata
con le esigenze familiari (Cass.
4 giugno 2010 n. 13622; conf.
Cass. trib. 15862, 7 luglio 2009;
conf. Cass. 31 maggio 2006. n.
12998).
Ora, pur nel rispetto dell’ampliamento di quei bisogni familiari, tratteggiati dall’art. 170,
che nel corso del tempo dottrina e giurisprudenza hanno
avallato, appare ben diffi cile
ipotizzare di inserire i debiti
fiscali fra i «bisogni familiari».
Anzi, sembra molto più corretto ritenere che il prelievo tributario, anche se riguardante
imposte reddituali, sia assolutamente in contrasto con gli
interessi della famiglia. Infatti, il prelievo tributario incide
negativamente sulla ricchezza
familiare destinata a soddisfare esigenze del tutto diverse,
sicché appare da ritenersi che
il fondo patrimoniale non possa mai essere posto a tutela di
debiti fiscali e quindi sia non
aggredibile dall’amministrazione finanziaria. Il nuovo art.
96, comma 3° cpc, potrebbe,
peraltro, rendere ancora più
prudente Equitalia in merito
alla iscrizione di ipoteche in
situazione di dubbia legittimità, stante la recente pronuncia
di condanna a indennizzo in
tal senso (seppur per vicenda
di natura extrafiscale) da parte del tribunale di Roma (Trib.
Roma 9/12/2010, si veda ItaliaOggi del 13 gennaio 2011).
In giurisprudenza di legittimità, peraltro, tale ragionamento è stato recentemente
avallato dalla Cassazione in
sede penale, la quale seppur
obiter dictum, in contrasto
con quanto affermato dal tri-
bunale di Pistoia (secondo il
quale la liquidità non corrisposta all’erario da entrambi
i coniugi era stata utilizzata
per le esigenze della famiglia)
ha affermato che il credito fiscale non ha alcuna attinenza
con i bisogni della famiglia,
ma sorge automaticamente
quando si verificano i presupposti che determinano la
nascita di un’obbligazione tributaria (Cass. n. 38925 del 7
ottobre 2009, conf. Cass. Trib.
15862/2009).
Tale orientamento (seppur
non univoco) appare ormai prevalere anche nell’ambito delle
Commissioni tributarie, laddove nel corso degli ultimi mesi
si è avuta una netta prevalenza di pronunce sfavorevoli ai
concessionari della riscossione
(Comm. trib. prov. di Milano,
di Torino, di Grosseto; Comm.
trib. reg. del Piemonte, si veda
in tabella). Nella motivazione
di quest’ultima in particolare,
i beni del fondo patrimoniale
non possono essere oggetto di
ipoteca da parte di Equitalia
per crediti tributari poiché ciò
pregiudica la loro commercialità, e la loro possibilità di
essere monetizzati per far
fronte unicamente ai bisogni
della famiglia. La Commissione ha, inoltre, presupposto che
il debito del contribuente (Iva
derivante dall’attività imprenditoriale della snc di cui era
socio) fosse estraneo ai bisogni
della famiglia.
In definitiva, sembra di poter
affermare che se è indubitabile
che la costituzione di un fondo
patrimoniale potrebbe anche
essere funzionale al successivo
mancato pagamento di imposte
da parte della famiglia che lo ha
costituito e quindi, che lo stesso si presti a essere utilizzato
a fini impropri, è pur vero che,
in tali situazioni il fondo potrà
essere revocato attraverso l’istituto di cui all’art. 2901 c.c., con
rischio di incriminazione per
i costituenti e loro consulenti, rispettivamente per reato
di sottrazione fraudolenta al
pagamento delle imposte (art.
11 dlgs 74/2000) ed eventuale
concorso in tale reato. Qualora però, siano trascorsi cinque
anni, da tale costituzione il
fondo si consolida e la maggior
parte dei giudici tributari (non
tutti si badi) sembrano orientati
a non consentire l’aggredibilità
dei beni per mancato pagamento delle imposte.
© Riproduzione riservata
Altri articoli
sul sito www.italiaoggi.it/ipoteca
La sentenza del tribunale di Roma
sul sito www.italiaoggi.it/docio7
Lunedì 24 Gennaio 2011
IMPRESA
Pertinenze
in salvo
L
e pertinenze dei beni immobili rientrano nel fondo patrimoniale, anche
qualora ciò non venga
espressamente previsto in atto.
Di contro, per immobili costituiti
su terreni inseriti nel vincolo di
destinazione non vale il principio dell’accessione. Anche le
quote di srl risultano tendenzialmente conferibili nei fondi
patrimoniali.
I beni Immobili. I beni immobili costituiscono le principali
tipologie di beni su cui viene costituito un fondo patrimoniale,
sia per la meno frequente trasferibilità, sia per il loro oggettivo
valore intrinseco in relazione ai
bisogni della famiglia.
Da evidenziare che in realtà l’oggetto del fondo non è «il
bene», ma il diritto sullo stesso
e che può non essere quello di
proprietà. Infatti, si può costituire un fondo non solo sul diritto
di proprietà, ma anche su altri
diritti reali (per es. il diritto di
usufrutto, di superficie o di enfiteusi). Il vincolo in oggetto opera
anche per i frutti (tipicamente
proventi da locazione immobiliare) prodotti dai beni immobili. I
frutti devono, infatti, considerarsi a pieno titolo beni del fondo,
nonostante il vincolo sugli stessi non risulti pubblicizzabile.
Ne consegue, che questi ultimi
saranno sottoposti alla stessa
disciplina degli altri beni.
In merito ai beni immobili va
chiarito che le c.d. «pertinenze»
(per es. una cantina, un posto
macchina o un garage esterno
all’abitazione ecc.) in virtù delle disposizioni di cui all’art. 818
c.c., rientrano automaticamente
nel fondo nel caso in cui nello
stesso venga conferito l’immobile principale. In senso conforme
si è pronunciata anche la giurisprudenza, evidenziando che la
volontà di escludere la pertinenza dalla disciplina inerente l’immobile principale dovrà trovare
specifica manifestazione (Cass.
17/1/2003 n. 634).
Va, invece, chiarito che se nel
fondo è stata conferita la proprietà di un terreno, e i coniugi,
per il principio di «accessione»
divengono anche proprietari
dell’abitazione su esso realizzata, tuttavia, su quest’ultima
non verrà automaticamente a
instaurarsi il vincolo del fondo
patrimoniale.
I titoli di credito. Ai sensi
dell’art. 167 c.c. anche i titoli di
credito possono essere destinati
al fondo patrimoniale. Questi devono essere vincolati, rendendoli
nominativi «con annotazione del
vincolo o in ogni altro modo idoneo». Si tratta della pubblicità
attuata ai sensi dell’art. 2024
c.c. (annotazione sul titolo e sul
registro dell’emittente). Ci si
deve chiedere, a riguardo, se fra
i titoli di credito conferibili nel
fondo siano da inserirsi anche
quelli dematerializzati di cui al
dlgs 213/98 e quelli infruttiferi.
Sia alla prima che alla seconda
15
Beni che possono essere destinati al Fondo
questione non può che rispondersi positivamente. Da un lato,
infatti, i titoli dematerializzati
costituiscono ormai la maggior
parte dei titoli azionari e il loro
inserimento fra i titoli di credito è pacificamente accolto in
giurisprudenza (si veda Cass.
14/6/2000 n. 81079), dall’altro,
conferibili nel fondo possono
essere anche i titoli infruttiferi
visto che gli stessi possono soddisfare i bisogni della famiglia
attraverso la vendita o la cessione degli stessi in garanzia.
Le quote di srl. Sulla conferibilità nel fondo patrimoniale
di quote di srl si è molto discusso in dottrina e giurisprudenza. Una prima posizione,
ritenendo estranea la natura
delle quote rispetto a quella
dei titoli di credito, equipara
le stesse ai beni mobili e ne
nega la conferibilità nel fondo.
Altra posizione è invece quella che, connota le quote come
bene mobile immateriale, ma
iscritto a un pubblico registro
(in senso conforme depone il
novellato art. 2470 c.c.) e come
tale equiparabile ai beni mobili registrati. Molti conservatori
dando rilievo alla funzione di
pubblicità e trasparenza che il
Registro delle imprese assolve,
si attengono ormai a detta posizione e ritengono iscrivibili
fondi patrimoniali su quote
di srl (Reg. imprese Milano
5/5/2001; conf. Reg. imprese
Brescia 28/10/2003). Nel senso della iscrivibilità del fondo
patrimoniale su quote di srl si
è espresso, post riforma del diritto societario, anche l’istituto
di ricerca del Consiglio nazio-
nale dei dottori commercialisti
(Studio dell’ottobre 2007).
I beni mobili registrati. Fra
i beni mobili registrati rientrano quelli di cui all’art. 815 c.c.,
che costituiscono una categoria
aperta. Sono tali le navi, i macchinari, i galleggianti, gli aeromobili e gli autoveicoli iscritti al
pubblico registro automobilistico, tutti beni che sono suscettibili di sfruttamento economico
e quindi in grado di produrre
frutti utilizzabili in tal senso.
Possono essere inseriti in
detta categoria anche i brevetti
per invenzioni industriali e quelli per marchi i quali, a seguito
della riforma dell’art. 2573 c.c.
(dlgs 480/92), possono essere
trasferiti indipendentemente
dall’azienda.
© Riproduzione riservata
Fondo non aggredibile dai creditori d’impresa
I debitori dei coniugi,
per vicende attinenti la
I
gestione dell’impresa,
non possono aggredire i
beni conferiti in un fondo
patrimoniale. È questo
l’orientamento giurisprudenziale prevalente di
questi ultimi anni, anche
se, di fatto, spetta al giudice di merito valutare le
questioni caso per caso.
L’aggredibilità dei
beni. Una delle «zone
grigie» attinenti l’aggredibilità del fondo patrimoniale riguarda la «tenuta
dello stesso a fronte di
debiti contratti da coniugi nell’ambito dell’attività
d’impresa. A riguardo, alla luce dell’art.
170 c.c., due sono le questioni oggetto di
valutazione e cioè, da un lato se l’esercizio
dell’impresa da parte di uno dei coniugi
abbia una inerenza immediata e diretta con le esigenze della famiglia, e poi il
fatto o meno che il creditore conoscesse
l’estraneità del debito rispetto agli interessi familiari.
A riguardo, con molteplici sentenze la
Cassazione ha ritenuto che i bisogni della famiglia siano da interpretarsi in senso
ampio (da ultimo Cass. 7/7/2009 n. 15852)
e cioè non solo in quello di soddisfare i
bisogni indispensabili, ma contemplando
tutte le esigenze per l’armonico sviluppo
bisogni della famiglia
della stessa, ritenendosi escluse solo le esigenze voluttuarie o quelle caratterizzate
da intenti meramente speculativi. Tali
interpretazioni rischiavano però di far rientrare nelle esigenze familiari qualsiasi
investimento dei coniugi nelle attività
imprenditoriali o professionali.
La Suprema corte allora con sentenza
31/5/2006, n. 12998, ha chiarito alcuni
aspetti, evidenziando come non sia corretto ritenere che: «… ogni qualvolta
uno o entrambi i coniugi svolgono attività d’impresa per ciò stesso lo fanno per
soddisfare i bisogni della famiglia…» ai
fini della corretta interpretazione della
norma è invece da valutarsi: «... se l’ob-
bligo, fonte del debito sia stato
a origine contratto per soddisfare bisogni della famiglia…
Diversamente opinando ogni
esercizio di attività d’impresa
(e non solo) verrebbe per ciò
stessa intrapresa e svolta per
esigenze della famiglia e non
potrebbero sussistere attività
che non siano destinate a soddisfare i bisogni della famiglia
stessa.». E ancora: «… in tema
di fondo patrimoniale, il criterio
identificativo dei crediti il cui
soddisfacimento può essere
realizzato in via esecutiva sui
beni conferiti nel fondo, va ricercato nella relazione esistente tra gli scopi per cui i debiti
sono stati contratti e i bisogni
della famiglia, con la conseguenza che
l’esecuzione sui beni del fondo o sui frutti
di essi può aver luogo qualora la fonte e la
ragione del rapporto obbligatorio abbiano
inerenza diretta e immediata con i bisogni
della famiglia».
Da quanto sopra si evince che le spese relative al miglioramento e allo svolgimento
dell’impresa o della professione non possono ritenersi effettuate in adempimento di bisogni familiari, dal momento che
il primo beneficiario di esse è il titolare
delle stesse, e solo parzialmente e mediatamente la famiglia di appartenenza.
Mancherebbe, quindi in dette situazioni
quella inerenza «diretta e immediata ai
bisogni della famiglia», fondamentale, per
la Cassazione, per consentire ai creditori dell’imprenditore o del professionista
il pignoramento dei beni costituiti nel
fondo (in senso conforme Trib. Mondovì
13/10/2005).
L’onere della prova. L’onere della prova, in merito alla conoscenza da parte del
creditore dell’estraneità del debito dai
bisogni della famiglia, compete di norma
ai coniugi. In alcune circostanze, tuttavia (es. nel caso di crediti del dipendente
dell’impresa), la Cassazione ha ritenuto
che far gravare sull’imprenditore coniuge
la dimostrazione che il creditore fosse a
conoscenza che il reddito prodotto dall’impresa non fosse destinato alla famiglia, costituirebbe «probativo diabolica», peraltro
di carattere negativo, invertendo di fatto
l’onere della prova (ancora Cass. 31/5/06,
n. 12998).
Non può sottacersi, in conclusione, che
in ogni caso spetterà al giudice di merito
valutare se l’atto compiuto abbia o meno
un’effettiva connessione con le esigenze
della famiglia, così come costituisce accertamento di fatto quello relativo alla riconducibilità dei beni alle esigenze della famiglia, il quale è istituzionalmente rimesso
al giudice di merito e censurabile in sede
di legittimità solo per vizio di motivazione. Tale circostanza rende pur sempre la
protezione, rinvenibile dal fondo, assoggettata a una qualche aleatorietà.
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