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PROCEDURA DI VALUTAZIONE COMPARATIVA PER IL RECLUTAMENTO DI n. 1 RICERCATORE
PRESSO LA FACOLTA' DI LINGUE E LETTERATURE STRANIERE DELL'UNIVERSITÀ' DI PISA SETTORE SCIENTIFICO-DISCIPLINARE L-LIN 10, BANDITA CON D.R. n. 1/15931 del
25/11/2010 (Bando R.10.01) PUBBLICATA SULLA GAZZETTA UFFICIALE n. 99 del 14/12/2010.
RELAZIONE FINALE
La Commissione giudicatrice della valutazione comparativa per il reclutamento di n. 1
ricercatore per il settore scientifico-disciplinare L-LIN 10 presso la Facoltà di LINGUE E
LETTERATURE STRANIERE nominata con D.R. I/1 9700 del 26.07.2011 pubblicato su Gazzetta
Ufficiale 61 del 2.08.2011 e successivamente con D.R. I/1 10992 del 9 .09. 2011 pubblicato
su Gazzetta Ufficiale 75 del 20.09.2011 e composta dai seguenti professori:
- Prof. KEIR ELAM - Ordinario nel s.s.d. L-LIN 10 Università di BOLOGNA;
- Prof. MARIANGELA TEMPERA - Ordinario nel s.s.d. L-LIN 10 Università di FERRARA;
- Prof. BIANCAMARIA RIZZARDI - Ordinario nel s.s.d. L-LIN 10 Università di PISA;
ha svolto i suoi lavori nei giorni:
I riunione:
giorno 24/10/2011
dalle ore 10,00 alle ore 11,00
II riunione: giorno 23/01/2012
dalle ore 09,00 alle ore 20,00
III riunione: giorno 24/01/2012
dalle ore 09,00 alle ore 13,00
IV riunione: giorno 25/01/2012
dalle ore 09,00 alle ore 13,00
V riunione: giorno 23/02/2012
dalle ore 09,00 alle ore 12,00
VI riunione: giorno 23/02/2012
dalle ore 13,00 alle ore 15,00
VII riunione: giorno 23/02/2012
dalle ore 16,30 alle ore 19,30
VIII riunione: giorno 07/05/2012
dalle ore 9,00 alle ore 13,00
La Commissione ha tenuto complessivamente n. 8 riunioni iniziando i lavori il 24/10/2011 e
concludendoli il 07/05/2012.
Nella prima riunione la Commissione ha proceduto alle elezioni, nel proprio seno, del
Presidente e del Segretario; ha inserito a verbale una dichiarazione dalla quale risulta che i
commissari non si trovano in rapporto di parentela o affinità fino al IV grado incluso, tra loro o
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con i candidati; ha stabilito la data entro la quale la Commissione intendeva concludere i lavori
(nel limite massimo di 6 mesi dalla data di pubblicazione del decreto di nomina della
Commissione su Gazzetta Ufficiale); ha definito i criteri con i quali sarebbero stati valutati i
titoli e le pubblicazioni dei candidati e ha stabilito il calendario per la discussione pubblica con
la Commissione.
Nella seconda riunione la Commissione ha preso visione dei titoli e delle pubblicazioni dei
candidati.
Nella terza riunione si è svolta la discussione pubblica su titoli e pubblicazioni dei seguenti
candidati:
1) CAPUTO Nicoletta
2) D’EZIO Marianna
3) GREENUP Sylvia
4) MARTINELLI Lawrence Thomas
5) MOROSETTI Tiziana
6) NATALI Ilaria
7) PIETRICOLA Francesca
8) TCHERNICHOVA Viktoria
Nella quarta riunione si è svolta la discussione pubblica su titoli e pubblicazioni del candidato
Gian Pietro Maria Leonardi.
In data 07.02.2012, su richiesta della Prof Rizzardi e con l’autorizzazione del Presidente, le
Proff. Tempera e Rizzardi hanno avuto accesso alla documentazione relativa al Concorso in
oggetto, hanno duplicato i documenti di cui la Prof. Rizzardi riteneva di avere bisogno ai fini
della formulazione dei giudizi individuali e lasciato sotto la responsabilità della Prof. Rizzardi le
pubblicazioni. I titoli dei candidati sono stati risigillati e affidati alla custodia del personale del
Dipartimento
Nella quinta riunione la Commissione ha proceduto alla stesura dei giudizi individuali sui
candidati.
Nella sesta riunione la Commissione ha proceduto alla stesura dei giudizi collegiali sui
candidati.
Nella settima riunione la Commissione ha proceduto alla valutazione comparativa dei candidati
e alla votazione. Ha ottenuto voti 2 Nicoletta Caputo e voti 1 Viktoria Tchernichova. Pertanto è
risultata vincitrice a maggioranza Nicoletta Caputo.
La Prof. Rizzardi ha presentato una relazione di minoranza allegata al verbale n.7.
Nell’ottava riunione la Commissione giudicatrice, facendo seguito alle rettoriali n. 4334 del
28.03.2012 e n. 5675 del 19.04.2012, ha rivisto i giudizi individuali e collegiali relativi alla
Candidata Nicoletta Caputo.
Tutti i giudizi individuali e collegiali sono allegati alla presente relazione finale (n. 1 e 2).
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La Commissione ha poi proceduto nuovamente alla valutazione comparativa dei candidati e alla
votazione. Ha ottenuto voti 2 Nicoletta Caputo e voti 1 Viktoria Tchernichova. Pertanto è
risultata vincitrice a maggioranza Nicoletta Caputo.
La Prof. Rizzardi ha presentato nuovamente una relazione di minoranza allegata al verbale n.8
e anche alla presente relazione finale (allegato n. 3).
Letto, approvato e sottoscritto seduta stante.
La Commissione:
Prof. KEIR ELAM
Presidente
Prof. MARIANGELA TEMPERA
Componente
Prof. BIANCAMARIA RIZZARDI
Segretario
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PROCEDURA DI VALUTAZIONE COMPARATIVA PER IL RECLUTAMENTO DI n. 1
RICERCATORE PRESSO LA FACOLTA' DI LINGUE E LETTERATURE STRANIERE
DELL'UNIVERSITÀ' DI PISA -SETTORE SCIENTIFICO-DISCIPLINARE L-LIN 10.
Giudizi INDIVIDUALI
I GIUDIZI INDIVIDUALI DEI COMMISSARI SONO ELENCATI NEL SEGUENTE ORDINE:
1) Prof. KEIR ELAM
2) Prof. MARIANGELA TEMPERA
3)Prof. BIANCAMARIA RIZZARDI
CANDIDATO: CAPUTO Nicoletta
Giudizio 1):
La candidata ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Anglistica presso l’Università di Pisa nel
1997. E’ stata titolare di una Borsa post-dottorato in Lingua e Letteratura Inglese presso
l’Università di Firenze (1998-2000), di un assegno di ricerca presso l’Università di Siena (20062010), e di un Fellowship della Folger Shakespeare Library (2001). E’ stata relatrice a
numerosi convegni nazionali ed internazionali. E’ stata professore a contratto per lingue e
letteratura inglese presso l’Università di Siena dal 2002 al 2011.
Le pubblicazioni della candidata vertono su tre principali aree di ricerca: la letteratura
inglese medioevale, con particolare riferimento al teatro; il teatro di Shakespeare e la sua
afterlife presso i grandi attori shakespeariani; la narrativa inglese contemporanea.
Caratteristico di tale produzione è il consapevole connubio fra l’attenta analisi testuale e la
bene informata apertura verso il relativo contesto storico. A tal fine, la candidata impiega con
competenza e disinvoltura strumenti critici sia di carattere formale (l’analisi linguistica,
discorsiva e semiotica) sia di derivazione neostoricista. La monografia Playing with Power
(1998) concerne gli interludi Tudor nel periodo che va dal 1465 al 1576, anni politicamente
assai turbolenti che videro la messa in atto della Riforma e il successivo avvicendarsi di
monarchi protestanti e cattolici. La discussione è centrata su cinque interludi corrispondenti
alle cinque fasi nell’evoluzione della Riforma, compresa quella della Controriforma. Oggetto
principale dell’analisi è la forza performativa e persuasiva degli interludi in tale contesto
ideologicamente carico, forza utilizzata a promuovere il cambiamento politico o il
mantenimento dello status quo tramite un’ampia gamma di strategie discorsive e
performative. L’autrice fa opportuno ricorso ad un imponente apparato di materiale storico
documentario basato su esemplari testi epocali, fra lettere, sermoni ed atti parlamentari. Il
secondo volume, “New Wine in Old Bottles” (2010) rappresenta un’acuta ed aggiornata analisi
del romanzo Nights at the Circus di Angela Carter, focalizzata sulla fitta rete intertestuale che
l’opera mette in gioco, con riferimento soprattutto ad alcuni paradigmi teorici consapevolmente
evocati dalla Carter, che vanno dal femminismo alla psicanalisi al carnevalesco bakhtiniano.
Fra i saggi della candidata, si può individuare in modo particolare l’indirizzo di indagine che
privilegia l’interpretazione di opere shakespeariane, quali Richard III, negli adattamenti e nelle
messe in scena soprattutto relative al Sette e all’Ottocento (“Looking for Richard in Romantic
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Times”, “King Richard III’s Metamorphic History”, “Riccardo III tra Shakespeare e Cibber”). La
discussione dei titoli e delle pubblicazioni è risultato chiara e coerente, dimostrando piena
padronanza degli strumenti critici e teorici adottati.
La produzione scientifica della Dott.ssa Caputo dimostra notevole ampiezza di interessi,
sia per quanto riguarda i periodi storici e i diversi generi letterari in oggetto, sia per le
problematiche critiche ed ermeneutiche discusse, pur nella continuità teorica e metodologica di
fondo. I suoi saggi sono apparsi su riviste di respiro nazionale ed internazionale (Textus, Annali
di Anglistica, Il confronto letterario, Assaph, ecc.), così come i suoi libri e contributi in volume
sono ben collocate presso note case editrici italiane e estere (Liguori, Ashgate, Lang).
Complessivamente, si tratta di una studiosa di solida formazione culturale e di comprovata
capacità critica, che ha al suo attivo una ricca produzione di saggi apparsi nel corso di venti
anni di attività di ricerca e sulla quale il giudizio sulla Dott.ssa Caputo non può che essere
altamente positivo.
Giudizio 2):
Ha conseguito il dottorato di ricerca nel 1997 presso l’Università di Pisa, è stata titolare di una
borsa di postdottorato presso l’Università di Firenze e di un assegno quadriennale di ricerca
presso l’Università di Siena. Ha partecipato a progetti di ricerca d’interesse nazionale e locale
(Università di Firenze). ha ottenuto finanziamenti per una sua ricerca nell’ambito del progetto
MURST “Giovani Ricercatori” (2000) e una “Fellowship” presso la Folger Library (luglio-agosto
2001). Ha presentato numerose relazioni a convegni. Dal 2002 al 2011 è stata docente a
contratto presso l’Università di Siena nei settori L-LIN 10, L-LIN12. Nel corso del colloquio ha
presentato ottimamente i suoi titoli e i suoi progetti di ricerca.
L’attività di ricerca della candidata segue tre filoni fondamentali. Il primo è relativo alla
letteratura inglese del Cinquecento con particolare riferimento agli Interludi e al teatro della
Riforma. La tesi di dottorato è diventata una monografia, Playing with Power che attesta rigore
critico e competenza storica. Nel corso degli anni, la candidata ha approfondito i suoi studi sul
periodo con articoli fra i quali si segnalano per originalità “The Defense of Religious
Orthodoxy”, “A ‘Deformed’ Christianity” e “Entertainers ‘on the Vagabond Fringe’”. Un altro
filone di ricerca è rappresentato da saggi sugli adattamenti shakespeariani e sui loro interpreti
nel Sette-Ottocento (in particolare, “Performing the Passions”). Si tratta di lavori molto ben
documentati e illuminanti. Infine, Angela Carter è oggetto di uno studio monografico, ‘New
Wine in old Bottles’, che in parte rielabora saggi precedenti, e che esplora con acutezza
l’intertestualità in A Night at the Circus. Interessante anche le pubblicazioni bibliografiche
elettroniche. Una parte dei suoi lavori ha trovato ottima collocazione a livello internazionale
presso case editrici quali Ashgate e riviste quali Yearbook of English Studies, Theatre Survey,
Assaph.
Nicoletta Caputo è bene inserita nel contesto universitario sia a livello didattico che di
organizzazione della ricerca. Si tratta di una studiosa pienamente matura che affronta i suoi
temi di ricerca con originalità e rigore metodologico. Il giudizio è ottimo.
Giudizio 3):
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Dal curriculum la Candidata mostra di aver seguito un progressivo percorso di formazione negli
anni di laurea (1991), durante gli studi di Dottorato (1997), post-Dottorato (1998-2000),
Assegno di ricerca (2006-2010).
In particolare si sottolineano le sue competenze nell’ambito del Rinascimento e del periodo
Tudor e un interesse per gli autori postmoderni Angela Carter e Martin Amis. La Candidata ha
al suo attivo due monografie e un discreto numero di articoli, in gran parte legati ai temi dei
libri.
La tesi di Dottorato che la Candidata presenta ai fini della valutazione comparativa, è
riproposta integralmente nel volume “Playing with Power”. Gli interludi Tudor e i percorsi della
Riforma (Liguori 1998 che si configura come un testo essenzialmente dall’approccio storicoculturale. Attraverso l’esame di cinque interludi, la cui produzione spazia dal 1465 al 1576,
anni decisivi per la Riforma Anglicana, la candidata registra il rapporto tra scrittura e ideologia
esemplificato da questo genere teatrale, la sua forza di persuasione e di guida nei confronti
del processo della Riforma. A tal fine Caputo fa ricorso a un vasto materiale documentario,
solitamente di seconda mano, che comprende lettere, cronache, sermoni e atti parlamentari.
La candidata costruisce un discorso chiaro, pur non lasciando grande spazio a operazioni
interpretative originali. La rilevanza scientifica della collocazione editoriale del volume è di
difficile valutazione in quanto dal testo non si evince il Direttore della collana stessa, il comitato
scientifico o i requisiti che la casa editrice richiede per la pubblicazione. Ad oggi tale collana,
non compare tra le collane edite da Liguori.
Le successive pubblicazioni della Candidata inerenti agli Interludi Tudor ripropongono gran
parte del materiale già presente nello studio monografico. Si rimanda a: “Which Play Was of a
King How He Should Rule His Realm: Tudor Interludes Advising the Ruler” pubblicato nel 2005
presso la Hungarian Journal of English and American Studies, “A Deformed Christianity: Ethical
Transubstantiation in English Reformation Plays” pubblicato in The Poetics of
Transubstantiation a cura di Enrico Giaccherini e Douglas Burnham (Ashgate 2005), “The
Defence of Religious Orthodoxy in John Heywood’s The Pardoner and the Frere” pubblicato nel
2008 in The Yearbook of English Studies,
I saggi valutabili sugli adattamenti di Richard III e il teatro rinascimentale evidenziano lo
stesso approccio che privilegia questioni extratestuali, di orientamento storico-sociale, e un
analogo modo di gestire il rapporto con i testi, sostanzialmente limitato alla descrizione del
contesto culturale trascurando interessi propriamente ermeneutici. Come appare evidente fin
dai titoli degli articoli, la Candidata esamina i cambiamenti cui è stato sottoposto il personaggio
di Riccardo III – rispetto alle fonti shakespeariane – nei drammi di Shakespeare,
nell’adattamento di Cibber e nelle interpretazioni di Garrick e Kean, focalizzandosi sulla stage
history del dramma: “I can add colours to the chameleon: King Richard III’s Metamorphic
History” (inserito nel volume Proteus, The Language of Metamorphosis a cura di Carla Dente,
Ashgate 2005), “Edmund Kean or ‘the Romantic Actor’” (In The Languages of Performance in
British Romanticism, a cura di Lilla Maria Crisafulli e Cecilia Pietropoli, Peter Lang 2008), “Like
the formal Vice, Iniquity’: Riccardo III tra Shakespeare e Cibber” (in The Character Unbound,
Bibliotheca Aretina, 2010), “Performing the Passions: David Garrick and Edmund Kean in King
Richard III” , “Looking for Richard III in Romantic Times: Thomas Bridgman’s and William
Charles Macready’s abortive stage adaptations” accettato per la pubblicazione presso la rivista
Theatre Survey,.
L'approccio seguito non si discosta significativamente da quello che contraddistingue i lavori sul
teatro rinascimentale, e i risultati conseguiti possono essere valutati in maniera analoga. Nello
specifico, per ciò che riguarda i numerosi interventi dedicati ai grandi interpreti della scena
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shakespeariana, più che mai assente è qui l’originalità: si tratta di lavori basati su altrui
testimonianze (spesso testimonianze di testimonianze), affidate a documenti già editi
(copiosamente citati nel testo), che procedono attraverso una minuta e diligente collazione di
fonti, e raramente travalicano i confini di una vivace aneddotica. Neanche il lodevole sforzo di
tracciare, attraverso lo ricostruzione storica delle interpretazioni di Garrick, Kean, ecc., una
storia delle fluttuazioni del gusto e della fortuna del drammaturgo (lo Shakespeare
“romantico”, “neo-classico”, ecc.) può dirsi nuovo; spunti in questo senso si trovano già, per
limitarsi all’Italia, nelle introduzioni di Gabriele Baldini alle sue versioni shakespeariane, più di
mezzo secolo fa.
Nella seconda monografia, “New Wine in Old Bottles” (Biblioteca Aretina, 2010) la Candidata
raccoglie i contenuti di almeno un paio di saggi precedenti (’92 e ’97) nell’affrontare la
riscrittura della storia da una prospettiva femminista in un romanzo di Angela Carter, già
oggetto di studio della sua tesi di laurea. Nel volume su Carter, il lavoro di contestualizzazione,
che pure occupa uno spazio ben più ampio di quello concesso al testo (riassunto, più che
analizzato da Caputo), la Candidata comprime in poche pagine fenomeni straordinariamente
complessi ed eterogenei, che rischiano di ridursi a una collazione un po’ generica di definizioni
semplicistiche e formule risapute. Con alcune sconcertanti ingenuità. Come quando, a pp. 6768 vengono disinvoltamente mescolati e sovrapposti (per comodità di analisi?) spunti e
suggestioni che appartengono in realtà a modi narrativi notevolmente diversi: il fantasy, il
gotico, il fantastico, il romance. La monografia. 'New Wine in Old Bottles', è stata pubblicata
dalla casa editrice di Arezzo, Bibliotheca Aretina la cui scheda editoriale non pare richiedere
una prevalutazione alla pubblicazione quale il refertaggio anonimo. Da quanto appare alla
stampa, il volume non é inserito in una collana né mostra di possedere i criteri per la
valutazione dei prodotti della ricerca (cfr. CIVR Comitato di Indirizzo per la valutazione della
ricerca- Linee guida per la Valutazione della Ricerca).
La riscrittura della storia nel postmoderno era già stata oggetto di studio in precedenza:
“Storia/e al femminile” (Textus LX, 1996), saggio nel quale sono esaminate alcune teorie sulla
narratività storiografica e sull’intertestualità. Problemi di gender sono trattati dalla Candidata
nei due saggi “Oltre i confini di genere: problematiche testuali e sessuali in Nights at the
Circus (1984) di Angela Carter"(1992) e in “Angela Carter's The Passion of New Eve : Sexual
Transmutation as Psycho-physical Exile" (2002).
La candidata presenta, inoltre, una serie di recensioni pubblicate anche all’estero, voci
enciclopediche e ricognizioni bibliografiche. La puntualità con cui la Candidata discute i suoi
titoli e le sue pubblicazioni non è sufficiente a colmare la ripetitività per la ricorrenza di
tematiche e di modalità di approccio nonostante i diversi ambiti di studio a cui la Candidata si
riferisce. In ragione di quanto sopra, la produzione scientifica della Candidata dimostra una
consuetudine pluridecennale con metodi e tematiche che, pur sortendo talvolta interessanti
esiti compilativi, sembra bisognosa di ulteriori affinamenti e approfondimenti.
CANDIDATO: D’EZIO Marianna
Giudizio 1)
La candidata ha conseguito il Dottorato in Letterature di Lingua Inglese presso Roma La
Sapienza nel 2005. E’ stata professore a contratto di Lingua Inglese presso le Università di
Roma Sapienza, 2003, 2010-2011; Perugia, 2007-2009; Cassino, 2007-2009. Ha partecipato
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come relatore a numerosi convegni nazionali e internazionali. La sua attività scientifica verte
principalmente sulla narrativa e sulla letteratura di viaggio. L’interessante monografia Hester
Lynch Thrale Piozzi: A Taste for Eccentricity (2010), che rielabora la sua tesi di dottorato,
indaga la carriera sia letteraria che esistenziale e sociale di Mrs Thrale, letterata e viaggiatrice
al centro del mondo letterario e culturale londinese fino alla sua caduta in disgrazia a seguito
del matrimonio con Gabriele Maria Piozzi. Il volume esplora l’intrigante prospettiva femminile
e proto-femminista (anche quella delle Bluestockings) sul mondo prettamente maschile di
Johnson & Co, nonché sull’Europa contemporanea, specie l’Italia, tramite i suoi viaggi. Tra
l’altro, l’indagine presta opportuna attenzione anche ai diari e alle lettere dell’autrice. I saggi
della candidata danno ampia conferma della sua expertise nel campo del Settecento inglese,
con riferimento al Grand Tour, ai primi indiani americani presenti a Londra, al colonialismo in
scena, alle relazioni culturali (e personali) anglo-italiani, ecc. Le pubblicazioni della candidata
sono ben collcate in sedi editoriali nzionali ed internazionali (Cambridge Scholars Publishing,
Memoria di Shakespeare, Journal for 18th century Studies). La sua discussione dei titoli e delle
pubblicazioni è stata articolata e convincente, seppure sempre focalizzata quasi esclusivamente
sul campo del Settecento.
La Dottt.ssa D’Ezio presenta un profilo scientifico da studiosa sicuramente competente del
Settecento inglese, e anche se si tratta di un campo di ricerca piuttosto ristretto, il giudizio
complessivo è senza altro positivo.
Giudizio 2)
Ha conseguito il dottorato di ricerca presso l’Università di Roma ‘La Sapienza’ nel 2005.
Partecipa a un gruppo di ricerca internazionale olandese. Ha avuto un contratto di
insegnamento nel settore L-LIN 12 presso l’Università di Roma La Sapienza nel 2003 e altri
contratti dal 2007 al 2011 nello stesso settore presso le Università di Cassino, Perugia, Roma
“La Sapienza”. Ha partecipato a numerosi convegni in qualità di relatore. Nel corso del
colloquio ha presentato ottimamente i suoi titoli e le sue ricerche.
La candidata presenta alcuni titoli di Lingua Inglese (Global, L’inglese per affari) non
riconducibili al settore L-LIN 10. La sua principale pubblicazione nel settore è una monografia
in corso di stampa derivata dalla tesi di dottorato su Hester Thrale Piozzi. Si tratta di un lavoro
ben organizzato e documentato che rappresenta un contributo originale allo studio di una
figura poco nota e sicuramente degna di rivalutazione. Presenta anche numerosi saggi, in
buona parte pubblicati su Miscellanea di Storia delle Esplorazioni geografiche, che
approfondiscono le sue ricerche sulla letteratura di viaggio con particolare attenzione alla
scrittura femminile e alla rappresentazione degli indiani d’america. In altri due lavori,
“Colonialism, Slavery, and Religion on Stage” “Slavery and Abolitionism on Stage”, in corso di
pubblicazione, la candidata affronta il dibattito su schiavitù e colonialismo da un punto di vista
insolito, quello delle donne che scrivono per il teatro. Più divulgative sono le introduzioni a
traduzioni italiane di lavori di scrittrici inglesi.
L’attività didattica di Marianna D’Ezio è principalmente in L-LIN12.Alcuni suoi saggi sono
usciti in riviste di buon livello nazionale e internazionale ( Journal for Eighteenth-Century
Studies, Memoria di Shakespeare). Si tratta di una studiosa sicuramente promettente ma
ancora non completamente padrona degli strumenti critici. Il giudizio è abbastanza positivo.
Giudizio 3)
9
La formazione della Candidata si è svolta alla Facoltà di Lettere di Roma 3 (Dottore di Ricerca,
cultore della materia) ma anche in sedi europee quali lo University College di Oxford e lo
University College di Cork. Il campo di ricerca privilegiato dalla Candidata riguarda in
particolare la letteratura di viaggio tra Sette e Ottocento e la narrativa settecentesca in
generale. Dalla rielaborazione della sua tesi di Dottorato prende le mosse il volume Hester
Lynch Thrale Piozzi: A Taste for Eccentricity (pubblicato nel 2010 dalla Cambridge Scholars
Publishing), che fornisce un ritratto ampio, puntuale e ben documentato della scrittrice e
viaggiatrice settecentesca nonché, per i suoi contatti con le culture europee, importante
mediatrice culturale. Molti sono i saggi e gli articoli della Candidata che affrontano argomenti
vari all’interno dello stesso ambito di ricerca, ossia il Grand Tour visto da intellettuali di spicco
della cultura britannica, come Hester Piozzi, e da altre autrici che nel loro insieme restituiscono
importanti testimonianze del punto di vista femminile su questioni ritenute allora di pertinenza
solo maschile: le forme del consenso, l’idea di nazione. Si evidenzia altresì una fine e sensibile
attività nel campo della traduzione e dell’indagine traduttologica.
Il manuale di grammatica inglese del 2010 non può essere preso in considerazione, riferendosi
ad altro settore scientifico disciplinare, ma riflette il suo impegno didattico. Altri studi e
traduzioni sono in corso ed anche dalla discussione emerge un profilo nel complesso ancora in
via di consolidamento dal punto di vista della compiutezza e congruenza disciplinare ma
indubbiamente suscettibile di buoni risultati futuri.
CANDIDATO: GREENUP Sylvia
Giudizio 1)
La candidata ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Anglistica ed Americanistica presso
l’Università di Pisa nel 2001. E’ stata titolare di un assegno di ricerca presso la medesima
Università e Professore a contratto di Lingua e Traduzione Inglese, 2005-2007; è stata
relatrice un convegno. Ha iniziata le sue attività di ricerca nel campo della storia dell’arte
medioevale, come dimostrano i suoi primi saggi, non valutabili al fine del presente concorso.
Successivamente si è occupata, in campo anglistico, principalmente della narrativa del
Settecento e del primo Ottocento. La tesi di dottorato su Clarissa di Samuel Richardson (2001)
dimostra un’intelligenza critica brillante e sottile, doti confermate dai saggi pubblicati
successivamente sullo stesso argomento (“The Rape of Clarissa and The Rape of Lucrece”
(2007), un suggestivo e originale studio del debito di Richardson nei confronti del poema
shakespeariano, e "The Undesigning Scribbler, the Well-Read Lady and the Aristocratic Cad:
Richardson's Art of Literary Allusion in Clarissa"). Altro oggetto delle ricerche della candidata è
la narrativa di Jane Austen (“’The sense of an Italian love song’: A reading of Persuasion”,
2011). Originale e intrigante è anche il saggio sull’attrice Anne Bracegirdle (2007). Piuttosto
intenso è il lavoro di traduzione letteraria ed accademica. La candidata ha discusso i suoi titoli
e pubblicazioni con notevole disinvoltura espositiva e capacità argomentativa.
La produzione scientifica della candidata è per ora piuttosto esile ma decisamente
promettente, ed è sicuramente destinata in futuro a dare vita ad esiti importanti.
Giudizio 2)
10
Ha conseguito il dottorato di ricerca presso l’Università di Pisa nel 2002. Presso lo stesso
ateneo ha ottenuto un assegno di ricerca (2001-2005) e svolto attività didattica come
professore a contratto nel settore L-LIN12 (2005-2007). E’ stata relatrice a un convegno. Nel
corso del colloquio ha presentato ottimamente i suoi titoli e le sue ricerche.
L’interesse della candidata per la letteratura del Settecento è documentato da un’
ottima tesi di dottorato su ‘Acting by the letter’: Dramatic Narrative and Tragedy in Clarissa
Harlowe (2001) che ha formato la base per alcuni articoli di recente pubblicazione. Di
particolare interesse sono “The Rape of Lucrece and the Rape of Clarissa” e, soprattutto,
“All’incrocio dei generi” che affronta con buona padronanza della materia e degli strumenti
critici il problema della presenza del teatro nel romanzo. Alcuni articoli sulla “Material Culture”
aprono un nuovo, promettente filone di ricerca. Ben documentato e organizzato è il saggio
introduttivo alla traduzione di A Narrative of the Life of Mrs Charlotte Clarke.
Sylvia Greenup è una giovane studiosa con una limitata esperienza universitaria in
ambito didattico e di organizzazione della ricerca. Anche se non ha ancora affrontato la prova
della costruzione di uno studio monografico a stampa, il giudizio sui suoi lavori è positivo.
Giudizio 3)
La produzione scientifica della Candidata rivela un solido percorso formativo, dagli anni
universitari come allieva della Scuola Normale, a quelli del Dottorato. Pur non presentando
monografie, la sua produzione scientifica dà prova di una studiosa raffinata, curiosa e versatile.
Rielaborando in parte la tesi di dottorato, in tre saggi (“The undesigning scribbler, the wellread lady and the aristocratic cad: Richardson 's art of literary allusion”, 2006;” The rape of
Clarissa and the Rape of Lucrece”, 2007; “All'incrocio tra i generi: la drammaturgia antiteatrale
di Clarissa e la riscrittura del teatro nel romanzo” , 2011) e in una lunga recensione (“Nel
crogiolo dell'artista: Clarissa di Samuel Richardson”, 2006) la Candidata compie un’analisi
squisitamente letteraria con interessi comparatistici del romanzo, del contesto e del
personaggio al centro di Clarissa di Richardon. A questa si affiancano riflessioni di carattere
storico e culturale che la Candidata propone attraverso un discorso di convincente compattezza
teorica, articolandole con grande chiarezza espositiva. La candidata si muove con sicurezza sul
piano metodologico e utilizza apporti teorici articolati nei suoi più recenti articoli su tre romanzi
di Jane Austen, Sense and Sensibility, Persuasion e Mansfield Park. Si segnalano anche
interessi per gli studi di gender e culturali, nonché la lunga introduzione di taglio storico
letterario alla versione italiana, da lei stessa curata, di A Narrative of the Life of Mrs Charlotte
Clarke, autobiografia dell'attrice Charlotte Cibber-Clarke. Alla traduzione saggistica e letteraria
la Candidata dedica gran parte della sua attività scientifica. La sua discussione, condotta con
disinvoltura, porta a formulare un giudizio sulla Candidata sicuramente positivo, sia per
l’interesse degli argomenti trattati sia per la finezza con cui è condotta la ricerca.
CANDIDATO: LEONARDI Gian Pietro Maria
Giudizio 1)
Il candidato ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Letterature di Lingua Inglese presso
"Sapienza" Università di Roma nel 2006. Ha partecipato a numerosi convegni come relatore. Le
sue ricerche si situano nel campo dei queer studies¸ a partire dalla tesi di dottorato, Coming
Out: Queer (mis)adventures inside and outside the canon, che si occupa di alcuni autori gay
fra Ottocento e Novecento inglese, da Wilde a Forster e da Woolf a Winterson. Si tratta di una
panoramica storica, non sempre approfondita rispetto all’analisi dei singoli autori e testi. Delle
11
pubblicazioni presentate, solo una, la breve scheda “Magico John Cromer” (2010) risulta
pertinente al SSD L-LIN/10.
Nella ben condotta discussione dei titoli e pubblicazioni il candidato ha riconosciuto di non aver
presentato pubblicazioni relative alla letteratura inglese, motivo per cui il giudizio complessivo
non può essere positivo
Giudizio 2)
Ha conseguito il dottorato di ricerca presso l’Università di Roma ‘La Sapienza’ nel 2006. Non ha
svolto attività didattica a livello universitario. Ha partecipato a numerosi convegni in qualità di
relatore. Nel corso del colloquio ha presentato ottimamente i suoi titoli e le sue ricerche.
A parte una tesi di dottorato dal titolo “Coming Out: Queer (mis)adventures inside and
outside the canon”, che tratta in modo abbastanza superficiale autori quali Qilde, Forster e
Woolf, le sue pubblicazioni dedicate a “Gay Studies” non sono riconducibili al settore L-LIN10.
Il giudizio non può che essere negativo.
Giudizio 3)
Il Candidato presenta otto tra articoli, saggi e recensioni che nel loro complesso rispecchiano il
tema della sua ricerca elaborato nella tesi del Dottorato: "Coming Out: Queer (mis)adventures
inside and outside the canon", 2006.
Il giudizio complessivo rileva l'inesistenza di una produzione critica del Candidato ascrivibile al
SSD L-LIN/10.
CANDIDATO: MARTINELLI Lawrence Sterne
Giudizio 1)
Il candidato ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Storia delle Arti Visive e dello spettacolo
presso l’Università di Pisa nel 2010. Le sue attività di ricerca, pur ampie e sicuramente
competenti, riguardano quasi esclusivamente settori diversi dal L-LIN/10, quali la storia del
cinema, e pertanto – con forse l’unica eccezione della breve scheda “Jiri Trnka, lo Shakespeare
dal tocco boemo” (2006) – non possono essere prese in considerazione al fine della presente
valutazione comparativa. Nella discussione dei titoli e delle pubblicazioni il candidato ha
esposto con convinzione e con chiarezza le proprie linee di ricerca, ma ha ammesso di non
aver pubblicato sudi specifici sulla letteratura inglese, motivo per il quale il giudizio non può
essere positivo.
Giudizio 2)
Ha conseguito il dottorato di ricerca presso l’Università di Pisa. Nel corso del colloquio illustra
ottimamente i suoi titoli, ma non è in grado di indicare alcuna pubblicazione relativa alla
Letteratura Inglese.
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Il candidato non presenta pubblicazioni riconducibili al SSD L-LIN10, con l'eccezione di
una nota di carattere divulgativo sul film di Trnka tratto da Sogno di una notte di mezza estate
di Shakespeare.
Per l’assenza di significative pubblicazioni in L-LIN10, il giudizio non può che essere
negativo.
Giudizio 3)
La ricerca del Candidato Lawrence Thomas Martinelli rispecchia il percorso ricco e complesso,
sia dal punto di vista della formazione, - laurea in lingue, dottorato in arti visive e spettacolo-,
sia da quello della didattica della lingua inglese, avendo maturato un’esperienza ultradecennale
di insegnamento dell’inglese nella scuola superiore, oltre che una più breve esperienza
nell’Università. Pertanto la sua produzione scientifica, ricca e interessante, si focalizza sui temi
relativi alle arti visive e dello spettacolo e comprende un volume (Crocevia Europa-Dialoghi sul
cinema con registi e attori, Holde, Massarosa 2007) e alcuni saggi sul cinema e sul fumetto
apparsi in cataloghi, atti di convegno e volumi collettanei.
Nel complesso, emerge il profilo di uno studioso dai vasti interessi ma la cui attività di ricerca
appare focalizzata su tematiche marginali rispetto al settore scientifico-disciplinare L-LIN/10.
Durante la discussione evidenzia interessi prevalenti per gli studi di carattere filmo grafico e sul
fumetto. L’esposizione, ancorché competente, non riflette interessi specifici per la ricerca
scientifica pertinente al settore di riferimento.
CANDIDATO: MOROSETTI Tiziana
Giudizio 1)
La candidata ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Letterature e culture dei paesi di
lingua inglese presso l’Università di Bologna nel 2006. E’ stata titolare di un assegno di
ricerca nel 2008-2010 e di una borsa postdottorato nel 2006-2008. Ha partecipato come
relatore ad alcuni convegni. Le sue attività di ricerca vertono principalmente sul teatro, e
sono caratterizzate da due indirizzi primari di indagine, quello del teatro postcoloniale e
quello del teatro politico di W.H. Auden. La monografia Introduzione al teatro nigeriano di
lingua inglese (2009), rielaborazione della tesi di dottorato dedicata a Femi Osofisan
(2006), esplora con indubbia conoscenza e competenza un campo culturale assai poco
conosciuto in Italia. Particolarmente apprezzabile è la bene informata esplorazione del
rapporto fra il teatro nigeriano e la sua matrice politica e storica, accompagnata da un
ampio e molto aggiornato apparato bibliografico e sitografico. Il secondo indirizzo di
ricerca è rappresentato - oltre che dalle curatele dei volumi W. H. Auden. Nel trentennale
della scomparsa(1973-2003) (2004), che tra l’altro contiene diversi contributi della
candidata, e La danza della morte con co-traduzione della pièce di Auden - dalla breve
monografia Memoria e utopia nel teatro di W.H. Auden (2009), che offre utili e pertinenti
informazioni storico-culturali tramite una esposizione chiara e leggibile, anche se la lettura
critica delle opere poteva essere più approfondita. Fra le altre curatele della candidata è
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interessante il volume Metamorfosi della città, curata con Marinella Rocca Longo, che
contiene anche uno studio della candidata sul tema della città, sempre con riferimento ad
Auden. Fra i saggi, dedicati per la maggior parte al teatro africano e alle opere di Auden, è
di particolare interesse l’originale messa a confronto dell’Amleto di Shakespeare e il Pilade
di Pasolini, con riferimento al
mito di Oreste (2001). Coerente e convincente la
discussione dei titoli e delle pubblicazioni.
La Dott.ssa Morosetti è una giovane studiosa sicuramente promettente, soprattutto
per quanto riguarda la storia del teatro inglese e postcoloniale, che dimostra buone
capacità di ricerca storico-culturali e altrettanto buone doti di esposizione. A volte, nella
produzione scientifica pubblicata fino ad oggi, la lettura critica e testuale delle singole
opere potrebbe essere più approfondita. Complessivamente, tuttavia, il giudizio è
senz’altro positivo.
Giudizio 2)
Ha conseguito il dottorato di ricerca nel 2006 presso l’Università di Bologna. Presso lo stesso
ateneo, ha conseguito una borsa di postdottorato (2006-2008), un assegno di ricerca (20082010) e ha svolto attività didattica come “Tutor” in L-LIN10 (2010-11). Ha partecipato come
relatore e organizzatore a numerosi convegni. Nel corso del colloquio ha presentato
ottimamente i suoi titoli e le sue ricerche.
Le pubblicazioni più interessanti della candidata sono dedicate alla letteratura nigeriana.
Oggetto di tesi di dottorato, l’opera di Femi Osofisan è analizzata con rigore metodologico e
appassionato interesse per la materia. Anche Introduzione al teatro nigeriano, lavoro di
carattere più divulgativo ma di sicuro rilievo per far apprezzare in Italia autori poco o per nulla
conosciuti, dimostra una solida conoscenza dell’oggetto di studio e padronanza degli strumenti
critici. Altri saggi approfondiscono aspetti della cultura africana. Fra questi, di particolare
interesse sono “Il teatro in bianco e nero”, con acute osservazioni sulla funzione delle
fotografie nello studio del teatro africano, e “ ‘How to answer a hanging in Nigeria’ ” che
dimostra un serio lavoro di documentazione sulla censura. Un altro filone di ricerca è incentrato
su W.H. Auden al quale la candidata ha dedicato uno studio monografico Memoria e utopia nel
teatro di W.H. Auden e una serie di saggi. Ben scritti e documentati, questi lavori hanno
minore carattere di originalità rispetto agli studi sulla cultura africana che rappresentano il
migliore contributo della candidata nell’ambito del settore disciplinare.
Tiziana Morosetti è ben inserita in ambito universitario sia a livello didattico che di
organizzazione della ricerca. Sta cominciando a proporre con successo i suoi lavori a editori e
riviste di buona qualità. Sebbene la sua produzione presenti alcuni tratti di discontinuità, il
giudizio è sicuramente positivo.
Giudizio 3)
La candidata si è laureata in Lingue e Letterature Straniere presso l’Università degli Studi di
Roma Tre (2001), ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Letterature e culture dei paesi di
lingua inglese presso l’Università di Bologna (2006), dove ha ottenuto una Borsa postdottorato
(2006-2008) e un Assegno di Ricerca per il progetto “La rappresentazione del corpo 'esotico’
nella Francia e nell’Inghilterra del Settecento e dell’Ottocento”, (2008-2010). Si evidenzia la
continuità temporale nel ricoprire tali incarichi.
Le pubblicazioni presentate dalla candidata comprendono due ambiti di ricerca ben
caratterizzati: l'uno, sicuramente approfondito, é collegato alla letteratura postcoloniale
africana, privilegia il teatro e altre forme espressive della Nigeria anglofona; l'altro rivisita
sotto varie prospettive l'opera di W.H. Auden.
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All’area della letteratura postcoloniale di lingua inglese e, nello specifico, della produzione
letteraria e teatrale anglo africana appartiene il volume Introduzione al teatro nigeriano di
lingua inglese (Edizioni Associate 2009). Ricollegandosi all’argomento della tesi di dottorato, la
Candidata propone un’accurata, ben documentata e originale analisi delle varie forme di teatro
africano. Allo stesso ambito di ricerca si iscrivono almeno un paio di contributi, le voci
enciclopediche e gli articoli dedicati a Femi Osofisan.
A tale interesse di ricerca si coniuga una particolare attenzione anche per l'opera di W.H.
Auden. di cui la Candidata evidenzia la forte componente ideologica e il profondo interesse per
il teatro soprattutto negli anni Trenta. Si vedano la curatela del volume W. H. Auden. Nel
trentennale della scomparsa (1973-2003) 2004, e la monografia Memoria e utopia nel teatro di
W.H. Auden, 2009.
Nel volume da lei curato sono presenti diversi suoi contributi, in cui la Candidata affronta gli
aspetti dell'opera dell'autore legati alle sue prese di posizione ideali e ideologiche ed esamina
in modo puntuale, ricco di notazioni originali, i suoi testi drammatici degli anni Trenta. Anche in
un altro saggio, "Sulle opere minori: l'Arcifanfano, re dei matti di Auden/Goldoni", la Candidata
si occupa del teatro di Auden, laddove indaga il suo lavoro di librettista traduttore, con
osservazioni che rivelano la sua notevole capacità di lettura critica. Nel volume suddetto,
"L'Italia nelle letterature di lingua inglese dal 1900 a oggi", Roma-Pisa, Fabrizio Serra Editore,
2008, compare anche il saggio introduttivo, che interviene sulla 'fortuna' dell'Italia nel secolo
scorso, delineandone le caratteristiche anche alla luce del venir meno del grande interesse che
invece si era riscontrato nei secoli precedenti.
A questo interesse della Candidata per gli studi di carattere comparativo si iscrivono anche gli
studi su Hamlet di Shakespeare e il Pilade di Pasolini.
Le diverse recensioni presentate arricchiscono il panorama di intervento della candidata, ma
non assumono il valore e il peso di un articolo. Buona la discussione dei titoli e delle
pubblicazioni condotta con convinzione e puntuale documentazione.
La produzione scientifica complessiva della candidata mostra una sicura attitudine alla ricerca.
Il giudizio è indubbiamente positivo, sia per la diversità degli ambiti di ricerca che per la
competenza dell’indagine.
CANDIDATO: NATALI Ilaria
Giudizio 1)
La candidata ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Anglistica e Americanistica presso
l’Università di Firenze nel 2007. E’ stata titolare di una borsa di Studio presso la James Joyce
Foundation, 2001/2002 e di un assegno di ricerca presso l’Università di Firenze, 2008 – 2011.
E’ stata professore a contratto di Letteratura Inglese presso la medesima Università, 20072009. Ha partecipato ad alcuni convegni nazionali e internazionali in qualità di relatore. Il suo
principale indirizzo di ricerca è la critica genetica applicata alle opere di James Joyce. Si tratta
di uno sposalizio felice fra oggetto e metodo di indagine, dal momento che l’evolversi nel
tempo dei romanzi e delle poesie di Joyce dà vita ad una ricca variantistica che permette una
proficua investigazione filologica diacronica, tanto è vero che Joyce è sempre stato oggetto
privilegiato della critica genetica medesima. Ciononostante, la ricerca della candidata, condotta
spesso su manoscritti e altri documenti inediti, risulta originale e convincente. La sua prima
15
monografia, ‘That submerged doughdoughty doubleface’: ‘Pomes Penyeach’ di James Joyce,
(2008), indaga l’evoluzione testuale di un Joyce ‘minore’, quello appunto delle poesie, le quali,
come dimostra persuasivamente la candidata, intrattengono importanti relazioni intertestuali, o
macrotestuali, con le opere più note dello scrittore irlandese. La seconda monografia, The UrPortrait: ‘Stephen Hero’ e il processo di creazione artistica in ‘A Portrait of the Artists as a
Young Man’ (2008) basata sulla tesi di dottorato per la quale si era aggiudicata il Premio
Firenze University Press, esamina con notevole competenza filologica e acume critico il
confluire, spesso più casuale che programmato, di una serie di testi quali Stephen Hero, le
Epiphanies, il primo Portrait, e i Notebooks, in un “dossier genetico” che darà poi vita al
Portrait definitivo. Meno rigoroso filologicamente, e meno convincente criticamente, è la terza
monografia, Demoni, fantasmi, apparizioni. Narrative soprannaturali nell’opera di Daniel Defoe
(2010), excursus per ora solitario nella narrativa del Settecento, che discute la presenza del
sovrannaturale nella prosa di Defoe. Si tratta di un volume ‘ibrido’ che, accanto al breve
discorso critico-storico, presenta anche la traduzione di sette racconti dell’autore nei quali il
sovrannaturale svolge un ruolo significativo. I saggi, infine, vertono prevalentemente su Joyce,
con l’eccezione di uno studio su Dickens. La discussione dei titoli e delle pubblicazioni è stata
articolata e coerente, mettendo in mostra una buona consapevolezza teorica e metodologica.
La Dott.ssa Natali è una studiosa dotata di spiccata intelligenza critica e sicura
competenza filologica che ha già offerto significativi contributi allo studio filologico del
macrotesto joyciano. Il giudizio complessivo è sicuramente positivo.
Giudizio 2)
Ha conseguito il dottorato di ricerca presso l’Università di Firenze nel 2007. Ha ottenuto una
borsa di studio presso la James Joyce Foundation (2001-2002), il premio Firenze University
Press (2007) e il premio G. Giusti (2008). Ha ottenuto un assegno di ricerca presso l’Università
di Firenze (2008-11) ed è stata docente a contratto nel settore L-LIN10 presso lo stesso
ateneo (2007-2009). Ha partecipato a numerosi convegni in qualità di relatore. Nel corso del
colloquio ha presentato ottimamente i suoi titoli e le sue ricerche.
La candidata presenta due interessanti monografie su James Joyce (The Ur-Portrait,
tratta dalla sua tesi di dottorato, e ‘That Submerged doughdoughty doubleface’) che attestano
una solida preparazione teorica e una apprezzabile capacità di rielaborare in modo autonomo le
indicazioni dei critici che l’hanno preceduta nello studio sulla genesi dei testi joyciani. Una
parte dei saggi dedicati a Joyce riprende i temi degli studi monografici senza andare oltre i
risultati già raggiunti. Una buona traduzione di L’uomo che volle farsi re è preceduta da
un’introduzione di taglio divulgativo. Nel volume Demoni, fantasmi e apparizioni, la candidata
traduce inquadra e commenta pagine di DeFoe incentrate sul soprannaturale. Si tratta di un
nuovo, promettente filone di ricerca per la studiosa che deve tuttavia approfondire la sua
conoscenza di testi di base sulla cultura del Settecento per arrivare a risultati originali.
Ilaria Natali è una giovane studiosa con una limitata esperienza didattica a livello
universitario e attiva partecipazione a diversi convegni. Sta dimostrando una buona capacità di
uscire dall’ambito locale nella scelta degli editori a cui sottoporre i propri lavori. Presenta una
produzione di qualità discontinua: ottima negli studi joyciani, meno convincente nei lavori sul
Settecento. Il giudizio è comunque positivo.
Giudizio 3)
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La Candidata si è formata all’Università di Firenze (Laurea 2003, Dottorato di Ricerca 2007,
Assegno di Ricerca dal 2008), in continuità temporale nel ricoprire tali ruoli.
Ha trascorso certificati periodi di studio all’estero (tra il 2001 e il 2009) tra cui si segnalano:
presso la Zurich James Joyce Foundation, Antwerp James Joyce Centre. E’ vincitrice del
“Premio Firenze University Press- Tesi di Dottorato” (2008).
La Candidata presenta tre monografie e diversi articoli che delineano un percorso di ricerca che
a partire dalla sua formazione di base, si indirizza prevalentemente verso l’opera di James
Joyce, per poi arricchirsi di ulteriori ipotesi di studio.
All’opera di Joyce la Candidata ha dedicato due rnonografie, una voce enciclopedica e nove
articoli, che trattano svariati aspetti dell'opera dello scrittore irlandese. Tra l'altro, la candidata
si sofferma sulla predilezione e l’interesse dell'autore per la lingua italiana verificata dalla
candidata sulle traduzioni e auto traduzioni joyciane. In tale ambito si colloca anche la
recensione pubblicata nel 2004.
La monografia The Ur-Portrait: ‘Stephen Hero’ ed il processo di creazione artistica in ‘A Portrait
of the Artist s a Young Man’ (Firenze University Press, 2008), argomento della sua Tesi di
Dottorato, espone un’analisi competente, puntuale e accurata dei primi due romanzi joyciani,
sulla base metodologica della critica genetica. La Candidata, mediante l’analisi del lungo
percorso creativo (1900-1914) che ha portato alla stesura definitiva di Portrait, non solo
ripercorre
minuziosamente le varie fasi della redazione, ma evidenzia anche le prime
testimonianze dell’attività creativa di Joyce. L’analisi dei cambiamenti apportati nel corso delle
varie stesure di Potrait consente alla Candidata di aprire nuove prospettive di ricerca sia
mettendo in luce aspetti inediti dell’autore in quanto produttore di testi, sia indirizzando verso
una nuova comprensione dell’opera pubblicata. Questo studio della documentazione di A
Portrait si dimostra decisamente produttivo per evidenziare le modalità compositive joyciane
anche in relazione al macrotesto, e per riflettere sulle prospettive metodologiche della critica
genetica.
Alla poesia joyciana la Candidata dedica la monografia “That submerged doughdoughty
doubleface”:‘Pomes Penyeach’ di James Joyce (2008), pubblicata nella collana del
Dipartimento di Filologia Moderna dell’Università di Firenze, Sequenze, dalla casa editrice ETS
di Pisa. La politica editoriale della casa editrice ETS rispetta i criteri indicati dall’ANVUR. La
monografia (insieme ad altri contributi della Candidata) vuole colmare una lacuna, nell’ambito
della produzione artistica joyciana, ad oggi particolarmente evidente. Attraverso uno studio
sistematico e approfondito della raccolta e una competente indagine critica dei testi (sezioni 35) sempre in ottica genetica, la Candidata giunge a proporre convincenti e spesso originali
interpretazioni non solo delle poesie ma anche sull’intero macrotesto. Inoltre l’analisi genetica
di ‘Pomes Penyeach’ permette alla Candidata di avanzare nuove ipotesi sul concetto di dossier
e sui rapporti che sussistono tra le varie testualizzazioni. In altre parole, l’attento studio della
Candidata si dimostra di grande originalità e utilità per mettere in luce un’opera generalmente
considerata ‘minore’ all’interno degli studi joyciani, sia per avanzare nuovi ipotesi nell’ambito
degli studi teorici della critica genetica.
La candidata è indubbiamente preparata in questa impostazione metodologica, come
dimostrano altri saggi, sempre su Joyce, (prevalentemente pubblicati all’estero) che, nel loro
complesso, restituiscono la piena padronanza di questo ambito di ricerca.
Un ulteriore area di ricerca della Candidata mira ad evidenziare la commistione, in alcune
opere di Daniel Defoe e in parte del Settecento, di interessi fortemente legati alle forze che
operano nella realtà concreta dell'uomo e della natura (scienza, economia), accanto a una
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grave attenzione per l'ambito sovrannaturale. Nel volume Demoni, fantasmi, apparizioni: Il
soprannaturale negli scritti di Daniel Defoe (2010), il rigore metodologico dei precedenti saggi
monografici della Candidata cede a una certa carenza di dialogo con la lunga tradizione degli
studi del fenomeno del sovrannaturale in letteratura anche in ambito italiano (soprattutto nella
prima parte del volume). Resta interessante anche la scelta antologica dei testi nella sezione
“Intermezzo” e la finezza delle loro traduzioni.
Altri validi contributi riguardano il periodo vittoriano e in particolare la produzione narrativa di
Dickens: Concentrandosi su due dei maggiori romanzi di Dickens, David Copperfield e Great
Expectations, la Candidata individua gli aspetti che portano l’autore ad essere sia un moderato
estimatore che un severo critico della realtà vittoriana. La candidata ha tradotto e introdotto il
racconto di Kipling, L'uomo che volle farsi re, con finezza e competenza.
Il colloquio conferma la buona preparazione della candidata.
Il giudizio complessivo sulla produzione scientifica della Candidata è sicuramente positivo; si
apprezzano la competenza e la serietà nell’affrontare tematiche impegnative e complesse.
CANDIDATO: PIETRICOLA Francesca
Giudizio 1)
La candidata ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Lingue e Letterature presso l’Università
Tor Vergata, Roma, nel 2009. Non presenta pubblicazioni all’infuori della tesi di Dottorato su
l'Italia nei romanzi Anne Radcliffe, uno studio piuttosto puntuale della rappresentazione
mediata dell’Italia da parte della romanziera tramite le descrizioni di viaggiatrici quali Hester
Lynch Thrale Piozzi. Nella ben condotta discussione dei titoli la candidata ha parlato dei suoi
futuri progetti di ricerca. Data la mancanza di pubblicazioni successive alla tesi, il giudizio non
può essere positivo.
Giudizio 2)
Ha conseguito il dottorato di ricerca presso l’Università di Roma “Tor Vergata”.
Nel corso del colloquio, ha illustrato ottimamente i suoi titoli e la sua tesi di dottorato.
La candidata presenta una buona tesi di dottorato sulla Ratcliffe. Non presenta pubblicazioni.
Per l’assenza di pubblicazioni, il giudizio non può che essere negativo.
Giudizio 3)
La Candidata è dottore di ricerca in anglistica. Non ha svolto attività didattica significativa in
ambito universitario
La candidata non presenta pubblicazioni.
II giudizio sulla sua attività scientifica è quindi negativo
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CANDIDATO: TCHERNICHOVA Victoria
Giudizio 1)
La candidata ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Letterature Straniere Moderne
presso l’Università di Pisa nel 2004. E’ stata titolare di un assegno di ricerca presso la
medesima Università, 2004/2009 e di una borsa di studio, 2009-2011. E’ stata collaboratore
didattico presso le Università di Pisa e Venezia Cà Foscari, 2003-20011. Ha organizzato un
gruppo di ricerca internazionale, 2009-2010, ed ha partecipato ad alcuni convegni. Le sue
ricerche sono prevalentemente di carattere formalistico, avvalendosi di strumenti analitici bene
affilati, seppure non sempre aggiornatissimi, quali la retorica, la semiotica testuale e la
narratologia. La sua prima monografia, Postmoderno e Postcoloniale. Percorsi del senso in
Byatt, Thomas, White e Rushdie (2007) esamina quattro fra i più importanti narratori britannici
o anglofoni contemporanei, offrendo una lettura ravvicinata, per ciascuno degli autori discussi,
di un’opera rappresentativa, lettura alla quale candidata porta ben calibrate analisi retoriche o
narratologiche: lo studio del non-detto e della topica metaletteraria in Byatt; della detractio e
la adiectio nella narrazione dell’olocausto da parte di Thomas; della semantica pluri-isotopica e
delle strategie narrative (quali l’elissi) in White; dell’organizzazione testuale e dei tropi (quali le
metafore dell’interrelazione) in Rushdie. Particolare attenzione viene dedicata, poi, agli
apparati paratestuali dei quattro romanzi. Poteva essere utile una più ampia e approfondita
discussione teorica delle relazioni fra i due paradigmi culturali annunciati nel titolo del volume
(postmoderno, postcoloniale). Mancano, per scelta strategica della candidata, riferimenti ai
rispettivi contesti storico-culturali dei quattro scrittori, che potevano forse aiutare nella
‘mappatura’ comparative. Più coesa pare la seconda monografia, I personaggi di Robert
Browning: discorso, verità e interpretazione (2011), che esamina la struttura testuale e
paratestuale, i registri stilistici, le strategie monologiche e dialogiche e le tecniche
argomentative in opere quali “Porphyria’s Lover”, “Caliban Upon Setebos”, “Holy-Cross Day” e
The Ring and the Book. Particolarmente apprezzabile è la sicura conoscenza, e la disinvolta
applicazione ai testi di Browning, della retorica dell’argomentazione. I saggi della candidata
sono in buona parte quelli ripubblicati nei volumi monografici, eccezion fatta per gli studi su
William Blake (2003) e sul poeta canadese Robert Bringhurst (2005). Ha inoltre al suo attivo
tre co-curatele di raccolte di saggi, rispettivamente sulla letteratura postcoloniale (Roots and
Beginnings, con Pietro Deandrea, 2003), sul romanzo The Ground Beneath Her Feet di Salman
Rushdie (The Great Work of Making Real, con Elsa Linguanti, 2003) e sulle relazioni culturali
italo-canadesi (Cultural Crossings, con Biancamaria Rizzardi, 2011).
Le pubblicazioni della Dott.ssa Tchernichova, sia le monografie che i saggi, sono apparse
prevalentemente presso case editrici e riviste locali. Ciononostante, si tratta di una studiosa di
sicura promessa, dotata di intelligenza critica e competenza metodologica, e complessivamente
il giudizio è decisamente positivo. Nella discussione dei titoli e delle pubblicazioni la candidata
ha esposto in modo brillante le premesse teoriche e metodologiche delle sue ricerche.
Giudizio 2)
Ha conseguito il dottorato di ricerca presso l’Università di Pisa nel 2004. Presso lo stesso
ateneo, ha conseguito un assegno di ricerca (2004-2009) e una borsa di studio/ricerca (20092011) e collaborato a attività didattiche in L-LIN10 (2003-2011). Ha collaborato alla didattica
nello stesso settore presso l’Università di Venezia (2006-2008). E stata supervisore alla
didattica in un Master dell’Università di Pisa (2007-2011). Ha organizzato un gruppo di ricerca
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internazionale (2009-2010) e partecipato in qualità di relatore e organizzatore a numerosi
convegni. Nel corso del colloquio ha presentato ottimamente i suoi titoli e le sue ricerche.
Le pubblicazioni della candidata riflettono interessi di ricerca che spaziano da William
Blake a Robert Browning, dal postmoderno inglese (Byatt, D.M. Thomas), alle letterature
anglofone (canadese, australiana, indiana). I suoi lavori sono sostenuti da una solida
preparazione metodologica e da una buona conoscenza del lavoro dei critici che l’hanno
preceduta. I risultati più originali sono raggiunti nel volume Postmoderno e postcoloniale, che
in parte raccoglie e rielabora saggi precedenti, ma riesce tuttavia a trovare una sua unità di
impianto, a creare inediti collegamenti fra gli autori trattati e ad offrire nuove chiavi di lettura
per opere poco conosciute in Italia. Diverse curatele e contributi ad antologie di saggi (per
esempio, “Tradursi all’altra riva”) la collocano in buona posizione nel panorama degli studi
italiani sul postcoloniale.
Si tratta di una giovane studiosa ben inserita nel contesto universitario sia a livello didattico
che di organizzazione della ricerca, di una ricercatrice matura che dimostra curiosità culturale e
buone basi teoriche e che dovrebbe cominciare a proporre i suoi lavori per pubblicazione al di
fuori dell’ambito locale. Anche se sarebbe auspicabile un maggiore approfondimento su un
numero più limitato di oggetti di studio, il giudizio sulla candidata è sicuramente positivo.
Giudizio 3)
La Candidata si è formata all’interno del Dipartimento di Anglistica dell’Università di Pisa in cui
ha continuato senza nessuna interruzione le sue ricerche negli anni del Dottorato (quattro, dal
2000 al 2004), dell’assegno di ricerca (quattro, dal 2004 al 2009) e della borsa di studio e
ricerca (tre, dal 2009 al 2011). Si evidenzia la rara continuità temporale nel ricoprire tali ruoli.
Le sue pubblicazioni mostrano chiare prospettive critiche di lavoro e una puntuale competenza
metodologica - con particolare attenzione all’individuazione di elementi intertestuali in un’ottica
comparatistica-, alla formazione di metafore, alle strategie di disposizione testuale, alle
tecniche compositive e argomentative, alle costanti e variabili isotopiche del testo narrativo e
poetico. Dalle sue pubblicazioni si evince un costante e parallelo interesse per l’ermeneutica,
per l’evoluzione e lo sviluppo della teoria letteraria del secondo Novecento, dalla narratologia
alla semiotica e alla ‘nuova’ retorica fino alla critica postcoloniale. Le sue aree di ricerca sono
varie e articolate e spaziano dalla poesia inglese romantica e vittoriana, alla letteratura inglese
contemporanea, con un interesse anche alla saggistica d’autore. All’area di ricerca sulla poesia
romantica si iscrive il saggio “Argomentazione e discorso epidittico in ‘The Little Vagabond’ di
William Blake” (2003) in cui la Candidata affronta con finezza il rapporto tra le illustrazioni
blakeane e le loro varianti d’autore, analizza la figura del “Wanderer”, e studia i procedimenti
retorici, metrici, anagrammatici e fonosimbolici del testo .
Nell’ambito della poesia vittoriana la Candidata ha dedicato un saggio monografico alla
dimensione elocutiva dei personaggi di Robert Browning. La puntuale lettura degli aspetti
argomentativi, lo studio attento del sistema retorico e organizzativo, nonché l’analisi del
tessuto fonico e del fonosimbolismo stanno alla base di I personaggi di Robert Browning:
discorso, verità e interpretazione. Il lavoro raccoglie i risultati della riflessione, solo in minima
parte esplorata in saggi precedenti, sulla centralità che il pensiero ermeneutico e la riflessione
sul linguaggio assumono nei testi di Robert Browning. La monografia mostra un’ottima
conoscenza della vasta bibliografia critica sul poeta da cui si discosta per un’indubbia originalità
di prospettiva critica. Il volume è apparso in una collana scientifica, English Library, presso
20
l’editore Polimetrica di Milano la cui politica editoriale rispetta i criteri indicati dall’ANVUR tra i
quali il referaggio anonimo come prerequisito di pubblicazione.
Ad autori e generi diversi (poesia, saggistica d’autore, narrativa) della letteratura inglese
contemporanea sono dedicati il solido volume Postmoderno e Postcoloniale. Percorsi del senso
in Byatt, Thomas, White e Rushdie, 2007 e diversi saggi pubblicati nell’arco di un decennio.
Dialogando criticamente con i più sperimentati ma meno efficaci metodi di lettura
(decostruzionismo, critica femminista, cultural studies), il volume del 2007 studia una serie di
pratiche discorsive e dimostra in modo convincente e originale la specificità dei paradigmi
culturali che sostanziano il postmoderno e il postcoloniale. In Postmoderno e Postcoloniale…, la
Candidata traccia, attraverso l’analisi narratologica di quattro romanzi di autori e nazionalità
diverse particolarmente rappresentativi, una mappa del “moderno” nelle sue complessità e
contraddizioni: un’analisi che passa necessariamente sia attraverso la discussione,
approfondita e dialettica, dei nodi del dibattito critico contemporaneo sia attraverso lo studio
delle modalità di produzione del senso specifiche di ciascun testo narrativo. Un metodo più che
mai necessario, come sostiene la stessa Tchernichova per lo studio della narrativa
contemporanea, il cui senso non risulta legato a formule di dimostrazione logico-didattica
quanto piuttosto a indirette strategie di persuasione e argomentazione.
Come risulta sin dalla limpida e informatissima introduzione al volume, che è anche una lucida
dichiarazione di metodo e di intenti, la Candidata delinea questi fenomeni sottolineandone la
natura stratificata e problematica, quando non apertamente contraddittoria. Con una abilità
critica e dialettica già matura e consapevole, la Candidata gioca l’una contro l’altra le diverse
opinioni, e non esita a confutarle se lo ritiene necessario.
Accanto al lavoro di contestualizzazione, poi, la Candidata ritiene imprescindibile e prioritario il
confronto diretto con l’irreducibile singolarità di ogni testo, che ricava non da progetti astratti
(dichiarazioni teoriche, ecc) o da presupposti ideologici, ma dalla sua capacità esercitata e
matura di risalire dalle micro alle macro-strutture, dall’espressività delle scelte stilistiche
(isotopie dominanti, strategie strutturali e retoriche, ecc.) alla ricostruzione di visioni del
mondo articolate e sfumate, che tutte assieme tracciano una mappa del “moderno” nelle sue
complessità e contraddizioni.
Il lavoro, che ad ogni passo giustifica con chiarezza e lucidità le proprie finalità ed il proprio
metodo, dimostra, oltre alla perfetta padronanza di strumenti analitici ed ermeneutici validi,
aggiornati e perfettamente adattati alla specificità dei singoli testi: a) la solida cultura
generale, che spazia dalla questioni geo-politiche alla filosofia; b) la capacità propositiva e
critica, che non si nega neppure ai giudizi di valore (vedi le osservazioni conclusive sulla
Byatt); c) la passione etica, che mai scinde il fatto letterario dalle istanze vitali e morali che lo
nutrono (specialmente probante il saggio su D.M.Thomas). Il suo volume dimostra una
maturità di giudizio assai rara in una giovane studiosa e costituisce un contributo personale,
innovativo ed impeccabilmente argomentato alla questione, tuttora aperta e scottante, delle
convergenze e divergenze tra i fenomeni (postcoloniale e postmoderno, spesso
frettolosamente identificati) che identificano il nostro tempo.
In conclusione, la Candidata arriva a formulare le sue tesi (nelle densissime ultime pagine)
solo attraverso un personale e puntuale confronto con l’irriducibile singolarità di ogni autore ed
ogni testo. Non si tratta certamente di un semplice lavoro di verifica dunque, ma di un vero e
proprio lavoro di ricerca. Il volume fa parte della collana Percorsi del Dipartimento di Anglistica
(Università di Pisa) che richiede il referaggio anonimo e, in ultimo, il parere dello stesso
Dipartimento. La politica editoriale della casa editrice ETS rispetta i criteri indicati dall’ANVUR.
21
Rigore e metodo sono ben presenti anche laddove la Candidata si occupi di intertestualità
(“Robert Bringhurst’s ‘The Lyell Island Variations’ 2001; “‘The outsideness of what we’re inside’
2003), di teorie contemporanee della letteratura (“Tradursi all’altra riva”, 2010; “Teaching
Transculturality”, 2011) o di saggistica d’autore “To sing thought back into being” 2005; “The
inclination to assimilate many-sided truths” 2008). Nelle quattro recensioni presente ai fini
della valutazione comparativa, attraverso una puntuale discussione analitica del testo, la
Candidata propone con determinazione la sua lettura critica.
Di particolare rilievo anche la consistenza complessiva e l’intensità della produzione scientifica
della Candidata, soprattutto in rapporto alla durata temporale e alla continuità della sua
attività scientifica.
Ottima la discussione dei titoli e delle pubblicazioni condotta con lucidità e una consapevolezza
critica molto matura circa i risultati conseguiti e le prospettive di ricerca.
Il giudizio sull’attività di ricerca e sui titoli della Candidata non può che essere ampiamente
positivo. Nel complesso le sue pubblicazioni rivelano una piena maturità di studiosa.
PROCEDURA DI VALUTAZIONE COMPARATIVA PER IL RECLUTAMENTO DI n. 1
RICERCATORE PRESSO LA FACOLTA' DI LINGUE E LETTERATURE STRANIERE
DELL'UNIVERSITÀ' DI PISA -SETTORE SCIENTIFICO-DISCIPLINARE L-LIN 10
Giudizi collegiali
CANDIDATO: CAPUTO Nicoletta
La Commissione esprime a maggioranza il seguente giudizio collegiale.
La candidata ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Anglistica presso l’Università di Pisa nel
1997. E’ stata titolare di una Borsa post-dottorato in Lingua e Letteratura Inglese presso
l’Università di Firenze (1998-2000), di un assegno di ricerca presso l’Università di Siena (20062010), e di un Fellowship della Folger Shakespeare Library (2001). E’ stata relatrice a
numerosi convegni nazionali ed internazionali. E’ stata docente a contratto di "Lingua e
Traduzione Inglese" dal 2002 al 2003, 2004-2005, di "Lingua Inglese 2003 al 2004 e 20072008, di “Cultura Inglese”dal 2005 al 2009 e di “Letteratura Inglese I” dal 2006 al 2007 e dal
2009 al 2011 presso l’Università di Siena.
Le pubblicazioni della candidata vertono su tre principali aree di ricerca: la letteratura inglese
medioevale, con particolare riferimento al teatro; il teatro di Shakespeare e la sua afterlife
presso i grandi attori shakespeariani; la narrativa inglese contemporanea. Caratteristico di tale
produzione è il consapevole connubio fra l’attenta analisi testuale e la bene informata apertura
verso il relativo contesto storico. A tal fine, la candidata impiega con competenza e disinvoltura
strumenti critici sia di carattere formale (l’analisi linguistica, discorsiva e semiotica) sia di
derivazione neostoricista. La tesi di dottorato è diventata una monografia, Playing with Power
che attesta rigore critico e competenza storica. Angela Carter è oggetto di uno studio
monografico, ‘New Wine in old Bottles’, che in parte rielabora saggi precedenti e che esplora
con acutezza l’intertestualità in A Night at the Circus. I saggi sugli adattamenti shakespeariani
e sui loro interpreti nel Sette-Ottocento (in particolare, “Performing the Passions”) sono lavori
molto ben documentati e illuminanti.
22
La discussione dei titoli e delle pubblicazioni è risultata chiara e coerente, dimostrando piena
padronanza degli strumenti critici e teorici adottati. Complessivamente, si tratta di una
studiosa di solida formazione culturale e di comprovata capacità critica, che ha al suo attivo
una ricca produzione di saggi apparsi in parte presso case editrici e su riviste nazionali e
internazionali. Il giudizio è ottimo.
La Prof. Rizzardi dissente da tale giudizio per le motivazioni espresse nel suo giudizio
individuale.
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CANDIDATO: D’EZIO Marianna
La Commissione non ritiene valutabili, in quanto non pertinenti al SSD L-LIN10, le seguenti
pubblicazioni elencate nel verbale n.2: 'L'immagine dell'Indiano nell'Illuminismo americano'
(2002),
'Ruolo e immagine dell'Indiano americano negli scritti europei dalla scoperta del
continente al XVIII secolo' (2001), Grammatica Inglese A-Z, , 2010, 'George Catlin dalla tela
alla pagina scritta. Viaggi di un artista tra gli Indiani d'America', (2005).
La Candidata si è formata presso la Facoltà di Lettere di Roma 3 (Dottore di Ricerca, cultore
della materia) ma anche in sedi europee quali University College di Oxford e University College
di Cork. La candidata presenta un profilo scientifico da studiosa sicuramente competente del
Settecento inglese. La sua attività scientifica verte principalmente sulla narrativa e sulla
letteratura di viaggio. L’interessante monografia Hester Lynch Thrale Piozzi: A Taste for
Eccentricity (2010), che rielabora la sua tesi di dottorato, indaga la carriera sia letteraria che
esistenziale e sociale di Mrs Thrale, letterata e viaggiatrice al centro del mondo letterario e
culturale londinese fino alla sua caduta in disgrazia a seguito del matrimonio con Gabriele
Maria Piozzi. Si tratta di un lavoro ben organizzato e documentato che rappresenta un
contributo originale allo studio di una figura poco nota e sicuramente degna di rivalutazione.
Molti sono i saggi e gli articoli della Candidata che affrontano argomenti vari all’interno dello
stesso ambito di ricerca. Si evidenzia altresì una fine e sensibile attività nel campo della
traduzione e dell’indagine traduttologica. E’ degno di nota il respiro internazionale di parte
delle pubblicazioni della candidata. La Dottt.ssa D’Ezio presenta un profilo scientifico da
studiosa sicuramente competente del Settecento inglese, e anche se si tratta di un campo di
ricerca piuttosto ristretto, il giudizio complessivo è positivo.
CANDIDATO: GREENUP Sylvia
La Commissione non ritiene valutabile, in quanto non pertinente al SSD L-LIN10, la seguente
pubblicazione elencate nel verbale n.2: (1999) Charles Lock Eastlake Materials for a History of
Oil Painting (London, Longman-Brown-Green and Longmans, 1847); Pittura A Olio. Fonti e
materiali per una storia, traduzione Pierluigi Carofano e Sylvia Greenup, Neri Pozza Editore,
Vicenza, 1999.
La candidata ha conseguito il dottorato di ricerca presso l’Università di Pisa nel 2002. Presso lo
stesso ateneo ha ottenuto un assegno di ricerca (2001-2005) e svolto attività didattica come
professore a contratto nel settore L-LIN12 (2005-2007). La produzione scientifica della
Candidata rivela un solido percorso formativo, anche come allieva della Scuola Normale. Pur
non presentando monografie, la sua produzione scientifica dà prova di una studiosa raffinata,
curiosa e versatile. Alcuni articoli sulla “Material Culture” aprono un nuovo, promettente filone
di ricerca. Ben documentato e organizzato è il saggio introduttivo alla traduzione di A Narrative
of the Life of Mrs Charlotte Charke. Originale e intrigante è anche il saggio sull’attrice Anne
Bracegirdle (2007). Piuttosto intenso è il lavoro di traduzione letteraria ed accademica.
Il giudizio sulla Candidata é sicuramente positivo, sia per l’interesse degli argomenti trattati sia
per la finezza con cui è condotta la ricerca, indubbiamente suscettibile di sviluppi futuri.
CANDIDATO: GIAN PIETRO MARIA LEONARDI
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La Commissione non ritiene valutabili, in quanto non pertinenti al settore scientifico disciplinare
L-LIN/10 le pubblicazioni presentati dal Candidato ed elencate nel verbale n.2, tranne la tesi di
dottorato.
La tesi di dottorato, Coming Out: Queer (mis)adventures inside and outside the canon,
riguarda alcuni autori gay fra Ottocento e Novecento inglese, da Wilde a Forster e da Woolf a
Winterson. Si tratta di una panoramica storica, non sempre approfondita rispetto all’analisi dei
singoli autori e testi. Non presenta pubblicazioni riconducibili al SSD L-LIN/10, motivo per il
quale il giudizio non può essere positivo.
CANDIDATO: MARTINELLI Lawrence Sterne
La Commissione non ritiene valutabili, in quanto non pertinenti al SSD L-LIN10, le
pubblicazioni presentate dal Candidato ed elencate nel verbale n.2, con forse l’unica eccezione
della breve scheda “Jiri Trnka, lo Shakespeare dal tocco boemo” (2006).
La ricerca del Candidato Lawrence Thomas Martinelli rispecchia il percorso ricco e complesso,
sia dal punto di vista della formazione, - laurea in lingue, dottorato in arti visive e spettacolo-,
sia da quello della didattica della lingua inglese. Durante la discussione evidenzia interessi
prevalenti per gli studi di carattere filmografico e sul fumetto. L’esposizione, ancorché
competente, non riflette interessi specifici per la ricerca scientifica pertinente al settore di
riferimento.
Per assenza di significative pubblicazioni in L-LIN10, il giudizio non può essere positivo.
CANDIDATO: MOROSETTI Tiziana
La Commissione non ritiene valutabili, in quanto non pertinenti al SSD L-LIN10, le seguenti
pubblicazioni presentate dalla Candidata ed elencate nel verbale n.2, in quanto non è
specificabile l’apporto individuale: (2003), curatela con Marinella Rocca Longo, Metamorfosi
della città. Spazi urbani e forme di vita nella cultura occidentale, Roma, Edizioni Associate;
(2009), con Luke Seaber, "Introduzione", in Tiziana Morosetti e Luke Seaber (a cura di), La
danza della morte (The Dance of Death) di W.H. Auden, Roma, Edizioni Associate, 2009, 5-8;
(2006), W.H. Auden, La ricompensa (Paid on Both Sides), co-traduttore Luke Seaber, Bologna,
pubblicato in proprio; (2006), W.H. Auden, L'inseguimento (The Chase), co-traduttore Luke
Seaber, Bologna, (pubblicato in proprio); (2009), W.H. Auden, 'L'estate resiste', co-traduttore
Luke Seaber, Testo a fronte, 41:11, 96-105.
La candidata ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Letterature e culture dei paesi di lingua
inglese presso l’Università di Bologna nel 2006. E’ stata titolare di un assegno di ricerca nel
2008-2010 e di una borsa postdottorato nel 2006-2008. Ha partecipato come relatore ad
alcuni convegni, anche come organizzatrice.
La Candidata si è formata soprattutto nell’area della letteratura postcoloniale di lingua inglese
e, nello specifico, della produzione letteraria e teatrale anglo africana. La monografia
Introduzione al teatro nigeriano di lingua inglese (2009), rielaborazione della tesi di dottorato
dedicata a Femi Osofisan (2006), esplora con indubbia conoscenza e competenza un campo
culturale assai poco conosciuto in Italia. Anche Introduzione al teatro nigeriano, lavoro di
carattere più divulgativo ma di sicuro rilievo per far apprezzare in Italia autori poco o per nulla
conosciuti, dimostra una solida conoscenza dell’oggetto di studio e padronanza degli strumenti
critici. A tale interesse di ricerca si coniuga una costante attenzione anche per l'opera di W.H.
Auden, di cui sono evidenziate la forte componente ideologica e il profondo interesse per il
teatro soprattutto negli anni Trenta. Si vedano la curatela del volume del 2004 W. H. Auden.
25
Nel trentennale della scomparsa (1973-2003), e la breve monografia Memoria e utopia nel
teatro di W.H. Auden, 2009.
Buona la discussione dei titoli e delle pubblicazioni condotta con convinzione e puntuale
documentazione. La produzione scientifica complessiva della candidata mostra una sicura
attitudine alla ricerca. Il giudizio sulla Candidata è senz’altro positivo.
CANDIDATO: NATALI Ilaria
La Commissione non ritiene valutabili, in quanto non pertinenti al SSD L-LIN10, la seguente
pubblicazione presentata dalla Candidata ed elencata nel verbale n.2: ‘If I close my eyes for a
minute/ I would be Lost: Raymond Carver’s Cathedral”.
La Candidata si è formata all’Università di Firenze (Laurea 2003, Dottorato di Ricerca 2007,
Assegno di Ricerca dal 2008), in continuità temporale nel ricoprire tali ruoli. Ha trascorso
certificati periodi di studio all’estero. E’ vincitrice del “Premio Firenze University Press- Tesi di
Dottorato” (2008). E’ stata Professore a contratto di Letteratura Inglese presso l’Università di
Firenze (2007-2009) e ha partecipato a diversi convegni nazionali e internazionali in qualità di
relatore
Principale indirizzo di ricerca della Candidata è la critica genetica applicata alle opere di James
Joyce. Si tratta di uno sposalizio felice fra oggetto e metodo di indagine, dal momento che
l’evolversi nel tempo dei romanzi e delle poesie di Joyce dà vita ad una ricca variantistica che
permette una proficua investigazione filologica diacronica. La ricerca della candidata, condotta
spesso su manoscritti e altri documenti inediti, risulta originale e convincente. Alla poesia
joyciana la Candidata dedica la monografia “That submerged doughdoughty doubleface”:
‘Pomes Penyeach’ di James Joyce (2008) in cui attraverso una puntuale analisi dei testi
(sezioni 3-5) sempre in ottica genetica, giunge
a proporre convincenti e originali
interpretazioni non solo delle poesie ma anche sull’intero macrotesto. La monografia The UrPortrait: ‘Stephen Hero’ ed il processo di creazione artistica in ‘A Portrait of the Artist s a
Young Man’ (2008) tratta dalla sua Tesi di Dottorato, espone un’analisi competente, puntuale e
accurata dei primi due romanzi joyciani, sulla base metodologica della critica genetica. Nel
volume Demoni, fantasmi e apparizioni, la candidata traduce inquadra e commenta pagine di
DeFoe incentrate sul soprannaturale. Si tratta di un nuovo, promettente filone di ricerca per la
studiosa che deve tuttavia approfondire la sua conoscenza di testi di base sulla cultura del
Settecento per arrivare a risultati originali. Il colloquio conferma la buona preparazione teorica
e metodologica della Candidata. Il giudizio sulla Candidata è senz’altro positivo.
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CANDIDATO: PIETRICOLA Francesca
La candidata ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Lingue e Letterature presso l’Università
Tor Vergata, Roma, nel 2009. Non presenta pubblicazioni all’infuori della tesi di Dottorato su
l'Italia nei romanzi di Anne Radcliffe, uno studio piuttosto puntuale della rappresentazione
mediata dell’Italia da parte della romanziera. Non ha svolto attività didattica significativa in
ambito universitario.
Nel corso del colloquio, la Candidata ha presentato con chiarezza il suo curriculum di studi
Per assenza di pubblicazioni e altri titoli valutabili, il giudizio non può essere positivo.
CANDIDATO: TCHERNICHOVA Viktoria
La Commissione esprime a maggioranza il seguente giudizio collegiale.
La Commissione non ritiene valutabili le seguenti curatele elencate nel verbale n.2, in quanto
non è specificato l’apporto individuale: Roots and Beginnings. Proceedings of the 2nd AISLI
Conference, edited by Pietro Deandrea and Viktoria Tchernichova, Venezia, Cafoscarina, 2003;
The Great Work of Making Real: Salman Rushdie’s The Ground Beneath Her Feet, edited by
Elsa Linguanti and Viktoria Tchernichova, Pisa, ETS, 2003; Cultural Crossings: The Case
Studies of Canada and Italy, Proceedings of the International Conference, edited by
Biancamaria Rizzardi and Viktoria Tchernichova, Pisa, ETS. (certificato 2011).
La candidata ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Letterature Straniere Moderne presso
l’Università di Pisa nel 2004. E’ stata titolare di un assegno di ricerca presso la medesima
Università, 2004/2009 e di una borsa di studio, 2009-2011. E’ stata collaboratore didattico
presso le Università di Pisa e Venezia Cà Foscari, 2003-20011. Ha organizzato un gruppo di
ricerca internazionale, 2009-2010, ed ha partecipato ad alcuni convegni, anche come
organizzatrice.
Le sue ricerche sono prevalentemente di carattere formalistico, e si avvalgono di strumenti
analitici bene affilati, seppure non sempre aggiornatissimi, quali la retorica, la semiotica
testuale e la narratologia. Le pubblicazioni della candidata riflettono interessi di ricerca che
spaziano da William Blake a Robert Browning, dal postmoderno inglese (Byatt, D.M. Thomas),
alle letterature anglofone (canadese, australiana, indiana). I suoi lavori sono sostenuti da una
solida preparazione metodologica e da una buona conoscenza del lavoro dei critici che l’hanno
preceduta. I risultati più originali sono raggiunti nel volume Postmoderno e postcoloniale, che
in parte raccoglie e rielabora saggi precedenti, ma riesce tuttavia a trovare una sua unità di
impianto, a creare inediti collegamenti fra gli autori trattati e ad offrire nuove chiavi di lettura
per opere poco conosciute in Italia. Poteva essere utile una più ampia e approfondita
discussione teorica delle relazioni fra i due paradigmi culturali annunciati nel titolo del volume
(postmoderno, postcoloniale). Mancano riferimenti ai rispettivi contesti storico-culturali dei
quattro scrittori, che potevano aiutare nella ‘mappatura’ comparativa. La seconda monografia,
I personaggi di Robert Browning: discorso, verità e interpretazione (2011), esamina la
struttura testuale e paratestuale, i registri stilistici, le strategie monologiche e dialogiche e le
tecniche argomentative in alcune poesie dello scrittore vittoriano. Le pubblicazioni della
Dott.ssa Tchernichova, sia le monografie che i saggi, sono apparse prevalentemente presso
case editrici e riviste locali. Nella discussione dei titoli e delle pubblicazioni la candidata ha
esposto in modo brillante le premesse teoriche e metodologiche delle sue ricerche. Anche se
sarebbe auspicabile un maggiore approfondimento su un numero più limitato di oggetti di
studio, il giudizio sulla candidata è sicuramente positivo.
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La Prof. Rizzardi dissente da tale giudizio per le motivazioni espresse nel suo giudizio
individuale
PROCEDURA DI VALUTAZIONE COMPARATIVA PER IL RECLUTAMENTO DI n. 1 RICERCATORE
PRESSO LA FACOLTA' DI LINGUE E LETTERATURE STRANIERE DELL'UNIVERSITÀ' DI PISA SETTORE SCIENTIFICO-DISCIPLINARE L-LIN 10, BANDITA CON D.R. n. 1/15931 del 25/11/2010
(Bando R.10.01) PUBBLICATA SULLA GAZZETTA UFFICIALE n. 99 del 14/12/2010.
Relazione di minoranza del commissario, Prof. Biancamaria Rizzardi
La sottoscritta, Biancamaria Rizzardi, titolare della cattedra di Letteratura Inglese
presso l’Università di Pisa, in veste di Segretario della Commissione di concorso in oggetto,
ribadendo il suo profondo rammarico per il clima certamente non sereno in cui si sono svolte le
varie sedute concorsuali, intende con la presente relazione, esporre le ragioni che la
costringono a dissentire dal voto di maggioranza espresso dagli altri membri della
Commissione, Proff. Keir Elam e Mariangela Tempera, a favore del candidato dott.ssa Nicoletta
Caputo.
A tal fine espone nella seguente relazione le ragioni del suo dissenso tramite una
valutazione più analitica, rispetto a quella già espressa nel giudizio individuale sulla Candidata,
delle pubblicazioni e dei titoli della dott.ssa Nicoletta Caputo.
La sottoscritta precisa che la seguente valutazione è formulata comparativamente in base ai
criteri riguardanti la valutazione delle pubblicazioni e dei titoli che la Commissione all’unanimità
si è data all’unanimità nel corso della prima riunione (cfr. verbale n.1, 24.10.2011).
Valutazione delle pubblicazioni
I- punto a) originalità, innovatività e importanza di ciascuna pubblicazione scientifica,
La produzione scientifica di Nicoletta Caputo1 copre tre aree di ricerca. Per quel che riguarda il
Postmoderno, la candidata presenta alcuni saggi su Angela Carter, un saggio su Amis, e un
saggio sulla riscrittura della storia nel teatro contemporaneo femminile. Caputo presenta
inoltre saggi sugli interludi Tudor e, infine, sulla la stage history di Richard III di Shakespeare,
con particolare attenzione all’adattamento di Cibber e alle tecniche recitative di Garrick e Kean.
I. Per quel che riguarda le pubblicazioni sulla riscrittura della storia nel Postmoderno:
a) Dall’articolo (n.5) “Oltre i confini di genere: problematiche testuali e sessuali in
Nights at the Circus” (1992), si evince, prima di tutto, la mancanza di dimestichezza
con il contesto teorico. Pur occupandosi di un romanzo scritto da un’autrice postmoderna
(romanzo che è anche oggetto di studio della tesi di Laurea di Caputo), la candidata non fa
alcun riferimento, nemmeno in bibliografia, ai teorici del postmodernismo (se non per l’utilizzo
1
La numerazione delle pubblicazioni della Candidata si riferisce a quella riportata nell’elenco delle pubblicazioni che la dott.ssa Caputo ha inviato
contestualmente alla domanda.
28
della nozione di historiographic metafiction coniata da Hutcheon nel 1988). Risultano assenti i
nomi di Jameson, Lyotard, Hassan, oppure, se si vuole fare un riferimento alla critica italiana,
a Ceserani. Ed inoltre, già da questa prima pubblicazione si evince la propensione della
candidata ad avvalersi di recensioni e interviste rilasciate da Carter, elemento particolarmente
evidente nel saggio su Amis (n.6), la cui bibliografia è quasi interamente composta da
recensioni. La tesi di fondo del saggio – e, successivamente del volume (n.2) su Carter (2010),
“la letteratura come bricolage culturale” viene dedotta da Caputo da un’affermazione di Carter
stessa: “l’autrice stessa definisce la sua opera un bricolage intellettuale” (p. 32).
Dalla poca dimestichezza con il contesto teorico derivano affermazioni banali come quella di
p. 39: “sono specifici del postmodernismo la messa in questione di ogni certezza….”,
accompagnata da una citazione da Hutcheon. Questa affermazione è senz’altro vera, seppur di
sconcertante ovvietà. Forse poteva essere opportuno dimostrare – oltre a una seppur
marginale consapevolezza della “crisi della ragione” Ottocentesca – di essere a conoscenza del
decostruzionismo e delle teorie di Derrida. Sebbene sia indubbiamente una studiosa molto nota
in ambito postmoderno, il riferimento a Hutcheon non è sufficiente per sostenere la tesi di cui
sopra.
Un’altra caratteristica che si riscontra nelle pubblicazioni di Caputo è la contraddittorietà: la
candidata sostiene talvolta la portata universale di un fenomeno solo per tentare di
dimostrare, qualche rigo dopo, che quel fenomeno è invece specifico di un momento letterario.
Si noti ad esempio, a p. 43 Caputo menziona un “fenomeno tipico del romanzo, che Bachtin
definisce pluridiscorsività” (la pluridiscorsività verrà poi attribuita da Caputo anche agli interludi
Tudor!). Se si tratta di un fenomeno tipico del romanzo, in generale, non è possibile sostenere
che il contributo di Caputo sia particolarmente originale nel sostenere che la pluridiscorsività è
un tratto che caratterizza anche la produzione di Carter.
La candidata utilizza le nozioni bachtiniane “ibridazione” e “reciproca illuminazione” in modo
confuso (come utilizzerà il discorso sullo straniamento nel saggio su Amis) e esemplifica con
un’unica citazione da Carter la presenza di questi fenomeni nel romanzo. Peraltro, i brani tratti
dal romanzo di Carter (p. 44) sono rappresentativi del citazionismo che caratterizza il
postmoderno.
Infine, si riscontrano spesso affermazioni generiche e prive di valore conoscitivo come:
p. 33 “la donna è capace di far suo ogni tipo di discorso”, “l’esperienza femminile può inglobare
tutto”, p. 37 “le donne si dimostrano più ricettive degli uomini”, p. 40 “gli uomini non sono
portati ad agire disinteressatamente nei confronti delle donne, come farebbe un’altra donna”
(!?); p. 41 “viene sottolineata l’ottusità intellettuale di alcuni uomini”.
Così come è
imbarazzante la banalizzazione di “The Tyger” di Blake a p. 20. "Chiamando in causa Blake, la
Carter arricchisce il suo messaggio includendovi la consapevolezza del poeta che, benché il
sacrificio sia doloroso, è necessario accettarlo per raggiungere una visione più matura del
mondo". Ci si chiede a quale tipo di sacrificio ci si riferisca in “The Tyger” o se si tratti di un
altro testo.
Vale la pena soffermarci su un’altra caratteristica delle pubblicazioni di Caputo sul
postmoderno: la ripetitività. Caputo manterrà, fino al volume (n.2) su Carter (2010) la
stessa impostazione – occupandosi esclusivamente di riscrittura della storia da una
prospettiva femminile in Carter (con l’eccezione del saggio su Amis) e nel teatro femminile
contemporaneo. Purtroppo, il postmoderno come fenomeno letterario è di natura
essenzialmente citazionistica. Quasi tutti i romanzi postmoderni sono riscritture di qualcosa (di
biografie, di fatti storici…). Per non parlare dei contributi su questo argomento in ambito
teorico (alcuni di questi testi vengono riassunti da Caputo nel saggio “Her-story”, n.15). La
29
riscrittura è – in tal senso – un fenomeno del quale si è scritto e detto di tutto, a partire dagli
anni sessanta.
Ma non è solo questo a destare qualche preoccupazione: come si vedrà, nei saggi
Caputo ripete più volte lo stesso concetto. Quasi tutti i saggi ripetono cose già dette in altri
saggi, e il volume su Carter è esso stesso composto dai saggi precedentemente pubblicati.
Nello specifico, per quel che riguarda il saggio in oggetto, vengono ripetute più volte le stesse
idee: a) sul valore ideologico della intertestualità, p. 32, 34, 48, 52; b)- sui risvolti
maschilisti della tradizione, p. 32, 33, 52, 53.
2) Nel saggio (n.6) su Time’s Arrow e Other People di Martin Amis (“L’etica della forma” del
1995) si riscontra, di nuovo, e prima di tutto, qualche incertezza relativa al metodo. Nello
specifico si tratta delle affermazioni sulla nozione di “straniamento. A p. 75 Caputo sostiene
che “l’artificio dello straniamento è un principio universale della letteratura”. Si direbbe, in tal
senso, che non può essere un elemento – originale e innovativo – che caratterizza, come
invece Caputo pare voler dimostrare, la scrittura di Amis.
Analogamente a quanto si riscontra nel saggio del 1992 (vedi sopra, n. 5), anche questa volta
la chiave di lettura del romanzo pare essere offerta a Caputo da un’affermazione di Amis
stesso: “quest’ultima frase, che Martin Amis aveva già pubblicato sul New Statesman nel
1979, all’interno di una poesia che poi viene inclusa integralmente in Other People, ce ne
fornisce la chiave di lettura”, p. 91.
In merito all’originalità di questo contributo: il ribaltamento temporale e in generale la
sperimentazione stilistica in Time’s Arrow di Amis sono fenomeni talmente evidenti che non c’è
stato saggio (o recensione) su questo romanzo che non abbia affrontato l’argomento. E
soprattutto: una volta che Caputo tenta di entrare nel merito dei testi, si limita a fornire un
riassunto della trama. (vedi soprattutto pp. 77, 78, 81). Manca, in sintesi, una proposta
originale e innovativa di lettura.
Si riscontrano altresì alcune affermazioni imbarazzanti: p. 76 “basti guardare a questa
metafora per capire come, in una poesia di Craig Raine, un oggetto comune possa acquistare
una dimensione nuova e inconsueta”; p. 77 “Martin Amis può essere definito l’ultimo
esponente, nella letteratura inglese, dello straniamento come commento e critica sociale”; p.
88 “la metafora e la similitudine, due figure retoriche privilegiate tanto dai poeti marziani
quanto da Martin Amis”. La metafora è, peraltro, un tropo e non una figura retorica, mentre,
notoriamente, i poeti marziani utilizzano quasi esclusivamente la metafora e non la
similitudine; p. 91 “presentare la realtà da una prospettiva inusuale comporta, da parte del
lettore, uno sforzo continuo di decodifica”. Ma non è sempre così?
Per quel che riguarda la ripetitività: “ciò che è usuale e comune viene presentato in una luce
nuova e inconsueta”: compare a p. 75, 88, 91 (due volte), 95, 96. “La forma incarna il
messaggio”, p. 91, 99.
La bibliografia di questo saggio è quasi interamente composta da recensioni.
3) Il saggio (n.13) “Angela Carter e il realismo magico in Nights at the Circus” ( del
1997) denota ciò che ormai può essere considerata una caratteristica precipua della
produzione scientifica della Caputo: problemi relativi all’impostazione metodologica, la
tendenza a banalizzare o utilizzare in modo confuso nozioni estremamente complesse come, in
questo caso, il concetto di “realismo magico”. Da tenere presente, prima di tutto, che
l’autorevole volume di Zamora – punto di partenza imprescindibile sull’argomento, è del 1995.
30
Per quel che riguarda l’impostazione metodologica: Caputo parla di nuovo del “mettere in
questione modi familiari di guardare il mondo” – che nel saggio su Amis aveva attribuito al
fenomeno dello straniamento teorizzato dai formalisti russi. Solo che in questo caso attribuisce
questo procedimento al realismo magico, trattando i due fenomeni in modo sinonimico (come
del resto tratterà, nel volume del 2010 le nozioni di marxismo e socialismo).
Alcune ripetizioni: la frase “mettere in questione modi familiari di guardare il mondo e creare
nuove consapevolezze sulla realtà” è ripetuta varie volte nel saggio: 43, 46, 47, 51. Ed
ancora: la mescolanza di elementi realistici e fantastici – che secondo Caputo caratterizza il
realismo magico - è tipica di molti altri filoni letterari e non può dunque essere una
caratteristica del realismo magico in generale.
Per quel che riguarda il dialogo con la produzione critica: ricorre il riferimento a
un’intervista della Carter (di P. Bono, già pluricitata nel saggio n.5 di Caputo del 1992)
mentre mancano riferimenti a opere teoriche sul realismo magico. Per parlare di realismo
magico e per sostenere le proprie affermazioni, Caputo si riferisce meramente a un articolo
pubblicato sul “L’Indice dei libri del mese”. Questo fenomeno è particolarmente evidente a p.
44, quando Caputo propone una definizione del realismo magico” senza rimandare ad alcun
testo critico sull’argomento.
E tuttavia, a p. 46 si afferma che il romanzo di Carter non è proprio magico realista (come
Caputo aveva affermato all’inizio del saggio) perché si limita a “offrire una percezione
alternativa della realtà”. Anche in questo caso manca una chiara chiave di lettura del
testo, così come manca un’ipotesi critica innovativa e originale.
Per quel che riguarda la mancanza di originalità: la riscrittura della storia in Midnight’s
Children di Rushdie è un argomento – di nuovo – di imbarazzante ovvietà, dibattuto dalla
critica in modo spasmodico a partire dalla sua pubblicazione nel 1981. Per sostenere la sua
tesi, Caputo ricorre di nuovo a Linda Hutcheon. Tuttavia, Salman Rushdie non è uno scrittore
postmoderno e in tal senso, analizzare la sua opera solo in base alla nozione di historiographic
metafiction è decisamente limitativo.
Vale la pena notare alcune affermazioni imbarazzanti: p. 46 “gli europei conservano una certa
diffidenza verso l’inspiegabile”; “Nella società occidentale è fondamentale distinguere tra realtà
e fantasia”. Qual è dunque l’idea implicita in questa affermazione riguardo ai popoli extraoccidentali? E per quel che riguarda l’America Latina? ; p. 51, 57: “Gli autori postmoderni
mettono in risalto come si possa accedere al passato soltanto tramite testi …” Si ripropone qui
un problema già evidenziato nel saggio(n.5) di Caputo del 1992: il fenomeno del quale parla la
candidata viene affrontato già in epoca vittoriana da Jeremy Bentham, per non parlare di
quanto accade successivamente in filosofia (da Nietzsche via Wittgenstein sino a Gadamer e
Derrida). E anche se si decidesse di non richiedere alla candidata una competenza filosofica,
non pare ammissibile o perdonabile la mancanza di consapevolezza critica relativa al
decostruzionismo o al fenomeno del New Historicism.
A p. 52 si parla del “Valore sineddochico” di eventi personaggi e luoghi: un elemento che
caratterizza tutta la produzione artistica, in generale.
4) il saggio (n.7) “Storia/e al femminile” del 1996 – parti del quale ricompaiono nel
saggio del 2002 (n.16) di cui più avanti – è di nuovo focalizzato sulla riscrittura della
storia da una prospettiva femminile (sulla storiografia femminista in altre parole). Si tratta di
un saggio che dimostra in maniera evidente la debolezza critica nella formulazione di ipotesi
che superino il mero livello divulgativo; un saggio interamente composto da riassunti
(banalizzanti in alcuni casi) sia di alcuni testi teorici di estrema complessità, sia di una serie di
31
romanzi (sulla riscrittura della storia) scritti da donne. La mancanza di consapevolezza
teorica di Caputo è particolarmente evidente nel punto 2 del saggio, “i teorici del
postmodernismo”. In questa sezione, Caputo tenta di riassumere le posizioni critiche dei teorici
del postmodernismo riguardo alla riscrittura della storia iniziando la sua riflessione con
l’affermazione, in realtà valida per buona parte della letteratura di tutti i tempi : “il compito
del postmodernismo è snaturalizzare il naturale, mettere in questione modi familiari di
guardare il mondo” (p. 294). Nel saggio su Amis (n.6), Caputo investiva di questo compito la
tecnica dello straniamento, mentre, nel saggio sul realismo magico (n.13), era compito della
commistione tra reale e fantastico provocare un effetto del genere.
Caputo prosegue sostenendo che: “Per il postmodernismo la storia non è specchio fedele del
reale, ma prima di tutto testo”, (p. 295). Per questa affermazione valga quanto già sostenuto
sopra: sebbene non si possa, probabilmente, richiedere alla candidata un’adeguata conoscenza
del processo che ha portato alla problematizzazione della conoscenza storica (vedi Vico), o
della filosofia e delle teorie sul linguaggio ottocentesche, è imperdonabile in questo caso, se
vogliamo rimanere in ambito postmoderno, la mancanza di consapevolezza che la tesi
annunciata con nonchalance a p. 295 è da attribuire prima di tutto a Jacques Derrida (una
delle prime teorizzazioni risale alla conferenza tenuta dallo studioso il 27 gennaio del 1968).
E ancora, per sostenere la propria affermazione, Caputo cita (finalmente) Frederick Jameson,
anche se rimanda, in nota, a una parte del testo apparso nel 1984 su New Left Review e non
al volume stesso dello studioso, Postmodernism or the Cultural Logic of Late Capitalism
(1991).
Più avanti nel saggio Caputo si sofferma a spiegare la nozione di “historiographic meta fiction”
proposta da Linda Hutcheon nel 1988. In ambito accademico la nozione è talmente diffusa che
non occorre nemmeno menzionare il nome la studiosa canadese.
Cosa dire poi di affermazioni come quella a p. 297: “il linguaggio non è qualcosa di trasparente
e non rimanda direttamente alla cosa rappresentata”. L’affermazione in se è corretta,
ovviamente. Ciò che è inammissibile, dal punto di vista scientifico, è che questa affermazione
venga attribuita a una studiosa del postmoderno come Allison Lee, senza la consapevolezza da
parte di Caputo che si tratta di una questione ben più complessa, con radici, ottocento a parte,
in Saussure, Wittgenstein, Frege, Heidegger, Gadamer…. Derrida… .
Nel resto del saggio Caputo riassume le trame di alcuni romanzi scritti da autrici che
riscrivono da angolazioni diverse (ripetuto a p. 317, 322) la storia con intenti politici (p. 298,
299, 303). Il saggio non può certamente considerarsi innovativo o originale poiché non viene
presentata alcuna ipotesi, né è possibile evincere il suo contributo scientifico.
5) Il saggio (n.14) “The Infernal Desire Machines of Doctor Hoffman di Angela Carter”
del 1997 parla di un bricolage intellettuale a p. 378 (si veda il saggio del 1992) e propone una
lettura di stampo lacaniano del testo, certamente datata.
6) Nel saggio (n.13) del 2002 dal titolo “Angela Carter’s The Passions of New Eve” Caputo
torna a occuparsi di gender e sessualità e ripete a p. 139 una tesi già affermata altrove in
merito ai “Socially determined sexual stereotypes” (l’espressione o sinonimi della stessa
ricompaiono a p. 139, 140, 141, 143, 144, 147,148) cita di nuovo l’intervista di Paola Bono
(p. 143) per sostenere le proprie tesi sulla necessità dell’emancipazione femminile, e riflette
sulla radice patriarcale degli stereotipi sessuali (p. 143, 144, 148).
7) Il saggio (n. 15) “Her-story’: la storia (ri)scritta dalle donne nel teatro inglese
contemporaneo” del 2002 copre di nuovo l’argomento della riscrittura della storia al
32
femminile e ripropone interi paragrafi del saggio (n.7) “Storia/e al femminile” del 1996.
Infatti, p. 289 ripropone p. 285 del saggio “storia/e al femminile” ; p. 290 ripropone p. 299 del
saggio di cui sopra; p. 291 ripropone p. 299; p. 291 ripropone p. 300; p. 292 ripropone p.
300; p. 293 ripropone p. 301; p. 294 ripropone p. 302 . La tesi di Caputo sull’opportunità di
intendere la riscrittura “non come gioco ma come sfida politica” è asserita anche a p. 295 e
303 del saggio (n.7) della candidata del 1996. Anche la tesi di Caputo in merito alla “storia
alternativa” scritta dalle donne (qui a p. 295) è presente nel saggio del ’96.
Per quel che concerne la ripetitività dei contenuti: a p. 297, 302 e 308 Caputo sostiene che
quanto sta accadendo in scena ha una rilevanza anche per il presente (“è al nostro presente
che il dramma vuole parlare”). Questa tesi si ritrova anche nel volume sugli interludi Tudor
(n.1). In sostanza, la letteratura è, per la candidata, sempre un atto politico, che si
tratti degli interludi o del romanzo postmoderno.
Oltre a ripetere (296, 300) che “le donne demonizzate diventano capri espiatori per i malesseri
della società” Caputo sostiene anche che (p. 300) “il teatro collaborativo è una (sic) fenomeno
di grande rilievo nel panorama inglese contemporaneo”. Ma era così anche nel Seicento.
Anche qui, una volta che Caputo tenta di entrare nel merito dei testi, si limita a un generico
riassunto della trama.
8) Il volume (n.2) su Angela Carter del 2010 intitolato New Wine in Old Bottles raccoglie quasi interamente (escludendo i paragrafi sul marxismo e sulla psicanalisi nel II capitolo, pp.
53-64 e il capitolo V su Bachtin, pp. 103-122) – i saggi precedentemente pubblicati dalla
candidata. Nella nota 19 l’autrice sostiene di aver ampliato e rivisto i saggi su cui si basa il
volume, anche se un confronto con gli stessi dimostra il contrario.
a) L’introduzione al volume ripropone pp. 31-33 del saggio (n.5) su Carter del 1992.
È doveroso, in una valutazione comparativa nel cui bando si richiede alla commissione
giudicatrice di valutare l’originalità e l’innovatività delle pubblicazioni scientifiche dei candidati,
esplicitare quanto segue: mentre i problemi di tipo metodologico e bibliografico potevano
essere – seppur solo in parte – ammessi in un saggio del 1992, prodotto da una giovane
studiosa e tratto dalla sua Tesi di Laurea, ciò non è ammissibile in un volume pubblicato a
distanza di otto anni. La riscrittura della storia da parte di una prospettiva femminista e il gioco
con il passato in un romanzo postmoderno sono argomenti di sconcertante (e poco aggiornata)
ingenuità.
b) Il I capitolo, “La vicenda e il gioco narrativo”, oltre a enfatizzare il noto aspetto ludico
del postmodernismo, offre al lettore un riassunto del romanzo, ricorrendo a frasi come: p. 26
“come ha affermato l’autrice” ; p. 29 “come salta all’occhio”; p. 29 “esplicito riferimento”; p.
30 “esplicito”, “il continuo sottolineare” ; p. 31 “la narrazione si autodefinisce”; p. 32
“sembrano esplicitamente”.
Le “strategie argomentative” utilizzate da Caputo sono, quantomeno, singolari, e quasi agli
antipodi dei procedimenti che caratterizzano la ricerca scientifica che, notoriamente, si muove
dall’ignoto verso il noto. Qui, come nel resto del volume, la partenza dei singoli capitoli non è
un’ipotesi, bensì una conclusione per ammissione della stessa Caputo pacificamente assodata,
che si procede a illustrare o a ri-dimostrare per via di esempi. Si vedano l’incipit che
riguardano, rispettivamente, le suggestioni gotiche e il picaresco, i caratteri “carnevaleschi” del
testo, il realismo magico: “Nights at the Circus, come l’autrice stessa ha riconosciuto in
un’intervista, è un romanzo situabile a cavallo tra due generi narrativi. Il gotico e il picaresco”
33
(p. 67). “Nights at the Circus è stato spesso definito “a carnivalesque novel” ; “La narrativa di
Carter, per la compresenza di elementi realistici e meraviglioso, è stata spesso definita
magico-realista” (p. 105).
c) Il II capitolo “Femminismo, psicanalisi, marxismo” si apre in modo analogo: “è
doveroso enfatizzare come Carter sia sempre stata esplicita”, “l’autrice riteneva” (p. 39), “per
sua stessa ammissione”. Il modo in cui Caputo utilizza le nozioni di marxismo e socialismo è
assai discutibile (i due termini non sono sinonimici, come invece pare voler intendere Caputo a
p. 59 e 63) e, ancora una volta, non supera il livello divulgativo, limitandosi a utilizzare
sintagmi come “capitalismo imprenditoriale”, “concezione materialistica della storia” (60),
“materialismo storico” (62).
d) Il III capitolo, “Tra gotico e picaresco” ripropone il punto 2 del saggio (n.5) pubblicato
da Caputo nel 1992. Inizia ancora una volta con “come l’autrice stessa ha riconosciuto in
un’intervista” (p. 67). Inoltre, p. 67 corrisponde a p. 33 del saggio del 1992; p. 69 corrisponde
a p. 34; p. 70 corrisponde a p. 34; p. 74 corrisponde a p. 36.
e) Il IV capitolo, “Il gioco intertestuale” (da notare ancora una volta l’enfasi sull’aspetto
ludico del postmoderno”, già evidenziato nel titolo del I capitolo (“il gioco narrativo”),
ripropone il punto 4 e il punto 5 del saggio del 1992. A p. 82 si parla, come nel saggio del
1992 del fatto che “sono specifici del postmodernismo la messa in questione di ogni certezza”.
Su questo punto si è riflettuto a lungo nella presente relazione. E tuttavia, la ripetizione da
parte della candidata della stessa tesi a distanza di anni, e la tranquillità con cui annuncia
questa tesi in un volume del 2010 dimostrano non tanto la già ampiamente dimostrata
mancanza di innovatività nelle pubblicazioni di Caputo quanto un fatto ben più grave:
l’incapacità di aggiornarsi, a distanza di otto anni e proporre una tesi diversa.
f) il V capitolo, “Bachtin e il carnevale” (la nozione di “carnevale” verrà applicata da Caputo
anche agli interludi Tudor”). Il capitolo si apre con “Night’s at the Circus è stato spesso definito
un carnivalesque novel”. (p. 105). Poi Caputo prosegue con, a p. 108, “viene continuamente
messo in evidenza”, p. 117 “come afferma Carter”. Oltre a utilizzare spesso recensioni per
sostenere la propria tesi (p. 121) Caputo ripropone a p. 106 la pagina 33 del saggio del 1992.
La letteratura postmoderna è, notoriamente, un fenomeno essenzialmente citazionistico. La
raccolta di dati da parte di Caputo non consente dunque di evincere alcun contributo
innovativo.
g) Il VI Capitolo, “Il realismo magico” è un collage di parti già presenti nel discutibile
saggio (n.7) sul realismo magico pubblicato da Caputo del 1996 (ricorre ancora l’espressione
“come nota l’autore”, p. 126).
È vero che, in questo caso, e a differenza di quanto si è rilevato a proposito del saggio del
1996, Caputo cita in nota e in bibliografia alcuni testi teorici sul realismo magico. Tuttavia, il
modo in cui Caputo si riferisce a questi testi fa pensare a un mero aggiornamento bibliografico
e non a una maturazione critica da parte della candidata. Se così fosse stato, il contenuto
stesso di questo capitolo sarebbe stato diverso dal saggio del 1996. E ancora, a pagina 135 la
candidata ammette (nota 28) che “dagli anni sessanta in poi si sono moltiplicate le voci che
chiamano in causa la pretesa oggettività della Storia”. Ora, si è già detto che questo fenomeno
è antico e senz’altro precede la trattazione postmoderna del problema. Al contempo, nel 2010,
la “riscrittura della storia in ambito postmoderno” si configura come un argomento assai noto,
prevedibile, inflazionato, banale.
34
È inoltre assai grave la banalizzazione del testo dell’autore anglo-indiano Salman Rushdie (che
non è un autore postmoderno). Il confronto, a p. 136, tra Carter e Rushdie, non sta in tal
senso in piedi.
A pp. 136-137 (come aveva già fatto in precedenza) Caputo sostiene che: “nelle opere magicorealiste eventi, personaggi e luoghi assumono, spesso, un valore ‘sineddochico’; si assiste cioè
a una vera espansione dal particolare al generale, ed eventi, personaggi e luoghi diventano
sineddochi [sic] di un qualcosa più vasto di cui fanno parte”. Che dire di Ulisse, Itaca, Don
Chisciotte, la Mancha, Emma Bovary, Yonville? Nello sforzo di individuare i tratti distintivi del
realismo magico, si indicano come caratterizzanti fenomeni che sono, in realtà comuni al
discorso artistico di ogni tempo. (cfr. le osservazioni al saggio del 1992 e del saggio su Amis).
Inoltre la pagine 138 del volume corrisponde a p. 53 del saggio del 1992; la pagina 147
corrisponde a p. 57 del saggio del 1996 sul realismo magico.
h) Nell’Envoi finale, si rileva che a p. 152 vengono ripetuti gli stessi concetti annunciati a p.
16 del volume; p. 152 corrisponde a p. 22 del saggio del 1992.
Un discorso a parte merita la bibliografia:
All’interno dei capitoli Caputo fa riferimento a testi critici assai datati. In bibliografia
inserisce invece opere più recenti, le quali però non vengono citate – o citate al massimo con
un riferimento in nota – nel corpo del testo. I testi recenti – si vedano ad esempio Matus,
Cornier, Moreira, Munford, Nicolosi, Peterson, Robinson, Roemer, Stoddart, Turner, Schmidt –
non sembrano essere stati elaborati dalla coscienza critica di Caputo: sono sì in bibliografia,
ma non nell’”analisi” del testo.
Macroscopica e imperdonabile, dal punto di vista scientifico è la mancanza di riferimenti
(se non fugacemente in nota, e limitati alla mera menzione del titolo delle opere) ai teorici del
postmoderno (di McHale, ad esempio, cita un saggio comparso in Poetics Today e non i volumi
critici) e la mancanza di consapevolezza critica dell’esistenza del decostruzionismo. Questo vale
per il riferimento a Bernardelli, Jameson, Lyotard, Calinescu, Ceserani, Genette, Connor,
Currie, Danov D’Haen, Durix, Eco, Erickson, Tiffin, Grant, Luzio, Bowers, Spivak, White, Hock,
Iverson, Edwards, Lee, Connor, Allen.
Un altro elemento da notare è che sugli stessi argomenti affrontati nei vari capitoli del
libro (il gotico, l’intertestualità, il femminismo…) esistono da tempo numerosi contributi: Altini,
Antonini, Blodgett, Boehm, Botescu, Bristow, Butler, Caroll, Denniss ecc. Non è dunque
possibile valutare il contributo di Caputo, che si limita a riportare tesi già annunciate altrove.
Alcuni esempi: le tesi su Bachtin sono reperibili in un saggio di Dennis, i riferimenti al mito in
Carter sono stati già trattati da Altini, sulla critica alle istituzioni patriarcali, si veda Hardin, sul
femminismo in Carter (per citare solo due contributi), si vedano Cornier e Moreira, sul gotico in
Carter hanno lavorato Munford, Pi-Tai Peng, sulla riscrittura della tradizione, Notaro,
sull’identità, Turner.
In conclusione: nel volumetto su Carter, il lavoro di contestualizzazione, che pure occupa uno
spazio ben più ampio di quello concesso al testo (riassunto, più che analizzato da Caputo),
comprime in poche pagine fenomeni straordinariamente complessi ed eterogenei, che rischiano
di ridursi a una collazione un po’ generica di definizioni semplicistiche e formule risapute. Con
alcune sconcertanti ingenuità. Come quando, a pp. 67-68 vengono disinvoltamente mescolati e
sovrapposti (per comodità di analisi?) spunti e suggestioni che appartengono in realtà a modi
narrativi notevolmente diversi: il fantasy, il gotico, il fantastico, il romance. Difficile parlare
di originalità per un lavoro così concepito: un lavoro che ha pertanto un carattere
35
divulgativo e riassuntivo, più che originale e innovativo, né si può considerare un
vero e proprio contributo alla comunità scientifica.
II. Per quel che riguarda le pubblicazioni sugli interludi Tudor:
1) “Playing With Power”: Gli interludi Tudor e i percorsi della Riforma, monografia
(n.1) pubblicata da Caputo nel 1998 e basata integralmente sulla sua Tesi di Dottorato che la
Candidata presenta tra le sue pubblicazioni per la valutazione comparativa. La tesi e il volume
servono da matrice per molti saggi che verranno poi pubblicati dalla candidata nel corso degli
anni. Il libro affronta interludi come The Pardoner and the Frere, The Foure PP, King Johan,
Lusty Juventus, Respublica, Enough is as Good as a Feast.
Prima di rilevare la quantità del materiale ri-pubblicato da Caputo, vale la pena notare alcune
ripetizioni all’interno del testo, che possono essere raggruppate nelle seguenti sezioni:
L’IMPATTO SULLA REALTA’
p. 3 “l’interludio non solo ha fedelmente rispecchiato i mutamenti di un periodo tanto
travagliato … ma ha anche contribuito a innescare tali mutamenti”; p. 6 “questo teatro non
deve più essere visto esclusivamente come specchio passivo della realtà… si deve guardare a
come esso interviene materialmente sulla realtà”; p. 6 “le pratiche culturali non si
limiterebbero perciò a riflettere l’ordine sociale ma sarebbero fondamentali nella sua
costituzione; p. 7 “le rappresentazioni rispecchiano sì l’ambito storico-politico … ma allo stesso
tempo lo vogliono modificare”; p. 7 “gli interludi vogliono intervenire materialmente sulla
realtà”; p. 8 “la rappresentazione si proietta verso l’esterno per agire materialmente sulla
realtà”; p. 9 “agire concretamente sul reale”; p. 80 “per avere un impatto sulla realtà”; p. 217
“agire materialmente sulla realtà”; p. 227 “gli interludi vogliono agire materialmente sulla
realtà circostante plasmando le coscienze dei loro interlocutori, espliciti e impliciti” ; p. 230 “il
teatro del periodo della Riforma non vuole soltanto rappresentare la realtà (che è
estremamente complessa e contraddittoria) ma vuole cambiarla”.
IL CONSENSO
p. 4 “un teatro di persuasione che mira a plasmare dei buoni sudditi”; “Un teatro che possa
modellare le coscienze e muovere l’opinione pubblica”; “Gli interludi non mirano soltanto a
creare un consenso intorno alla posizione ufficiale… “; p. 13 “plasmare dei buoni sudditi” ; p.
19 “plasmare le coscienze” ; p. 21 “plasmandone le coscienze”; p. 29 “strumento per
raggiungere il consenso e creare dei buoni sudditi”; p. 33 “per assicurarsi il consenso”; p. 80
“strumento per forgiare l’opinione pubblica”; p. 85 “plasmare dei buoni sudditi”; p. 133
“funzionale alla creazione di un consenso”; p. 228 plasmare le coscienze.
LA LETTERATURA E I SIGNIFICATI NON MANIFESTI
p. 11 “il pubblico degli interludi è portato a penetrare al di sotto del significato manifesto: ogni
cosa è per lui segno di qualcos’altro”; p. 39 “negli interludi Tudor tutto è ambiguo e
ambivalente”; p. 227 “come si è visto, il messaggio espresso in ogni singolo interludio non è
mai unico” ; p. 228 “la Riforma non può essere studiata come un fenomeno unico e univoco”;
“modalità verbale imperativa e atti illocutori direttivi” p. 61, 72, 121, 141
INGENUITA’?
36
p. 45 il rapporto tra testo e contesto è tipico del teatro Tudor; p. 57 da una tale messa in
risalto sembra far capolino il messaggio; p. 67 si tratta di una lista davvero spassosa ; p. 94 il
Vice sciorina proverbi
L’EVIDENTE
p. 91 “è estremamente evidente”; p. 95 “non lasciano dubbi”; p. 98 “l’intenzionalità è evidente
ovunque”; p. 106 “l’esplicita associazione”; p. 114 “l’invito esplicito”; p. 115 “altrettanto chiaro
è..”; p. 116 “è evidente”; p. 122 “l’intenzionalità performativa è estremamente evidente”; p.
127 “strategie persuasive che non lasciano dubbi”; p. 134 “l’aver esplicitamente offerto …”; p.
136 “porsi esplicitamente, diventa esplicitamente”; p. 137 “la lezione morale è evidente , si
trasforma esplicitamente”; p. 141 “non lascia dubbi”; p. 153 “diventa esplicitamente”; p. 160
“in modo esplicito”; p. 198 “è incontrovertibile”; p. 199 “una chiara finalità persuasiva”; p. 200
“ l’intenzionalità didattica viene esplicitamente proposta”; p. 201 la finalità didattica di quanto
proposto dal play non potrebbe essere più esplicita”.
L’IDEOLOGIA
istanze ideologiche e legame tra teatro e potere: 3, 4, 6, 12 (due volte),13.
La candidata omette di chiarire perché l’ambiguità e non la chiarezza sarebbe uno strumento
migliore o più adeguato per plasmare le coscienze dei buoni sudditi, ovvero per consentire al
teatro di svolgere la propria funzione perlocutiva-didascalica.
In conclusione e sintesi, la Candidata quando lavora su opere eteroeve, usa fonti e
documenti di seconda mano, citandoli da repertori o persino da studi critici esistenti. Per
esempio, nello studio “Playing with Power”. Gli interludi Tudor e i percorsi della Riforma varie
citazioni dai sermoni sono tratte da J.W. Blench, Preaching in England in the Late Fifteenth and
Sixteenth Centuries (Oxford, 1964). La bibliografia critica non risulta particolarmente
aggiornata o ben gestita. Nelle “Conclusioni” al suddetto saggio sugli interludi Tudor,
pubblicato nel 1998, la studiosa, discutendo la riforma inglese, accenna succintamente al
dibattito storiografico “di questi ultimi anni” (p. 227) facendo riferimento a tre studi usciti
rispettivamente nel 1964, 1972 e 1993.
Generica e vaga appare anche la definizione dei contesti. Sempre nelle suddette “Conclusioni”,
quando ci si aspetterebbe che la studiosa offrisse il succo ultimo del suo percorso
interpretativo, essa definisce la Riforma protestante, ovvero il contesto fondamentale delle
opere studiate, come “una serie di scelte e decisioni particolari contingenti dettate da situazioni
particolari” (p. 228), delegando, in modo altrettanto indistinto e non risolutivo, ad altro
studioso e a una nota a piè di pagina la spiegazione di tale complessità: “Per un’interessante
panoramica sulla storiografia della Riforma, cfr. M. Todd, ed., Reformation in Revolution.
Politics in Early Modern English, London & New York, 1995)”.
2) Il saggio (n.8) “Which Play Was of a King How He Should Rule His Realm: Tudor
Interludes Advising the Ruler” pubblicato nel 2005 presso la Hungarian Journal of English
and American Studies si apre con l’affermazione “Tudor interludes do not just reflect their
contexts, but endeavour to intervene materially on social reality in order to change it” (p. 7).
Il saggio ripropone gran parte del materiale già presente nel libro (n.1), e relativo in particular
modo a King Johan, a Respublica e ai money plays. Inoltre, p. 7 di questo saggio riporta
informazioni presenti a p. 3, 19 e 20 del volume sui Tudor; p. 10 e 11 riporta informazioni
tratte da p. 61, 72, 115 e 141 del libro; p. 12 e 13 (su King Johan) riporta il testo di p. 82, 89,
109 e 121 del libro; p. 14 propone brani tratti da p. 81 e 118 del libro; p. 15 propone brani
tratti da p. 92 del libro; p. 16 (su King Johan e Respublica) propone brani tratti da p. 109,
37
114, 122, 161 del libro; p. 17 propone brani tratti da p. 179 del libro ; p. 18 propone brani
tratti da p. 164; p. 19 propone brani tratti da p. 188 del libro; i riferimenti a Gordobuck
torneranno nel Manuale di storia della letteratura; p. 25 è composta da brani tratti da p. 27,
30, 31, 32, 33 del libro; p. 26 è composta da brani tratti da p. 4, 13, 27, 33, 34, 36, del libro.
3) Il saggio (n.17) “A Deformed Christianity: Ethical Transubstantiation in English
Reformation Plays” pubblicato in The Poetics of Transubstantiation a cura di Enrico
Giaccherini e Douglas Burnham (Ashgate 2005) verte, di nuovo, su Respublica, Lusty Juventus,
alcuni money plays e ripropone il materiale che costituisce i capitoli IV e VI del libro. Infatti,
p. 63 propone brani tratti da p. 109-110 del libro sugli interludi Tudor; p. 64 è legata a p. 127128 del libro; p. 66 è legata a p. 132 e 133 del libro; p. 67 è legata a p. 194 del libro; All for
Money (p. 71) viene trattato a p. 194 del libro.
4) Il saggio (n.20) del 2008, “Entertainers ‘on the Vagabond Fringe’: Jugglers in Tudor
and Stuart England”, inserito nel volume curato da Pugliatti e Serpieri English Renaissance
Scenes (Peter Lang 2008) consiste in un riassunto di informazioni storiche sui Jugglers.
5) Il saggio (n.21) “The Defence of Religious Orthodoxy in John Heywood’s The
Pardoner and the Frere” pubblicato nel 2008 in The Yearbook of English Studies, è una
traduzione di pp. 43-64 del libro sui Tudor.
6) Nel Manuale di letteratura e cultura inglese, (n.24 e 25) a cura di Elam e Crisafulli
(2009) Caputo ritorna ancora sugli interludi e offre un panorama anche sulla prosa del
Cinquecento. In particolare, p. 24 propone brani tratti da p. 3 del libro; p. 25 ripropone brani
tratti da p. 1 e p. 3 del libro; p. 25: sul Vice vedi anche il saggio n. 23; p. 26 ripropone brani
tratti da p. 2-4 e 20 del libro. Inoltre, le informazioni a p. 27 su Heywood sono identiche a
quelle reperibili nel libro; p. 28 propone brani tratti da p. 121 e 160 del libro. Identici i
riferimenti a Gordobuck (vedi saggio n. 8).
7) Il saggio (n.23) “La figura del Vice negli interludi Tudor e la percezione carnevalesca
del mondo” (accettato nel 2010 per la pubblicazione all’interno di un volume a cura di Susan
Payne e Valeria Pellis) apre con il brano sul Vice inserito nel Manuale a cura di Elam e
Crisafulli. A p. 2 del saggio ritorna un paragrafo tratto da p. 3 del libro; a p. 3 del saggio
ritornano informazioni tratte da p. 10-11 del libro.
III. Sugli adattamenti di Richard III
1) Il saggio (n.18) “I can add colours to the chameleon: King Richard III’s
Metamorphic History” (inserito nel volume Proteus, The Language of Metamorphosis a cura
di Carla Dente, Ashgate 2005) esamina i cambiamenti cui è stato sottoposto il personaggio –
rispetto alle fonti shakespeariane – nei drammi di Shakespeare, nell’adattamento di Cibber e
nelle interpretazioni di Garrick e Kean. Sulla stage history di Richard III Caputo tornerà nei
saggi di cui sotto.
2) Il saggio (n.21) “Edmund Kean or ‘the Romantic Actor’” (In The Languages of
Performance in British Romanticism, a cura di Lilla Maria Crisafulli e Cecilia Pietropoli, Peter
Lang 2008) si focalizza sulla tecnica recitativa di Edmund Kean, con particolare riferimento a
Richard III, pur non andando oltre il livello aneddotico.
3) Il saggio (n.22) “Like the formal Vice, Iniquity’: Riccardo III tra Shakespeare e
Cibber” (in The Character Unbound, Bibliotheca Aretina, 2010) si focalizza di nuovo sul
confronto tra il Riccardo III di Shakespeare e quello di Cibber, riportando spesso tesi già
presentate nel saggio del 2005: In particolare, p. 20 “il testo è perfetto per una star” – p. 253
38
del saggio del 2005; p. 21 riprende la tesi sulla capacità di Riccardo a simulare e dissimulare,
p. 243 del saggio del 2005; p. 24 la trattazione del Vice richiama il saggio sul Vice degli
interludi Tudor (n.23); p. 27 cfr. tesi già presentate a pp. 252 e 253 del saggio del 2005, sulla
semplificazione e tipizzazione di Riccardo; p. 33 cfr. p. 252 del saggio del 2005 sul fatto che il
Riccardo di Cibber è più eroico.
4) Il saggio (n.10) “Performing the Passions: David Garrick and Edmund Kean in King
Richard III” pubblicato presso Assaph nel 2010, ritorna su argomenti affrontati nei saggi n. 1
e n. 2. L’articolo di Caputo si inserisce nel filone di studi relativo agli “accounts of
performances” di King Richard III e mira a dimostrare come la tecnica performativa di Garrick
(nel Settecento) e Kean (nell’Ottocento) e il modo in cui gestivano le passioni fossero
sostanzialmente diversi poiché rispecchiavano l’estetica dominante del periodo al quale
appartenevano ed erano legati al contesto in cui operavano. In particolare, pp. 83-84 riportano
informazioni raccolte da pp. 132-134 del saggio del 2008 su Kean; p. 85 riporta brani tratti da
p. 127 del saggio su Kean; p. 86 è legata a pp. 128-129 del saggio; p. 87-88 a p. 136-137 del
saggio; p. 89 a pp. 252-253 del saggio.
5) Il saggio (n.11) “Looking for Richard III in Romantic Times: Thomas Bridgman’s and
William Charles Macready’s abortive stage adaptations” accettato per la pubblicazione
presso la rivista Theatre Survey evidenzia – anche alla luce dei saggi di cui sopra – la
predisposizione di Caputo ad affrontare questioni letterarie da un punto di vista
prevalentemente storico. La prima parte di questo saggio (pp. 1-3) riassume alcune
informazioni già inserite nei saggi di cui sopra. Caputo stessa afferma a p. 3: “Up to this point
there is little that is new”. Il resto del saggio consiste nella storia degli adattamenti di Riccardo
III da parte di Bridgman e Macready e nel confronto tra questi e la versione di Cibber.
In conclusione, Caputo si presenta, sostanzialmente, come una divulgatrice della
storia del teatro. La sua impostazione di matrice storica (ideologizzata, nel caso delle
pubblicazioni sul romanzo contemporaneo) e la predisposizione a lavorare
esclusivamente sul contesto sono evidenti sia nei contributi sugli interludi Tudor che
nei saggi sugli adattamenti di Richard III.
È difficile tuttavia parlare di originalità e innovatività o di un contributo alla comunità
scientifica.
La candidata presenta, inoltre, una serie di recensioni pubblicate anche all’estero, voci
enciclopediche e ricognizioni bibliografiche, che nel loro complesso, si evidenziano più per
quantità che non per qualità di prodotti di ricerca.
Per ciò che riguarda i numerosi interventi dedicati ai grandi interpreti della scena
shakespeariana, più che mai assente è qui l’originalità: si tratta di lavori basati su altrui
testimonianze (spesso testimonianze di testimonianze), affidate a documenti già editi
(copiosamente citati nel testo), che procedono attraverso una minuta e diligente collazione di
fonti, e raramente travalicano i confini di una vivace aneddotica. Neanche il lodevole sforzo di
tracciare, attraverso lo ricostruzione storica delle interpretazioni di Garrick, Kean, ecc., una
storia delle fluttuazioni del gusto e della fortuna del drammaturgo (la Shakespeare
“romantico”, “neo-classico”, ecc.) può dirsi nuovo; spunti in questo senso si trovano già, per
limitarsi all’Italia, nelle introduzioni di Gabriele Baldini alle sue versioni shakespeariane, più di
mezzo secolo fa.
In conclusione, nella produzione critica della dott.ssa Caputo si registra una notevole
ripetitività sia per quanto riguarda gli ambiti di studio, sia per la ricorrenza, all’interno dei vari
saggi, di tematiche e modalità di approccio. Frequente è anche la ripresa di proprie opere
39
secondo una fenomenologia che va dall’autocitazione più o meno estesa alla riproposizione
integrale di articoli già pubblicati, con impercettibili modifiche e insufficienti aggiornamenti
bibliografici. L’atteggiamento critico di della Candidata è, di massima, meramente informativo,
quasi mai capace di approfondimenti interpretativi o prospettive di ricerca originali. Spesso si
risolve in un descrittivismo meccanico che affida il nocciolo dell’argomentazione a citazioni di
studiosi o critici più o meno autorevoli (ad es. il Bachtin continuamente evocato nel saggio sul
Vice nel volume a cura di Payne e Pellis). Oppure l’argomentazione stessa viene acriticamente
desunta da dichiarazioni di poetica degli autori studiati, delle quali i saggi critici finiscono per
costituire una tautologica e passiva conferma.
Il lavoro interpretativo sui testi non va oltre una scolastica alternanza di riassunti di intrecci e
informazioni di carattere manualistico o divulgativo sui contesti storico-culturali. Quando
Caputo si discosta dalla chiosa alle opinioni dell’autore o dalla ripresa ed espansione di giudizi
critici altrui, gli esiti conoscitivi dei suoi saggi sono solitamente costituiti da generalizzazioni
epocali o culturali che non colgono la specificità dei testi studiati, ma riducono i contenuti delle
differenti opere a clichés e stereotipi tipici di un certo periodo o un certo movimento (ad
esempio, l’osservazione che
Angela Carter sia una scrittrice tipicamente postmoderna
dovrebbe appartenere all’ambito delle premesse piuttosto che a quello delle risultanze dell’atto
interpretativo).
II- punto c): rilevanza scientifica della collocazione editoriale di ciascuna pubblicazione e sua
diffusione all'interno della comunità scientifica.
La monografia di Nicoletta Caputo. 'New Wine in Old Bottles': il bricolage intellettuale di Angela
Carter in "Nights at the Circus" (n.2), è stata pubblicata dalla casa editrice di Arezzo,
Bibliotheca Aretina la cui scheda editoriale non pare richiedere una prevalutazione alla
pubblicazione quale il refertaggio anonimo. Da quanto appare alla stampa, il volume non é
neppure inserito in una delle sole due collane edite dalla stessa casa editrice (Quaderni di
Traduzione e Saggi). Inoltre alla data di pubblicazione della monografia, 2010, erano ben noti i
criteri per la valutazione dei prodotti della ricerca (cfr. CIVR Comitato di Indirizzo per la
valutazione della ricerca- Linee guida per la Valutazione della Ricerca).
Difficile la valutazione della collana in cui è inserito il primo volume di Nicoletta Caputo,
'Playing with Power': gli interludi Tudor e i percorsi della Riforma. Napoli: Liguori, 1998, anche
perché non si evince il Direttore della collana stessa né di un comitato scientifico. Ad oggi tale
collana, non compare tra le collane edite da Liguori.
Altri saggi sono stati pubblicati presso case editrici locali che non paiono dotate dei criteri
indicati anche dall’ANVUR: si tratta di Tipolitografica Editrice di Trento TEMI (n.13), la casa
editrice Palomar di Bari (15), Biblotheca Aretina di Arezzo.
III- dal verbale n.1, del 24.10.2011 riguardanti la valutazione delle pubblicazioni e dei titoli
approvato dalla Commissione all’unanimità nel corso della prima riunione: “la Commissione
giudicatrice valuterà altresì la consistenza complessiva della produzione scientifica
del candidato, la sua intensità anche in rapporto alla durata temporale e alla
continuità della sua attività scientifica”, come previsto dal DM 89/2009.
A tale riguardo si rileva che dalla data della prima pubblicazione della candidata sono trascorsi
venti anni. Durante questo lungo lasso di tempo, si nota nelle pubblicazioni della dott.ssa
Caputo una notevole discontinuità della sua attività scientifica. Al saggio n. 5 del ’92, seguono
40
due anni privi di pubblicazioni. Tra il ’95 e il ‘97 risalgono quattro articoli (6,7,13 e14) tutti
attinenti a problemi di gender e riscrittura della storia ( in Carter, nel teatro delle donne e in
Amis).
Dopo il 1998, anno di pubblicazione della monografia (che ricalca interamente la tesi di
dottorato dell’anno precedente) seguono, a distanza di tre anni, un saggio nel 2001 (15) e uno
nel 2002 (16). Tra due anni privi di pubblicazioni (2003 e 2004) e altri due altrettanto sguarniti
(2006 e 2007) si datano quattro articoli (8,17,18 e 19 non ancora pubblicato). La consistenza
scientifica della candidata aumenta nel biennio 2008-2009 (20,21,9,24,25) per conoscere un
notevole incremento tra il 2010 e il 2011 in cui la candidata pubblica una monografia (2)
interamente basata su saggi pubblicati in precedenza, due articoli (10,22) e tre saggi che sono
in corso di pubblicazione (11,12,23).
Valutazione dei titoli.
I- Visto il criterio esplicitato dal verbale n.1, del 24.10.2011 riguardanti la valutazione delle
pubblicazioni e dei titoli approvato dalla Commissione all’unanimità nel corso della prima
riunione ed in particolare :
“Ai sensi dell'art. 1, comma 7, della legge 4 novembre 2005, n.230 costituiranno titoli
preferenziali il dottorato di ricerca, le attività svolte in qualità di assegnisti e contrattisti
ai sensi dell'articolo 51, comma 6, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, di borsisti
postdottorato ai sensi della legge 30 novembre 1989, n. 398, in qualità di contrattisti ai
sensi dello stesso art. 1 comma 14 della legge 4 novembre 2005, n.230, nonché la
continuità temporale nel ricoprire tali ruoli”,
si rileva che la dott.ssa Caputo ha concluso il post-dottorato nel dicembre 2000 e ha
conseguito l’assegno di ricerca dal 1 ottobre 2006. Durante i sei anni trascorsi tra i due
incarichi, la candidata ha goduto, tra i titoli indicati quali preferenziali, una fellowship di due
mesi.
II- Dallo stesso verbale n.1, del 24.10.2011:
“La valutazione di ciascun elemento di cui ai punti a-g sarà effettuata
considerando specificamente la significatività che esso assume in ordine alla
qualità e quantità dell'attività di ricerca svolta dal singolo candidato”.
Dal curriculum della Candidata inviato contestualmente alla domanda si evince una certa
discontinuità tra attività di formazione e attività di ricerca con conseguente pubblicazione,
come peraltro già dimostrato in precedenza, laddove ci si riferisce ad analoghe discontinuità
nel rapporto tra la durata temporale e la continuità della sua attività scientifica.
Sintetizzando, la sottoscritta ritiene che, sia per la qualità delle pubblicazioni e dei
titoli sia per lo svolgimento della discussione orale, altri candidati sono certamente
superiori alla dott. Nicoletta Caputo. Tra questi si segnala, in una valutazione
comparativa che tenga conto del giudizio individuale formulato dalla sottoscritta, la
dott.ssa Viktoria Tchernichova e da una valutazione comparativa che si basi sui
giudizi collegiali anche le dott.sse Ilaria Natali e Tiziana Morsetti
41
In conclusione, la sottoscritta tenuto conto di tutti gli elementi di valutazione sopra
considerati , dissente categoricamente dal voto di maggioranza espresso dagli altri membri
della Commissione, Proff. Keir Elam e Mariangela Tempera, a favore del candidato dott.ssa
Nicoletta Caputo.
La sottoscritta, dopo avere dato lettura alla Commissione della presente relazione di
minoranza, in qualità di Segretario la acclude come parte integrante del Verbale n.8.
Letto, approvato e sottoscritto seduta stante
Prof. Biancamaria Rizzardi
Pisa, 7 maggio 2012
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