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1 PROCEDURA DI VALUTAZIONE COMPARATIVA PER IL RECLUTAMENTO DI n. 1 RICERCATORE PRESSO LA FACOLTA' DI LINGUE E LETTERATURE STRANIERE DELL'UNIVERSITÀ' DI PISA SETTORE SCIENTIFICO-DISCIPLINARE L-LIN 10, BANDITA CON D.R. n. 1/15931 del 25/11/2010 (Bando R.10.01) PUBBLICATA SULLA GAZZETTA UFFICIALE n. 99 del 14/12/2010. RELAZIONE FINALE La Commissione giudicatrice della valutazione comparativa per il reclutamento di n. 1 ricercatore per il settore scientifico-disciplinare L-LIN 10 presso la Facoltà di LINGUE E LETTERATURE STRANIERE nominata con D.R. I/1 9700 del 26.07.2011 pubblicato su Gazzetta Ufficiale 61 del 2.08.2011 e successivamente con D.R. I/1 10992 del 9 .09. 2011 pubblicato su Gazzetta Ufficiale 75 del 20.09.2011 e composta dai seguenti professori: - Prof. KEIR ELAM - Ordinario nel s.s.d. L-LIN 10 Università di BOLOGNA; - Prof. MARIANGELA TEMPERA - Ordinario nel s.s.d. L-LIN 10 Università di FERRARA; - Prof. BIANCAMARIA RIZZARDI - Ordinario nel s.s.d. L-LIN 10 Università di PISA; ha svolto i suoi lavori nei giorni: I riunione: giorno 24/10/2011 dalle ore 10,00 alle ore 11,00 II riunione: giorno 23/01/2012 dalle ore 09,00 alle ore 20,00 III riunione: giorno 24/01/2012 dalle ore 09,00 alle ore 13,00 IV riunione: giorno 25/01/2012 dalle ore 09,00 alle ore 13,00 V riunione: giorno 23/02/2012 dalle ore 09,00 alle ore 12,00 VI riunione: giorno 23/02/2012 dalle ore 13,00 alle ore 15,00 VII riunione: giorno 23/02/2012 dalle ore 16,30 alle ore 19,30 VIII riunione: giorno 07/05/2012 dalle ore 9,00 alle ore 13,00 La Commissione ha tenuto complessivamente n. 8 riunioni iniziando i lavori il 24/10/2011 e concludendoli il 07/05/2012. Nella prima riunione la Commissione ha proceduto alle elezioni, nel proprio seno, del Presidente e del Segretario; ha inserito a verbale una dichiarazione dalla quale risulta che i commissari non si trovano in rapporto di parentela o affinità fino al IV grado incluso, tra loro o 2 con i candidati; ha stabilito la data entro la quale la Commissione intendeva concludere i lavori (nel limite massimo di 6 mesi dalla data di pubblicazione del decreto di nomina della Commissione su Gazzetta Ufficiale); ha definito i criteri con i quali sarebbero stati valutati i titoli e le pubblicazioni dei candidati e ha stabilito il calendario per la discussione pubblica con la Commissione. Nella seconda riunione la Commissione ha preso visione dei titoli e delle pubblicazioni dei candidati. Nella terza riunione si è svolta la discussione pubblica su titoli e pubblicazioni dei seguenti candidati: 1) CAPUTO Nicoletta 2) D’EZIO Marianna 3) GREENUP Sylvia 4) MARTINELLI Lawrence Thomas 5) MOROSETTI Tiziana 6) NATALI Ilaria 7) PIETRICOLA Francesca 8) TCHERNICHOVA Viktoria Nella quarta riunione si è svolta la discussione pubblica su titoli e pubblicazioni del candidato Gian Pietro Maria Leonardi. In data 07.02.2012, su richiesta della Prof Rizzardi e con l’autorizzazione del Presidente, le Proff. Tempera e Rizzardi hanno avuto accesso alla documentazione relativa al Concorso in oggetto, hanno duplicato i documenti di cui la Prof. Rizzardi riteneva di avere bisogno ai fini della formulazione dei giudizi individuali e lasciato sotto la responsabilità della Prof. Rizzardi le pubblicazioni. I titoli dei candidati sono stati risigillati e affidati alla custodia del personale del Dipartimento Nella quinta riunione la Commissione ha proceduto alla stesura dei giudizi individuali sui candidati. Nella sesta riunione la Commissione ha proceduto alla stesura dei giudizi collegiali sui candidati. Nella settima riunione la Commissione ha proceduto alla valutazione comparativa dei candidati e alla votazione. Ha ottenuto voti 2 Nicoletta Caputo e voti 1 Viktoria Tchernichova. Pertanto è risultata vincitrice a maggioranza Nicoletta Caputo. La Prof. Rizzardi ha presentato una relazione di minoranza allegata al verbale n.7. Nell’ottava riunione la Commissione giudicatrice, facendo seguito alle rettoriali n. 4334 del 28.03.2012 e n. 5675 del 19.04.2012, ha rivisto i giudizi individuali e collegiali relativi alla Candidata Nicoletta Caputo. Tutti i giudizi individuali e collegiali sono allegati alla presente relazione finale (n. 1 e 2). 3 La Commissione ha poi proceduto nuovamente alla valutazione comparativa dei candidati e alla votazione. Ha ottenuto voti 2 Nicoletta Caputo e voti 1 Viktoria Tchernichova. Pertanto è risultata vincitrice a maggioranza Nicoletta Caputo. La Prof. Rizzardi ha presentato nuovamente una relazione di minoranza allegata al verbale n.8 e anche alla presente relazione finale (allegato n. 3). Letto, approvato e sottoscritto seduta stante. La Commissione: Prof. KEIR ELAM Presidente Prof. MARIANGELA TEMPERA Componente Prof. BIANCAMARIA RIZZARDI Segretario 4 PROCEDURA DI VALUTAZIONE COMPARATIVA PER IL RECLUTAMENTO DI n. 1 RICERCATORE PRESSO LA FACOLTA' DI LINGUE E LETTERATURE STRANIERE DELL'UNIVERSITÀ' DI PISA -SETTORE SCIENTIFICO-DISCIPLINARE L-LIN 10. Giudizi INDIVIDUALI I GIUDIZI INDIVIDUALI DEI COMMISSARI SONO ELENCATI NEL SEGUENTE ORDINE: 1) Prof. KEIR ELAM 2) Prof. MARIANGELA TEMPERA 3)Prof. BIANCAMARIA RIZZARDI CANDIDATO: CAPUTO Nicoletta Giudizio 1): La candidata ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Anglistica presso l’Università di Pisa nel 1997. E’ stata titolare di una Borsa post-dottorato in Lingua e Letteratura Inglese presso l’Università di Firenze (1998-2000), di un assegno di ricerca presso l’Università di Siena (20062010), e di un Fellowship della Folger Shakespeare Library (2001). E’ stata relatrice a numerosi convegni nazionali ed internazionali. E’ stata professore a contratto per lingue e letteratura inglese presso l’Università di Siena dal 2002 al 2011. Le pubblicazioni della candidata vertono su tre principali aree di ricerca: la letteratura inglese medioevale, con particolare riferimento al teatro; il teatro di Shakespeare e la sua afterlife presso i grandi attori shakespeariani; la narrativa inglese contemporanea. Caratteristico di tale produzione è il consapevole connubio fra l’attenta analisi testuale e la bene informata apertura verso il relativo contesto storico. A tal fine, la candidata impiega con competenza e disinvoltura strumenti critici sia di carattere formale (l’analisi linguistica, discorsiva e semiotica) sia di derivazione neostoricista. La monografia Playing with Power (1998) concerne gli interludi Tudor nel periodo che va dal 1465 al 1576, anni politicamente assai turbolenti che videro la messa in atto della Riforma e il successivo avvicendarsi di monarchi protestanti e cattolici. La discussione è centrata su cinque interludi corrispondenti alle cinque fasi nell’evoluzione della Riforma, compresa quella della Controriforma. Oggetto principale dell’analisi è la forza performativa e persuasiva degli interludi in tale contesto ideologicamente carico, forza utilizzata a promuovere il cambiamento politico o il mantenimento dello status quo tramite un’ampia gamma di strategie discorsive e performative. L’autrice fa opportuno ricorso ad un imponente apparato di materiale storico documentario basato su esemplari testi epocali, fra lettere, sermoni ed atti parlamentari. Il secondo volume, “New Wine in Old Bottles” (2010) rappresenta un’acuta ed aggiornata analisi del romanzo Nights at the Circus di Angela Carter, focalizzata sulla fitta rete intertestuale che l’opera mette in gioco, con riferimento soprattutto ad alcuni paradigmi teorici consapevolmente evocati dalla Carter, che vanno dal femminismo alla psicanalisi al carnevalesco bakhtiniano. Fra i saggi della candidata, si può individuare in modo particolare l’indirizzo di indagine che privilegia l’interpretazione di opere shakespeariane, quali Richard III, negli adattamenti e nelle messe in scena soprattutto relative al Sette e all’Ottocento (“Looking for Richard in Romantic 5 Times”, “King Richard III’s Metamorphic History”, “Riccardo III tra Shakespeare e Cibber”). La discussione dei titoli e delle pubblicazioni è risultato chiara e coerente, dimostrando piena padronanza degli strumenti critici e teorici adottati. La produzione scientifica della Dott.ssa Caputo dimostra notevole ampiezza di interessi, sia per quanto riguarda i periodi storici e i diversi generi letterari in oggetto, sia per le problematiche critiche ed ermeneutiche discusse, pur nella continuità teorica e metodologica di fondo. I suoi saggi sono apparsi su riviste di respiro nazionale ed internazionale (Textus, Annali di Anglistica, Il confronto letterario, Assaph, ecc.), così come i suoi libri e contributi in volume sono ben collocate presso note case editrici italiane e estere (Liguori, Ashgate, Lang). Complessivamente, si tratta di una studiosa di solida formazione culturale e di comprovata capacità critica, che ha al suo attivo una ricca produzione di saggi apparsi nel corso di venti anni di attività di ricerca e sulla quale il giudizio sulla Dott.ssa Caputo non può che essere altamente positivo. Giudizio 2): Ha conseguito il dottorato di ricerca nel 1997 presso l’Università di Pisa, è stata titolare di una borsa di postdottorato presso l’Università di Firenze e di un assegno quadriennale di ricerca presso l’Università di Siena. Ha partecipato a progetti di ricerca d’interesse nazionale e locale (Università di Firenze). ha ottenuto finanziamenti per una sua ricerca nell’ambito del progetto MURST “Giovani Ricercatori” (2000) e una “Fellowship” presso la Folger Library (luglio-agosto 2001). Ha presentato numerose relazioni a convegni. Dal 2002 al 2011 è stata docente a contratto presso l’Università di Siena nei settori L-LIN 10, L-LIN12. Nel corso del colloquio ha presentato ottimamente i suoi titoli e i suoi progetti di ricerca. L’attività di ricerca della candidata segue tre filoni fondamentali. Il primo è relativo alla letteratura inglese del Cinquecento con particolare riferimento agli Interludi e al teatro della Riforma. La tesi di dottorato è diventata una monografia, Playing with Power che attesta rigore critico e competenza storica. Nel corso degli anni, la candidata ha approfondito i suoi studi sul periodo con articoli fra i quali si segnalano per originalità “The Defense of Religious Orthodoxy”, “A ‘Deformed’ Christianity” e “Entertainers ‘on the Vagabond Fringe’”. Un altro filone di ricerca è rappresentato da saggi sugli adattamenti shakespeariani e sui loro interpreti nel Sette-Ottocento (in particolare, “Performing the Passions”). Si tratta di lavori molto ben documentati e illuminanti. Infine, Angela Carter è oggetto di uno studio monografico, ‘New Wine in old Bottles’, che in parte rielabora saggi precedenti, e che esplora con acutezza l’intertestualità in A Night at the Circus. Interessante anche le pubblicazioni bibliografiche elettroniche. Una parte dei suoi lavori ha trovato ottima collocazione a livello internazionale presso case editrici quali Ashgate e riviste quali Yearbook of English Studies, Theatre Survey, Assaph. Nicoletta Caputo è bene inserita nel contesto universitario sia a livello didattico che di organizzazione della ricerca. Si tratta di una studiosa pienamente matura che affronta i suoi temi di ricerca con originalità e rigore metodologico. Il giudizio è ottimo. Giudizio 3): 6 Dal curriculum la Candidata mostra di aver seguito un progressivo percorso di formazione negli anni di laurea (1991), durante gli studi di Dottorato (1997), post-Dottorato (1998-2000), Assegno di ricerca (2006-2010). In particolare si sottolineano le sue competenze nell’ambito del Rinascimento e del periodo Tudor e un interesse per gli autori postmoderni Angela Carter e Martin Amis. La Candidata ha al suo attivo due monografie e un discreto numero di articoli, in gran parte legati ai temi dei libri. La tesi di Dottorato che la Candidata presenta ai fini della valutazione comparativa, è riproposta integralmente nel volume “Playing with Power”. Gli interludi Tudor e i percorsi della Riforma (Liguori 1998 che si configura come un testo essenzialmente dall’approccio storicoculturale. Attraverso l’esame di cinque interludi, la cui produzione spazia dal 1465 al 1576, anni decisivi per la Riforma Anglicana, la candidata registra il rapporto tra scrittura e ideologia esemplificato da questo genere teatrale, la sua forza di persuasione e di guida nei confronti del processo della Riforma. A tal fine Caputo fa ricorso a un vasto materiale documentario, solitamente di seconda mano, che comprende lettere, cronache, sermoni e atti parlamentari. La candidata costruisce un discorso chiaro, pur non lasciando grande spazio a operazioni interpretative originali. La rilevanza scientifica della collocazione editoriale del volume è di difficile valutazione in quanto dal testo non si evince il Direttore della collana stessa, il comitato scientifico o i requisiti che la casa editrice richiede per la pubblicazione. Ad oggi tale collana, non compare tra le collane edite da Liguori. Le successive pubblicazioni della Candidata inerenti agli Interludi Tudor ripropongono gran parte del materiale già presente nello studio monografico. Si rimanda a: “Which Play Was of a King How He Should Rule His Realm: Tudor Interludes Advising the Ruler” pubblicato nel 2005 presso la Hungarian Journal of English and American Studies, “A Deformed Christianity: Ethical Transubstantiation in English Reformation Plays” pubblicato in The Poetics of Transubstantiation a cura di Enrico Giaccherini e Douglas Burnham (Ashgate 2005), “The Defence of Religious Orthodoxy in John Heywood’s The Pardoner and the Frere” pubblicato nel 2008 in The Yearbook of English Studies, I saggi valutabili sugli adattamenti di Richard III e il teatro rinascimentale evidenziano lo stesso approccio che privilegia questioni extratestuali, di orientamento storico-sociale, e un analogo modo di gestire il rapporto con i testi, sostanzialmente limitato alla descrizione del contesto culturale trascurando interessi propriamente ermeneutici. Come appare evidente fin dai titoli degli articoli, la Candidata esamina i cambiamenti cui è stato sottoposto il personaggio di Riccardo III – rispetto alle fonti shakespeariane – nei drammi di Shakespeare, nell’adattamento di Cibber e nelle interpretazioni di Garrick e Kean, focalizzandosi sulla stage history del dramma: “I can add colours to the chameleon: King Richard III’s Metamorphic History” (inserito nel volume Proteus, The Language of Metamorphosis a cura di Carla Dente, Ashgate 2005), “Edmund Kean or ‘the Romantic Actor’” (In The Languages of Performance in British Romanticism, a cura di Lilla Maria Crisafulli e Cecilia Pietropoli, Peter Lang 2008), “Like the formal Vice, Iniquity’: Riccardo III tra Shakespeare e Cibber” (in The Character Unbound, Bibliotheca Aretina, 2010), “Performing the Passions: David Garrick and Edmund Kean in King Richard III” , “Looking for Richard III in Romantic Times: Thomas Bridgman’s and William Charles Macready’s abortive stage adaptations” accettato per la pubblicazione presso la rivista Theatre Survey,. L'approccio seguito non si discosta significativamente da quello che contraddistingue i lavori sul teatro rinascimentale, e i risultati conseguiti possono essere valutati in maniera analoga. Nello specifico, per ciò che riguarda i numerosi interventi dedicati ai grandi interpreti della scena 7 shakespeariana, più che mai assente è qui l’originalità: si tratta di lavori basati su altrui testimonianze (spesso testimonianze di testimonianze), affidate a documenti già editi (copiosamente citati nel testo), che procedono attraverso una minuta e diligente collazione di fonti, e raramente travalicano i confini di una vivace aneddotica. Neanche il lodevole sforzo di tracciare, attraverso lo ricostruzione storica delle interpretazioni di Garrick, Kean, ecc., una storia delle fluttuazioni del gusto e della fortuna del drammaturgo (lo Shakespeare “romantico”, “neo-classico”, ecc.) può dirsi nuovo; spunti in questo senso si trovano già, per limitarsi all’Italia, nelle introduzioni di Gabriele Baldini alle sue versioni shakespeariane, più di mezzo secolo fa. Nella seconda monografia, “New Wine in Old Bottles” (Biblioteca Aretina, 2010) la Candidata raccoglie i contenuti di almeno un paio di saggi precedenti (’92 e ’97) nell’affrontare la riscrittura della storia da una prospettiva femminista in un romanzo di Angela Carter, già oggetto di studio della sua tesi di laurea. Nel volume su Carter, il lavoro di contestualizzazione, che pure occupa uno spazio ben più ampio di quello concesso al testo (riassunto, più che analizzato da Caputo), la Candidata comprime in poche pagine fenomeni straordinariamente complessi ed eterogenei, che rischiano di ridursi a una collazione un po’ generica di definizioni semplicistiche e formule risapute. Con alcune sconcertanti ingenuità. Come quando, a pp. 6768 vengono disinvoltamente mescolati e sovrapposti (per comodità di analisi?) spunti e suggestioni che appartengono in realtà a modi narrativi notevolmente diversi: il fantasy, il gotico, il fantastico, il romance. La monografia. 'New Wine in Old Bottles', è stata pubblicata dalla casa editrice di Arezzo, Bibliotheca Aretina la cui scheda editoriale non pare richiedere una prevalutazione alla pubblicazione quale il refertaggio anonimo. Da quanto appare alla stampa, il volume non é inserito in una collana né mostra di possedere i criteri per la valutazione dei prodotti della ricerca (cfr. CIVR Comitato di Indirizzo per la valutazione della ricerca- Linee guida per la Valutazione della Ricerca). La riscrittura della storia nel postmoderno era già stata oggetto di studio in precedenza: “Storia/e al femminile” (Textus LX, 1996), saggio nel quale sono esaminate alcune teorie sulla narratività storiografica e sull’intertestualità. Problemi di gender sono trattati dalla Candidata nei due saggi “Oltre i confini di genere: problematiche testuali e sessuali in Nights at the Circus (1984) di Angela Carter"(1992) e in “Angela Carter's The Passion of New Eve : Sexual Transmutation as Psycho-physical Exile" (2002). La candidata presenta, inoltre, una serie di recensioni pubblicate anche all’estero, voci enciclopediche e ricognizioni bibliografiche. La puntualità con cui la Candidata discute i suoi titoli e le sue pubblicazioni non è sufficiente a colmare la ripetitività per la ricorrenza di tematiche e di modalità di approccio nonostante i diversi ambiti di studio a cui la Candidata si riferisce. In ragione di quanto sopra, la produzione scientifica della Candidata dimostra una consuetudine pluridecennale con metodi e tematiche che, pur sortendo talvolta interessanti esiti compilativi, sembra bisognosa di ulteriori affinamenti e approfondimenti. CANDIDATO: D’EZIO Marianna Giudizio 1) La candidata ha conseguito il Dottorato in Letterature di Lingua Inglese presso Roma La Sapienza nel 2005. E’ stata professore a contratto di Lingua Inglese presso le Università di Roma Sapienza, 2003, 2010-2011; Perugia, 2007-2009; Cassino, 2007-2009. Ha partecipato 8 come relatore a numerosi convegni nazionali e internazionali. La sua attività scientifica verte principalmente sulla narrativa e sulla letteratura di viaggio. L’interessante monografia Hester Lynch Thrale Piozzi: A Taste for Eccentricity (2010), che rielabora la sua tesi di dottorato, indaga la carriera sia letteraria che esistenziale e sociale di Mrs Thrale, letterata e viaggiatrice al centro del mondo letterario e culturale londinese fino alla sua caduta in disgrazia a seguito del matrimonio con Gabriele Maria Piozzi. Il volume esplora l’intrigante prospettiva femminile e proto-femminista (anche quella delle Bluestockings) sul mondo prettamente maschile di Johnson & Co, nonché sull’Europa contemporanea, specie l’Italia, tramite i suoi viaggi. Tra l’altro, l’indagine presta opportuna attenzione anche ai diari e alle lettere dell’autrice. I saggi della candidata danno ampia conferma della sua expertise nel campo del Settecento inglese, con riferimento al Grand Tour, ai primi indiani americani presenti a Londra, al colonialismo in scena, alle relazioni culturali (e personali) anglo-italiani, ecc. Le pubblicazioni della candidata sono ben collcate in sedi editoriali nzionali ed internazionali (Cambridge Scholars Publishing, Memoria di Shakespeare, Journal for 18th century Studies). La sua discussione dei titoli e delle pubblicazioni è stata articolata e convincente, seppure sempre focalizzata quasi esclusivamente sul campo del Settecento. La Dottt.ssa D’Ezio presenta un profilo scientifico da studiosa sicuramente competente del Settecento inglese, e anche se si tratta di un campo di ricerca piuttosto ristretto, il giudizio complessivo è senza altro positivo. Giudizio 2) Ha conseguito il dottorato di ricerca presso l’Università di Roma ‘La Sapienza’ nel 2005. Partecipa a un gruppo di ricerca internazionale olandese. Ha avuto un contratto di insegnamento nel settore L-LIN 12 presso l’Università di Roma La Sapienza nel 2003 e altri contratti dal 2007 al 2011 nello stesso settore presso le Università di Cassino, Perugia, Roma “La Sapienza”. Ha partecipato a numerosi convegni in qualità di relatore. Nel corso del colloquio ha presentato ottimamente i suoi titoli e le sue ricerche. La candidata presenta alcuni titoli di Lingua Inglese (Global, L’inglese per affari) non riconducibili al settore L-LIN 10. La sua principale pubblicazione nel settore è una monografia in corso di stampa derivata dalla tesi di dottorato su Hester Thrale Piozzi. Si tratta di un lavoro ben organizzato e documentato che rappresenta un contributo originale allo studio di una figura poco nota e sicuramente degna di rivalutazione. Presenta anche numerosi saggi, in buona parte pubblicati su Miscellanea di Storia delle Esplorazioni geografiche, che approfondiscono le sue ricerche sulla letteratura di viaggio con particolare attenzione alla scrittura femminile e alla rappresentazione degli indiani d’america. In altri due lavori, “Colonialism, Slavery, and Religion on Stage” “Slavery and Abolitionism on Stage”, in corso di pubblicazione, la candidata affronta il dibattito su schiavitù e colonialismo da un punto di vista insolito, quello delle donne che scrivono per il teatro. Più divulgative sono le introduzioni a traduzioni italiane di lavori di scrittrici inglesi. L’attività didattica di Marianna D’Ezio è principalmente in L-LIN12.Alcuni suoi saggi sono usciti in riviste di buon livello nazionale e internazionale ( Journal for Eighteenth-Century Studies, Memoria di Shakespeare). Si tratta di una studiosa sicuramente promettente ma ancora non completamente padrona degli strumenti critici. Il giudizio è abbastanza positivo. Giudizio 3) 9 La formazione della Candidata si è svolta alla Facoltà di Lettere di Roma 3 (Dottore di Ricerca, cultore della materia) ma anche in sedi europee quali lo University College di Oxford e lo University College di Cork. Il campo di ricerca privilegiato dalla Candidata riguarda in particolare la letteratura di viaggio tra Sette e Ottocento e la narrativa settecentesca in generale. Dalla rielaborazione della sua tesi di Dottorato prende le mosse il volume Hester Lynch Thrale Piozzi: A Taste for Eccentricity (pubblicato nel 2010 dalla Cambridge Scholars Publishing), che fornisce un ritratto ampio, puntuale e ben documentato della scrittrice e viaggiatrice settecentesca nonché, per i suoi contatti con le culture europee, importante mediatrice culturale. Molti sono i saggi e gli articoli della Candidata che affrontano argomenti vari all’interno dello stesso ambito di ricerca, ossia il Grand Tour visto da intellettuali di spicco della cultura britannica, come Hester Piozzi, e da altre autrici che nel loro insieme restituiscono importanti testimonianze del punto di vista femminile su questioni ritenute allora di pertinenza solo maschile: le forme del consenso, l’idea di nazione. Si evidenzia altresì una fine e sensibile attività nel campo della traduzione e dell’indagine traduttologica. Il manuale di grammatica inglese del 2010 non può essere preso in considerazione, riferendosi ad altro settore scientifico disciplinare, ma riflette il suo impegno didattico. Altri studi e traduzioni sono in corso ed anche dalla discussione emerge un profilo nel complesso ancora in via di consolidamento dal punto di vista della compiutezza e congruenza disciplinare ma indubbiamente suscettibile di buoni risultati futuri. CANDIDATO: GREENUP Sylvia Giudizio 1) La candidata ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Anglistica ed Americanistica presso l’Università di Pisa nel 2001. E’ stata titolare di un assegno di ricerca presso la medesima Università e Professore a contratto di Lingua e Traduzione Inglese, 2005-2007; è stata relatrice un convegno. Ha iniziata le sue attività di ricerca nel campo della storia dell’arte medioevale, come dimostrano i suoi primi saggi, non valutabili al fine del presente concorso. Successivamente si è occupata, in campo anglistico, principalmente della narrativa del Settecento e del primo Ottocento. La tesi di dottorato su Clarissa di Samuel Richardson (2001) dimostra un’intelligenza critica brillante e sottile, doti confermate dai saggi pubblicati successivamente sullo stesso argomento (“The Rape of Clarissa and The Rape of Lucrece” (2007), un suggestivo e originale studio del debito di Richardson nei confronti del poema shakespeariano, e "The Undesigning Scribbler, the Well-Read Lady and the Aristocratic Cad: Richardson's Art of Literary Allusion in Clarissa"). Altro oggetto delle ricerche della candidata è la narrativa di Jane Austen (“’The sense of an Italian love song’: A reading of Persuasion”, 2011). Originale e intrigante è anche il saggio sull’attrice Anne Bracegirdle (2007). Piuttosto intenso è il lavoro di traduzione letteraria ed accademica. La candidata ha discusso i suoi titoli e pubblicazioni con notevole disinvoltura espositiva e capacità argomentativa. La produzione scientifica della candidata è per ora piuttosto esile ma decisamente promettente, ed è sicuramente destinata in futuro a dare vita ad esiti importanti. Giudizio 2) 10 Ha conseguito il dottorato di ricerca presso l’Università di Pisa nel 2002. Presso lo stesso ateneo ha ottenuto un assegno di ricerca (2001-2005) e svolto attività didattica come professore a contratto nel settore L-LIN12 (2005-2007). E’ stata relatrice a un convegno. Nel corso del colloquio ha presentato ottimamente i suoi titoli e le sue ricerche. L’interesse della candidata per la letteratura del Settecento è documentato da un’ ottima tesi di dottorato su ‘Acting by the letter’: Dramatic Narrative and Tragedy in Clarissa Harlowe (2001) che ha formato la base per alcuni articoli di recente pubblicazione. Di particolare interesse sono “The Rape of Lucrece and the Rape of Clarissa” e, soprattutto, “All’incrocio dei generi” che affronta con buona padronanza della materia e degli strumenti critici il problema della presenza del teatro nel romanzo. Alcuni articoli sulla “Material Culture” aprono un nuovo, promettente filone di ricerca. Ben documentato e organizzato è il saggio introduttivo alla traduzione di A Narrative of the Life of Mrs Charlotte Clarke. Sylvia Greenup è una giovane studiosa con una limitata esperienza universitaria in ambito didattico e di organizzazione della ricerca. Anche se non ha ancora affrontato la prova della costruzione di uno studio monografico a stampa, il giudizio sui suoi lavori è positivo. Giudizio 3) La produzione scientifica della Candidata rivela un solido percorso formativo, dagli anni universitari come allieva della Scuola Normale, a quelli del Dottorato. Pur non presentando monografie, la sua produzione scientifica dà prova di una studiosa raffinata, curiosa e versatile. Rielaborando in parte la tesi di dottorato, in tre saggi (“The undesigning scribbler, the wellread lady and the aristocratic cad: Richardson 's art of literary allusion”, 2006;” The rape of Clarissa and the Rape of Lucrece”, 2007; “All'incrocio tra i generi: la drammaturgia antiteatrale di Clarissa e la riscrittura del teatro nel romanzo” , 2011) e in una lunga recensione (“Nel crogiolo dell'artista: Clarissa di Samuel Richardson”, 2006) la Candidata compie un’analisi squisitamente letteraria con interessi comparatistici del romanzo, del contesto e del personaggio al centro di Clarissa di Richardon. A questa si affiancano riflessioni di carattere storico e culturale che la Candidata propone attraverso un discorso di convincente compattezza teorica, articolandole con grande chiarezza espositiva. La candidata si muove con sicurezza sul piano metodologico e utilizza apporti teorici articolati nei suoi più recenti articoli su tre romanzi di Jane Austen, Sense and Sensibility, Persuasion e Mansfield Park. Si segnalano anche interessi per gli studi di gender e culturali, nonché la lunga introduzione di taglio storico letterario alla versione italiana, da lei stessa curata, di A Narrative of the Life of Mrs Charlotte Clarke, autobiografia dell'attrice Charlotte Cibber-Clarke. Alla traduzione saggistica e letteraria la Candidata dedica gran parte della sua attività scientifica. La sua discussione, condotta con disinvoltura, porta a formulare un giudizio sulla Candidata sicuramente positivo, sia per l’interesse degli argomenti trattati sia per la finezza con cui è condotta la ricerca. CANDIDATO: LEONARDI Gian Pietro Maria Giudizio 1) Il candidato ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Letterature di Lingua Inglese presso "Sapienza" Università di Roma nel 2006. Ha partecipato a numerosi convegni come relatore. Le sue ricerche si situano nel campo dei queer studies¸ a partire dalla tesi di dottorato, Coming Out: Queer (mis)adventures inside and outside the canon, che si occupa di alcuni autori gay fra Ottocento e Novecento inglese, da Wilde a Forster e da Woolf a Winterson. Si tratta di una panoramica storica, non sempre approfondita rispetto all’analisi dei singoli autori e testi. Delle 11 pubblicazioni presentate, solo una, la breve scheda “Magico John Cromer” (2010) risulta pertinente al SSD L-LIN/10. Nella ben condotta discussione dei titoli e pubblicazioni il candidato ha riconosciuto di non aver presentato pubblicazioni relative alla letteratura inglese, motivo per cui il giudizio complessivo non può essere positivo Giudizio 2) Ha conseguito il dottorato di ricerca presso l’Università di Roma ‘La Sapienza’ nel 2006. Non ha svolto attività didattica a livello universitario. Ha partecipato a numerosi convegni in qualità di relatore. Nel corso del colloquio ha presentato ottimamente i suoi titoli e le sue ricerche. A parte una tesi di dottorato dal titolo “Coming Out: Queer (mis)adventures inside and outside the canon”, che tratta in modo abbastanza superficiale autori quali Qilde, Forster e Woolf, le sue pubblicazioni dedicate a “Gay Studies” non sono riconducibili al settore L-LIN10. Il giudizio non può che essere negativo. Giudizio 3) Il Candidato presenta otto tra articoli, saggi e recensioni che nel loro complesso rispecchiano il tema della sua ricerca elaborato nella tesi del Dottorato: "Coming Out: Queer (mis)adventures inside and outside the canon", 2006. Il giudizio complessivo rileva l'inesistenza di una produzione critica del Candidato ascrivibile al SSD L-LIN/10. CANDIDATO: MARTINELLI Lawrence Sterne Giudizio 1) Il candidato ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Storia delle Arti Visive e dello spettacolo presso l’Università di Pisa nel 2010. Le sue attività di ricerca, pur ampie e sicuramente competenti, riguardano quasi esclusivamente settori diversi dal L-LIN/10, quali la storia del cinema, e pertanto – con forse l’unica eccezione della breve scheda “Jiri Trnka, lo Shakespeare dal tocco boemo” (2006) – non possono essere prese in considerazione al fine della presente valutazione comparativa. Nella discussione dei titoli e delle pubblicazioni il candidato ha esposto con convinzione e con chiarezza le proprie linee di ricerca, ma ha ammesso di non aver pubblicato sudi specifici sulla letteratura inglese, motivo per il quale il giudizio non può essere positivo. Giudizio 2) Ha conseguito il dottorato di ricerca presso l’Università di Pisa. Nel corso del colloquio illustra ottimamente i suoi titoli, ma non è in grado di indicare alcuna pubblicazione relativa alla Letteratura Inglese. 12 Il candidato non presenta pubblicazioni riconducibili al SSD L-LIN10, con l'eccezione di una nota di carattere divulgativo sul film di Trnka tratto da Sogno di una notte di mezza estate di Shakespeare. Per l’assenza di significative pubblicazioni in L-LIN10, il giudizio non può che essere negativo. Giudizio 3) La ricerca del Candidato Lawrence Thomas Martinelli rispecchia il percorso ricco e complesso, sia dal punto di vista della formazione, - laurea in lingue, dottorato in arti visive e spettacolo-, sia da quello della didattica della lingua inglese, avendo maturato un’esperienza ultradecennale di insegnamento dell’inglese nella scuola superiore, oltre che una più breve esperienza nell’Università. Pertanto la sua produzione scientifica, ricca e interessante, si focalizza sui temi relativi alle arti visive e dello spettacolo e comprende un volume (Crocevia Europa-Dialoghi sul cinema con registi e attori, Holde, Massarosa 2007) e alcuni saggi sul cinema e sul fumetto apparsi in cataloghi, atti di convegno e volumi collettanei. Nel complesso, emerge il profilo di uno studioso dai vasti interessi ma la cui attività di ricerca appare focalizzata su tematiche marginali rispetto al settore scientifico-disciplinare L-LIN/10. Durante la discussione evidenzia interessi prevalenti per gli studi di carattere filmo grafico e sul fumetto. L’esposizione, ancorché competente, non riflette interessi specifici per la ricerca scientifica pertinente al settore di riferimento. CANDIDATO: MOROSETTI Tiziana Giudizio 1) La candidata ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Letterature e culture dei paesi di lingua inglese presso l’Università di Bologna nel 2006. E’ stata titolare di un assegno di ricerca nel 2008-2010 e di una borsa postdottorato nel 2006-2008. Ha partecipato come relatore ad alcuni convegni. Le sue attività di ricerca vertono principalmente sul teatro, e sono caratterizzate da due indirizzi primari di indagine, quello del teatro postcoloniale e quello del teatro politico di W.H. Auden. La monografia Introduzione al teatro nigeriano di lingua inglese (2009), rielaborazione della tesi di dottorato dedicata a Femi Osofisan (2006), esplora con indubbia conoscenza e competenza un campo culturale assai poco conosciuto in Italia. Particolarmente apprezzabile è la bene informata esplorazione del rapporto fra il teatro nigeriano e la sua matrice politica e storica, accompagnata da un ampio e molto aggiornato apparato bibliografico e sitografico. Il secondo indirizzo di ricerca è rappresentato - oltre che dalle curatele dei volumi W. H. Auden. Nel trentennale della scomparsa(1973-2003) (2004), che tra l’altro contiene diversi contributi della candidata, e La danza della morte con co-traduzione della pièce di Auden - dalla breve monografia Memoria e utopia nel teatro di W.H. Auden (2009), che offre utili e pertinenti informazioni storico-culturali tramite una esposizione chiara e leggibile, anche se la lettura critica delle opere poteva essere più approfondita. Fra le altre curatele della candidata è 13 interessante il volume Metamorfosi della città, curata con Marinella Rocca Longo, che contiene anche uno studio della candidata sul tema della città, sempre con riferimento ad Auden. Fra i saggi, dedicati per la maggior parte al teatro africano e alle opere di Auden, è di particolare interesse l’originale messa a confronto dell’Amleto di Shakespeare e il Pilade di Pasolini, con riferimento al mito di Oreste (2001). Coerente e convincente la discussione dei titoli e delle pubblicazioni. La Dott.ssa Morosetti è una giovane studiosa sicuramente promettente, soprattutto per quanto riguarda la storia del teatro inglese e postcoloniale, che dimostra buone capacità di ricerca storico-culturali e altrettanto buone doti di esposizione. A volte, nella produzione scientifica pubblicata fino ad oggi, la lettura critica e testuale delle singole opere potrebbe essere più approfondita. Complessivamente, tuttavia, il giudizio è senz’altro positivo. Giudizio 2) Ha conseguito il dottorato di ricerca nel 2006 presso l’Università di Bologna. Presso lo stesso ateneo, ha conseguito una borsa di postdottorato (2006-2008), un assegno di ricerca (20082010) e ha svolto attività didattica come “Tutor” in L-LIN10 (2010-11). Ha partecipato come relatore e organizzatore a numerosi convegni. Nel corso del colloquio ha presentato ottimamente i suoi titoli e le sue ricerche. Le pubblicazioni più interessanti della candidata sono dedicate alla letteratura nigeriana. Oggetto di tesi di dottorato, l’opera di Femi Osofisan è analizzata con rigore metodologico e appassionato interesse per la materia. Anche Introduzione al teatro nigeriano, lavoro di carattere più divulgativo ma di sicuro rilievo per far apprezzare in Italia autori poco o per nulla conosciuti, dimostra una solida conoscenza dell’oggetto di studio e padronanza degli strumenti critici. Altri saggi approfondiscono aspetti della cultura africana. Fra questi, di particolare interesse sono “Il teatro in bianco e nero”, con acute osservazioni sulla funzione delle fotografie nello studio del teatro africano, e “ ‘How to answer a hanging in Nigeria’ ” che dimostra un serio lavoro di documentazione sulla censura. Un altro filone di ricerca è incentrato su W.H. Auden al quale la candidata ha dedicato uno studio monografico Memoria e utopia nel teatro di W.H. Auden e una serie di saggi. Ben scritti e documentati, questi lavori hanno minore carattere di originalità rispetto agli studi sulla cultura africana che rappresentano il migliore contributo della candidata nell’ambito del settore disciplinare. Tiziana Morosetti è ben inserita in ambito universitario sia a livello didattico che di organizzazione della ricerca. Sta cominciando a proporre con successo i suoi lavori a editori e riviste di buona qualità. Sebbene la sua produzione presenti alcuni tratti di discontinuità, il giudizio è sicuramente positivo. Giudizio 3) La candidata si è laureata in Lingue e Letterature Straniere presso l’Università degli Studi di Roma Tre (2001), ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Letterature e culture dei paesi di lingua inglese presso l’Università di Bologna (2006), dove ha ottenuto una Borsa postdottorato (2006-2008) e un Assegno di Ricerca per il progetto “La rappresentazione del corpo 'esotico’ nella Francia e nell’Inghilterra del Settecento e dell’Ottocento”, (2008-2010). Si evidenzia la continuità temporale nel ricoprire tali incarichi. Le pubblicazioni presentate dalla candidata comprendono due ambiti di ricerca ben caratterizzati: l'uno, sicuramente approfondito, é collegato alla letteratura postcoloniale africana, privilegia il teatro e altre forme espressive della Nigeria anglofona; l'altro rivisita sotto varie prospettive l'opera di W.H. Auden. 14 All’area della letteratura postcoloniale di lingua inglese e, nello specifico, della produzione letteraria e teatrale anglo africana appartiene il volume Introduzione al teatro nigeriano di lingua inglese (Edizioni Associate 2009). Ricollegandosi all’argomento della tesi di dottorato, la Candidata propone un’accurata, ben documentata e originale analisi delle varie forme di teatro africano. Allo stesso ambito di ricerca si iscrivono almeno un paio di contributi, le voci enciclopediche e gli articoli dedicati a Femi Osofisan. A tale interesse di ricerca si coniuga una particolare attenzione anche per l'opera di W.H. Auden. di cui la Candidata evidenzia la forte componente ideologica e il profondo interesse per il teatro soprattutto negli anni Trenta. Si vedano la curatela del volume W. H. Auden. Nel trentennale della scomparsa (1973-2003) 2004, e la monografia Memoria e utopia nel teatro di W.H. Auden, 2009. Nel volume da lei curato sono presenti diversi suoi contributi, in cui la Candidata affronta gli aspetti dell'opera dell'autore legati alle sue prese di posizione ideali e ideologiche ed esamina in modo puntuale, ricco di notazioni originali, i suoi testi drammatici degli anni Trenta. Anche in un altro saggio, "Sulle opere minori: l'Arcifanfano, re dei matti di Auden/Goldoni", la Candidata si occupa del teatro di Auden, laddove indaga il suo lavoro di librettista traduttore, con osservazioni che rivelano la sua notevole capacità di lettura critica. Nel volume suddetto, "L'Italia nelle letterature di lingua inglese dal 1900 a oggi", Roma-Pisa, Fabrizio Serra Editore, 2008, compare anche il saggio introduttivo, che interviene sulla 'fortuna' dell'Italia nel secolo scorso, delineandone le caratteristiche anche alla luce del venir meno del grande interesse che invece si era riscontrato nei secoli precedenti. A questo interesse della Candidata per gli studi di carattere comparativo si iscrivono anche gli studi su Hamlet di Shakespeare e il Pilade di Pasolini. Le diverse recensioni presentate arricchiscono il panorama di intervento della candidata, ma non assumono il valore e il peso di un articolo. Buona la discussione dei titoli e delle pubblicazioni condotta con convinzione e puntuale documentazione. La produzione scientifica complessiva della candidata mostra una sicura attitudine alla ricerca. Il giudizio è indubbiamente positivo, sia per la diversità degli ambiti di ricerca che per la competenza dell’indagine. CANDIDATO: NATALI Ilaria Giudizio 1) La candidata ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Anglistica e Americanistica presso l’Università di Firenze nel 2007. E’ stata titolare di una borsa di Studio presso la James Joyce Foundation, 2001/2002 e di un assegno di ricerca presso l’Università di Firenze, 2008 – 2011. E’ stata professore a contratto di Letteratura Inglese presso la medesima Università, 20072009. Ha partecipato ad alcuni convegni nazionali e internazionali in qualità di relatore. Il suo principale indirizzo di ricerca è la critica genetica applicata alle opere di James Joyce. Si tratta di uno sposalizio felice fra oggetto e metodo di indagine, dal momento che l’evolversi nel tempo dei romanzi e delle poesie di Joyce dà vita ad una ricca variantistica che permette una proficua investigazione filologica diacronica, tanto è vero che Joyce è sempre stato oggetto privilegiato della critica genetica medesima. Ciononostante, la ricerca della candidata, condotta spesso su manoscritti e altri documenti inediti, risulta originale e convincente. La sua prima 15 monografia, ‘That submerged doughdoughty doubleface’: ‘Pomes Penyeach’ di James Joyce, (2008), indaga l’evoluzione testuale di un Joyce ‘minore’, quello appunto delle poesie, le quali, come dimostra persuasivamente la candidata, intrattengono importanti relazioni intertestuali, o macrotestuali, con le opere più note dello scrittore irlandese. La seconda monografia, The UrPortrait: ‘Stephen Hero’ e il processo di creazione artistica in ‘A Portrait of the Artists as a Young Man’ (2008) basata sulla tesi di dottorato per la quale si era aggiudicata il Premio Firenze University Press, esamina con notevole competenza filologica e acume critico il confluire, spesso più casuale che programmato, di una serie di testi quali Stephen Hero, le Epiphanies, il primo Portrait, e i Notebooks, in un “dossier genetico” che darà poi vita al Portrait definitivo. Meno rigoroso filologicamente, e meno convincente criticamente, è la terza monografia, Demoni, fantasmi, apparizioni. Narrative soprannaturali nell’opera di Daniel Defoe (2010), excursus per ora solitario nella narrativa del Settecento, che discute la presenza del sovrannaturale nella prosa di Defoe. Si tratta di un volume ‘ibrido’ che, accanto al breve discorso critico-storico, presenta anche la traduzione di sette racconti dell’autore nei quali il sovrannaturale svolge un ruolo significativo. I saggi, infine, vertono prevalentemente su Joyce, con l’eccezione di uno studio su Dickens. La discussione dei titoli e delle pubblicazioni è stata articolata e coerente, mettendo in mostra una buona consapevolezza teorica e metodologica. La Dott.ssa Natali è una studiosa dotata di spiccata intelligenza critica e sicura competenza filologica che ha già offerto significativi contributi allo studio filologico del macrotesto joyciano. Il giudizio complessivo è sicuramente positivo. Giudizio 2) Ha conseguito il dottorato di ricerca presso l’Università di Firenze nel 2007. Ha ottenuto una borsa di studio presso la James Joyce Foundation (2001-2002), il premio Firenze University Press (2007) e il premio G. Giusti (2008). Ha ottenuto un assegno di ricerca presso l’Università di Firenze (2008-11) ed è stata docente a contratto nel settore L-LIN10 presso lo stesso ateneo (2007-2009). Ha partecipato a numerosi convegni in qualità di relatore. Nel corso del colloquio ha presentato ottimamente i suoi titoli e le sue ricerche. La candidata presenta due interessanti monografie su James Joyce (The Ur-Portrait, tratta dalla sua tesi di dottorato, e ‘That Submerged doughdoughty doubleface’) che attestano una solida preparazione teorica e una apprezzabile capacità di rielaborare in modo autonomo le indicazioni dei critici che l’hanno preceduta nello studio sulla genesi dei testi joyciani. Una parte dei saggi dedicati a Joyce riprende i temi degli studi monografici senza andare oltre i risultati già raggiunti. Una buona traduzione di L’uomo che volle farsi re è preceduta da un’introduzione di taglio divulgativo. Nel volume Demoni, fantasmi e apparizioni, la candidata traduce inquadra e commenta pagine di DeFoe incentrate sul soprannaturale. Si tratta di un nuovo, promettente filone di ricerca per la studiosa che deve tuttavia approfondire la sua conoscenza di testi di base sulla cultura del Settecento per arrivare a risultati originali. Ilaria Natali è una giovane studiosa con una limitata esperienza didattica a livello universitario e attiva partecipazione a diversi convegni. Sta dimostrando una buona capacità di uscire dall’ambito locale nella scelta degli editori a cui sottoporre i propri lavori. Presenta una produzione di qualità discontinua: ottima negli studi joyciani, meno convincente nei lavori sul Settecento. Il giudizio è comunque positivo. Giudizio 3) 16 La Candidata si è formata all’Università di Firenze (Laurea 2003, Dottorato di Ricerca 2007, Assegno di Ricerca dal 2008), in continuità temporale nel ricoprire tali ruoli. Ha trascorso certificati periodi di studio all’estero (tra il 2001 e il 2009) tra cui si segnalano: presso la Zurich James Joyce Foundation, Antwerp James Joyce Centre. E’ vincitrice del “Premio Firenze University Press- Tesi di Dottorato” (2008). La Candidata presenta tre monografie e diversi articoli che delineano un percorso di ricerca che a partire dalla sua formazione di base, si indirizza prevalentemente verso l’opera di James Joyce, per poi arricchirsi di ulteriori ipotesi di studio. All’opera di Joyce la Candidata ha dedicato due rnonografie, una voce enciclopedica e nove articoli, che trattano svariati aspetti dell'opera dello scrittore irlandese. Tra l'altro, la candidata si sofferma sulla predilezione e l’interesse dell'autore per la lingua italiana verificata dalla candidata sulle traduzioni e auto traduzioni joyciane. In tale ambito si colloca anche la recensione pubblicata nel 2004. La monografia The Ur-Portrait: ‘Stephen Hero’ ed il processo di creazione artistica in ‘A Portrait of the Artist s a Young Man’ (Firenze University Press, 2008), argomento della sua Tesi di Dottorato, espone un’analisi competente, puntuale e accurata dei primi due romanzi joyciani, sulla base metodologica della critica genetica. La Candidata, mediante l’analisi del lungo percorso creativo (1900-1914) che ha portato alla stesura definitiva di Portrait, non solo ripercorre minuziosamente le varie fasi della redazione, ma evidenzia anche le prime testimonianze dell’attività creativa di Joyce. L’analisi dei cambiamenti apportati nel corso delle varie stesure di Potrait consente alla Candidata di aprire nuove prospettive di ricerca sia mettendo in luce aspetti inediti dell’autore in quanto produttore di testi, sia indirizzando verso una nuova comprensione dell’opera pubblicata. Questo studio della documentazione di A Portrait si dimostra decisamente produttivo per evidenziare le modalità compositive joyciane anche in relazione al macrotesto, e per riflettere sulle prospettive metodologiche della critica genetica. Alla poesia joyciana la Candidata dedica la monografia “That submerged doughdoughty doubleface”:‘Pomes Penyeach’ di James Joyce (2008), pubblicata nella collana del Dipartimento di Filologia Moderna dell’Università di Firenze, Sequenze, dalla casa editrice ETS di Pisa. La politica editoriale della casa editrice ETS rispetta i criteri indicati dall’ANVUR. La monografia (insieme ad altri contributi della Candidata) vuole colmare una lacuna, nell’ambito della produzione artistica joyciana, ad oggi particolarmente evidente. Attraverso uno studio sistematico e approfondito della raccolta e una competente indagine critica dei testi (sezioni 35) sempre in ottica genetica, la Candidata giunge a proporre convincenti e spesso originali interpretazioni non solo delle poesie ma anche sull’intero macrotesto. Inoltre l’analisi genetica di ‘Pomes Penyeach’ permette alla Candidata di avanzare nuove ipotesi sul concetto di dossier e sui rapporti che sussistono tra le varie testualizzazioni. In altre parole, l’attento studio della Candidata si dimostra di grande originalità e utilità per mettere in luce un’opera generalmente considerata ‘minore’ all’interno degli studi joyciani, sia per avanzare nuovi ipotesi nell’ambito degli studi teorici della critica genetica. La candidata è indubbiamente preparata in questa impostazione metodologica, come dimostrano altri saggi, sempre su Joyce, (prevalentemente pubblicati all’estero) che, nel loro complesso, restituiscono la piena padronanza di questo ambito di ricerca. Un ulteriore area di ricerca della Candidata mira ad evidenziare la commistione, in alcune opere di Daniel Defoe e in parte del Settecento, di interessi fortemente legati alle forze che operano nella realtà concreta dell'uomo e della natura (scienza, economia), accanto a una 17 grave attenzione per l'ambito sovrannaturale. Nel volume Demoni, fantasmi, apparizioni: Il soprannaturale negli scritti di Daniel Defoe (2010), il rigore metodologico dei precedenti saggi monografici della Candidata cede a una certa carenza di dialogo con la lunga tradizione degli studi del fenomeno del sovrannaturale in letteratura anche in ambito italiano (soprattutto nella prima parte del volume). Resta interessante anche la scelta antologica dei testi nella sezione “Intermezzo” e la finezza delle loro traduzioni. Altri validi contributi riguardano il periodo vittoriano e in particolare la produzione narrativa di Dickens: Concentrandosi su due dei maggiori romanzi di Dickens, David Copperfield e Great Expectations, la Candidata individua gli aspetti che portano l’autore ad essere sia un moderato estimatore che un severo critico della realtà vittoriana. La candidata ha tradotto e introdotto il racconto di Kipling, L'uomo che volle farsi re, con finezza e competenza. Il colloquio conferma la buona preparazione della candidata. Il giudizio complessivo sulla produzione scientifica della Candidata è sicuramente positivo; si apprezzano la competenza e la serietà nell’affrontare tematiche impegnative e complesse. CANDIDATO: PIETRICOLA Francesca Giudizio 1) La candidata ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Lingue e Letterature presso l’Università Tor Vergata, Roma, nel 2009. Non presenta pubblicazioni all’infuori della tesi di Dottorato su l'Italia nei romanzi Anne Radcliffe, uno studio piuttosto puntuale della rappresentazione mediata dell’Italia da parte della romanziera tramite le descrizioni di viaggiatrici quali Hester Lynch Thrale Piozzi. Nella ben condotta discussione dei titoli la candidata ha parlato dei suoi futuri progetti di ricerca. Data la mancanza di pubblicazioni successive alla tesi, il giudizio non può essere positivo. Giudizio 2) Ha conseguito il dottorato di ricerca presso l’Università di Roma “Tor Vergata”. Nel corso del colloquio, ha illustrato ottimamente i suoi titoli e la sua tesi di dottorato. La candidata presenta una buona tesi di dottorato sulla Ratcliffe. Non presenta pubblicazioni. Per l’assenza di pubblicazioni, il giudizio non può che essere negativo. Giudizio 3) La Candidata è dottore di ricerca in anglistica. Non ha svolto attività didattica significativa in ambito universitario La candidata non presenta pubblicazioni. II giudizio sulla sua attività scientifica è quindi negativo 18 CANDIDATO: TCHERNICHOVA Victoria Giudizio 1) La candidata ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Letterature Straniere Moderne presso l’Università di Pisa nel 2004. E’ stata titolare di un assegno di ricerca presso la medesima Università, 2004/2009 e di una borsa di studio, 2009-2011. E’ stata collaboratore didattico presso le Università di Pisa e Venezia Cà Foscari, 2003-20011. Ha organizzato un gruppo di ricerca internazionale, 2009-2010, ed ha partecipato ad alcuni convegni. Le sue ricerche sono prevalentemente di carattere formalistico, avvalendosi di strumenti analitici bene affilati, seppure non sempre aggiornatissimi, quali la retorica, la semiotica testuale e la narratologia. La sua prima monografia, Postmoderno e Postcoloniale. Percorsi del senso in Byatt, Thomas, White e Rushdie (2007) esamina quattro fra i più importanti narratori britannici o anglofoni contemporanei, offrendo una lettura ravvicinata, per ciascuno degli autori discussi, di un’opera rappresentativa, lettura alla quale candidata porta ben calibrate analisi retoriche o narratologiche: lo studio del non-detto e della topica metaletteraria in Byatt; della detractio e la adiectio nella narrazione dell’olocausto da parte di Thomas; della semantica pluri-isotopica e delle strategie narrative (quali l’elissi) in White; dell’organizzazione testuale e dei tropi (quali le metafore dell’interrelazione) in Rushdie. Particolare attenzione viene dedicata, poi, agli apparati paratestuali dei quattro romanzi. Poteva essere utile una più ampia e approfondita discussione teorica delle relazioni fra i due paradigmi culturali annunciati nel titolo del volume (postmoderno, postcoloniale). Mancano, per scelta strategica della candidata, riferimenti ai rispettivi contesti storico-culturali dei quattro scrittori, che potevano forse aiutare nella ‘mappatura’ comparative. Più coesa pare la seconda monografia, I personaggi di Robert Browning: discorso, verità e interpretazione (2011), che esamina la struttura testuale e paratestuale, i registri stilistici, le strategie monologiche e dialogiche e le tecniche argomentative in opere quali “Porphyria’s Lover”, “Caliban Upon Setebos”, “Holy-Cross Day” e The Ring and the Book. Particolarmente apprezzabile è la sicura conoscenza, e la disinvolta applicazione ai testi di Browning, della retorica dell’argomentazione. I saggi della candidata sono in buona parte quelli ripubblicati nei volumi monografici, eccezion fatta per gli studi su William Blake (2003) e sul poeta canadese Robert Bringhurst (2005). Ha inoltre al suo attivo tre co-curatele di raccolte di saggi, rispettivamente sulla letteratura postcoloniale (Roots and Beginnings, con Pietro Deandrea, 2003), sul romanzo The Ground Beneath Her Feet di Salman Rushdie (The Great Work of Making Real, con Elsa Linguanti, 2003) e sulle relazioni culturali italo-canadesi (Cultural Crossings, con Biancamaria Rizzardi, 2011). Le pubblicazioni della Dott.ssa Tchernichova, sia le monografie che i saggi, sono apparse prevalentemente presso case editrici e riviste locali. Ciononostante, si tratta di una studiosa di sicura promessa, dotata di intelligenza critica e competenza metodologica, e complessivamente il giudizio è decisamente positivo. Nella discussione dei titoli e delle pubblicazioni la candidata ha esposto in modo brillante le premesse teoriche e metodologiche delle sue ricerche. Giudizio 2) Ha conseguito il dottorato di ricerca presso l’Università di Pisa nel 2004. Presso lo stesso ateneo, ha conseguito un assegno di ricerca (2004-2009) e una borsa di studio/ricerca (20092011) e collaborato a attività didattiche in L-LIN10 (2003-2011). Ha collaborato alla didattica nello stesso settore presso l’Università di Venezia (2006-2008). E stata supervisore alla didattica in un Master dell’Università di Pisa (2007-2011). Ha organizzato un gruppo di ricerca 19 internazionale (2009-2010) e partecipato in qualità di relatore e organizzatore a numerosi convegni. Nel corso del colloquio ha presentato ottimamente i suoi titoli e le sue ricerche. Le pubblicazioni della candidata riflettono interessi di ricerca che spaziano da William Blake a Robert Browning, dal postmoderno inglese (Byatt, D.M. Thomas), alle letterature anglofone (canadese, australiana, indiana). I suoi lavori sono sostenuti da una solida preparazione metodologica e da una buona conoscenza del lavoro dei critici che l’hanno preceduta. I risultati più originali sono raggiunti nel volume Postmoderno e postcoloniale, che in parte raccoglie e rielabora saggi precedenti, ma riesce tuttavia a trovare una sua unità di impianto, a creare inediti collegamenti fra gli autori trattati e ad offrire nuove chiavi di lettura per opere poco conosciute in Italia. Diverse curatele e contributi ad antologie di saggi (per esempio, “Tradursi all’altra riva”) la collocano in buona posizione nel panorama degli studi italiani sul postcoloniale. Si tratta di una giovane studiosa ben inserita nel contesto universitario sia a livello didattico che di organizzazione della ricerca, di una ricercatrice matura che dimostra curiosità culturale e buone basi teoriche e che dovrebbe cominciare a proporre i suoi lavori per pubblicazione al di fuori dell’ambito locale. Anche se sarebbe auspicabile un maggiore approfondimento su un numero più limitato di oggetti di studio, il giudizio sulla candidata è sicuramente positivo. Giudizio 3) La Candidata si è formata all’interno del Dipartimento di Anglistica dell’Università di Pisa in cui ha continuato senza nessuna interruzione le sue ricerche negli anni del Dottorato (quattro, dal 2000 al 2004), dell’assegno di ricerca (quattro, dal 2004 al 2009) e della borsa di studio e ricerca (tre, dal 2009 al 2011). Si evidenzia la rara continuità temporale nel ricoprire tali ruoli. Le sue pubblicazioni mostrano chiare prospettive critiche di lavoro e una puntuale competenza metodologica - con particolare attenzione all’individuazione di elementi intertestuali in un’ottica comparatistica-, alla formazione di metafore, alle strategie di disposizione testuale, alle tecniche compositive e argomentative, alle costanti e variabili isotopiche del testo narrativo e poetico. Dalle sue pubblicazioni si evince un costante e parallelo interesse per l’ermeneutica, per l’evoluzione e lo sviluppo della teoria letteraria del secondo Novecento, dalla narratologia alla semiotica e alla ‘nuova’ retorica fino alla critica postcoloniale. Le sue aree di ricerca sono varie e articolate e spaziano dalla poesia inglese romantica e vittoriana, alla letteratura inglese contemporanea, con un interesse anche alla saggistica d’autore. All’area di ricerca sulla poesia romantica si iscrive il saggio “Argomentazione e discorso epidittico in ‘The Little Vagabond’ di William Blake” (2003) in cui la Candidata affronta con finezza il rapporto tra le illustrazioni blakeane e le loro varianti d’autore, analizza la figura del “Wanderer”, e studia i procedimenti retorici, metrici, anagrammatici e fonosimbolici del testo . Nell’ambito della poesia vittoriana la Candidata ha dedicato un saggio monografico alla dimensione elocutiva dei personaggi di Robert Browning. La puntuale lettura degli aspetti argomentativi, lo studio attento del sistema retorico e organizzativo, nonché l’analisi del tessuto fonico e del fonosimbolismo stanno alla base di I personaggi di Robert Browning: discorso, verità e interpretazione. Il lavoro raccoglie i risultati della riflessione, solo in minima parte esplorata in saggi precedenti, sulla centralità che il pensiero ermeneutico e la riflessione sul linguaggio assumono nei testi di Robert Browning. La monografia mostra un’ottima conoscenza della vasta bibliografia critica sul poeta da cui si discosta per un’indubbia originalità di prospettiva critica. Il volume è apparso in una collana scientifica, English Library, presso 20 l’editore Polimetrica di Milano la cui politica editoriale rispetta i criteri indicati dall’ANVUR tra i quali il referaggio anonimo come prerequisito di pubblicazione. Ad autori e generi diversi (poesia, saggistica d’autore, narrativa) della letteratura inglese contemporanea sono dedicati il solido volume Postmoderno e Postcoloniale. Percorsi del senso in Byatt, Thomas, White e Rushdie, 2007 e diversi saggi pubblicati nell’arco di un decennio. Dialogando criticamente con i più sperimentati ma meno efficaci metodi di lettura (decostruzionismo, critica femminista, cultural studies), il volume del 2007 studia una serie di pratiche discorsive e dimostra in modo convincente e originale la specificità dei paradigmi culturali che sostanziano il postmoderno e il postcoloniale. In Postmoderno e Postcoloniale…, la Candidata traccia, attraverso l’analisi narratologica di quattro romanzi di autori e nazionalità diverse particolarmente rappresentativi, una mappa del “moderno” nelle sue complessità e contraddizioni: un’analisi che passa necessariamente sia attraverso la discussione, approfondita e dialettica, dei nodi del dibattito critico contemporaneo sia attraverso lo studio delle modalità di produzione del senso specifiche di ciascun testo narrativo. Un metodo più che mai necessario, come sostiene la stessa Tchernichova per lo studio della narrativa contemporanea, il cui senso non risulta legato a formule di dimostrazione logico-didattica quanto piuttosto a indirette strategie di persuasione e argomentazione. Come risulta sin dalla limpida e informatissima introduzione al volume, che è anche una lucida dichiarazione di metodo e di intenti, la Candidata delinea questi fenomeni sottolineandone la natura stratificata e problematica, quando non apertamente contraddittoria. Con una abilità critica e dialettica già matura e consapevole, la Candidata gioca l’una contro l’altra le diverse opinioni, e non esita a confutarle se lo ritiene necessario. Accanto al lavoro di contestualizzazione, poi, la Candidata ritiene imprescindibile e prioritario il confronto diretto con l’irreducibile singolarità di ogni testo, che ricava non da progetti astratti (dichiarazioni teoriche, ecc) o da presupposti ideologici, ma dalla sua capacità esercitata e matura di risalire dalle micro alle macro-strutture, dall’espressività delle scelte stilistiche (isotopie dominanti, strategie strutturali e retoriche, ecc.) alla ricostruzione di visioni del mondo articolate e sfumate, che tutte assieme tracciano una mappa del “moderno” nelle sue complessità e contraddizioni. Il lavoro, che ad ogni passo giustifica con chiarezza e lucidità le proprie finalità ed il proprio metodo, dimostra, oltre alla perfetta padronanza di strumenti analitici ed ermeneutici validi, aggiornati e perfettamente adattati alla specificità dei singoli testi: a) la solida cultura generale, che spazia dalla questioni geo-politiche alla filosofia; b) la capacità propositiva e critica, che non si nega neppure ai giudizi di valore (vedi le osservazioni conclusive sulla Byatt); c) la passione etica, che mai scinde il fatto letterario dalle istanze vitali e morali che lo nutrono (specialmente probante il saggio su D.M.Thomas). Il suo volume dimostra una maturità di giudizio assai rara in una giovane studiosa e costituisce un contributo personale, innovativo ed impeccabilmente argomentato alla questione, tuttora aperta e scottante, delle convergenze e divergenze tra i fenomeni (postcoloniale e postmoderno, spesso frettolosamente identificati) che identificano il nostro tempo. In conclusione, la Candidata arriva a formulare le sue tesi (nelle densissime ultime pagine) solo attraverso un personale e puntuale confronto con l’irriducibile singolarità di ogni autore ed ogni testo. Non si tratta certamente di un semplice lavoro di verifica dunque, ma di un vero e proprio lavoro di ricerca. Il volume fa parte della collana Percorsi del Dipartimento di Anglistica (Università di Pisa) che richiede il referaggio anonimo e, in ultimo, il parere dello stesso Dipartimento. La politica editoriale della casa editrice ETS rispetta i criteri indicati dall’ANVUR. 21 Rigore e metodo sono ben presenti anche laddove la Candidata si occupi di intertestualità (“Robert Bringhurst’s ‘The Lyell Island Variations’ 2001; “‘The outsideness of what we’re inside’ 2003), di teorie contemporanee della letteratura (“Tradursi all’altra riva”, 2010; “Teaching Transculturality”, 2011) o di saggistica d’autore “To sing thought back into being” 2005; “The inclination to assimilate many-sided truths” 2008). Nelle quattro recensioni presente ai fini della valutazione comparativa, attraverso una puntuale discussione analitica del testo, la Candidata propone con determinazione la sua lettura critica. Di particolare rilievo anche la consistenza complessiva e l’intensità della produzione scientifica della Candidata, soprattutto in rapporto alla durata temporale e alla continuità della sua attività scientifica. Ottima la discussione dei titoli e delle pubblicazioni condotta con lucidità e una consapevolezza critica molto matura circa i risultati conseguiti e le prospettive di ricerca. Il giudizio sull’attività di ricerca e sui titoli della Candidata non può che essere ampiamente positivo. Nel complesso le sue pubblicazioni rivelano una piena maturità di studiosa. PROCEDURA DI VALUTAZIONE COMPARATIVA PER IL RECLUTAMENTO DI n. 1 RICERCATORE PRESSO LA FACOLTA' DI LINGUE E LETTERATURE STRANIERE DELL'UNIVERSITÀ' DI PISA -SETTORE SCIENTIFICO-DISCIPLINARE L-LIN 10 Giudizi collegiali CANDIDATO: CAPUTO Nicoletta La Commissione esprime a maggioranza il seguente giudizio collegiale. La candidata ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Anglistica presso l’Università di Pisa nel 1997. E’ stata titolare di una Borsa post-dottorato in Lingua e Letteratura Inglese presso l’Università di Firenze (1998-2000), di un assegno di ricerca presso l’Università di Siena (20062010), e di un Fellowship della Folger Shakespeare Library (2001). E’ stata relatrice a numerosi convegni nazionali ed internazionali. E’ stata docente a contratto di "Lingua e Traduzione Inglese" dal 2002 al 2003, 2004-2005, di "Lingua Inglese 2003 al 2004 e 20072008, di “Cultura Inglese”dal 2005 al 2009 e di “Letteratura Inglese I” dal 2006 al 2007 e dal 2009 al 2011 presso l’Università di Siena. Le pubblicazioni della candidata vertono su tre principali aree di ricerca: la letteratura inglese medioevale, con particolare riferimento al teatro; il teatro di Shakespeare e la sua afterlife presso i grandi attori shakespeariani; la narrativa inglese contemporanea. Caratteristico di tale produzione è il consapevole connubio fra l’attenta analisi testuale e la bene informata apertura verso il relativo contesto storico. A tal fine, la candidata impiega con competenza e disinvoltura strumenti critici sia di carattere formale (l’analisi linguistica, discorsiva e semiotica) sia di derivazione neostoricista. La tesi di dottorato è diventata una monografia, Playing with Power che attesta rigore critico e competenza storica. Angela Carter è oggetto di uno studio monografico, ‘New Wine in old Bottles’, che in parte rielabora saggi precedenti e che esplora con acutezza l’intertestualità in A Night at the Circus. I saggi sugli adattamenti shakespeariani e sui loro interpreti nel Sette-Ottocento (in particolare, “Performing the Passions”) sono lavori molto ben documentati e illuminanti. 22 La discussione dei titoli e delle pubblicazioni è risultata chiara e coerente, dimostrando piena padronanza degli strumenti critici e teorici adottati. Complessivamente, si tratta di una studiosa di solida formazione culturale e di comprovata capacità critica, che ha al suo attivo una ricca produzione di saggi apparsi in parte presso case editrici e su riviste nazionali e internazionali. Il giudizio è ottimo. La Prof. Rizzardi dissente da tale giudizio per le motivazioni espresse nel suo giudizio individuale. 23 CANDIDATO: D’EZIO Marianna La Commissione non ritiene valutabili, in quanto non pertinenti al SSD L-LIN10, le seguenti pubblicazioni elencate nel verbale n.2: 'L'immagine dell'Indiano nell'Illuminismo americano' (2002), 'Ruolo e immagine dell'Indiano americano negli scritti europei dalla scoperta del continente al XVIII secolo' (2001), Grammatica Inglese A-Z, , 2010, 'George Catlin dalla tela alla pagina scritta. Viaggi di un artista tra gli Indiani d'America', (2005). La Candidata si è formata presso la Facoltà di Lettere di Roma 3 (Dottore di Ricerca, cultore della materia) ma anche in sedi europee quali University College di Oxford e University College di Cork. La candidata presenta un profilo scientifico da studiosa sicuramente competente del Settecento inglese. La sua attività scientifica verte principalmente sulla narrativa e sulla letteratura di viaggio. L’interessante monografia Hester Lynch Thrale Piozzi: A Taste for Eccentricity (2010), che rielabora la sua tesi di dottorato, indaga la carriera sia letteraria che esistenziale e sociale di Mrs Thrale, letterata e viaggiatrice al centro del mondo letterario e culturale londinese fino alla sua caduta in disgrazia a seguito del matrimonio con Gabriele Maria Piozzi. Si tratta di un lavoro ben organizzato e documentato che rappresenta un contributo originale allo studio di una figura poco nota e sicuramente degna di rivalutazione. Molti sono i saggi e gli articoli della Candidata che affrontano argomenti vari all’interno dello stesso ambito di ricerca. Si evidenzia altresì una fine e sensibile attività nel campo della traduzione e dell’indagine traduttologica. E’ degno di nota il respiro internazionale di parte delle pubblicazioni della candidata. La Dottt.ssa D’Ezio presenta un profilo scientifico da studiosa sicuramente competente del Settecento inglese, e anche se si tratta di un campo di ricerca piuttosto ristretto, il giudizio complessivo è positivo. CANDIDATO: GREENUP Sylvia La Commissione non ritiene valutabile, in quanto non pertinente al SSD L-LIN10, la seguente pubblicazione elencate nel verbale n.2: (1999) Charles Lock Eastlake Materials for a History of Oil Painting (London, Longman-Brown-Green and Longmans, 1847); Pittura A Olio. Fonti e materiali per una storia, traduzione Pierluigi Carofano e Sylvia Greenup, Neri Pozza Editore, Vicenza, 1999. La candidata ha conseguito il dottorato di ricerca presso l’Università di Pisa nel 2002. Presso lo stesso ateneo ha ottenuto un assegno di ricerca (2001-2005) e svolto attività didattica come professore a contratto nel settore L-LIN12 (2005-2007). La produzione scientifica della Candidata rivela un solido percorso formativo, anche come allieva della Scuola Normale. Pur non presentando monografie, la sua produzione scientifica dà prova di una studiosa raffinata, curiosa e versatile. Alcuni articoli sulla “Material Culture” aprono un nuovo, promettente filone di ricerca. Ben documentato e organizzato è il saggio introduttivo alla traduzione di A Narrative of the Life of Mrs Charlotte Charke. Originale e intrigante è anche il saggio sull’attrice Anne Bracegirdle (2007). Piuttosto intenso è il lavoro di traduzione letteraria ed accademica. Il giudizio sulla Candidata é sicuramente positivo, sia per l’interesse degli argomenti trattati sia per la finezza con cui è condotta la ricerca, indubbiamente suscettibile di sviluppi futuri. CANDIDATO: GIAN PIETRO MARIA LEONARDI 24 La Commissione non ritiene valutabili, in quanto non pertinenti al settore scientifico disciplinare L-LIN/10 le pubblicazioni presentati dal Candidato ed elencate nel verbale n.2, tranne la tesi di dottorato. La tesi di dottorato, Coming Out: Queer (mis)adventures inside and outside the canon, riguarda alcuni autori gay fra Ottocento e Novecento inglese, da Wilde a Forster e da Woolf a Winterson. Si tratta di una panoramica storica, non sempre approfondita rispetto all’analisi dei singoli autori e testi. Non presenta pubblicazioni riconducibili al SSD L-LIN/10, motivo per il quale il giudizio non può essere positivo. CANDIDATO: MARTINELLI Lawrence Sterne La Commissione non ritiene valutabili, in quanto non pertinenti al SSD L-LIN10, le pubblicazioni presentate dal Candidato ed elencate nel verbale n.2, con forse l’unica eccezione della breve scheda “Jiri Trnka, lo Shakespeare dal tocco boemo” (2006). La ricerca del Candidato Lawrence Thomas Martinelli rispecchia il percorso ricco e complesso, sia dal punto di vista della formazione, - laurea in lingue, dottorato in arti visive e spettacolo-, sia da quello della didattica della lingua inglese. Durante la discussione evidenzia interessi prevalenti per gli studi di carattere filmografico e sul fumetto. L’esposizione, ancorché competente, non riflette interessi specifici per la ricerca scientifica pertinente al settore di riferimento. Per assenza di significative pubblicazioni in L-LIN10, il giudizio non può essere positivo. CANDIDATO: MOROSETTI Tiziana La Commissione non ritiene valutabili, in quanto non pertinenti al SSD L-LIN10, le seguenti pubblicazioni presentate dalla Candidata ed elencate nel verbale n.2, in quanto non è specificabile l’apporto individuale: (2003), curatela con Marinella Rocca Longo, Metamorfosi della città. Spazi urbani e forme di vita nella cultura occidentale, Roma, Edizioni Associate; (2009), con Luke Seaber, "Introduzione", in Tiziana Morosetti e Luke Seaber (a cura di), La danza della morte (The Dance of Death) di W.H. Auden, Roma, Edizioni Associate, 2009, 5-8; (2006), W.H. Auden, La ricompensa (Paid on Both Sides), co-traduttore Luke Seaber, Bologna, pubblicato in proprio; (2006), W.H. Auden, L'inseguimento (The Chase), co-traduttore Luke Seaber, Bologna, (pubblicato in proprio); (2009), W.H. Auden, 'L'estate resiste', co-traduttore Luke Seaber, Testo a fronte, 41:11, 96-105. La candidata ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Letterature e culture dei paesi di lingua inglese presso l’Università di Bologna nel 2006. E’ stata titolare di un assegno di ricerca nel 2008-2010 e di una borsa postdottorato nel 2006-2008. Ha partecipato come relatore ad alcuni convegni, anche come organizzatrice. La Candidata si è formata soprattutto nell’area della letteratura postcoloniale di lingua inglese e, nello specifico, della produzione letteraria e teatrale anglo africana. La monografia Introduzione al teatro nigeriano di lingua inglese (2009), rielaborazione della tesi di dottorato dedicata a Femi Osofisan (2006), esplora con indubbia conoscenza e competenza un campo culturale assai poco conosciuto in Italia. Anche Introduzione al teatro nigeriano, lavoro di carattere più divulgativo ma di sicuro rilievo per far apprezzare in Italia autori poco o per nulla conosciuti, dimostra una solida conoscenza dell’oggetto di studio e padronanza degli strumenti critici. A tale interesse di ricerca si coniuga una costante attenzione anche per l'opera di W.H. Auden, di cui sono evidenziate la forte componente ideologica e il profondo interesse per il teatro soprattutto negli anni Trenta. Si vedano la curatela del volume del 2004 W. H. Auden. 25 Nel trentennale della scomparsa (1973-2003), e la breve monografia Memoria e utopia nel teatro di W.H. Auden, 2009. Buona la discussione dei titoli e delle pubblicazioni condotta con convinzione e puntuale documentazione. La produzione scientifica complessiva della candidata mostra una sicura attitudine alla ricerca. Il giudizio sulla Candidata è senz’altro positivo. CANDIDATO: NATALI Ilaria La Commissione non ritiene valutabili, in quanto non pertinenti al SSD L-LIN10, la seguente pubblicazione presentata dalla Candidata ed elencata nel verbale n.2: ‘If I close my eyes for a minute/ I would be Lost: Raymond Carver’s Cathedral”. La Candidata si è formata all’Università di Firenze (Laurea 2003, Dottorato di Ricerca 2007, Assegno di Ricerca dal 2008), in continuità temporale nel ricoprire tali ruoli. Ha trascorso certificati periodi di studio all’estero. E’ vincitrice del “Premio Firenze University Press- Tesi di Dottorato” (2008). E’ stata Professore a contratto di Letteratura Inglese presso l’Università di Firenze (2007-2009) e ha partecipato a diversi convegni nazionali e internazionali in qualità di relatore Principale indirizzo di ricerca della Candidata è la critica genetica applicata alle opere di James Joyce. Si tratta di uno sposalizio felice fra oggetto e metodo di indagine, dal momento che l’evolversi nel tempo dei romanzi e delle poesie di Joyce dà vita ad una ricca variantistica che permette una proficua investigazione filologica diacronica. La ricerca della candidata, condotta spesso su manoscritti e altri documenti inediti, risulta originale e convincente. Alla poesia joyciana la Candidata dedica la monografia “That submerged doughdoughty doubleface”: ‘Pomes Penyeach’ di James Joyce (2008) in cui attraverso una puntuale analisi dei testi (sezioni 3-5) sempre in ottica genetica, giunge a proporre convincenti e originali interpretazioni non solo delle poesie ma anche sull’intero macrotesto. La monografia The UrPortrait: ‘Stephen Hero’ ed il processo di creazione artistica in ‘A Portrait of the Artist s a Young Man’ (2008) tratta dalla sua Tesi di Dottorato, espone un’analisi competente, puntuale e accurata dei primi due romanzi joyciani, sulla base metodologica della critica genetica. Nel volume Demoni, fantasmi e apparizioni, la candidata traduce inquadra e commenta pagine di DeFoe incentrate sul soprannaturale. Si tratta di un nuovo, promettente filone di ricerca per la studiosa che deve tuttavia approfondire la sua conoscenza di testi di base sulla cultura del Settecento per arrivare a risultati originali. Il colloquio conferma la buona preparazione teorica e metodologica della Candidata. Il giudizio sulla Candidata è senz’altro positivo. 26 CANDIDATO: PIETRICOLA Francesca La candidata ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Lingue e Letterature presso l’Università Tor Vergata, Roma, nel 2009. Non presenta pubblicazioni all’infuori della tesi di Dottorato su l'Italia nei romanzi di Anne Radcliffe, uno studio piuttosto puntuale della rappresentazione mediata dell’Italia da parte della romanziera. Non ha svolto attività didattica significativa in ambito universitario. Nel corso del colloquio, la Candidata ha presentato con chiarezza il suo curriculum di studi Per assenza di pubblicazioni e altri titoli valutabili, il giudizio non può essere positivo. CANDIDATO: TCHERNICHOVA Viktoria La Commissione esprime a maggioranza il seguente giudizio collegiale. La Commissione non ritiene valutabili le seguenti curatele elencate nel verbale n.2, in quanto non è specificato l’apporto individuale: Roots and Beginnings. Proceedings of the 2nd AISLI Conference, edited by Pietro Deandrea and Viktoria Tchernichova, Venezia, Cafoscarina, 2003; The Great Work of Making Real: Salman Rushdie’s The Ground Beneath Her Feet, edited by Elsa Linguanti and Viktoria Tchernichova, Pisa, ETS, 2003; Cultural Crossings: The Case Studies of Canada and Italy, Proceedings of the International Conference, edited by Biancamaria Rizzardi and Viktoria Tchernichova, Pisa, ETS. (certificato 2011). La candidata ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Letterature Straniere Moderne presso l’Università di Pisa nel 2004. E’ stata titolare di un assegno di ricerca presso la medesima Università, 2004/2009 e di una borsa di studio, 2009-2011. E’ stata collaboratore didattico presso le Università di Pisa e Venezia Cà Foscari, 2003-20011. Ha organizzato un gruppo di ricerca internazionale, 2009-2010, ed ha partecipato ad alcuni convegni, anche come organizzatrice. Le sue ricerche sono prevalentemente di carattere formalistico, e si avvalgono di strumenti analitici bene affilati, seppure non sempre aggiornatissimi, quali la retorica, la semiotica testuale e la narratologia. Le pubblicazioni della candidata riflettono interessi di ricerca che spaziano da William Blake a Robert Browning, dal postmoderno inglese (Byatt, D.M. Thomas), alle letterature anglofone (canadese, australiana, indiana). I suoi lavori sono sostenuti da una solida preparazione metodologica e da una buona conoscenza del lavoro dei critici che l’hanno preceduta. I risultati più originali sono raggiunti nel volume Postmoderno e postcoloniale, che in parte raccoglie e rielabora saggi precedenti, ma riesce tuttavia a trovare una sua unità di impianto, a creare inediti collegamenti fra gli autori trattati e ad offrire nuove chiavi di lettura per opere poco conosciute in Italia. Poteva essere utile una più ampia e approfondita discussione teorica delle relazioni fra i due paradigmi culturali annunciati nel titolo del volume (postmoderno, postcoloniale). Mancano riferimenti ai rispettivi contesti storico-culturali dei quattro scrittori, che potevano aiutare nella ‘mappatura’ comparativa. La seconda monografia, I personaggi di Robert Browning: discorso, verità e interpretazione (2011), esamina la struttura testuale e paratestuale, i registri stilistici, le strategie monologiche e dialogiche e le tecniche argomentative in alcune poesie dello scrittore vittoriano. Le pubblicazioni della Dott.ssa Tchernichova, sia le monografie che i saggi, sono apparse prevalentemente presso case editrici e riviste locali. Nella discussione dei titoli e delle pubblicazioni la candidata ha esposto in modo brillante le premesse teoriche e metodologiche delle sue ricerche. Anche se sarebbe auspicabile un maggiore approfondimento su un numero più limitato di oggetti di studio, il giudizio sulla candidata è sicuramente positivo. 27 La Prof. Rizzardi dissente da tale giudizio per le motivazioni espresse nel suo giudizio individuale PROCEDURA DI VALUTAZIONE COMPARATIVA PER IL RECLUTAMENTO DI n. 1 RICERCATORE PRESSO LA FACOLTA' DI LINGUE E LETTERATURE STRANIERE DELL'UNIVERSITÀ' DI PISA SETTORE SCIENTIFICO-DISCIPLINARE L-LIN 10, BANDITA CON D.R. n. 1/15931 del 25/11/2010 (Bando R.10.01) PUBBLICATA SULLA GAZZETTA UFFICIALE n. 99 del 14/12/2010. Relazione di minoranza del commissario, Prof. Biancamaria Rizzardi La sottoscritta, Biancamaria Rizzardi, titolare della cattedra di Letteratura Inglese presso l’Università di Pisa, in veste di Segretario della Commissione di concorso in oggetto, ribadendo il suo profondo rammarico per il clima certamente non sereno in cui si sono svolte le varie sedute concorsuali, intende con la presente relazione, esporre le ragioni che la costringono a dissentire dal voto di maggioranza espresso dagli altri membri della Commissione, Proff. Keir Elam e Mariangela Tempera, a favore del candidato dott.ssa Nicoletta Caputo. A tal fine espone nella seguente relazione le ragioni del suo dissenso tramite una valutazione più analitica, rispetto a quella già espressa nel giudizio individuale sulla Candidata, delle pubblicazioni e dei titoli della dott.ssa Nicoletta Caputo. La sottoscritta precisa che la seguente valutazione è formulata comparativamente in base ai criteri riguardanti la valutazione delle pubblicazioni e dei titoli che la Commissione all’unanimità si è data all’unanimità nel corso della prima riunione (cfr. verbale n.1, 24.10.2011). Valutazione delle pubblicazioni I- punto a) originalità, innovatività e importanza di ciascuna pubblicazione scientifica, La produzione scientifica di Nicoletta Caputo1 copre tre aree di ricerca. Per quel che riguarda il Postmoderno, la candidata presenta alcuni saggi su Angela Carter, un saggio su Amis, e un saggio sulla riscrittura della storia nel teatro contemporaneo femminile. Caputo presenta inoltre saggi sugli interludi Tudor e, infine, sulla la stage history di Richard III di Shakespeare, con particolare attenzione all’adattamento di Cibber e alle tecniche recitative di Garrick e Kean. I. Per quel che riguarda le pubblicazioni sulla riscrittura della storia nel Postmoderno: a) Dall’articolo (n.5) “Oltre i confini di genere: problematiche testuali e sessuali in Nights at the Circus” (1992), si evince, prima di tutto, la mancanza di dimestichezza con il contesto teorico. Pur occupandosi di un romanzo scritto da un’autrice postmoderna (romanzo che è anche oggetto di studio della tesi di Laurea di Caputo), la candidata non fa alcun riferimento, nemmeno in bibliografia, ai teorici del postmodernismo (se non per l’utilizzo 1 La numerazione delle pubblicazioni della Candidata si riferisce a quella riportata nell’elenco delle pubblicazioni che la dott.ssa Caputo ha inviato contestualmente alla domanda. 28 della nozione di historiographic metafiction coniata da Hutcheon nel 1988). Risultano assenti i nomi di Jameson, Lyotard, Hassan, oppure, se si vuole fare un riferimento alla critica italiana, a Ceserani. Ed inoltre, già da questa prima pubblicazione si evince la propensione della candidata ad avvalersi di recensioni e interviste rilasciate da Carter, elemento particolarmente evidente nel saggio su Amis (n.6), la cui bibliografia è quasi interamente composta da recensioni. La tesi di fondo del saggio – e, successivamente del volume (n.2) su Carter (2010), “la letteratura come bricolage culturale” viene dedotta da Caputo da un’affermazione di Carter stessa: “l’autrice stessa definisce la sua opera un bricolage intellettuale” (p. 32). Dalla poca dimestichezza con il contesto teorico derivano affermazioni banali come quella di p. 39: “sono specifici del postmodernismo la messa in questione di ogni certezza….”, accompagnata da una citazione da Hutcheon. Questa affermazione è senz’altro vera, seppur di sconcertante ovvietà. Forse poteva essere opportuno dimostrare – oltre a una seppur marginale consapevolezza della “crisi della ragione” Ottocentesca – di essere a conoscenza del decostruzionismo e delle teorie di Derrida. Sebbene sia indubbiamente una studiosa molto nota in ambito postmoderno, il riferimento a Hutcheon non è sufficiente per sostenere la tesi di cui sopra. Un’altra caratteristica che si riscontra nelle pubblicazioni di Caputo è la contraddittorietà: la candidata sostiene talvolta la portata universale di un fenomeno solo per tentare di dimostrare, qualche rigo dopo, che quel fenomeno è invece specifico di un momento letterario. Si noti ad esempio, a p. 43 Caputo menziona un “fenomeno tipico del romanzo, che Bachtin definisce pluridiscorsività” (la pluridiscorsività verrà poi attribuita da Caputo anche agli interludi Tudor!). Se si tratta di un fenomeno tipico del romanzo, in generale, non è possibile sostenere che il contributo di Caputo sia particolarmente originale nel sostenere che la pluridiscorsività è un tratto che caratterizza anche la produzione di Carter. La candidata utilizza le nozioni bachtiniane “ibridazione” e “reciproca illuminazione” in modo confuso (come utilizzerà il discorso sullo straniamento nel saggio su Amis) e esemplifica con un’unica citazione da Carter la presenza di questi fenomeni nel romanzo. Peraltro, i brani tratti dal romanzo di Carter (p. 44) sono rappresentativi del citazionismo che caratterizza il postmoderno. Infine, si riscontrano spesso affermazioni generiche e prive di valore conoscitivo come: p. 33 “la donna è capace di far suo ogni tipo di discorso”, “l’esperienza femminile può inglobare tutto”, p. 37 “le donne si dimostrano più ricettive degli uomini”, p. 40 “gli uomini non sono portati ad agire disinteressatamente nei confronti delle donne, come farebbe un’altra donna” (!?); p. 41 “viene sottolineata l’ottusità intellettuale di alcuni uomini”. Così come è imbarazzante la banalizzazione di “The Tyger” di Blake a p. 20. "Chiamando in causa Blake, la Carter arricchisce il suo messaggio includendovi la consapevolezza del poeta che, benché il sacrificio sia doloroso, è necessario accettarlo per raggiungere una visione più matura del mondo". Ci si chiede a quale tipo di sacrificio ci si riferisca in “The Tyger” o se si tratti di un altro testo. Vale la pena soffermarci su un’altra caratteristica delle pubblicazioni di Caputo sul postmoderno: la ripetitività. Caputo manterrà, fino al volume (n.2) su Carter (2010) la stessa impostazione – occupandosi esclusivamente di riscrittura della storia da una prospettiva femminile in Carter (con l’eccezione del saggio su Amis) e nel teatro femminile contemporaneo. Purtroppo, il postmoderno come fenomeno letterario è di natura essenzialmente citazionistica. Quasi tutti i romanzi postmoderni sono riscritture di qualcosa (di biografie, di fatti storici…). Per non parlare dei contributi su questo argomento in ambito teorico (alcuni di questi testi vengono riassunti da Caputo nel saggio “Her-story”, n.15). La 29 riscrittura è – in tal senso – un fenomeno del quale si è scritto e detto di tutto, a partire dagli anni sessanta. Ma non è solo questo a destare qualche preoccupazione: come si vedrà, nei saggi Caputo ripete più volte lo stesso concetto. Quasi tutti i saggi ripetono cose già dette in altri saggi, e il volume su Carter è esso stesso composto dai saggi precedentemente pubblicati. Nello specifico, per quel che riguarda il saggio in oggetto, vengono ripetute più volte le stesse idee: a) sul valore ideologico della intertestualità, p. 32, 34, 48, 52; b)- sui risvolti maschilisti della tradizione, p. 32, 33, 52, 53. 2) Nel saggio (n.6) su Time’s Arrow e Other People di Martin Amis (“L’etica della forma” del 1995) si riscontra, di nuovo, e prima di tutto, qualche incertezza relativa al metodo. Nello specifico si tratta delle affermazioni sulla nozione di “straniamento. A p. 75 Caputo sostiene che “l’artificio dello straniamento è un principio universale della letteratura”. Si direbbe, in tal senso, che non può essere un elemento – originale e innovativo – che caratterizza, come invece Caputo pare voler dimostrare, la scrittura di Amis. Analogamente a quanto si riscontra nel saggio del 1992 (vedi sopra, n. 5), anche questa volta la chiave di lettura del romanzo pare essere offerta a Caputo da un’affermazione di Amis stesso: “quest’ultima frase, che Martin Amis aveva già pubblicato sul New Statesman nel 1979, all’interno di una poesia che poi viene inclusa integralmente in Other People, ce ne fornisce la chiave di lettura”, p. 91. In merito all’originalità di questo contributo: il ribaltamento temporale e in generale la sperimentazione stilistica in Time’s Arrow di Amis sono fenomeni talmente evidenti che non c’è stato saggio (o recensione) su questo romanzo che non abbia affrontato l’argomento. E soprattutto: una volta che Caputo tenta di entrare nel merito dei testi, si limita a fornire un riassunto della trama. (vedi soprattutto pp. 77, 78, 81). Manca, in sintesi, una proposta originale e innovativa di lettura. Si riscontrano altresì alcune affermazioni imbarazzanti: p. 76 “basti guardare a questa metafora per capire come, in una poesia di Craig Raine, un oggetto comune possa acquistare una dimensione nuova e inconsueta”; p. 77 “Martin Amis può essere definito l’ultimo esponente, nella letteratura inglese, dello straniamento come commento e critica sociale”; p. 88 “la metafora e la similitudine, due figure retoriche privilegiate tanto dai poeti marziani quanto da Martin Amis”. La metafora è, peraltro, un tropo e non una figura retorica, mentre, notoriamente, i poeti marziani utilizzano quasi esclusivamente la metafora e non la similitudine; p. 91 “presentare la realtà da una prospettiva inusuale comporta, da parte del lettore, uno sforzo continuo di decodifica”. Ma non è sempre così? Per quel che riguarda la ripetitività: “ciò che è usuale e comune viene presentato in una luce nuova e inconsueta”: compare a p. 75, 88, 91 (due volte), 95, 96. “La forma incarna il messaggio”, p. 91, 99. La bibliografia di questo saggio è quasi interamente composta da recensioni. 3) Il saggio (n.13) “Angela Carter e il realismo magico in Nights at the Circus” ( del 1997) denota ciò che ormai può essere considerata una caratteristica precipua della produzione scientifica della Caputo: problemi relativi all’impostazione metodologica, la tendenza a banalizzare o utilizzare in modo confuso nozioni estremamente complesse come, in questo caso, il concetto di “realismo magico”. Da tenere presente, prima di tutto, che l’autorevole volume di Zamora – punto di partenza imprescindibile sull’argomento, è del 1995. 30 Per quel che riguarda l’impostazione metodologica: Caputo parla di nuovo del “mettere in questione modi familiari di guardare il mondo” – che nel saggio su Amis aveva attribuito al fenomeno dello straniamento teorizzato dai formalisti russi. Solo che in questo caso attribuisce questo procedimento al realismo magico, trattando i due fenomeni in modo sinonimico (come del resto tratterà, nel volume del 2010 le nozioni di marxismo e socialismo). Alcune ripetizioni: la frase “mettere in questione modi familiari di guardare il mondo e creare nuove consapevolezze sulla realtà” è ripetuta varie volte nel saggio: 43, 46, 47, 51. Ed ancora: la mescolanza di elementi realistici e fantastici – che secondo Caputo caratterizza il realismo magico - è tipica di molti altri filoni letterari e non può dunque essere una caratteristica del realismo magico in generale. Per quel che riguarda il dialogo con la produzione critica: ricorre il riferimento a un’intervista della Carter (di P. Bono, già pluricitata nel saggio n.5 di Caputo del 1992) mentre mancano riferimenti a opere teoriche sul realismo magico. Per parlare di realismo magico e per sostenere le proprie affermazioni, Caputo si riferisce meramente a un articolo pubblicato sul “L’Indice dei libri del mese”. Questo fenomeno è particolarmente evidente a p. 44, quando Caputo propone una definizione del realismo magico” senza rimandare ad alcun testo critico sull’argomento. E tuttavia, a p. 46 si afferma che il romanzo di Carter non è proprio magico realista (come Caputo aveva affermato all’inizio del saggio) perché si limita a “offrire una percezione alternativa della realtà”. Anche in questo caso manca una chiara chiave di lettura del testo, così come manca un’ipotesi critica innovativa e originale. Per quel che riguarda la mancanza di originalità: la riscrittura della storia in Midnight’s Children di Rushdie è un argomento – di nuovo – di imbarazzante ovvietà, dibattuto dalla critica in modo spasmodico a partire dalla sua pubblicazione nel 1981. Per sostenere la sua tesi, Caputo ricorre di nuovo a Linda Hutcheon. Tuttavia, Salman Rushdie non è uno scrittore postmoderno e in tal senso, analizzare la sua opera solo in base alla nozione di historiographic metafiction è decisamente limitativo. Vale la pena notare alcune affermazioni imbarazzanti: p. 46 “gli europei conservano una certa diffidenza verso l’inspiegabile”; “Nella società occidentale è fondamentale distinguere tra realtà e fantasia”. Qual è dunque l’idea implicita in questa affermazione riguardo ai popoli extraoccidentali? E per quel che riguarda l’America Latina? ; p. 51, 57: “Gli autori postmoderni mettono in risalto come si possa accedere al passato soltanto tramite testi …” Si ripropone qui un problema già evidenziato nel saggio(n.5) di Caputo del 1992: il fenomeno del quale parla la candidata viene affrontato già in epoca vittoriana da Jeremy Bentham, per non parlare di quanto accade successivamente in filosofia (da Nietzsche via Wittgenstein sino a Gadamer e Derrida). E anche se si decidesse di non richiedere alla candidata una competenza filosofica, non pare ammissibile o perdonabile la mancanza di consapevolezza critica relativa al decostruzionismo o al fenomeno del New Historicism. A p. 52 si parla del “Valore sineddochico” di eventi personaggi e luoghi: un elemento che caratterizza tutta la produzione artistica, in generale. 4) il saggio (n.7) “Storia/e al femminile” del 1996 – parti del quale ricompaiono nel saggio del 2002 (n.16) di cui più avanti – è di nuovo focalizzato sulla riscrittura della storia da una prospettiva femminile (sulla storiografia femminista in altre parole). Si tratta di un saggio che dimostra in maniera evidente la debolezza critica nella formulazione di ipotesi che superino il mero livello divulgativo; un saggio interamente composto da riassunti (banalizzanti in alcuni casi) sia di alcuni testi teorici di estrema complessità, sia di una serie di 31 romanzi (sulla riscrittura della storia) scritti da donne. La mancanza di consapevolezza teorica di Caputo è particolarmente evidente nel punto 2 del saggio, “i teorici del postmodernismo”. In questa sezione, Caputo tenta di riassumere le posizioni critiche dei teorici del postmodernismo riguardo alla riscrittura della storia iniziando la sua riflessione con l’affermazione, in realtà valida per buona parte della letteratura di tutti i tempi : “il compito del postmodernismo è snaturalizzare il naturale, mettere in questione modi familiari di guardare il mondo” (p. 294). Nel saggio su Amis (n.6), Caputo investiva di questo compito la tecnica dello straniamento, mentre, nel saggio sul realismo magico (n.13), era compito della commistione tra reale e fantastico provocare un effetto del genere. Caputo prosegue sostenendo che: “Per il postmodernismo la storia non è specchio fedele del reale, ma prima di tutto testo”, (p. 295). Per questa affermazione valga quanto già sostenuto sopra: sebbene non si possa, probabilmente, richiedere alla candidata un’adeguata conoscenza del processo che ha portato alla problematizzazione della conoscenza storica (vedi Vico), o della filosofia e delle teorie sul linguaggio ottocentesche, è imperdonabile in questo caso, se vogliamo rimanere in ambito postmoderno, la mancanza di consapevolezza che la tesi annunciata con nonchalance a p. 295 è da attribuire prima di tutto a Jacques Derrida (una delle prime teorizzazioni risale alla conferenza tenuta dallo studioso il 27 gennaio del 1968). E ancora, per sostenere la propria affermazione, Caputo cita (finalmente) Frederick Jameson, anche se rimanda, in nota, a una parte del testo apparso nel 1984 su New Left Review e non al volume stesso dello studioso, Postmodernism or the Cultural Logic of Late Capitalism (1991). Più avanti nel saggio Caputo si sofferma a spiegare la nozione di “historiographic meta fiction” proposta da Linda Hutcheon nel 1988. In ambito accademico la nozione è talmente diffusa che non occorre nemmeno menzionare il nome la studiosa canadese. Cosa dire poi di affermazioni come quella a p. 297: “il linguaggio non è qualcosa di trasparente e non rimanda direttamente alla cosa rappresentata”. L’affermazione in se è corretta, ovviamente. Ciò che è inammissibile, dal punto di vista scientifico, è che questa affermazione venga attribuita a una studiosa del postmoderno come Allison Lee, senza la consapevolezza da parte di Caputo che si tratta di una questione ben più complessa, con radici, ottocento a parte, in Saussure, Wittgenstein, Frege, Heidegger, Gadamer…. Derrida… . Nel resto del saggio Caputo riassume le trame di alcuni romanzi scritti da autrici che riscrivono da angolazioni diverse (ripetuto a p. 317, 322) la storia con intenti politici (p. 298, 299, 303). Il saggio non può certamente considerarsi innovativo o originale poiché non viene presentata alcuna ipotesi, né è possibile evincere il suo contributo scientifico. 5) Il saggio (n.14) “The Infernal Desire Machines of Doctor Hoffman di Angela Carter” del 1997 parla di un bricolage intellettuale a p. 378 (si veda il saggio del 1992) e propone una lettura di stampo lacaniano del testo, certamente datata. 6) Nel saggio (n.13) del 2002 dal titolo “Angela Carter’s The Passions of New Eve” Caputo torna a occuparsi di gender e sessualità e ripete a p. 139 una tesi già affermata altrove in merito ai “Socially determined sexual stereotypes” (l’espressione o sinonimi della stessa ricompaiono a p. 139, 140, 141, 143, 144, 147,148) cita di nuovo l’intervista di Paola Bono (p. 143) per sostenere le proprie tesi sulla necessità dell’emancipazione femminile, e riflette sulla radice patriarcale degli stereotipi sessuali (p. 143, 144, 148). 7) Il saggio (n. 15) “Her-story’: la storia (ri)scritta dalle donne nel teatro inglese contemporaneo” del 2002 copre di nuovo l’argomento della riscrittura della storia al 32 femminile e ripropone interi paragrafi del saggio (n.7) “Storia/e al femminile” del 1996. Infatti, p. 289 ripropone p. 285 del saggio “storia/e al femminile” ; p. 290 ripropone p. 299 del saggio di cui sopra; p. 291 ripropone p. 299; p. 291 ripropone p. 300; p. 292 ripropone p. 300; p. 293 ripropone p. 301; p. 294 ripropone p. 302 . La tesi di Caputo sull’opportunità di intendere la riscrittura “non come gioco ma come sfida politica” è asserita anche a p. 295 e 303 del saggio (n.7) della candidata del 1996. Anche la tesi di Caputo in merito alla “storia alternativa” scritta dalle donne (qui a p. 295) è presente nel saggio del ’96. Per quel che concerne la ripetitività dei contenuti: a p. 297, 302 e 308 Caputo sostiene che quanto sta accadendo in scena ha una rilevanza anche per il presente (“è al nostro presente che il dramma vuole parlare”). Questa tesi si ritrova anche nel volume sugli interludi Tudor (n.1). In sostanza, la letteratura è, per la candidata, sempre un atto politico, che si tratti degli interludi o del romanzo postmoderno. Oltre a ripetere (296, 300) che “le donne demonizzate diventano capri espiatori per i malesseri della società” Caputo sostiene anche che (p. 300) “il teatro collaborativo è una (sic) fenomeno di grande rilievo nel panorama inglese contemporaneo”. Ma era così anche nel Seicento. Anche qui, una volta che Caputo tenta di entrare nel merito dei testi, si limita a un generico riassunto della trama. 8) Il volume (n.2) su Angela Carter del 2010 intitolato New Wine in Old Bottles raccoglie quasi interamente (escludendo i paragrafi sul marxismo e sulla psicanalisi nel II capitolo, pp. 53-64 e il capitolo V su Bachtin, pp. 103-122) – i saggi precedentemente pubblicati dalla candidata. Nella nota 19 l’autrice sostiene di aver ampliato e rivisto i saggi su cui si basa il volume, anche se un confronto con gli stessi dimostra il contrario. a) L’introduzione al volume ripropone pp. 31-33 del saggio (n.5) su Carter del 1992. È doveroso, in una valutazione comparativa nel cui bando si richiede alla commissione giudicatrice di valutare l’originalità e l’innovatività delle pubblicazioni scientifiche dei candidati, esplicitare quanto segue: mentre i problemi di tipo metodologico e bibliografico potevano essere – seppur solo in parte – ammessi in un saggio del 1992, prodotto da una giovane studiosa e tratto dalla sua Tesi di Laurea, ciò non è ammissibile in un volume pubblicato a distanza di otto anni. La riscrittura della storia da parte di una prospettiva femminista e il gioco con il passato in un romanzo postmoderno sono argomenti di sconcertante (e poco aggiornata) ingenuità. b) Il I capitolo, “La vicenda e il gioco narrativo”, oltre a enfatizzare il noto aspetto ludico del postmodernismo, offre al lettore un riassunto del romanzo, ricorrendo a frasi come: p. 26 “come ha affermato l’autrice” ; p. 29 “come salta all’occhio”; p. 29 “esplicito riferimento”; p. 30 “esplicito”, “il continuo sottolineare” ; p. 31 “la narrazione si autodefinisce”; p. 32 “sembrano esplicitamente”. Le “strategie argomentative” utilizzate da Caputo sono, quantomeno, singolari, e quasi agli antipodi dei procedimenti che caratterizzano la ricerca scientifica che, notoriamente, si muove dall’ignoto verso il noto. Qui, come nel resto del volume, la partenza dei singoli capitoli non è un’ipotesi, bensì una conclusione per ammissione della stessa Caputo pacificamente assodata, che si procede a illustrare o a ri-dimostrare per via di esempi. Si vedano l’incipit che riguardano, rispettivamente, le suggestioni gotiche e il picaresco, i caratteri “carnevaleschi” del testo, il realismo magico: “Nights at the Circus, come l’autrice stessa ha riconosciuto in un’intervista, è un romanzo situabile a cavallo tra due generi narrativi. Il gotico e il picaresco” 33 (p. 67). “Nights at the Circus è stato spesso definito “a carnivalesque novel” ; “La narrativa di Carter, per la compresenza di elementi realistici e meraviglioso, è stata spesso definita magico-realista” (p. 105). c) Il II capitolo “Femminismo, psicanalisi, marxismo” si apre in modo analogo: “è doveroso enfatizzare come Carter sia sempre stata esplicita”, “l’autrice riteneva” (p. 39), “per sua stessa ammissione”. Il modo in cui Caputo utilizza le nozioni di marxismo e socialismo è assai discutibile (i due termini non sono sinonimici, come invece pare voler intendere Caputo a p. 59 e 63) e, ancora una volta, non supera il livello divulgativo, limitandosi a utilizzare sintagmi come “capitalismo imprenditoriale”, “concezione materialistica della storia” (60), “materialismo storico” (62). d) Il III capitolo, “Tra gotico e picaresco” ripropone il punto 2 del saggio (n.5) pubblicato da Caputo nel 1992. Inizia ancora una volta con “come l’autrice stessa ha riconosciuto in un’intervista” (p. 67). Inoltre, p. 67 corrisponde a p. 33 del saggio del 1992; p. 69 corrisponde a p. 34; p. 70 corrisponde a p. 34; p. 74 corrisponde a p. 36. e) Il IV capitolo, “Il gioco intertestuale” (da notare ancora una volta l’enfasi sull’aspetto ludico del postmoderno”, già evidenziato nel titolo del I capitolo (“il gioco narrativo”), ripropone il punto 4 e il punto 5 del saggio del 1992. A p. 82 si parla, come nel saggio del 1992 del fatto che “sono specifici del postmodernismo la messa in questione di ogni certezza”. Su questo punto si è riflettuto a lungo nella presente relazione. E tuttavia, la ripetizione da parte della candidata della stessa tesi a distanza di anni, e la tranquillità con cui annuncia questa tesi in un volume del 2010 dimostrano non tanto la già ampiamente dimostrata mancanza di innovatività nelle pubblicazioni di Caputo quanto un fatto ben più grave: l’incapacità di aggiornarsi, a distanza di otto anni e proporre una tesi diversa. f) il V capitolo, “Bachtin e il carnevale” (la nozione di “carnevale” verrà applicata da Caputo anche agli interludi Tudor”). Il capitolo si apre con “Night’s at the Circus è stato spesso definito un carnivalesque novel”. (p. 105). Poi Caputo prosegue con, a p. 108, “viene continuamente messo in evidenza”, p. 117 “come afferma Carter”. Oltre a utilizzare spesso recensioni per sostenere la propria tesi (p. 121) Caputo ripropone a p. 106 la pagina 33 del saggio del 1992. La letteratura postmoderna è, notoriamente, un fenomeno essenzialmente citazionistico. La raccolta di dati da parte di Caputo non consente dunque di evincere alcun contributo innovativo. g) Il VI Capitolo, “Il realismo magico” è un collage di parti già presenti nel discutibile saggio (n.7) sul realismo magico pubblicato da Caputo del 1996 (ricorre ancora l’espressione “come nota l’autore”, p. 126). È vero che, in questo caso, e a differenza di quanto si è rilevato a proposito del saggio del 1996, Caputo cita in nota e in bibliografia alcuni testi teorici sul realismo magico. Tuttavia, il modo in cui Caputo si riferisce a questi testi fa pensare a un mero aggiornamento bibliografico e non a una maturazione critica da parte della candidata. Se così fosse stato, il contenuto stesso di questo capitolo sarebbe stato diverso dal saggio del 1996. E ancora, a pagina 135 la candidata ammette (nota 28) che “dagli anni sessanta in poi si sono moltiplicate le voci che chiamano in causa la pretesa oggettività della Storia”. Ora, si è già detto che questo fenomeno è antico e senz’altro precede la trattazione postmoderna del problema. Al contempo, nel 2010, la “riscrittura della storia in ambito postmoderno” si configura come un argomento assai noto, prevedibile, inflazionato, banale. 34 È inoltre assai grave la banalizzazione del testo dell’autore anglo-indiano Salman Rushdie (che non è un autore postmoderno). Il confronto, a p. 136, tra Carter e Rushdie, non sta in tal senso in piedi. A pp. 136-137 (come aveva già fatto in precedenza) Caputo sostiene che: “nelle opere magicorealiste eventi, personaggi e luoghi assumono, spesso, un valore ‘sineddochico’; si assiste cioè a una vera espansione dal particolare al generale, ed eventi, personaggi e luoghi diventano sineddochi [sic] di un qualcosa più vasto di cui fanno parte”. Che dire di Ulisse, Itaca, Don Chisciotte, la Mancha, Emma Bovary, Yonville? Nello sforzo di individuare i tratti distintivi del realismo magico, si indicano come caratterizzanti fenomeni che sono, in realtà comuni al discorso artistico di ogni tempo. (cfr. le osservazioni al saggio del 1992 e del saggio su Amis). Inoltre la pagine 138 del volume corrisponde a p. 53 del saggio del 1992; la pagina 147 corrisponde a p. 57 del saggio del 1996 sul realismo magico. h) Nell’Envoi finale, si rileva che a p. 152 vengono ripetuti gli stessi concetti annunciati a p. 16 del volume; p. 152 corrisponde a p. 22 del saggio del 1992. Un discorso a parte merita la bibliografia: All’interno dei capitoli Caputo fa riferimento a testi critici assai datati. In bibliografia inserisce invece opere più recenti, le quali però non vengono citate – o citate al massimo con un riferimento in nota – nel corpo del testo. I testi recenti – si vedano ad esempio Matus, Cornier, Moreira, Munford, Nicolosi, Peterson, Robinson, Roemer, Stoddart, Turner, Schmidt – non sembrano essere stati elaborati dalla coscienza critica di Caputo: sono sì in bibliografia, ma non nell’”analisi” del testo. Macroscopica e imperdonabile, dal punto di vista scientifico è la mancanza di riferimenti (se non fugacemente in nota, e limitati alla mera menzione del titolo delle opere) ai teorici del postmoderno (di McHale, ad esempio, cita un saggio comparso in Poetics Today e non i volumi critici) e la mancanza di consapevolezza critica dell’esistenza del decostruzionismo. Questo vale per il riferimento a Bernardelli, Jameson, Lyotard, Calinescu, Ceserani, Genette, Connor, Currie, Danov D’Haen, Durix, Eco, Erickson, Tiffin, Grant, Luzio, Bowers, Spivak, White, Hock, Iverson, Edwards, Lee, Connor, Allen. Un altro elemento da notare è che sugli stessi argomenti affrontati nei vari capitoli del libro (il gotico, l’intertestualità, il femminismo…) esistono da tempo numerosi contributi: Altini, Antonini, Blodgett, Boehm, Botescu, Bristow, Butler, Caroll, Denniss ecc. Non è dunque possibile valutare il contributo di Caputo, che si limita a riportare tesi già annunciate altrove. Alcuni esempi: le tesi su Bachtin sono reperibili in un saggio di Dennis, i riferimenti al mito in Carter sono stati già trattati da Altini, sulla critica alle istituzioni patriarcali, si veda Hardin, sul femminismo in Carter (per citare solo due contributi), si vedano Cornier e Moreira, sul gotico in Carter hanno lavorato Munford, Pi-Tai Peng, sulla riscrittura della tradizione, Notaro, sull’identità, Turner. In conclusione: nel volumetto su Carter, il lavoro di contestualizzazione, che pure occupa uno spazio ben più ampio di quello concesso al testo (riassunto, più che analizzato da Caputo), comprime in poche pagine fenomeni straordinariamente complessi ed eterogenei, che rischiano di ridursi a una collazione un po’ generica di definizioni semplicistiche e formule risapute. Con alcune sconcertanti ingenuità. Come quando, a pp. 67-68 vengono disinvoltamente mescolati e sovrapposti (per comodità di analisi?) spunti e suggestioni che appartengono in realtà a modi narrativi notevolmente diversi: il fantasy, il gotico, il fantastico, il romance. Difficile parlare di originalità per un lavoro così concepito: un lavoro che ha pertanto un carattere 35 divulgativo e riassuntivo, più che originale e innovativo, né si può considerare un vero e proprio contributo alla comunità scientifica. II. Per quel che riguarda le pubblicazioni sugli interludi Tudor: 1) “Playing With Power”: Gli interludi Tudor e i percorsi della Riforma, monografia (n.1) pubblicata da Caputo nel 1998 e basata integralmente sulla sua Tesi di Dottorato che la Candidata presenta tra le sue pubblicazioni per la valutazione comparativa. La tesi e il volume servono da matrice per molti saggi che verranno poi pubblicati dalla candidata nel corso degli anni. Il libro affronta interludi come The Pardoner and the Frere, The Foure PP, King Johan, Lusty Juventus, Respublica, Enough is as Good as a Feast. Prima di rilevare la quantità del materiale ri-pubblicato da Caputo, vale la pena notare alcune ripetizioni all’interno del testo, che possono essere raggruppate nelle seguenti sezioni: L’IMPATTO SULLA REALTA’ p. 3 “l’interludio non solo ha fedelmente rispecchiato i mutamenti di un periodo tanto travagliato … ma ha anche contribuito a innescare tali mutamenti”; p. 6 “questo teatro non deve più essere visto esclusivamente come specchio passivo della realtà… si deve guardare a come esso interviene materialmente sulla realtà”; p. 6 “le pratiche culturali non si limiterebbero perciò a riflettere l’ordine sociale ma sarebbero fondamentali nella sua costituzione; p. 7 “le rappresentazioni rispecchiano sì l’ambito storico-politico … ma allo stesso tempo lo vogliono modificare”; p. 7 “gli interludi vogliono intervenire materialmente sulla realtà”; p. 8 “la rappresentazione si proietta verso l’esterno per agire materialmente sulla realtà”; p. 9 “agire concretamente sul reale”; p. 80 “per avere un impatto sulla realtà”; p. 217 “agire materialmente sulla realtà”; p. 227 “gli interludi vogliono agire materialmente sulla realtà circostante plasmando le coscienze dei loro interlocutori, espliciti e impliciti” ; p. 230 “il teatro del periodo della Riforma non vuole soltanto rappresentare la realtà (che è estremamente complessa e contraddittoria) ma vuole cambiarla”. IL CONSENSO p. 4 “un teatro di persuasione che mira a plasmare dei buoni sudditi”; “Un teatro che possa modellare le coscienze e muovere l’opinione pubblica”; “Gli interludi non mirano soltanto a creare un consenso intorno alla posizione ufficiale… “; p. 13 “plasmare dei buoni sudditi” ; p. 19 “plasmare le coscienze” ; p. 21 “plasmandone le coscienze”; p. 29 “strumento per raggiungere il consenso e creare dei buoni sudditi”; p. 33 “per assicurarsi il consenso”; p. 80 “strumento per forgiare l’opinione pubblica”; p. 85 “plasmare dei buoni sudditi”; p. 133 “funzionale alla creazione di un consenso”; p. 228 plasmare le coscienze. LA LETTERATURA E I SIGNIFICATI NON MANIFESTI p. 11 “il pubblico degli interludi è portato a penetrare al di sotto del significato manifesto: ogni cosa è per lui segno di qualcos’altro”; p. 39 “negli interludi Tudor tutto è ambiguo e ambivalente”; p. 227 “come si è visto, il messaggio espresso in ogni singolo interludio non è mai unico” ; p. 228 “la Riforma non può essere studiata come un fenomeno unico e univoco”; “modalità verbale imperativa e atti illocutori direttivi” p. 61, 72, 121, 141 INGENUITA’? 36 p. 45 il rapporto tra testo e contesto è tipico del teatro Tudor; p. 57 da una tale messa in risalto sembra far capolino il messaggio; p. 67 si tratta di una lista davvero spassosa ; p. 94 il Vice sciorina proverbi L’EVIDENTE p. 91 “è estremamente evidente”; p. 95 “non lasciano dubbi”; p. 98 “l’intenzionalità è evidente ovunque”; p. 106 “l’esplicita associazione”; p. 114 “l’invito esplicito”; p. 115 “altrettanto chiaro è..”; p. 116 “è evidente”; p. 122 “l’intenzionalità performativa è estremamente evidente”; p. 127 “strategie persuasive che non lasciano dubbi”; p. 134 “l’aver esplicitamente offerto …”; p. 136 “porsi esplicitamente, diventa esplicitamente”; p. 137 “la lezione morale è evidente , si trasforma esplicitamente”; p. 141 “non lascia dubbi”; p. 153 “diventa esplicitamente”; p. 160 “in modo esplicito”; p. 198 “è incontrovertibile”; p. 199 “una chiara finalità persuasiva”; p. 200 “ l’intenzionalità didattica viene esplicitamente proposta”; p. 201 la finalità didattica di quanto proposto dal play non potrebbe essere più esplicita”. L’IDEOLOGIA istanze ideologiche e legame tra teatro e potere: 3, 4, 6, 12 (due volte),13. La candidata omette di chiarire perché l’ambiguità e non la chiarezza sarebbe uno strumento migliore o più adeguato per plasmare le coscienze dei buoni sudditi, ovvero per consentire al teatro di svolgere la propria funzione perlocutiva-didascalica. In conclusione e sintesi, la Candidata quando lavora su opere eteroeve, usa fonti e documenti di seconda mano, citandoli da repertori o persino da studi critici esistenti. Per esempio, nello studio “Playing with Power”. Gli interludi Tudor e i percorsi della Riforma varie citazioni dai sermoni sono tratte da J.W. Blench, Preaching in England in the Late Fifteenth and Sixteenth Centuries (Oxford, 1964). La bibliografia critica non risulta particolarmente aggiornata o ben gestita. Nelle “Conclusioni” al suddetto saggio sugli interludi Tudor, pubblicato nel 1998, la studiosa, discutendo la riforma inglese, accenna succintamente al dibattito storiografico “di questi ultimi anni” (p. 227) facendo riferimento a tre studi usciti rispettivamente nel 1964, 1972 e 1993. Generica e vaga appare anche la definizione dei contesti. Sempre nelle suddette “Conclusioni”, quando ci si aspetterebbe che la studiosa offrisse il succo ultimo del suo percorso interpretativo, essa definisce la Riforma protestante, ovvero il contesto fondamentale delle opere studiate, come “una serie di scelte e decisioni particolari contingenti dettate da situazioni particolari” (p. 228), delegando, in modo altrettanto indistinto e non risolutivo, ad altro studioso e a una nota a piè di pagina la spiegazione di tale complessità: “Per un’interessante panoramica sulla storiografia della Riforma, cfr. M. Todd, ed., Reformation in Revolution. Politics in Early Modern English, London & New York, 1995)”. 2) Il saggio (n.8) “Which Play Was of a King How He Should Rule His Realm: Tudor Interludes Advising the Ruler” pubblicato nel 2005 presso la Hungarian Journal of English and American Studies si apre con l’affermazione “Tudor interludes do not just reflect their contexts, but endeavour to intervene materially on social reality in order to change it” (p. 7). Il saggio ripropone gran parte del materiale già presente nel libro (n.1), e relativo in particular modo a King Johan, a Respublica e ai money plays. Inoltre, p. 7 di questo saggio riporta informazioni presenti a p. 3, 19 e 20 del volume sui Tudor; p. 10 e 11 riporta informazioni tratte da p. 61, 72, 115 e 141 del libro; p. 12 e 13 (su King Johan) riporta il testo di p. 82, 89, 109 e 121 del libro; p. 14 propone brani tratti da p. 81 e 118 del libro; p. 15 propone brani tratti da p. 92 del libro; p. 16 (su King Johan e Respublica) propone brani tratti da p. 109, 37 114, 122, 161 del libro; p. 17 propone brani tratti da p. 179 del libro ; p. 18 propone brani tratti da p. 164; p. 19 propone brani tratti da p. 188 del libro; i riferimenti a Gordobuck torneranno nel Manuale di storia della letteratura; p. 25 è composta da brani tratti da p. 27, 30, 31, 32, 33 del libro; p. 26 è composta da brani tratti da p. 4, 13, 27, 33, 34, 36, del libro. 3) Il saggio (n.17) “A Deformed Christianity: Ethical Transubstantiation in English Reformation Plays” pubblicato in The Poetics of Transubstantiation a cura di Enrico Giaccherini e Douglas Burnham (Ashgate 2005) verte, di nuovo, su Respublica, Lusty Juventus, alcuni money plays e ripropone il materiale che costituisce i capitoli IV e VI del libro. Infatti, p. 63 propone brani tratti da p. 109-110 del libro sugli interludi Tudor; p. 64 è legata a p. 127128 del libro; p. 66 è legata a p. 132 e 133 del libro; p. 67 è legata a p. 194 del libro; All for Money (p. 71) viene trattato a p. 194 del libro. 4) Il saggio (n.20) del 2008, “Entertainers ‘on the Vagabond Fringe’: Jugglers in Tudor and Stuart England”, inserito nel volume curato da Pugliatti e Serpieri English Renaissance Scenes (Peter Lang 2008) consiste in un riassunto di informazioni storiche sui Jugglers. 5) Il saggio (n.21) “The Defence of Religious Orthodoxy in John Heywood’s The Pardoner and the Frere” pubblicato nel 2008 in The Yearbook of English Studies, è una traduzione di pp. 43-64 del libro sui Tudor. 6) Nel Manuale di letteratura e cultura inglese, (n.24 e 25) a cura di Elam e Crisafulli (2009) Caputo ritorna ancora sugli interludi e offre un panorama anche sulla prosa del Cinquecento. In particolare, p. 24 propone brani tratti da p. 3 del libro; p. 25 ripropone brani tratti da p. 1 e p. 3 del libro; p. 25: sul Vice vedi anche il saggio n. 23; p. 26 ripropone brani tratti da p. 2-4 e 20 del libro. Inoltre, le informazioni a p. 27 su Heywood sono identiche a quelle reperibili nel libro; p. 28 propone brani tratti da p. 121 e 160 del libro. Identici i riferimenti a Gordobuck (vedi saggio n. 8). 7) Il saggio (n.23) “La figura del Vice negli interludi Tudor e la percezione carnevalesca del mondo” (accettato nel 2010 per la pubblicazione all’interno di un volume a cura di Susan Payne e Valeria Pellis) apre con il brano sul Vice inserito nel Manuale a cura di Elam e Crisafulli. A p. 2 del saggio ritorna un paragrafo tratto da p. 3 del libro; a p. 3 del saggio ritornano informazioni tratte da p. 10-11 del libro. III. Sugli adattamenti di Richard III 1) Il saggio (n.18) “I can add colours to the chameleon: King Richard III’s Metamorphic History” (inserito nel volume Proteus, The Language of Metamorphosis a cura di Carla Dente, Ashgate 2005) esamina i cambiamenti cui è stato sottoposto il personaggio – rispetto alle fonti shakespeariane – nei drammi di Shakespeare, nell’adattamento di Cibber e nelle interpretazioni di Garrick e Kean. Sulla stage history di Richard III Caputo tornerà nei saggi di cui sotto. 2) Il saggio (n.21) “Edmund Kean or ‘the Romantic Actor’” (In The Languages of Performance in British Romanticism, a cura di Lilla Maria Crisafulli e Cecilia Pietropoli, Peter Lang 2008) si focalizza sulla tecnica recitativa di Edmund Kean, con particolare riferimento a Richard III, pur non andando oltre il livello aneddotico. 3) Il saggio (n.22) “Like the formal Vice, Iniquity’: Riccardo III tra Shakespeare e Cibber” (in The Character Unbound, Bibliotheca Aretina, 2010) si focalizza di nuovo sul confronto tra il Riccardo III di Shakespeare e quello di Cibber, riportando spesso tesi già presentate nel saggio del 2005: In particolare, p. 20 “il testo è perfetto per una star” – p. 253 38 del saggio del 2005; p. 21 riprende la tesi sulla capacità di Riccardo a simulare e dissimulare, p. 243 del saggio del 2005; p. 24 la trattazione del Vice richiama il saggio sul Vice degli interludi Tudor (n.23); p. 27 cfr. tesi già presentate a pp. 252 e 253 del saggio del 2005, sulla semplificazione e tipizzazione di Riccardo; p. 33 cfr. p. 252 del saggio del 2005 sul fatto che il Riccardo di Cibber è più eroico. 4) Il saggio (n.10) “Performing the Passions: David Garrick and Edmund Kean in King Richard III” pubblicato presso Assaph nel 2010, ritorna su argomenti affrontati nei saggi n. 1 e n. 2. L’articolo di Caputo si inserisce nel filone di studi relativo agli “accounts of performances” di King Richard III e mira a dimostrare come la tecnica performativa di Garrick (nel Settecento) e Kean (nell’Ottocento) e il modo in cui gestivano le passioni fossero sostanzialmente diversi poiché rispecchiavano l’estetica dominante del periodo al quale appartenevano ed erano legati al contesto in cui operavano. In particolare, pp. 83-84 riportano informazioni raccolte da pp. 132-134 del saggio del 2008 su Kean; p. 85 riporta brani tratti da p. 127 del saggio su Kean; p. 86 è legata a pp. 128-129 del saggio; p. 87-88 a p. 136-137 del saggio; p. 89 a pp. 252-253 del saggio. 5) Il saggio (n.11) “Looking for Richard III in Romantic Times: Thomas Bridgman’s and William Charles Macready’s abortive stage adaptations” accettato per la pubblicazione presso la rivista Theatre Survey evidenzia – anche alla luce dei saggi di cui sopra – la predisposizione di Caputo ad affrontare questioni letterarie da un punto di vista prevalentemente storico. La prima parte di questo saggio (pp. 1-3) riassume alcune informazioni già inserite nei saggi di cui sopra. Caputo stessa afferma a p. 3: “Up to this point there is little that is new”. Il resto del saggio consiste nella storia degli adattamenti di Riccardo III da parte di Bridgman e Macready e nel confronto tra questi e la versione di Cibber. In conclusione, Caputo si presenta, sostanzialmente, come una divulgatrice della storia del teatro. La sua impostazione di matrice storica (ideologizzata, nel caso delle pubblicazioni sul romanzo contemporaneo) e la predisposizione a lavorare esclusivamente sul contesto sono evidenti sia nei contributi sugli interludi Tudor che nei saggi sugli adattamenti di Richard III. È difficile tuttavia parlare di originalità e innovatività o di un contributo alla comunità scientifica. La candidata presenta, inoltre, una serie di recensioni pubblicate anche all’estero, voci enciclopediche e ricognizioni bibliografiche, che nel loro complesso, si evidenziano più per quantità che non per qualità di prodotti di ricerca. Per ciò che riguarda i numerosi interventi dedicati ai grandi interpreti della scena shakespeariana, più che mai assente è qui l’originalità: si tratta di lavori basati su altrui testimonianze (spesso testimonianze di testimonianze), affidate a documenti già editi (copiosamente citati nel testo), che procedono attraverso una minuta e diligente collazione di fonti, e raramente travalicano i confini di una vivace aneddotica. Neanche il lodevole sforzo di tracciare, attraverso lo ricostruzione storica delle interpretazioni di Garrick, Kean, ecc., una storia delle fluttuazioni del gusto e della fortuna del drammaturgo (la Shakespeare “romantico”, “neo-classico”, ecc.) può dirsi nuovo; spunti in questo senso si trovano già, per limitarsi all’Italia, nelle introduzioni di Gabriele Baldini alle sue versioni shakespeariane, più di mezzo secolo fa. In conclusione, nella produzione critica della dott.ssa Caputo si registra una notevole ripetitività sia per quanto riguarda gli ambiti di studio, sia per la ricorrenza, all’interno dei vari saggi, di tematiche e modalità di approccio. Frequente è anche la ripresa di proprie opere 39 secondo una fenomenologia che va dall’autocitazione più o meno estesa alla riproposizione integrale di articoli già pubblicati, con impercettibili modifiche e insufficienti aggiornamenti bibliografici. L’atteggiamento critico di della Candidata è, di massima, meramente informativo, quasi mai capace di approfondimenti interpretativi o prospettive di ricerca originali. Spesso si risolve in un descrittivismo meccanico che affida il nocciolo dell’argomentazione a citazioni di studiosi o critici più o meno autorevoli (ad es. il Bachtin continuamente evocato nel saggio sul Vice nel volume a cura di Payne e Pellis). Oppure l’argomentazione stessa viene acriticamente desunta da dichiarazioni di poetica degli autori studiati, delle quali i saggi critici finiscono per costituire una tautologica e passiva conferma. Il lavoro interpretativo sui testi non va oltre una scolastica alternanza di riassunti di intrecci e informazioni di carattere manualistico o divulgativo sui contesti storico-culturali. Quando Caputo si discosta dalla chiosa alle opinioni dell’autore o dalla ripresa ed espansione di giudizi critici altrui, gli esiti conoscitivi dei suoi saggi sono solitamente costituiti da generalizzazioni epocali o culturali che non colgono la specificità dei testi studiati, ma riducono i contenuti delle differenti opere a clichés e stereotipi tipici di un certo periodo o un certo movimento (ad esempio, l’osservazione che Angela Carter sia una scrittrice tipicamente postmoderna dovrebbe appartenere all’ambito delle premesse piuttosto che a quello delle risultanze dell’atto interpretativo). II- punto c): rilevanza scientifica della collocazione editoriale di ciascuna pubblicazione e sua diffusione all'interno della comunità scientifica. La monografia di Nicoletta Caputo. 'New Wine in Old Bottles': il bricolage intellettuale di Angela Carter in "Nights at the Circus" (n.2), è stata pubblicata dalla casa editrice di Arezzo, Bibliotheca Aretina la cui scheda editoriale non pare richiedere una prevalutazione alla pubblicazione quale il refertaggio anonimo. Da quanto appare alla stampa, il volume non é neppure inserito in una delle sole due collane edite dalla stessa casa editrice (Quaderni di Traduzione e Saggi). Inoltre alla data di pubblicazione della monografia, 2010, erano ben noti i criteri per la valutazione dei prodotti della ricerca (cfr. CIVR Comitato di Indirizzo per la valutazione della ricerca- Linee guida per la Valutazione della Ricerca). Difficile la valutazione della collana in cui è inserito il primo volume di Nicoletta Caputo, 'Playing with Power': gli interludi Tudor e i percorsi della Riforma. Napoli: Liguori, 1998, anche perché non si evince il Direttore della collana stessa né di un comitato scientifico. Ad oggi tale collana, non compare tra le collane edite da Liguori. Altri saggi sono stati pubblicati presso case editrici locali che non paiono dotate dei criteri indicati anche dall’ANVUR: si tratta di Tipolitografica Editrice di Trento TEMI (n.13), la casa editrice Palomar di Bari (15), Biblotheca Aretina di Arezzo. III- dal verbale n.1, del 24.10.2011 riguardanti la valutazione delle pubblicazioni e dei titoli approvato dalla Commissione all’unanimità nel corso della prima riunione: “la Commissione giudicatrice valuterà altresì la consistenza complessiva della produzione scientifica del candidato, la sua intensità anche in rapporto alla durata temporale e alla continuità della sua attività scientifica”, come previsto dal DM 89/2009. A tale riguardo si rileva che dalla data della prima pubblicazione della candidata sono trascorsi venti anni. Durante questo lungo lasso di tempo, si nota nelle pubblicazioni della dott.ssa Caputo una notevole discontinuità della sua attività scientifica. Al saggio n. 5 del ’92, seguono 40 due anni privi di pubblicazioni. Tra il ’95 e il ‘97 risalgono quattro articoli (6,7,13 e14) tutti attinenti a problemi di gender e riscrittura della storia ( in Carter, nel teatro delle donne e in Amis). Dopo il 1998, anno di pubblicazione della monografia (che ricalca interamente la tesi di dottorato dell’anno precedente) seguono, a distanza di tre anni, un saggio nel 2001 (15) e uno nel 2002 (16). Tra due anni privi di pubblicazioni (2003 e 2004) e altri due altrettanto sguarniti (2006 e 2007) si datano quattro articoli (8,17,18 e 19 non ancora pubblicato). La consistenza scientifica della candidata aumenta nel biennio 2008-2009 (20,21,9,24,25) per conoscere un notevole incremento tra il 2010 e il 2011 in cui la candidata pubblica una monografia (2) interamente basata su saggi pubblicati in precedenza, due articoli (10,22) e tre saggi che sono in corso di pubblicazione (11,12,23). Valutazione dei titoli. I- Visto il criterio esplicitato dal verbale n.1, del 24.10.2011 riguardanti la valutazione delle pubblicazioni e dei titoli approvato dalla Commissione all’unanimità nel corso della prima riunione ed in particolare : “Ai sensi dell'art. 1, comma 7, della legge 4 novembre 2005, n.230 costituiranno titoli preferenziali il dottorato di ricerca, le attività svolte in qualità di assegnisti e contrattisti ai sensi dell'articolo 51, comma 6, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, di borsisti postdottorato ai sensi della legge 30 novembre 1989, n. 398, in qualità di contrattisti ai sensi dello stesso art. 1 comma 14 della legge 4 novembre 2005, n.230, nonché la continuità temporale nel ricoprire tali ruoli”, si rileva che la dott.ssa Caputo ha concluso il post-dottorato nel dicembre 2000 e ha conseguito l’assegno di ricerca dal 1 ottobre 2006. Durante i sei anni trascorsi tra i due incarichi, la candidata ha goduto, tra i titoli indicati quali preferenziali, una fellowship di due mesi. II- Dallo stesso verbale n.1, del 24.10.2011: “La valutazione di ciascun elemento di cui ai punti a-g sarà effettuata considerando specificamente la significatività che esso assume in ordine alla qualità e quantità dell'attività di ricerca svolta dal singolo candidato”. Dal curriculum della Candidata inviato contestualmente alla domanda si evince una certa discontinuità tra attività di formazione e attività di ricerca con conseguente pubblicazione, come peraltro già dimostrato in precedenza, laddove ci si riferisce ad analoghe discontinuità nel rapporto tra la durata temporale e la continuità della sua attività scientifica. Sintetizzando, la sottoscritta ritiene che, sia per la qualità delle pubblicazioni e dei titoli sia per lo svolgimento della discussione orale, altri candidati sono certamente superiori alla dott. Nicoletta Caputo. Tra questi si segnala, in una valutazione comparativa che tenga conto del giudizio individuale formulato dalla sottoscritta, la dott.ssa Viktoria Tchernichova e da una valutazione comparativa che si basi sui giudizi collegiali anche le dott.sse Ilaria Natali e Tiziana Morsetti 41 In conclusione, la sottoscritta tenuto conto di tutti gli elementi di valutazione sopra considerati , dissente categoricamente dal voto di maggioranza espresso dagli altri membri della Commissione, Proff. Keir Elam e Mariangela Tempera, a favore del candidato dott.ssa Nicoletta Caputo. La sottoscritta, dopo avere dato lettura alla Commissione della presente relazione di minoranza, in qualità di Segretario la acclude come parte integrante del Verbale n.8. Letto, approvato e sottoscritto seduta stante Prof. Biancamaria Rizzardi Pisa, 7 maggio 2012