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Onirismo, sogno individuale, sogno di gruppo Jung e la sua scuola

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Onirismo, sogno individuale, sogno di gruppo Jung e la sua scuola
Onirismo: sogno individuale, sogno di gruppo, in Psicoterapia e Istituzioni, 2, 2001.
Onirismo, sogno individuale, sogno di gruppo
Jung e la sua scuola hanno concepito la mente individuale e sociale in modo
sostanzialmente diverso dalla dottrina freudiana, contrastandone gli elementi di
sistema autoreferenziale e di organizzazione gerarchica e spostando l'asse della
ricerca verso l'elemento dell'appartenenza collettiva. Da questa diversa prospettiva è
conseguita una valorizzazione di tutti quegli aspetti della vita profonda e inconscia
degli individui (e delle culture, secondo la modellizzazione archetipica ) che si
presentano come connessi fra loro e connessi con matrici comuni. La natura del
sogno è ricondotta al modello dell'appartenenza e della tramissione collettiva, nel
contesto di una visione orientata a valorizzare l'intersezione della vita e della vicenda
inividuale con le concomitanze della vita universale e filogenetica, riemergenti dalla
trama archetipica, ricorrenti per cicli ed epifanie spazio-temporali, e appartenenti alla
vita del cosmo e alle sue rappresentazioni (mitologiche, religiose, semantiche,
astrologiche ecc.) che l'inconscio collettivo contiene e riproduce.
La valutazione e la finalità del bisogno umano di vincere l'angoscia della solitudine
e insieme dell'indifferenziazione e le esigenze dell'autoindividuazione, sono state
svolte in modo molto diverso quindi dal modello che compare nella teoria freudiana.
Il vertice di questo bisogno, che valorizza l'aspetto collettivo, sposta il senso e il
modo dei processi dell'integrazione intrapsichica: questi vengono piuttosto visti come
elaborabili all'interno dell'esperienza dell'aggregazione e in modo profondamenete
collegato con l'ordinamento armonioso degli elementi universali, dei loro legami
reciproci e delle loro rappresentazioni (Zanasi, 1995). Bion ha studiato in modo
diverso la connessione profonda della mitopoiesi degli individui e dei gruppi, con il
loro bisogno di depositare i caratteri e il senso dell'esperienza inconscia,
indifferenziante e collettiva, in cicli temporali capaci di esprimerne i significati e una
possibile forma o organizzazione. Lo studio del mito come contenitore degli elementi
primitivi dell'organizzazione mentale e sociale, del loro funzionamento e del loro
lavoro (Americo, 1987), vale per Bion come rappresentazione di elementi di una
griglia di concettualizzazioni relative alla sua teoria dell'apparato mentale. Valgono
da esempi l'idea della funzione reciproca contenitore-contenuto; il concetto di
posizione (in luogo di quello di fase di sviluppo) e di oscillazione, e quindi di
temporalizzazione, (in luogo dei processi orizzontali e spaziali degli stadi evolutivi
degli oggetti interni kleiniani); la concezione della proprietà dell'apparato mentale di
pensare e rappresentare i pensieri - e i protopensieri, più vicini all'espressione e al
funzionamento organico - e di evolverli verso una pensabilità o sogno, che li
trasforma (Bion, 1992). Il mito come formazione collettiva e longitudinale equivale
in Bion alla sonda psicoanalitica e ci prospetta una concezione della mente come
un apparato che dispiega nel tempo il suo essere e il suo divenire, apprendendo
dall'esperienza a conoscere e conoscersi (1962). Così il mito edipico freudiano è stato
da Bion arricchito di nuove figure e figurazioni (Tiresia, la Sfinge, Palinuro) che
articolano a ulteriori configurazioni l'esplorazione e la rappresentazione dei processi
mentali precoci1. Così anche il mito di Ur, nel quale la scoperta operata dai ladri delle
tombe reali, successiva di cinquecento anni agli eventi portati alla luce, svela le tracce
e i resti del suicidio collettivo della corte, appartenuti a un rito funebre di genere
magico, rappresenta un'epoca precedente della storia e della mente, e un tempo della
sua elaborazione verso la conoscenza. Dopo tale tempo, durato cinquecento anni, può
realizzarsi la transizione da un mondo nel quale il contatto con la morte e
l'indistinzione dispiegava il suo valore cerimoniale preservante, fino ad un
riconoscimento del suo significato. Il mito ordina il modello degli elementi della
griglia bioniana, nella quale l'atto conoscitivo analitico è presentato nella sua
complessità sequenziale, e multidimensionale.
Sembra che queste configurazioni prospettate da Bion non debbano aumentare
l'idea di un sistema collettivo della mente o dell'anima, sulla quale è basata la cultura
junghiana dei miti, delle religioni, degli astri e delle simbologie universali e il
1
concetto di archetipo. Ma invece l'idea che i diversi sistemi ai quali la mente
afferisce, anche i più profondi, indifferenziati, filogenetici e i più sociali della mente
individuale, potrebbero tendere alla progressiva selezione e discriminazione, qualora
la funzione del pensare i pensieri possa essere attivata. Appare che i due tipi di
processo di individuazione immaginati da queste concezioni, tendano a prospettive
diverse, ancorché entrambe basate sull'idea del terrore ipotalamico (1983) della
solitudine, del caos e dell'ignoto e sul bisogno di individuazione e coesione
dell'individuo e dei suoi legami sociali.
Ancora altre prospettive, vicine al nostro tema, sono proposte dai differenti modelli
secondo i quali è stato studiato il rispecchiamento (Pines, 2002), da Winnicott (1971),
da Lacan (1949), da Kohut (1971): sia nel senso di poter esplorare aspetti
specularizzati, simmetrici e indifferenzianti della mente individuale. Sia nel senso di
cogliere fenomeni di attrazione, calamita , isomorfismo (Kaës, 1993), gemellarità
(Kohut, 1971) che regolano alcuni funzionamenti della vita mentale dell'individuo e
anche del gruppo.
Un'idea che ci avvicina ancora di più al tema delle qualità del sognare da soli o nel
gruppo, è quella di campo, definito da diverse prospettive (Neri, 1995), ma più in
particolare secondo l'idea di una dimensione sovraindividuale e sovrapersonale che
può attivare funzioni sociali di elaborazione di esperienze accomunanti.
Anche la socialità sincretica di Bleger (1967) e la descrizione di quegli aspetti
della mente individuale, tendenti ad assimilarsi e scambiarsi confusivamente con altri
elementi che appartengono a un'altra mente o anche a entità inanimate, nelle quali
possono venire depositati, introdurrebbe un elemento che qualifica le somiglianze e le
differenze di funzionamenti onirici che si sviluppano in situazioni sincretiche.
È così pure l'idea dei fenomeni trans-temporali e transpersonali (Neri, 1995)
del gruppo, i quali sono veicolati da elementi che non appartengono agli individui né
al setting in senso tradizionale, ma ad alcune qualità che questi insieme producono e
sviluppano (ad esempio l'atmosfera della seduta; il medium ambientale che veicola la
sua rete percettiva; l'effetto della mentalità primitiva e degli assunti di base).
Gli studi recentemente incrementati sulle personalità borderline (Correale, 2001)
sono anche particolarmente utili alla comprensione di alcune delle condizioni che
stiamo descrivendo. Gli stati mentali confusi, intermittenti e interferiti, tendenti alla
dissociazione, alla rottura e alla trasformazione nell'opposto, legati a vissuti
soggettivi depersonalizzanti, devitalizzati, di impulsività, di disarcionamento, deriva,
disintegrazione, sono stati studiati con approcci differenti. In ogni caso si tratta di
aree mentali non regolate da un centro autorganizzante e da un sistema di confini
adeguato. Piuttosto ritroviamo facilmente organizzazioni psichiche di tipo poroso,
tendenti a incamerare o imitare o assimilare facilmente elementi psichici altrui;
oppure ritroviamo che i confini, verso l'interno e verso l'esterno sono rigidi; molto
spesso abbiamo l'esperienza di capacità profonde di contatto inconscio, quasi del tipo
transpersonale. Siamo quindi di fronte a un genere di esperienza e di ordinamenti, che
attengono profondamente al campo di elementi della nostra trattazione.
Diversi contributi apparsi nell'anno 1999, in occasione della celebrazione del
centenario dalla Traumedeutung di Freud, e in particolare quelli dedicati allo studio
del sogno di gruppo (vedi Funzione Gamma numeri.1, 2, 1999), hanno studiato la
relazione di scambio profondo fra i membri del gruppo, attivata dal campo, in
relazione alla produzione del sogno, per la quale un contenuto psichico può essere
espresso e portato da un componente a nome di un altro (Kaës, 1993); o un
membro in particolare può venire investito e incaricato dal resto del gruppo della
funzione e del bisogno di sognare ( portasogno , ibidem); o una condizione di
interfaccia e intersezione fra due o più componenti del gruppo può condurre al
sognare scene interne alla mente di un altro; o anche, le risorse specifiche del social
dreaming (Lawrence, 1998) conferiscono al sogno di gruppo qualità specifiche.
Reputo allora molto significativo e ricco di insegnamento il poter porre questa
domanda: perché i sogni individuali delle pazienti anoressiche, che possono essere in
parte simili fra loro in parte del tutto differenti, sono in un certo senso diversi dai
sogni che i pazienti - portatori della stessa configurazione - producono nel gruppo e
anche, per altri versi, simili. Questa domanda concerne e coinvolge tutta una serie di
elementi, sui quali alcune ricerche sono state fatte, mentre altre sicuramente
mancano.
Un sogno per sei
Parlerò di una esperienza personale particolarmente significativa nell'ambito delle
considerazioni che stiamo svolgendo. Questo elemento introdurrà il tema del timore
del contagio, e ci porterà per questo a vedere anche gli aspetti del rispecchiamento,
dell'indistinzione, o della socialità sincretica di cui parla Bleger (1967); o ancora
del gruppo come oggetto-sé , che rifornisce di appartenenza, o anche di esperienze
di onnipotenza fruibile (Neri, 1995.), di coesione e di efficacia nell'affrontamento
delle realtà quotidiane.
Si tratta di una segnalazione breve ma molto coinvolgente.
In un gruppo di sei pazienti anoressiche, nel periodo di sei sedute successive, tutte a
turno, una per seduta, portarono in sequenza il medesimo sogno, variato ogni volta di
pochi elementi. L'immagine consisteva nella comparsa repentina dal fondo, o
pavimento, o prato, o terra, di un serpente nero o scuro, intero o fatto di segmenti,
lunghissimo o infinito; in ogni caso orrido e pauroso.
A seconda il punto di vista che usiamo, possiamo dare di questo sogno e della sua
ripetizione rituale, valutazioni fra loro diverse. A seconda le notizie che abbiamo del
contesto nel quale si è generato, possiamo reputare utile entrare nel merito del
contenuto; della sua serialità e delle sue variazioni; della sua ripetizione. Oppure
esplorare il suo carattere di azione , volta a esprimere, specificamente, l' azione
del temuto contagio, nel contesto monosintomatico.
In ogni caso, l'aspetto interessante sta nella natura di quell'elemento del gruppo, del
campo del gruppo, che è diventato veicolante dell'identico e della sua espressione
ripetuta e ritualizzata. E' un elemento di azione (per esempio l' azione che ha
selezionato il gruppo monosintomatico) che produce il sognare uniforme? E, in
questo caso, si può ipotizzare che questa azione
stimoli la nascita di una pelle
germinale (Bick 1974; Anzieu, 1985, 1987-1997; Marinelli 2000)? E che tale pelle
sia destinata a contenere organi interni negati, sentiti come informi, disseminati e
smembrati, o appartenenti a una massa indistinta (Bernabei, 1990)? E che la messa in
comune, la contiguità, la prossimità dei primi movimenti di legame e di
rappresentazione onirica, seppure sotto forma di
azione , potrebbe riattivare il
movimento di questi organi-contenuti?
Oppure piuttosto l'ideazione identica potrebbe essere frutto di un'esperienza di
diffusione immobile nel gruppo, orientata piuttosto al tentativo di esprimere il proprio
contrario (il serpente, come la forma, e il movimento, del desiderio arcaico segreto,
negato, e perduto) producendo un sigillo, un ideogramma cristallizzante (che contiene
cristalli), che segnala l'appartenenza criptica, segreta, inclusa .
La bilancia, il Tempo, il confine
Nel gruppo anoressico e bulimico sembra che gli elementi della seduta, nel
processo di analisi, debbano essere tenuti costantemente, per mezzo di una assidua e
vigile attenzione monitorante del gruppo, in stato di equivalenza, di bilanciamento, o
sospensione, e anche di rilancio continuo. La condizione di sosta (per assaporare,
sentire, pensare) rischia di essere punita o espulsa; l'obiettivazione assomiglia troppo
alla tirannide della differenza e può anche essere sentita, che è peggio, come un atto
ingestivo; la proposta assertiva crea fuga e abbandono, o rivolta contro la minaccia di
un'invasione colonizzante (Tagliacozzo). Il gruppo deve piuttosto poter usare i propri
mezzi specifici, come la valorizzazione del mentale e dell'intellettivo, contro il
corporeo: cosicché l'esperienza del sensuale, del sensoriale, del bisogno fisico e
somatico, possano essere solo raggiunte eventualmente con l'intelligenza - almeno in
una prima fase. Anche la parità democratica dei legami orizzontali e verticali è
essenziale nel gruppo, in luogo della violenza rivaleggiante, sentita devastatrice e
cannibalica; e ancora in particolare la concezione o fantasia di un'appartenenza
generale inclusiva e segreta, può aiutare a evitare lacerazioni precoci, e a rievocare
in modo simmetrico nascite mai avvenute e esperienze di inclusioni disturbanti.
Queste, e altre caratteristiche, potrebbero favorire un clima, all'interno del gruppo,
tale che confessioni, esperienze, idee, ricordi, vicende e legami affettivi, possano
germinare in modo genuino e favorire la mobilizzazione di quelle risorse che
l'anoressia ha cristallizzato, congelato, ridotto a unità immobile e arroccata, o la
bulimia ha reso appiattite e violente, orientate alla perdita di discriminazione e alla
concretezza violenta.
In un certo senso, il gruppo sembra sapere che il nulla, praticato e idealizzato, ma
anche negato e scisso, è una dimensone frequentabile purché vi si sia accompagnati
senza saperlo, malgré soi, o con una parte di sé che non sembri coinvolgere l'altra quella opposta. Quando l'incontro avverrà (con il nulla e il negato, o con l'altra parte
di sé) sarà troppo tardi per tornare indietro e soprattutto allora la perdita della malattia
come rifornitrice di identità, potrebbe essere divenuta meno intollerabile: in ogni caso
il canto di Orfeo, che voltandosi può perdere Euridice, sembra restare sempre
presente nella fantasia del gruppo, come una forma di ancoraggio dell'esperienza di
non essere, e come un aspetto dell'identità che copre un naufragio del passato, ma
anche un'imminenza del vuoto (Winnicott, 1965).
La comunicazione nel gruppo anoressico è spesso molto veloce, attualizzata,
brillante, tonica, perché deve contenere una morte del Tempo e una confusione fra ciò
che è avvenuto e ciò che ancora non esiste, e una mancanza di discriminazione fra la
propria presenza e la presenza degli oggetti esterni a sé nella successione temporale; e
fra l'esperienza dell'assenza, o sparizione, e quella della propria sovradeterminazione,
tendente all'infinito.
Sembra che la fuga dal Tempo e da ogni identificazione determinata che vi si possa
collocare e precisare abbia a che vedere non soltanto con l'espulsione fobica descritta
da Ferrari (1994), e che potremmo considerare una variante specifica dell'assunto di
base bioniano di attacco-fuga, ma anche con una qualificante esigenza di intrattenere
una relazione segreta con un altro o un'altra, o una metà di sé, che, a scambio,
potrebbe essere virtualmente migliore o la migliore, o anche peggiore o la peggiore.
In ogni caso si tratta di un contrario sistematico, o sistemico, che viene preferito
all'esperienza reale della collocazione nel tempo-spazio. Non credo che il modello del
gemello immaginario di Bion (1958) sia da invocare qui, anche se risuona con
questi elementi, e neppure l'idea salvatrice delle speranze
aristocratiche
che
circolano nel suo assunto di base di accoppiamento2 (Bion, 1961). Piuttosto credo che
vi sia, se così si può dire, un assunto di base che assumo come specifico della
posizione anoressica del gruppo, consistente nella possibilità di ritorno al nulla e
alla sua reinclusione regressiva e mortifera: sia come identità negativa, nel senso
descritto da A.Green (1966-1985); sia come necessità specifica di bilanciare la
complessità omeostatica delle esperienze primarie e secondarie di annullamento,
tentando di contrarle e di rappresentarle nell'unità immobile e originaria. In essa il
Tempo-Spazio è unico e unitario, la sequenzialità, la differenza, la molteplicità sono
ridotti e annullati.
Questa tendenza è anche frequentemente sostenuta dall'adozione di difese
erotizzate, a sfondo soprattutto crudele, le quali sembrano avere una importante
funzione di lotta contro la depressione e il senso di vuoto devitalizzante, che diviene
intollerabile quando la pretesa possessiva e inglobante dell'unità immobile si rivela
impotente.
Il ricorso all'anoressia ha avuto sicuramente, quando si è instaurata, una funzione
autoconservante. Essa è stata un tentativo di separazione autodifferenziante, a fronte
di un'esperienza di inclusione e di annullamento (Mc Dougall, 1990); e anche una
rappresentazione della traccia che gli eventi traumatici avevano impresso alla perdita,
alla mancanza, al rifiuto. Questo rifornimento identitario e autonomistico della
anoressia, come movimento estremo di separazione, continua ora nel gruppo, ed ha
una nuova funzione germinante (staminale) di sviluppare un contenitore-pelle
(Anzieu, 1985) capace di vicariare un senso di sé vuoto o nullo.
Il doppio come il corpo mancante
2
In particolare si può anche notare come la rappresentazione che comunemente
compare nel gruppo, relativa a un mondo doppio o diviso, utilizzato per esprimere
elementi di vuoto e di annullamento, sembri in particolare derivata dall'esperienza di
una specifica perdita originaria, rappresentata soprattutto nel corpo (vuoto, nullo,
castrato, negato ecc.). Sembra che si possa vedere come la creazione del duplicante o
sdoppiante di sé, così comune in questi pazienti, e che nel gruppo assume l'aspetto di
sviluppo della fantasia di creazione di un anti-gruppo, o contro-campo, sia non solo il
frutto di una scissione, i cui prodotti stessi sono anche stati negati; ma che essa abbia
avuto, in un tempo precedente, una funzione sositutiva della funzione che avrebbe
dovuto avere l'insediamento corporeo, e il suo riconoscimento. Il corpo è apparso
invece come un estraneo (Greenberg, Mitchell, 1983) rifiutato e su di esso sono
cadute tutte le fantasie di annichilimento e di annientamento. La funzione difensiva
da questa esperienza di annientamento abissale si sarebbe svolta, a titolo di
sopravvivenza e in assetto persecutorio, ad opera del pensiero, ipervalutato nei suoi
versanti diversi (che successivamente potrebbe equivalere al sapere, alla speculazione
conoscitiva, alla creatività artistica, sociale, politica, religiosa, quando qualche
sublimazione e simbolizzazione abbia potuto riuscire). Il pensiero, che eredita
l'esperienza mancata del corpo, delle sue caratteristiche e delle sue sostanze, e che
contiene un duplicato nato dalla traccia di tale mancanza, è trattato alla stregua di un
ostaggio interno (del corpo negato): esso guarda il mondo da una finestra
specializzata, nel cui panorama si sono stabilizzati elementi di sospetto, di manìe
belligeranti, di continui progetti di difesa, al fine di mantenere un assetto attivo e
rivitalizzante, di ricerca dell'orientamento e del controllo dei confini.
I confini sono sentiti come soggetti all'incursione esterna e interna, e al pericolo
permanente della colonizzazione, sia ad opera dell
altro , del mondo esterno , sia
ad opera del mondo negato, che è racchiuso nel corpo - il bisogno, il desiderio, la
fragilità della dipendenza sensoriale, sensuale. La soglia fra i due mondi interno ed
esterno, in una organizzazione psichica così concepita, non ha avuto occasione di
prodursi: l'andirivieni delle attività sostitutive descritte equivale a un tentativo o di
produrla, o almeno di vicariarla, seppure spesso in termini rigidi e artefatti.
Bion descrive questi aspetti disturbati o assenti (Soavi, 1990), relativi ai nuclei
arcaici della mente e alla confusione dei suoi aspetti somatici e protomentali3, in
termini di relazione fra elementi alfa e elementi beta, e chiarisce soprattutto la
funzione dello
schermo
4
(1992) e della membrana divisoria che li separa, li
organizza, e conferisce loro specificità, e senso al loro processo di aggregazionedifferenziazione, come processo evolutivo di scambio, o al contrario di separazione
rigida e perdita dei confini.
Le esperienze mancate, o perdute, o rifiutate, o rinunciate, o abusate di questi
pazienti si presentano sempre, al primo contatto, come ammassi, come statue mute,
come caos immobile, arroccamento, violenza.
Se il gruppo sarà stato aiutato a sviluppare una tolleranza narcisistica, al dolore di
essere lì, e alla sorpresa che vi sia anche l'altro, tutto il racconto allora vi potrà
nascere e quasi rifabbricare una visione di sé. Il gruppo troverà le vie per produrre
una rappresentazione di sé (Neri, 1995) come esistente e creatore d'identità; di storia;
di rielaborazione del trauma ripetuto e della possibilità di riconoscerlo
collettivamente, rianimandolo con rituali rivisitanti e trasformativi (Marinelli, 2000c):
potrà prendere forma una rappresentazione del gruppo come primo oggetto del quale
si può avvertire ed elaborare la nascita (che era mancata o non era integrata con
quella biologica); e, anche, come nascita di un primo elemento separativo e
discriminante e un abbozzo di concezione del dentro e del fuori.
Evoluzione dei sogni
Dopo la nascita minacciosa e contagiosa del rettile dal buco, vi saranno gli ossari
comuni e anonimi. I macellai squartanti; le carni sbranate e sparse. Poi gli animali
sezionati, rotti ma vivi. Le prime culle con bambini, e con un cane minaccioso dietro.
3
4
Le prime tavolate con bambini in cerchio, pannolini e pappe. Più tardi
l'anfiteatro;l'aula universitaria dove si scrivono libri, come Orme e Solchi . Gli
artisti e i filosofi che scolpiscono zattere e volti di Cristo crocifisso.Le prime carte di
identità. Le visite ginecologiche, con uteri aggressivi e feriti, in pericolo, e poi
medicati e resi capaci di partorire...
Il sogno individuale
Anche se alcuni elementi della scena onirica e della sua evoluzione durante l'analisi
della condizione anoressica, sono simili nel setting individuale, pure si possono
precisare utilmente molte differenze signiificative.
Si è detto che sono inerenti alla condizione anoressica molte esperienze ripetute del
doppio, e delle sue varianti, descritte, secondo diversi modelli, nei termini della
duplicazione; del double-face; del reciproco; dell'oggetto-filiato, all'interno del
legame narcisistico (Bernard 2003); dell'oggetto narcisistico ermafrodito (quale
quello descritto da Chiozza (1978), nei termini di un traumatismo prenatale che ha
reso inelaborabile per l'embrione, incapsulato nell' esperienza dell'incesto primitivo e
del parricidio, l'integrazione alla nascita di quegli elementi arcaici, i quali
riemergerebbero nel processo della malattia neoplastica).
Farei anche l'ipotesi, spesso suffragata dall'osservazione e dall'esperienza, che
questa frequentazione 'organica' dell'esperienza di duplicazione, sia esattamente
quella che si è originata in un tempo precoce: più precisamente, si è sviluppata in
luogo di un'altra esperienza, che invece è mancata, o è stata gravemente disturbata e
traumatizzata, o è stata così paurosa da essere negata. Cioè l'esperienza della nascita
del Sé corporeo e del suo insediamento e rappresentazione: la cesura che si è
verificata lungo l'asse di sviluppo delle esperienze di costruzione del Sé, ha prodotto
una funzione o struttura difensiva e vicariante, un doppio negativo, privo dell'oggetto
dal quale è nato (il corpo). Dal corpo mancato, e dalla traslazione delle sue qualità
perdute, denigrate, o idealizzate, (scisse e negate), questo nuovo sé duplicante tenderà
a trarre stimoli, ideazioni, conoscenze e competenze, ricordi, nostalgie, tendenti alla
attività metamorfosica continua e infinita e allo sviluppo di un contatto molto acuto
con i suoi funzionamenti. Il tipo di conoscenza sviluppata dalla nuova coppia
negativa potrà essere acuto, a volte profondamente sintonica, capace di valicare i
confini e le differenze personali (Pallier 1990); e il suo veicolo negato, il corpo, sarà
oggetto di curiosità, di comunicazione profonda, di legame intenso.
Gli studi in campo neurofisiologico sul modo di trattare il corpo dei pazienti
anoressici, dal punto di vista di esprimersi per mezzo del portamento, della postura,
dell'organizzazione muscolare, dello sguardo, indicano il bisogno che abbiamo e che
essi ci comunicano, di ricollegare movimenti profondamente dissociati e confusi che
si sono svolti al livello delle esperienze dell'integrazione mente/corpo.
Nel normale processo di sviluppo psichico, la soglia che crea la discriminazione
interno-esterno e il processo separativo dei due ordini di sequenze esperienziali e
rappresentazionali, prendono le mosse dalla prima cesura (Bion, 1962), quella della
nascita biologica, e continueranno a svilupparsi durante le prime esperienze
neonatali, fino a quando il processo di separazione-individuazione (Mahler, 1978)
possa dirsi sufficientemente organizzato. Va precisato, a proposito della continuità
del processo di separazione-individuazione, come si ritrovi nel concetto di
posizione
5
e oscillazione
6
di Bion (Correale, 1987), e nella sua idea di una
coniugazione cognitiva ed evolutiva degli affetti con i processi di apprendimento, la
concezione che tale processo evolutivo e oscillatorio sosterrebbe le crisi e le
riorganizzazioni identitarie durante tutto il corso dello sviluppo e che sia attivo lungo
tutto il corso della vita. Possiamo immaginare forse, che anche la soglia della
differenziazione si crei lungo un tempo necessario, di una esperienza continuata e
armoniosa di rappresentazioni somatiche e psichiche tendenti alla complementarietà e
all'integrazione.
Se invece tale vertice nuovo e transizionale, terzo rispetto alla mente e al corpo, non
si crea per compiere questo movimento, allora è come se le esperienze di relazione
5
6
fra lo psichico e il somatico, che pure continuano a maturare nella crescita, si
basassero su un tipo di apprendimento dissociato e appiattito. Il corpo può essere
visto dall'interno, mettiamo da dentro lo stomaco o l'addome o l'utero; l'interno può
essere visto da fuori. Infatti essi si miscelano, si scambiano le informazioni e gli
schemi di funzionamento, si compenetrano e si confondono. Ma non si armonizzano,
non si corrispondono.
Facciamo l'esempio di una paziente anoressica che si trovi in un setting di analisi
individuale: ella non ha una rappresentazione intera del mondo mentale dell'analista,
specie all'inizio. Però, più di chiunque, è in grado di catturare contenuti puntuali della
sua scena profonda, anche se parziali e isolati. Frequentemente può decifrare brani,
sequenze, tratti della sua trama inconscia, e somatica, spesso in modo preciso, non
casuale e a volte anche concatenato con altri elementi del suo ambiente interno e/o
esterno. Questi elementi, colti all'interno dell'idioma (Bollas, 1996) inconscio
dell'analista e del suo assetto corporeo, sono esattamente quelli che maggiormente
corrispondono alla sua propria (della paziente) grammatica inconscia. In un certo
senso vorrei affermare che una paziente anoressica, più di tutti gli altri, si pone nello
studio del suo analista come all'interno del suo gruppo di pazienti.
Mi riferisco qui a due idee.
La prima è illustrata da Carla De Toffoli.(2000). Ella descrive il legame intimo che
si stabilisce, in una sequenza di sedute, fra l'analista, e le mutazioni di piano dei
racconti di un certo insieme di pazienti, visti in successione (vedi cap. 3). Essi
reagiscono con stili diversi a un medesimo evento accaduto nella stanza di analisi (la
sostituzione della tenda): le mutazioni dei loro registri trasferali lasciano nella mente
dell'analista una traccia, che interagisce via via con il legame trasferale dei pazienti
successivi, modificando i piani del suo ascolto.
Credo che si tratti di una descrizione, per la quale rimando alla lettura intera del
testo, che considera un insieme di pazienti individuali alla stregua di un gruppo,
situato all'interno della mente dell'analista al lavoro.
La seconda idea è riferita all'esperienza, del piccolo gruppo analitico come capace,
per il tipo di attività mentale multidimensionale e simultanea (Corrao, 1998) che
svolge e per il tipo di campo trasferale che sviluppa, di captare e inscenare alcune
verità profonde della situazione mentale del suo analista, e di utilizzarle per
rappresentare all'interno della propria trama inconscia, contenuti con i quali aveva
bisogno di collegarsi - che forse non sarebbe stato in grado di rintracciare senza
quell'apporto. Il gruppo utilizza questi elementi in ogni caso, come intimamente
correlati con la propria rete
cultura e mentalità
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7
(Foulkes, 1948) di appartenenza e con la propria
(Bion, 1961) specifiche. Credo che questo possa essere un
modo in cui si può descrivere una delle accezioni della funzione bioniana di
contenitore contenuto, con riferimento al legame con doppia freccia, come quella che
s'instaura nella relazione gruppale.
I sogni di un paziente in analisi individuale relativi alla messa in scena, o alla messa
in una forma, di questo nucleo fraterno che stiamo tentando di descrivere, e agli
scambi che si svolgono con esso, sono connessi al disvelamento (Freud, 1890) o alla
costruzione (Freud, 1937) di una grammatica, una sintassi e un idioma (Bollas, 1996)
inconscio, che nasce nella condivisione trasferale (e controtrasferale) del processo
analitico.
Tenterò di descrivere come questi sogni siano diversi da quelli che nascono nel
gruppo; ma anche simili, per essere per loro natura contenitori o portatori di elementi
impersonali e transpersonali (Neri 1995; De Toffoli 2000) derivanti da campi affini, o
simmetrici, che sono stati catturati dall'inconscio e inclusi in un sistema di attrazione
isomorfica e poi riespressi al fine di sostanziare un linguaggio che riesce così a
riempirsi ed articolarsi. Questi sogni sono tendenti ad assimilarsi alle qualità del
campo attrattore, restandovi connessi, in un processo evolutivo, per tutto quel tempo
che esso avrà una funzione vicariante di rinforzo e strutturazione.
Abbiamo parlato all'inizio di questo capitolo di quell'aspetto del pensiero junghiano
che valorizza l'elemento impersonale e la sua intersezione con l'elemento archetipico.
7
8
Abbiamo anche accennato all'idea dell'indistinzione protomentale dello psiche-soma
(Bion, 1987) - ripresa recentemente dalla trattazione sistematica di Imbasciati (1998).
Anche l'idea di elementi che sono caratterizzati dalla loro appartenenza al campo
emotivo , di cui parla Gaburri (1997), è inerente al tentativo di descrivere un
funzionamento extrapersonale e collettivo, dirò così, della formazione e della scena di
un tipo di sogno, che può comparire o in una fase dell'analisi o comunque in un certo
tipo di pazienti, nei quali il bisogno di vicariare la mancanza di membrane psichiche
differenzianti, può essere aiutato a produrle, dapprima con prestiti e imitazioni
sostitutive; poi con attività di assimilazione e riconoscimento.
L'analista: un campo metamorfosico
Nello studio citato sopra, dedicato a descrivere le reazioni in successione dei
pazienti (individuali), che avevano trovato nello studio una tenda alla finestra
sostituita, come era stato loro preannunciato, Carla De Toffoli (2000) sembra
descrivere un tipo di eventi che si svolgono nella stanza di analisi, che riguardano lo
scambio fra lo stato mentale dell'analista, le microvariazioni della sua situazione
inconscia al contatto con i suoi diversi pazienti in sequenza, e lo stato mentale e le
variazioni inconsce dei pazienti, visti nel loro succedersi in seduta, e nel loro
reciproco collegarsi, attraverso il contatto con il campo-intersezione dell'analista, che
muta. Potrebbe essere postulata l'ipotesi che esistano campi di elementi inconsci,
frazionati, sparsi, transpersonali, che sarebbero aggregati e allineati da una relazione
di appartenenza comune, che li attira in un processo metamorfosico reciproco, per il
quale essi prendono parte a una coesione o partecipazione espressiva. Ad esempio nel
saggio accennato, le osservazioni e reazioni che i vari pazienti esprimono, alla vista
di una tenda alla finestra dello studio, che è stata sostituita, dopo un lungo preavviso
da parte dell'analista, ed è nuova, potrebbero essere considerate come le diverse
sillabe pronunciate di una stessa parola; o come gli elementi concomitanti di una
diffrazione prismatica. A causa delle diverse qualità dei linguaggi e dei mondi interni
che i pazienti hanno scelto di produrre in quella data occasione, a sua volta l'analista,
nel recepirli ed elaborarli, modificava il proprio stato, la profondità della propria
consonanza e dei pensieri collegati, mettendosi poi in relazione con i linguaggi dei
pazienti successivi, in modo da pensare di aver creato con loro una attrazione
imprevista verso una partecipazione a linguaggi connessi con i precedenti, depositati
in lei come in un campo di intersezioni metamorfiche e in movimento.
Se potessimo descrivere la mente e i suoi modi di funzionare, dal punto di vista
delle fenomenologie osservate, potremmo spiegare con maggiore chiarezza l'ipotesi
che tutti i pazienti, e alcuni maggiormente, tendono a comportarsi nella loro relazione
di analisi, come se stessero facendo parte del gruppo interno alla mente dell'analista e
del suo campo di elementi.
Probabilmente la comparsa del sogno anoressico nel setting individuale è connessa
con la possibilità che l'inconscio dell'analista, e del suo gruppo interno dei pazienti,
funzioni come una membrana di contatto fra elementi sparsi, che possono entrare in
un contatto imprevisto, secondo processi di attrazione, risonanza , commuting
(Neri, 1995), attraverso l'area della immaginazione transizionale, del campo mentale
dell'analista, con l'idea di non doverla saturare con definizioni di oggetti conosciuti e
conoscibili.
Non so se questo gruppo interno di pazienti, possiamo immaginarlo dotato delle
stesse qualità specifiche del microgruppo analitico. Possiamo sicuramente pensare
che produca e conferisca alcune qualità al sogno, simili alle qualità che acquisisce il
sogno nato nel gruppo.
I sogni del paziente all'interno del gruppo esprimono i contenuti del campo, della
cultura e dei legami specifici di quel gruppo, il grado di sviluppo della sua vicenda
emozionale, fantasmatica, affettiva e ideativa. Contengono anche la cognizione del
gruppo, il suo rispecchiamento e l'apporto degli altri membri sofferenti della stessa
sofferenza. Il contenitore con il quale il singolo scambia la propria esperienza non è
solo quello del suo analista, e del suo gruppo di pazienti, ma quello che si è formato
nel contatto e nell'intersezione multidimensionale (Corrao, 1998) fra le esperienze di
indistinzione (Bion, 1987) di un certo numero di individui, e che è evoluto nel loro
confronto.
Descriverò alcuni sogni tratti da sedute individuali e di gruppo, per indicare come
essi segnalino la qualità specifica non solo del contenuto inconscio, riferito a culture
inconsce diverse; ma anche le differenze del transfert che contengono e quindi del
tipo di elaborazione, e, in fondo, del tipo di oggetto che verrà introiettato al termine
dell'analisi.
Gruppo omogeneo e sogno
Nel libro Gruppo Neri individua varie fenomenologie specifiche del campo
analitico di gruppo, trattando il gruppo come soggetto e unità psicoanalitica. Alcune
sue concettualizzazioni si sono rivelate, nella mia esperienza, e nel tentativo di
ripensarla, con i gruppi di pazienti alimentari , particolarmente puntuali e utili. In
particolare l'individuazione di funzioni specifiche interne al campo del gruppo, per
le quali la sua esperienza si caratterizza come esperienza di mondi indistinti e
impersonali, che entrano in risonanza fra loro e possono generare fenomeni di
scambio, di valicazione dei confini soggettivi, di coincidenza profonda oltreché
identificazione con altri componenti del gruppo e anche con le sue caratteristiche
ambientali, concrete, di atmosfera, di medium, di setting (Bleger, 1988). La
trattazione puntualizza anche gli elementi del passaggio dalla esperienza della
indistinzione gruppale alla valorizzazione dell'apporto e dell'individuazione del
singolo all'interno del gruppo (commuting); e poi l'evoluzione del pensiero di gruppo
verso la sua autorappresentazione.
Molto vicino al tema del condurre una analisi di gruppo in un contesto omogeneo
con pazienti anoressici, è anche l'indicazione di alcune figure del gruppo, individuate
come portatrici di alcune sue determinate funzioni: come quella del porta-sogno ,
che può raccogliere ed esprimere gli elementi generali e sovraindividuali del campo
del gruppo, oppure gli aspetti segreti e indicibili, depositati nel gruppo in modo non
personale. E la figura del Genius Loci, la quale protegge gli elementi e i confini della
continuità identitaria del gruppo, specie dal punto di vista della sua coesione affettiva.
In un gruppo che nasce come
omogeneo 1, a maggior ragione dovremo
considerare distintamente gli aspetti di appartenenza collettiva e impersonale, che
l'omogeneità valorizza e mobilizza. Questo tipo di gruppo si ritrova comunemente,
oltre che nel campo della dipendenza alimentare, del quale si occupa questo studio,
anche in molti ambiti della sanità, sia psichiatrica sia ospedaliera, e nel settore della
formazione. Penso che l'elemento dell'omogeneità possa produrre nel gruppo una
circolazione di idee, fantasie e affetti specifici, legati al privilegio dell'uguaglianza,
della similarità, del rispecchiamento e quindi a un tipo di cultura dell'appartenenza
(Marinelli 2004). L'appartenenza potrebbe essere addirittura considerata come un
campo specifico del gruppo, con il quale il gruppo stesso è continuamente rapportato.
Parallelamente, il valore negativo dell'idea di contagio, dell'idea di sottrazione
identitaria, e di diminuzione di valore soggettivo a favore della serialità, potrebbe
produrre un controcampo di tale cultura, a carattere difensivo. Si potrebbe dire che
anche in questo caso sia utile pensare nei termini di una tendenza che il gruppo
omogeneo svilupperebbe, più di un altro gruppo, a oscillare fra poli omomorfici e
isomorfici (Kaës, 1993). L'oscillazione promuoverebbe un processo attivo e
individuante di disarticolazione dalla cultura dell'appartenenza, e insieme di
valorizzazione dei suoi aspetti propulsivi.
Nel caso di un'appartenenza così specializzata come quella di cui stiamo parlando,
cioè di tipo, diciamo così, alimentare, questa cultura contiene evidentemente terrori
primitivi e meccanismi di difesa altrettanto primitivi, adatti a rappresentare vissuti
violentemente negati e scissi, ansie agoniche (Winnicott, 1965) e di inesistenza,
fantasmi di smembramento (Anzieu 1976), divoramento e sparizione, e l'uso di difese
incorporanti. L'avvicendarsi degli assunti di base acquisirebbe insomma un registro
specializzato:
il
meccanismo
caratteristico
dell'incorporazione-espulsione
diventerebbe una tonalità di base (Rouchy, 1998), con una funzione di una sorta di
1
Vedi sull'omogeneità del gruppo "Le funzioni dell'omogeneità nel gruppo", in CORBELLA, S., GIRELLI, R.,
MARINELLI, S. (2004), a cura di, Gruppi Omogenei, Borla, Roma.
enzima specifico. L'esigenza nel gruppo sarebbe quella di cernierare l'esperienza del
sé immaturo, arcaico, ferito, con la possibilità di rievocare e riattraversare esperienze
selvagge e aggressive, o mancanti e rifiutate, riattualizzandole in una dimensione
vitale, diversa dalla violenza negata e negante.
La trama dell'accadere psichico, simultaneo e su diversi piani, che si verifica nel
gruppo, è specificamente costellata di mancanze, assenze, atti mancati, sparizioni
invisibili, azioni veloci, apparenze che contengono il vuoto, e vuoti che contengono
sostanze (Zerbi, 1995). L'appartenenza primaria, che l'appartenenza del gruppo ha
rievocato, ricrea i movimenti della dipendenza e della fame negate, alla ricerca di una
legittimazione per esprimere la condizione di congelamento e terrore arroccante, e
valgono per riempire il vuoto con un primo arredo tollerabile dello spazio e del tempo
presente del gruppo. La lotta fra l'aspirazione all'arroccamento nell'unità immobile e
regredita, priva di svolgimento e consistenza spazio-temporale, e il desiderio di
appartenere a una salvezza specializzata, privilegiata e munifica, sembra mobilizzare
le prime risorse del gruppo verso l'abbozzo di un movimento della fiducia e del
legame. Se queste prime fasi di contatto si stabilizzeranno, sarà molto più generoso
(Abraham, 1925) l'accesso del gruppo alle elaborazioni successive. I suoi legami e il
suo patrimonio di identificazioni, memorie, risorse, affetti tenderanno alla fedeltà,
alla passione, alla gratitudine, allo slancio disinteressato, nel bene e nel male:
l'artigiano lavora con quello che ha a disposizione e se è creativo, può aspirare a una
piccola impresa.
Freud dice (1937) a proposito del lavoro che fa la psicoanalisi, che non è un lavoro
a mettere, come la pittura, ma a togliere, come la scultura.
I sogni che si sono prodotti fin dal suo inizio nel gruppo, hanno un carattere di
costruzione comune, di appartenenza, di uguaglianza collettiva. Essi producono
all'interno del gruppo un alone (nelle associazioni, rievocazioni e fantasie) che
coinvolge tutti i membri nella stessa atmosfera del sogno, come se fosse stato
indistintamente sognato da tutti gli altri. Sembra che il racconto, che il sogno
introduce, di elementi che caratterizzano la cultura e la mentalità del gruppo,
particolarmente legata alla dipendenza orale e alimentare, produca istantaneamente
l'evento stesso che ha ispirato il sogno. Il gruppo vi si riconosce e lo reinscena. La
cultura dell'annessione (Russo, 1991), dell'inglobamento e dell'incorporazione,
sostenuta dalla condivisione e dalla possibilità di essere riconosciuta, diviene uno
scenario di azione teatrale (Chianese, 1997).
Più tardi, quando questo genere di ispirazione e di sogni, avrà lasciato il posto ad
aspetti maggiormente svincolati dal tema (orale e alimentare) specifico e saranno
comparsi scenari più evoluti e differenziati dalla dipendenza, sarà comunque di
grandissima importanza il fatto che il patrimonio di esperienze e sogni legati a quella
tradizione, sia stato condiviso alla stregua dell'apppartenenza e anche delle tecniche
di ingobamento (reso vivibile e non mortifero); e che vi si possa far ricorso nei
momenti difficili, prima di apprendere a separarsene e distinguersene meglio.
Una scena onirica caratterizzante e che appare direi, quasi d'obbligo in una
paziente anoressica, quella del persecutore-violentatore che incalza, insegue,
minaccia, irrompe violentemente anche in modo cruento all'interno della casa, ha un
diverso carattere, o tonalità, a seconda che nasca in gruppo o in un setting
individuale. Inoltre, è come se tutti i contenuti e le figure destinati a essere
rappresentati nel sogno, fossero facilitati dal gruppo a comparire in modo più veloce,
proprio a causa della stimolazione dell'appartenenza; e anche poi a essere legittimati
dalla condivisione e resi dalla memoria simili a sigilli, icone, conservate nel tempo
successivo come emblemi, rappresentanti quegli atti e pensieri vietati e intrisi di
dolore e speranza insieme, che però si è potuto vivere e condividere.
A volte il paziente individuale porta sogni che sembrano la copia di quello che
l'analista ben preparato nella teoria, si aspetta per confermarla: la sessualità orale, o
meglio la scena primaria rimasta incastrata nella concezione orale, primitiva, crudele
e terrorifica e il tentativo di difendersene fuggendo dal corpo, o anoressizzandolo,
infantilizzandolo, o purificandolo dalla sozzura dei prodotti degli organi invasori e
delle pulsioni interne che li sostengono. Per esempio una paziente particolarmente
intelligente sul piano analitico e ormai pronta alla guarigione, rievocava un terrore
storico nel sogno, che finalmente sentiva di poter descrivere, sulla base di esperienze
nuove che la stavano invece distanziando da quel terrore. Vedeva sopraggiungere o
meglio le dicevano che sarebbe sopraggiunto, un tirannosaurus rex, il più crudele
carnivoro fra i dinosauri, all'interno di una situazione in cui amici tibetani,
meditanti, che si cibavano di bacche e poltiglie vegetariane, le preannunciavano con
certezza che l'intenzione dell'animale era definitivamente quella di divorarli; infine
però esistevano rimedi per fuggire e per di più l'animale immenso arrivava ma non la
divorava. La paziente collegò il gruppetto tibetano alla scelta di fare un training
psicologico; e le sembrò che il mostro individuasse infine, in modo retrospettico, un
oggetto caratterizzante del suo passato profondo, infantile, che finora non aveva mai
potuto dichiarare in tutta la sua portata.
In una fase precedente questa paziente aveva sognato di avere il volto e il corpo in
fiamme, mentre un'armatura di ferro glielo ustionava. E anche di essere su un tavolo
ginecologico per partorire e di accorgersi di non avere né bimbo né pancia.
Dopo molti anni di analisi, questa paziente comincerà a sintetizzare immagini meno
cruente e desolate e più ricche di significato affettivo, di comunicazione e di
condivisione. Però, per tutta la durata della cura, in ogni momento di regresso e di
paura di cambiare, faceva riferimento al modello angosciante della deprivazione
primaria contenuta in questo sogno, che ebbe valore di sigillo.
Così, anche nel gruppo, alcuni sogni che esprimono le emozioni più condivise, o
una rappresentazione comune e riconosciuta delle trasformazioni del mondo arcaico,
saranno ritenuti i numi tutelari e sacri del gruppo, collegati con la sua matrice e
insediati profondamente nella sua memoria, come una forza sorgiva e rinnovantesi, in
un tempo sentito come costante.
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