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sylvia plath
Donatella Basili
03/01/07
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SYLVIA PLATH: L’IO SCHIACCIATO
A N T O N IA , SY LV I A , EM ILY : T R A SCEN D ER E I L
QU OTID IAN O CON L A P OESIA
L a m ia in terpretazio ne d ella p oesia fem m inile si b asa su lla convin zione ch e essa sia la trasposizione sul
pian o dell’universale e dell’assolu to dell’esperienza person ale della poetessa. In altre parole, le don ne u sano la
po esia per trascendere il pro prio quotid iano che è lim itato e lim itante per via della cond izion e fem m inile
im p osta d alla società. A ttraverso la p oesia la do nna in teriorm ente ricca e dotata sente di esistere su un pian o
finalm ente riconosciu to ed apprezzato dalla so cietà m aschilista. L a p oesia fem m inile n asce sem pre dalle
viscere e dal cuore e d all’esperienza p icco la e contin gen te; la tecnica poetica trasferisce le sensazioni ed i
sentim en ti sul piano astratto tan to caro agli uom ini. P erché la D ickin son, per esem p io , gode m aggiorm en te la
stim a degli uom ini rispetto alla P lath ? P erché dà l’im pressio ne che la sua sorgente d ’isp irazion e sia fu ori da se
stessa e sia m etafisica; ella, ino ltre, è ch iusa, m isteriosa com e un a don na in chador; la P lath al confro nto è una
do nna delle vetrine di A m sterd am , tro ppo esplicita 1 nel gridare il suo dolore ed è di am bien tazioni tro ppo
casalingh e per il gusto m aschile. L a D ickinson sem bra o ggettiva, la P lath tro ppo soggettiva: l’oggettività è
m aschile, d unq ue b ella e giusta, la so ggettività è fem m inile, du nqu e da scartare. L a D ickin son è u n
bell’esem pio di don na in telligen te che ha im brogliato tutti, specialm en te gli uo m ini affam ati di trascen denza e
concetti astratti. Il m o ndo d i E m ily è sensuale e carn ale fino al lim ite in cui si trasfo rm a nel suo op posto; E m ily
ha vissu to il lim ite e nel lim ite e per q uesto p uò essere vista sup erficialm ente com e su ora (H igginson e la
m aggior parte degli u om ini) o più acutam ente co m e M adam e de S ade (C am ille P aglia che non a caso è d onn a e
fem m in ista). A pparire u na su ora è stato il suo travestim ento, dietro il quale ha potuto agire indisturbato ed
im p orsi sul piano poetico un o spirito virile epico e poten te. P iù di A nton ia e S ylvia E m ily è dop pia, fo rse non
m eno di lo ro è stata ferita, m a sicuram ente la sua corazza protettiva si è dim ostrata più solid a. M en tre A nto nia
appare veram ente dipen dente da u na figu ra patern a che la protegga e S ylvia n e è schiacciata, E m ily finge
d’aver biso gno d’un “m aster”, tant’è vero che i suoi am ori sono tutti im p ossib ili - accuratam ente ricercati tali,
oserei dire. L a scaltrezza di E m ily sta nel fatto di aver reso il suo io palese e “sociale” talm ente piccolo da
risultare in attaccabile dai fam iliari ed al rip aro d agli estranei e d i identificarsi n ell’io po etico. M entre A n to nia e
S ylvia so no divise e lottano co n l’om b ra, E m ily coin cid e con la prop ria om b ra e recita se stessa 2 . Tutte e tre
son o d ivise e ribelli p erché n on sono state o rigin ariam ente accettate n ella loro interezza. Il genio, o più
sem p licem ente la personalità sp iccata e ricca, è salutato solo in u n corpo m aschile; q uando appare in u n corp o
fem m in ile è fortem en te contrastato. E cco d unq ue ch e la poesia diventa m ezzo d ’esp ressione ed afferm azione
del pro prio io, la dim ensione in cui far udire la p ropria voce; m a m entre A nto nia e S ylvia d esideravan o vivere
nella so cietà e si sono uccise q uando han no capito d i n on p oterlo fare, E m ily si ritira lei stessa d alla società
prim a di essere schiacciata d al rifiu to. Il rifiuto della società p otreb be essere in realtà la pro iezione d’un rifiuto
prim igen io ; sicu ram ente esse son o tre ribelli trop po con tro llate nell’in fan zia, trop po co rrette, tropp o
ossession ate d a m od elli co m portam entali estran ei al loro essere. A ntonia m ostra, nel rapp orto co n C ervi, un
1
2
O il suo dolore è troppo esplicitam ente fem m inile.
N el m io saggio “A ntonia P ozzi: la donna, la poesia” dichiaro che anche A ntonia è il proprio io poetico. Intendo dire che A ntonia,
com e S ylvia ed E m ily, era se stessa solo sul piano poetico; m a, a differenza di E m ily, aspirava a vivere nel m ondo sociale e
“norm ale”. E m ily invece viveva la sua anorm alità senza rifiutarla perché era interam ente identificata nell’io poetico, cosa che non
faceva A ntonia ed ancor m eno S ylvia, apparentem ente la più integrata delle tre. S ylvia, più di tutte, desiderava la norm alità m a era
costretta a ricercare l’anorm alità nei m ostri dell’inconscio per sentirsi apprezzata. Forse S ylvia era davvero norm ale e costretta ad
essere artista; le altre due erano realm ente diverse ed im possibilitate ad essere norm ali.
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sentirsi “cattiva” che su ggerisce un sen so di colpa; S ylvia è no toriam ente schiacciata dal padre esigente ed
eccessivam en te desid eroso di pian ificare e con tro llare tutto (leggiam o che si vantasse di essere riuscito a
pian ificare la nascita della figlia. S i può allora ipotizzare ch e questa figlia non fosse to talm ente desiderata dalla
m adre m a im posta dal padre e dun que n on co m pletam ente accettata, con tu tto quel ch e ne con segu e...); E m ily è
indotta m isterio sam ente a “riparare” in casa p erché, fo rse, “scan dalosam en te d iversa” (colpevole? ). P er le
fem m in iste am erican e è qu asi certo che fosse lesbica; forse era sem plicem ente “eretica” in una società
fanaticam en te religiosa e fortem ente im p egnata nel risp etto delle ap paren ze. L a rib ellione d i E m ily è to tale ed
epica: ella si fa sacerd otessa della sua pro pria religion e, si im m erge nella banalità per assurgere in essa allo
stato m istico dal q uale prod urre il pro prio verbo sacro. E m ily sopravvive grazie alla sua sen sitività e
spiritualità, che è l’unica dim ensione d i vita nello stato d’im po tenza.
In t r o d u z i o n e
Tutta la p oesia di S ylvia P lath è l’esp ressione d ’un io ch e alterna desid erio d i ann ientam ento a desid erio di
rinascita ed alla fin e soccom b e so praffatto d ai suo i stessi fantasm i. In S ylvia P lath la poesia n on è più
rappresentazio ne elegante della realtà n é descrizione del m ond o dell’anim a - un tem po il poeta era co lu i che
sapeva “presentare le cose” so tto un a luce p articolare; era vate, o sen sitivo - m a è p oesia n evrotica 3 :
caratterizzata, cioè, dalla presen za d’un a lente deform ante della realtà e dalla lib era rap presen tazione dei m ostri
dell’inconscio. L’o rigin alità d ella poesia, p iù che d alla form a lingu istica, è d ata d alla originalità della
deform azione e d all’arditezza d elle im m agin i. C iò è in p arte do vuto al fatto ch e, p ur leggend o in lingu a
originale, chi no n è di lin gua inglese no n riesce ad apprezzare fino in fond o la m u sicalità e q uindi d eve lim itarsi
al con tenuto. P otrem m o definire la P lath un a poetessa ho rror, pronipote delle scrittici del gen ere n ero in glese
(T he m o on a nd the yew tree è il m iglio r esem p io di quanto afferm o) e ciò è rafforzato dal fatto ch ’ella tragga
isp irazion e dal qu otidian o. L a trasform azione del quotid iano in o rrore 4 è un procedim ento tipico fem m in ile, ch e
raggiun ge due sco pi: il sup eram ento della con dizione di relegam en to so ciale attraverso la trasform azio ne del
consueto nell’eccezionale e la denun cia della cond izio ne sociale subita. C iò spiega il fatto che le fem m in iste
anni S ettanta ab biano fatto di S ylvia P lath una d elle loro portavoci. P er lo stesso m otivo , tuttavia, p uò ven ire
sno bbata dagli uom ini, ch e la percep iscono com e poetessa “co nfessionale” o, p eggio , “occasio nale”, il che
significa non assu rgere all’em pireo d ella poesia “universale”. C he l’isp irazion e della P lath sia lim itata alla sua
nevro si è purtro ppo vero, così com e è vero ch’ella adop eri dei sim boli ap partenenti più che altro al su o
inco nscio person ale. U nici sim b oli universali nel suo teatro so no il n azista, l’ebreo nel lager, il pazzo, lo
psich iatra, G u lliver a L illipu t, la M ado nna, il sole e la lun a. U n po’ po chi, in effetti, p er un p oeta -letterato qu ale
lo concep iam o in Italia. A no i, cresciu ti leggen do Virgilio , D ante e P etrarca e poi F oscolo e L eo pardi S ylvia
P lath p uò ap parire co m e una m assaia im p azzita tra i fornelli, il cui m essaggio sem bra lim itarsi ad
un ’am m o nizione alle generazioni fem m in ili futu re: “ragazze, non siate schiave d’u na figura paterna, altrim enti
la vita q uotidiana per voi diverrà un inferno com ’è accad uto a m e”. La sua po esia è la d escrizione di qu esto
inferno.
E ppu re la figura di S ylvia ha la p otenza d ell’im m agin e di G iovann a d’A rco al ro go; lei, così p overa di
sim b oli un iversali, è riuscita a farsi sim bo lo: è soprattutto la sua vicen da um an a p otentem ente espressa dalla
sua p oesia che l’h a portata all’attenzion e del pub blico e la fa am are dalle do nne.
1. I l n e m i c o , o s s i a i l m a s c h i l e
Il m o stro che abita l’anim a di S ylvia sem b rereb be il padre, visto che la po esia in cui si trova descr itto
pien am ente s’in tito la “D addy” (P ap à). In essa il padre è presen tato com e u n dem o nio n azista, ch e am a torturare
le vittim e. N atu ralm en te S ylvia si sente u n ebreo:
“I thought every German was you
and the language obscene
“Ho pensato che ogni tedesco fosse te
ed il linguaggio osceno5
N on intendo dare una connotazione spregiativa a questo term ine, pur rendendom i conto della sua “negatività” intrinseca.
C ’è un contrasto nettissim o e sorprendente tra il quotidiano edulcorato descritto nelle lettere alla m adre e i toni orrorifici dell’opera
sia poetica che narrativa. Il contrasto è talm ente forte da far sospettare addirittura una doppia personalità.
5
La lingua tedesca
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Donatella Basili
an engine, an engine
chuffing me off like a Jew.
A Jew to Dachau, Auschwitz, Belsen.
I began to talk like a Jew.
I think I may well be a Jew.”
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un motore, un motore
mi soffia fuori come un Ebreo.
Un Ebreo di Dachau, Auschwitz, Belsen. Iniziai a
parlare come un Ebreo.
Penso che potrei ben essere un Ebreo.”
D op o l’O lo causto l’E breo è diventato il sim b olo dell’an nientam ento dell’io e per S ylvia è stato ancor p iù
facile che per altri identificarsi in un ebreo, d ate le sue o rigin i tedesco -austriach e. E lla si dichiara “ebrea” anche
in “L ady L azarus”, nella qu ale l’io calp estato cerca d i risorgere periodicam en te ed alla fin e l’ira fem m inile
m in accia d ’in ghiottire gli uo m in i:
“Herr God, Herr Lucifer
beware
beware
Out of the ash
I rise with my red hair
and I eat men like air.”
“Herr Dio, Herr Lucifero,
stai attento
stai attento.
Dalla cenere
io risorgo con la mia chioma rossa
e mangio gli uomini come fossero aria.”
“H err” D io, “H err” Lu cifero ed anche “H err D octor” sono “H err D addy”. In L ad y L azaru s ci sono le
rem in iscenze dell’esp erienza dell’osp ed ale p sichiatrico: l’io no n è solo sch iacciato, m a è sezionato , studiato,
m esso co m pletam ente a nud o: “ T he big strip-tease” . E d in A riel, la po esia d ella liberazione, purtrop po so lo
sogn ata e m ai avvenuta, S ylvia si sen te L ady G od iva, costretta a cavalcare n uda. In M edu sa è addirittu ra
“ overexposed, like an X -ray”. Q uesto im p rigio nam ento, sezionam en to, d en udam en to, n on è so ltan to una
rem in iscenza d ell’esperienza d ell’ospedale p sichiatri co, m a an che e sop rattutto un sentirsi d ell’io; tale
esperienza le serve piu ttosto a fo rnirle am b ienti ed oggetti per descrivere il suo m o ndo; le fornisce la lente
deform ante attraverso la quale ved ere la realtà. C osì in m o lte poesie si resp ira l’aria dell a sala operatoria del
lager, d ove il pazien te è la cavia d i terrib ili esperim en ti co ntro n atura: non solo in L ad y L azarus m a anch e in
Tale of a Tu b:
“The photographic chamber of the eye
records bare painted walls, while an electric ligth
flays the chromium nerves of plumbing raw;
such poverty assaults the ego; caught
naked in the merely actual room
the stranger in the lavatory mirror
puts on a public grin, repeats our name
but scrupulously reflects the usual terror.
“La fotocamera dell’occhio
registra nudi muri dipinti, mentre una luce elettrica
vola sui nervi cromati di righe di piombo;
questa povertà assale l’ego; imprigionato
nudo nella stanza quotidiana,
lo straniero nello specchio del lavandino
indossa un ghigno per il pubblico, ripete il nostro nome
ma riflette scrupoloso il solito terrore.”
In Tale of a Tu b, che è una d elle su e prim e pro ve po etiche, troviam o già gli elem enti caratteristici d ella P lath:
l’alienazion e dell’uo m o dalla sua um anità (nei versi citati l’occhio d iven ta m acch ina fotografi ca); la nud ità
dell’io (ch e si riflette in qu ella d ell’am bien te) e l’estran eità d a se stessa rappresentata dall’im m agine allo
specchio ch e no n riflette ap pieno la realtà (lo “stran iero nello specchio”).
Il sentim ento di an nientam ento e in particolar m o do quello della nu dità dell’io le vien e d all’infanzia, che
s’indo vin a trascorsa sotto il con tinuo controllo dell’occhio patern o, il terrore delle pun izio ni, la convinzione d i
no n p oter m ai nascon dere nu lla, com e so tto lo sgu ard o di D io. Il p erfezio nism o ed il controllo son o una
caratteristica degl’in segn an ti e, se ciò va bene in classe, va m itigato in casa. P urtrop po a volte su ccede l’esatto
contrario : l’in segn an te esaspera il pro prio com portam en to professio nale co i figli. S ylvia non è, com e si d ice,
vittim a del traum a della m orte d el padre; è vittim a d el com portam en to am b ivalente di questi. S ylvia am a su o
padre ed ha bisogn o di lui: p erché, dun que, vivrebbe la sua m orte com e perdita e si sentirebbe “tradita” dal
fatto ch e suo padre è m orto per n eg ligenza 6 (“ I w as ten w h en they buried you. / A t tw en ty I tried to die/ a nd get
6
L ’alluce infettato che, tra scu ra to , p ro vo c herà la m o rte d e l p ad re , sa rà p er lei il sim b o lo d ella neg ligenz a p a terna nei suoi confronti e fa rà p arte d ella m o num e ntale
s ta tua e re tta d a l suo inco ns cio a d im m a gine d el p a d re :
“ M a r b le-h ea vy, a b a g fu ll o f G o d ,
g a s th ly s ta tu e w ith o n e g re y to e
b ig a s a F ris co s ea l” d a “ D ad d y”
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ba ck, ba ck, b ack to you” - “ Avevo dieci anni q uan do ti sep pelliro no./A venti cercai di m o rire/ e to rnare,
tornare a te.”)? N essuna vittim a rim piange il carnefice se q uesti è solo carn efice. I l padre di S ylvia era anche
am oroso , ogni tanto . U n co m p ortam ento am bivalen te e con traddittorio d ei genitori pro voca d egli scom p en si
nella psich e del figlio . D a qu esto p unto di vista S ylvia è u n caso d a m an uale di p sican alisi e sem bra stran o che
un a descrizion e co sì ch iara della sua “m alattia” no n abb ia guidato ch i le stava vicino sulla via d ella guarigio ne.
L a spiegazio ne più p rob abile (e avvalorata oltre che d ai testi an che da testim on ianze) è che S ylvia ab bia scelto
un m arito che in qualche m o do ricalcava le orm e patern e, sp ecie n ell’abitu din e di controllarla. Il racco nto “ L a
scato la dei desid eri” 7 , scritto n el 1 956, all’inizio dell’en tu siastico m atrim onio, n arra di u na m oglie gelo sa della
cap acità del m arito d i so gnare tu tte le notti sogni b ellissim i e densi di sign ificato ; in partico lare viene
raccon tato il sogno d ’una volp e rossa ch e è esplicitam en te citato in u na lettera alla m adre com e sogn o
rico rrente di Ted 8 . S em bra qu asi ch e la P lath avesse un a certa co nsap evolezza della sua po vertà di sim bo li.
S appiam o inoltre con certezza ch e Ted la co nsigliava nella poesia, com e un m aestro (e tale lo considerava lei).
N on è azzard ato dedurre un rapp orto tro ppo invasivo della psich e di S ylvia, u na specie d i psicanalisi m al
cond otta, un ro vistare co ntinu o nell’inco nscio con lo scop o di trarne im m agini utili poeticam en te - quindi
seguendo un ’in terpretazion e della poesia com e rappresentazion e non m ed iata d ell’inconscio - m a, nello stesso
tem po , devastante. Il racco nto finisce col suicidio d ella d onna, presentato com e un a rivalsa sul m arito e quindi
un ’afferm azio ne d ell’io. S em bra du nque ch e S ylvia - alm en o in con sciam ente - si sen tisse sch iacciata dalla
grand ezza di Ted , p er q uanto prem uro so e p rotettivo fo sse, esattam ente com e dev’essersi sen tita sch iacciata
dalla person alità del padre. C i so no, in D ad dy, d ue versi, ch e lasciano supp orre ch’ella p arli
contem p oraneam ente d el padre e d el m arito: “ T he b lack teleph one’s off at th e root,/th e vo ices just can’t w o rm
throug h” ( “I neri telefo ni tagliati alla radice,/ le voci no n po sso no strisciarvi attraverso”). I telefo ni “tagliati
alla rad ice” sem brano riferirsi all’incid en te del telefono , quand o S ylvia ne strapp ò i fili dop o aver ricevuto la
telefo nata d ell’am an te d i Ted; in cidente ch e in dusse H ughes ad an dar via d i casa. A nch e p er qu esto m o tivo no n
bisogn a interpretare D ad dy com e la po esia negativa d’un a figlia d egenere, né sono da prend ere alla lettera le
sue dichiarazio ni parricid e (“ D ad dy, I have to kill you . / You died befo re I had tim e” - “P ap à, avrei do vuto
ucciderti. / S ei m o rto prim a che ne avessi il tem po ”): il m ostro che S ylvia descrive e che vuole uccidere no n è
suo p adre, m a un fan tasm a della sua m en te; ed è q uesto fantasm a ch’ella vorreb be d istruggere e col quale
vo rrebbe farla fin ita. N é b isogna illudersi che la poesia sia risolutiva del con flitto: q uel “ I’m thro ugh” (“È
finita”) ch e chiud e la lirica no n è u n affo ndo di spada m a soltanto un im poten te sbattere di porta. P orta ch e si
riap rirà, p untualm ente, a m o strare il volto terrificante del m olo ch al quale S ylvia sacrifica se stessa. T he
C o lo ssu s (Il C olosso) descrive i vani tentativi d i m od ificare e cap ire questo m o loch:
“I shall never get you put together entirely,
pieced, glued, and properly jointed.”
Non potrò mai rimetterti insieme interamente,
pezzo per pezzo, incollato, e perfettamente combaciante.
Il co lo sso è sm o ntato, è a p ezzi (com e l’io di S ylvia e no n p otrebb e essere altrim en ti, visto che il m o stro è
un a creazione dell’io e viceversa) m a il lavoro d i sm o ntaggio , riparazio ne e p ulizia, ossia l’analisi ,
l’in tro sp ezio ne, no n è servito a n ulla:
“Thirty years now I have labored“
to dredge the silt from your throat.
I am none the wiser.”
Ho faticato per trent’anni
a spalare il fango dalla tua gola.
Non sono diventata più saggia.”
S ylvia “no n è d iventata più saggia” m a co ntinua il suo lavoro di “form ichin a in lutto ” ch e s’arram p ica su lle
scale portando secchi di colla e d isinfettan te:
“Scaling little ladders with glue pots and pails of lysol
I crawl like an ant in mourning
over the weedy acres of your brow
7
“Arrampicandomi su scalette con secchi di colla e
disinfettante
avanzo lentamente come una formica in lutto
sugli acri pieni d’erbacce dei tuoi sopraccigli
In Johnny P anic e la B ibbia dei sogni, O scar M ondadori, 1986
“M i racconta dei sogni, dei sogni m eravigliosi e colorati che hanno p er protagoniste certe volpi rosse...” Lettera alla m adre del 29
aprile 1956, in Q uanto lontano siam o giunti, G uanda, 1979
8
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to mend the immense skull plates and clear
the bald, white tumuli of your eyes.”
5
per rendere l’immenso cranio piatto e chiari
i calvi, bianchi tumuli dei tuoi occhi”
L’im m agin e è sicuram ente presa dai Viaggi d i G ulliver di S w ift ed è il ricordo , pu rtro ppo ancor vivo ed attivo
nell’inconscio, della norm ale identificazion e infantile n ei piccoli lillipuziani 9 . Il co losso è tutto : no n soltanto
oracolo, origine del m ond o
“Father, all by yourself
you are pithy and historical as the Roman Forum”
ma anche cibo
“I ope n my lunch on a hill of black cypress.
Your fluted bones and acanthine hair are littered“
e d olce riparo
“Nights, I squat in t he cornucopia
of your left ear, out of the wind,
counting the red stars and those of plum color”
“Padre, hai fatto tutto da solo
tu sei pietoso e storico come il Foro Romano “
“ Inizio il mio pranzo su una collina di neri cipressi.
I tuoi ossi come flauti e i tuoi capelli d’acanto sono in
disordine “
“La notte, mi accoccolo nella cornucopia
del tuo orecchio sinistro, al riparo dal vento
a contare le stelle rosse e quelle color prugna”
L a fo rm ichina in lutto è u na b am b ina bisogn osa d i accoccolarsi fra le braccia del grande papà. C osì T he
C o lo ssu s è un grido d’am ore, il ricord o disp erato d ’un’infanzia torm entata e ro vinata irreparab ilm ente. A n ulla
servon o le riparazion i tardive, no n c’è più speran za:
“M y hours are married to shadow.
Non longer I listen for the scrape of a keel
on the blank stones of the landing.”
Le mie ore sono sposate alle ombre.
Non sentirò più a lungo il raschiare della chiglia
sulle nere pietre dell’approdo.
L’im m agin e scelta p er ind icare la riso lu zione e la salvezza è quella m o lto usata d ell’app rod o della nave.
L’app rod o è an ch e sim b olo d el ricono scim en to del proprio sé, il term in e del pro cesso d’individuazion e.
1. 1 D i o e l a r e l i g i o n e
D op o la m orte del padre S ylvia decise che “ no n avrebb e più parlato con D io”. In realtà contin uò a parlargli,
m a non l’ascoltò più . D io parla p rin cipalm ente attraverso la natura e le creatu re: anche se nelle sue lettere ne
parla entusiasta, no n c’è nessu na po esia in cui la n atura can ti, i b im bi sorr idan o, i cu ccio li giochin o, com e se
tali im m agini fossero state band ite com e stucchevoli e false. D io, co m e l’am o re paterno, è falso . M a d girl’s
love song è il can to, sotto form a di filastrocca, del suo am ore tradito e della sua perdita d i fede religiosa;
contem p oraneam ente è il canto della fede n ella m ente, co m e un ica creatrice e d istruttrice d’ogni cosa:
“I shut my eyes and all the world drops dead;
I lift my lips and all is born again.
(I think I made you up inside my head)”
Chiudo gli occhi e casca il mondo10;
alzo le labbra e tutto nasce nuovamente.
(Penso che ho fatto tutto io nella mia testa)
Il prim o e l’ultim o verso vengono variam ente ripetu ti nella poesia, co m e il ritornello del G iro to ndo: l’un ica
salvezza alla delu sion e terribile, al tradim en to , è p ensare ch e è tu tta u na creazione della m ente m alata. D io,
S atana, gli angeli e i dem oni; G esù il salvatore am orevole - forse an ch ’egli identificato nel padre versio ne
po sitiva - ch e no n è tornato co m e aveva p rom esso , tutti son o in venzion i della m ente. Q uello ch e p otrebb e
sem b rare u na presa di coscienza in term in i m aterialisti, un “p oggiare i p iedi per terra” è in realtà l’inconscia
m anifestazio ne dell’incap acità di uscire d alla p rop ria m ente e dalla prop ria m alattia. E S ylvia con clude:
“I should have loved a thunderbird instead;
9
Avrei dovuto amare un uccello del tuono11, invece;
Il personaggio di G ulliver è oggetto d’una poesia dal titolo om onim o ed è citato anche in A ll the dead dears
Letteralm ente: “tutto il m ondo cade m orto”
11
M itico anim ale degli indiani d’A m erica.
10
Donatella Basili
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at least when spring comes they roar back again.”
6
almeno quando viene la primavera loro tornano
rombando.
A nche in Years c’è un riferim en to sprezzante a D io, chiam ato “gran de S tasi” (vedere paragrafo 2.2) e a
C risto, “ the aw ful G od -bit in him ” (il terribile D io -bo ccone in lui) che sem brerebbe u n d ispregio
dell’E ucaristia. P o i ci so no le p oesie della rivisitazio ne dei m isteri della chiesa : A b irth day present e M ary’s
son g; m a anche in T he m oon an d the yew tree c’è la fra se “ T he m o on is m y m o th er. Sh e is not sw eet like M ary”
(“ L a luna è m ia m ad re. N o n è do lce co m e M aria ” ). C ’è un rifiuto della figura di M aria com e do nna obbedien te
e sottom essa - rifiu to tip ico d elle fem m iniste - che denota la rib ellione dell’io contro il ru olo fem m inile. L a
luna diventa sim bolo d i ribellio ne, d i d ark lad y, di L ilith; è l’alter -ego di S ylvia, di cui si vestirà l’ira. Q u ella
person alità più forte e po tente 1 2 che sem bra essere em ersa nei m esi della separazione d al m arito e che com p one
la racco lta A riel, infatti, altro non è ch e l’ira, che esalta gli effetti d ella len te deform an te e distru gge tutto ciò
che vede. C osì i bam bin i d iven tano “bloo dy b ab y” 1 3 ed i sim boli religiosi orren di. N on si p uò vivere con u na
visio ne d el m ond o così. P er questo , a m io parere, A riel no n è la poesia d’u na liberazio ne m a il so gno dello
scaten arsi d ell’ira.
1. 2 I l m a r i t o
“T h at hu ge Ted H ugh es” è l’altro colosso -idolo d i S ylvia, che cadd e nella polvere con un gran ton fo,
im p rovvisam ente ed inspiegabilm ente. N ella poesia G ulliver il p erso naggio di S w ift (da notare che S ylvia lo
vede esclusivam ente nell’ep isod io di L illiput) è u n colosso cad uto nella trap pola degli “uom ini ragno ”, che lo
od iano. S ylvia stessa d ichiara che Ted H ughes è giunto a co lm are “quell’enorm e, triste vu oto d ell’assen za d ’un
padre”. U n gigante infilato in un a sagom a rim asta vuo ta: destinato a san are le ferite procurate dal vecchio
occupante, m a con lo stesso potere d’infierire. S ylvia no n uccide il m ostro che h a dentro di sé, bensì gli dà
addirittu ra u n corpo . Il m ostro contin ua a p rodu rre, com e prim a, i suoi “o rrib ili relitti”, a m anifestare il su o
“cam po di con centram ento” 1 4 : qu elle im m agini vagam ente gotiche e horror ch e caratterizzano la p oesia di
S ylvia. E , sop rattu tto, co ntinua a schiacciare il suo io. S ylvia ne ha un a certa consapevolezza q uan do scrive
“ Vivere separata da Ted è m agn ifico - non son o più nella su a om bra” 1 5 .
P oesia d ell’am ore perduto, d el so gno infranto è, a m io parere, T he M un ich m annequ ins: po esia oscura,
aggrovigliata, che però p resenta alcun e im m agin i significative. L’albero d i tasso, sim b olo della loro casa nel
D evon e d i fertilità, “libera le su e lune invano”; i m anichini sono a M onaco , chiam ata “obito rio tra P arigi e
R o m a” ed evocano u n’ im m agine di falsa perfezione; il luo go ricord a il viaggio co m piu to da S ylvia in
com pagnia del suo am ico G o rdon , nel perio do in cu i era inn am orata di Ted. E ra tutto falso, sem bra dire S ylvia
nella p oesia, il giuram en to di fed eltà, il n ostro am ore, ch e aveva dato la luce a d ue figli; noi sem b ravam o
perfetti m a in realtà eravam o d ue m an ichini sen za vita. In to rno a noi c’è il d eserto e qu ei terrib ili telefon i n eri
che “luccican o e digerisco no silen zio”... o rm ai. L ei li ha fatti tacere strapp an doli dal m uro . L a vo ce d ella rivale
no n si sente p iù.
2. L a l e n t e d e f o r m a n t e
L a lente d efo rm ante che è nella m en te di S ylvia fa in m odo che la sua p oesia sia di gen ere “horror
qu otidian o”, tipicam en te fem m inile. Il suo m essaggio no n è di critica esistenzialista al vu oto d el quo tidiano , m a
è descrizio ne pura e sem p lice dell’o rrore che irro m pe nel quo tidiano , lo vela e lo co lo ra di ro sso e nero , co lori
d’infern o. A llo stesso m odo la lente p rovo ca un certo distacco dalla realtà: in m olte p oesie i paesaggi son o
descritti co m e se fo ssero di carta, co m e se S ylvia cap isse ch e so no im m agini della sua m en te e quindi false,
senza tuttavia riuscire a ved ere la realtà vera: “ T h e w et d aw n in ks are doing th eir blue disso lve” (“G li u m idi
inch io stri dell’alba stanno facendo la loro dissolven za b lu” ) e “ B la ck la ke, bla ck bo at, tw o b la ck, cut -pa per
peop le” (“L ago n ero , battello n ero , due nere persone d i cartoncin o ritagliato”) iniziano W in ter trees e C ro ssing
the w ater; m a anche in T he eye m o te: “ B la m eless a t d aylight I stoo d lookin g/a t a field o f h orses, necks b en t,
m an es b low n,/tails stream ing against the green/b ackd rop o f sycam ores” (“Inno cente alla luce d el giorn o sto
12
R iporto il giudizio di altri critici.
S i può tradurre con “dannati bam bini”
14
S ono tutte espressioni di Sylvia.
15
Lettera alla m adre del 7 novem bre 1962, in Q uanto lontano siam o giunti, G uanda, 1979
13
Donatella Basili
03/01/07
7
gu ard an do / un cam po d i cavalli, co lli ricurvi, criniere al ven to, code on deggian o contro il verde/ fondale d i
sicom o ri”). D i ssolvenza, com e al cin em a; figurine di carta ritagliata e fon dale d i sicom ori: tutti segni che
stann o ad indicare che qu ella che sem bra la realtà è solo finzion e e la realtà vera è q uella deform ata. Tuttavia
S ylvia in p iù d ’un ’occasio ne rivela d i n on riusc ire a distinguere b en e tra im m agini reali e im m agini m en tali;
per esem pio in T he eye m ote, dove viene d escritto l’incid ente d ell’entrata nell’occh io d ’una sch eggia com e
m etafora del traum a subito e della collocazione della len te deform ante. L a poesia in izia con la d escrizione
d’una scena - cavalli ch e corrono su un prato - raccon ta com e l’entrata della pagliu zza dell’occh io d efo rm i
qu esta scena -“ H orses w arped o n the alterin g green/ o utlan dish as dou ble -hu m ped cam els or unico rn s”
(“C avalli curvi su ll’erba m utata/ bizzarri co m e cam m elli co n due gob be o un icorn i”) - e renda la persona
incapace d i vedere la realtà -“ I w ear the present itch for flesh,/b lind to w h at w ill be and w h at w as.” (“P orto il
prurito presen te com e carn e /cieca a q uello che sarà e che era” ) - e si con clude con l’espressione del desid erio
di rito rnare co m e p rim a d ell’accaduto e d elle cure , “ befo re th e b ed , before the knife” (“prim a del letto, prim a
del coltello ”) in uno stato o rm ai “ go ne ou t of m ind” (“fuggito dalla m ente”). Tuttavia la prim a scen a è descritta
in m o do da sem brare dip in ta su u n fond ale: q ual è la realtà?
2. 1 M i r r o r
M irror è la poesia che m eglio esprim e questa sgom enta incapacità di d istinguere le im m agini oggettive
da quelle m en tali ed è insiem e u na perla di o rrore fem m inile qu otidian o. È divisa in due parti. L a prim a
presenta lo specchio com e un o ggetto n eutrale, ch e senza p artecipazione né em o zione riflette la realtà
oggettiva:
“I am silver and exact. I have no preconceptions.
Whatever I see I swallow immediately
Just as it is, unmisted by love or dislike.
I am not cruel, only truthful--”
Son d’argento e sono esatto. Io non ho preconcetti.
Quel che vedo subito inghiottisco
cosí com’è, senz’infilarci amore né disprezzo.
Non son crudele, solo sincero --
Q uesto è ciò che tutti pensano, è un lu ogo com une; lo stesso specchio si crede così. M a atten zione: qu alcu no
aggiunge che è “ T he eye of a little g od, fo ur -cornered .” Q uesta specie d i vo ce fuo ri cam p o avverte che lo
specchio di cui si parla non è un m ero oggetto: è lo specch io di B iancan eve, l’o racolo a cu i si dom and a ch i si è,
la fo nte dell’id en tità. A questo p unto lo specchio cessa d ’essere obiettivo e fedele. L a realtà ch e con tem pla
com in cia ad ond eggiare ed a m ancare:
“Most of the time I meditate on the opposite wall.
It is pink, with speckles. I have looked at it so long
I think it is a part of my heart. But it flickers.
Faces and darkness separate us over and over.”
Spendo la maggior parte del tempo a meditare sul
muro opposto.
È rosa a macchioline. L’ho guardato tant o
che penso sia una parte del mio cuore. Ma viene e va.
Facce e oscurità ci separano più e più volte.
In izia la secon da parte: lo sp ecch io è un lago, o ssia vu oto d’im m agini e d’opinio ni, ed u na do nna si rivo lge a
lui com e oracolo:
“Now I am a lake. A w oman bends over me,
Searching my reaches for what she really is.”
Sono un lago, ora. Una donna su me si china
in me cercando ciò ch’ella è veramente.
E sso è co sì veritiero ed in fallibile da ritenere falsa la realtà fu ori d i lu i :
“Then she turns to thos e liars, the candles or the
moon.
I see her back, and reflect it faithfully.”
Poi ritorna alle bugie, la luna o le candele.
Il suo dorso vedo, e fedelmente lo rifletto.
E così lo crede la do nna che, colpita dall’im m agine ch e lui le ha restitu ito, ritorna p iangente e d ispe-rata a
gu ard arsi:
“She rewards me with tears and an agitation of
hands.
Ella si gira verso di me con lacrime ed agitazione di
mani.
Donatella Basili
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Each morning it is her face that replaces the
darkness
I am important to her. She comes and goes..”
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Ogni mattina è la sua faccia a rimpiazzare il buio.
Sono importante per lei. Lei viene e va.
P erch é è d isperata? L o specchio lo spiega con un ’im m agine agghiaccian te:
“In me she has drowned a young girl, and in me an
old woman
Rises toward her day after day, like a terrible fish.”
In me lei ha annegato una ragazza, e in me una
vecchia
affiora verso di lei di giorno in giorno, come un
terribile pesce.
L o specchio non è più obiettivo : esso riflette ad esso im m agini m entali. L a “old w om an” è il m ostro ch e
irrom pe nel qu otidian o; n on ci si pu ò fidare della realtà (lo specchio) o , m eglio, l’obiettività non salva d ai
m ostri dell’inconscio.
2. 2 I l “ d o p p i o ”
C ’è però un’altra interpretazion e possibile d ella “old w om an” che affiora com e un pesce dal lago dello
specchio, ed è qu ella d el “dop pio ”. L o specchio è m agico in q uanto m ostra il d opp io . S ylvia si laureò co n u na
tesi sul “d oppio” nei rom anzi di D osto evskij e si docum entò leggen do H offm an n, W ilde, P oe ed il saggio
specifico di O tto R ank. N on è casu ale questa attrazione per l’argo m en to: lei era d opp ia m a sap eva d i esserlo
con un grado insufficiente d i co scien za. P er q uesto m otivo si è lasciata in ghiottire dal m ond o che aveva
evocato, com e in u n’incauta sed uta sp iritica. Tale è il m ond o d ella p oesia: è vivo e si for tifica con la b ellezza,
fino ad apparire esso solo la realtà. Il p oeta è com e un m ediu m : se non sa co ntrollare gli spiriti, qu esti prim a o
po i lo risu cchierann o n ella loro d im ensio ne. U n sentore d i ciò si tro va nella po esia In P la ster, do ve si raccon ta
del rapp orto di S ylvia con la sua in gessatura 1 6 , che com e un a creatura di F rankenstein incom incia a sognare di
im p ad ronirsi d i lei:
“And she began to hope I’d die.
Then she could cover my mouth and eyes, cover me
entirely,
and wear my painted face the way a mummy-case
wears the face of a pharaoh, though it’s made of
mud and water”.
“Ed ella comiciò a sperare che morissi.
Allora potè coprire la mia bocca e gli occhi,
coprimi interamente,
ed indossare la mia faccia dipinta come il sarcofago
d’una mummia
indossa il volto d’un faraone, anche se è fatto
di fango e acqua.”
L’inq uietante presenza d’un do ppio a lei nem ico si trova an che in T he riva l e - iro nia d ella so rte! - un gio rno
si m aterializzò in u na rivale vera, la ragazza che le po rtò via il m arito. Q u esto d opp io ha un volto lunare e parla
in prim a person a in T he m oo n and the yew tree. La lu na è presenza o scura, in quietan te, am bigua, ed è sua
m adre. È sinto m atico il confronto con M aria, che è solare: la luna, il suo opp osto , è rappresentata co n lo stesso
abito di M aria, m a dal suo m anto esco no gu fi e pipistrelli. S ’in dovina il riconoscim ento dell’in capacità d’essere
totalm ente buon i e la p au ra, m ista però a com piacim ento, del lato oscu ro. S e M aria è sim b olo di fem m inilità
solare-totale e se è il m od ello un iversalm en te accettato e prop osto , quest’universalità la ren de banale; ecco ch e
chi ricerca l’originalità n on può che vo lgersi verso di lei, la R egin a della N otte, ch e non è lunare -totale - e q ui
sta la sua po tenza e la sua credib ilità: è am bigua. L o scon certo dei lettori u om ini 1 7 (Ted H u ghes ed i critici) d i
fro nte a T he m o on a nd the yew tree è lo sconcerto dell’uom o di fron te alle sacerd otesse della R egina: don ne
che no n incarn an o totalm en te la fem m inilità, che appaio no docili e m ansuete com e u na pantera che, pu r
addo m esticata, resta pantera. S on o le don ne schiacciate d al m aschile-deviato 1 8 . C o sì sch ia ccia te ch e a n zich é
com b a tterlo, d evian o esse stesse la p rop ria fem m in ilità n ell’in ten to d i n o n essere b ersag lio
d ell’op p resso re. È im portan te cap ire la ragio ne d el rifiu to d’u n sim bolo universalm en te accettato, proprio per
evitare persecuzioni e cond an ne ingiuste. F o rse ch e S ylvia rifiuta la M ad onn a? E viceversa, ch i rifiuta il
sim b olo d ella M ado nna, rifiu ta il personaggio storico e religio so? Q uesta con fusio ne tra im m agine e contenuto
16
N el 1953 S ylvia si fratturò una gam ba sciando e restò parecchio tem po con l’ingessatura; l’esperienza riaffiorò nel 1961 durante la
degenza per appendicectom ia e si espresse nella poesia In P laster.
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R iporto notizie di altri critici
18
U so la term inologia junghiana.
Donatella Basili
03/01/07
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ha sosten uto , purtro ppo, m o lte b attaglie fem m in iste. Il rifiuto della fem m inilità d elle prim e fem m iniste è stato
un esprim ere m ale il rifiuto dell’im m agine stereo tipata d ella fem m inilità ad o pera d ella cu ltura m aschilista.
Q uesta stessa cultura ha abbassato la M adon na a stereotip o d ’un a fem m inilità m ielosa e passiva; trasform are la
M adon na n el su o con trario non è il m o do m igliore per com battere tale cultura.
N el caso della P lath, ino ltre, il rifiu to della M adon na e d i tutto ciò che è solare sim b oleggia il rifiuto
dell’im m agine di sé com e don na sp osata e m adre, im m agine giu dicata falsa perch é falso è risu ltato il
m atrim onio. R ifiuta se stessa e nello stesso tem p o si colp evolizza per aver creduto vero ciò che in vece era
falso. Q uesto è il presupp osto p er il suicidio: suicidio p er vergogn a e per pu nizione. S ylvia non rifiuta l’uo m o,
no n diventa psicologicam ente u na virago , u n’am azzo ne ind ipend ente da u na figura m aschile (an ch e se ogn i
tanto fa un tentativo in q uesto senso): rifiuta l’im m agin e idilliaca di se stessa e d ei suoi bam bini, fru tto del
m atrim onio (in fatti li trasform a in qualcosa di m ostruo so: in L esbos ci ap paion o com e d egli anim aletti spo rch i
che razzo lano nel sud iciu m e insiem e a gattini m alati ed anche com e feti in bottiglia, im m agine che ricorre
ossessiva in m olte opere).
R ipo rto qui di seguito l’intera poesia T he m o on a nd the yew tree che ritengo essere un a pietra m iliare della
po esia della P lath.
T HE
MOON AN D T H E Y E W T R E E
This is the light of the mind, cold and planetary.
The trees of the mind are black. The light is blue.
The grasses unload their grief on my feet as I were God,
prickling my ankles and murmuring of their humility.
Fumy, spiritous mists inhabit this place separated from
my house by a row of headstones.
I simply cannot see where there is to get to.
The moon is no door. It is a face in its own right,
white as a knuckle and terribly upset.
It drags the sea after it like a dark crime19; it is quiet
with the O-gape of complete despair. I live there.
Twice on Sunday, the bells startle the sky Eight great tongues affirming the Resurrection.
At the end, they soberly bong out their names.
The yew tree20 points up. It has a Gothic shape.
The eyes lift after it and find the moon.
The moon is my mother. She is not like Mary.
Her blue garments unloose small bats and owls.
How I would like to believe in tenderness The face of the effigy, gentled my candles,
bending, on me in particular, its mild eyes.
I have fallen a long way. Clouds are flowering
blue and mystical over the face of the stars.
Inside the church, the saints will be all blue,
floating on their delicate feet over the cold pews,
their hands and faces stiff with holiness.
The moon sees nothing of this. She is bald and wild.
And the message of the yew tree is blackness blackness and silence.
19
20
L A L U N A E L ’AL B E R O DI T AS S O
Quest’è la luce della mente, fredda e planetaria.
Gli alberi della mente sono neri, la luce blu.
L’erba rovescia ai miei piedi le sue pene, come s’io
fossi Dio,
pungendomi le caviglie e lamentando la sua umiltà.
Fumosi, spiritali vapori abitano questo luogo separato
da casa mia da una fila di lapidi.
Insomma, non riesco a vedere dove andremo a finire.
La luna non è una porta. È una faccia per diritto di
nascita,
bianca come una nocca e terribilmente arrabbiata.
Si trascina dietro il mare come un delitto oscuro; è
quieta
con lo squarcio ad O di completa disperazione. Io abito
qui.
Due volte alla Domenica le campane fan trasalire il
cieloOtto grandi lingue che proclamano la Resurrezione.
Alla fine, con calma rintoccano i loro nomi.
L’albero di tasso punta in alto. Ha un profilo gotico.
Gli occhi si levano oltre lui e trovano la luna.
La luna è mia madre. Non è dolce come Maria.
Le sue vesti azzurre liberano piccoli pipistrelli e gufi.
Come vorrei credere nella tenerezza La faccia dell’effige, ingentilita dalle candele,
chini, proprio su dime, i dolci occhi.
Fu lunga la mia caduta. Nubi fioriscono
azzurre e mistiche sulla faccia delle stelle.
Nella chiesa, i santi saranno tutti azzurri,
fluttuanti sui loro piedi delicati sui freddi banchi,
le mani e i visi rigidi con santità.
La luna non vede nulla di ciò. È brulla e desolata.
Ed il messaggio dell’albero di tasso è oscurità oscurità e silenzio.
C onfrontare con L esbos: “That night the m oon/ dragged its blood bag” (Q uesta notte la luna/ trascinava il suo sacco insanguinato).
L’albero di tasso figura anche in T he M unich m annequins, probabilm ente a sim boleggiare casa sua
Donatella Basili
03/01/07
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Il rifiuto di tutto ciò che è do lce, fem m inile e solare è un a reazio ne all’am o re trad ito che però non si riferisce
soltanto al fallim ento del suo m atrim on io: T he m oo n an d the yew tree è un a p oesia scritta durante il periodo
felice d el m atrim onio. L a ferita è u na sola, ed è qu ella infertale d al padre; il m arito non fa altro che riaprirla.
N elle lirich e della raccolta A riel assistiam o al dolore causato da questa riapertura. D a notare co m e S ylvia
contin ui a reagire allo stesso m odo : prendend osela con D io (figura p aterna) d isprezzand o i suoi sim boli solari e
sentend osi den udata, derub ata del p roprio io (e vergogn osa della pro pria deb olezza). C osì in Years D io,
chiam ato esp licitam en te “grand e stasi” (e ciò rend e co m prensib ile il prim o verso di A riel “S tasi nell’oscu rità”)
vien e accusato d’essere im m ob ile: l ei vuo le il m ovim en to - forse p er scapp are da un a situazione insosten ib ile o
forse perch é vorreb be un interven to divino a suo favore: il sole co ntinua a sorgere co sì com e la luna con tinua a
splen dere sen za curarsi d el su o dolore (ricord iam o an co ra T he m oon and the yew tree: “ T he m oon sees nothing
of this” - “ L a lun a n on vede nulla di ciò” ). In M edu sa assistiam o ad u na specie d i crisi isterica di fron te al sole
che so rge. G ià il p rim o verso, di difficile interpretazion e e trad uzion e, ci avverte che stiam o osservando una
paesaggio d efo rm ato:
“ O ff tha t lan dspit o f ston y m outh-plugs,” “A ll’altezza di quel paesaggio di petro si tam p oni per bocca” (altri
trad ucono sto ny m ou th -plugs con “sassi tappabocca”) che ci evoca già qu alco sa di op prim en te. C i troviam o,
con S ylvia, in riva al m are (m o lto p robabilm ente a S t. Yves, in C orn ovaglia, do ve la P lath si era rifugiata d opo
la separazione dal m arito). I “tam po ni” so no prob ab ilm ente degli scogli 2 1 . C i son o anche delle barch e ap pen a
illum in ate da qualche raggio , c’è il m a re u n po’ in tu m ulto ed una p ianta di fucsia fiorita, che S ylvia sta
innaffian do.
D op o l’im m agine dei “tam p oni” ch e d à la sen sazio ne d’u n io costretto al silenzio, ecco un’im m agin e
splatter, tipica di S ylvia, che evo ca d isfacim ento : “ eyes ro lled by w hite sticks” - “O cchi fatti ro tolare da m azze
bian ch e”. Il paesaggio è d iven tato un essere gigantesco , dall’an atom ia incoerente e sparp agliata com e si trova
già n el C o lo ssu s. Il m ostro è rito rnato , per l’ultim a volta, “senza essere chiam ato”; s’avvicina “sbu ffa nd o”
com e un a vaporiera, d ritto e ineso rabile: “ N evertheless, nevertheless/ yo u stea m ed to m e over the sea,/ fa t and
red, a p la centa/ paralyzing th e kickin g lovers.” - “M algrad o ciò , m algrado ciò/ sei venu to sbuffan do verso di
m e attraverso il m are, grasso e ro sso ,/ un a placen ta ch e paralizza gli am an ti ch e scalciano”. Il m attino arresta
gli am an ti; m a la m aternità p ure dovreb be farlo - la presenza d ei figli d ovrebb e im p ed ire ad u n m arito d i
abbando nare la m o glie: questo sem bra il pensiero nasco sto dagli u ltim i versi. Il m ostro “sprem e il resp iro d alle
cam pane di san gue della fucsia 2 2 ” m a neppure lei pu ò tirare il fiato, “m orta e sen za soldi”, di nu ovo ch iusa
nella bottiglia, n ella “cam pana di vetro”. “C hi ti cred i di essere?” chiede S ylvia sp rezzan te e lo a po stro fa in
m od o singo lare: “gh astly vatican” - “vaticano spettrale”, espressio ne che ci richiam a sub ito i santi azzu rrin i di
T he m oo n an d th e yew tree. M a il m ostro non è so lo, stavo lta, no n è soltan to un colosso di pietra, ha degli
aiutanti: “ G reen a s eu nu ch s, your w ish es/ hiss at m y sins. / O ff, off, eely tentacle!” - “Verd i com e eunu ch i, i
tuoi voleri/ sibilano ai m iei p eccati./ Via, via, tentacolo d’an guilla!”. L’im m agine è p otente e rafforzata dal
suo no sibilante d i “ your w ishes/ hiss at m y sins” 2 3 . S ylvia co nclud e p rendendo le d istan ze “ T here is nothing
betw een us” - “N o n c’è nien te tra n oi” m a sap piam o bene ch e il m o stro h a prevalso .
21
H o trovato su un libro del T ouring alcune foto della costa della C ornovaglia ed ho potuto constatare com e le rocce a picco sul m are
possano sem brare dei “tappi” o addirittura delle “capsule dentarie” accatastati l’uno sull’altro. C onoscendo inoltre la pr edilezione di
S ylvia per i term ini m edici sono propensa a credere che la traduzione di “m outh -plugs” più conform e al suo spirito sia proprio
“capsule dentarie”.
22
C onform e al suo gusto splatter tutto ciò che è rosso diventa “bloody”, ossia “di sangue”. C osì troviam o “blood bells of the fucsia”
e “blood berries” in Y ears
23
P er chi non conosce l’inglese la frase suona più o m eno così: “iùr uìsces hiss (h aspirata) at m ai sins “. V iene in m ente il serpente
dell’E den m entre tenta E va.
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